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LA STORIA DEL VINO

Nel Valdarno Superiore, intorno a Montevarchi (AR), sono stati ritrovati in depositi di lignite, reperti fossili di tralci di vite
(Vitis Vinifera) risalenti a 2 milioni di anni fa. Diversi ritrovamenti archeologici dimostrano che la Vitis vinifera cresceva
spontanea già 300.000 anni fa. Studi recenti tendono ad associare i primi degustatori di tale bevanda già al neolitico; si
pensa che la scoperta fu casuale e dovuta a fermentazione naturale avvenuta in contenitori dove gli uomini riponevano
l'uva. Le più antiche tracce di coltivazione della vite sono state rinvenute sulle rive del Mar Caspio e nella Turchia
orientale.

Un calice di vino racconta millenni di storia umana. Gli studiosi che nel corso del XX secolo hanno cercato di scoprire
quanto la terra nasconde alla vista degli uomini si sono imbattuti casualmente nella più antica giara di vino mai rinvenuta.
Nel 1996, infatti, una missione archeologica americana, proveniente dall'Università della Pennsylvania e diretta da Mary
Voigt, ha scoperto nel villaggio neolitico di Hajji Firuz Tepe, nella parte settentrionale dell'Iran, una giara di terracotta,
della capacità di 9 litri, contenente una sostanza secca proveniente da grappoli d'uva. La notizia, riferita da Corriere
Scienza del 15 ottobre 2002, aggiunge che i reperti rinvenuti risalgono al 5100 a.C., quindi a 7000 anni fa, ma gli
specialisti affermano che il vino è stato prodotto per la prima volta, forse casualmente, tra 9 e 10000 anni fa nella zona
del Caucaso. Sembra infatti che il primo vino sia stato prodotto del tutto per caso (come è avvenuto per il pane lievitato)
per la fermentazione accidentale di uva dimenticata in un recipiente.

È comunque accertato che la produzione su larga scala di vino è iniziata poco dopo il 3000 a.C., quindi circa 5000 anni
fa.

I primi documenti riguardanti la coltivazione della vite risalgono al 1700 a.C., ma è solo con la civiltà egizia che si ha lo
sviluppo delle coltivazioni e di conseguenza la produzione del vino.

La Bibbia (Genesi 9,20-27) attribuisce la scoperta del processo di lavorazione del vino a Noè: successivamente al
Diluvio Universale, avrebbe piantato una vigna con il cui frutto fece del vino che bevve fino ad ubriacarsi. Gesù Cristo ha
scelto il vino come specie sotto cui, nel sacramento dell'Eucarestia, si cela il Suo sangue "per la nuova ed eterna
alleanza, versato per voi e per molti in remissione dei peccati".

L'Impero Romano dà un ulteriore impulso alla produzione del vino, che passa dall'essere un prodotto elitario a divenire
una bevanda di uso quotidiano. In questo periodo le colture della vite si diffondono su gran parte del territorio, e con
l'aumentare della produzione crescono anche i consumi.

Ad ogni modo il vino prodotto a quei tempi era molto differente dalla bevanda che conosciamo oggi.

A causa delle tecniche di conservazione (soprattutto la bollitura), il vino risultava essere una sostanza sciropposa, molto
dolce e molto alcolica. Era quindi necessario allungarlo con acqua e aggiungere miele e spezie per ottenere un sapore
più gradevole.

Con il crollo dell'Impero Romano la viticoltura entra in una crisi dalla quale uscirà solo nel medioevo, grazie soprattutto
all'impulso dato dai monaci benedettini e cistercensi. Nella stessa Regola, Benedetto afferma:
« Ben si legge che il vino ai monaci assolutamente non conviene; pure perché ai nostri tempi è difficile che i monaci ne
siano persuasi, anche a ciò consentiamo, in modo però che non si beva fino alla sazietà. »

Gian Battista Vico intravvide nella concezione medioevale del vino come genere di prima necessità un carattere della
barbarie di quest'epoca.[2]

Proprio nel corso del medioevo nasceranno tutte quelle tecniche di coltivazione e produzione che arriveranno
praticamente immutate fino al XVIII secolo, quando ormai la produzione ha carattere "moderno". Ciò grazie alla
stabilizzazione della qualità e del gusto dei vini, nonché all'introduzione delle bottiglie di vetro e dei tappi di sughero.
In rosso area di diffusione del vino; in blu area di diffusione della birra; in giallo area di diffusione del sidro
Nel XIX secolo l'oidio e la fillossera, malattie della vite provenienti dall'America, distruggono enormi quantità di vigneti. I
coltivatori sono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti sopra viti di origine americana (Vitis labrusca), resistenti a
questi parassiti, e ad utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo.

Nel novecento invece si ha, inizialmente da parte della Francia, l'introduzione di normative che vanno a regolamentare la
produzione (origine controllata, definizione dei territori di produzione, ecc.) che porteranno a un incremento qualitativo
nella produzione del vino a scapito della quantità.

LA VITICOLTURA IN ITALIA

La viticoltura in Italia, intesa come pratica della coltivazione della vite per la produzione di vino ha origini remote; non a
caso l'antico nome dell'Italia era Enotria (terra del vino), dal nome degli Enotri, abitanti dell'attuale Basilicata, che fin da
500 anni prima di Cristo avevano sviluppato e perfezionato le tecniche di viticoltura, vinificazione e conservazione del
vino.

La vite esisteva comunque nella penisola già da centinaia di anni; le piante provenivano principalmente dalla Grecia,
come testimoniano i nomi di alcuni vitigni molto diffusi a quel tempo (ed ancora ai giorni nostri), il Greco e l'Aglianico
(contrazione da Ellenico).

Gli Etruschi mantennero vive le tecniche di coltivazione e produzione del vino, in particolare nell'Italia centrale; in seguito
i Romani nel corso delle invasioni della Gallia e della Britannia esportarono in quei luoghi sia le piante di vite che le
relative tecniche di viticoltura.

Durante il Medioevo la viticoltura si mantenne viva soprattutto per merito dei monaci all'interno dei monasteri, anche se
finalizzata principalmente per la produzione di vino da messa.

Nei secoli seguenti venne privilegiato l'aspetto quantitativo, dovuto alla facilità di coltivazione della pianta, ma i vini
prodotti erano di qualità non eccelsa; tuttavia in alcune zone (Toscana e Piemonte) si iniziavano già ad evidenziare i
primi tentativi di miglioramento.
In Toscana vennero definite sia le zone di produzione che la formula del Chianti classico, mentre in Piemonte vennero
applicate le tecniche vitivinicole francesi per migliorare la produzione dei vini da uve nebbiolo, cominciando a produrre
un vino Barolo in possesso di caratteristiche qualitative superiori rispetto a quello fino ad allora prodotto.

Ma nella seconda metà del secolo XIX, proprio quando la viticoltura iniziava a svilupparsi sia tecnicamente che
qualitativamente, le piante vennero aggredite dalla fillossera, un insetto che ne provocava la morte; l'epidemia causò la
distruzione della quasi totalità delle vigne; solo dopo alcuni anni si riuscì a trovare un rimedio, consistente nell'innestare
le viti autoctone sui fusti di vite americana (Vitis labrusca), insensibile alla fillossera.

Nel secolo XX vengono promulgate le prime leggi specifiche tese a disciplinare la produzione del vino; inizialmente
l'obiettivo era quello di tutelare la tipicità del prodotto, in seguito, nel rispetto delle norme comunitarie, anche la sua
qualità. Le più significative sono:

il Regio decreto legge n° 497 del 7 marzo 1924, riguardante le disposizioni per la difesa dei vini tipici,
il D.P.R. n° 930 del 12 luglio 1963, riguardante la regolamentazione dei vini di qualità prodotti in regioni determinate,
la legge n° 164 del 10 febbraio 1992, riguardante la nuova disciplina delle denominazioni di origine dei vini.

Attualmente la vite viene coltivata in tutte le regioni italiane, e l'Italia è il secondo produttore mondiale dopo la Francia
(dati FAO 2003).
Le esportazioni ammontano a circa 18 milioni di ettolitri annui, principalmente verso Germania, Regno Unito e Stati Uniti
d'America.
Le caratteristiche di un vino sono determinate essenzialmente da due fattori: il vitigno o i vitigni utilizzati per produrlo, ed
il "terroir", vocabolo francese che non ha un corrispondente termine in italiano, e che indica l'insieme delle caratteristiche
geologiche, fisiche e climatiche del territorio nel quale cresce la vite.

Ogni vitigno possiede caratteristiche aromatiche tali da influenzare significativamente il vino che ne deriva.

Il termine "terroir" comprende il tipo di terreno (calcareo, gessoso, ecc.), il numero di giorni di sole, l'umidità, la
temperatura, e le condizioni ambientali in genere; ogni vitigno si adatta più o meno bene ad un "terroir", per cui il
prodotto finale sarà influenzato anche da questa scelta.

Perché il vino mantenga le proprie caratteristiche è importante che venga conservato in maniera adatta; in questo senso
diventano fondamentali le caratteristiche che deve avere la cantina ideale.

La degustazione infine è l'insieme delle tecniche elaborate per poter gustare al meglio un vino e valutarne in maniera per
quanto possibile oggettiva le caratteristiche organolettiche.

LA VITICOLTURA

La viticoltura è fondamentale nella produzione del vino; fino a pochi anni fa si riteneva che per ottenere un buon vino si
dovesse curare maggiormente il lavoro in cantina; da pochi anni a questa parte si è constatato che per ottenere un
prodotto qualitativamente elevato occorre dedicarsi con attenzione anche alle attività in vigna (pratiche agronomiche).
I filari di un vigneto

La vite è una pianta che ha un ciclo vegetativo annuale suddiviso in periodi, ognuno dei quali si chiama "fase fenologica".
La pianta della vite ha un ciclo biologico (vita) della durata di circa 40 anni; per i primi tre anni la pianta non è produttiva,
il periodo migliore per la produzione va dal quinto al venticinquesimo anno. Non è comunque raro trovare vigne molto
vecchie che forniscono ancora un ottimo prodotto.
Le zone di coltivazione della vite si trovano quasi esclusivamente fra il 30° ed il 50º grado di latitudine nord e sud, e ad
un'altitudine compresa tra il livello del mare ed i 1000 metri circa.
La vite è quindi una pianta che si adatta a climi molto differenti tra loro; tuttavia, all'aumentare della latitudine (e
dell'altitudine) si preferisce la coltivazione delle uve a bacca bianca, meno resistenti ai freddi autunnali e quindi
vendemmiabili a fine estate, mentre al diminuire della latitudine (e dell'altitudine) si preferisce coltivare uve a bacca rossa
e vitigni che possono essere sottoposti alla cosiddetta "vendemmia tardiva", destinati a produrre vini ad elevata
gradazione alcolica.
I fattori fondamentali che permettono di ottenere delle ottime uve da vino, e quindi dei vini di qualità, sono il vitigno
(varietà di vite utilizzata), il tipo di terreno (uno stesso vitigno fornisce prodotti più o meno buoni a seconda del tipo di
terreno in cui è piantato), il "sesto d'impianto" o densità di distribuzione delle piante (con sesti d'impianto fitti si
producono pochi grappoli di uva per pianta ma di migliore qualità), il tempo di esposizione alla luce (almeno 1600
ore/anno), il clima temperato, la zona in cui si trova la vigna (in Italia i pendii collinari sono solitamente le zone di
produzione dei vini migliori).
Fra le attività in vigna sono da considerarsi determinanti ai fini della qualità del prodotto finale le potature, ed il
diradamento dei grappoli (come detto, minore è il numero di grappoli per pianta, maggiore sarà la qualità dell'uva).
Ultimi parametri, ma non meno importanti, per la produzione di un vino di qualità, sono la scelta del giusto periodo della
raccolta dell'uva (vendemmia), il sistema di raccolta (quello manuale, più selettivo, è preferibile al meccanico), ed il
sistema di conferimento, o trasporto, delle uve in cantina (per preservarne l'integrità).
Naturalmente tutti i fattori indicati contribuiscono a determinare il prezzo più o meno elevato del prodotto finale.

LA VINIFICAZIONE
Con il termine "vinificazione" si intende l'insieme delle operazioni necessarie per trasformare l'uva di determinati vitigni in
vino; essa consiste sinteticamente nella pigiatura o spremitura dell'uva con conseguente formazione del mosto,
nell'eventuale macerazione (fase in cui le vinacce rimangono a contatto, per un periodo di tempo più o meno lungo, con
la polpa), nella trasformazione del mosto in vino (fermentazione alcolica, processo chimico in cui l'azione dei lieviti
provoca la trasformazione degli zuccheri in alcol e anidride carbonica), nella svinatura (separazione del vino dalle
vinacce), nell'eventuale diminuzione dell'acidità Fermentazione malolattica, processo chimico in cui il verificarsi di
determinate condizioni provoca la trasformazione dell'acido malico in acido lattico, consentendo così di ottenere un vino
dal sapore meno acido e più armonico), e nel travaso del vino nei contenitori per l'eventuale affinamento e
invecchiamento o direttamente per il consumo.
Esistono vari sistemi di vinificazione: le cosiddette vinificazioni in bianco, in rosato ed in rosso (che permettono di
ottenere rispettivamente i vini bianchi, i vini rosati ed i vini rossi) e le vinificazioni che permettono di ottenere i vini
spumanti (metodo classico, chiamato anche metodo champenoise, e metodo Charmat chiamato anche metodo
Martinotti), i vini passiti, i vini liquorosi ed i vini aromatizzati.
Un tipo particolare di vinificazione, detto macerazione carbonica, è quella che permette di ottenere i vini novelli. Essa
consiste in una macerazione in vasche chiuse ermeticamente di uva intera disposta su graticci o cassette forate, sotto
saturazione di CO2 aggiunta. L'ambiente saturo di CO2 permette, tramite processi enzimatici, la trasformazione di acido
malico in acido lattico prima ancora della fermentazione alcolica. L'acido lattico conferisce caratteristiche di morbidezza
rispetto all'acido malico che conferisce sapori più aspri ed acerbi. La CO2 sotto pressione favorisce la transizione degli
antociani dalla buccia alla polpa, colorando infine il mosto che ne risulterà (effetto di estrazione). Passato un periodo
variabile di tempo (da 15 a 20 giorni circa) terminerà la macerazione con CO2 e sul fondo della vasca si sarà accumulato
mosto percolato dagli acini di uva (circa un 5% in peso rispetto all'uva inserita). Il restante mosto (circa 70% in peso)
verrà estratto con i convenzionali metodi di estrazione (pigiatura e pressatura). Il mosto di percolazione ed il mosto di
estrazione meccanica verranno posti nello stesso recipiente (vasca o serbatoio) per procedere alla fermentazione
alcolica. Tale macerazione permette di non arricchire il vino in tannini che conferiranno caratteristiche di astringenza ma
di estrarre antociani, che daranno al vino un colore rosso rubino. La produzione di vini novelli interessa una grossa fetta
del mercato di vino in bottiglia anche se, alcuni tecnici e degustatori professionisti non sono favorevoli a questo tipo di
prodotto in quanto, la macerazione carbonica, non conferisce caratteristiche di pregio ai vini prodotti.
LA DEGUSTAZIONE

La degustazione è il procedimento tecnico finalizzato a determinare in maniera per quanto possibile oggettiva le
caratteristiche di un vino.
Affinché la degustazione possa fornire risultati oggettivi, è necessario stabilire delle regole generali valide per tutti coloro
che eseguono una degustazione.

Esistono diverse metodologie di degustazione, elaborate dalle varie organizzazioni che si occupano di vino, ma tutte
sostanzialmente prevedono tre distinte fasi di analisi sensoriale:

 analisi visiva
 analisi olfattiva
 analisi gustativa

Dopo aver completato le tre fasi dell'analisi sensoriale, si arriva ad una fase conclusiva, rivolta a descrivere le sensazioni
generali derivate dall'insieme dei parametri considerati.
La degustazione è il procedimento tecnico finalizzato a determinare in maniera per quanto possibile oggettiva le
caratteristiche di un vino.
Affinché la degustazione possa fornire risultati oggettivi, è necessario stabilire delle regole generali valide per tutti coloro
che eseguono una degustazione.

Esistono diverse metodologie di degustazione, elaborate dalle varie organizzazioni che si occupano di vino, ma tutte
sostanzialmente prevedono tre distinte fasi di analisi sensoriale:

analisi visiva
analisi olfattiva
analisi gustativa

Dopo aver completato le tre fasi dell'analisi sensoriale, si arriva ad una fase conclusiva, rivolta a descrivere le sensazioni
generali derivate dall'insieme dei parametri considerati.

IL SOMMELIER

Il sommelier è un professionista in grado di effettuare un'analisi organolettica delle bevande al fine di valutarne la
tipologia, la qualità, le caratteristiche, le potenzialità di conservazione, soprattutto in funzione del corretto abbinamento
vino-cibo.

È impiegato in molteplici realtà aziendali, ultimamente anche nella GDO. Nei ristoranti si occupa della selezione dei
prodotti, in accordo con la direzione della struttura, della redazione e dell'aggiornamento della lista dei vini nonché della
gestione della cantina. Nella sala ristorante consiglia ai clienti il giusto vino da abbinare alle preparazioni dello chef. Cura
il servizio dei vini stessi e di tutte le bevande alcoliche. Il sommelier non serve l'acqua, compito demandato
esclusivamente ai camerieri.
Il sommelier professionista deve conoscere le principali regioni vitivinicole del mondo (enografia), la storia del vino, le
tecniche colturali ed enologiche, i vitigni (ampelografia) e i vini; inoltre, non deve trascurare la conoscenza dei distillati,
dei liquori, delle birre, dei principali cocktail internazionali, della gastronomia e della cucina.

LE FASI DELLA DEGUSTAZIONE

PRIMA FASE:
Si osserva attentamente il vino mentre viene versato nel bicchiere, quindi si porta il calice all'altezza degli occhi
prendendolo per lo stelo, al fine di valutarne la trasparenza, la limpidezza e l'eventuale effervescenza. Poi si riabbassa il
bicchiere accostandolo ad un foglio bianco e guardando dall'alto si valuta l'intensità, la tonalità, e le sfumature del colore.

SECONDA FASE:
Si riporta il calice all'altezza degli occhi e si inzia a far ruotare in modo da avvinarne le pareti, sulle quali resta un velo di
liquido che formerà degli archetti o lacrime utili a valutarne la fluidità e grado alcolico.

TERZA FASE:
Si avvicina il bicchiere al naso e a vino fermo si inspira intensamente, allontanando il naso dal bicchiere a intervalli per
non rischiare l'assuefazione ai profumi.

QUARTA FASE:
Si ruota lentamente il bicchiere su se stesso così da creare li'mbuto, per far sprigionare le sostanze odorose.
QUINTA FASE:
Si porta il bicchiere al naso, si annusa di nuovo e quindi lo si riporta alla bocca introducendo in essa una piccola quantità
di vino, circa 10 ml.

SESTA FASE:
Si convoglia il vino nella parte anteriore della bocca insipirando attraverso i denti una minima parte di aria, allo scopo di
far volatilizzare alcune componenti del vino.

SETTIMA FASE:
Si muove il vino con la lingua quindi si espira per valutare e apprezzare i diversi componenti del vino e il loro equilibrio.

OTTAVA FASE:
Dopo aver assaggiato e deglutito (o sputato nell'apposito contenitore) il vino, si espira e in senso inverso si riportano alla
mucosa olfattiva altri sentori che per effetto della temperatura normale della bocca si saranno ulteriormente liberati
(aroma in bocca). Questa fase rientra sempre nella gusto-olfattiva.

ULTIMA FASE:
Dopo aver deglutito o sputato il vino, espirando si effettua una masticazione a bocca vuota utile per valutare la
consistenza gustativa e gusto olfattiva.

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