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- Le attività, ossia gli impieghi di denaro sono rappresentati secondo un criterio di liquidità crescente. Se non consi-
deriamo la prima e l’ultima macro-classe, si parte dalle immobilizzazioni, che sono in buona parte impieghi dure-
voli e si arriva all’ultima classe del circolante (la IV), che sono le disponibilità liquide.
- Le passività, cioè le fonti di finanziamento, sono ordinate secondo un criterio di crescente esigibilità. Si parte dal
Patrimonio Netto, che è una fonte di finanziamento permanente (non ha scadenza e quindi tendenzialmente non è
mai da pagare) a dei debiti, che una scadenza ce l’hanno e quindi sono esigibili (da pagare) per la società in un
orizzonte temporale più vicino rispetto a quanto non sia il Patrimonio Netto.
- Qualche valenza segnaletica il bilancio civilistico ce l’ha: anche senza riclassificazione sono in grado di capire quan-
t’è il capitale proprio e quant’è il capitale di terzi.
- Si dice che un’azienda è sana quando il Patrimonio netto copre almeno il 30% del totale delle fonti.
-2 sezioni contrapposte
ATTIVITÀ’ PASSIVITÀ
Impieghi Fonti
di di
denaro finanziamento
B. Immobilizzazioni: impieghi Il fondo TFR individua dei debiti verso i dipendenti, ma non c’è una scadenza precisa entro la
C)
di denaro a lungo termine quale il TFR debba essere pagato.
(fattori produttivi plurien-
nali) C) Il lavoratore ne ha diritto quando il contratto di lavoro termina. Ammonta a una mensilità lorda
lorda all’anno per ogni anno in cui il dipendente ha lavorato nell’azienda. E’ una forma di retri-
D) buzione che nasceva inizialmente come differita: si è un po’ snaturata però a seguito di riforme
che hanno permesso di chiedere degli anticipi del TFR o di farselo addirittura liquidare in busta
paga mensilmente.
D)
E)
In buona parte impieghi a breve
-BTP in scadenza
Capitale di terzi
}
Debiti verso chiunque: obbligazioni o obbligazioni convertibili; debiti
verso soci, verso banche o altri istituti finanziatori, verso INPS e stato...
-Rimanenze non di facile Eccezioni D14 “altri debiti”: i debiti verso chiunque altro, che non trovano autono-
C. Attivo circolante: impieghi
smobilizzo di denaro che dovrebbero ma rappresentazioni nelle classi che vengono prima, confluiscono qui.
tornare liquidi nel breve
termine. Ma con tante ecce-
zioni che richiedono neces-
-Crediti che sono nel sariamente di riclassifi- Hanno sempre una scadenza e in molti casi sui debiti matura anche un
circolante, ma che carli. interesse.
riscuoto a 18 mesi.
Impieghi correnti
Rateo attivo di un affitto trimestrale (incasso Eccezioni al criterio di esigibilità crescente
Impieghi durevoli posticipato)
Risconti attivi sul maxi-canone nell’operazione di leasing:
operazione pluriennale In D4 ci possono essere finanziamenti a lungo termine come un mutuo ventennale
ma anche finanziamenti a breve come l’apertura di credito per elasticità di cassa o
l’anticipazione di fatture (porto 100.000 € di fatture in scadenza il prossimo mese
e chiedo alla banca che me ne anticipi l’80%).
}
Il Reddito è l’unica voce in bilancio che viene rappresentata 2 volte: alla fine del
- Il Reddito dell’esercizio (utile/perdita) si trova nel C.E. come somma algebrica fra ricavi (componenti positivi di reddito) e costi (componenti negativi di reddito.
C.E. e del Patrimonio Netto: da qui la doppia definizione
- Il Reddito nello S.P. è l’incremento o il decremento che il patrimonio netto subisce ogni anno per effetto della gestione
Schema legale di Conto Economico - Struttura scalare: si scalano (sottraggono i costi ai ricavi).
Qui stanno i componenti positivi di reddito: dal fatturato (quello che deriva dal core-business dell’azienda) e dalla variazione di rimanenze e alla
più generica voce “Altri ricavi e proventi” (A5), che ospita i componenti di reddito accessori derivante per esempio dall’affitto di una parte di
capannone inutilizzata.
(affitti, noleggi...)
"
Ci sono costi monetari (salari e stipendi, oneri sociali) e non monetari, almeno non
a breve (TFR, accantonamento che faccio ogni anno che diventa monetario quando
cessa il rapporto di lavoro). I Nella macro-classe B ci sono tutti i costi della produzione riferibili all’esercizio suddivisi per natura: costi per materie prime, per servizi, per go-
= quota di esercizio riferibile all’utilizzo che ho avuto nell’anno del fattore produttivo dimento beni di terzi, costi del personale, ammortamenti, accantonamenti e svalutazioni...
costo non monetario: non misura un debito verso qualcuno ma deriva da una convenzione contabile
La maggior parte di questi costi sono costi monetari: misurano debiti che l’azienda deve pagare prima o poi a qualcuno. Alcuni non sono monetari (am-
mortamenti e svalutazioni B10).
Quando si osserva un bilancio l’occhio cade sempre sulla perdita. Tuttavia è ben più grave che ci sia un valore negativo nel risul-
tato intermedio A-B perché attiene alla produzione.
Se l’azienda ha sbagliato nelle sue politiche di finanziamento e questo si riflette nella gestione finanziaria rappresentata in C e in
D questo è sì preoccupante; ma non quanto uno sbaglio relativo al circuito della produzione (sbaglio nella scelta del fornitore di
materie prime, nella scelta del terzista che ha fatto le impunture, nella scelta del dipendente cui è stata affidata la produzione).
Le operazioni di finanziamento si possono sempre rinegoziare, mentre invece una volta persa la fiducia del cliente e rovinata la re-
putazione è molto più difficile rimediare.
Prima del d.lgs. del 2015 c’era anche la macro-classe (E) “Oneri e proventi straordinari”, che catturava al suo interno tutti quei componenti positivi/
negativi di reddito che erano riferibili ad accadimenti non ordinari bensì straordinari. Questo faceva sì che prima da A a D avessimo dei componenti
positivi/negativi di reddito della gestione produttiva e finanziaria, ma di carattere ordinario (fitti attivi/passivi, interessi passivi su mutui... operazioni
ordinarie). La macro-classe E accoglieva al suo interno i valori derivanti da operazioni straordinarie, ovvero quelle operazioni prive del requisito del-
la ordinarietà (es: si allaga il capannone e riporto un danno che quantifico come insussistenza passiva oppure mi arriva il rimborso dell’assicurazione).
Si tratta di componenti straordinari perché non capitano tutti i giorni.
I componenti straordinari erodono sì l’attività al pari dei costi della gestione finanziaria e di quella caratteristica; ma proprio perché straordinari preoc-
cupano meno di quelli derivanti dalla gestione ordinaria, dal momento che non capitano spesso.
Ho realizzato un gran utile quest’anno: deriva dal fatto che ho un gran valore della produzione o dal fatto che ho venduto un macchinario conseguendo
una plusvalenza (che una volta mettevo fra i componenti straordinari di reddito nella macro-classe E mentre ora invece va a sporcare le classi sovra-
stanti)?
Il bilancio d’esercizio e i suoi limiti informativi
=investimenti
Capitale di terzi
E’ vero che l’attivo, passando per le immobilizzazioni e arrivando al circolante, è improntato secondo una logica di
liquidità crescente; ma si può notare che vi sono diverse eccezioni che sporcano questo criterio e ci portano a dire E’ vero che nel passivo passiamo dal Patrimonio Netto che è una fonte permanente, in quanto non soggetta a scadenza,
che, per come è strutturato, esso non esprime le caratteristiche di liquidità delle poste patrimoniali attive, le quali sì ai debiti veri e propri rappresentati in B, con una scadenza e un soggetto rispetto al quale tali debiti risultano esigibili
sono rappresentate secondo un generale criterio di liquidità crescente che trova diverse eccezioni (rimanenze di dif- ben precisi. Tuttavia, come nell’attivo, i debiti non sono ordinati secondo un criterio di esigibilità crescente. Fortunata-
ficile smobilizzo e crediti v/clienti che scadono fra 18 mesi ma sono nel circolante; i risconti che possono annuali mente il legislatore mi chiede di indicare quali debiti scadono entro l’esercizio e quali oltre.
ma anche pluriennali; i crediti verso soci che possono essere già richiamati o non ancora richiamati) che fanno sì Quindi lo Stato Patrimoniale non esprime le caratteristiche di esigibilità del passivo.
che lo Stato Patrimoniale non sia in grado di esprimere le caratteristiche di liquidità per l’attivo.
Il bilancio d’esercizio e i suoi limiti informativi
1° risultato intermedio
INDUSTRIALE
R&S
TIPICA
COMMERCIALE
AMMINISTRATIVA
!
OPERATIVA
BINARIO CIVILISTICO E BINARIO FISCALE
PATRIMONIO
MOBILIARE GESTIONE Se ho un reddito prima delle imposte che è negativo, non è vero che la società
ACCESSORIA ORDINARIA non ha delle imposte perché il reddito ante imposte non è la base su cui si cal-
PATRIMONIO colano le imposte. Io il reddito ante imposte lo prendo, lo do al commercialista,
IMMOBILIARE lo metto in dichiarazione dei redditi, faccio delle variazioni fiscali che quell’an-
no la legge finanziaria mi richiede di fare, variazioni che possono aumentare il
GESTIONE reddito o diminuirlo; ottengo l’imponibile fiscale su cui calcolo le imposte (sono
nella dichiarazione dei redditi); le pago a rate; quelle imposte che sono state cal-
colate nella dichiarazione dei redditi le vado a mettere dentro la partita doppia e
quindi dentro il bilancio. Si chiama sistema binario: civilistico e fiscale.
Dal binario civilistico si dice al binario fiscale: guarda il reddito ante imposte è
100. Si passa la palla al binario fiscale. Il binario fiscale fa gli aggiustamenti fi-
scali sul reddito ante imposte; in genere vien fuori che il reddito imponibile è più
FINANZIARIA alto; il reddito fiscale viene sempre di più (es.120). Calcoliamo le imposte sul red-
dito imponibile: 24. 24 oltre che pagarli li vado a mettere nel C.E.
Sistema non inquinato: il binario civilistico ha il suo binario che non tocca mai
quello fiscale; le formazioni se le scambiano in parallelo senza inquinare l’altro.
EXTRA-OPERATIVA STRAORDINARIA Il bilancio non è la base del calcolo delle imposte: lo è la dichiarazione dei redditi.
Dichiarazione che parte con delle informazioni che arrivano dal bilancio un po’ pri-
ma che sia chiuso.
FISCALE
*
N.B. *
L’IVA è un’imposta sul valore aggiunto ma che non
costituisce un carico fiscale, perché costituisce un
debito/credito, quindi qualcosa che non passa da C.E.
Tranne qualche caso di IVA indetraibile.
L’IVA quindi fa parte degli adempimenti fiscali dell’
azienda, ma non costituisce per l’azienda un costo e
INDUSTRIALE
nemmeno un ricavo, ma solo un debito/credito, quin-
di un altro esempio di imposta che non prendiamo in
considerazione qui. Qui prendiamo in considerazione
solo imposte sul reddito di esercizio, che in Italia si
chiamano: IRPEF per tutte le persone fisiche e le so-
cietà di persone; IRES, imposta sul reddito delle so-
cietà se stiamo parlando di società di capitali.
Nel bilancio vengono alla fine fra il reddito pre-
R&S
imposte e il reddito netto.
Per tutte le società c’è inoltre l’IRAP (imposta regio- TIPICA
nale sulle attività produttive) che si versa non allo Sta-
to ma alla regione e si calcola sul reddito.
= caratteristica
È quella che produce quei com-
COMMERCIALE
Questi sono i due valori che fanno parte della gestio-
ne fiscale. ponenti di reddito che si riferi-
scono alle funzioni accanto.
AMMINISTRATIVA
!
Possono essere anche di più.
OPERATIVA
Qualche azienda ha una funzione amministrativa, qualcun’altra
demanda tutto a un professionista esterno (commercialista).
È quella che accoglie A e B ricavi e costi
della produzione
PATRIMONIALE GESTIONE
NON L’azienda ha un patrimonio immobiliare che offre una redditività così come anche produce degli oneri
(Manutenzione assicurazione, pagamento imposte sulla proprietà..)
ORDINARIA
TIPICA
Si riferisce a circuiti che sono ACCESSORIA = caratterizzata da operazioni continuative,
accessori rispetto alla redditi- Gestione del patrimonio mobiliare: titoli azionari e obbligazionari che danno luogo ad una redditivi- ripetitive, prevedibili
vità tipica tà piuttosto che un’onerosità in termini di proventi da partecipazioni, interessi attivi per le obbliga-
zioni etc.
Come ho investito la mia liquidi-
GESTIONE
La redditività/onerosità che produce il patrimonio mobiliare (titoli azionari/obbligazionari) non è
tà in eccesso? da considerarsi gestione finanziaria, ma come gestione del circuito accessorio, in particolare del
patrimonio mobiliare. Quindi se gli interessi attivi nel civilistico erano in C16, li devo spostare dalla
gestione finanziaria e mettere in un contenitore che accoglie solo i componenti positivi e negativi
della gestione accessoria.
Solo imposte sul Reddito di esercizio: l’IMU sul capannone per es.è
gli indicatori, che siano positivi o negativi, co-
Se io ad es. faccio un conferimento di un bene in aumento del Capitale un costo della gestione tipica se il capannone lo utilizzo per la gestio-
munque sono fattori esogeni, non il frutto di una
politica aziendale (endogeni), ma solo subìti. Sociale, mi si modifica solo lo S.P., perchè aumenta il Patrimonio Netto ne tipica; se il capannone l’ho dato in affitto, l’IMU è un costo acces-
e aumentano le immobilizzazioni; il C.E. non viene toccato. sorio relativo al patrimonio immobiliare.
Non è riconducibile alla gestione fiscale, ma se mai a quella operativa.
Il ROC non lo trovavamo nel C.E. civilistico, dove i componenti della gestione tipica, accessori e ora anche quelli straordinari confluiscono inscindibilmente all’interno delle macro-classi A e B “Ricavi/Costi della produzione.
Le 3 tecniche di riclassificazione dal ROC in poi, quindi fino al Reddito Netto, sono tutte uguali. In questo peso delle aree gestionali, ritroviamo uno schema che accomuna tutte le tecniche di riclassificazione, le quali si diffe-
renziano per la parte che viene prima del ROC. Dal ROC in poi, le 3 tecniche individuano come segue il peso delle varie aree gestionali.
RICAVI CARATTERISTICI -
COSTI CARATTERISTICI =
Il ROG non coincide col risultato intermedio del C.E. civilistico A-B, Sommo i ricavi e sottraggo i costi relativi alla gestione accessoria, che sia quella del patrimonio
perché in A e in B ci vanno anche i componenti straordinari, che inve-
+/- COMPONENTI (RICAVI/COSTI) ACCESSORI = mobiliare o immobiliare: ottengo il Risultato Operativo Globale (detto informalmente Reddito
ce nella riclassificazione vengono dopo. Operativo). Si compone del Reddito Operativo Caratteristico e del Reddito della Gestione Ac-
RISULTATO OPERATIVO GLOBALE (ROG) cessoria.
Qui in oneri finanziari ci metto solo C17 “interessi passivi” (su mutui - ONERI FINANZIARI = Dopo il ROG sottraggo gli oneri finanziari, non tutta la gestione finanziaria, come da c.c., perché
su c/c, su qualsiasi tipo di finanziamento) e C17bis “utili e perdite su nel c.c. le 2 macro-classi relative alla gestione finanziaria erano sia C) “proventi e oneri finanzia-
cambi”. Unici elementi su C.E. Che si riferiscono alla gestione finan- ri, sia D) “rettifica di valore di attività finanziarie” (quindi partecipazioni e titoli). Questi ultimi
ziaria . Gli interessi attivi, che sono C15, C16 e tutta la macro-classe D RISULTATO ORDINARIO DI COMPETENZA (RCM) abbiamo detto essere attività che danno origine a componenti della gestione accessoria.
(detto anche Reddito ordinario o di competenza)
sono gestione accessoria.
+/- COMPONENTI (RICAVI/COSTI) STRAORDINARI =
Coincide numericamente col risultato prima delle imposte che c’è nello schema legale di
RISULTATO ANTE IMPOSTE (RAI) Codice civile.
Da qui in poi il bilancio riclassificato coincide col bilancio civilistico.
- IMPOSTE SUL REDDITO = (Irpef, Ires, Irap)
RISULTATO NETTO
N.B.
Risultato e reddito sono sempre sinonimi
Se io sono un analista esterno e vedo B9 “costi del personale”,
non sono in grado di sapere quel B9 come si spezza fra operai e
* a meno che la Nota Integrativa sia sufficientemente ricca di notizie, cosa che di rado
impiegati divisi fra funzione produzione/R&S/amministrazione? succede. Nessuno vieta nella Nota Integrativa di inserire informazioni di questo genere,
B7 “costi per servizi”: non ho idea di quanti siano terzisti, quan- ma non sono nel pacchetto minimo di informazioni che l’art.2427 c.c. richiede.
ti siano servizi amministrativi... B10 “ammortamento”: in buona La Nota Integrativa viene prodotta dal software sulla base delle informazioni contabili
misura sarà quello dei macchinari della produzione, ma anche i che sono state immesse.
computer che usano gli amministrativi, i software gestionali dei
contabili, arredo ufficio...non c’è però un dettaglio in Nota Inte-
grativa di quanto di B10 “ammortamenti” sia riferibile alle im-
mobilizzazioni utilizzate dalla produzione e quanto invece alle
altre funzioni. Posso ipotizzare che in un’azienda industriale i
costi riferibili alla produzione siano prevalenti (70/80/90 %).
Inoltre bisogna considerare che un’azienda, anche se industria- L’analista interno che riclassifica col criterio del venduto dice per
le, non è affatto detto che abbia la proprietà di tutti i cespiti: po- es: il 10% del costo del personale è relativo alla funzione amministra-
trebbe benissimo averli presi in leasing o noleggio. In questi ca- zione; il 5% di quel 10% è il tempo che gli amministrativi dedicano al-
si non ci sono ammortamenti: magari sei un’azienda industriale la gestione accessoria. Sono quindi i costi caratteristici quelli che si di-
ma tutti gli ammortamenti possono essere riferiti alla funzione vidono fra le varie funzioni: le funzioni nominate generano dei costi ca-
amministrativa perchè magari i cespiti, per non incorrere in ob-
ratteristici salvo una misura residuale che potrebbe essere destinata alla
solescenza tecnica sono stati presi tutti in leasing. Quindi nem-
meno sapendo qual è la natura dell’azienda da analizzare si rie- gestione accessoria e che l’analista interno sa.
sce a individuare una percentuale ancorchè forfettaria di distri- Dal ROC in poi sono tutte uguali queste
1) e 3) a vantaggio e a uso solo degli analisti interni
2) unica che può essere utilizzata anche dagli analisti esterni }
buzione di un ammortamento fra le funzioni. L’analista esterno
si ferma subito.
tecniche
apprezzare
I costi della produzione B) sono classificati per natura nel 1) Perchè caratteristici? Perché i costi che assorbono la funzione ammi-
bilancio civilistico e non per destinazione (suddividendo l’ nistrativa, di produzione, commerciale e via di seguito sono relativi
area all’interno dell’azienda cui i costi sono destinati e che al circuito tipico aziendale. Quindi suddividere i costi per destinazio-
quindi assorbe i costi). Le aree dell’azienda non sono altro * ne sulla base di quali funzioni hanno assorbito quali costi significa
che le funzioni aziendali: ecco perchè questo si chiama cri- suddividere i costi caratteristici non tutti: sono solo i costi caratteri-
terio funzionale; è detto anche del costo del venduto perché stici che si riferiscono alle funzioni aziendali del circuito tipico am-
il costo del venduto è uno dei primi aggregati che si eviden- ministrazione, produzione e commerciale.
ziano.
2)
3)
Il dato che accomuna tutte e tre queste tecniche è che, una volta individuato qual è il ROC, che è dato dalla differenza fra ricavi caratteristici e costi caratteristici, da quel punto in poi le 3 tecniche sono accomunate dalla stessa struttura.
Il margine di contribuzione è quello che residua dei ricavi di vendita (quindi ricavi tipici derivanti
dalle vendite) dopo aver coperto tutti i costi variabili.
3)
Il margine di contribuzione è una misura della redditività degli azionisti? No, nemmeno lontanamente, perché deve essere abbastanza grande da coprire tutti i costi fissi. Perché invece potrei voler conoscere il margine di contribuzione?
Perché alle volte potrei decidere di fare la seguente considerazione: i costi fissi tanto sono fissi, ci sono comunque; potrei decidere di vendere a un prezzo che non mi copre i costi totali (fissi + variabili) ma che mi copre solo quelli variabili
perchè tanto quelli fissi ce li ho comunque; almeno se accetto questa commessa da parte del cliente, se pur non particolarmente redditizia (mi garantisce un prezzo che copre solo i costi variabili) se non l’accettassi i costi fissi li avrei
comunque, in più non avrei il margine che deriva dopo aver coperto tutti i costi variabili. Es: costruisco scrivanie; sono in un settore altamente concorrenziale; mi arriva una commessa; stanno aprendo nella mia zona una sede congressi; mi
arriva una richiesta di preventivo dove mi chiedono di fare un prezzo; io faccio un prezzo a scrivania di 100 perché in quel 100 ho individuato che io azienda riesco a coprire tutti i costi di produzione, sia quelli variabili che quelli fissi, e in
più mi si genera anche un po’ di redditività che è attribuibile agli azionisti. Quando invio il preventivo, dall’hotel mi rispondono che a queste condizioni non sono interessati e sono disposti a pagare ogni scrivania 65. Io azienda ho due
alternative: o dico no oppure accetto. Se con quei 65 copro almeno i costi variabili, perché magari i miei costi variabili sono 50, io ho comunque un 15 di redditività positiva: tanto i costi fissi li avrei comunque perché sono fissi.
Posso accettare in un’ottica di breve termine. Se dico no non ho niente come fatturato ma i costi fissi ce li ho comunque. Se dico di sì ho un margine di contribuzione su ciascuna scrivania di 15, che mi va in parziale copertura dei costi fissi e
non totale; quindi se dico di sì a queste condizioni a tutti i clienti è ovvio che chiudo in perdita: posso decidere di farlo soltanto su alcune operazioni/proposte. Magari anche per motivi di liquidità perché se quei 65 sono sicuro di incassarli
accetto pur non avendo una buona performance reddituale (costo di produzione > prezzo di vendita) perché se non altro questa operazione mi va a migliorare anche l’aspetto della liquidità: i 65 me li pagano in pronta consegna. E magari io il
mio fornitore di legno lo pago a 90 gg; quindi addirittura incasso prima di pagare il mio fornitore. Il margine di contribuzione è un aggregato che può essere utile a un analista interno che debba prendere una decisione miope, che non
riguarda le politiche aziendali né le politiche di prezzo. Uno deve collocare i beni ad un prezzo che sia in grado di coprire tutti i costi, variabili e fissi, e sia in grado anche di generare un mark-up, una redditività su quel prodotto. Però su
singole operazioni può essere interessante sapere il margine di contribuzione per operazioni isolate.
Il pregio di questo criterio è di evidenziare come la ricchezza aziendale venga distribuita ai commensali, dove i
commensali sono i vari portatori di fattori produttivi: il capitale (azionisti e finanziatori), il lavoro (il personale),
l’impresa (utile non distribuito), lo Stato (imposte).
Se il criterio del costo del venduto si * Il valore aggiunto è come una torta con varie fette. Esso si cal-
basa sulla classificazione dei costi per de- cola come la ricchezza che ha prodotto l’azienda - costi esterni
stinazione, se il margine di contribuzione si ba- (materie prime e servizi). Mettiamo che la torta sia grande 100;
sa sulla classificazione dei costi in base al loro com- faccio le fette: quanta parte va al personale? quanta parte va a-
portamento, costanti o variabili, il valore aggiunto gli azionisti (utile distribuito)? quanta parte va allo Stato come
si fonda su una classificazione dei costi suddivisi imposte? quanta parte va ai finanziatori come interessi passivi?
fra costi esterni all’azienda e interni all’azienda.
Ecco perché il valore aggiunto può essere utilizzato
anche da un analista esterno: perché ci sono costi che
sono inequivocabilmente esterni (costi per l’acquisi-
zione di materie prime e servizi) e gli altri costi sono
considerati sulla base di questa classificazione come
interni.
Col criterio del valore aggiunto ci si propone di evidenziare la ricchezza effettivamente prodotta * si dice che ha aggiunto perché normalmente il valore aggiunto è positivo:
e distribuita fra i diversi portatori di interesse. Con “ricchezza” specificamente s’intenderebbe il un’azienda che lavora con un valore aggiunto negativo è un’azienda con una
valore della produzione - costi esterni (materie prime e servizi). situazione reddituale disastrosa. Almeno il valore della produzione deve copri-
re i costi esterni (i costi esterni sono una minor parte dei costi complessivi)
B14 come A5: devo vedere la Nota Integrativa. A5 è, insieme a B14, quella voce che va considerata con grande attenzione avendo a riferimento la Nota Integrativa. In A5 possono confluire componenti della gestione
Può essere riconducibile a gestione tipica, di quella accessoria e di quella straordinaria. La Nota integrativa lo dice. Va in A1 una parte di A5 nel momento in cui la Nota Integrativa mi fa capire che quelli
caratteristica/accessoria/straordinaria sono componenti della gestione tipica. Se invece sono gestione accessoria o straordinaria in tutto o in parte li metto dopo.
Rimanenze assimilate ai ricavi perché quelle cose che sono rima-
ste nel magazzino non ancora vendute, per il principio di compe-
tenza economica (non possono rimanere nel C.E., perché la com-
petenza economica mi richiederebbe di mettere i costi solo se
nell’anno hanno visto il corrispettivo ricavo, ma se sono ancora
nel magazzino vuol dire che forse non sono state ancora vendute e
forse nemmeno trasformate) devo sospenderle a S.P. Per togliere
questo costo da C.E. faccio una rettifica di costo (ricavo/comp.po-
sitivo di reddito)
{
leasing variazione economica positiva che è a sua volta un ricavo/compo-
Al PIL tolgo i (B6, B11)
Ricchezza da distribuire ai vari COSTI ESTERNI (variazioni rimanenze = differenziale fra variazioni iniziali nente positivo di reddito.
(acquisto materie prime/servizi) e variazioni finali)
portatori di fattori produttivi
(B7, B8) (s’intendono per servizi anche noleggio/leasing)H// affitti)
“godimento beni di terzi”
Perché il MOL assurge a un ruolo di così 2° aggregato PIL+ costi esterni
primaria importanza? Perchè è un
margine che è determinato da valori (B9)
oggettivamente quantificabili e che + rimanenze iniziali costi
non sono per niente affetti da quel 3° aggregato + acquisti
soggettivismo che deriva invece - rimanenze finali rettifiche di costi (assimilati ai ricavi)
}
(B10)
dalle stime necessarie per Costi non monetari = consumi
l’individuazioni di valori quali (B12,B13)
ammortamenti e accantonamenti
rimanenze iniziali (segno -)
Fetta di
torta che
Il capitale come capitale di terzi ha diritto a una torta: si prende
gli oneri finanziari vanno ai finanziatori lo Stato
Fetta di torta che si prendono
insieme l’impresa e gli azionisti
Cosa è rimasto? Sicuramente per la gestione accessoria occorre guardare A5 e B14; poi ci sono C15 e C16 “interessi attivi e proventi finanziari” che so-
La delibera di riparto dell’utile è no gestione accessoria. Infine tutte la macro-classe D “rettifica di valore di attività finanziarie”: se ho un’attività finanziaria ho investito la mia liquidità
immediatamente successiva a quella nel patrimonio e quindi è un circuito di redditività accessorio.
ccon cui si approva il bilancio, dove c’è
il reddito netto
· Il valore è una torta che misura una ricchezza che va divisa fra i vari commensali: una parte del Valore
Aggiunto va al personale; una parte va alle strutture tecniche (dotazione) ed è ricchezza che non esce
dall’azienda; una parte di ricchezza va al fattore produttivo capitale {può provenire dai terzi o dai mezzi
propri [ove il capitale sia inteso come fattore produttivo che veniva dai terzi allora quella parte di ricchezza
va ai finanziatori e prende il nome di oneri finanziari; quella parte che invece arriva dai mezzi propri viene
distribuito ai soci e prende il nome di reddito netto (non tutto il reddito netto viene però distribuito; una parte
di reddito netto si può lasciare all’interno dell’azienda come autofinanziamento);
il giorno in cui l’assemblea dei soci approva il bilancio, normalmente approva anche la delibera di riparto
(quindi quando uno fa un’analisi di bilancio, sec’è allegata anche la delibera di riparto riesce anche nella
soluzione grafica a dividere fra quanta parte va alla società e quanta parte va all’impresa; soltanto vedendo il
C.E. non sono altrimenti in grado di fare quest’ultimo passaggio: mi serve anche la delibera di riparto per
sapere come si spezza il Reddito Netto fra Utile distribuito e Utile accantonato]}; una parte va allo Stato,
portatore di fattori produttivi nel momento in cui mette a disposizione della collettività, imprese comprese,
una serie di servizi di cui l’azienda stessa si avvale nell’esercizio dell’attività d’impresa (sicurezza, giustizia,
formazione del personale, manutenzione delle strade...); infine una parte di ricchezza va alla proprietà (utile
distribuito).
· C’è una forma di autofinanziamento lordo che comprende il Reddito Netto non distribuito + costi non
monetari.
· C’è un autofinanziamento netto aziendale che è dato da quello che residua dal Reddito Netto dopo aver
distribuito ai soci i dividendi deliberati nel piano di riparto.
Quindi parliamo di auto finanziamento lordo considerando l’autofinanziamento netto + costi non monetari.
· Complessivamente l’azienda si autofinanzia sia col Reddito Netto non distribuito, sia per quei costi non
monetari che non comportano uscita di moneta.
Io al Reddito Netto ci sono arrivato sottraendo ai ricavi un’eterogeneità dei costi, non tutti di carattere
monetario.
Quindi l’autofinanziamento in senso ampio, lordo, somma al Reddito Netto non distribuito anche i costi non
monetari.
· Se dico. che il 5% di ricchezza denominata Valore Aggiunto va alle strutture tecniche e il 5% va all’impresa è
come se dicessi che il 10% va all’impresa perché i primi sono costi non monetari che rimangono comunque
all’interno dell’impresa e non comportano un’uscita di denaro.
· In un grafico simile a questo può capitare di non trovare la dicitura “strutture tecniche” e di trovare al suo
posto l’autofinanziamento lordo.
· Rispetto a cosa il V.A. può dirsi alto? Rispetto al Reddito Netto e rispetto al Valore Aggiunto che potrei calcolare
per le aziende del mio settore: quindi il confronto è rispetto agli aggregati che vengono dopo e rispetto al valore
aggiunto medio del settore.
V.A. = PIL - costi esterni
· Il V.A. è dato da: PIL - costi esterni. Quindi, a parità di PIL (ricchezza prodotta), se un’azienda ha un maggior
Valore Aggiunto vuol dire che ha pochi costi esterni. Avere pochi costi esterni vuol dire non dipendere troppo da
terzi e aver internalizzato la maggior parte o la quasi totalità delle fasi di produzione e quindi essersi affidati
all’esterno giusto per le materie prime. Da tener conto infatti che in B7 “costi per servizi” ci sono dentro tutte le
lavorazioni fatte presso terzi; quindi se io esternalizzo buona parte del mio processo produttivo, i miei cost
esterni saranno alti e quindi il mio valore aggiunto si abbassa.
· Se io tengo tutta la mia produzione al mio interno, questo produce i seguenti vantaggi: se mi faccio tutto
internamente ho un massimo controllo su tutto (qualità e processo); di contro ho però una struttura che è rigida
perché per fare tutto internamente ho bisogno di avere tutti i dipendenti, e di avere tutte le macchine (mie o in
leasing): per avere un maggior controllo mi irrigidisco. Il personale è un costo, che è in parte variabile in parte
fisso (però comunque nel breve termine anche la mano d’opera diretta si fa fatica a considerarla completamente
variabile perchè se non ho ordini, l’operaio lo paghiamo quasi uguale).
(.terzisti)
✓
· Se io tengo tutta la mia produzione all’interno ho tutto il costo del personale, nonché dei macchinari che
debbo utilizzare per quella produzione che mi ingessa perché sono costi fissi che non variano al variare
della produzione e che quindi possono portarmi a delle condizioni di rischio operativo più alte rispetto a
fra cui anche quelli di servizi
un’azienda che decide di esternalizzare e quindi di lavorare coi terzisti: se un mese non ha ordini, un mese non
fa nessuna telefonata ai terzisti per passare del lavoro (tutto costo variabile). Se non ho ordini non ho fatture
da parte dei terzisti. Però magari non riesco a controllare i tempi e le modalità.
Quando confronto il V.A. con aziende dello stesso settore, (stesso target di mercato e brevetti di pari livello)
· Il V.A. rispetto al fatturato negli anni ha una percentuale crescente o decrescente? Il V.A. mi dà un’informazione
circa la mia struttura in termini di maggiore flessibilità/rigidità. Inoltre il V.A. Lo posso confrontare con quello delle
delle
altre aziende del settore.
· O ha un PIL più alto e quindi un marchio più riconoscibile che la clientela, pur a parità di tecnologie/qualità
riconosce a quel brand un valore aggiunto maggiore: è disposta a pagare un plus, individuando una
maggiore forza contratuale rispetto a quello dei concorrenti.
· O ha dei costi esterni più bassi. Il fatto che abbia dei costi esterni più bassi a sua volta può voler dire 2 cose: o che
fa meno sprechi, o che ha più potere contrattuale con i fornitori e quindi riesce a ottenere le materie prime ad un
prezzo più conveniente (e questo si spiegherebbe col fatto che magari il brand è particolarmente riconoscibile: lo
Crea meno sfridi (scarti). stesso fornitore ha piacere a servire noi più di altri perché magari ci accredita fra i clienti motivo di orgoglio/la
nostra solvibilità lo rassicura (il fatto che siamo forti da un punto di vista reddituale ci fa ben sperare che gli equili-
*ÉÈÉÉÉ
bri siano in ordine anche negli altri aspetti): il marchio è solido e non corrono rischi nel fornire a noi.
#È¥À##*É
Ancora, se i fornitori fanno a tutti lo stesso prezzo [il che potrebbe anche darsi (mettiamo che lavoriamo
con le materie prime; le materie prime hanno dei listini ufficiali)] allora vuol dire che io faccio meno sprechi ester-
ni: a me servono meno materie prime per ottenere lo stesso prodotto.
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ifeng.FI l
destinativo-finanziario .
Impieghi (Asset)
Attività correnti
AC L Liquidità differite crediti entro i 12 mesi
M Magazzino materie
/ rimanenze
Attività fisse
F
Attivo immobilizzato
Fonti
debiti entro i 12 mesi
p Passività correnti
Capitale di terzi
(Liability)
CT
P Passività consolidate debiti oltre i 12 mesi
Capitale proprio
(Equity = capitale
CP
Netto)
Coerenza temporale fra composizione quali-quantitativa degli impieghi e delle fonti
{
}
IMPIEGHI CHE
Entro 12 mesi uscite superiori a entrate —> tensione di liquidità
AC
DIVENTANO
DENARO ENTRO
12 MESI
p DEBITI ESIGIBILI
ENTRO 12 MESI
F
P
N
2) A C > p
Entro i 12 mesi entrate superiori a uscite Attivo Passivo
AC
P
F N
—> carattere orizzontale
1) CCN (Working Capital) = A C - l
CCN
(A C - Pl)
IÌ
P
F N
Impieghi = Fonti
÷
A C + F = l + L + N
A C - l = ( P + N) - F
CCN MASA
OBIETTIVO DELL’ANALISI DI BILANCIO
LEGGERE GLI ANDAMENTI DELLA NOSTRA AZIENDA/INDAGARE SULLO STATO DI SALUTE DELLA NOSTRA AZIENDA AVENDO A
RIFERIMENTO 3 PROSPETTIVE DI OSSERVAZIONE:
IL MOTIVO PER IL QUALE DOBBIAMO INTERVENIRE COI RICLASSIFICATI E’ PERCHE’ GLI SCHEMI PROPOSTI NON SONO
SUFFICIENTEMENTE SIGNIFICATIVI.
L’ALTRO MOTIVO PER IL QUALE NON CI BASTA LAVORARE SUGLI SCHEMI E CHE CI PORTA ALLA COSTRUZIONE DEGLI INDICI E’ CHE
SI RENDONO PIU’ SIGNIFICATIVI I NOSTRI CONFRONTI.
L’ANALISI DI BILANCIO HA SENSO SE RIFERITA NON AD UN SINGOLO ESERCIZIO MA SE LA SVILUPPIAMO NEL TEMPO O NELLO
SPAZIO; SOLO COSì POSSIAMO FARE DEI CONFRONTI.
DAI RICLASSIFICATI, QUINDI DALLA PRIMA RILETTURA DEI NOSTRI DOCUMENTI CONTABILI, OTTENIAMO DEI RISULTATI INTERMEDI
DI NATURA PARAMETRICA AI QUALI DIAMO DEI NOMI (CHE SONO GIA’ SIGNIFICATIVI DI PER SE’) CHE CI SERVONO COME BASE PER
LA COSTRUZIONE DEI NOSTRI INDICATORI. L’IMPORTANZA DEL PROCESSO DI RICLASSIFICAZIONE E’ DUPLICE:
- PERMETTERCI DI LEGGERE MEGLIO IL CONTENUTO DEI NOSTRI DOCUMENTI CONTABILI, AVENDO MAGGIORI INFORMAZIONI SU
QUELLO CHE E’ L’ANDAMENTO ECONOMICO-REDDITUALE ALL’INTERNO DEL C.E. E SULLA SITUAZIONE PATRIMONIALE ALL’INTERNO DELLO
S.P.
IL RENDICONTO FINANZIARIO NON SI RICLASSIFICA MA CI FORNISCE QUEI VALORI UTILI E INDISPENSABILI PER COSTRUIRE GLI INDICI.
IL PIU’ GRANDE LIMITE DI TUTTO IL PROCESSO DELL’ANALISI DI BILANCIO E’ LA BASE INFORMATIVA A NOSTRA DISPOSIZIONE; INOLTRE,
SE SIAMO DEGLI INTERLOCUTORI ESTERNI ABBIAMO A DISPOSIZIONE DEI DOCUMENTI CIVILISTICI E SAPPIAMO CHE AL LORO INTERNO
ALCUNE COSE LE POSSIAMO VEDERE, ALTRE NON LE POSSIAMO VEDERE.
L’ALTRO LIMITE E’ COLLEGATO A COME SI FORMANO I VALORI ISCRITTI IN BILANCIO. L’UNICO ELEMENTO VERO CHE TROVIAMO
ALL’INTERNO DEL NOSTRO BILANCIO D’ESERCIZIO E’ IL CA$H (DENARO IN CASSA); TUTTO IL RESTO SAPPIAMO ESSREER FRUTTO
DI UN PROCESSO VALUTATIVO CHE DI PER SE’ INFICIA LA BASE DATI; PER CUI BISOGNA PRESTARE ATTENZIONE A QUAL E’ IL MATERIALE
A DISPOSIZIONE NELL’ESEGUIRE LA NOSTRA ANALISI, CON LA CONSAPEVOLEZZA CHE E’ UN MATERIALE CHE HA DEI LIMITI COLLEGATI
ALLE MODALITÀ ATTRAVERSO LE QUALI I VALORI SI FORMANO E ALLE MODALITÀ ATTRAVERSO LE QUALI QUEI VALORI SI RAPPRESENTANO.
IL 1° PROCESSO DELL’ANALISI DI BILANCIO É LA RICLASSIFICAZIONE DEI DOCUMENTI CONTABILI; POI SI PASSA ALLA COSTRUZIONE
DEGLI INDICI E INFINE SI PASSA AI FLUSSI.
STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO
ATTIVO PASSIVO
ATTIVO
RIFA CIRCOLANTE (CCL)
CAPITALE
Immobilizzazioni immateriali
Finanziamenti da terzi
Immobilizzazioni finanziarie
ATTIVO IMMOBILIZZATO
N —> Capitale Netto
{
C IV “disponibilità liquide”
{
Partiamo dalla macro-classe D, consapevoli però che
potrebbero esserci anche in B (F.di per rischi e oneri) o
C II “crediti” esclusi quelli in scadenza
oltre l’esercizio successivo in C (TFR) degli elementi che di fatto sono passività
correnti (dipendente che va in pensione nel periodo
successivo), un qualcosa da rimborsare nei 12 mesi
Eventualmente macro-classe B laddove all’interno
p —>fragorosamente
successivi.
L —> LIQUIDITÀ DIFFERITE delle imm.finanziarie avessimo inserito dei
crediti che scadono entro i 12 mesi successivi
PASSIVITÀ CORRENTI
ifeng.tt#ETEgnE
C III attività finanziarie a breve
All’interno della macro-classe D siamo fortunati: vi è
D Ratei e risconti attivi che non siano plu-
riennali
p —> PASSIVITÀ l’obbligo di esplicitare, con riferimento ai debiti, la parte
che scade entro divisa dalla parte che scade oltre.
CORRENTI Quindi: noi vogliamo trovare il contenuto di quello che
è a breve quindi andiamo a vedere se all’interno della
macro-classe D c’è qualcosa che è a lungo per toglierlo
M —> MAGAZZINO/RIMANENZE C I “rimanenze”
(i debiti è più facile che siano a breve che a m/lungo).
CAPITALE
ATTIVO CIRCOLANTE (CCL) /ATTIVO CORRENTE Macro-classi C +
D Nelle passività correnti anche Ratei e risconti passivi
IMM. MATERIALI
IMM. IMMATERIALI
iettatore
P —> PASSIVITÀ CONSOLIDATE
CONSOLIDATE { Macro-classe C “TFR”
IMM. FINANZIARIE
FINANZIAMENTI DA TERZI
Macro-classe B “immobilizzazioni”: all’interno di tutte le immobi-
ATTIVO IMMOBILIZZATO lizzazioni finanziarie possono esserci delle robe (crediti o parteci-
pazioni) che scadono nei 12 mesi successivi. Se non ce ne sono, il
totale della nostra macro-classe B è il nostro totale di attivo fisso N —> CAPITALE NETTO Macro-classe A “Patrimonio Netto”
CAPITALE CIRCOLANTE = TORNERÀ SOTTO FORMA DI DENARO TENDENZIALMENTE NEI 12 MESI SUCCESSIVI.
QUANDO IO INVECE DICO ATTIVO CORRENTE MI RIFACCIO A UN’ALTRA PROSPETTIVA: MI RIFACCIO ALL’EQUAZIONE DI BILANCIO A=P+N
LA LOGICA INTERPRETATIVA CHE STA DIETRO QUESTA EQUAZIONE DI BILANCIO? COSA VUOL DIRE IN QUESTA PROSPETTIVA “ATTIVITÀ”?
QUELLO CHE POSSO UTILIZZARE.
NON È PIÚ UNA DIMENSIONE FINANZIARIA: NON É PIÚ IL TEMPO CHE MI SEPARA DA CHE QUESTA ROBA TORNI IN FORMA LIQUIDA; MA É UNA PROSPETTIVA
INTERPRETATIVA IN UNA LOGICA DI: INVESTIMENTO IN ESSERE = QUELLO CHE POSSO UTILIZZARE AVENDO A RIFERIMENTO LA MIA FOTOGRAFIA AL 31/12.
Fare una fotografia al 31/12 significa fare uno stop in quell’istante temporale
ATTIVO CORRENTE = ALL’INTERNO DELL’INSIEME DI QUELLO CHE POSSO UTILIZZARE IN QUELL’ISTANTE TEMPORALE É CIÓ CHE POSSO UTILIZZARE NON NEL
TEMPO, MA UNA VOLTA SOLA.
DA CHE COSA É COMPOSTO IL NOSTRO ATTIVO CIRCOLANTE? LIQUIDITÀ IMMEDIATE O DIFFERITE. LE POSSO USARE UNA VOLTA SOLA: IL DENARO CE L’HO
GIÁ; LE ALTRE LE INCASSO.
CON RIFERIMENTO ALLE RIMANENZE É GIUSTO DIRE CHE SONO ATTIVO CORRENTE PERCHÉ LE POSSO USARE UNA VOLTA SOLA?
Se ho : MAGAZZINO MATERIE che vale 10.000 e MAGAZZINO PRODOTTI che vale 50.000 cosa significa all’interno dello S.P.?
MAGAZZINO MATERIE —> materie che mi arrivano dal periodo precedente e non ho ancora utilizzato; MAGAZZINO PRODOTTI —> prodotti ottenuti
ma non ancora venduti, che ho stoppato contabilmente al 31/12 perché dovevo quantificare il mio risultato di periodo: altrimenti non me
ne sarebbe importato nulla di valorizzarli.
QUINDI É GIUSTO DIRE CHE SONO ATTIVO CORRENTE PERCHÉ LE MATERIE LE UTILIZZERÓ UNA VOLTA SOLA E I PRODOTTI LI VENDERÒ UNA VOLTA SOLA.
QUINDI QUANDO FACCIAMO RIFERIMENTO ALL’ATTIVO CORRENTE ABBIAMO UNA LOGICA INTERPRETATIVA DEL NOSTRO CAPITALE INTESO COME LA PARTE BUONA,
LA PARTE ATTIVA, LA PARTE POSITIVA CHE POSSIAMO ANCORA UTILIZZARE.
OVVIAMENTE L’ATTIVO CORRENTE SI CONTRAPPONE ALL’ATTIVO FISSO, QUELLO CHE NON CIRCOLA, CHE É DESTINATO AD ESSERE UTILIZZATO NEL TEMPO.
ALL’INTERNO DELL’ATTIVO FISSO VI SONO INFATTI LE IMMOBILIZZAZIONI, FATTORI PRODUTTIVI DI TIPO PLURIENNALE.
Continuando a leggere la nostra equazione di bilancio, l’attivo che si compone di una parte corrente e di una parte fissa, è
contrapposto a: le passività e il Netto.
Le passività si distinguono in correnti e consolidate. Le passività sono i nostri debiti. Passività correnti —> debiti a breve;
passività consolidate —> debiti a medio/lungo; alle passività andiamo ad aggiungere il Netto, ossia il Capitale Proprio.
A-P=N
L’insieme di ciò di cui dispongo, al quale tolgo i debiti che ho e mi rimane quello che è mio.
In definitiva quindi “attivo corrente” e “capitale circolante” hanno il medesimo contenuto; però, posto che questo schema interpretativo
che usiamo si rifa alla dimensione finanziaria più propriamente, sarebbe più corretto la somma dei tre (liquidità immediate, liquidità
differite, magazzino) chiamarla Capitale Circolante.
L’altra prospettiva di osservazione invece si rifa alla destinazione d’uso dell’attivo: destinato a essere utilizzato una volta sola e
destinato a rimanere lì in maniera fissa.
ESERCITAZIONE
RICLASSIFICAZIONE STATO PATRIMONIALE
L’azienda esaminata non è verosimilmente un’azienda industriale, un’azienda che sviluppa una trasformazione fisico tecnica dei beni: forse è un’azienda di servizi.
La prime domanda da porsi nel momento in cui leggiamo i documenti contabili della nostra azienda dovrebbe essere (prima di capire se va bene o va male, prima di capire se ha una
struttura adeguata dal punto di vista patrimoniale, se dal punto di vista economico torna, se dal punto di vista finanziario torna): che tipo di azienda è?
Il passivo corrente l’abbiamo trovato semplicemente facendo la somma fra i debiti, dove non c’era nulla scadente oltre i 12 mesi successivi, e ratei e risconti passivi.
É strano che in questi valori i due valori di TFR consecutivi siano uguali: di solito il TFR da un anno all’altro deve aumentare; di solito si accantona un qualcosa.
Deve essere accaduto che coloro che hanno abbandonato l’azienda, quindi il TFR che è stato pagato, è esattamente uguale a quello che è stato accantonato.
Perché che non abbiamo fatto accantonamenti per il TFR è difficile. Vorrebbe dire che tutti i dipendenti se ne sono andati: ma se così fosse dovrebbe essere 0 anche il TFR: se se ne
sono andati, glielo dovremmo aver pagato. Potrebbe esserci un caso limite: che si siano licenziati tutti a dicembre e che noi glielo paghiamo a gennaio. Però se così fosse, il TFR del
2013 è tutto passivo corrente perché li paghiamo tutti nel 2014.
Tuttavia non lo sappiamo.
Anche nel Passivo la prima lettura che possiamo fare è quella legata alla composizione; prima dicendo che la nostra azienda ha una parte di attivo corrente, in termini relativi,
decisamente superiore rispetto all’attivo fisso o all’attivo consolidato abbiamo fatto una lettura di composizione dell’attivo (degli investimenti).
Per la parte del passivo (finanziamenti) possiamo fare la stessa cosa.
Guardiamo la relazione che esiste fra finanziamenti propri e finanziamenti da terzi: quanta parte di finanziamenti è rappresentata dal Capitale Netto e quanta parte invece è
rappresentata da debiti.
Nel nostro caso, guardando ai numeri del nostro prospetto riclassificato, a fronte di un totale passivo pari a 8.944, abbiamo 5.900 di Capitale Proprio. Va molto bene. Il Capitale Proprio è il 66%
del totale passivo e netto. Avere tanti finanziamenti propri infatti significa essere più flessibili, dipendere poco dai terzi e avere meno obblighi di restituzione; infine avere anche 0 peso
economico. I finanziamenti propri infatti sono quelli che non devono essere remunerati. L’avere tanti finanziamenti propri è una situazione quasi ideale.
Una volta scoperta quella che è la composizione del Passivo e scoperto che N è la parte più importante all’interno dei finanziamenti, dopo dobbiamo mettere in relazione la parte dei
finanziamenti con la parte degli investimenti: perché? Perché i finanziamenti non arrivano per caso ma con una finalità. E in questo schema riclassificatorio che ha come filo conduttore
il fattore tempo, dobbiamo cercare una relazione temporale fra finanziamenti e investimenti —> LETTURA TRA SEZIONI
Investimenti Finanziamenti
p
l
P Quando dobbiamo
Quando tornano in L rimborsare?
denaro?
M
N
Imm.
L’elemento più sensibile fra quando ci torna il denaro e quando dobbiamo pagare è il secondo. Posto che quindi l’elemento di analisi più sensibile è quello insito nell’interpretazione dei
finanziamenti partiamo nel dire: quanta parte dei finanziamenti di terzi è a breve? Quanta parte delle nostre passività correnti trovano corresponsione o in ciò che è già denaro o in ciò
che tornerà sotto forma di denaro nei 12 mesi successivi? Se così non è non siamo più solvibili —> fallimento
Secondo elemento interpretativo guarda in maniera congiunta a quello che invece ha durata lunga o infinita, che dobbiamo rimborsare oltre i 12 mesi successivi.
Queste due tipologie di finanziamento dove ci aspettiamo che siano investiti? Prima di tutto nell’attivo immobilizzato; poi nel Magazzino, perché il Magazzino è quell’elemento un po’
incerto: non siamo poi così sicuri di vendere i nostri prodotti oppure di continuare a utilizzare quelle materie per produrre.
Per cui la lettura tra sezioni del nostro S.P., posta questa prospettiva di riclassificazione è assolutamente questa. Dal punto di vista dei calcoli, quest’analisi ci porta a un calcolo dei
nostri margini.
Una volta letta la composizione delle singole sezioni, la lettura tra sezioni, che è l’altra seconda importante prospettiva di analisi dello S.P., ci porta alla costruzione dei nostri margini.
Torniamo al nostro esempio. Avendo un Capitale Proprio così elevato da un lato e dall’altro poche immobilizzazioni e tanto capitale circolante, la lettura tra sezioni ci dice che stiamo
usando capitale proprio per coprire del magazzino, dei crediti... É sbagliato dire che utilizzo Cap. Proprio per coprire dei crediti? No. Dal punto di vista concettuale puro non è
sbagliato (però forse non è l’ottimo). Ma se, come immaginiamo, quell’azienda è un’azienda che ha quelle caratteristiche dal punto di vista strutturale (all’interno della mia azienda non
me ne faccio niente di aumentare l’attivo immobilizzato) ci sta che utilizzi il Capitale Proprio anche per coprire della roba a breve.
Non andrebbe bene invece il contrario: se utilizzassimo ad es. delle passività correnti/finanziamenti da terzi a breve per coprire dell’attivo immobilizzato.
Non abbiamo però ancora guardato tra il passivo quanta parte è debito corrente e quanta parte è consolidato. Che cosa ci aspetteremmo di trovare? Che sia tutto corrente, perché
l’azienda non ha bisogno di chiedere finanziamenti a m/lungo: ha già del Capitale suo, che non deve essere rimborsato, in abbondanza. Per cui, eventualmente, ha quella situazione
fisiologica di debiti a breve che ci auguriamo troverà abbondante copertura o in ciò che è già liquido o nei crediti a breve.
Abbiamo 3.914 di crediti v/clienti nel 2014, a fronte di debiti v/fornitori 2.156. Questo potrebbe essere un problema? Dal punto di vista macro-strutturale va bene; se entriamo invece
nel particolare, all’interno di ciò che è a breve, una prima importante relazione la si fa, guardando debiti=paghiamo in un orizzonte temporale di 30/60/90 gg; crediti=incassiamo in un
orizzonte temporale di 30/60/90 gg. Quindi mediamente fra crediti e debiti ci si auspica che siano più i crediti dei debiti dal punto di vista dell’ammontare. Ma questo non ci basta;
dobbiamo sapere anche la durata (lo vedremo calcolando gli indici). La prima considerazione la andremo a fare guardando l’ammontare: abbiamo un ammontare di crediti >
dell’ammontare dei debiti: in termini di capienza ci siamo. C’è però un problema innanzitutto di durata: dovremmo cercare di negoziare coi fornitori, una dilazione di pagamento che sia
almeno pari a quella che concediamo ai nostri clienti. Però, in una situazione come questa, dove l’ammontare dei crediti è molto superiore rispetto all’ammontare dei debiti quale
potrebbe essere il problema? Un problema di insolvenza. Se uno o più dei creditori non ci paga (visto che sono tanti rispetto all’ammontare dei fornitori) potremmo comunque avere
una difficoltà dal punto di vista finanziario. Entrando nel micro, analizzando congiuntamente la relazione che esiste fra crediti e debiti, dove, come nel nostro caso i debiti sono tanti, il
problema che ci dobbiamo porre è circa la loro durata, per essere sicuri che l’incasso sia almeno pari a quella che è la dilazione che i fornitori ci hanno concesso; e il secondo
interrogativo, più difficilmente scioglibile, è collegata alla potenziale insolvenza che ci sta dietro quei clienti: se i clienti ci pagano nessun problema, ama questo a volte potrebbe così
non essere o potremmo scoprirlo dopo.
Diciamo che dal punto di vista dello S.P. possiamo esprimere sulla situazione patrimoniale dell’azienda un giudizio positivo, perché la composizione degli investimenti è assolutamente
in linea rispetto alla composizione dei finanziamenti (vi è una relazione adeguata, anzi delle due forse troppo sbilanciata rispetto all’esistenza del Capitale Proprio ).
L’unico elemento non analizzabile attraverso la semplice lettura dei valori contenuti all’interno del documento è questa relazione nella parte a breve tra clienti e fornitore, che sono le
due voci più importanti, che necessitano di un approfondimento successivo.
l+L+M
ci dice se riusciamo a
coprire i nostri debiti a
breve con quello che
ritornerà in forma liquida
nei 12 mesi successivi
Il Magazzino è l’elemento di incertezza che sta dentro al CCN che ci porta alla costruzione del Margine di Tesoreria; infatti, mentre liquidità immediate sono già liquide e liquidità differite
contengono quello che per sua natura sostituisce temporalmente un’entrata di denaro, il magazzino no: il magazzino sono beni che stanno lì.
Il Margine di Tesoreria, da questo punto di vista, è più puntuale rispetto al CCN perché elimina il magazzino: prendo in considerazione da un lato solo e soltanto il denaro o ciò che per
sua natura tornerà denaro nei 12 mesi successivi e da questo sottraggo i debiti a breve.
MT = (l + L) - p
Con Capitale Circolante Netto e Margine di tesoreria, ci siamo concentrati sulla parte alta del nostro schema, quindi sulla parte a breve.
Con il Margine di Struttura invece, sia esso normale piuttosto che allargato, ci concentriamo sulla parte bassa del nostro schema, quindi sulla parte a lungo.
Il Margine di Struttura normale ci dice quanta parte delle immobilizzazioni sono coperte da Capitale Proprio. E noi nel nostro caso siamo messi benissimo. Ce ne avanza un sacco di
Capitale Proprio.
MS = N - F
Il Margine di Struttura Allargato invece ci dice quanta parte delle immobilizzazioni è coperta da Capitale Proprio + Passività consolidate. Ci aspettiamo che i finanziamenti a m/lungo
possano coprire delle attività immobilizzate, anzi dovrebbe essere abbastanza normale.
MASA = (N + P) - F
Nel nostro caso andiamo tranquilli perché sono tutti e due più che positivi.
RICLASSIFICAZIONE CONTO ECONOMICO
Qui nella nostro caso possiamo prendere in considerazione soltanto uno schema a valore aggiunto perché siamo analisti esterni e quindi non abbiamo le informazioni che ci servono per
andare a costruire eventualmente lo schema a costo del venduto, il quale prende in considerazione la suddivisione per aree funzionali.
Essendo il nostro uno schema a valore aggiunto, la prima grandezza a cui dobbiamo pervenire è il nostro PIL.
Dentro allo schema civilistico di C.E., l’unica voce che ci può creare dei problemi è A5. Tuttavia, nel nostro caso, il suggerimento ci dice che ci sono dei fitti attivi per la locazione di una
porzione di fabbricato industriale: quindi è caratteristico.
Poi al Valore della produzione sottraiamo il consumo di materie; per valorizzare il consumo di materie prendiamo in considerazioni le voci B6 “consumi di materie” e B11 “variazionie
delle rimanenze di materie” del C.E. civilistico.
In B11 nel nostro caso non c’è niente ed era prevedibile: il fatto che B11 fosse vuoto l’avevamo già visto dalla voce CI dello S.P., dove all’interno delle rimanenze, la sottovoce
“rimanenze di materie” era vuota: c’erano soltanto i prodotti finiti e merci.
Il consumo di materie per noi è esattamente uguale al contenuto di B6; per quanto riguarda invece il consumo di servi prendiamo in considerazione B7, B8, B14. Il suggerimento ci dice
che B14 “oneri di diversa gestione” non è accessoria (ma non ci dice se non è straordinaria). In B14, anche pre-riforma, potrebbero starci le cd. minusvalenze ordinarie, per cui le
minusvalenze derivanti dall’alienazione di un immobile vanno lì. Però, ipotizziamo che sia tutto caratteristico B14 nel nostro caso. Mettiamo quindi B14 nei consumi di servizi o altri
costi esterni.
Togliamo al PIL i nostri consumi e otteniamo il nostro Valore Aggiunto. Essendo poi il nostro uno schema a PIL e MOL, al Valore Aggiunto andiamo a sottrarre il costo del lavoro
(che troviamo in B9) e otteniamo il MOL; al MOL sottraiamo gli ammortamenti e gli accantonamenti. Nel nostro schema civilistico originario dell’esempio abbiamo solo gli
ammortamenti. Nella realtà in B10, oltre agli ammortamenti, potrebbero esserci anche le svalutazioni dei crediti/perdite presunte su crediti.
Ora: c’è qualcosa di accessorio da mettere fra il ROC e il ROG? C16 “altri proventi finanziari”. Nello schema riclassificato infatti alla riga 17 c’è altri proventi finanziari: sicuramente
abbiamo un componente di gestione accessoria da portare di là.
Al ROG andiamo a sottrarre gli oneri finanziari che troviamo nel civilistico in C17 e otteniamo il RO Reddito di competenza.
Poi dobbiamo mettere i proventi e oneri straordinari (macro-classe E del civilistico e basta perché in A5 e B14 non avevamo nulla nel nostro caso).
Dopo la riforma è scomparsa la macro-classe E. Tuttavia, anche prima quelli che erano i cd. componenti straordinari non ascrivibili ad una logica di non prevedibilità li inserivamo in
A5 e B14; quindi di fatto non possiamo dare per assodato, in una logica di 1 a 1 , il fatto che il contenuto di E lo portiamo nella gestione straordinaria. In più, adesso sappiamo che E
non c’è più e questi eventuali eventi straordinari li dobbiamo cercare in A5 e B14. A5 è fitti attivi derivanti dalla locazione di una porzione di un fabbricato industriale che diamo in
affitto. Si tratta fitti attivi derivanti da una locazione di un immobile strumentale: l’immobile strumentale se lo do in locazione non diventa accessorio. Per essere accessorio deve
trattarsi di locazione di un immobile non strumentale. Il discrimine quindi è il fatto che si tratti o meno di un immobile strumentale. Se è strumentale, qualsiasi cosa ci faccia non è più
accessoria; l’accezione di accessorio è: investo temporalmente una somma di denaro in qualcosa che esula dal mio business.