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II
Arte, Musica, Pensiero, Società
a cura di
Nadia Amendola e Giacomo Sciommeri
UniversItalia
II
Arte, Musica, Pensiero, Società
a cura di
Nadia Amendola
Giacomo Sciommeri
UniversItalia
Volume pubblicato come iniziativa finanziata dall’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o di
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tori o altro. Le fotocopie per uso personale del lettore possono tuttavia essere effettuate, ma solo nei
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5 della legge 22 aprile 1941 n. 633. Ogni riproduzione per finalità diverse da quelle per uso personale
deve essere autorizzata specificatamente dagli autori o dall’editore.
Indice
Prefazione
di Emore Paoli e Franco Salvatori IX
Introduzione
di Nadia Amendola e Giacomo Sciommeri XI
CHIARA SPENUSO
La Niobe ferita. Il «sacrificio umano» di Camille Claudel 1
SERENA DE DOMINICIS
Esercizi di opposizione al paradigma economico. Esempi di analisi critica
del concetto di crescita nell’arte contemporanea 19
ROBERTO MANNU
«L’histoire littéraire est à récrire»: l’elaborazione di un anti-canone
letterario secondo il progetto surrealista 31
MIRIAM POLLI
Pirandello. Eterno conflitto tra testo e messa in scena 41
EMANUELA FERRAUTO
Il teatro del soldato al fronte. La Prima guerra mondiale attraverso
gli occhi degli artisti napoletani, in Italia e in America 51
LINO CABRAS
Le coreografie astratte di Oskar Schlemmer: conciliazione del dissidio
interiore e sociale agli inizi del XX secolo 61
FRANCESCA TOMASSINI
Il conflitto in versi nei teatri di Eliot e Pasolini 71
VI INDICE
MARIALAURA SIMEONE
Limiti, confini, conflitti. L’esperienza teatrale al Carcere di Benevento 79
NADIA AMENDOLA
Linguaggio guerresco, disputa filosofica e contrasto interiore:
il conflitto nella poesia per musica di Domenico Benigni 87
GIACOMO SCIOMMERI
Il conflitto psicologico nella cantata-lamento: «L’Arianna» di Giacomo Buonaccorsi
e Carlo Francesco Cesarini tra echi rinucciniani e scelte musicali 99
NASTASJA GANDOLFO
Il conflitto tra dovere morale e sentimento passionale: le cantate di Lavinia e Achille
di Giovanni Alberto Ristori (1692-1753) e Carl Heinrich Graun (1704-1759) 113
MATTEO COSSU
Conflittualità e tradizione nel Violinkonzert di Alban Berg 127
FEDERICA MARSICO
Il conflitto in prospettiva queer: Der Prinz von Homburg di Hans Werner Henze 137
MARIA LETTIERO
Pagine di guerra. Fanfare e bande in giallo-verde 149
GIUSEPPE GIORDANO
Pratiche musicali e conflitti rituali in Sicilia 161
MARIA RIZZUTO
«Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore,
produce molto frutto» (Gv 12, 24): il canto liturgico copto protagonista vincente
della storia d’Egitto 175
ALESSANDRO COSENTINO
Tra matrici musicali africane e canto gregoriano: l’esperienza romana
di Emmanuel Cola Lubamba, prete e compositore congolese 183
GIULIO PIATTI
Vertov e Ėjzenštejn a partire da Deleuze. Un conflitto estetico, politico e filosofico 205
INDICE VII
SALVATORE SPINA
Il conflitto tra Eigentlichkeit e Uneigentlichkeit nell’analitica esistenziale
di Essere e tempo di Martin Heidegger 215
DANIELE FAZIO
Die Totale Mobilmachung. Ernst Jünger e l’analisi metafisica
del Primo conflitto mondiale 225
ANGELA CIMATO
Tipo e anti-tipo. Il conflitto nell’ideologia nazionalsocialista 233
PIETRO LEMBO
Ego protesico: per un’archeologia del conflitto a partire dalla decostruzione
di Jacques Derrida 241
GIULIA CERVO
Filosofia della Notte: polemos ed Europa nei Saggi eretici di Jan Patočka 251
VALERIO FABBRIZI
Dalla «teoria del conflitto» alla «teoria del partigiano».
Un approccio filosofico-politico 261
MASSIMILIANO NAPOLI
Conflitti per l’identità. La strutturazione narrativa dell’esperienza
e la costituzione del Sé 283
LAURA KHASIEV
I conflitti in Pinocchio. ‘Conflitti’ del testo, ‘conflitti’ nel testo 295
ROSSANA PENSABENE
Il conflitto come risorsa nella pratica pedagogica 307
CARLO MACALE
La pedagogia del conflitto di classe e il depauperamento antropologico.
La risposta di Jacques Maritain e l’impegno per un’educazione della persona 317
CARMELO RUSSO
Italiani di Tunisia: dalle naturalizzazioni francesi all’indipendenza tunisina.
Attrazioni, ambivalenze, conflitti nelle percezioni identitarie 327
VIII INDICE
STEFANIA PINCI
L’insostenibile pesantezza dei conflitti per lo sviluppo. Sicurezza, pace
e sviluppo in Africa Occidentale e Sub-sahariana 337
1
ĖJZENŠTEJN 2003A, p. 46.
2
ĖJZENŠTEJN 2012, p. 411.
3
Cfr. VERTOV 1975, p. 70.
4
Cfr. DELEUZE 2010A, pp. 47-55, 101-108; DELEUZE 2010B, pp. 175-182.
206 GIULIO PIATTI
Dziga Vertov è un convinto oppositore del concetto di mimesis, inteso come re-
siduo di incrostazioni teatrali e letterarie da cui il cinema avrebbe dovuto liberarsi:
ecco perché Vertov si rifiuta categoricamente di utilizzare attori professionisti così
come di scrivere una ‘classica’ sceneggiatura. Per comprendere il rifiuto vertoviano
della rappresentazione bisogna esplicitare la proposta pratica e teorica avanzata dal
regista, ovvero quella del cineocchio (Kinoglaz). Il cineocchio altro non è che
l’occhio della macchina da presa, sganciato da ogni soggettivismo: se l’uomo perce-
pisce soltanto una piccola porzione del reale, il cineocchio intende superare le abi-
tudini percettive umane, restaurando quelle vaste zone acentrate invisibili all’occhio
umano5. L’obiettivo di Vertov è quello di «emancipare la macchina da presa, op-
pressa da una triste schiavitù, soggetta a un occhio umano imperfetto e poco acu-
to»6. Liberandosi dal punto di vista umano sulle cose, il cineocchio vuole arrivare a
cogliere la ‘grana’ del reale, la sua profonda materialità, costituita da una serie di re-
lazioni che scorrono, invisibili, al di sotto delle percezione umana. Ecco allora per-
ché il cineocchio non vuole essere «copia di copia»7, come il cinema americano
d’azione, ma intende riprendere scene reali e quotidiane, mostrandole attraverso un
occhio onnisciente.
Non è in realtà difficile mostrare quanto una poetica, così intesa, non sfugga al
soggettivismo che intende denunciare: se è vero che l’occhio della macchina da pre-
sa è infinitamente più potente dell’occhio umano, permane in ogni caso il problema
del punto di vista: l’immagine, per quanto caratterizzata da punti di ripresa inusuali,
resta pur sempre ‘centrata’, inevitabilmente relativa a una percezione umana8. Se il
cineocchio supera il punto di vista umano sulla realtà, decostruendo una volta per
tutte il principio mimetico, questo accade perché Vertov mette in pratica un mon-
taggio di tipo costruttivista, di matrice fortemente creativa. Si tratta di mettere in
relazione immagini eterogenee, rivolgendo un’attenzione particolare al ritmo di
montaggio e all’intervallo tra le sequenze9. Il meccanismo rappresentativo-oculare è
così smontato dall’interno, attraverso la giustapposizione di elementi eterogenei
capaci di cogliere le relazioni che disegnano il reale: è quello che accade, per esem-
pio, ne La sesta parte del mondo (1926), dove sono affiancate sequenze che mo-
strano una serie di lavoratori disseminati sul suolo sovietico, ma uniti da un unico
fine socialista.
5
Cfr. DELEUZE 2010A, p. 83.
6
VERTOV 1975, p. 36.
7
VERTOV 1975, p. 27.
8
Cfr. ZOURABICHVILI 2000, p. 146.
9
VERTOV 1975, p. 29.
VERTOV E ĖJZENŠTEJN A PARTIRE DA DELEUZE 207
Anche per Ėjzenštejn il mezzo cinematografico non può essere legato indissolu-
bilmente al concetto di rappresentazione: un cinema soltanto mimetico è un’opera
‘a metà’, che non raggiunge la sua componente essenzialmente artistica, espressa
dal concetto di ‘immaginità’ (obraznost’)10: con ‘immaginità’ si intende la capacità,
propria di un’opera d’arte, di passare da semplice rappresentazione del reale a
emersione dell’idea. Ogni creazione artistica dovrebbe esibire un perfetto equilibrio
tra rappresentazione e immagine. Se infatti un’arte solo mimetica è incapace di fare
emergere la sua qualità artistica, un’arte composta soltanto da immagini ricade nello
sterile formalismo dell’arte borghese decadente, sclerotizzata nei suoi ‘ismi’ autore-
ferenziali11, a cui Ėjzenštejn aggiunge significativamente il cineocchio vertoviano.
Per comprendere meglio il binomio tra rappresentazione e immagine, può essere
utile fare riferimento a un esempio proposto da Ėjzenštejn stesso12. Nel riprendere
una barricata, si può agire in due modi: o, con una certa neutralità, fare emergere
soltanto la verosimiglianza, permettendo il riconoscimento dell’oggetto che si sta
filmando oppure rendere, attraverso una studiata soluzione compositiva, l’idea che
sottostà all’oggetto, quella della lotta, del movimento e del disordine. In questo caso,
senza abbandonare la verosimiglianza – si comprende senza fatica che continua a trat-
tarsi di una barricata – il regista è in grado di fare emergere l’immagine dell’oggetto, il
suo significato profondo. Obiettivo di Ėjzenštejn è insomma quello di superare la rap-
presentazione con la rappresentazione, attraverso una sorta di Aufhebung hegeliana ca-
pace di oltrepassare e insieme conservare l’istanza mimetica.
10
Sulla scelta di questa traduzione, cfr. ĖJZENŠTEJN 2012, pp. 419-420, nota 4.
11
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2012, p. 396.
12
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2012, pp. 27-41.
208 GIULIO PIATTI
13
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2012, pp. 129-150. Questa idea ha avuto una grande influenza sia su Deleuze, nella
teorizzazione del cinema come insieme di immagini-movimento sia su Merleau-Ponty, quando ne L’occhio
e lo spirito fa, come Ėjzenštein, riferimento a Rodin per comprendere il ‘miracolo’ del movimento (cfr.
MERLEAU-PONTY 1989, pp. 54-55).
14
ĖJZENŠTEJN 2003B, p. 418.
15
Cfr. DELEUZE 2010A, p. 103.
16
VERTOV 1975, p. 78.
VERTOV E ĖJZENŠTEJN A PARTIRE DA DELEUZE 209
17
Cfr. l’introduzione di Montani in VERTOV 1975, p. 5.
18
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2012, p. 352.
19
ĖJZENŠTEJN 2003A, pp. 130-157.
20
Sul concetto ejzenštejniano di pathos, cfr. soprattutto ĖJZENŠTEJN 2003B, pp. 45-227.
21
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2003B, pp. 32-43.
22
Ėjzenštejn li equipara a veri e propri passaggi di stato tra elementi (cfr. ĖJZENŠTEJN 2003B, p. 188).
23
ĖJZENŠTEJN 2012, p. 411.
24
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2003B, p. 62. Il rapporto tra choc e pensiero è un tema costante nella riflessione
filosofica di Deleuze (cfr. DELEUZE 1997, pp. 196-198). Quando si tratta di analizzarla nella storia del
cinema, non manca il riferimento esplicito a Ėjzenštein (cfr. DELEUZE 2010B, pp. 176-178, dove è
presente anche un riferimento a Vertov).
210 GIULIO PIATTI
Non è affatto complicato riconoscere nella scuola sovietica del cinema una vi-
sione dialettica del reale26. È su questo punto che Ėjzenštejn, Vertov, Pudovkin e
Dovženko, pur nelle loro evidenti differenze, si pongono in aperto conflitto con il
cinema americano a loro contemporaneo. Dove questo, guidato da un empirismo
statico, partiva dalla constatazione di un universo diviso tra due classi sociali in lot-
ta, il cinema sovietico problematizzava questo punto di partenza, andando a coglie-
re dialetticamente le ragioni di questa dicotomia27.
Vertov è l’alfiere di una dialettica in sé, della e nella materia28: come si è detto,
l’obiettivo del cineocchio è quello di cogliere le relazioni che scorrono al di sotto
della soglia di percezione umana. In questo modo, però, il pensiero dialettico perde
il proprio ‘centro’ umano, superando la percezione abitudinaria e aprendosi così a
un mondo impersonale, composto da materia, luce e vibrazione. Per questo Deleu-
ze sostiene che Vertov ha in qualche modo realizzato il programma materialista
bergsoniano contenuto nel primo capitolo di Materia e memoria29, nel quale si su-
pera la prospettiva umana in favore di un puro campo trascendentale di immagini
che si riflettono tra loro30. Negando il punto di vista antropologico sulle cose, si
giunge nei pressi della materia e delle sue vibrazioni energetiche. Il grande merito di
25
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2012, p. 168.
26
Cfr. DELEUZE 2010A, pp. 54-55.
27
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2003A, pp. 204-266.
28
Cfr. DELEUZE 2010A, p. 55.
29
Cfr. DELEUZE 2010A, p. 102.
30
Cfr. BERGSON 2009, pp.13-61.
VERTOV E ĖJZENŠTEJN A PARTIRE DA DELEUZE 211
Vertov è stato proprio quello di aver aperto la strada a un cinema capace di prende-
re sul serio il problema della materialità e della percezione; questi interessi coinci-
dono però con un radicato impegno politico. Il mondo della pura materia è anche il
mondo del socialismo: l’energetismo coincide così con un universo di relazioni so-
cialiste non visibili da una prospettiva singola, ma immerse nell’in sé della realtà.
Interessante conseguenza filosofica della dialettica vertoviana è un rinnovato
rapporto tra costruzione e scoperta. Il mondo pre-umano delle relazioni a cui Ver-
tov vuole pervenire è già esistente, si tratta solo di farlo emergere: il cineocchio in
questo caso solleva un velo che, coincidendo con la percezione antropologicamente
orientata, impedisce di cogliere la ‘grana’ del reale. È tuttavia Vertov stesso a inten-
dere i propri prodotti come dei cineoggetti31, il cui tratto ‘costruito’ assume un
grande rilievo. Si tocca qui il punto filosoficamente più complesso interno alla pro-
posta vertoviana: qual è il rapporto tra costruzione e verità? La verità cui Vertov
vuole giungere non è tanto quella di uno svelamento, quanto piuttosto quella di una
vera e propria creazione:
La variazione universale, l’interazione universale (la modulazione), è già ciò che Cézanne chiama-
va il mondo prima dell’uomo, «alba di noi stessi», «caos iridato», «verginità del mondo». Nulla
di stupefacente che si debba costruirlo, perché è dato solo all’occhio che non abbiamo32.
31
Cfr. VERTOV 1975, p. 71.
32
DELEUZE 2010A, p. 102.
33
Si tratta di un dibattito centrale nel mondo culturale russo nel Novecento (cfr. KRAISKI 1968; FINK
1999; MALEVIČ 2000).
34
Cfr. DELEUZE 2010A, p. 105.
35
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2003B, p. 22
212 GIULIO PIATTI
Al di là delle differenze qui messe in luce, ci sembra che ci sia almeno un forte
punto di contatto tra le poetiche di Vertov e Ėjzenštejn. Si tratta, molto in generale,
di una riflessione condotta da entrambi sui limiti del mezzo cinematografico.
Se il cineocchio vertoviano intende superare la curva umana dell’esperienza, per
arrivare a un campo impersonale di variazioni universali, il punto di approdo ulti-
mo, appena concepibile, altro non sarebbe che una pura coincidenza tra cinema e
36
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2003A, p. 233.
37
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2003B, p. 440.
38
Su questi punti cfr. l’introduzione di Montani in ĖJZENŠTEJN 2003B, p. XI.
39
Cfr. ĖJZENŠTEJN 2003B, p. 303.
VERTOV E ĖJZENŠTEJN A PARTIRE DA DELEUZE 213
Se si segue mentalmente lo sguardo del saggio ci si accorge che, dopo aver percorso i contorni sfumati
della vegetazione, delle valli e dei monti, questo è immancabilmente teso verso il «nulla» – verso lo
sfondo bianco del quadro –, libero da qualsiasi allusione ad oggetti o a rappresentazioni!41
40
Cfr. DELEUZE 2010A, p. 78.
41
ĖJZENŠTEJN 2003B, p. 396. Su questi punti cfr. anche l’introduzione di Montani in ĖJZENŠTEJN 1981,
pp. XXX-XL.
214 GIULIO PIATTI
Riferimenti bibliografici
BERGSON 2009 = HENRI BERGSON, Materia e memoria. Saggio sulla relazione tra il corpo e
lo spirito, a cura di Adriano Pessina, Roma-Bari 2009 (ed. orig.: Matière et mémoire,
Paris 1896).
DELEUZE 1997 = GILLES DELEUZE, Differenza e ripetizione, trad. it. di Giuseppe Guglielmi,
Milano 1997 (ed. orig.: Différence et répétition, Paris 1968).
DELEUZE 2010B = GILLES DELEUZE, L’immagine-tempo. Cinema 2, trad. it. di Liliana Ram-
pello, Milano 2010 (ed. orig.: Cinéma II - L’image-temps, Paris 1985).
ĖJZENŠTEJN 2012 = SERGEJ M. ĖJZENŠTEJN, Teoria generale del montaggio, a cura di Pietro
Montani, trad. it. di Cinzia De Coro e Federica Lamperini, Venezia 2012 (ed. orig.:
Izbrannye proizvedenija v šesti tomach, Moskva 1963-70).
FINK 1999 = HILARY L. FINK, Bergson and Russian Modernism, 1900-1930, Illinois 1999.
KRAISKI 1968 = GIORGIO KRAISKI, Le poetiche russe del Novecento, Bari 1968.
MALEVIČ 2000 = KAZIMIR MALEVIČ, Suprematismo, a cura di Gabriele Di Milia, Milano 2000.
VERTOV 1975 = DZIGA VERTOV, L’occhio della rivoluzione. Scritti dal 1922 al 1942, a cura
di Pietro Montani, Milano 1975.
ZOURABICHVILI 2000 = FRANÇOIS ZOURABICHVILI, The Eye of Montage: Dziga Vertov and
Bergsonian Materialism, in The Brain in the Screen. Deleuze and the Philosophy of
Cinema, Minneapolis/London 2000, pp. 141-150.