Sei sulla pagina 1di 97

Archeocarpologia

semi, frutti e annessi fiorali


Archeocarpologia
la scienza che studia semi, frutti e annessi fiorali
(reperti carpologici s.l.) in contesti archeologici,
identificando tali reperti e, in base all’interpretazione
degli assemblaggi carpologici, fornendo informazioni
sulle interazioni fra piante e uomo.

Il potenziale degli studi carpologici è oggi pienamente riconosciuto nel


settore antropologico-etnologico/ storico/ archeologico per le importanti
informazioni che tali ricerche offrono intorno alle passate culture.
Anche se altri settori dell’Archeobotanica sono in grado di fornire una
gamma di indispensabili notizie, lo studio dei semi/frutti mantiene un
ruolo chiave in tutte quelle ricerche dove l’uomo è l’oggetto cognitivo,
per due motivi:

1) l’uomo è il principale artefice, volontario o involontario, della


presenza dei semi/frutti nei siti archeologici.
2) i semi/frutti sono assai significativi dal punto di vista
sistematico/tassonomico, per cui molto spesso ne è possibile
l’identificazione a livello di specie, risalendo con grande dettaglio alle
piante legate all’uomo.

 arricchire le ricerche storico-archeologiche


dare un contributo alla comprensione del rapporto uomo-
E’ utile per: ambiente vegetale, parte integrante della cultura umana
 ricostruire la storia della domesticazione delle piante e per
conoscere la flora e la vegetazione locale
I semi, i frutti e gli annessi “fiorali” (es. squame di strobili
femminili - “pigne”- di Conifere, residui dell’infiorescenza
della vite o delle spighette di graminee), di specie selvatiche
o coltivate, native o esotiche, sono l’oggetto di studio
dell’archeocarpologia.

Il seme è la struttura alla quale le Spermatofite


(piante a seme: Gimnosperme e Angiosperme)
affidano l’embrione ed è quindi d’importanza
fondamentale per la propagazione della specie.
Le Gimnosperme (a seme nudo)

SEME affidano la diffusione della specie nel


territorio al seme (a volte con
l’intervento di strutture strobilari).

plantule

Pinus pinea
ALCUNI ESEMPI
I pinoli (P. pinea e le specie della sottosez. Cembroides compreso il nostro P.
cembra - e P. sibirica s.l. sottosez. Strobus) sono un seme ottimo, raccolto da varie
popolazioni indigene ed anche commerciato.
Tra l’altro pare avere doti afrodisiache (Santesson 2000), già citate da Ovidio (I sec.
d. C.) in Ars amatoria e dal medico greco Galeno (II sec. AD), che suggerisce il
consumo per tre sere consecutive di una miscela di pinoli, mandorle e miele.

pinoli di
P. sibirica

Pinoli di P. gerardiana,
asiatico

P. pinea:
Modena - I sec. d.C.

pinoli di
P. pinea
ALCUNI ESEMPI
“bacche” di Juniperus communis, disperse da animali

Semi arillati e non - Taxus baccata


ALCUNI ESEMPI

Larix decidua

Molto frequenti nelle conifere i semi alati


(nel subfossile raramente si conservano le ali)

Resti di pigna
di P. pinea
Pinus pinaster
ALCUNI ESEMPI

Seme con solido tegumento di Araucaria bidwillii (Australia).


I semi sono eduli e furono consumati dagli indigeni.
Anche oggi rappresentano un cibo d’intrattenimento.
Peculiare delle Angiosperme ( a seme incluso in un”vaso”):
FRUTTO contiene uno o più semi ed è il risultato delle trasformazioni
subite dall’ovario dopo la fecondazione (“frutto” in senso
stretto), talora coinvolgenti parti extracarpellari.

Le Angiosperme possono scegliere se affidare la


diffusione della specie all’intero frutto, a una sua parte o
al seme: ad es. il ciliegio (Prunus avium) si affida al frutto
(drupa, la ciliegia), la veccia (Vicia sativa) al seme, poiché
il frutto (legume), si apre sulla pianta disperdendo i semi.

Altre si affidano a porzioni di


frutto (= mericarpi, ad es.
Apiaceae, Lamiaceae, alcune
Leguminosae….).
I semi e i frutti (o parti del frutto) possono essere identificati, poiché
possiedono caratteri morfologici peculiari (ad es. taglia, forma,
struttura anatomo-istologica, ecc.) che permettono di individuare la pianta
madre, in modo piuttosto preciso, quasi sempre a livello di specie,
qualche volta a livelli di rango inferiore alla specie;

solo in un numero limitato di casi, spesso a causa della incompletezza dei


reperti, è necessario fermarsi a livelli generici o sopragenerici.

Le generalità sui semi e la tipologia, la classificazione e la nomenclatura dei


frutti sono trattate con più o meno dettaglio in molti testi botanici, da
alcuni a carattere generale (ad es. Strasburger’s,) ad altri specialistici (ad es.
Spjut, 1994); per l’identificazione dei semi/frutti è sempre
necessario ricorrere a testi specifici.
Dispersione, deposizione e inclusione
nel substrato dei semi/frutti

In condizioni naturali i semi/frutti (= sf) prodotti dalla vegetazione vanno a


costituire la “pioggia dei semi”, che si deposita al suolo e nei corpi d’acqua.

La dispersione dei sf nell'ambiente e il loro allontanamento dalla pianta madre


dipendono da:
- caratteri intrinseci ai sf stessi: peso, forma, dimensioni, presenza di strutture
atte all’ancoraggio ad animali, ecc.

- dall'ambiente in cui vegeta la pianta madre;

- dall'azione di fattori esterni (ad es. ruscellamento, esondazioni, trasporto da


parte di animali anche per ingestione e defecazione).
Modi di disseminazione in natura

Dispersione tramite vento (anemocora):


semi con un ciuffo di peli (Asclepias); frutti alati (Fraxinus), frutti con ciuffo di
peli (Anemone), frutti accompagnati da brattea alata (Tilia); frutti piccoli,
pulverulenti, frutti con stilo persistente e piumoso (Clematis), ecc.
Un caso particolare è la dispersione tramite rotolamento della pianta
(Cycloloma).

Dispersione mediante gravità:


poco comune; frutti pesanti (Maclura) che cadono sul terreno e vi restano.

Dispersione tramite acqua (idrocora):


semi piccoli, duri, frutti spesso con spine o proiezioni che fungono da
strutture ancoranti (Trapa), rivestimento viscoso, strato superficiale
idrorepellente, bassa densità e quindi possibilità di galleggiare.
Semi di Asclepias

Frutti di Aster

Dispersione tramite vento - ANEMOCORA

Frutti di Anemone
Frutti con pappo di Taraxacum

Tilia
Dispersione tramite vento

Fraxinus: samare Clematis: acheni con stilo piumoso


Dispersione tramite vento

Cycloloma: la pianta rotola per


disperdere i semi (Chenopodiacee)
Dispersione mediante gravità

Maclura pomifera (Moraceae)


Dispersione tramite acqua - IDROCORA

Trapa natans: frutti


FE:XV sec. d.C.
Dispersione tramite acqua

Nelumbo nucifera
Trasporto tramite animali - ZOOCORA
Numerosissimi casi e numerosissimi adattamenti.

Dispersione epizoocora:
semi/frutti con superficie adesiva (ad es. si attaccano alle piume degli uccelli);
con spine e processi che si attaccano al pelo degli animali; semi/frutti piccoli e
duri che rimangono impigliati fra gli zoccoli degli animali al pascolo.

Dispersione endozoocora:
trasporto per ingestione: i frutti/semi hanno una parte carnosa, l’attraente, e
una parte dura che protegge l’embrione.

Dispersione tramite la bocca di animali:


varie possibilità sia per semi che per frutti (pesci, uccelli, tartarughe, pipistrelli,
altri mammiferi, formiche)
Acheni di Geum (Rosaceae) con uncino
Sanguinaria canadensis

Semi con elaiosomi

Acacia dealbata Acacia cyclops


Desmodium: il frutto che ha ispirato il velcro
The hitchhiker seed capsule
superficially resembles a
grappling hook or a space
satellite from a sci-fi movie. It
has long radiating spines, each
tipped with sharp hooks. How
animals in Madagascar rain
forests (such as Lemurs) free
themselves of these incredible
hitchhikers is a mystery.
Diffusione in natura

Di solito la diffusione copre tratti relativamente brevi (intorno a


0,5-1 Km).

Così i sf costituiscono parte integrante del suolo s.l. in quantità ±


abbondante a seconda delle condizioni ambientali e della
vegetazione presente nell’area.

Alcuni di essi seguiranno il destino biologico dando origine a una nuova


pianta, mentre altri saranno disgregati dall’azione degli agenti
decompositori o utilizzati come cibo dagli animali.
Tuttavia se la “pioggia dei semi” si deposita in luogo adatto (ad es. un
ambiente umido asfittico) buona parte dei sf si conserva nel tempo, o
almeno si conservano le strutture più robuste (ad es. tegumento,
pericarpo o sue parti, come l’endocarpo - il “nocciolo”, parte interna
sclerificata delle drupe).

Queste strutture restano incluse nella matrice terrosa, entrandone a far


parte.

“cicatrici” di Quercus
Endocarpi delle drupette di Rubus
Rubus fruticosus s.l.
Si distingue da
R. caesius e
R. idaeus /lampone
Nei siti archeologici, la frequentazione e le attività antropiche si
sostituiscono alla dispersione/deposizione naturale o la
influenzano pesantemente.

Qui il materiale carpologico può accumularsi in seguito a diverse attività


dell’uomo, ad esempio:
stoccaggio di derrate vegetali;

eliminazione di rifiuti organici in latrine, buche, cisterne, pozzi;

operazioni legate ad attività di culto (offerte votive in sepolture o


pozzetti votivi, cremazioni, ecc.);

attività inerenti l’allestimento del cibo, trebbiatura dei cereali, ecc.


L’uomo è quindi artefice significativo anche del successivo destino dei sf,
vale a dire della inclusione di essi nella matrice e della possibilità di
conservazione dei reperti.

L’insieme dei sf che entrano a far parte di un deposito, e che sono


coevi tra loro, costituisce un assemblaggio carpologico.

Visioni d’insieme dei reperti dopo la fase


d’isolamento dal residuo (Ferrara -Porta Reno).
In base ai fattori prevalenti che portano alla formazione di un assemblaggio, si
distinguono due tipi di cenosi (gr. kóinosis = comunanza) (Willerding 1991):

Paleobiocenosi (gr. bíos = vita; associazione pre-morte):


si forma in natura (ad es. torbiere, depositi stagnali-lacustri) ed è costituita dai
sf, prodotti dalle piante che vegetano in quell’area; essa da l’immagine
carpologica della vegetazione circostante o ± prossima al punto di
campionamento nel tempo in cui si è formato il deposito;

Tanatocenosi (gr. thánatos = morte; associazione post-morte):


si forma, in siti all’aperto o in strutture al chiuso, attraverso il materiale vegetale
accumulatosi come risultato dell’attività umana (ad es., latrine, scarichi di rifiuti
domestici, insilaggi, ecc.); essa riflette l’attività o la frequentazione umana, e,
attraverso i sf inclusi, può fornire testimonianze sulle colture, sulle infestanti
frammiste, sulle piante spontanee o coltivate utilizzate dall’uomo.
Nei siti archeologici la tipologia dei depositi può essere mista,
quando un deposito antropico si è formato all’aperto e quindi è
stato in grado di raccogliere anche la naturale pioggia dei semi o
quando ambienti naturali sono stati secondariamente utilizzati
dall’uomo, ad es. piccoli bacini adibiti a scarico di rifiuti.

Il riconoscimento e la distinzione dei diversi apporti alla


composizione del deposito sono fondamentali per una
ricostruzione corretta dell’ambiente vegetale e delle attività
antropiche nel sito studiato.
Stato di conservazione dei reperti carpologici

Conservazione semi/frutti in siti archeologici dipende da diverse condizioni:

1) natura deposito → es. ambiente asfittico e acido


→ favorevole a buona conservazione

2) stato in cui arrivano nel deposito → semi/frutti che giungono


integri nel deposito → maggiori probabilità di mantenere buono stato

3) trasformazioni durante permanenza nel substrato → processi


chimico-fisici che modificano forma e struttura reperti → difficile
riconoscimento → ma senza questi processi → reperti vegetali andrebbero
spesso distrutti
Lo stato di conservazione riveste grande importanza per
l’identificazione dei reperti; fortunatamente in molti casi anche parti
incomplete di sf mantengono caratteri sufficienti per l’identificazione.

La conservazione dei resti carpologici può essere:


a) diretta – si conserva il reperto stesso;
b) indiretta – si conserva l’impronta impressa sulla matrice a cui il sf aveva
aderito prima di disgregarsi.

I tipi di conservazione diretta sono quattro:

Carbonizzazione,
Sommersione,
Mummificazione o disseccamento,
Mineralizzazione
Carbonizzazione

Avviene per esposizione ad alte temperature, con conversione delle


componenti organiche vegetali in carbone.
Il processo deve essere lento e con sviluppo moderato di fiamma, in modo
simile a quello con cui un tempo si otteneva la “carbonella” (Zohary, Hopf,
2000).

Esso non va confuso con il complesso di processi che ha portato alla


formazione dei giacimenti di carbone e che ha richiesto intervalli temporali di
ben altro ordine di grandezza. Anche per tale motivo, per i reperti
archeocarpologici è consigliato il termine di “subfossile” (Zohary & Hopf, 2000).

La carbonizzazione dei sf può essere conseguenza di eventi naturali (ad


es. un fulmine), o antropici (incendi appiccati, combustione presso i
focolari, cremazioni, ecc.).
Carbonizzazione

La carbonizzazione non va vista sotto una luce sfavorevole:


ad essa dobbiamo la conservazione di sf ricchi di sostanze nutritive appetite da
animali e con rivestimenti poco robusti e quindi facilmente degradabili (ad es.
cariossidi di cereali e semi di legumi) e la conservazione di interi “frutti” carnosi
(ad es. pomi, bacche, drupe).

Il processo produce distorsioni nella morfobiometria dei sf che ne rendono


più difficoltosa l’identificazione o, elevando il livello tassonomico di
identificazione, abbassano la significatività del reperto.

La carbonizzazione non agisce in modo omogeneo sulle diverse tipologie di sf,


modificando così gli assemblaggi originari e ostacolandone l’interpretazione
paletnobotanica.
Carbonizzazione
Il processo è soggetto a una varietà di fattori che a loro volta condizionano la
capacità dei sf di resistere all’esposizione al calore e di mantenere quei
caratteri necessari all’identificazione (Wright, 2003):

1) la tipologia del sf coinvolto (ad es. frutti con “guscio” sclerificato


mostrano maggior resistenza alla combustione);

2) la condizione fisica del reperto al momento dell’esposizione al calore (es.


un frutto fresco e fortemente umido si conserva meglio dello stesso frutto
allo stato secco);

3) le caratteristiche dell’esposizione stessa (durata esposizione al calore,


temperatura, stato di ossidazione/riduzione dell’atmosfera, ecc.; ad es. sotto
atmosfera ridotta, i sf hanno migliori possibilità di preservazione).
Carbonizzazione

Numerosi studiosi, sino dalla seconda metà del 1900, si sono applicati a
riprodurre sperimentalmente la carbonizzazione di importanti categorie di
sf (soprattutto cereali, legumi e vinaccioli) in condizioni controllate,
valutandone gli effetti sulla morfobiometria, confrontando la velocità di
carbonizzazione di varie specie e verificando il potere selettivo della
carbonizzazione su miscele di sf (ad es. Hopf, 1955; Renfrew, 1973;
Boardman, Jones, 1990; Hubbard, Al Azm, 1990; Smith, Jones, 1990;
Kislev, Rosenzweig, 1991; Gustafsson, 2000; Wright, 2003).
Marijke Van der Veen, 2006 - Formation processes of desiccated and carbonized plant
remains e the identification of routine practice - Journal of Archaeological Science.

To summarize, there is now wide agreement that the formation processes


of carbonized plant assemblages concern the following five routes of
entry:

1. first and foremost, plant remains used as fuel (= combustibile), both


intentional and “casual” use.

“Casual” use refers to the discard into a fire of fine-sieving residues


of glume wheats, dehusked on a daily basis, as well as of nut shells,
fruit stones, and similar.

Intentional use represents the deliberate use of chaff and straw of


free-threshing cereals as fuel (in Roman Egypt traded for such a
purpose), and in arid and semi-arid regions the use of animal dung
(which will include chaff and straw remains as well as arable weeds
and seeds of grazed vegetation);
2. foods (especially cereal grains and pulses) accidentally burnt during
food preparation (e.g. bread baking, cooking, roasting), including parching
of glume wheats where practised;

3. stored foods and fodder destroyed by fire in accidents or in


deliberate and/or hostile fires;

4. plants destroyed during the cleaning out of grain storage pits using fire;

5. diseased or infested crop seeds that needed to be destroyed.


Triticum aestivum/durum/turgidum:
cariossidi carbonizzate dalla tipica forma a “chicco di caffè”
Sommersione
Si attua negli ambienti umidi naturali o di origine antropica (paludi, torbiere,
bacini lacustri, canali, canalette, fossati, maceri, pozzi, ecc.).

La buona conservazione dei sf è favorita da condizioni asfittiche e da acque


ferme.

Può avvenire anche quando strati/strutture archeologiche sono soggetti a


prolungate impregnazioni d’acqua, ad es. dove esistono falde freatiche alte.

Nella bassa pianura padana tali condizioni sono comuni ed hanno permesso il
recupero di molti assemblaggi.
Inoltre la conservazione per sommersione è frequente nei sottosuoli degli
antichi centri cittadini, in cui le successive stratificazioni urbane formano
barriere quasi impermeabili che mantengono un buon tasso di umidità al
substrato e assicurano condizioni di anaerobiosi particolarmente favorevoli al
mantenimento dei sf (Bosi, 2000).
Sommersione

In situazione di sommersione gli assemblaggi carpologici non sono


tuttavia al riparo da distruzioni selettive, che spesso avvengono per
opera di animali che si cibano dei sf più appetibili e meno dotati di
parti resistenti.

Non è un caso che spesso, in queste condizioni, i soli


cereali/legumi rinvenuti sono quelli giunti in posto già
carbonizzati, quindi non più appetibili dagli animali.
Sf conservati per sommersione - Ferrara: dal XII al XV sec. d. C.
Sf conservati per sommersione - Ferrara: dal XII al XV sec. d. C.
Mummificazione o disseccamento

Si verifica in situazioni ambientali piuttosto estreme: ad es. in depositi


archeologici delle regioni aride/subaride, in cui le condizioni ambientali
impediscono o rallentano i processi di decomposizione batterica o
fungina.

I sf mummificati sono spesso assai ben conservati, anche quelli a


tegumenti/pericarpi meno resistenti e, ad es. nel caso dei cereali,
spighe/spighette, possono presentarsi pressoché integre, in stato non
disarticolato.
Panicoideae: Urochloa

Panicoideae: Brachiaria
Il riparo sotto roccia di Uan Tabu, Tadrart Acacus,
cereali selvatici che furono Libia, Sahara Centrale, Olocene Iniziale: il riparo,
sfruttati e accumulati nei ampio ca. 50m, fu frequentato per circa 2000 anni
ripari sotto roccia e nelle da cacciatori/ raccoglitori.
grotte dai cacciatori - Il deposito relativo a questa frequentazione è
raccoglitori del Tadrart spesso ca. 2m ed ha restituito livelli ricchi di
Acacus (Olocene Iniziale) sostanza organica con materiale vegetale
“paglia” da Uan Tabu - Libia
Cariosside carbinizzata
di Hordeum vulgare

Eastern Desert, Egypt Upper Egypt; Hill-top settlement


Desiccated base plates and clove of Allium sativum (garlic) from Mons
Porphyrites (mid-late 2nd century AD).
Mineralizzazione

Avviene per infiltrazione nelle cavità cellulari di sostanze inorganiche e per


impregnazione della parete cellulare con minerali di solito a formula
chimica semplice (ad es. CaCO2).

I processi di mineralizzazione avvengono facilmente e velocemente in


ambienti in cui sono particolarmente attive trasformazioni chimico-fisiche,
come le latrine. L’identificazione di sf mineralizzati può essere problematica
perché molti caratteri morfologici non sono più osservabili.

Un caso particolare è la fosfatizzazione che rappresenta un processo


importante nella conservazione dei reperti vegetali nei siti archeologici e
che fu osservata per la prima volta da Green (1979).
Mineralizzazione

Alcuni studi recenti si sono occupati di ricostruire le sequenze degli


eventi coinvolti in questo processo che appare legato a fluttuazioni
nella deposizione di materiali altamente organici e a cambiamenti nel
pH e nella circolazione di O2 (ad es. McCobb et al., 2003).

Lucy M. E. McCobb, Derek E. G. Briggs, Richard P. Evershed, Allan R. Hall,


Richard A. Hall - Preservation of Fossil Seeds From a 10th Century AD Cess Pit
at Coppergate, York. Journal of Archaeological Science (2001) 28, 929–940
SEM of modern and
Coppergate fossil crab
apple seeds: (a)
Rosettes of crystal
needles within the
cotyledon of a
Coppergate crab apple
seed embryo; (b)
mineralized endosperm
tissue in a Coppergate
fossil crab apple seed
showing replication of
the cell walls and starch
grains; (c) mineral-
replaced seed coat of a
Coppergate crab apple
seed; (d) fibrous
sclerotic cells in a
fragment of a modern
crab apple seed coat; (e)
surface view of a non-
mineral-replaced
Coppergate fossil crab
apple seed coat, and (f)
surface view of a
modern crab apple seed
coat.
Fossilization processes were investigated
in terrestrial archaeological deposits,
focusing on the preservation of sub-
fossil seeds from a 10th century cess pit
at Coppergate in York. Flash pyrolysis-
gas chromatography/mass spectrometry
(Py-GC/MS) revealed that the bulk of
the assemblage comprises well-
preserved organic remains, exemplified
by blackberry (Rubus fruticosus)
endocarps which retain a near-pristine
ligno-cellulose composition. Crab apple
The crab apple seed coats have an (Malus sylvestris) pips are unique in
unusual composition, interpreted as combining an organic seed coat with an
embryo which has been phosphatized.
a tannin-cellulose complex.
Endosperm tissue, nutrient spheres in
the cotyledons and, in one specimen,
Precipitation of early diagenetic
the cotyledon cell walls are replicated in
minerals among these organically calcium phosphate. Casts of the
preserved fossils appears to be sclerotic tests cells were also observed
restricted to seeds with permeable in one specimen.
coats through which ions were
transported from pore waters.
Assemblaggi con stati di conservazione “misti”

The taphonomic or formation processes of desiccated and carbonized


plant remains are reviewed and compared. Both types of assemblage
frequently consist of material of mixed origin, but despite a high degree
of mixing, the various routes of entry are still identifiable, and it is
concluded that archaeological plant assemblages are more robust than
often assumed. Case studies where the accurate identification of the
formation processes has been critical are examined and guidelines on
how to assess the formation processes are presented.

It is argued that the coherence of archaeobotanical assemblages is due to the fact


that they represent day-to-day routine behavioural practices. As these routine
practices are socially and culturally structured, the identification of formation
processes of plant remains can help identify social and cultural behaviour and
changes therein.

Marijke Van der Veen, 2006 - Formation processes of desiccated and carbonized plant
remains e the identification of routine practice - Journal of Archaeological Science.
I depositi archeocarpologici
I depositi archeocarpologici più comuni (Buchenschutz, 1985; Renfrew, 1973;
Nisbet, 1990; Zohary, Hopf, 1994) e più ricchi di reperti sono:

 ambienti umidi naturali e artificiali (canalette, canali, fossati, pozzi):

raccolgono la pioggia dei semi dalla vegetazione ad essi pertinente e dall’area


circostante includendo molti resti che documentano la vegetazione naturale
e semi-naturale dell’area, rimandandone i segni dell’antropizzazione (ad es.
presenza di colture e delle correlate commensali/infestanti); tali ambienti
possono essere stati manipolati secondariamente dall’uomo, ad es. per
scarico di rifiuti, anche a scopo di bonifica;

Es. - i canali bonificati di Modena


MODENA - centro storico Rinvenuto nel 1985 sotto Piazza
Grande, e unicum nella regione,
grazie alla ricchezza in semi/
frutti e all’ottimo stato di
conservazione dei reperti, è il
canale romano, datato 15-45
d.C. (piena età imperiale).
Il canale
MODENA - centro storico
IL CANALE DEL PALAZZO VESCOVILE
DI MODENA (XII sec. d.C.)

Palazzo vescovile di Modena (Corso Duomo, 34)


Palazzo arcivescovile (Modena), seminterrato, vano B: stratigrafia della trincea di scavo

Unità Stratigrafica 17
 immondezzai:

comprendono diversificate strutture apprestate appositamente come


- buche/fosse scavate nel terreno
- “vasche” in muratura, di solito sotto il livello del suolo
e strutture in disuso, adibite secondariamente a questo scopo
- pozzi, cisterne, truogoli, abbeveratoi, dolii e botti, ecc.

A seconda di quella che fu la collocazione di questi depositi nell’ambito del


sito, essi raccolsero scarti di mensa, spazzatura di abitazioni, residui della
pulizia dei focolari, dei cortili, degli orti e dei giardini, scarti di processi di
lavorazione di piante, ecc.

Es. - lo scavo di Porta Reno - Ferrara


Lo scavo di
Corso
Porta Reno -
via Vaspergolo
(Ferrara centro)
La Cisterna dello Specchio - Ferrara -
Porta Reno (XV-XVI sec. d.C.)
Area scavo Porta Reno - periodo II (prima metà XI sec. d.C.)

US 2543
US 2659

US 2543: piano d’uso, all’interno della


Str.2, presumibilmente un vano chiuso
US 2645
adibito ad abitazione
US 2640
US 2659: riempimento di una buca,
all’interno della Str.1
US 2599
US 2645: riempimento immondezzaio,
US 2643 US 2597 che si trova all’aperto, tra la Str.1 e la
recinzione Nord-Sud
US 2640: riempimento di un probabile
immondezzaio, all’aperto,
molto vicino alla staccionata Nord-Sud
US 2599: piccola botte, adibita a
scarico di rifiuti, all’aperto
US 2597: riempimento di una buca,
vicino a una struttura, ma
probabilmente all’aperto
US 2643: riempimento immondezzaio,
Legenda figure: apparentemente all’interno della Str.4
1 - strutture lignee verticali in posto
2 - strutture lignee verticali asportate
3 - steccati asportati
4 - steccati in posto
5 - strutture lignee orizzontali asportate
6 - strutture lignee orizzontali in posto
 fogne e latrine:

vi predominano sf collegati alla defecazione (Indicatori di latrina: ad es. acheni


di fico e di fragola, vinaccioli di vite, endocarpi di more di rovo); la particolare
natura di questi depositi li rende molto informativi sulle diete alimentari
vegetali;

 ambienti/strutture/piani ben definiti destinati ad ospitare derrate vegetali


(ad es. granai, silos, case-magazzini, olle, dolii, piani di frequentazione con
accumuli di derrate vegetali, ecc.):

forniscono spesso grandi quantità di sf eduli,


da raccolta su piante coltivate o su piante spontanee

Es. - la Terramara di Montale


 piani di frequentazione/calpestio:

portano testimonianze carpologiche di piante


collegate a giacigli e lettiere, alla preparazione dei
pasti o a processi produttivi; possono comprendere
i piani che hanno ospitato attività di battitura dei
cereali o altre attività agricolo-tecnologiche;

 fornaci, forni e focolari:

possono fornire sf, di solito carbonizzati, collegati


direttamente o indirettamente alle operazioni
artigianali o di cottura del cibo e tracce
dell’eventuale materiale carpologico impiegato
come combustibile;
 materiale laterizio:

mantiene impronte/ calchi di sf, impresse durante le fasi di lavorazione,


casualmente o di proposito a scopo ornamentale.

 tombe, inumazioni, pozzetti votivi, terre di rogo ecc.:

conservano sf utilizzati per offerte votive, oppure, resti carpologici spesso


combusti, collegabili ad es. a pratiche di cremazione;

Es. - lo scavo di Piazza Matteotti - Imola


lo scavo di Piazza Baracca - Ravenna
US 165 TOMBA 2, US 221 TOMBA 11
Scavo di Piazza Matteotti (Imola - BO) - XV sec. d. C.
US 1550 POZZO 2 (XV sec. d.C. ) -
Scavo di Piazza Matteotti (Imola - BO)

Il pozzo conteneva
ancora acqua ed il
materiale studiato
è stato prelevato
da sommozzatori.
Lugo (RA) - lo scavo di Piazza Baracca

POZZO usm
138
in situ
I PRELIEVO

raccolta a vista raccolta quantitativa


Asportazione dai Viene prelevato un
livelli di scavo dei volume noto di substrato
reperti più grossolani. da esaminare. Quando la
Modalità quantità di materiale è
SCONSIGLIATA rilevante si prelevano
perché seleziona i campioni di sedimento
reperti in base alla (da 5 a 20 litri) in numero
dimensione e quelli almeno uguale alle UUSS
non visibili sono
ignorati
in situ
I CAMPIONAMENTO

orizzontale verticale
I campioni sono I campioni sono disposti in
disposti sullo stesso successione stratigrafica;
piano; questo questo campionamento
campionamento consente di individuare una
fornisce il quadro del successione di eventi la cui
sito durante la stessa sequenza temporale fornisce
fase cronologica e informazione sui
informazioni sulla cambiamenti e sulla velocità
destinazione d’uso di con cui essi avvengono
aree o strutture
all’interno del sito
in situ/in laboratorio
II a
ESTRAZIONE
in H2O
flottazione
setacciatura
Il materiale è
Processo di filtrato attraverso
separazione dei una serie di setacci
componenti di con l’aiuto di un
una mescolanza getto d’acqua.
di materiali che
sfrutta la loro BUON
differente RECUPERO DEI
capacità di REPERTI
galleggiamento
quando immersi
in acqua
in situ/in laboratorio
II b
ESTRAZIONE
a secco
raccolta a vista
setacciatura
1
1

3
III a ANALISI in laboratorio

isolamento
suddivisione
III b ANALISI in laboratorio

identificazione

•con chiavi
•con materiale da carpoteca
Elaborazione

Interpretazione
• fonti bibliografiche
• fonti iconografiche
Le tabelle:
valori in concentrazione
e valori percentuali

Un esempio da:
Categorie riconosciute Cereali e Legumi

Fruttiferi e piante da frutta


erbacce
70
Piante da fibra e da olio
60
50 Verdure,Condimentario-
Aromatiche, Medicinali
Categorie
40
Piante spontanee utilizzabili
30 %
20 Ruderali in senso lato

10 Piante d'ambiente umido


0
Altre
Elaborazioni
Numero di taxa Cereali e Legumi grafiche
Fruttiferi e piante da frutto
erbacee
20
Piante da fibra e da olio

15 Verdure, Condimentario-
Aromatiche, Medicinali
n° taxa
Piante spontanee utilizzabili
10
Ruderali in senso lato

5
Piante d'ambiente umido

0 Altre
Che cosa è il frutto ?
Dopo la fecondazione, mentre l’ovulo si trasforma in seme,
anche l’ovario si modifica e diviene un “frutto”

ovulo seme ovario frutto

La parete dell’ovario diviene il pericarpo in cui a volte si


distinguono tre strati con caratteri istologici diversi: esocarpo,
mesocarpo, endocarpo.

Definizione “ristretta”: il frutto è l’ovario trasformato dopo la fecondazione.

Definizione “allargata”: il frutto deriva dalle trasformazioni del gineceo,


talora col concorso di parti extracarpellari (ad es. ricettacolo, asse fiorale,
ecc.) che si modificano insieme ad esso e restano unite al gineceo formando
il frutto.
Classificazione dei frutti
Frutti semplici:
derivano da un ovario unico (apocarpico o sincarpico)

Rubus caesius
Cucumis melo
Ficus carica

Frutti accessori:
derivano da un fiore con gineceo apocarpico di
più ovari separati che nel frutto si saldano fra loro
o restano collegati dall’accrescimento di parti
extracarpellari

Frutti multipli (infruttescenze):


derivano da un’intera infiorescenza, spesso
con presenza di parti extracarpellari.
Angiospermae: gineceo apocarpico
(tanti ovari separati)

Rubus (mora)
Fragaria
Angiospermae: Ovario sincarpico

Solanum lycopersicum
Angiospermae: Ovario sincarpico

Papaverace
ae:Papaver
Per i nostri scopi, benchè sia utile la conoscenza della classificazione
botanica dei frutti, è necessario sapere quale parte del frutto o il seme
(o il frutto intero) è quella che più comunemente possiamo incontrare
sotto forma di “reperto carpologico”.

Di seguito, pur introducendo la classificazione botanica, verranno


segnalate le tipologie di reperti e a che cosa corrispondono dal punto
di vista botanico, dando la preferenza a quelli di interesse antropico o
che si incontrano con maggior frequenza o che forniscono particolari
indicazioni ecologico-ambientali.
Classificazione dei frutti semplici

Frutti secchi: con pericarpo secco a maturità

Frutti carnosi: con pericarpo in toto o in parte carnoso

I frutti secchi e i frutti carnosi possono dividersi in due categorie:


deiscenti o indeiscenti

Deiscenti = a maturità si aprono Indeiscenti = a maturità non si


facendo cadere i semi aprono e perciò sono spesso
monospermi (1 solo seme)

I frutti secchi si dividono  equamente fra le due categorie,


mentre quelli carnosi sono più spesso indeiscenti.
Le piante dotate di frutti secchi deiescenti liberano di norma i semi, che
sono quindi i reperti più probabili.
In siti antropizzati, molte importanti specie alimentari hanno frutti di
questo tipo, fra le quali ricordiamo le Leguminosae, sia coltivate sia da
raccolta sullo spontaneo.

Per i frutti secchi indeiscenti, i reperti più comuni sono i frutti stessi, che
tuttavia possono subire delle “riduzioni”, ad es. perdita dei peli, delle
spine, del pappo, delle membrane alate nel caso di frutti con dispersione
anemofila, ecc.

Per i frutti carnosi, di solito indeiscenti, la casistica è varia: i reperti più


comuni possono essere i semi, parti del frutto sclerificate, i frutti stessi
(spesso per carbonizzazione).

Nel caso dei frutti accessori e delle infruttescenze la casistica è varia:


semi, frutto intero, parte del frutto.
Nei depositi dei siti antropizzati si deve anche tenere conto delle
attività dell’uomo e quindi si può rinvenire con maggior facilità:

 ciò che viene utilizzato dall’uomo, indipendentemente che sia frutto o


seme, come ad esempio:
cariossidi - frutto dei cereali,
semi di leguminose,
semi di piante oleifere come il papavero domestico o la brassica da olio,
semi-frutti - mericarpi di condimentarie, ecc.

 ciò che viene scartato dall’uomo per la lavorazione e/o l’utilizzo del
frutto e/o seme, come ad esempio:
resti di spighe/spighette,
“gusci” frammentati,
“bucce” come nel caso delle castagne o delle ghiande,
“noccioli”,
pedicelli dei frutti, ecc.
ANGIOSPERME: FRUTTI SECCHI
DEISCENTI
FOLLICOLO (ov. monocarpellare, supero, plurispermo, si apre lungo la linea di
sutura): frequente nelle Magnoliidae

LEGUME (ov. monocarpellare, supero, spesso plurispermo, si apre lungo la


linea di sutura e lungo la linea mediana): tipico della Fam. Leguminosae

CAPSULA (ov. pluricarpellare, supero o infero, plurispermo; si apre in vari


modi: per setti, per loculi, per pori, per opercolo, per denti, ecc.): frutto molto
diffuso in varie famiglie, ad es.: Papaveraceae, Primulaceae, Caryophyllaceae,
Lilaceae e Orchidaceae

SILIQUA e SILIQUETTA ( ov. bicarpellare, supero, plurispermo; si apre per le


due linee di sutura, in due valve; al suo interno è presente una struttura
membranacea portante i semi, detta “replo”): tipico della Fam. Brassicaceae
(=Cruciferae)
ANGIOSPERME: FRUTTI SECCHI
INDEISCENTI

ACHENIO (ov. monocarpellare, monospermo, pericarpo sottile): frequente


ad es. nelle Ranunculaceae

CIPSELA (ov. bicarpellare, infero, monospermo): tipico delle Asteraceae (=


Compositae), molto spesso associata all’achenio.

NOCE o NUCULA (ov. pluricarpellare, supero o infero, di solito


monospermo, pericarpo tenace): molto diffuso in varie famiglie, ad es.:
Fagaceae, Corylaceae, Cannabaceae, Valerianaceae, Cyperaceae

CARIOSSIDE (ov. bicarpellare, supero): tipico della Fam. Gramineae (o


Poaceae)

SAMARA: (ov. supero o infero) nucula (o achenio) con ala membranacea


per il trasporto aereo, fam. Ulmaceae, Oleaceae, Betulaceae
ANGIOSPERME: FRUTTI SECCHI
INDEISCENTI
SCHIZOCARPO (ov. sincarpico, pluricarpellare, supero o infero): frutto
polispermo che a maturità si divide in porzioni, ciascuna corrispondente a
un carpello; Umbelliferae (diachenio); Malvaceae (poliachenio); Aceraceae
(disamara)

FRUTTI LOMENTACEI (ov. mono- o pluricarpellare): frutto polispermo che a


maturità si divide in porzioni, ciascuna corrispondente solo a una parte di
carpello; ad es. Fabaceae (lomento); Cruciferae (siliqua lomentacea).

TETRACHENIO (ov. bicarpellare, supero): ovario che a maturità si divide in


4 porzioni, ognuna corrispondente a metà carpello; tipico della fam.
Labiatae (o Lamiaceae).

Frutti normalmente deiscenti che perdono la facoltà di aprirsi:


ad es. legumi indeiscenti (Arachis - Leguminosae)
ANGIOSPERME: FRUTTI CARNOSI
DEISCENTI
RARI: capsule carnose (es. Euonymus), bacca (es. Myristica), peponide (es.
Ecballium)

INDEISCENTI
BACCA (ov. monocarpellare/pluricarpellare; supero/infero, di solito
plurispermo): esocarpo = pellicola di solito sottile; mesocarpo = carnoso;
endocarpo = carnoso

DRUPA (ov. monocarpellare/pluricarpellare; supero/infero, di solito


monospermo): esocarpo = pellicola di solito sottile; mesocarpo =
carnoso/fibroso; endocarpo = duro, legnoso o pergamenaceo, chiamato
“nocciolo”.
ANGIOSPERME: FRUTTI CARNOSI
INDEISCENTI

Tipi di PEPONIDE (ov. pluricarpellare, infero, plurispermo)-


Bacche soprattutto Fam. Cucurbitaceae - esocarpo = da secco a
coriaceo; meso-endocarpo = carnoso (talora fibroso a
maturità)
ESPERIDIO (ov. pluricarpellare, supero, plurispermo) -
Fam. Rutaceae - esocarpo =  coriaceo; mesocarpo =
fibroso; endocarpo = membranaceo

PEPERONIDE (ov. pluricarpellare, supero, plurispermo) -


Fam. Solanaceae - esocarpo = sottile; mesocarpo ed
endocarpo = carnosi, ma poco sviluppati

BALAUSTO (ov. pluricarpellare, infero, plurispermo) - Fam.


Punicaceae - esocarpo = coriaceo; endocarpo = spugnoso,
suddiviso in logge sovrapposte
FRUTTI ACCESSORI E
INFRUTTESCENZE
- fragola

- more di rovo e lamponi

- cinorrodio

- sorosio

- pomo

- siconio (fico)

Potrebbero piacerti anche