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09/12/2020 Tantrāloka - Wikipedia

Tantrāloka
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Il Tantrāloka ("Luce sui Tantra", devanagari: तं ालोक) è


un'opera in lingua sanscrita composta nel X-XI secolo e Luce dei Tantra
considerata l'opera principale del filosofo Abhinavagupta, il più Titolo originale तं ालोक
noto esponente dello Shivaismo kashmiro. L'opera presenta una Autore Abhinavagupta
sintesi dei Tantra monistici e delle dottrine delle principali
scuole dello Shivaismo. Scritto in versi (śloka), il Tantrāloka 1ª ed. originale X-XI secolo
contiene aspetti sia ritualistici che filosofici per complessivi 37 Genere saggio
capitoli. Abhinavagupta scrisse inoltre una versione condensata Sottogenere filosofia, teologia,
del Tantrāloka, il Tantrasāra, in prosa.
mistica
Lingua originale sanscrito

Indice
Suddivisione
L'opera
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni

Suddivisione
«О insieme delle cose! Di forza t'impossessi dei nostri cuori, e, a mo' d'attore, ti diverti a celare,
sotto mille varie parvenze, la tua vera natura! Chi ti chiama insenziente, lui davvero insenziente,
diseducato e a torto pretendente a una sensibilità che non ha! E, io penso, questa sua
insenzienza, gli è titolo di lode, ché, almeno, ha una qualità in comune con te!»

(Tantrāloka, I.332; in Abhinavagupta 2013)

Nel primo capitolo così il filosofo suddivide il contenuto dell'opera:[1]

1....Le varie forme di conoscenza

Il capitolo funge da introduzione e riguarda sostanzialmente la conoscenza e la liberazione. La


conoscenza di cui qui si parla è la conoscenza spirituale, della Realtà Suprema.
Più che un'opera di filosofia, il Tantrāloka è un "manuale di mistica"[2]: l'esposizione dei contenuti
filosofici e teologici è finalizzata alla pratica, alla descrizione cioè dei riti e dei corrispondenti
apparati rituali, il cui scopo ultimo è, come in quasi tutte le tradizioni hindu, la liberazione dalla
trasmigrazione. Secondo Abhinavagupta e i suoi predecessori, la Realtà Suprema, l'Assoluto
(anuttara), è Coscienza Assoluta (saṃvittattva), ente supremo e indifferenziato, Śiva. Non appena
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questa Coscienza si predispone a emanare un universo, Essa


si presenta come unità di due princìpi, Coscienza e Energia,
Śiva e Śakti. Ogni parte dell'universo, fisica o mentale, è
espressione particolare di questo Assoluto.
Il contenuto dell'opera è suddiviso in 36 capitoli (āhnika, lett.:
"giornate") più uno, numero corrispondente a quello dei princìpi
(o categorie, tattva) che il filosofo, rifacendosi ale tradizioni
tantriche che lo hanno preceduto, enumera quali princìpi
fondamentali dell'emanazione cosmica dell'Assoluto, la
trentasettesima categoria.

2....La compenetrazione senza mezzi di realizzazione

Nei capitoli dal secondo al quarto sono descritte le quattro


tipologie di mezzi[3] che conducono alla liberazione (mokṣa, o
anche mukti): il "mezzo senza mezzi" (anupayā); il "mezzo
divino" (śāmabhavopāya); il "mezzo potenziato" (śāktopāya); il
"mezzo individuale" (āṇavopāya). Altorilievo di Bhairava, Karnataka,
Il cosiddetto "mezzo senza mezzi" è introdotto da India, XIII secolo, attualmente
Abhinavagupta per indicare quella forma di realizzazione presso il Museo Guimet, Parigi.
invero priva di qualsivoglia pratica, situata nel dominio della Bhairava (lett.: "Il Tremendo") è
trascendenza, dove conoscenza, mezzo di conoscenza e ipostasi di Śiva, ma anche uno dei
oggetto della conoscenza si fondono senza distinzione, per nomi con cui l'Assoluto è indicato in
effetto di una congiunzione naturale con l'Assoluto. alcuni testi delle tradizioni dello
Shivaismo kashmiro. Bhairava è
3....Il mezzo supremo (o «divino») inteso come colui che dissolvendo
l'ignoranza spirituale consente lo
Il mezzo divino si pone al di là delle rappresentazioni slancio verso livelli di conoscenza
soggettive, nel dominio dell'unità, là dove la percezione della superiori.
realtà non è mediata né dalla parola né dal pensiero.

4....Il mezzo «potenziato»

Il mezzo potenziato, ponendosi nel dominio della differenziazione percepita però ancora come
unità nella differenza, si basa sul pensiero quale espressione e mezzo della conoscenza. Il
termine, "potenziato", deriva da śakti, traducibile con "potenza", "energia", "facoltà", e fa riferimento
a Śakti, l'energia divina, spesso personificata come Dea in molte tradizioni.

5....Il mezzo «particoliforme»

Il mezzo individuale[4] comprende tutte quelle forme di pratiche esteriori, quali i riti, i mantra, lo
yoga fisico (esercizio di posture e respirazione), eccetera, che quindi operano nel dominio della
realtà differenziata e si servono di una percezione analitica.

6....Il mezzo del tempo

Viene qui spiegata la natura del tempo e il suo dispiegarsi sia a livello del microcosmo umano, sia
a livello del macrocosmo universale.

7....Il sorger delle ruote

Le ruote (cakra) sono disposizioni geometriche circolari, e qui si fa riferimento alle ruote dei mantra
e delle vidyā (mantra presieduti da divinità femminili). In quanto tali, i cakra sono una forma del
divino. Il termine trova uso in differenti contesti, quali ad esempio i cakra come elementi del corpo
yogico; oppure il cakra come "circolo di culto tantrico", l'insieme cioè dei membri locali di una
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specifica tradizione. Così Abhinavagupta spiega il termine:

«Il termine cakra, ruota, è associato alle radici verbali che significano
«espandere» [l'essenza] (kas-), «essere appagato» [da questa essenza]
(cak-); «spezzare i legami» (kṛt-) e «agire efficacemente» (kṛ-).[5] Così la
ruota dispiega, è appagata, rompe e ha la potenza di agire.»
La prima lettera in
(Abhinavagupta, Tantrāloka, XXIX.106-107ab; citato in Lilian Silburn, La kuṇḍalinī o scrittura devanāgarī
l'energia del profondo, traduzione di Francesco Sferra, Adelphi, 1997, pp. 249-250)
della lingua sanscrita,
simbolo dell'Assoluto.
8....Il cammino dello spazio I fonemi della lingua
sanscrita sono
Si illustra lo spazio in relazione ai suoi contenuti, anche qui da due punti di
considerati il
vista, del microcosmo e del macrocosmo.
dispiegamento
dell'emissione
9....Il cammino dei princìpi
fonematica operata
Il tema è lo svolgersi dell'emanazione cosmica nei suoi 36 princìpi dall'Assoluto per dare
costitutivi, e quindi del legame causa-effetto che li lega. luogo alla "parola", in
quanto tali essi sono il
veicolo sonico della
«Per principio s'intende la forma comune che si estende ad un potenza divina. Nel III
determinato gruppo di prodotti, ad un insieme di qualità, ad una schiera capitolo
di soggetti dotati di proprietà similari – così chiamato appunto perché si Abhinavagupta
espone il mezzo
estende, pervade. Tale termine non si applica perciò né ai corpi né ai
divino e si sofferma a
mondi.»
lungo sulla
descrizione delle
(Tantrāloka, IX.4b-6; in Abhinavagupta 2013)
potenze dell'Assoluto
nella loro forma di
10...La divisione dei princìpi
fonemi. Nel rito di
iniziazione descritto
Vengono ulteriormente discussi i princìpi, raggruppandoli in base a varie
nel capitolo XV,
caratteristiche. Gli argomenti fondamentali sono: la realtà; gli stati della
l'intera disposizione
coscienza; i soggetti conoscenti, cioè i differenti livelli in cui l'individuo può
dei fonemi è imposta
situarsi quando è soggetto di conoscenza.
sul corpo dell'allievo.
11...Il cammino delle forze, etc.

Le forze (kalā) e il processo di differenziazione dei fonemi: questi i principali argomenti.

«la forma comune che si estende ed inerisce ad un dato gruppo di princìpi, diversa da quella
che si estende ad altri gruppi, è chiamata, nella dottrina di Śiva, col nome di forza.»

(Tantrāloka, XI.3; in Abhinavagupta 2013)

12...La messa in opera del cammino

Qui Abhinavagupta torna sul lato pratico della dottrina presentata: il cammino cosmico va imposto
nel corpo del praticante, che lo visualizzerà identificandosi così con l'universo, con la sua
emanazione, con Śiva. Il capitolo funge da introduzione: i riti verranno descritti più oltre.

13...Le cadute di potenza e le oscurazioni

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Dopo aver dimostrato la superiorità della sua dottrina su quella del Sāṃkhya, il filosofo parla qui
della concessione della grazia (śaktipāta, lett.: "discesa di Śakti") e dell'oscuramento, due delle
cinque operazioni fondamentali di Śiva, essendo le prime tre quelle di natura cosmica: emissione,
mantenimento, riassorbimento.

14...L'esordio dell'iniziazione

Si continua a parlare dell'oscuramento e degli effetti sul praticante. Il capitolo funge da introduzione
ai seguenti dal XV al XXVIII, in cui Abhinavagupta descrive e discute i vari riti di iniziazione
secondo le tradizioni del Trika. L'argomento sarà ripreso nel capitolo XXIX, questa volta secondo le
tradizioni del Kula.

15...L'iniziazione attinente ai «regolari»

Il capitolo descrive nei particolari esecutivi l'insieme dei riti che consentono l'iniziazione dei
discepoli ordinari (samaya dīkṣā), dall'esame delle loro attitudini, alla scelta del luogo dei riti,
all'adorazione degli elementi necessari, alla purificazione, alla proiezione (nyāsa) dei mantra[6], alla
proiezione di cammini, eccetera.
Così l'autore classifica gli adepti:

«(I discepoli son di due specie, «adepti» (sādhaka), desiderosi di fruizioni[7], e figli spirituali
(putraka) aspiranti alla liberazione). Di «adepti» ve ne sono due tipi, «straordinari»
(Śivadharmin), cioè alieni dalle attività ordinarie del mondo, e «ordinari» (lokadharmin), ossia
desiderosi di frutti, dediti ad accumular buone azioni ed alieni dalle cattive. (I figli spirituali)
aspiranti alla liberazione sono anch’essi di due specie, cioè privi di semenza (nirbīja) o dotati di
semenza (sabīja).»

(Tantrāloka, XV.23-26; in Abhinavagupta 2013)

La "semenza" è la capacità di osservare regole fisiche e spirituali: non tutti la possiedono, dunque
differenziata deve essere la cerimonia di iniziazione.

16...L'iniziazione attinente ai «figli spirituali»

Similmente al precedente, qui si descrivono però i riti che riguardano l'iniziazione dei "figli spirituali"
(putraka): la meditazione sul maṇḍala del tridente e dei fiori della tradizione del Trika; la
classificazione degli animali da sacrificare; la proiezione dei cammini; la proiezione dei mantra;
eccetera.

17...Le varie cerimonie concernenti i medesimi

Questo capitolo prosegue il precedente, gli argomenti principali sono: la preparazione dei
cordoncini; la purificazione dei princìpi; la combustione dei legami; eccetera.

18...L'iniziazione ristretta

È una cerimonia di iniziazione abbreviata. Abhinavagupta la riporta da due tantra, il Dikṣottara


Tantra e il Kiraṇa Tantra.

19...L'iniziazione dell'uscita immediata (dal corpo)

Riguarda un rito particolare, quello che si esegue in favore di persone morenti.

20...L'iniziazione dell'alleggerimento
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Il capitolo, molto breve, concerne l'esame dei maestri


qualificati e l'iniziazione detta "dell'alleggerimento", per gli
individui "offuscati".

21...L'iniziazione di assenti

Gli assenti sono individui non presenti, inclusi i morti: si tratta


di un'iniziazione postuma, certo non rivolta a chiunque, ma
soltanto a chi aveva già intrapreso un percorso spirituale.

22...L'astrazione dei segni

Qui Abhinavagupta parla dell'iniziazione dei discepoli che sono


stati seguaci di dottrine considerate inferiori, quali quelle delle Una riproduzione schematica del
scuole buddhiste o vishnuite. triśūlābjmaṇḍala, il maṇḍala del
tridente e dei loti, adoperato in uno
23...La consacrazione dei culti visionari della scuola del
Trika e descritto nel capitolo XVI. Le
La consacrazione è l'iniziazione di un nuovo maestro
tre dee del Trika sono immaginate
(ācāryakaraṇam): il capitolo descrive le analisi e i riti del caso.
sui rebbi del tridente, che quindi
l'adepto visualizza nel proprio corpo
24...L'ultimo sacramento
ripercorrendo tutti e 36 i princìpi
L'ultimo sacramento è il rito in favore di chi ha mostrato costitutivi della manifestazione
negligenza nel percorso. cosmica, dalla terra a Śadaśiva,
steso immobile sotto i rebbi in
25...Il rituale delle offerte post mortem corrispondenza della sommità del
suo capo, e oltre, fino alle tre dee
Le offerte post-mortem sono quelle rivolte agli antenati. supreme, Parāparā, Parā, Aparā.

26...Le discipline post-iniziatiche


Così l'orientalista Raniero Gnoli riassume le varie tipologie di iniziazione:

«Le iniziazioni sono di più specie. Le iniziazioni di un adepto «straordinario» per ottenere le
fruizioni[7] e di un figlio spirituale «dotato di semenza» per ottenere la liberazione abilitano gli
interessati a praticare lo yoga, alla conoscenza, etc., e, non sono, in questo senso, uno
strumento diretto, ma mediato dalla purificazione. Le iniziazioni di un adepto «ordinario», per
ottenere fruizioni e di un figlio spirituale «privo di semenza» per ottenere la liberazione sono
invece un mezzo diretto. Le due specie di iniziazioni che qui interessano Abhinavagupta sono le
due indirette cui si è accennato. La prima, riguardante gli «adepti», è in grado di liberare solo
dopo che questi avranno fruito delle fruizioni desiderate, e, da questo lato, non è diretta. La
seconda è in grado di liberare direttamente, indipendentemente da fruizioni intermedie»

(Raniero Gnoli, in Abhinavagupta 2013, cap. XXVI, n. 1)

27...L'adorazione del liṅga

Il liṅga è inteso come forma esteriore di Śiva: la procedura rituale prevede l'evocazione del divino,
la Sua installazione, effettuazione e permanenza nel liṅga.

28...I vari giorni d'adempimento, il rito dei sacri cordoni e le cerimonie occasionali

L'autore elenca ventitré "occasioni" nelle quali effettuare i riti cosiddetti speciali. Fra questi:
l'ottenimento della conoscenza; una visita al maestro; una riunione coi partecipanti alla medesima
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linea spirituale; una particolare visione in sogno; l'incontro con una yogini[8]; eccetera. Il capitolo
prosegue con la descrizione dei cordoncini sacri e delle cerimonie relative. Un altro argomento
trattato è il destino post-mortem.

29...Il rituale segreto

Vengono ripresentati in questo capitolo gli stessi riti


precedentemente descritti, questa volta secondo la tradizione
del Kula. Alcuni di questi riti fanno uso di pratiche e sostanze
considerate proibite nell'ambiente brahmanico: è questo il
motivo per cui Abhinavagupta etichetta il rituale come
"segreto". Uno di questi riti, il dautavidhiḥ, prevede il maithuna,
cioè l'unione sessuale, interpretata come unione con la
potenza divina, la śakti, con cui, secondo queste tradizioni, la
donna si identifica.

30...I vari mantra

Si parla della natura e della potenza dei mantra.

31...Il maṇḍala

Viene qui descritto nei particolari realizzativi il mandala dei


tridenti e dei fiori secondo differenti testi.

32...Le mudrā
Altorilievo che raffigura una coppia
L'argomento sono la natura e l'uso delle mudrā. mentre copula (maithuna,
"accoppiamento sessuale"), Orissa,
33...Il raduno India, attualmente presso il
"Metropolitan Museum of Art" di
Si prosegue con l'argomento delle ruote: il raduno è l'insieme New York. Il rituale che prevede il
delle dee-potenze che presiediono una ruota. maithuna è descritto nel capitolo
XXIX.
34...La penetrazione della natura propria

Il capitolo, che consta di soli quattro versi, esplicita che il percorso di chi ha intrapreso il mezzo
individuale deve proseguire in quello del mezzo potenziato, e quest'ultimo in quello del mezzo
divino.

35...L'incontro delle scritture

È una breve riflessione sulle varie tradizioni dell'epoca: Abhinavagupta esalta quelle del Trika e del
Kula.

36...La trasmissione delle scritture

Si elencano i maestri della tradizione shivaita in relazione ai testi.

37...L'esposizione di come la scrittura da eleggere (sia quella scivaita)

L'autore prosegue con l'argomento dei due precedenti capitoli concludendo come questa sia
l'opera da adottare come definitiva, essendo essa l'essenza della scuola del Trika, a sua volta
essenza delle tradizioni del Kula, espressioni queste delle correnti moniste shivaite, che, a
differenza della altre scuole, si elevano al di sopra del piano della differenziazione operata da

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Māyā.
Chiude l'opera una appassionata serie di stanze in lode della valle del Kashmir, terra nella quale
egli è nato, terra colma di ricchezze e di bellezze, dal «vino dove risiedono le divinità delle ruote»
alle «donne lucenti come la luna», dal «suolo cosparso a ogni passo di fiori dello zafferano» al
«fiume Vitastā che umilia il fiume degli dèi, il Gange». Ma, Abhinavagupta sembra voler avvertire:

«E tuttavia a che pro la nascita, sia pure in un luogo dov’è la felicità soltanto – la nascita,
appesantita dal retaggio proprio delle anime limitate, che fruiscono il karma precedente?
Ognuno infatti non trova appagamento se non nel vagheggiato futuro, mai nel presente, che non
dura un istante.»

(Tantrāloka, XXXVII.40; in Abhinavagupta 2013)

L'opera
Nella stesura del Tantrāloka Abhinavagupta si rifà a numerosi testi, per lo più tantra appartenenti a
diverse tradizioni sia śaiva che śaktā, con il chiaro intento di presentare una visione sintetica e coerente
di tutto questo insieme. Abhinavagupta stesso era stato iniziato presso differenti tradizioni[9] e, come egli
stesso afferma nel testo, aveva anche frequentato scuole vishnuite e buddiste.

Numerosissime le citazioni nel testo, e fra le opere più richiamate troviamo il Mālinīvijaya Tantra, il
Dīksottara Tantra, il Devyāyāmala Tantra, il Siddhāyogīsvarī Tantra, il Triśirobhairava Tantra, il
Ratnamālā Tantra, il Kāmikāgama, lo Svacchanda Tantra, il Tantrasadbhāva, il Pārameśvara, il
Niḥśvāsa, eccetera. Tranne alcune eccezioni, tutti questi testi sono per lo più trattati centrati sugli aspetti
ritualistici e disciplinari, e sulle tecniche yoga: la parte teorica è in genere soltanto introduttiva. Come
denominatore comune teorico che leghi in un'esposizione organica gli argomenti di questi testi,
Abhinavagupta si rifà al filosofo Utpaladeva e alla scuola della Pratyabhijñā, essendo stato allievo di
Lakṣmaṇagupta e costui di Utpaladeva.

Il Tantrāloka, col commento (viveka) di Jayaratha (XIII sec.), è stato stampato dalla «Kashmir Series of
Texts and Studies» in più edizioni, dal 1918 al 1938, per complessivi dodici volumi, ed è questa l'edizione
di riferimento della traduzione dell'orientalista italiano Raniero Gnoli, la cui prima edizione risale al 1972
per i tipi della Unione Tipografico Editrice Torinese. L'ultima edizione è del 1980, tuttora l'unica
traduzione integrale al mondo. Nel 2013 la De Agostini ne presenta una versione elettronica.

Note
1. ^ Abhinavagupta 2013.
2. ^ Così l'orientalista italiano Raniero Gnoli nell'introduzione a Abhinavagupta 2013.
3. ^ Per "mezzo" (upāya) si intende in realtà un insieme di mezzi, nel senso di "percorso", "via",
"metodologia".
4. ^ O "particoliforme", nella traduzione di Gnoli, op. cit.
5. ^ «cakraṃ kaseścakeḥ kṛtyā karoteśca kiloditam | yāgaśca tarpaṇaṃ bāhye vikāsastacca kīrtyate |
cakrānucakrāntaragācchaktimatparikalpitāt»
È questo un tipico esempio di etimologia secondo i grammatici hindu ("alla maniera indiana", usando
l'espressione di Lilian Silburn): ricercare nel termine le possibili radici ed elencarne i significati per
spiegare il termine stesso.
6. ^ I nyāsa sono le imposizioni rituali di mantra sul corpo dell'iniziando. Si tratta di rituali tipicamente
tantrici.

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7. Con "fruizione" si intende la possibilità, per l'adepto, di fruire dei piaceri mondani della vita e di
ottenere la liberazione soltanto in punto di morte. Rinunciando invece alle fruizioni si può aspirare alla
liberazione in vita.
8. ^ Le yogini sono sia le praticanti femminili dello Yoga, sia le donne che partecipano, a vario grado,
alle riunioni rituali di alcune tradizioni tantriche, come quelle cui fa qui riferimento l'autore.
9. ^ Tra i principali maestri di Abhinavagupta vanno ricordati Bhāskara, tramite il quale egli si ricollega
alla scuola dello Spanda, e non ultimo Śambhunātha, che egli cita più volte con rispetto e devozione,
maestro del Kula.

Bibliografia
Abhinavagupta, Luce delle scritture (Tantraloka), a cura di Raniero Gnoli, UTET, edizione elettronica
De Agostini, 2013.

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Collegamenti esterni
(SA) Tantrāloka (http://www.aghori.it/tantraloka.htm), testo in IAST, aghori.it.
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