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Francois Delalande . LA MUSICA E UN GIOCO DA BAMBINI Edizione italiana a cura di Maurizio Disoteo Traduzione di Giovanni Curti Centro Stupi Musicatt £ SOCIAL! Maurizio Di BENEDETTO FrancoAngeli Introduzione all’edizione italiana di Maurizio Disoteo La Musique est un jeu d’enfant fu pubblicato per la prima volta net 1984, anche se delle successive edizioni sono apparse nell’84, "90, "94 e °97. Il lettore italiano ha dunque la possibilita di accostarsi a quest’ opera soltanto dopo diciassette anni dalla sua prima uscita; un ritardo grave, che non deve tuttavia stupire se si pensa alla scarsa attenzione dell’editoria ita- liana per i testi di pedagogia e psicologia della musica pubblicati all’estero (basti_ per tutti esempio de La Perception de la Musique di Robert Francés, uscito nel 1958 che non ha mai avuto una traduzione italiana), Francois Delalande & gia noto al pubblico italiano attraverso una rac- colta di suoi saggi e articoli pubblicati qualche anno orsono, presso la Clueb di Bologna, con il titolo Le condotte musicali e grazie ad alcuni saggi in opere collettive ¢ atti di convegni. Altri interventi di Delalande sono apparsi su diverse riviste specializzate, quali, tra le altre, Progetto Uomo Musica, Bambini e Musica Domani. La pubblicazione in lingua italiana de La Musica é un gioco da bambi- ni mette tuttavia a disposizione degli educatori musicali del nostro paese un testo di grande rilievo per conoscere le proposte di Delalande dal pun- to di vista pid propriamente pedagogico e didattico. Liipotesi centrale di questo libro @ molto chiara: il bambino, nel suo ‘gioco spontaneo con i suoni, fa, gid dai primi mesi di vita, della musica; ‘quest’attivita deve quindi essere considerata, valorizzata e sottratta alla banale sfera del “rumore”. Quest’affermazione & sostenuta dal nostro au- tore con molti diversi dati ¢ osservazioni, sulla cui origine tomeremo in seguito, ma soprattutto con la considerazione che le principali condotte ‘motivazioni musicali del bambino sono largamente sovrapponibili a quelle del musicista adulto, sia nella nostra sia in altre culture. Tl concetto di condotta & diventato, da diversi anni, fondamentale per comprendere il pensiero di Delalande ed & git ben presente in quest’ope- ra, anche se il termine specifico vi & impiegato raramente, 9 Il termine condotta fu introdotto in psicologia dal francese Pierre Janet e si distingue da quello di comportamento in quanto designa una serie di azioni coordinate tra loro in una strategia con un fine. Due sono quindi gli clementi che caratterizzano una condotia: il coordinamento di pid azioni € Pavere una finaliti, Quando usiamo il termine di condotta dobbiamo quin- di porre Ia massima attenzione sul coordinamento tra gli atti compiuti € Fintenzionalita del fare musica, avendo delle attese e delle motivazioni re- lative alle proprie azioni. Come vedremo, le condotte alla base dell’atti- Vita musicale del bambino, come dell’adulto, sono tre: l’esplorazione, Pespressione e l'organizzazione Mi sembra necessario, tuttavia, per contestualizzare, a beneficio del let- tore italiano, le ipotesi e le proposte di Francois Delalande contenute in questo libro, compiere un passo indietro per chiarire a quali diversi contri- buti, ricerche e suggestioni egli abbia fatto riferimento per giungere alle conclusioni de La Musica é un gioco da bambini. 1 grandi punti di riferimento di Delalande sono, in questo caso, soprat- tutto tre, provenienti da altrettante diverse discipline o campi d'esperienza e ricerca: la musica contemporanea, in particolare nella sua corrente con- creta, l’antropologia della musica e lepistemologia genetica di Jean Piaget. Iniziamo con esaminare il contributo proveniente dalle esperienze del- la musica conereta. La musica conereta ha avuto, in Francia, negli anni sessanta € settanta, un notevole sviluppo, senz’altro superiore a quanto sia accaduto in Italia. 1 musicisti concreti si propongono di fare musica attra- verso l'esplorazione e la manipolazione di oggetti e di sonorita che fanno parte della vita quotidiana, eventualmente proponendone una rielaborazio- ne elettroacustica. E il caso, per esempio, di Pierre Henry, che compone Ventisette variazioni per una porta e un sospiro in cui il materiale sonoro @ costituito dai cigolii della porta di un vecchio granaio dall’emissione del respiro del compositore, appena rielaborati elettronicamente © montati su nastro magnetico. Un lavoro, quello di Henry ¢ di altri compositori, che si @ avvalso in modo imprescindibile delle ricerche e delle sperimen- tazioni elettroacustiche di Pierre Schaeffer, autore tra laltro del Traité des Objets Musicaux, pubblicato a Parigi nel 1966. Se & vero che gli anni cin- quanta e sessanta furono caratterizzati in tutto il mondo dalla sperimenta- zione eletiroacustica, va segnalata una particolarita francese, che & proprio il contatto con la musica concreta. Anche Italia fu coinvolta, per esem- pio dalle ricerche dell'Istituto di fonologia musicale della Rai di Milano, che tuttavia erano centrate principalmente sulla produzione di nuove sono- rita; al contrario in Francia la ricerca fu maggiormente rivolta all'elabora- zone e al trattamento di suoni gia presenti in natura. 10 Il pensiero di Delalande & maturato, cosi, in un lima musicale in cui la tradizionale distinzione tra “suono” e “rumore” era messa messa totalmen: te in discussione; se ammettiamo, con Henry (ma anche con molti altri come John Cage o in Ttalia Giuseppe Chiari), che si possa fare musica fa cendo cigolare la porta di un granaio, o trascinando un aspirapolvere st. tun paleo o infine rompendo oggetti di vario materiale davanti a un mi- crofono, la nostra attenzione si sposta sulla qualita di tuti i suoni prodotti e producibili e sulle concrete azioni e condotte che si possono impiegare per esplorare i suoni ¢ usarli per esprimersi. Un punto di vista, quest’ulti- ‘mo, che avvicina sempre di pit il gioco musicale del bambino all ativitd del musicista adulto. Lo sviluppo della musica concreta propose inoltre, sempre nel contesto francese, un altro tema di ricerca. Fu infatti proprio il gid citato Pierre Schaeffer che all’inizio degli anni sessanta inizid a porre, combinando le esperienze della musica concreta con quelle della musicologia comparata, il tema della necessita di un “ritorno alle origini” nella definizione dell’ at- tivitt musicale. Si trattava, secondo Schaeffer, di indagare il problema a un livello pid profondo dello studio delle singole “lingue” musicali, cen- trando piuttosto l'attenzione sui comportamenti e le motivazioni di chi fa musica. Quindi, secondo Schaeffer, si affermava la necessita di un ritorno alle origini del fatto musicale, che affrontasse il problema al di 1a delle specifiche e particolari espressioni cultural E noto che una delle questioni che hanno affascinato gli studiosi di mu- icologia comparata e in seguito di etnomusicologia & stata la ricerca degli universali musicali, vale a dire di formule ritmiche, di disegni melodici, di intervalli, di scale, che fossero comuni a tutte le culture musicali. Questa ricerca si rivelata infruttuosa; non esistono infatt, a livello delle struttu- re udibili, degli universali musicali Le intuizioni e le proposte di Schaeffer comevano in parallelo, peraltro, ‘eon ricerclte & posizioni che emergevano in alti pacsi. Alam Merriam, nel suo Anthropology of Music, aveva posto sin dall’inizio degli anni sessanta la questione dell’ universalita dell attivita musicale in termini innovativi, definendo la musica un universale come comportamento, ma non come lingua. Merriam osserva che tutti i popoli fanno musica, con motivazioni, funzioni sociali, significati simbolici a volte anche molto simili tra loro; le scale, i ritmi, le melodie, gli stili vo- cali e strumentali sono tuttavia assolutamente irriducibili a dei trati comu- ni, Le osservazioni di Merriam tracciarono Ia via in cui si inseri, qualche anno pitt tardi, un altro antropologo della musica, John Blacking, che allinizio degli anni settanta pubblicd un’opera dal significativo titolo How musical is the man? (Come é musicale !'uomo?). Sin dal titolo, il la- " voro di Blacking chiarisce il suo progetto di ricerca, volto a svelare le basi profonde della musicalita umana. Secondo Blacking, la musica & articolata in due strati o livelli: uno profondo, costituito dai processi cognitivi e bio- psicologici che stanno alla base del fare musica e che egli suppone simili presso popoli ¢ culture anche molto lontane tra loro, € uno di superficie, costituito invece dalle concrete forme udibili assunte dalla musica, che so- no al contrario peculiari di ciascun contesto culturale. La teoria di Blacking pud in qualche misura essere apparentata a quanto Noam Chom- sky sostiene a proposito del linguaggio verbale, quando postula l'esistenza i una capacitd innata nell’uomo a pensare e comporre migliaia di frasi, vale a dire della predisposizione a usare il linguaggio, che si esplica in se- guito attraverso una lingua specifica determinata dal contesto ambientale culturale in cui si trova il parlante Il contributo di John Blacking & decisivo per riequilibrare l'attenzione tra il prodotto musicale ¢ il processo intenzionale che porta alla sua realiz- zazione; peraltro, se @ vero che da molti anni gli etnomusicologi si sono ‘occupati di raccogliere ¢ analizzare musiche dei popoli pit diversi, solo in tempi pid recenti gli antropologi hanno iniziato a indagare comportamenti, condotte e motivazioni di cid che Blacking definisce “uomo come mu- sie-maker” Alla ricerca del modello interpretativo utile per leggere la musicalita umana, del bambino come dell’adulto, Delalande offre, come vedremo, tuna sua risposta originale applicando all’ativita musicale lo schema pro- posto da Piaget a proposito dello sviluppo del gioco infantile. Come @ noto, Piaget distingue tre grandi fasi nello sviluppo del gioco infantile: senso-motorio o d'esercizio, simbolica e di regole. Delalande, anche attraverso la collaborazione di vari insegnanti, analiza in modo ri- {g0r0s0 il gioco sonoro del bambino alla luce dello schema piagetiano; cid che @ pitt significativo, tuttavia, € che secondo il nostro autore, anche le prutiche e Je motivazioni del musivista adulto pussono essere interpretate seguendo lo stesso modello. In particolare, Delalande fa corrispondere al gioco senso-motorio 0 Pesercizio la condotta esplorativa, basata sul lavoro di scoperta e di spe- rimentazione sonora. E la condotta del bambino che gia qualche mese do- po la nascita esplora le potenzialita sonore degli oggetti che gli stanno in- torno, applicandovi schemi senso-motori diversi (graffiare, picchiettare, battere, strofinare) che danno luogo alla produzione di suoni differenti tra loro. Anche Mattivita di esplorazione della propria voce fa parte di questa condotta, I] musicista adulto continua a impiegare la condotta esplorativa tutte le volte che cerca di ottenere dal suo strumento 0 dalla sua voce una particolare sonorita: & l'esplorazione vocale del cantante ma anche la ri- 2 cerea del suono “giusto” da parte del flautista 0 del saxofonista fondata proprio su un rapporto di tipo senso-motorio con lo strumento 0 con la voce. La ricerca delle sonorita che si possono ottenere da tno strumento © dalla voce ha dato luogo anche a diversi progetti di composizione musica- le: basti per tuti ricordare le Sequence di Berio, La fase piagetiana del gioco simbolico si realizza, a livello musicale, nella condotta espressiva. E la fase in cui il bambino attribuisce al suono la capacita di rappresentare, di avere un senso in un certo contesto, di evocare personaggi, movimenti, situazioni. La musica del bambino non & pia, in questa fase, soltanto lesito della sperimentazione di uno schema senso-motorio applicato a diversi oggetti, ma il risultato intenzionale della volonta di esprimersi con i suoni. A proposito del gioco simbolico, Piaget hha messo in luce come esso sia il fondamento delle attivita espressive, sia nel bambino che nell’adulto; il contributo di Delalande si pone quindi ‘me un approfondimento specifico sul tema dell’espressione musicale. An- che per quanto riguarda la condotta espressiva, Delalande indica diverse corrispondenze tra lattivitt del bambino e quella del musicista adulto. Queste corrispondenze si trovano sia nella ricerca della comunicazione” attraverso il suono sia, per esempio, nella gestualita che viene usata pet accompagnare il suono (un tema, quello del rapporto tra il suono e il ge- sto, a cui Delalande presta particolare attenzione). La terza condotta che sorge nello sviluppo del gioco musicale del bam- bino @ quella organizzativa, corrispondente alla fase piagetiana del gioco con regole (0 di regole). Il bambino scopre, tra i cingue e i sette anni, il piacere di applicare delle regole ai propri giochi, ma soprattutto, di crear- ne di nuove. Se si rflette attentamente su certi giochi infantili praticati dai bambini ¢ dalle bambine che frequentano i primi anni della scuola ele- mentare, non pud sfuggite il fatto che alcuni di essi, come i giochi con le figurine 0 il gioco “dell’elastico” abbiano la ragione del loro successo proprio nella possibilitt di essere aperti alla creazione di regole sempre nuove ¢ diverse. Anche nel gioco musicale possiamo parlare di gioco di regole, o meglio di condotta organizzativa ogni volta che il bambino trova piacere nell’organizzare i suoni secondo regole che egli stesso pud stabili- re. Una condotta che si prolunga, nella vita adulta, a diversi livelli, che possono condurre sino allattivita compositiva (V'organizzazione dei suo- ni) ma anche in quella analitica (saper apprezzare 'organizzazione dei suoni). E chiaro cosi che, dal punto di vista delle condotte, il gioco sonoro del bambino e la pratica musicale adulta trovano, secondo Delalande, rilevanti corrispondenze; ecco quindi chiarito il doppio significato che si pud attri- buire al titolo di questo libro: 1a musica & un gioco da bambini perché il 13 bambino, giocando, fa musica, ma anche perché l'attvita musicale degli adulti pud essere interpretata guardando al gioco infantile. Peraltro, se vo- gliamo restare all'interno dell’orizzonte pisgetiano, dobbiamo ricordare come lo psicologo ginevrino sostenga che, nello sviluppo del gioco infan- tile, il sorgere di un nuovo tipo di gioco non sostituisca i precedenti, che continuano a coesistere con i successivi, Fatto ancor pi importante per i nostri fini & che Piaget sostiene che i diversi tipi di gioco infantile soprav- vivono anche nella vita adulta, dando Iuogo ad attivita anche importanti e significative dal punto di vista sociale (per esempio il gioco simbolico sa- rebbe alla base dell’attivitd drammatica, il gioco di regole sosterrebbe di verse pratiche civili e sociali) La prospettiva che si apre di fronte agli educatori musicali che accetti- no i postulati di Delalande & nuova e affascinante, Se infatti ammettiamo che il bambino, giocando con i suoni, fa musica, ¢ la fa praticando le stes- se condotte del musicista adulto, il ruolo dell’educatore va completamente rivisto. Lieducatore, in questo quadro, deve essere una figura che affianca {il bambino nella sua progressiva scoperta del suono, che gli offre nuove ‘occasioni di sperimentazione, che gli propone esperienze significative per esplorare i suoni, esprimersi con essi e attraverso Ia loro organizzazione; non & pid colui che “insegna” la musica e che faticosamente, atraverso un tirocinio tecnico prestabilito, introduce ’allievo a un sistema musicale da- to. E in questo approccio all’educazione musicale che si trova il senso del termine éveil, tradotto in questo libro con risveglio, ¢ si definisce il ruolo dell'educatore come guida ¢ come facilitatore della crescita musicale del bambino. Non é facile tradusre in italiano il termine éveil; si pud accetare il termine italiano di risveglio a condizione che si tenga conto che la pe dagogie d’éveil ha avuto sviluppo in Francia non solo a proposito della musica, ma anche di altri campi d’esperienza e di studio, intendendo un lavoro pedagogico basato sull’attivazione ¢ lo sviluppo progressivo delle atcitudini, motivazioni, eupucita del bambino. Nel percorso che viene suggetito da Delalande il bambino conquista progressivamente e in modo personale la capacita di organizzare i suoni e di usarne i codici di comunicazione; nella musica d’oggi, peraltro ass stiamo a una grande varieta di generi e stili musicali e di metodi di com: posizione. La grande varieta di espressione musicale che caratterizza il nostro mondo é arricchita dalla conoscenza della produzione musicale di popoli anche lontani da noi; non siamo pid ai tempi di Debussy, che do- vette attendere 'Esposizione Universale di Parigi per incontrare la musi- cea balinese. B anche a partire da questi dati che Delalande critica i metodi “storici” di didattica della musica, come quelli di Orff o Kodaly. Secondo Delalan- 4 de questi metodi, pur validi nel loro contesto d'origine, hanno una visione troppo restrttiva della musica, tendono a proporre ai bambini un sistema musicale dato come assoluto; non & un caso, sostiene il nostro autore, che chi & alfabetizzato con questi metodi tenda a negare valore a tutto cid che non @ riconducibile all’immagine di musica che si & formato con essi, t- fiutando per esempio la musica contemporanea. Abbiamo cosi gia affrontato due questioni che si pongono nel vivo del dibattito sull’educazione musicale: Ia distinzione tra la sfera del “suono” e quella del “rumore”, che purtroppo trova ancora spazio in diverse p grammazioni della scuola dell'infanzia ed elementare, e la necessita di collocare nel loro contesto storico ¢ culturale i “metodi” di Didattica della Musica, In parte collegata a quest’ ultima problematica & una terza che ci sembra particolarmente significativa per chiarire alcuni malintesi assai diffusi in tema di educazione musicale: quella dell’educazione al ritmo, in particola- re attraverso il movimento. E noto infatti che molt testi e metodi per Iin- segnamento della musica propongono un primo approccio alla musica at traverso attivita di carattere ritmico-motorio, nella convinzione che il rit- ‘mo sia I’elemento primario e primordiale, antropologicamente fondato della musica. Sarebbe meraviglioso, dice Delalande, se tutte le musiche avessero come tratto unificante il ritmo ma purtroppo sostenere cid & fal- so, Esiste una grande difformita, tra le diverse culture, su cid che si inten: de con la parola ritmo: il ritmo & per un musicista africano un concetto completamente diverso da cid che intende un esecutore di raga indiani. Gli clementi che concorrono a definire un ritmo sono diversi nelle varie culture ¢ specifici di ciascuna di esse; in ogni caso & superficiale pensare che il ritmo sia concepibile soltanto come un’altemnanza di impulsi misu- rati forti e deboli: non & cosi in molte culture, ma nemmeno nella musica contemporanea europea o, per andare a ritroso nel tempo, nel canto grego- iano, Si Galta allors, pid proficuamente, di acvettare Tafferinazione, assu- lutamente fondata, che la prima esperienza musicale corporea, ma di evitare di ridurre questa esperienza alla metrica ritmica occidentale. Per Delalande la musica d’oggi sta ritornando a essere una musica del suono ¢ del gesto, e proprio su quest’ultimo punto si incentrano alcune af- fermazioni € intuizioni di grande rilievo. La musica si fa con le mani € con il soffio e il suono @ la traccia del gesto che lo produce, ci dice Dela- lande; ma sarebbe sbagliato ridurre la significativita del rapporto tra musi- cae gesto solo a questo, Si tratta invece di costruire, dal versante musico- logico, una vera e propria “semiologia del gesto musicale” e da quello pe~ dagogico aiutare il bambino a sviluppare il controllo della sua gestualita attraverso Posservazione del suono. I bambini “entrano nella musica attra- Is verso il gesto” e produrre suoni significa soprattutto concatenare gesti; Peducatore deve abituarli a spostare lattenzione dal gesto al suo risultato sonoro, ma senza mai separarlo dalla sua radice corporea. Una visione, e quindi una proposta pedagogica, che va ben oltre le tan- te attivita di sincronizzazione ritmico-motoria piuttosto direttive e superfi- ciali che supportano ancora molte programmazioni didattiche. Anche in questo caso, la proposta metodologica & chiara ¢ va nella di- rezione di costruire un progetto pedagogico in cui l’educatore non impone al bambino un determinato sistema musicale, ma Io aiuta e lo sostiene nel- la sua crescita musicale, offrendogli occasioni per “risvegliare” le sue atti- tudini, capacita, desideri di comunicare in forma sonora. Un progetto pe-~ dagogico, quindi, che rispetta e valorizza il bambino e non cancella quan- to di significativo e importante si realizza, a livello musicale, git nel suo ‘gioco con i suomi. Su questa linea di ricerca, non sono mancati, negli ultimi anni, in Italia, diversi contributi ed esperienze che hanno dialogato con la prospettiva musicologica e pedagogica tracciata da Frangois Delalande. Questi contri- buti hanno trovato uno spazio particolare nella non dimenticata esperienza della rivista Progetto Uomo Musica, ma anche altrove, grazie in particola- re ai lavori e alle ricerche di Franca Ferrari, Giovanna Guardabasso, Luca Marconi, Mario Piatti, Maurizio Spaccazocchi, Gino Stefani ¢ di altri col- leghi, a cui vanno aggiunti diversi progetti didattici in sede locale quali il progetto coordinato da Giovanni Curti per le scuole elementari del Comu- ne di Reggio Emilia. Proprio grazie a questo contesto, ricco di proposte, contributi e fermenti innovativi, crediamo che pubblicare oggi in lingua italiana La musica @ un gioco da bambini possa costituire un contributo importante in un panora- ma, quale quello della pedagogia musicale italiana, in rapida ¢ positiva trasformazione. Questa pubblicazione consente infatti di arricchire ulte- Hormente i letore italiano con ta proposta di un testo ele raccuglie in modo ampio posizioni e proposte con cui il mondo degli educatori musi- cali italiani ha gia stabilito un dialogo e che ha tentato di rielaborare attra- verso diverse esperienze. 16 Prefazione La musica é un gioco da bambini: questo titolo va preso molto s mente. Se si dimostrasse esatto — ed & di questo che intendiamo convin- cervi ~ ecco una definizione della musica che facilitera enormemente il la- voro degli educatori. Invece di insegnare delle conoscenze ¢ delle tecni- cche, essi avranno il compito di incitare i bambini a fare cid che gia fanno, cio’ ad interessarsi agli oggetti che producono rumore (che gia li affasc nano), poi ad agire su questi oggetti per agire sui suoni (ma & quello che fanno da soli), a prolungare questa esplorazione sonora (basta non ostac larli) in modo da realizzare delle sequenze musicali. In poche parole, si tratta di scoprire e incoraggiare comportamenti spontanei e di guidarli tan- to avanti da consentire lo sviluppo di un’autentica invenzione musicale Lreducazione musicale a scuola & articolata secondo due diversi obietti- vir da una parte il risveglio di atitudini generaliall'ascolto e all’invenzio- ne, dall’altra Vacquisizione di nozioni e tecniche, Secondo i periodi e i re- sponsabili, si da la priorita all’uno o all’altra. Gli spiriti conciliatori cerc no di fondere queste due istanze in un’unica pedagogia. Altri, pit radic (€ noi facciamo parte di questi), constatano che non si pud, senza una cer- ta disonesta, incoraggiare il bambino ad una ricerca sonora, collaborare al- Jo sviluppo delle sue trovate, aiutarlo ad essere pit esigente, pid attento alle sue sperimentazioni e sperare che, strada facendo, possa scoprire c me per caso i modi maggiore € minore e la misura a tre tempi. Sicuramen- te questi obiettivi sono complementari ma presuppongono degli atteggia- menti ¢ quindi dei momenti pedagogici ben distinti. Ci sembra pit. giusto stimolare prima di insegnare. Ma la trasmissione delle nozioni di solfeg- gio si serve di metodi conosciuti, mentre lo stimolo delle facolta di ascol- toe di invenzione, indipendentemente da ogni solfeggio, rimane un modo di procedere abbastanza recente che aveva bisogno di essere analizzato 7 nelle sue finalita e nei suoi mezzi. Lroggetto della nostra trattazione sar’ percid il “risveglio”, ‘Questo lavoro @ destinato in primo Iuogo agli educatori, Educazione perd non significa esclusivamente scuola: lo sviluppo del senso musicale € creativo coinvolge al tempo stesso la famiglia, aslo nido e i diversi am- bienti di animazione. In una prospettiva ancora pid ampia, affrontare I'in- venzione musicale senza passare per il solfeggio ¢ le classi di “scrittura” & tuna possibilita che si offre ora tanto agli adulti quanto ai bambini. La si- tuazione @ cambiata. Finché la musica si scriveva su spartito e rispettava ali stili tradizionali, la creazione era riservata ai compositori professionali Quanto agli altri ~ i bambini, gli amatori, i “melomani” ~ essi erano con- finati in un ruolo di uditore, 0, volendo essere rigorosi, a quello d’inter- prete di un repertorio generalmente antico. Ma la musica oggi si pensa spesso in termini di masse, di linee, di mescolanze, e sono numerosi i ‘compositori i ricercatori che vi ravvisano Poccasione di un nuovo scam: bio con il pubblico. Accanto alle sale da concerto si aprono gli atelier. Or- ‘mai la musica non soltanto si consuma: si fa Questo libro si inserisce nel contesto di questo rinnovamento delle pra~ tiche musicali, Non & nato in una classe, ma all’incrociarsi delle esperien- ze del “Gruppo di ricerche musicali®, di una corrente di composizione elettroacustica e di una societi di radiodiffusione. All'interno del GRM facciamo delle ricerche che conducono all'analisi della musica rinnovata dall'elettroacustica, dei comportamenti musicali in generale e, come & no- to, dei giochi sonori dei bambini. Da parte sua Guy Reibel propone alle corali di amatori, come alla Mai- trise 0 ai cori di Radio France, dei “Giochi vocali”, ¢ ai suoi studenti di composizione del Conservatorio un gioco sui corpi sonori¢ il sintetizzato- re. Da molto tempo abbiamo constatato che i nostri approcei teorici ¢ pra- tici convergevano e potevano apportare delle soluzioni ai problemi educa- tuvi, ¢ la radio, grazie inizialmente a Guy Erismann (France Culture), poi ad André Jouve (France Musique), ha portato, dal 1974, un sostegno con- vinto. Le trasmissioni di “Risveglio musicale” e altre sperimentazioni pe- dagogiche hanno permesso di far conoscere, ¢ di far conoscere tra loro, insegnanti distanti gli uni dagli altri che conducevano esperienze esempla- ri con un talento e una competenza a volte sorprendenti. E il loro lavoro di base che fornisce la materia concreta di queste riflessioni. Bisognereb- bbe rendere omaggio a tutti loro. Citiamo almeno alcuni nomi, quasi a ca- so: Monique Frapat e Anne Benhammou a Villepreux, Yves Bernet in ‘Ardache, Yvonne Quinzii ad Avignone e Elisabeth Saire a Reims, Simone Marquis a Marsiglia, Christine Prost ad Aix-en-Provence, Claire Renard ¢ Wichka Radkiewitch a Parigi, Jean Maumené a Laon, Genevieve Clément 18 a Pontault-Combault, Michele Sueur e i suoi colleghi di Arras, Sophie Moraillon ad Aulnay-sous-Bois, Gérard Authelain all’Isle d’ Abeau, Non @ obbligatorio leggere i capitoli in successione. Il primo, comun- que, precisa gli orientamenti musicali ¢ pedagogici del libro ed & logico partire da li. I dialoghi 2, 3, e 4 invece sono i pit teorici un educatore preoccupato soprattutto della fase applicativa potra benissimo leggerli per tltimi: gli bastera sapere che vi si discutono tre principi fondamentali per a musica come per la pedagogia, ¢ cioé: 1) che i comportamenti musicali, anche nell’adulto, sono molto vicini ai comportamenti di gioco det bambi- no, 2) che la musica ha molto a che vedere con il gesto (quando la si pro- duce con uno strumento, quando si balla, ma anche — mentalmente quando la si ascolta), 3) che il ritmo non cos universale né cosi fisiolo- ‘gico come si crede: ci sono tante definizioni del ritmo quante sono le cul- ture e la percezione del ritmo & una operazione intellettuale elaborata Se accettiamo questi tre punti come tesi provvisorie, potremo affrontare meglio attrezzati le domande pid strettamente pedagogiche discusse nei dialoghi seguent Al termine dei dieci dialoghi un educatore dovrebbe aver afferrato ab- bastanza bene 1o spirito con cui affrontare il risvegtio musicale, Senza proporgli “ricette”, ma neppure un qualsivoglia metodo, bastera indicare delle “piste” multiple nelle quali possa sperimentarsi, in base all’etd dei bambini di cui si occupa, cosa che & oggetto di discussione in un capitolo complementare. Perché in forma di dialogo? Innanzitutto perché questi temi sono stati effettivamente trattati in dieci colloqui radiofonici realizzati con I'aiuto prezioso di Jack Vidal e diffusi su France Culture nel 1976. Questi dialo- hi sono stati profondamente rimaneggiati per completare l'informazione © affinare il linguaggio c la sintassi (un po’ meno 1°1, il 9¢ il 10 ed & per questo motivo che appaiono i nomi degli interlocutori) al punto che diff cilmente si ritrovano le tracce dello scambio orale (dal 3 all’8), Ma anche laddove era preferibile ripartire da zero, la forma dialogata ci @ sembrata adatta all’ ambizione di questo libro, che & quella di precisare € 4i discutere le domande che pone il “risvegtio musicale” e di fornire qual- cche elemento di risposta 19 Primo dialogo. Quale musica, quale pedagogia? Jack Vidal: Lei difende, insieme a Guy Reibel, una concezione del “Ri- sveglio alla musica” che interessa sia la scuola, dal nido alla fine del ci- clo scolastico, che le corali dilettanti o le maisons de jeunes. In che modo una stessa espressione, “pedagogia del risveglio”. pud raggruppare cam- pi cost disparati? Frangois Delalande: f glusto che la definizione di una pratica di risve- lio si ponga in una prospettiva ancora polemica: bisogna difenderla, co- ime lei dice, e imporla, e non & un artificio retorico quello di definirla in ‘opposizione ai metodi pedagogici che sono praticati abitualmente in musi cca. Infatti in un passato ancora molto recente I'educazione musicale era soprattutto insegnamento del solfeggio, di tecniche strumentali, studio di un repertorio classico e di storia della musica. Le cose sono un po" cat biate grazie alla tendenza educativa generale che pone I'accento sulle pe- dagogie attive. Oggi non si pensa pitt di fare solamente ascoltare la musi- ca (in verita qualcuno lo fa ancora, ma con una certa cattiva coscienza): si prova a far fare. Ma il pitt delle volte l'insegnamento assume I'aspetto di addestramento tecnico alla musica tradizionale. Dunque, pedagogia del risveglio: un metodo attivo tra tanti altri. Ma cos’ha in pin? No, l'etichetta di “metodo attivo” & oggi tradizionalmente destinata a 4quei quattro o cinque metodi ben conosciuti, Orff, Martenot, Kodaly, Wil- lems e qualche altro, i cui obiettivi perd non concordano con i nostri. La finalita di tutti questi metodi & proprio quella di educare alla musica ton le. Ci sono tecniche differenti, pid o meno astute, pit o meno sensibili, che lasciano pid! o meno spazio all'improvvisazione, ma generalmente alla ar fine del percorso ci si trova alla stessa meta: la musica tonale, do re mi fa sol, semiminime, crome, maggiore, minore. E perché no? Perché evitare a ogni costo la nostra eredita culturale il linguaggio musicale tradizionale? id che mi sembra pid preoccupante nell’educazione tonale dell’oree- cchio del bambino sta nel fatto che quanto pid gli si fa praticare la tonalita ¢ pitt lo si fa in modo intelligente ed efficace (ad esempio con il metodo Martenot, che @ al tempo stesso intelligente e sensibile), tanto pid i bam- bini avranno difficolt, in seguito, ad ascoltare musiche extraeuropee e dei compositori contemporanei. Net momento in cui familiarizzano con un linguaggio, si costruiscono tutt’intorno bartiere difficili da superare. Il ri- sullato & una reazione di rigetto: fate ascoltare Xenakis o le trombe tib ne «un bambino o a un adulto che abbia ricevuto un’educazione tradizio- nale e la loro risposta sara sempre la stessa: “Questa non & musica” Il denominatore comune a tutte le musiche ‘Ma come si fa ad ampliare la prospettiva? Si potrebbe, in effetti, indirizzare i bambini verso altre musiche, altri linguaggi, altre tecniche. Ma non & propriamente questo il nostro obietti- vo. La nostra finalita @, pili precisamente, formare i bambini a tutto cid che possa precedere le acquisizioni tecniche. C’e un certo numero di atti tudini che intervengono nella musica, sia in quella extraeuropea che in quella antica 0 contemporanea, che rimangono alla fin fine le stesse. Esi- ste un “denominatore comune” a tutte le pratiche musicali che noi provia- mo a definire ¢ che rappresenta obiettive numero uno di ogni formazio~ ne musicale. Chi dice esperienza, in realta, dice rischio. Quando si propone un'esperienza non si sa bene che risultato dara. Le persone che abbiano seguito queste pedagogie dette del “risveglio” apprezzeranno la musica ‘come i loro “predecessori”, cioe come quelli che hanno invece ricevuto una formazione “classica"? Evidentemente si conosce bene cid che pud dare l'educazione classica e ‘meno bene l'altra. Ma quando dico che si conosce cid che pud dare, lo di- co anche in un senso negativo, La scuola ha per lungo tempo scambiato 2 Teducazione musicale per una sorta di apprendistato e i risultati dei corsi di canto e delle lezioni di solfeggio - ahimé — si conoscono molto bene: bisogna rivedere completamente la pedagogia, tutti ne convengono. Ma quale che sia la soluzione nuova adottata oggi su larga scala, questa ri- ‘marra sempre un'esperienza! In sostanza i procedimenti che si possono pill precisamente giudicare sono forse questi tentativi di “risveglio”, sem- pre marginali, ma che, esistendo da una quindicina d'anni, hanno passato. Cid che si constata & che per questi bambini l'invenzione sonora € il gioco musicale sono diventati molto familiari. Niente impedisce allora, credo, d’aequisire questa o quella tecnica pro pria di uno stile particolare, si tratti del flauto a becco, del sitar 0 dell’elettroacustica. Certo, € quanto pid ’esperienza preliminare di ricerca sonora ¢ di crea- Zione sara stata profonda e avra sviluppato il senso musicale, tanto pid il lavoro tecnico, dopo, sembrera naturale e necessario. Per progredire nello studio di uno strumento o di una qualungue tecnica bisogna averne vogli sapere dove si va; bisogna gia avere un gusto musicale. Talvolta é la fami- alia che lo trasmette, ma altrimenti tocca a una pedagogia del risveglio svolgere questo compito. Per esempio, noi auspichiamo che la scuola inizi (alla matema evidentemente, ma allo stesso modo anche alle elementari) ad aprire, a sensibilizzare i bambini alla musica, vale a dire a praticare tuna pedagogia di risveglio, nella prospettiva di ritrovare certe acquisizioni pitt teeniche, pid specifiche dunque, nella scuola secondaria. Ma questi programmi non potranno essere fecondi senza aver sviluppato un robusto “appetito musicale” durante tutta l'infanzia, Lei vede il risveglio come una preparazione ad altre pratiche? Non necessariamente. Per alcuni sara una preparazione e per altri avr in se stesso la propria finalita. Lo studio del solfeggio ® assurdo per chi non sara mai destinato a utilizzarlo, invece un’ esperienza di invenzione e di ricerca pud essere ricca di soddisfazioni anche per chi non praticher’ mai altre forme di musica. Contrariamente al solfeggio questa & git uun’esperienza musicale completa Essere musicisti' Dunque le pedagogie del risveglio, che si collocano prima di ogni alfa betizzazione a un sistema musicale preciso, si innestano perd su di un ceppo comune potendo cost sviluppare in esso certe attitudini al gioco e all’ascolto musicale, Si. Credo che per impegnarsi nella pedagogia sia importante avvalersi di ‘una buona definizione della musica. Cid che rimprovererei ai metodi Orff, Kodaly, ecc. & di dame un'idea troppo restrittiva. Cosa significa fare musica? Questa @ fa domanda che deve innanzitutto porsi chi rflette sulla pedagogia Per trovare una risposta ci si pud rivolgere all’insieme delle pratiche musica- |i, comprese quelle extracuropee. Credo che ci siano essenzialmente tre di- ‘mensioni della musica che siamo tutti in grado di sviluppare. Prima di tutto, semplicemente, un gusto per il suono — questa & la prima qualita del musici- sta =, una certa sensibilita per la sonorita che si accompagna all’abilita di ot- tenerla sullo strumento. Perché... saper fare e saper ascoltare sono in questo ‘caso una sola ¢ unica competenza. La musica, poi, non si pud rappresentare solo come un insieme di individui che si riuniscono per produrre suoni € rare un godimento sensuale, non @ solo questo; per costoro i suoni prendo- no senso, possono evocare degli stati affettivi o avere un valore simbolico per la loro societa o far nascere immagini. In breve, in una forma o nell'al- tra, c’é una dimensione immaginativa della musica cui bisogna essere sens bili e senza la quale essa non vi dice nulla. Infine, la terza dimensione, l'or- ganizzazione, Fare musica vuol dire, sotto molti punti di vista, organizzare. Dapprima organizzarsi tra pitt musicisti, quando si suona insieme, ma so- prattutto accordarsi e distribuirsi le parti, ¢ arrangiarle affinché tutto funzioni bene quando il tema di uno strumento viene ripreso da un altro. Tutti noi ab- biamo cantato dei canoni: c'® una certa soddisfazione estetica ad ascoltare la iclodia clte si sovrappone a se stessa nonostante il ritardo, E un piacere evi dente che il compositore e i suoi ascoltatori condividono, quello di riuscire ‘ad incastrare cost i pezzi del puzzle. Lei notera daltronde che io non separo, in questa analisi tripartita della pratica musicale, la produzione della musica dalla sua fruizione. Mi sembra che i musicisti sia che facciano musica sia che I'ascoltino, abbiano in comune queste tre grandi capaci di essere sensi- bili ai suoni, di trovarvi un significato e di godere della loro organizzazione. LM termine musicien pud signiticare in francese “musicista” ma anche “musicale” net senso di “essere musical” 0 avere altitdini musical I termine “musicsta” va quind in- teso con tna doppia valenza, in quanto 'autore fa riferimento allo sviluppo, nel lavoro pe- Alagosico, delle qualita (musicali) del musicista ¢ al risveglio delle ativudini musicali ‘obietivi Tontani da precosi percors alfabetizanti (M.D.) a E questi tre punti di vista, secondo lei, sono sufficientemente generali da costituire una definizione della musica? Non della musica, ma delle attitudini del musicista. Farei, se lei & d’ac- cordo, una distinzione essenziale tra conoscere la musica e essere musica- |i, Trasmettere un sapere o sviluppare una sensibilita sono due obiettivi completamente diversi. Lei trova dei bambini che, prima ancora di aver imparato cosa & un do o un mi, senza mai aver udito prima il nome di Mozart, sono specificamente sensibili alla musica, e sono subito capaci di sentirla, Se lei mette nelle loro mani, ad una eta compresa trai cingue ¢ i sette anni, un qualsiasi strumento, succede immediatamente qualche cosa, ne sono attratti, hanno delle idee, cid che fanno & musicale: si dice che so- no “dotati”. E si pensa generalmente che cid sia innato. Si, ma @ un punto assai controverso. Credo piuttosto che non vi sia una gran differenza tra gli individui nel corso del primo anno di vita, ma che tale differenza possa in seguito aumentare grazie ai rinforzi sociali o a cir- costanze educative privilegiate. Sviluppare delle attinudini risulta perd un obiettivo un po’ astratto. Non capisco come lo si possa raggiungere altrimenti che attraverso una prati ca ¢ dungue dando una certa competenza e allo stesso tempo trasmetten- do un certo sapere. E vero, ma non 2 la stessa cosa avere in mente il progetto di inculeare alcune nozioni di solfeggio o solamente di risvegliare quel talento musica- le di cui parliamo. Di sicuro si sara portati a trasmettere una determinata competenza, ma non la conoscenza specifica di un sistema di notuzione o di una tecnica strumentale, piuttosto un'abitudine ad ascoltare pid inter- venti simultanei, una padronanza del gesto, un senso della forma, Non so se & un sapere 0 un saper-fare o un saper ascoltare, Non & esattamente Ia ‘musica che poco fa tentavo di define in tre punti, quanto i comportamen- ti musical: fare o ascoltare la musica. E qui che i musicisti si assomiglia- no, Che lei veda un indiano su di un sitar, un africano con una sanza 0 un nostro violinista, lei sentra la stessa concentrazione sulla sonorita che si legge nello sguardo, nella postura della testa, la stessa coscienza del gesto c allo stesso tempo il medesimo piacere. Non & il sapere che li avvicina anzi le loro culture sono totalmente differenti ~ ma la loro condotta. Si lungamente praticata una pedagogia musicale fondata escl amente sul- 25 la nostra cultura musicale tradizionale, penso che si debba ora proporre una pedagogia delle condott La musica contemporanea Lei insiste molto sulle attindini a produrre o a suonare e so che consi- ‘glia di mettere da subito gli strumenti nelle mani dei bambini. Ma la mag- ‘gior parte di loro saranno ascoltatori, non compositori né interpresi. Non si dovrebbe parallelamente stimolare l'ascolto? Si pud, @ esatto, sviluppare I’ascolto in sé, e lo si fa spesso grazie ad at- tivita di “risveglio sensoriale”. Si pud migliorare ad esempio T'attenzione uditiva con piccoli esercizi di riconoscimento o di identificazione. E vero cche questo abitua ad ascoltare senza muoversi, Ma l'attenzione & soprat- tutto una questione di motivazione. Si ascolta cid per cui si ha una buona ragione di ascoltare, il risveglio dell’ascolto musicale consiste nel molti- plicare le ragioni per ascoltare, e ascoltare musicalmente. I! mezzo miglio- re, a mio parere, per motivare l’ascolto & fondarlo su un'esperienza di produzione. 2. termine condo assoltamente centrale nll pedagosia el isvelo: percha sine signet porto quant to stesso Dellande spiega nel sagio “Le ole des ispo- SIR dans una pédagogie de a creation moscale enfarine" im Leduction musicale a Teeole Au del Colloque départemena d'dacation musicale da Sein et More, IPC La Wien, Pars 1989, ot tradrion, acura di Giovanna Guardaasso,& spars nel telume F. Delalande Le conte musica, Clb, Bologns, 193 con i oo: inven se musicale, i bambinae i! musics, Ale pagine 156-75 legge: "er inguarare mesh. Fintevente pedagogco © ule ona diinone: quella i "comporamens”e‘condt Lista most © ancora sesso ue ddan de comprar un init i Spine isegnno postr, est da compere compartment sono gh a e- spi movimengt ei es sera detamene Inve la condoua comprende una facia cou le che motve i comportamen, Prendendo sn pesto una stmizione aN fea n cotton tne cartes al rnirang ce eno Espost dal fine pesoguto,comapevolmente 0 n,rasionlmente 0 no, dal oganismo Nov che sl consaet che comporameati non spond une fia Sei giovane Fhamis segue fedelmente le inictzioni de suo Insegnante, pod essere perch epi desi Ptah pr fare pacere a sua madre, 0 pre tme un rmprovero. Dal momen to che auene | es elu a didatica det comportament ignora comodamente le mor ‘acion Al conver, la didatin dele condo ton dive aula de gv Ess nteviene a ‘mon xs digi suo lntrvento verso cd che sping Valevo a wovarei gest da so Tinta macsea non die pi also alievo falco ma si domands "eos pol inven tar perce eg abbia voi di fro”. ln motvazone fa parte del conenuto edcativa, Ta musica un insieme di cndate, Snare oascolfre musica non sigfiea sont c= fatuace un cero numero di arson, Per dele cose in mod un po" pid semplic, significa ther vogla i etetar,effemuree proval, mene Iosif, un pice eu emocione. Eavcare solamente comportametisignfcheree pede Vessenile™ (GC). 26 Perché si paragona il repertorio che in genere si ascolta con le produ- zioni che ognuno é in grado di fare da sé? La musica prodotta dai bambi- ni é sufficientemente simite, tanto per fare un esempio, ad una serenata di Mozart da poter garantire il paragone? Allora non bisogna far loro ascoltare Mozart! Non ne capiranno gran- ché: una regolarita di pulsazione ritmica, forse una linea melodica, se sono abituati alle canzoni, ma certamente non cid che fa il fascino di Mozart, di gran lunga troppo legato al suo uso della scrittura musicale classica Allora che cosa? Musica contemporanea? Molti dei pezzi recenti, cio® quelli che non si fondano su un sistema musicale elaborato dalla tradizione, sono, sotto un certo aspetto, pid pros- simi all’esperienza musicale infantile. II rifiuto del passato ha il merito di accompagnarsi ad un ritoro alle fonti. 1 punti di riferimento delle musi- che attuali sono spesso pid vicine al vissuto quotidiano che a un’esperien- za culturale, Sarebbe pid logico, con i bambini, percorrere a ritroso Ia sto- ria della musica, dai nostri giorni fino al XVIII secolo, e non I'inverso. Da qui alla militanza per una pedagogia della musica contemporanea i passo non 2 lungo. Qualcuno potrebbe rimproverarlal E il peggiore dei malintesi. Il repertorio contemporaneo non & migliore di quello classico, non foss'altro che peril motivo che il tempo non ha ancora fatto la sua selezione, ¢ rimpiazzare il condizionamento alle cadenze perfet- te con un condizionamento prodotto dagli stereotipi contemporanei non sa- rebbe certo un buon affare. La ricerca musicale recente & perd preziosa, per- ‘ché ha ampliato 1a concezione della musica. Fino a trenta-quarant’ anni fa, i suoni musicali rispondevano a norme precise: dovevano avere un‘altezza definita, idonea all’uso melodico ¢ armonico cui erano destinati. In quest ottica & chiaro che motti dei suoni infantili non sono altro che rumori Come molte musiche africane, asiatiche o eschimesi? Perché la secon- da spinta ad una maggiore apertara dei nostri orizzomt, che ci ha costret- tia farlo, @ venuta dall’etnomusicologia. In effetti, questi sono due apport molto recenti. Non si pud rimprovera- re ai metodi Orff ¢ Martenot dignorare i nove decimi delle musiche del ‘mondo: all" epoca in cui sono nati, le musiche extracuropee, accessibili so- prattutto da quando esiste il registratore, cio’ dagli anni cinquanta, si co- ‘noscevano appena. In realtd I'educazione musicale beneficia attualmente 27 della scossa provocata dalle ricerche musicali esattamente come la pittura ha potuto essere introdotta alla scuola materna grazie alla breccia aperta dall’arte astratta, Si potuto guardare con interesse i bambini dipingere {quando non ci si @ pit preoccupati di verificare a priori se la rappresenta- zione fosse fedele. Allo stesso modo & possibile lasciar inventare ai bam- bini la loro musica se non si ha l'assillo di verificare se sia giusta 0 sba- sliata. Si possono inventare tutte le strategie pedagogiche per imporre de!- le norme senza cadere nel dirigismo, il fatto @ che 'educazione musicale classica & viziata da questa nozione di vero e di falso. Si fanno errori di armonia, o pid semplicemente si & stonati. Come per una lingua naturale, uso di un codice come il sistema tonale implica una dimensione gram- maticale. Questa non esiste pid in pittura. Ci sara un prodotto pit! o meno riuscito, si dipingera pid o meno bene, mai “sbagliato”. L’apertura della musica attuale dovrebbe permettere di liberare dai loro complessi gli edu- catori che non padroneggiano il linguaggio codificato. Visto che lei appartiene al Gruppo di Ricerche Musicali, cio® a un ‘gruppo di compositori e ricercatori che fanno musica elettroacustica, in che cosa questa esperienza della musica, prima concreta poi elettroacu- stica, ha influenzato le pedagogie del risveglio musicale? Nella stessa misura in cui i piccoli di una classe di scuola materna sono dei musicisti “concreti". Scoprono degli utensili, dei corpi sonori qualsiasi edi fronte a questi “strumenti” hanno un comportamento assai prossimo a {quello di un musicista rinchiuso nel suo studio per ottenere una “presa del sono”. Esplorano il dispositivo®, vedono un po" quello che se ne pud cavare, provano a produrre una famiglia di suoni che si rassomigliano, Allora, alle educatrici che pensano che i bambini non producono altro che rumore, e quindi richiedono loro di fare silenzio, lei consighterebbe di dire: “Ma no, ascoltate, questi bambini fanno musica!”. Perché la musica rion @ solo un gioco di altezze e di durate. Esatto. Personalmente, se mi sono interessato alla pedagogia nelle scuole materne, é stato perché @ talmente evidente che i musicisti concreti 3, Tradueo con dspositvo il termine francese disposi, aecttando la lezione git adot- tata da Giovanna Guardabasso nel volume di F. Deldlande, Le condotie musical eit. Ter mine centrale nel pensiero pedagogico di Delalande, indica queali strumenti accessori (co- tne ad es il microfono), quella paticolare disposizione degli oggetti sonore delle persone relia stanza dove si svolgeraVativitae in generale tutte quell “ovate” (si potrebbe dire ‘anche stratagemna didattico) che V'insegnante mette in campo per suscitare © promuovere ‘determinate condotte nei bambini (G.C.) 28 fanno qualcosa di molto sit qualche maniera farlo notare... alla musica dei bambini che bisognava in Suonare/Giocare L'esplorazione dei corpi sonori da parte dei piccoli rappresenta una strada di accesso alla dimensione sensoriale del gioco musicale di cui parlava poco fa, ¢ insieme attiene all’atiribuzione dei significati e all’in- venzione di regole. Come pud tutto cid guidare il lavoro educativo? Qui affrontiamo un’idea assolutamente centrale. Questi tre aspetti della pratica musicale corrispondono alle tre forme, come sono state definite da Piaget, dell'attvita ludica del bambino, La ricerca del suono e del gesto non @ altro che un gioco senso-motorio, l’espressione e il significato in musica si congiungono con il gioco simbolico e organizzazione & un gio- co di regole, Ecco perché quest’analisi @ un’idea-forza del risveglio mu: cale. Inoltre i tre tipi di gioco corrispondono a eta differenti del bambino. Per indicarle approssimativamente, secondo Piaget. il gioco senso-motorio

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