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GIUDAICA, Arte
Con il termine giudaismo si indica quel periodo della storia del popolo ebraico
successivo alla divisione del regno di Salomone nei due regni di Giuda a S (con
Gerusalemme), che comprendeva le due tribù di Giuda e di Beniamino, e di Israele a
N, comprendente le altre tribù. Il regno di Israele nel 719 a.C. fu conquistato dagli
Assiri e la sua popolazione si mescolò agli invasori dando vita a numerose sette e
correnti religiose (per es. i samaritani). Questa deviazione dall'ortodossia divenne
presto insanabile e definitiva e il ceppo ebraico del regno di Israele si cancellò. Il
regno di Giuda resistette fino al 586 a.C., anno in cui Nabucodonosor distrusse il
Tempio di Salomone e deportò la popolazione in Babilonia. Con il ritorno degli
Ebrei del regno di Giuda dall'esilio babilonese (537 a.C.) ebbe inizio il giudaismo.
Questo termine appare storicamente il più indicato per definire l'ebraismo
postesilico, ma già a partire dal Medioevo è stato impiegato anche in un'accezione
dispregiativa; per questa ragione è stato sostituito all'epoca dell'emancipazione
ottocentesca dai ghetti con il termine assai più improprio di Israele, con i derivati
israelitico e israelita. Oggi, sempre per evitare fraintendimenti in senso antisemita, in
Italia si tende a sostituire il termine con ebraismo, mentre il mondo francofono e
anglosassone traduce correttamente giudaico con juif, jewish.La distruzione del
Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. e la conseguente diaspora hanno sancito la
divisione del giudaismo nei due rami, sefardita e askenazita. Il primo si riferisce agli
ebrei che scelsero la via della Spagna (Sefarad) e del mondo mediterraneo, poi
inglobato dall'Islam; il secondo è relativo all'ebraismo tedesco (Askenazi) e in
generale a quello nordeuropeo. Le successive vicende storiche hanno condotto
entrambi questi ceppi ad avvicendarsi anche nella penisola italiana, ma l'ebraismo
italico viene generalmente considerato come un 'terzo ramo' autonomo, in quanto
già presente a Roma e in diverse località assai prima della diaspora.
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Arte decorativa
Sono molteplici i mestieri legati alle arti praticati dagli ebrei durante il Medioevo.
Beniamino di Tudela, autore nel 1171 di un diario di viaggio attraverso le comunità
ebraiche d'Europa e del Medio Oriente verso Gerusalemme, parla di seterie in diversi
luoghi dell'impero bizantino, di tintori in Siria e di vetrai a Tiro. Ruggero II di Sicilia
nel 1147 aveva condotto a Palermo come prigionieri da Tebe i tessitori in seta ebrei,
e i loro discendenti sotto Federico II amministravano per conto dello Stato il
monopolio del commercio e della tintura di questo prezioso tessuto. Un altro
mestiere popolare fra gli ebrei era quello dell'argentiere, testimoniato alla fine del
Medioevo in Francia, in Sicilia e in Spagna. Anche la miniatura dei manoscritti
liturgici veniva affidata a correligionari: è pertanto presumibile che le comunità
giudaiche fossero generalmente in grado di sopperire alle proprie necessità interne
senza l'obbligo di rivolgersi ad artigiani non ebrei, e numerose sono in luoghi e
periodi diversi le testimonianze di oggetti commissionati da non ebrei ad artigiani
ebrei.Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme e la perdita delle suppellettili
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quanto riguarda la decorazione di interni, sono giunti esempi di arte sinagogale (v.
Sinagoga). Molte delle sinagoghe medievali furono pesantemente rimaneggiate per
essere trasformate in chiese, soprattutto in quei territori che avevano visto una
straordinaria fioritura della civiltà ebraica, seguita nel corso del Quattrocento
dall'espulsione dei giudei. Questo fenomeno fu particolarmente intenso nel
Meridione d'Italia, dove le due vecchie sinagoghe di Trani e Napoli furono
trasformate rispettivamente nelle chiese di S. Anna e di S. Caterina Spinacorona, poi
S. Maria della Purificazione. Lo stesso destino subirono dopo l'espulsione degli ebrei
nel 1492 le sinagoghe spagnole, particolarmente ricche e numerose. A Córdova e
nelle due sinagoghe conservate di Toledo i rifacimenti non hanno cancellato però le
lapidi e i rilievi preziosissimi di stucco policromo in stile gotico mudéjar, che con una
sorta di horror vacui campiscono le pareti con forme geometriche e floreali
articolate per multipli e sottomultipli. Nella sinagoga di Córdova una lapide di stucco
ricorda con caratteri ebraici di ricercata semplicità il rifacimento nel 1315 (Assis,
1992, fig. 3), mentre a Toledo nella sinagoga privata del 1357 di Don Shmuel Halevi
Abulafia, ora chiesa di Nuestra Señora del Tránsito (Assis, 1992, fig. 2), l'iscrizione
dedicatoria in stucco è completata dallo stemma del committente. Gli stemmi di
famiglia ricorrono con frequenza anche su sigilli (Friedemberg, 1992) e manoscritti
(Di Castro, 1994b, p. 143ss.).L'arredo sinagogale era completato dai tappeti, stesi per
terra e a volte anche appesi alle pareti, da panche e sedie; l'illuminazione era fornita
da candele e dal lume perpetuo (ner tamid) appeso davanti all'aron ha-Kodesh (Assis,
1992).Esempi assai rari di arte g. realizzati nel sec. 13° al Cairo sono le porte di legno
intagliato della sinagoga di Ibn Esra (Gerusalemme, Israel Mus.) e l'aron ha-Kodesh
(New York, Jewish Mus.).L'uso di realizzare manufatti espressamente per una
funzione liturgica fu nel Medioevo limitato unicamente a quegli oggetti la cui forma
differiva da quelli di uso comune. In altre parole, nel cerimoniale domestico e
sinagogale ci si serviva di suppellettili (per es. calici, piatti) di tipologie non
distinguibili da quelle degli oggetti di uso secolare. Di forma particolare e quindi ben
identificabile per il suo riferimento alla liturgia giudaica è la channukkiah, lampada a
olio, a otto beccucci più un nono 'di servizio', che viene accesa durante la festa di
Channukkah per commemorare la vittoria dei Maccabei contro i greco-siriani di
Antioco Epifane nel sec. 2° avanti Cristo. Una delle channukkioth più antiche,
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probabilmente avignonese del sec. 12°, di marmo dei Pirenei, è conservata a Parigi
(Coll. Klagsblad). Un altro esemplare, risalente al sec. 14°, fu trovato negli scavi
dell'antico quartiere ebraico di Lione ed è decorato a traforo con un rosone e una fila
di archetti dal gusto assai simile a quello delle facciate delle cattedrali gotiche (Parigi,
Mus. Nat. du Moyen Age, Thermes de Cluny).Per quanto riguarda l'arte cerimoniale
italiana, non sono stati rinvenuti esemplari sicuramente databili anteriormente al 15°
secolo. Fra i pochissimi oggetti quattrocenteschi si ricordano: l'aron ha-Kodesh
datato 1472 e proveniente da Modena (Parigi, Mus. Nat. du Moyen Age, Thermes de
Cluny); i rimmonim provenienti da Camerata in Sicilia (Palma di Maiorca, cattedrale);
gli etz-haim tardoquattrocenteschi appartenuti a Nataniel Trabot (Ramat Aviv, Coll.
Gross); un indice datato 1488 proveniente da Ferrara (Gerusalemme, Nahon Mus.;
Liscia Bemporad, 1990, p. 101).
floreali intorno a un testo di corpo normale, oppure impiegata per decorare 'a
tappeto' intere pagine. Nelle bibbie askenazite si trovano micrografate anche figure e
intere scene bibliche. Si ricordi infine che la scrittura ebraica, condotta da destra
verso sinistra, influisce sulla costruzione del codice, la cui lettura inizia con la costa
rivolta verso destra.Gran parte dei codici miniati ebraici medievali di area medio-
orientale fu rinvenuta nella seconda metà dell'Ottocento nella gĕnīzāh dell'antica
sinagoga di Ibn Esra ad al-Fūsṭāṭ (Cairo vecchio), una stanza priva di porte, utilizzata
per secoli come vero e proprio sepolcreto di libri consunti. Oltre a manoscritti biblici
miniati furono ritrovati contratti nuziali decorati (ketubbot), e perfino libri di studio
per bambini. I più antichi codici miniati ebraici esistenti datano al sec. 9° e sono
probabilmente originari della Mesopotamia. Da questa scuola sarebbero derivate
quelle palestinese, siriaca ed egiziana. I manoscritti ebraici orientali hanno
decorazioni analoghe a quelle praticate negli stessi ambiti sulle copie del Corano:
intrecci geometrici che si intersecano a girali fogliati e a palmette in modo da
formare decorazioni 'a tappeto', a volte anche con l'aggiunta di micrografie. Nella
Prima Bibbia di San Pietroburgo (Saltykov-Ščedrin, II, 17), proveniente forse
dall'Egitto (929), la decorazione 'a tappeto' di palmette circondate da girali inquadra
una rappresentazione altamente stilizzata del santuario di Gerusalemme
caratterizzato dai sacri arredi: il tutto minuziosamente reso con abbondanza di
dorature. L'oro si alterna a colori più scuri e in moduli decorativi geometrici più
ampi, con micrografie, nella Seconda Bibbia di San Pietroburgo (Saltykov-Ščedrin,
B.19a), anch'essa proveniente dall'Egitto (1008 o 1010). Il sec. 13° si caratterizzò per
i motivi floreali di influenza persiana, ma nel successivo la tradizione ebraica di
decorazione del libro declinò in tutto il Medio Oriente.La tradizione orientale
influenzò le decorazioni bibliche di area ispano-provenzale, che fiorirono
particolarmente nel sec. 12°, per declinare alla fine del Trecento con l'incalzare delle
persecuzioni antiebraiche, sviluppandosi nuovamente nel secolo successivo nella
Spagna occidentale e in Portogallo. Sebbene tutti i manoscritti miniati ebraici
spagnoli rimasti siano stati realizzati nel periodo della conquista cristiana, in essi sono
evidenti i rimandi all'Egitto nelle decorazioni geometriche delle pagine 'a tappeto',
nelle raffigurazioni schematizzate del santuario con le suppellettili sacre e
nell'impiego della micrografia, tanto che si ritiene che questi elementi siano stati
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trasmessi attraverso codici miniati giudaici realizzati nella penisola iberica al tempo
della dominazione musulmana, nessuno dei quali è però giunto fino a oggi: si
vedano, a questo proposito, il Keter di Damasco, decorato a Burgos nel 1260
(Gerusalemme, Hebrew Univ., hebr. 4° 790), e la Bibbia Farhi, scritta e miniata da
Elisha Crescas forse in Provenza dal 1366 al 1382 (Letchworth, Sassoon Coll., 368).
Forte è la caratterizzazione regionale, che si individua in un'accentuazione dei motivi
mudéjares nella Spagna settentrionale e in Provenza; nell'adesione alla tradizione
autoctona spagnola e della Francia settentrionale nei regni di Castiglia e di Catalogna
del sec. 14°; nell'influenza italiana ancora in Catalogna e a Palma di Maiorca. Nelle
pagine 'a tappeto' delle bibbie spagnole venne introdotto per la prima volta il
calendario perpetuo, generalmente di forma circolare, e in qualche caso costruito
come un sistema di dischi mobili.Lo stile delle bibbie decorate giudaico-iberiche è
differente da quello impiegato nello stesso ambito per miniare manoscritti ebraici di
altro soggetto, fra i quali sono particolarmente numerose le Haggādoth, narrazioni
dell'Esodo destinate alla lettura domestica la prima sera della Pasqua ebraica. Uno dei
manoscritti più suggestivi è il Siddur Hamilton del sec. 13° (Berlino, Staatsbibl.,
Hamilton 288), dalle lettere animate con coloriti motivi zoomorfi e testine umane. La
stessa vivacità ritorna un secolo dopo nella Haggādāh Rylands spagnola (Manchester,
John Rylands Lib., hebr. 6) e nel 'fratello' della Haggādāh Rylands (Londra, BL, Or.
1404). Al 1348 risale la Guida dei perplessi (Copenaghen, Kongelige Bibl., Hebr.
XXXVII), copiata da uno scriba ebreo di Barcellona e miniata nella bottega del
Maestro di S. Marco. A questo artista, così chiamato da una delle sue numerose
opere eseguite per committenze chiesastiche, Sed-Rajna (1992) ha attribuito una serie
di codici miniati ebraici dimostrando la stretta connessione nella Spagna trecentesca
fra arte g. e non. Fra i manoscritti miniati realizzati in Aragona nel sec. 14° si
ricordano la Haggādāh d'Oro, del 1320 ca. (Londra, BL, Add. Ms 27210), con forti
componenti del Gotico dell'Ile-de-France e italiane, anche in alcune soluzioni
iconografiche cristianizzanti. Nella 'sorella' della Haggādāh d'Oro (Londra, BL, Or.
2884) l'elemento italiano è accentuato nella profondità spaziale e particolarmente
interessanti, anche per la ricostruzione degli ambienti, sono le scene di riunione in
sinagoga e la cena di Pesaḥ. Ambientazioni analoghe compaiono nella Haggādāh di
Sarajevo (Zemaljski muz. Bosne i Hercegovine), forse il manoscritto miniato
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giudaico più famoso per la varietà dei soggetti e per la loro resa in composizioni
ordinate memori del Gotico italiano e francese. La narrazione della fuga degli Ebrei
dall'Egitto offre pretesti per scene di vita cortese nella Haggādāh di Barcellona
(Londra, BL, Add. Ms 14761) e nella Haggādāh Kaufmann (Budapest, Magyar
Tudományos Akad. Könyvtára, Coll. Kaufmann, A 422).Se la Francia meridionale
appartenne all'area sefardita, nel Nord del paese si stanziarono ebrei askenaziti. Qui
la produzione di manoscritti miniati fu assai importante, benché gli esemplari rimasti
siano pochi, imparentati per stile e iconografia alle miniature giudaiche inglesi e
tedesche. Di pregio straordinario è la miscellanea (Londra, BL, Add. Ms 11639)
comprendente in ca. settecentocinquanta fogli la Bibbia, la Haggādāh e altri testi. Fu
compilata forse a Troyes verso il 1280, con l'intervento di diversi miniatori anche in
anni immediatamente successivi. L'unitarietà dell'opera è tuttavia evidente
nell'eleganza delle figure e nell'accordo tonale azzurro, magenta, oro, campito a
somiglianza di una vetrata gotica.Proviene dalla Germania il primo manoscritto
ebraico europeo giunto fino a oggi, datato al 1233. Si tratta del Commentario del
Rashì (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Hebr. 5) scritto da Salomone di Würzburg,
formato da capitoli le cui parole iniziali sono decorate da miniature illustranti le
scene bibliche cui il testo fa riferimento. Queste scene, rese in uno stile non diverso
nel loro vigore espressivo da quello delle miniature non giudaiche dello stesso
ambito, e memore anche delle vetrate dipinte nei colori campiti in superfici
omogenee e nettamente circondati da linee scure, sono identificabili come ebraiche
solo in quanto i volti umani sono privi di lineamenti. Nelle miniature giudaiche della
Germania meridionale del sec. 13° questa peculiarità è piuttosto frequente, benché
non esclusiva, cosicché i volti vengono nascosti da corone, elmi, fazzoletti o altri
copricapi, o visti da dietro, o anche rappresentati con lineamenti di animali o uccelli.
Tutti questi espedienti compaiono nella Bibbia ambrosiana, realizzata nel 1236-1238
forse a Ulm (Milano, Bibl. Ambrosiana, B.30-32 inf.), e sono attribuiti da Narkiss
(1969) a una sorta di iconofobia che si era sviluppata nella Germania del secolo
precedente in seguito alle predicazioni di un movimento pietistico giudaico, unita a
una propensione da parte del rabbinato a non voler concedere motivi di distrazione
durante la preghiera. Fra gli altri capolavori riferibili alla Germania meridionale si
ricordano la Haggādāh delle teste di uccello (Gerusalemme, Israel Mus., 180/57), la
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Bibbia Schocken (Gerusalemme, Schocken Inst. for Jewish Research of the Jewish
Theological Seminary of America, 14840), il Pentateuco del duca di Sussex (Londra,
BL, Add. Ms 15282), tutti databili intorno al 1300; il Maḥazor Tripartito del 1320 ca.,
che deve il suo nome al fatto che i tre volumi di cui si compone sono divisi fra
Londra (BL, Add. Ms 22413), Oxford (Bodl. Lib., Mich. 619) e Budapest (Magyar
Tudományos Akad. Könyvtára, Coll. Kaufmann, A 384); la Haggādāh di Erna
Michael, del 1400 ca. (Gerusalemme, Israel Mus., 180/58). L'influsso dell'arte
francese è riscontrabile nei manoscritti del basso Reno, come nei quattro grandi
volumi che compongono il Mishnēh Tōrāh Kaufmann (Budapest, Magyar
Tudományos Akad. Könyvtára, Coll. Kaufmann, A 77/I-IV), miniato a Colonia nel
1295-1296 con decorazioni di estrema e misurata eleganza.La molteplicità degli
elementi culturali presenti nel giudaismo italiano, nella sua provenienza da ceppi
autoctoni, sefarditi o askenaziti, e nel loro risiedere in moltissimi centri diversi della
penisola, sta alla base della varietà stilistica e tipologica delle decorazioni. I
manoscritti giudaici per committenza ed esecuzione iniziarono a Roma al principio
del Duecento, con un periodo di massima fioritura fra il 1280 e il 1330 (Nicosia,
1994). Essi sono stati studiati da Mortara Ottolenghi (Manoscritti biblici, 1966;
Mortara Ottolenghi, 1974; 1983) che ne ha sottolineato peculiarità quali la
raffigurazione, singola o ripetuta in serie, dell'arco a tutto sesto poggiante su colonne
- per es. nella Bibbia del vescovo Bedell (Cambridge, Emmanuel College, I, I, 5-7)
scritta e decorata nel 1284 da Abraham bar Yom Tov Cohen - e le tabelle che ornano
i richiami a margine, ornati da motivi vegetali. Motivi antichizzanti ispirati
liberamente alle rovine romane (capitelli, foglie di acanto) si uniscono a un vivace
bestiario medievale con mostri dai colori squillanti. Lo scriptorium giudaico romano
più importante fu quello della famiglia Anav, da cui fu licenziata una ricca
produzione - comprendente anche la citata Bibbia del vescovo Bedell - ora divisa fra
Parma (Bibl. Palatina), Londra (BL) e Roma (BAV; Casanat.). Uno degli ultimi
esemplari di manoscritti realizzati dagli Anav è il Pentateuco di Parma (Bibl. Palatina,
1849), scritto e miniato da Daniel bar Yoab prima del 1366, con una suggestiva
pianta del santuario: in seguito la produzione libraria giudaica, già minata dal rogo del
Talmūd ordinato da papa Giovanni XXII nel 1322, si spense.A Bologna, dove fioriva
una tradizione di copiatura di testi legali, brevi papali e altri documenti simili, si
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sviluppò nella seconda metà del Trecento una scuola di miniatura di testi legislativi
giudaici, particolare per i soggetti rappresentati, nei quali compaiono ladri, giudici e
persone accusate delle colpe più svariate, quale la profanazione del sabato o la
lavorazione di legnami rubati. Fra i più preziosi di questi lavori si ricordano i
Responsa di Rav Isaia da Trani, del 1347 (Londra, BL, Or. 5024), memore della
scuola di Niccolò di Giacomo da Bologna. Il Mishnēh Tōrāh di Gerusalemme
(Hebrew Univ., 4/1193), pur miniato a Perugia nella bottega di Matteo di ser Cambio
intorno al 1400, appartiene allo stesso genere letterario.Alla fine del Trecento risale
un gruppo di manoscritti decorati in stile lombardo e identificabili per lo stemma del
loro committente, il medico Daniel ben Samuel ha-Rofè. Stilisticamente affine è un
altro gruppo di manoscritti databili fra la fine del Trecento e la prima metà del
Quattrocento, legati alla committenza della famiglia Bet-El (chiamata anche Min ha-
Keneset, o De Synagoga) e realizzati in località diverse quali Perugia e Pisa. Nel
corso del sec. 15° la produzione dei libri miniati giudaici avrebbe raggiunto in Italia il
suo massimo livello artistico, soprattutto a Ferrara, Mantova, Firenze e Napoli.
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