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Il nome Patrimonium Sancti Petri indicò inizialmente i beni fondiari della Chiesa, poi, dall’VIII secolo, lo

Stato della Chiesa. All’epoca la Chiesa Romana disponeva non solo di un immenso prestigio spirituale ma
anche di ricchezze fondiarie rilevanti, costituite dalle donazioni offerte “a san Pietro” da fedeli di ogni
condizione sociale ed economica. Queste proprietà erano organizzate in grandi aziende agrarie, ognuna
delle quali, definita patrimonium, costituiva un organismo autonomo, gestito da un rector, alto funzionario
dell’amministrazione centrale pontificia nominato direttamente dal Pontefice.
Il così detto Patrimonium Sancti Petri, esteso nei primi secoli ben oltre l’ambito peninsulare,venne limitato,
nel secolo VII, dopo le conquiste longobarde e le confische bizantine. La Chiesa costituiva così una grande e
complessa struttura, con personale numeroso e vaste proprietà ben prima di assumere la responsabilità del
governo temporale.
Il patrimonio di S. Pietro ebbe origine dalla donazione di terre (Amelia, Orte, Bieda, Bomarzo) fatta dal re
longobardo Liutprando nel 741 a papa Zaccaria, in aggiunta a quella del castello di Sutri nel 728.
La donazione di Sutri (728), la promissio carisiaca (754) e la Constitutio Romana (824) furono le pietre
miliari nella genesi dello Stato Pontificio che da semplice proprietà privata di carattere fondiario della
Chiesa si trasformò in uno degli organismi più influenti e prestigiosi.
La promissio Carisiaca fu un atto sottoscritto dal re dei Franchi Pipino il Breve. Il documento contiene la
promessa di donazione alla sede apostolica di una serie di territori (già appartenuti in passato all’impero
bizantino e ad esso sottratti dai longobardi), per amore di S. Pietro e per ottenere la remissione dei suoi
peccati. Questo atto, elaborato da Pipino e messo in pratica dal figlio di quest’ultimo (Carlo Magno) segnò
la protezione dei Franchi sulla Santa Sede, segnando la fine del regno longobardo. Dalla promissio
spettavano al Patrimonio di S. Pietro tutte le città della pianura cispadana da Parma a Rimini, con l’aggiunta
di Mantova.
Per rafforzare il peso dello Stato Pontificio, nella seconda metà del VIII secolo, venne compilato un falso
documento, il Constitutum Constantini, con il quale, per secoli, la Chiesa di Roma aveva fondato la
legittimazione del proprio potere temporale in Occidente. Con tale documento si attribuiva infatti
all’imperatore Costantino la decisione di donare a Papa Silvestro I i domini dell’impero romano d’occidente.
In realtà, è opinione diffusa che il documento sia stato redatto per legittimare le “usurpazioni” dei papi in
Italia centrale. La donazione di Costantino è un documento apocrifo (documento non autentico che
pretendere di essere ciò che non è) conservato in copia nei Decretali dello Pseudo-Isidoro (IX secolo) e, per
interpolazione filologica, nel Decretum Gratiani del giurista Graziano (XII secolo). Il filologo italiano Lorenzo
Valla nel 1440 dimostrò in modo inequivocabile che il testo era scritto con un latino non riconducibile al IV
secolo, bensì molto più recente. Facendo ciò Valla dimostrò che si trattava di un documento falso.
A partire dal secolo VIII la “repubblica di S. Pietro non è solo lo “Stato dei Papi” ma anche un’entità politica
autonoma.
Ponendo l’attenzione sui concetti di “potere temporale” e “Stato Pontificio”, possiamo dire, prendendo
inizialmente in considerazione il secondo, che lo Stato Pontificio nacque da una base costituita dalla
sovrapposizione del Patrimonio di S. Pietro sul ducatus bizantino. Alla metà dell’VIII secolo il duca come
funzionario bizantino cessava di esistere e alla sua autorità si sostituì quella del papa e dell’aristocrazia
senatoria romana.
Prendendo invece in considerazione l’espressione “potere temporale”, si è soliti usarla in riferimento al
periodo storico in cui il Papa, oltre ad essere sommo pontefice della Chiesa cattolica è stato anche sovrano
dello Stato Pontificio (752-1870).
All’inizio del XIII secolo la Santa Sede esercitava un’effettiva sovranità solamente sul territorio laziale. Con
Innocenzo III (1196-1216), che riuscì a farsi riconoscere tutto il patrimonio da Ottone IV, lo Stato Pontificio
cominciò a uscire dal Ducato romano per assumere una fisionomia interregionale. Il suo pontificato fu
caratterizzato dal recupero del Patrimonio di S. Pietro. Qui il Patrimonio di S. Pietro divenne una delle
quattro province istituite da Innocenzo III come ripartizione dello Stato ecclesiastico, governata da un
funzionario di nomina papale, il rettore.
La provincia del patrimonio fu confermata nelle Costituzioni egidiane del 1357, emanate dal cardinale
Egidio Albornoz, il quale, dopo il periodo della “cattività avignonese”, che portò i papi da Roma ad
Avignone, si sforzò di restaurare l’autorità papale ma per fare ciò era necessario il ritorno dei papi a Roma
in modo tale che si potesse attuare una politica di recupero dell’antico patrimonio.

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