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“If I had a hammer” versione originale in forma di ballad di Pete Seeger con
le diverse interpretazioni di Pete Paul & Mary, di Trini Lopez con il suo ritmo
surf, un ritmo dichiaratamente caraibico da non confondersi con la musica
dei Beach Boys,e dei Les Surf, i fratellini del Madagascar.
Dall’impostazione base come canzone di protesta del folk song, “se avessi
un martello scaccerei l’inimicizia, se avessi una campana suonerebbe per la
fratellanza”, quindi una canzone politica, si arriva alla versione di Rita Pavone
su testo di Sergio Bardotti. Non rimane quasi nulla nella versione italiana che
riconduce tutta la rabbia dentro il piccolo mondo delle feste danzanti e delle
ragazzine che si litigano il moroso, ma che rappresenta comunque la
rivoluzione di una generazio0ne, una ribellione a mamma e papà che in quel
periodo, pre 68, era una vera e propria rivoluzione. Una canzone edulcorata e
ben vestita ma che comunque cela il suo messaggio per chi lo vuole o riesce
a vederlo: “Un colpo sulla testa A chi non è dei nostri E così la nostra festa
Più bella sarà. Saremo noi soli E saremo tutti amici…”, richiamando così, alla
fratellanza e all’unione!
Un testo che, nonostante la sua semplicità, non risulta essere affatto banale.
Days of Pearly Spencer "(o nei successivi" The Days of Pearly Spencer ") è
una canzone del 1967 scritta e originariamente eseguita dal cantautore
nordirlandese David McWilliams. Sebbene fosse presente in diversi paesi
dell'Europa continentale, la versione originale non era un successo
discografico nel Regno Unito o in Irlanda. Nel 1992, una versione cover del
cantante pop inglese Marc Almond raggiunse il numero 4 nella classifica
britannica dei singoli e fatto anche il numero 8 in Irlanda.
Alcune voci di McWilliams sono state registrate usando una linea telefonica
da una cabina telefonica vicino allo studio, generando un effetto a bassa
tecnologia, e dando alla canzone un "strano" coro chiamato "in coro".
I looked for the meadows, there wasn’t Ho cercato i prati, non ve n’era traccia
a trace
six lanes of highway had taken their Li ha sostituiti un’autostrada a sei
place corsie
where were the lilacs and all that they Dove c’erano i lillà e tutto ciò che
meant significavano
nothing but acres of tar and cement. Non ci sono che ettari di catrame e
cemento
Di Daniele Pace sono anche i testi di “Night in white satin” dei Moody
Blues, diventata “Ho difeso il mio amore” x i Nomadi e “Un po’ d’amore”
per Dalida, entrambi banalotti, non all’altezza del testo originale con le sue
visioni oniriche.
Alla Caselli è anche affidata la versione di “Ain’t no sunshine” di Bill Whiters
diventata “Com’è buia la città”, nel quale l’incipit “I know I know…” viene
adattato con “Oh no oh no…”, una scelta molto probabilmente dettata dalla
volontà di rispettare il suono dei versi originali che in quel punto sono molto
caratteristici.
Sempre della Caselli “Tutto nero”, la versione italiana di “Paint it black” dei
Rolling Stones. Questa idea del nero era molto radicata nella cultura
dell’Inghilterra elisabettiana e anche di Epoca Stuart, evocato nel famoso
sonetto 127 di Shakespeare, quello in cui arriva la “dark lady”, la “dama nera,
tenebrosa”, sonetto che rappresenta una lode al nero, con tutta la sua
concettosità (sono neri perché piangono il lutto per la perdita della bellezza
bionda…). Questa dama tenebrosa pare essere una musicista italiana, tale
Emilia Bassano, la cui conferma si trova nel sonetto 128.
Quindi, quello che a noi sembra scuro e tenebroso, nella cultura inglese
assume tutt’altro tono.
Quello che caratterizza questo testo è proprio questa concettosità
shakespeariana, però in modo contrario, “dipingo tutto nero” perché vedo le
cose in negativo.