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Corso di

Scenografo

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Modulo
Linguaggi
Audiovisivi
Docente: Mario Tirino

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Lezione 3
Dall'inquadratura fissa
all'inquadratura in
movimento

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3.1 Collegare le inquadrature
Per comprendere la
sequenza delle
inquadrature ci sono
due elementi
essenziali:
● la dimensione
dell'inquadratura;
● l'angolazione della
mdp

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1 La dimensione dell'inquadratura
● Immaginate l'effetto
percettivo generale delle
sequenze, pensando a come
apparirebbero complete di
suoni e musiche
● Osservate la variazione di
velocità e accelerazione in
ciascuna versione

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1.1 La dimensione dell'inquadratura. Esempio 1
● Sequenza 1-3. Cambiamento limitato tra i fotogrammi 1 e 2,
mentre la casa balza potentemente avanti nel fot. 3

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1.2 La dimensione dell'inquadratura. Esempio 2
● Sequenza 4-6. Aumenta la dinamicità della sequenza, per
effetto dell'aumento di dimensione della casa nel fot. 6

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1.3 La dimensione dell'inquadratura. Esempio 3
● Sequenza 1-3. Inserimento nel fot. 3 di un'inquadratura
ravvicinata

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1.4 La dimensione dell'inquadratura. Esempio 4
● Sequenza 4-6. Notevole cambiamento di dimensione nel fot.
6 con inserimento di dettaglio della porta, che aumenta
l'informazione per lo spettatore con il cartello ''For Sale“

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1.5 La dimensione dell'inquadratura. Esempio 5
● Sequenza 1-3. Semplice cambiamento di dimensione
dell'inquadratura, a partire da un campo lungo dall'alto

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1.6 La dimensione dell'inquadratura. Esempio 6
● Sequenza 4-6. Tra i fotogrammi 4 e 6 viene inserito un
movimento di rotazione nell'angolazione della mdp, senza
cambiare la dimensione dell'inquadratura

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1.7 La dimensione dell'inquadratura. Esempio 7
● Sequenza 7-9. Variazione della dimensione e
dell'angolazione della mdp, avvicinandosi con un
movimento circolare

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1.8 La dimensione dell'inquadratura. Esempio 8
● Sequenza 10-12. Triplice movimento: partendo da campo lungo
dall'alto con angolazione trasversale (inq. 10), avvicinamento
(campo totale, inq. 11) con ulteriore variazione dell'angolazione
e infine movimento circolare (inq. 12)

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3.1 Collegare le inquadrature
3.1.1.9 La dimensione dell'inquadratura. Esempio 9
● Sequenza 1 – 3. Si parte da un'inquadratura ravvicinata (inq. 1),
passando a un campo totale (inq. 2) per chiudere con un campo
angolare lunghissimo dall'alto (inq. 3). Questa sequenza dimostra la
capacità di velocizzazione del montaggo prodotta da una semplice
variazione d'angolazione

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3.2 Le sequenze di dialogo
● Obiettivi delle sequenze di dialogo:
- narrare una relazione umana credibile;
- presentarla efficacemente allo spettatore
● Difficoltà della messa in scena:
- prevedere nello spazio tridimensionale ciò che apparirà nello spazio
bidimensionale dello schermo
- valutare l'effetto spaziale di una sequenza, determinato dalla
composizione variabile dell'immagine filmata quando mdp e soggetto
sono in movimento

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3.2 Le sequenze di dialogo
3.2.1 Modi di costruzione della scena
Nello stile classico hollywoodiano si usavano 5 modalità di
costruzione della scena:
● mettere in scena attori fermi;
● mettere in scena attori in movimento;
● usare la profondità di campo;
● mettere in scena il movimento della Mdp;
● mettere in scena nello stesso tempo il movimento della
mdp e degli attori insieme

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3.2 Le sequenze di dialogo
3.2.2 Frontalita'
• E' la posizione in cui i soggetti di un quadro tendono ad
essere rivolti verso la mdp
• Convenzione base dell'arte occidentale
• Nelle conversazioni la maggior parte delle scene prevedono
inquadrature frontali
• Se entrambi gli attori sono in posizione frontale, il dialogo
può essere ripreso con un'inquadratura unica, detta
inquadratura master
• Se invece due o più attori si trovano in angolazioni diverse, è
necessario montare insieme punti di vista multipli della mdp

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3.2 Le sequenze di dialogo
3.2.3 Piano sequenza
● Se l'inq. master è in movimento, la
mdp si muove con dolly, gru e carrelli
per tutto il corso della scena,
ottenendo molte angolazioni che in
una sequenza montata si sarebbero
ottenute con inquadrature individuali.
Questa tecnica è nota come piano
sequenza
● V. es. tratto da Contact (1997) di
Robert Zemeckis (clicca su locandina
per accedere al filmato)

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3.2 Le sequenze di dialogo
3.2.4 Il controcampo
● Soluzione di montaggio composta da primi (o
primissimi) piani alternati
● Tipica dello stile hollywoodiano
● Consente di osservare la reazione del soggetto al
dialogo
● Il punto di vista può variare all'interno della scena
● L'incontro della linea visiva dei due dialoganti
stabilisce un senso di unità spaziale
● V. es. tratto da Heat – La sfida (1995) di Michael
Mann (clicca sul poster per vedere il filmato)

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3.2 Le sequenze di dialogo
3.2.5 Linea visiva e contatto visivo
● Più vicina alla mdp è la linea visiva, più
intimo sarà il contatto visivo stabilito
dall'attore con lo spettatore
● Solo raramente l'attore guarda
direttamente in macchina, stabilendo
un rapporto intimo con il pubblico
(metacinema) (v. sequenza tratta da
L'odio (1995) di M. Kassovitz: clicca
sull'immagine a lato per vederla)
● Nelle scene di dialogo, è più frequente
che le linee visive degli attori puntino
leggermente a destra o a sinistra della
mdp

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.1 Conoscenze preliminari. Modelli e posizioni
Esistono due categorie di disposizione dell'attore sulla scena:
● Modelli: rappresentano la disposizione più semplice degli
attori secondo la linea d'azione. Esistono tre modelli – ''A'', ''I''
e ''L'' -, così denominati dalle lettere cui somigliano se visti
dall'alto. I modelli A e L necessitano di tre soggetti, il modello I
di due
● Posizione: si riferiscono alla direzione verso cui si rivolgono i
soggetti di un modello. Per ciascun modello esistono numerose
posizioni.

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.2 Posizione uno. Faccia a faccia
• E' la posizione più semplice di due soggetti che conversano: essere
faccia a faccia, con le spalle parallele
• La mdp è di solito posizionata per controcampi di quinta, sebbene
siano possibili anche primi piani di profilo

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.3 Posizione due. Controcampo dal basso
• Noto anche come ''inquadratura da dietro i fianchi''
• Si tratta di posizioni basse e dinamiche, che mettono i soggetti in una
situazione conflittuale

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.4 Posizione due. Spalla a spalla
Questo posizionamento frontale offre più opzioni di molti altri, perché
gli attori possono essere visti di fronte o di profilo nella stessa
inquadratura

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.5 Posizione tre
● I soggetti sono disposti ad un'angolazione di 90 gradi
● Compromesso tra disposizione a spalle parallele (posizione uno) e la
disposizione spalla a spalla (posizione due)
● Rappresenta un'inquadratura master se non si utilizzano primi piani o
controcampi

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.6 Posizione quattro
● Assenza di contatto visivo tra gli attori
● Lo spettatore è in una posizione privilegiata rispetto a uno dei due personaggi,
perché possiamo osservare le reazioni dell'altro

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.7 Posizione cinque
● Serve a creare
tensione e
isolamento,
per effetto
dell'ambiente
circostante
aperto
● I soggetti sono
disposti
nell'ambiente
aperto ad
angolazioni
variabili, mai
equilibrate o
speculari

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.8 Posizione sei
● Mantiene l'effetto del contatto visivo
● E' chiara e collegata all'inquadratura due ''spalla a spalla''
● Una messa in scena in profondità ci incoraggia a identificarci con l'attore in
primo piano

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.9 Posizione sette
● Nessun contatto visivo tra i due soggetti, perché guardano entrambi fuori
campo, in direzioni diverse
● Attenzione divisa tra chi è in primo piano e chi in secondo piano
● Atmosfera serena e rilassata

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.10 Posizione otto
● Il rapporto tra i soggetti è descritto con un'inquadratura angolare,
ma l'attore in secondo piano distoglie lo sguardo dall'altro attore
● Di norma, chi domina l'inquadratura è il soggetto di cui si vedono
meglio gli occhi

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.11 Posizione nove
● In questa messa in scena gli attori sono in completa opposizione
● Posizione tipica della commedia musicale e del thriller

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3.3 Messa in scena del dialogo a due soggetti
3.3.12 Posizione dieci
Gli attori sono posizionati ad altezze diverse

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3.4 Messa in scena del dialogo a tre soggetti
3.4.1.1 Modello A. Versione uno / 1
● Il fot.1 è l'unica combinazione di disposizione e messa in scena che consente di
visualizzare tutti e tre gli attori chiaramente
● Nei fot. 2-5 inq. singole dopo il master d'apertura, con l'effetto di frammentare lo
spazio e non farci vedere insieme il soggetto che parla e le reazioni dei due che lo
ascoltano

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3.4 Messa in scena del dialogo a tre soggetti
3.4.1.2 Modello A. Versione uno / 2
Nei fot. 6 – 11, inquadrature di quinta danno uniformità allo spazio:
dopo il master, l'intera scena può essere girata con inquadrature di
quinta, usando inq. a due o a tre per variare il ritmo

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3.4 Messa in scena del dialogo a tre soggetti
3.4.2 Modello A. Versione due
● La messa in scena, in questa versione, prevede il posizionamento di
figure opposte, come durante un'intervista

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3.4 Messa in scena del dialogo a tre soggetti
3.4.3 Modello A. Versione tre
● In questa versione del modello A, si assiste a un confronto tra spazio sovrapposto
e spazio discontinuo
● Il fot. 10 è un'inq. di quinta e include una parte dell'uomo dell'inq. precedente
(spazio sovrapposto), mentre il fot. 12 non include alcuno spazio dell'inq.
precedente e pertanto si dice discontinua

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3.4 Messa in scena del dialogo a tre soggetti
3.4.4 Modello L. Versione uno
● Dall'inq. angolare
del fot. 1, si passa
all'inq. dal basso di
quinta nel fot. 2.
Poi passiamo a due
primi piani. Notare
il ritmo che si crea
in 4 fotogrammi
con la variazione
di dimensione
dell'inq. e di
angolazione della
mdp

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3.4 Messa in scena del dialogo a tre soggetti
3.4.5 Modello L. Versione due
● Apertura con inq. a due: di solito nel modello a L, si raggruppano due attori
sul lato lungo della L
● Il modello L si usa quasi sempre con attori seduti o in piedi, quando uno
dei tre si rivolge agli altri due

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3.4 Messa in scena del dialogo a tre soggetti
3.4.6 Modello I
● Il modello I può organizzare una messa in scena complessa, con
inquadrature di profondità, ma più spesso si usano inquadrature di
quinta, a due e primi piani, come soluzioni più appropriate per
riprendere l'azione

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3.5 Messa in scena in movimento
Nella messa in scena dei dialoghi esistono 3
strategie:
● la mdp si muove intorno ad attori che rimangono
in posizione fissa;
● gli attori si muovono all'interno dello spazio
inquadrato dalla mdp;
● La mdp può muoversi in continuità e fluidità con
carrelli, gru e steadycam

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3.5 Messa in scena in movimento
3.5.1 Modi di costruzione della scena
Progettare la coregrafia
degli attori consiste nel
collegare diversi
modelli e posizioni, in
modo che punti di vista
separati siano collegati
dalla messa in scena in
un'unica inquadratura

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3.5 Messa in scena in movimento
3.5.1.1 Modi di costruzione della scena. Esempio uno
● Sequenza a due posizioni
usando il movimento della
mdp e riposizionando il
soggetto nell'inquadratura
● In questo caso spostiamo la
mdp di mezzo metro avanti,
mentre la ragazza con il
cappello si avvicina all'altro
lato della ragazza seduta
● Questo movimento, in cui un
soggetto si muove in
direzione opposta a quella
della mdp, si chiama
contromovimento

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3.5 Messa in scena in movimento
3.5.1.2.1 Modi di costruzione della scena. Esempio due/1
● Nel fot. 1 la ragazza
si rifiuta di dare
ascolto al suo
ragazzo; lui si muove
in avanti per sedersi
sul lato opposto del
tavolo nel fot. 2
● Il disegno mostra il
movimento che la
mdp deve compiere
per adattarsi alla
nuova messa in
scena

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3.5 Messa in scena in movimento
3.5.1.2.2 Modi di costruzione della scena. Esempio due/2
● Nel fot. 3 il ragazzo, frustrato, si alza e si allontana di alcuni passi, continuando a
parlare alla ragazza
● Fot.4: il ragazzo dopo un po' torna al tavolo e tenta con foga di suscitare qualche
reazione nella ragazza

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3.5 Messa in scena in movimento
3.5.2 Azione e reazione
● Due tipi di inq. per la conversazione: azione e reazione
● Molte informazioni si ricavano dalle reazioni di chi ascolta: ne deriva che non è
necessario inquadrare sempre chi parla
● Nella coreografia seg., l'uomo in secondo piano cammina attorno al personaggio
principale. La mdp si avvicina per inquadrare da vicino il soggetto in primo piano, in
modo da poter vedere le reazioni al lungo discorso pronunciato dall'attore in secondo
piano mentre, camminandogli intorno, esce dallo schermo
● La reazione può concentrarsi anche solo su un particolare: es.dita che si muovono
nervosamente

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3.5 Messa in scena in movimento
3.5.3 Spostare il centro di interesse
• La mdp che segue un soggetto
• presentato come centro di interesse
può spostarsi intorno ad altri attori:
così facendo il soggetto ci dirige verso
le loro reazioni
• Un esempio estremo di questa
strategia è la sequenza del sergente
Hartman che addestra le reclute in
Full Metal Jacket (1987) di Stanley
Kubrick (clicca sulla locandina per
visionarla)

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3.5 Messa in scena in movimento
3.5.4 Mancanza di direzione
● Non è sempre necessario enfatizzare tutte
• le battute di un dialogo
● Il film è uno strumento espressivo così
diretto che talvolta è opportuno
nascondere alcuni momenti narrativi per
enfatizzarne altri
● Questo significa che si può disporre un po'
di azione sullo sfondo anche se è una
parte importante della narrazione (v. es.
tratto da Orizzonti di gloria, 1957, di
Stanley Kubrick: clicca sul poster per
accedere alla sequenza)

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3.6 Profondita' di campo
3.6.1 Il cerchio d'azione
• Il cerchio d'azione per qualsiasi scena è determinato dalla dimensione e dalla forma
dello spazio coperto dall'azione
• Lo spazio davanti alla mdp ha dei limiti all'interno dei quali è circoscritta l'azione della
scena
• Per organizzare lo spazio scenico divideremo l'area di azione in tre segmenti:
- primo piano, immediatamente davanti alla lente;
- piano intermedio;
- sfondo
• L'azione di una scena ha punti drammaturgicamente più significativi di altri.
Decidendo dove piazzare la mdp in una scena e quali punti privilegiare, il regista
controlla:
- il punto di vista;
- l'identificazione dello spettatore;
- la direzione emotiva della scena

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3.6 Profondita' di campo
3.6.2.1 Messa in scena con profondita' di campo / 1
● Un uomo cammina da una cabina telefonica alla sua macchina.
• Supponiamo che l'azione sarà ripresa con un'unica inq. (master)

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3.6 Profondita' di campo
3.6.2.2 Messa in scena con profondita' di campo / 2
● Nella fig. di seguito vediamo tutti i
posizionamenti della mdp
• all'interno e all'esterno del cerchio
d'azione
● La forma d'azione è determinata
dallo spazio coperto dall'attore
mentre cammina
● Le posizioni A, B, C (interno azione)
per coprire l'intero movimento
dell'attore devono far compiere alla
mdp una panoramica
● Per le posizioni D, E, F (esterno
azione) basta una leggera
panoramica

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3.6 Profondita' di campo
3.6.2.3 Messa in scena con profondita' di campo / 3
● Le posizioni all'interno del cerchio d'azione (A, B, C) accentuano l'identificazione dello
spettatore con il personaggio
● Se l'attore è filmato da una mdp da una delle posizioni A, B, C le sue dimensioni
all'interno dell'inq. variano considerevolmente
● Le posizioni all'esterno del cerchio (D, E, F) mantengono un punto di vista stretto e
fermo, funzionale a un'osservazione distanziata
● Quando viene filmato dall'esterno dell'azione, l'attore mantiene le stesse dimensioni
all'interno dell'intera inquadratura

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3.6 Profondita' di campo
3.6.3 Lo scopo del cerchio d'azione
● Determinare le soluzioni più semplici per posizionare la mdp
e gli attori in un determinato contesto
● In questo modo, il regista può individuare nuovi modi di
progettazione di una scena

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3.6 Profondita' di campo
3.6.4 In interni
● Ci sono tre punti in cui
posizionare una mdp in
una stanza: primo piano,
piano intermedio e
secondo piano
● Visione dall'alto di una
stanza con una mdp (A)
vicina alla porta; una al
centro della stanza (B) e la
terza (la C) vicino al muro
opposto. Se un attore
entra nella stanza la scelta
della posizione della mdp
determina se si avvicina (B
o C) o si allontana (A)

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3.6 Profondita' di campo
3.6.5 Gli scopi
● Può eliminare il montaggio, in quanto permette al regista di comporre i
soggetti e il loro movimento all'interno di una singola inquadratura
● Consente di enfatizzare selettivamente gli elementi drammaturgici. La
profondità dipende infatti dall'uso delle proporzioni, che creano opposizioni
all'interno dell'inquadratura in grado di stabilire differenziazioni tra gli
attori normalmente ottenute col montaggio. Illuminazione, profondità di
campo e contesto narrativo possono spostare l'attenzione dagli attori vicini
a quelli lontani. Con la messa in scena in movimento si può accentuare
quest'effetto di enfatizzazione, scambiando di posizione attori vicini e
lontani
● Collega idee attraverso lo spazio. Per esempio, un orologio in dettaglio può
ricordarci che all'anziano protagonista non resta molto da vivere

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3.6 Profondita' di campo
3.6.6 Profondita' di fuoco
● La messa in scena di profondità
permette al primo piano o allo
sfondo di essere leggermente fuori
fuoco
● In altri casi, si può spostare l'area di
fuoco da un soggetto lontano a uno
vicino (escamotage tipico della
fotografia nei film di Orson Welles)
● In entrambi i casi un utilizzo
simbolico della profondità di
campo è associato a una variazione
della profondità di fuoco

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3.7 Angolazioni della mdp
3.7.1 Posizionamento dello spettatore
● Nei film lo spettatore vede sempre
attraverso l'occhio della mdp
● Quando la mdp compie un
movimento (panoramica, carrellata,
dolly, gru, ecc.) anche lo spettatore
sperimenta la sensazione del
movimento: gli psicologi chiamano
questa sensazione transfert
● V. es. tratto da Elephant (2003) di
Gus Van Sant (clicca su immagine
per accedere alla sequenza girata in
steadycam)

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3.7 Angolazioni della mdp
3.7.2.1 La prospettiva. Lineare
● Le regole della prospettiva
lineare (utilizzate dal
Rinascimento in poi)
consentono ad illustratori e
registi di pensare differenti
angolazioni della mdp per la
stessa scena
● Grazie ai software basati sul
modello CAD è possibile oggi
variare la prospettiva in una
scenografia in maniera
automatica

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3.7 Angolazioni della mdp
3.7.2.2.1 La prospettiva. Sequenziale/1
● Quando si posizionano due
inquadrature una affianco
all'altro si produce, per chi
guarda, un'esperienza
dello spazio del tutto
nuova, definita
prospettiva sequenziale
● Questo tipo di coreografia
coinvolge lo spettatore
all'interno dello spazio
rappresentato nel film

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3.7 Angolazioni della mdp
3.7.2.2.2 La prospettiva. Sequenziale/2
● Iniziamo con un esempio di prospettiva lineare a 1, 2 e 3 punti

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3.7 Angolazioni della mdp
3.7.2.2.3 La prospettiva. Sequenziale / 3
Adesso consideriamo quattro versioni di prospettiva sequenziale in uno storyboard.
● L'azione è: un uomo arriva in macchina al negozio per cercare un telefono pubblico; si
dirige verso la porta, ma poi si accorge che c'è una cabina telefonica di fianco al
negozio; cammina verso la cabina e fa una telefonata
● Versione 1. Inq. all'altezza degli occhi. L'inq. 1 di apertura rinforza l'effetto visivo
della strada in lontananza con la presenza degli edifici. Le vedute ad altezza degli occhi
tendono ad essere equilibrate e contrastano le composizioni dinamiche

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3.7 Angolazioni della mdp
3.7.2.2.4 La prospettiva. Sequenziale/4
● Versione 2. Inq. dall'alto 1. Queste 3 inq. si succedono con ritmo fluido. La profondità
aumenta progressivamente, le inq. diventano man mano più strette dalla 1 alla 3

● Versione 3. Inq. dall'alto 2. Questa serie di inq. non è progressiva, in quanto la veduta
angolare in un'inq. è in contrasto con la veduta angolare dell'inq. successiva. Il contrasto è
particolarmente marcato tra le inq. 2 e 3

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3.7 Angolazioni della mdp
3.7.2.2.4 La prospettiva. Sequenziale/4
● Versione 2. Inq. dall'alto 1. Queste 3 inq. si succedono con ritmo fluido. La profondità
aumenta progressivamente, le inq. diventano man mano più strette dalla 1 alla 3

● Versione 3. Inq. dall'alto 2. Questa serie di inq. non è progressiva, in quanto la veduta
angolare in un'inq. è in contrasto con la veduta angolare dell'inq. successiva. Il contrasto è
particolarmente marcato tra le inq. 2 e 3

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3.7 Angolazioni della mdp
3.7.3 Lo spazio
● Per sperimentare nuove angolazioni della mdp
l'illustratore di storyboard inizia a disegnare una
scena senza soggetto
● Anche se, in una fase successiva, il soggetto sarà il
centro di interesse della scena, questa tecnica
consente di provare varie soluzioni per
l'angolazione della mdp

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3.7 Angolazioni della mdp
3.7.4 La scena d'azione
● Una situazione narrativa che consente un'ampia variazione delle angolazioni della
mdp è la scena d'azione. V. esempio seguente:

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3.8 Inquadratura aperta e chiusa
3.8.1 Definizioni
● Nell'inquadratura aperta molti degli elementi in campo sono
fuori dal controllo del regista
● Ottenuta spesso disponendo la mdp fuori dal cerchio d'azione
● Tipica dei documentari
● Molti soggetti possono essere tagliati dai bordi dell'inq. o
coperti da altri soggetti e/o elementi in primo piano
● L'inquadratura chiusa è un tipo di composizione in cui ciascun
elemento e/o soggetto è accuratamente disposto in modo da
ottenere chiarezza ed equilibrio visivo
● Sottolinea la messa in scena

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3.8 Inquadratura aperta e chiusa
3.8.2 La distanza estetica
● Indica il grado con cui un'opera d'arte manipola il
suo spettatore
● Tutte le comunicazioni prevedono un certo grado
di manipolazione: nel caso specifico del cinema, la
dimensione dell'inq., dai piani ai campi, implica un
determinato rapporto psicologico tra lo
spettatore e i soggetti della storia

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3.8 Inquadratura aperta e chiusa
3.8.3.1 Livelli di intimita'. Situazione tipo
● Vediamo alcuni esempi di come la dimensione e l'angolazione
dell'inq. influenzano il livello di coinvolgimento dello
spettatore con lo spazio e i soggetti in campo
● Situazione: un uomo e una donna sono a letto. L'uomo ha
passato la notte con la donna dopo averla conosciuta la sera
prima. Sa che lei rimpiange di averlo invitato nel suo
appartamento e ora, con la luce del mattino che entra nella
stanza, entrambi sono restii ad affrontare le aspettative che
ciascuno ha nei confronti dell'altro
● La scena è ripresa dal punto di vista dell'uomo

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3.8 Inquadratura aperta e chiusa
3.8.3.2 Livelli di intimita'. Esempio 1
Inquadratura aperta (versione uno)
● Il regista effettua l'inq. dal lato del letto dell'uomo
● Posiziona la mdp in basso, in modo da vedere più facilmente l'uomo che la
donna e quindi identificarci con lui

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3.8 Inquadratura aperta e chiusa
3.8.3.3 Livelli di intimita'. Esempio 2
Inquadratura aperta (versione due)
● Il regista passa a una inq. della donna di quinta
● I fot. 2 e 3 enfatizzano prima l'uno e poi l'altro, utilizzando la profondità di fuoco.
Anche se si pensa che il centro dell'interesse dello spettatore sia il soggetto
messo a fuoco, non sempre è così

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3.8 Inquadratura aperta e chiusa
3.8.3.4 Livelli di intimita'. Esempio 3
Inquadratura chiusa (versione uno)
● L'inq. 1 è simmetrica e statica: permette di entrare nell'azione in maniera neutra
● Per mostrare maggiori dettagli, si passa alla inq. 2 che consente di vedere meglio la
coppia, ma limita il livello di intimità, posizionando la mdp al di fuori e al di sopra del
cerchio d'azione
● L'inq. 3 è più larga, ma ancora distante

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3.8 Inquadratura aperta e chiusa
3.8.3.5 Livelli di intimita'. Esempio 4
Inquadratura chiusa (versione due)
● Il regista, mantenendo la distanza emotiva, stacca sul lato del letto dell'uomo (inq. 1) o
della donna (inq. 3), a seconda del soggetto di cui si ascoltano i pensieri
● Approccio molto stilizzato: evita l'identificazione con uno dei due personaggi

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3.8 Inquadratura aperta e chiusa
3.8.4 Stratagemmi di inquadratura
● Sono usati soprattutto per aumentare il senso di profondità
● Es.. Nei due fot. successivi, la porta aperta diventa una sorta di cornice interna
all'inq.

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3.9 Punto di vista
3.9.1 Definizione
● Se le tecniche di composizione (dimensione e
angolazione dell'inq.) determinano il livello di
coinvolgimento, il punto di vista stabilisce con chi
si identifica lo spettatore
● Ogni inq. esprime un punto di vista, che può
coincidere con uno dei personaggi o essere
''invisibile''

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3.9 Punto di vista
3.9.2 Tre tipi di narrazione
● Punto di vista in prima persona: vediamo gli eventi attraverso gli
occhi di un personaggio. Un uso eccessivo restituisce solo il p.d.v.
''visivo'' del personaggio, ma non ci consente di cogliere le sue
reazioni attraverso gesti ed espressioni facciali
● Punto di vista ristretto in terza persona: presenta l'azione attraverso
gli occhi di un osservatore ideale. E' lo stile narrativo più comune nel
cinema hollywoodiano classico, combinato con punti di vista
soggettivi e onniscienti
● Punto di vista onnisciente: quando lo spettatore conosce i pensieri
dei personaggi. Ciò richiede una narrazione con voce fuori campo.
Raramente è utilizzata a lungo, perché ritenuta poco
cinematografica

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3.9 Punto di vista
3.9.3 Livelli di identificazione
● Ci sono vari livelli di identificazione per ogni inq. In linea di massima, più la linea visiva
di un attore in primo piano è vicina alla mdp, maggiore è l'identificazione dello
spettatore
● Es. Dopo l'inq. 1 (un uomo guarda una donna seduta in macchina affianco a lui) abbiamo
due possibili controcampi. Nell'inq. 2, attraverso uno stacco sullo sguardo, abbiamo la
soggettiva dell'uomo: un primo piano della donna che egli sta guardando. L'inq. 3 è
ottenuta con un'angolatura di 45 gradi rispetto alla linea visiva della donna: in questo
caso,l'inq. comprende oltre al primo piano della donna, una porzione della nuca
dell'uomo. Si tratta chiaramente di un punto di vista ristretto in terza persona, che non
favorisce l'identificazione con alcun personaggio

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3.9 Punto di vista
3.9.4 Controllo visivo e controllo narrativo
● Ci sono due modi per indirizzare il coinvolgimento
dello spettatore:
- il controllo visivo: opera attraverso la
composizione e la messa in scena;
- il controllo narrativo: usa varie strategie, in
primis il montaggio

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3.9 Punto di vista
3.9.4.1 Controllo narrativo del punto di vista. Esempio uno/1
● La prima sequenza utilizza una classica struttura soggettiva: nel fot. 1 una donna
osserva qualcosa fuori schermo; nel fot. 2 vediamo l'oggetto della sua attenzione; il
fot. 3 stabilisce la relazione spaziale tra i soggetti, tramite un'inq. a due
● In questa sequenza ci identifichiamo con la donna per due motivi:
a) è lei che ci accompagna nella scena;
b) nel fot. 3 l'inq. favorisce la sua linea visiva

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3.9 Punto di vista
3.9.4.2.1 Controllo narrativo del punto di vista. Esempio due/2

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3.9 Punto di vista
3.9.4.2.2 Controllo narrativo del punto di vista. Esempio due/2
● Vediamo cosa succede se facciamo iniziare la precedente sequenza con l'uomo. Lo scopo è
capire se questo cambiamento stabilisce la nostra identificazione con lui anziché con la
donna
● Calcoliamo il tempo delle inq., in modo che quelle con l'uomo durino di più di quelle con la
donna (fot. 2 e 3)
● Di solito ci si identifica con chi è sullo schermo per più tempo, ma qui entra in gioco anche un
altro elemento: mentre la donna sta guardando l'uomo, lo sguardo di questi è rivolto verso
un'attività fuori campo
● Qualunque inq. suggerisca i pensieri di un soggetto favorisce l'identificazione con lui: le inq.
degli occhi e i primi piani in generale rientrano in questa categoria
● Così l'inq. da sopra i fianchi della donna (fot. 3) non intensifica lo stacco sullo sguardo del fot.
2, in quanto non ci mostra la testa della donna
● In conclusione, sul piano visivo, il punto di vista è prioritariamente quello della donna, che
nell'inq.2 stabilisce la sua linea visiva; sul piano del contesto narrativo, però, il primo piano
dell'uomo che apre la sequenza (fot. 1) favorisce un'identificazione dello spettatore con i suoi
pensieri

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