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Anno XXXVI, n.

2 BIBLIOTECA DI RIVISTA DI STUDI ITALIANI Agosto 2018


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© 1983 Rivista di Studi Italiani
ISSN 1916-5412 Rivista di Studi Italiani
(Toronto, Canada: in versione cartacea fino al 2004, online dal 2005)

PREMESSA

DANIELA BOMBARA
Università di Messina

D i che cosa era fatto il suono che veniva dalle profondità del
cunicolo? Che cosa significava il terribile suono? In quel coro
sconnesso e folle pareva ogni tanto di distinguere grida e parole
umane fittissime. […] O era il ruggito delle macchine, o il singulto delle
macchine, o il lamento e il miserere delle vecchie accidentate intossicate
macchine dell’uomo? […] Il cunicolo terminava, dopo una ventina di
metri, ai piedi di una stretta scala; e lassù c’era l’Inferno. […] Di là dal
cancelletto passavano sagome di uomini e di donne, tutti camminavano
in fretta, ne vedevo soltanto la parte superiore, le spalle, le teste.
Dall’alto non veniva frastuono di traffico ma un ininterrotto brusio, o
meglio un sommesso rombo, con dentro, sparsi qua e là, piccoli colpi di
clacson. […] Che strano Inferno, era gente come voi come me, avevano
in apparenza la medesima compattezza corporea, i medesimi vestiti che
si vedono da noi tutti i giorni. (Buzzati 119)

Fra il 24 aprile e il 16 giugno del 1964 Dino Buzzati pubblica a puntate sul
Corriere della Sera Viaggio agli inferni del secolo dove il mondo sotterraneo e
demonico, al quale stranamente si accede dalla metropolitana di Milano, è
specchio della caotica e confusa realtà di superficie, ossessionata dai miti della
modernità, che i recessi inferi buzzatiani svelano come falsi ed illusori:
tecnologia, consumismo, successo economico. La percezione del fondo, del
basso, come segno del vero che si cela dietro le apparenze, si situa nella cultura
europea alla fine di un percorso complesso che all’origine si presenta
assolutamente difforme.
Si consideri infatti che il primo significativo sottosuolo dell’immaginario
occidentale, in relazione sinergica con la realtà dell’esperienza quotidiana, è
certamente la caverna platonica descritta nel libro settimo de La Repubblica,
mondo fittizio che i sensi ottusi dell’uomo percepiscono come autentico;
prigione dell’intelletto, dalla quale solo la sapienza del filosofo può liberare
l’individuo. L’età moderna sembra invece invertire di segno il pensiero di
Platone e configurare i luoghi occulti, nascosti, profondi – che siano
geograficamente determinati o zone periferiche e inaccessibili della mente, o
ancora del corpo sociale – come siti che accolgono la vita autentica, per quanto
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squallida, dolorosa, opprimente; il mondo di sopra sarebbe invece uno spazio


destinato al traviamento della percezione e della coscienza.
Il buio, l’orrore, l’angoscia, ma anche la profonda bellezza dell’universo
ctonio, consentono alla vista e alla mente dell’uomo, fin dal viaggio
nell’oltretomba dantesco – altro snodo fondamentale nelle raffigurazioni
letterarie del sotterraneo –, di acquisire una maggiore acutezza; l’esperienza
nelle bassure infernali si trasforma in ermeneutica del mondo di superficie. La
scoperta freudiana dell’inconscio aggiunge un importante tassello alla
configurazione dell’esperienza del profondo, che diventa forma privilegiata di
conoscenza del sé. È quindi possibile affermare, seguendo Remo Cantoni nella
sua esegesi delle Memorie del sottosuolo dostoevskijane, che l’uomo autentico
dell’età contemporanea è proprio colui che sceglie di vivere sotto la superficie,
evitando il contatto con gli altri e rifugiandosi nella solitudine. Egli acquista in
tal modo, afferma il critico, la

coscienza di una disarmonia radicale tra ciò che è intimo e informe e ciò
che ha smercio sociale, e questa disarmonia alimenta una perpetua e
morbosa irritabilità, un costante senso di risentimento e di irrequietezza.
Nel sottosuolo v’è il gusto della propria libera abiezione, perché è la
sfera premorale in cui l’uomo non accetta nulla di obiettivo e di valido,
la sfera prelogica dell’antinomia, della contraddizione non risolta e non
inquadrata in nessuna legge, dell’ambivalenza, della incandescenza non
ancora cristallizzata in una forma. […] Il sottosuolo è l’assenza di ogni
legge e convenienza imposta dalla società o dal prossimo o perfino da
quei vincoli interiori che spesso la personalità si crea; è l’irrazionale,
l’informe con tutta la sua caotica, incontrollata, cinica, risentita
spontaneità. (Cantoni in Sini 24-25)

In questa prospettiva le rappresentazioni del sotto, dell’infimo, di ciò che è


normalmente celato alla vista, possono essere considerate icone della modernità,
della libertà come rifiuto di regole inessenziali, di una profondità non solo
topologica ma del pensiero. Parlare del sottosuolo vuol dire sviluppare un
“peculiare metodo e strumento di conoscenza” (Sini 22) che ambisce ad andare
oltre la liscia superficie del reale; esaminare le raffigurazioni culturali del
nascosto, di bassifondi, inferni, ma anche di forme di marginalità, povertà,
degrado, degli aspetti sotterranei della psiche, significa indagare le motivazioni
profonde della scrittura, che risulta talvolta tanto più efficace ed incisiva quanto
più coglie aspetti periferici, deviati, non immediatamente percepibili del reale.
Un obiettivo ambizioso, al quale cercano di dare concretezza l’insieme dei
saggi contenuti in questo numero monografico; il primo nucleo si è originato in
occasione del convegno AATI di Palermo nel 2016, quando le Tematiche del
sottosuolo sono state proposte all’attenzione degli studiosi; ad esso si sono
aggregati in seguito diversi altri contributi.
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PREMESSA

Il volume si apre nel segno di Leopardi: Paola Nigro (Personaggi del


sottosuolo nelle Operette morali di Giacomo Leopardi) rintraccia nell’opera
leopardiana uno specifico “sguardo verso il basso”, che determina uno scenario
abitato da gnomi, mummie, diavoli, infine dalla Morte in persona. Esseri
antichi, favolosi o magici a cui pertiene una dimensione sub- e sovra- umana,
altri rispetto all’individuo, ed in grado, proprio per la loro assoluta distanza
dalla razza umana, di individuarne la condizione di estrema souffrance, e
stigmatizzare l’insensatezza ed il vuoto dell’esistenza.
Se la riflessione leopardiana aspira ad una validità universale, più
circoscritti appaiono due sottosuoli siciliani, profondamente radicati nella realtà
sociale e geografica in cui vivono ed operano i loro autori: Trapani per
Giuseppe Marco Calvino, e Catania per Domenico Tempio. Il primo, di cui mi
occupo nel secondo capitolo, (Sottosuoli dell’emarginazione sociale e del
desiderio nella produzione di Giuseppe Marco Calvino) mette in scena, con la
raccolta Poesie scherzevoli, composta all’inizio dell’800 ma pubblicata quasi
un secolo dopo, gli ‘attori’ di un sottobosco sociale squallido ma vitale; la
miseria di mendicanti, pescatori, prostitute, è riscattata dalla forza del desiderio,
da una carnalità esperita con pienezza, al di fuori di ogni morale. Dietro gli
eccessi orgiastici della sensualità calviniana s’intravede il sogno utopico di una
società più giusta, libera e democratica: il sottosuolo dell’istinto e della
sessualità diventa allora prefigurazione di un mondo diverso e migliore,
sottratto al dominio dei potenti e al moralismo degli ipocriti.
Catania, alla fine del ’700, vive nel poema tempiano La Carestia l’alternarsi
di Bene e Male tra basso e alto del contesto urbano, come evidenzia il
contributo di Chiel Monzone (Il ‘sottosuolo’ ne La Carestia di Domenico
Tempio); si tratta di un mondo sotterraneo attraversato da tensioni opposte tra
miseria della gente comune e strapotere padronale. Le disparità sociali ed
economiche si incarnano in figure allegoriche che esprimono condizioni,
sentimenti, valori, alternativi a quelli proposti dalle forme di governo, in
un’“opera caleidoscopica che procede lungo la vita del poeta come un treno sui
binari”. (Finocchiaro 23)
Ancora una città, la Milano di Paolo Valera analizzata da Elvira Ghirlanda
(Milano sconosciuta di Paolo Valera: le cicatrici stilistiche di un conflitto
sociale), mostra il suo lato nascosto – vizio, malaffare, sporcizia, corruzione –
in un testo fra narrazione e reportage, che vuole distruggere il mito borghese
della ‘capitale morale’, e ribaltare il consueto sistema di valori, fornendo a ladri,
pederasti, contrabbandieri, emarginati a vario titolo, uno status etico e,
soprattutto, cittadinanza letteraria.
Catania, Milano – anche quella buzzatiana, che cela nei recessi di Ade le
forme inquietanti del capitalismo e dell’arrivismo più sfrenato –, ma soprattutto
Napoli, città/Aleph, i cui anfratti, grotte, fondachi, vicoli, ipogei, sembrano
contenere ogni aspetto dell’umanità, dal sublime all’infimo; Carmela Lucia, in
Metafore dello sguardo e semiosi dello spazio ctonio a Napoli: da Strabone a
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DANIELA BOMBARA

Virgilio agli scrittori contemporanei, negli ipogei e nei fondachi della città,
traccia un elegante percorso fra le rappresentazioni della Napoli sotterranea,
dalla classicità ai nostri giorni, prendendo le mosse da Strabone per giungere a
Pasolini, La Capria, fino ai drammaturghi contemporanei. Da Les Mystères de
Paris (1842/1843) di Eugène Sue la città affascina infatti come luogo della
contraddizione, talvolta dell’ossimoro: il paesaggio urbano da metà Ottocento
concentra ed esprime il massimo grado di civiltà ma al tempo stesso l’indicibile
bassezza, la massima deviazione alla legge, l’infrangersi della morale, poiché
raccoglie nel suo interno masse di diseredati, emarginati, ribelli. Al tempo
stesso la città infernale, in un’ottica ribaltata, appare l’autentico nucleo
cittadino, espressione del dolore, delle esigenze, dell’essenza reale e vitale dei
suoi abitanti.
Zona dinamica di opposte tensioni, la realtà urbana, e nello specifico
partenopea, diventa anche luogo scenico nella sua dimensione sotterranea;
Armando Rotondi (Memorie dal sottosuolo: Monaciello di Andy Arnold e
Megan Barker tra site-specific theatre, artialization, letteratura e storia)
prende in analisi l’opera Monaciello di Andy Arnold e Megan Barker (2009)
come esempio di site-specific theatre, da rappresentarsi in luoghi strettamente
connessi al contenuto ed ai modi del testo teatrale. Lo spettacolo, ambientato
durante la Seconda Guerra Mondiale, si svolge nel sottosuolo di Napoli:
Rotondi sottolinea l’aspetto emozionale e non documentale del lavoro, che
intende immergere lo spettatore in una realtà claustrofobica, a volte orrorifica,
di emarginazione, terrore, assoluta miseria.
Uno scorcio della città, il quartiere Monte di Dio, è descritto in Tufo di Erri
De Luca (1999), del quale si fornisce uno stralcio: elemento del sottosuolo è in
primo luogo la polvere gialla che avvolge il racconto dell’infanzia dell’autore,
anch’esso sotterraneo, perché affiorante dalla memoria. Infine la stessa vicenda
editoriale del racconto, illustrata da Vincenzo Salerno nel suo contributo (Tufo.
Le pagine di polvere gialla) si presenta materica e collegata al terreno da cui la
vicenda prende le mosse, per la copertina di stracci impastati a terra gialla e
carta, o il patchwork realizzato utilizzando i resti delle precedenti edizioni.
Infine Napoli è città verticalizzata di salite/discese che collegano il Mondo
di sopra ad un sottosuolo labirintico, origine e fulcro di attività malavitose nel
contributo di Enrico Bernard (Puntillo abitante del sottosuolo napoletano
in Era l’anno del sole quieto di Bernari), che esamina il romanzo bernariano;
gli abissi e meandri inferi del complesso urbano raccolgono gli scarti del livello
superiore e ne pianificano la corruzione avviando, fra l’altro, distruttivi processi
di speculazione edilizia. Come avviene in altre raffigurazioni di sottosuoli
cittadini Sopra e sotto si amalgamano in unità, disturbante ma rivelatrice della
sostanziale identità fra i due piani del reale.
Anche il mondo contadino ha il suo sottosuolo, legato ad arcaici rituali che
inseriscono la tragica esperienza del dolore e della finis vitae in un ciclo di
dissoluzione/rinascita: Elisabetta Convento (Il mondo sommerso e salvifico di
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PREMESSA

Un altare per la madre) analizza il romanzo di Ferdinando Camon, ambientato


nella misteriosa campagna veneta: l’altare che il protagonista innalza alla
moglie defunta è emblema dell’amore che fronteggia e risolve la morte, ma
anche della persistenza del materno, della cultura orale, del dialetto come
strumento di comunicazione, in una società che sembra negare e respingere nel
sottosuolo dell’esperienza queste forme di elaborazione e trasmissione culturale.
Il padre del romanzo di Camon, novello Orfeo, tenta di ricondurre dagli
Inferi non solo la propria donna ma tutto un mondo in progressivo disfacimento;
il mito antico a cui la vicenda allude esprime l’esigenza dell’uomo di trovare
elementi di continuità nel cambiamento, collegando vita e morte, superficie e
fondo dell’esperienza umana. Il contributo di Roberto Russi, Alle soglie
d’Averno: la discesa agli Inferi nella Fabula di Orfeo di Poliziano e
nell’Euridice di Rinuccini, prende in considerazione le prime versioni letterarie
di area italiana della nota vicenda mitologica: La fabula di Orfeo (1479 ca),
favola pastorale di Angelo Poliziano e l’Euridice (1600), opera in musica di
Ottavio Rinuccini. Entrambi i testi, osserva Russi, inscenano in primo luogo il
nucleo semantico del racconto classico, quindi il fascino potente della musica e
della creazione poetica, insieme alla forza del sentimento amoroso; ma
altrettanto importante appare la rappresentazione del regno dei morti, evocato
simbolicamente da Poliziano, raffigurato con maggiore enfasi in Rinuccini,
come immagine del potere, in un complesso gioco di rispecchiamenti con le
forme di governo dell’epoca.
Ma torniamo ai riti delle comunità contadine, officiati al di fuori della
cultura urbana, ed estranei ad ogni forma di capitalismo e consumismo. Nel
contributo di Giovanna Paradiso, Sottosuoli sociali e religiosi: i Riti Settennali
di Guardia Sanframondi, si prendono in esame forme rituali di un paesino del
Sannio, espressione di credenze sotterranee, sedimentate nella tradizione
culturale del popolo; esse riaffiorano per esprimere, incarnare, ma al tempo
stesso preservare, ricostituendone l’identità, il sottosuolo sociale delle fasce più
povere della società. Il sangue dei flagellanti, che affiora dalla pelle, rinsalda i
valori della comunità che in questo sacrificio si riconosce.
Spettacolo e ritualità, attraverso il linguaggio del corpo, della danza, ed
anche delle forme arcaiche di sciamanismo, si incontrano nel teatro di Pippo
Delbono, analizzato da Stefania La Vaccara (Metafore aeree e metafore ctonie
nel teatro di Pippo Delbono): il drammaturgo mette in scena personaggi esclusi
dal contesto sociale, che attraverso la pratica teatrale valorizzano l’unicità della
propria esperienza, per quanto negativa e deviata, trasformandola in bellezza
ed armonia.
Lo ‘sguardo verso il basso’ non si dirige più quindi verso figure del
fantastico, non attraversa Inferni immaginari, ma si rivolge all’interno del sé, si
addentra nelle profondità del dolore e del desiderio. Lo scavo psicologico può
avvenire anche rivolgendosi a luoghi distanti, esotici, nei quali riscoprire il
proprio mondo interiore. È questo il caso dell’Oriente, nello specifico
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dell’India, descritta da tre grandi scrittori italiani, Moravia, Pasolini, Tabucchi,


autori rispettivamente di Un’idea dell’India (1962), L’odore dell’India (1961)
e Notturno indiano (1994); tre viaggi in luoghi geografici e nell’immaginario,
confrontati da Moonjung Park nel suo saggio Diversi sguardi del sottosuolo
verso l’India: Pasolini, Moravia e Tabucchi.
I tredici saggi che si è cercato di illustrare in queste pagine introduttive certo
non esauriscono un tema potenzialmente infinito, come lo è il sottosuolo, luogo
reale e virtuale, che sia inferno, inconscio, immagine ribaltata di noi stessi. La
Voragine, testo teatrale di Enrico Bernard che conclude il volume, è discarica
del mondo di superficie, terreno di incontro/scontro fra dominatori e dominati,
sito che rivela sentimenti e relazioni, anche solo mostrandone l’inconsistenza e
l’insensatezza.
Sopra e sotto-suolo si incontrano e a volte sembrano coincidere, come due
metà di un insieme; la riflessione sull’immaginario letterario del sotterraneo,
di cui nel volume presentato si danno alcuni esempi e si mostrano possibili linee
di ricerca, in primo luogo tende a evidenziare i profondi legami fra alto e basso,
superficie e fondo dell’esistenza. L’inversione è sempre possibile, a volte
necessaria, ed allora il sottosuolo diventa, come in alcuni dei testi e saggi
presentati, più significativo ed autentico del sopra che lo nasconde e riveste.
Come le due facce della Bersabea calviniana, la celeste e la sotterranea: solo
erroneamente si crede, racconta Calvino, che quest’ultima sia un ammasso di
sporcizia, vizi e rifiuti di ogni genere, mentre la prima sarebbe pura e perfetta.
Al contrario la città del sottosuolo è sfarzosa e progettata nel modo più accurato,
ma appare futile, priva di scopo: “Intenta ad accumulare i suoi carati di
perfezione, Bersabea crede virtù ciò che è ormai un cupo invasamento a
riempire il vaso vuoto di se stessa” (Calvino 118). La positività e la bellezza
della celeste consiste invece nell’accettare e valorizzare lo scarto, il marginale,
ciò che è stato abbandonato e buttato via. I due aspetti di Bersabea invitano ad
acquisire uno sguardo duplice ed una visione complessa del reale, che
compenetri luce e ombra – anche junghiana –, superficie e abisso.
“A volte entrare significa uscire”, suggerisce Alice, bimba imprigionata ne
La casa nera (1991) di Wes Craven, al protagonista Grullo, conducendolo in un
interno labirintico di orrori che riecheggia la miseria e disperazione del Mondo
di fuori: addentrarsi nel sottosuolo permette di sfuggire all’oscurità e di
acquisire gli strumenti per fronteggiare i propri e altrui mostri, tramite una
comprensione piena e profonda di ciò che ci circonda.

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PREMESSA

BIBLIOGRAFIA

Buzzati, Dino. Cronache nere, a cura di Oreste del Buono, Milano: Theoria,
1984.
Calvino, Italo. Le città invisibili, Torino: Einaudi, 1972.
Cantoni, Remo. Crisi dell’uomo. Il pensiero di Dostoevskij, Milano: Il
Saggiatore, 1975.
Finocchiaro, Marzia. Un paradigma intellettuale. La vita e la voce di Domenico
Tempio (1750-1821), Acireale-Roma: Bonanno Editore, 2013.
Sini, Carlo. “L’interpretazione di Dostoevskij nel pensiero di Remo Cantoni”,
Problemi attuali di critica dostoevskiana, Atti del convegno tenuto a
Milano il 14 e 15 maggio 1982, Milano: Istituto lombardo di scienze e lettere,
1984, pp. 15-29.

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