PREMESSA
DANIELA BOMBARA
Università di Messina
D i che cosa era fatto il suono che veniva dalle profondità del
cunicolo? Che cosa significava il terribile suono? In quel coro
sconnesso e folle pareva ogni tanto di distinguere grida e parole
umane fittissime. […] O era il ruggito delle macchine, o il singulto delle
macchine, o il lamento e il miserere delle vecchie accidentate intossicate
macchine dell’uomo? […] Il cunicolo terminava, dopo una ventina di
metri, ai piedi di una stretta scala; e lassù c’era l’Inferno. […] Di là dal
cancelletto passavano sagome di uomini e di donne, tutti camminavano
in fretta, ne vedevo soltanto la parte superiore, le spalle, le teste.
Dall’alto non veniva frastuono di traffico ma un ininterrotto brusio, o
meglio un sommesso rombo, con dentro, sparsi qua e là, piccoli colpi di
clacson. […] Che strano Inferno, era gente come voi come me, avevano
in apparenza la medesima compattezza corporea, i medesimi vestiti che
si vedono da noi tutti i giorni. (Buzzati 119)
Fra il 24 aprile e il 16 giugno del 1964 Dino Buzzati pubblica a puntate sul
Corriere della Sera Viaggio agli inferni del secolo dove il mondo sotterraneo e
demonico, al quale stranamente si accede dalla metropolitana di Milano, è
specchio della caotica e confusa realtà di superficie, ossessionata dai miti della
modernità, che i recessi inferi buzzatiani svelano come falsi ed illusori:
tecnologia, consumismo, successo economico. La percezione del fondo, del
basso, come segno del vero che si cela dietro le apparenze, si situa nella cultura
europea alla fine di un percorso complesso che all’origine si presenta
assolutamente difforme.
Si consideri infatti che il primo significativo sottosuolo dell’immaginario
occidentale, in relazione sinergica con la realtà dell’esperienza quotidiana, è
certamente la caverna platonica descritta nel libro settimo de La Repubblica,
mondo fittizio che i sensi ottusi dell’uomo percepiscono come autentico;
prigione dell’intelletto, dalla quale solo la sapienza del filosofo può liberare
l’individuo. L’età moderna sembra invece invertire di segno il pensiero di
Platone e configurare i luoghi occulti, nascosti, profondi – che siano
geograficamente determinati o zone periferiche e inaccessibili della mente, o
ancora del corpo sociale – come siti che accolgono la vita autentica, per quanto
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coscienza di una disarmonia radicale tra ciò che è intimo e informe e ciò
che ha smercio sociale, e questa disarmonia alimenta una perpetua e
morbosa irritabilità, un costante senso di risentimento e di irrequietezza.
Nel sottosuolo v’è il gusto della propria libera abiezione, perché è la
sfera premorale in cui l’uomo non accetta nulla di obiettivo e di valido,
la sfera prelogica dell’antinomia, della contraddizione non risolta e non
inquadrata in nessuna legge, dell’ambivalenza, della incandescenza non
ancora cristallizzata in una forma. […] Il sottosuolo è l’assenza di ogni
legge e convenienza imposta dalla società o dal prossimo o perfino da
quei vincoli interiori che spesso la personalità si crea; è l’irrazionale,
l’informe con tutta la sua caotica, incontrollata, cinica, risentita
spontaneità. (Cantoni in Sini 24-25)
Virgilio agli scrittori contemporanei, negli ipogei e nei fondachi della città,
traccia un elegante percorso fra le rappresentazioni della Napoli sotterranea,
dalla classicità ai nostri giorni, prendendo le mosse da Strabone per giungere a
Pasolini, La Capria, fino ai drammaturghi contemporanei. Da Les Mystères de
Paris (1842/1843) di Eugène Sue la città affascina infatti come luogo della
contraddizione, talvolta dell’ossimoro: il paesaggio urbano da metà Ottocento
concentra ed esprime il massimo grado di civiltà ma al tempo stesso l’indicibile
bassezza, la massima deviazione alla legge, l’infrangersi della morale, poiché
raccoglie nel suo interno masse di diseredati, emarginati, ribelli. Al tempo
stesso la città infernale, in un’ottica ribaltata, appare l’autentico nucleo
cittadino, espressione del dolore, delle esigenze, dell’essenza reale e vitale dei
suoi abitanti.
Zona dinamica di opposte tensioni, la realtà urbana, e nello specifico
partenopea, diventa anche luogo scenico nella sua dimensione sotterranea;
Armando Rotondi (Memorie dal sottosuolo: Monaciello di Andy Arnold e
Megan Barker tra site-specific theatre, artialization, letteratura e storia)
prende in analisi l’opera Monaciello di Andy Arnold e Megan Barker (2009)
come esempio di site-specific theatre, da rappresentarsi in luoghi strettamente
connessi al contenuto ed ai modi del testo teatrale. Lo spettacolo, ambientato
durante la Seconda Guerra Mondiale, si svolge nel sottosuolo di Napoli:
Rotondi sottolinea l’aspetto emozionale e non documentale del lavoro, che
intende immergere lo spettatore in una realtà claustrofobica, a volte orrorifica,
di emarginazione, terrore, assoluta miseria.
Uno scorcio della città, il quartiere Monte di Dio, è descritto in Tufo di Erri
De Luca (1999), del quale si fornisce uno stralcio: elemento del sottosuolo è in
primo luogo la polvere gialla che avvolge il racconto dell’infanzia dell’autore,
anch’esso sotterraneo, perché affiorante dalla memoria. Infine la stessa vicenda
editoriale del racconto, illustrata da Vincenzo Salerno nel suo contributo (Tufo.
Le pagine di polvere gialla) si presenta materica e collegata al terreno da cui la
vicenda prende le mosse, per la copertina di stracci impastati a terra gialla e
carta, o il patchwork realizzato utilizzando i resti delle precedenti edizioni.
Infine Napoli è città verticalizzata di salite/discese che collegano il Mondo
di sopra ad un sottosuolo labirintico, origine e fulcro di attività malavitose nel
contributo di Enrico Bernard (Puntillo abitante del sottosuolo napoletano
in Era l’anno del sole quieto di Bernari), che esamina il romanzo bernariano;
gli abissi e meandri inferi del complesso urbano raccolgono gli scarti del livello
superiore e ne pianificano la corruzione avviando, fra l’altro, distruttivi processi
di speculazione edilizia. Come avviene in altre raffigurazioni di sottosuoli
cittadini Sopra e sotto si amalgamano in unità, disturbante ma rivelatrice della
sostanziale identità fra i due piani del reale.
Anche il mondo contadino ha il suo sottosuolo, legato ad arcaici rituali che
inseriscono la tragica esperienza del dolore e della finis vitae in un ciclo di
dissoluzione/rinascita: Elisabetta Convento (Il mondo sommerso e salvifico di
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BIBLIOGRAFIA
Buzzati, Dino. Cronache nere, a cura di Oreste del Buono, Milano: Theoria,
1984.
Calvino, Italo. Le città invisibili, Torino: Einaudi, 1972.
Cantoni, Remo. Crisi dell’uomo. Il pensiero di Dostoevskij, Milano: Il
Saggiatore, 1975.
Finocchiaro, Marzia. Un paradigma intellettuale. La vita e la voce di Domenico
Tempio (1750-1821), Acireale-Roma: Bonanno Editore, 2013.
Sini, Carlo. “L’interpretazione di Dostoevskij nel pensiero di Remo Cantoni”,
Problemi attuali di critica dostoevskiana, Atti del convegno tenuto a
Milano il 14 e 15 maggio 1982, Milano: Istituto lombardo di scienze e lettere,
1984, pp. 15-29.