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CARATTERI GENERALI
PROCEDIMENTO.
Contraddittorio.
I controinteressati entro 60 giorni dalla notifica possono depositare le loro deduzioni o
documenti, ovvero proporre ricorso incidentale; possono infine richiedere, con atto
notificato al ricorrente e all’organo che ha emanato l’atto impugnato, che il ricorso sia
deciso in sede giurisdizionale.
Fase cautelare.
A richiesta del ricorrente e in presenza di danni gravi ed irreparabili può essere disposta
la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, con atto motivato del Ministero
competente su parere conforme del Consiglio di Stato.
Decisione.
Il ricorso straordinario viene infine deciso con Decreto del Presidente della Repubblica,
su proposta del Ministro competente in base al parere del Consiglio di Stato; qualora il
ministro intenda proporre una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato, deve
sottoporre l’affare alla deliberazione del Consiglio dei Ministri.
L’amministrazione è tenuta a dare piena esecuzione alla decisione del ricorso
straordinario.
Il “giudizio” si svolge in un unico grado, per effetto del solo intervento “consultivo”
(benché avente natura sostanzialmente decisoria) del Consiglio di Stato. Non vi è,
dunque, possibilità di impugnazione, tranne che per errores in procedendo, ossia per
errori procedurali indipendenti dal merito del giudizio (precisamente, per vizi di forma o
di procedimento propri del d.P.R.: art. 10, comma 3), ovvero per revocazione, ex art. 395,
c.p.c. (art. 15, D.P.R. n. 1199/1971).
Istruttoria condotta dal Ministro competente ratione materiae.
Riguardo all’atto di opposizione che gli stessi controinteressati possono proporre, invece,
il Consiglio di Stato ha affermato che la notificazione dell’atto di opposizione rende il
ricorso straordinario non più procedibile, dal momento che ogni ulteriore questione, ivi
compresa l’ammissibilità dell’istanza di trasposizione del giudizio dinanzi al giudice
amministrativo, non può più essere oggetto di valutazione in tale sede, essendo rimessa
alla potestà decisoria dell’organo giudicante cui è devoluto l’affare. Ne consegue che, una
volta effettuata la trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in
sede giurisdizionale, la riattivazione del procedimento giustiziale amministrativo può
avvenire (ai sensi dell’art. 10, comma 2 del d.P.R. n. 1199 del 1971) solo per iniziativa
del giudice innanzi a cui il ricorso straordinario è stato trasposto, ove questo rilevi
l’inammissibilità dello stesso in sede giurisdizionale ma la possibilità della sua decisione
in sede straordinaria (così sez. I, 8 marzo 2010, n. 03511/2008).
Il ricorso straordinario viene istruito dal Ministero competente ratione materiae, anche
nell’ipotesi in cui ad essere impugnato è, ad esempio, un atto di un ente locale (art. 11,
comma 1, D.P.R. n. 1199/1971). Tanto è vero che i ricorsi con i quali si impugnano atti di
enti pubblici in materie per le quali manchi uno specifico collegamento con le
competenze di un determinato Ministero devono essere presentati alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri che ne cura la relativa istruttoria (art. 11, comma 3, D.P.R. n.
1199/1971).
Successivamente all’istruttoria, il ricorso viene trasmesso al Consiglio di Stato affinchè
questo renda il parere sulla base del quale, poi, il Presidente della Repubblica emanerà il
proprio decreto decisorio della controversia (art. 11, D.P.R. n. 1199/1971).
Grazie alla modifica operata dall’articolo 69, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n.
69, il vigente art. 13, comma 1, D.P.R. n. 1199/1971,ha statuito che se la sezione
consultiva cui è assegnato il ricorso straordinario “ritiene che il ricorso non possa essere
deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale
che non risulti manifestamente infondata, sospende l’espressione del parere e, riferendo i
termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l’immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale”, nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi
indicati.
Nello stesso senso depone un’altra storica modifica introdotta dalla stessa legge n.
69/2009: la soppressione del potere del Ministero competente, prima riconosciuto
dall’art. 14, D.P.R. n. 1199/1971, “di proporre una decisione difforme dal parere del
Consiglio di Stato”, sottoponendo “l’affare alla deliberazione del Consiglio dei Ministri”.
Diversamente, ove il Ministro competente per l’istruttoria del ricorso non intendeva
proporre al Consiglio dei Ministri una decisione difforme dal parere del Consiglio di
Stato, la decisione del Capo dello Stato sul ricorso doveva essere conforme al parere
stesso.
Al contrario, grazie all’art. 69, comma 2, legge n. 69/2009, la vigente versione dell’art.
14, D.P.R. n. 1199/1971, stabilisce che la decisione del ricorso straordinario è adottata
con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero competente,
“conforme al parere del Consiglio di Stato”.
Di tal guisa, il parere del Consiglio di Stato aggiunge al proprio tradizionale carattere
“obbligatorio” la “vincolatività” rispetto alla decisione finale del ricorso.
I decreti decisori dei ricorsi straordinari del Presidente della Repubblica non sono
impugnabili alla stregua di comuni atti amministrativi (cioè in quanto D.P.R.) né
tantomeno sono impugnabili alla stregua dei comuni provvedimenti giurisdizionali di
primo grado (quali sentenze del T.a.r.).
Anche il regime dell’impugnazione, dunque, riflette la particolare natura del
procedimento decisorio del ricorso straordinario.
Limitati e tipizzati sono le forme di impugnazione, le cui preclusioni si ricollegano al
principio dell’alternatività rispetto al ricorso giurisdizionale.
In primo luogo, l’art. 15, D.P.R. n. 1199/1971 prevede che “i decreti del Presidente
della Repubblica che decidono i ricorsi straordinari possono essere impugnati per
revocazione nei casi previsti dall’art. 395 del codice di procedura civile”.
In secondo luogo, indipendentemente dalla revocazione del D.P.R., il provvedimento
del Capo dello Stato è sempre impugnabile dinanzi al TAR, ma solo “per vizi di forma o
di procedimento propri del medesimo”, ex art. 10, comma 3, D.P.R. n. 1199/1971 (c.d.
errores in procedendo).