Sei sulla pagina 1di 13

8. - Operativa.

Questo spazio mentale che corrisponde esattamente al corpo, io lo posso registrare


come sommatoria delle sensazioni cenestesiche.

Questo "secondo corpo" è un corpo di sensazione, di memoria e di immaginazione.


Non ha esistenza in sé, benché in occasioni alcuni abbiano preteso di attribuirgli un’entità
separata dal corpo. È un "corpo" che si forma per sommatoria delle sensazioni che
provengono dal corpo fisico; ma, a seconda che l'energia della rappresentazione vada ad
un punto od un altro in questo spazio, si attiverà una parte del corpo od un'altra. In questo
modo, se un'immagine si concentra in un livello dello spazio di rappresentazione, più
interno o esterno, ad un'altezza o ad un'altra, si metteranno in moto i centri opportuni,
mobilitando energia verso il punto corporale corrispondente.

Queste immagini sorgono, per esempio, in risposta ad una determinata tensione


corporale ed allora noi andremmo a cercare la tensione nel corpo, nel punto che
corrisponda.

Ma cosa succede quando non c'è una particolare tensione nel corpo e, tuttavia, sullo
schermo di rappresentazione appare un fenomeno di allegorizzazione? Può darsi che non
ci sia una tensione nel corpo. Ma può darsi che un segnale partito da memoria agisca su
coscienza, e che li, in coscienza, baleni come immagine, rivelando che l'impulso da
memoria ha influito in qualche parte del corpo. E in quel momento si è prodotta una
contrazione ed essa ha lanciato l'impulso che, registrato in coscienza, apparve sullo
schermo come allegorizzazione e ciò ci fa capire che il fenomeno sta inviando il suo
segnale da un qualche punto del corpo. Il fenomeno che ha fatto partire il segnale
appartiene al passato, non è presente; non c'è una tensione permanente. Tuttavia questa
tensione -che non è una tensione in sé, ma è un impulso inciso in memoria- mette sì in
moto una tensione vera e propria col registro cenestésico corrispondente e dopo finisce
per apparire come immagine. Se nel sistema di registro viene evocato un determinato
"bit", un determinato segnale, e questo segnale viene lanciato al meccanismo di
coscienza, potranno apparire concomitantemente fenomeni di contrazione del corpo, o
fenomeni irritanti del corpo.

Sto cercando di individuare fenomeni che non esistono attualmente. Fenomeni che
posso registrare nel mio proprio corpo nella misura in cui vengono evocati, ma che non
esistono costantemente nel corpo, bensì esistono in memoria e, una volta evocati, si
esprimono nel corpo. Quindi, lo spazio di rappresentazione agisce da intermediario tra
certi meccanismi ed altri perché è conformato dalla la sommatoria delle sensazioni
cenestesiche. In esso si manifestano fenomeni trasformati di sensazioni esterne od interne
ed in esso si esprimono fenomeni prodotti molto tempo fa e che sono localizzati in
memoria. In questo spazio appaiono anche fenomeni che non esistono in quel momento
nel corpo, ma che essendo il prodotto del lavoro immaginario dello stesso coordinatore,
finiscono con l’agire sul corpo.

È opportuno ora, fare una revisione delle attività che si orientano verso la modificazione
di certi comportamenti psichici.

L'insieme di tecniche che chiamiamo "Operativa" ci permette di operare sui fenomeni,


modificare fenomeni. Includiamo nell’Operativa diverse tecniche: tecniche che chiamiamo
di catarsi, tecniche che chiamiamo di trasferenza e diverse forme di auto-trasferenza.
In epoche recenti, è tornata in uso la parola catarsi e si ripropose una situazione
analoga a quella di migliaia di anni prima: di nuovo comparve la figura di quel signore che
mettendosi accanto alla persona con problemi, le diceva: "Senta, amico, sciolga la lingua e
racconti i problemi che ha". E cosi` di nuovo la persona raccontava i propri problemi e in
questo modo sperimentava una specie di lavaggio interno (o di "vomito" interno). A questa
tecnica la chiamavano "catarsi."

Un'altra tecnica di Operativa veniva anche chiamata "trasferenza" nell’antichità. Si


prendeva una persona che aveva già effettuato la sua catarsi e che quindi aveva già
alleviato le sue tensioni per poter entrare in un lavoro un po' più complesso. Questo lavoro
consisteva nel far "transitare" la persona attraverso diversi stati interni. Transitando per
quelli stati, questa persona -che oramai non provava tensioni importanti- poteva muoversi
nel suo paesaggio interno spostando, "trasferendo", problemi o difficoltà. Il soggetto
trasferiva immaginariamente contenuti oppressivi verso altre immagini che non avevano
carica affettiva, né rappresentavano una questione biografica...

Precedentemente abbiamo parlato dei registri delle tensioni che sorgono quando si fa
attenzione. Voi siete in grado di riconoscere bene questi registri. Potete fare attenzione
con tensione o senza tensione; c'è una differenza. A volte, vi è possibile eliminare la
tensione e fare attenzione senza di essa. Quando ci riuscite, vi sembra però di
disinteressarvi del tema di cui vi state occupando. Non è così. Tuttavia, avete associato da
molto tempo una certa tensione muscolare col fatto di fare attenzione e quindi credete di
stare attenti solo quando siete tesi. Ma l'attenzione non ha niente a che vedere con la
tensione.

E cosa accade con le tensioni in generale, non soltanto con le tensioni legate
all'attenzione? In generale noi ubichiamo le tensioni in diverse parti del corpo, in
particolare nei muscoli. In questo momento stiamo dunque parlando delle tensioni
muscolari esterne.

Tendo volontariamente un muscolo e ho un registro di questa tensione. Tendo


volontariamente i muscoli della faccia e ho un registro di quella tensione. Tendo diversi
muscoli del mio corpo e ho registro di quella tensione. Mi esercito in questa tecnica della
tensione artificiale perché mi interessa poter ottenere la maggior quantità di registri relativi
ai diversi muscoli del mio corpo. E mi interessa anche cercare di dissociare le tensioni che
prima sono riuscito a generare perché ho osservato che quando tendo un muscolo, se ne
tendono anche altri. In seguito, quando provo a distendere quel punto in particolare, a
volte gli altri, che si era tesi insieme ad esso, non si distendono. Voi potete lavorare su
certe parti del corpo e comprovare che quando volete tendere un punto, se ne tendono
altri insieme ad esso e che, in seguito, quando distendete tale punto, esso si distende e
gli altri no.

Tale fatto succede nella vita quotidiana e non solo quando si porta avanti questo tipo di
lavori volontari. Quando per esempio, c'è una manifestazione di aggressività, un sistema
di muscoli si mette in tensione; quando poi il conflitto termina i muscoli impegnati si
distendono, ma non si distendono gli altri che ne avevano accompagnato la tensione.
Solo dopo un certo tempo anche questi muscoli finiscono per distendersi. A volte però
succede che non si distendano affatto.
Chi di voi non riconosce di avere delle tensioni muscolari più o meno permanenti? Ci
sono alcuni che a volte registrano quelle tensioni nel collo, nell’addome o in altre parti del
corpo. In questo preciso momento, se fate caso, potete scoprire tensioni non necessarie
che stanno operando in diversi punti del vostro corpo. Potete registrare questo fenomeno.
E tali tensioni non compiono nessuna funzione.

Dunque, distinguiamo tra tensioni muscolari esterne di tipo situazionale e le tensioni


muscolari esterne di tipo continuo.

Tensioni situazionali. Si verifica un fenomeno e di fronte ad esso l'individuo tende


determinate parti del corpo. Sparisce il fenomeno (nel nostro esempio, un’ aggressione)
sparisce anche la tensione. Sicuramente le tensioni di questo tipo compiono una funzione
molto importante; non pretendiamo certo di eliminarle. A noi preoccupano le altre, quelle
continue.
Tensioni continue. Queste tensioni, rispetto alle situazionali, presentano il seguente
aggravante: inviano impulsi costantemente e, quando si produce un conflitto, aumentano.
Poi diminuiscono di nuovo, ma non fino a sparire completamente; ritornano al loro livello
iniziale che è costante.

Con certi procedimenti posso distendere le tensioni continue esterne, ma nonostante


questo, all'interno di me rimangono attivi altri sistemi di tensione. Posso lavorare su tutta
la muscolatura esterna, posso fare quanti esercizi mi pare e tuttavia dentro di me
continuano ad esistere delle tensioni. Qual è la natura delle tensioni interne? A volte sono
di tipo muscolare profondo; a volte sono registrabili come irritazioni profonde, come
irritazioni viscerali che generano, inviano impulsi e configurano così un sistema di
tensione.
Quando parliamo di queste tensioni profonde, stiamo parlando di tensioni che non sono
molto diverse da quelle esterne, ma che hanno una componente emotiva importante.
Potremmo considerare questi due fenomeni come gradazioni di uno stesso tipo di
operazione. Parliamo ora di queste tensioni interne che presentano una coloritura
emotiva. Esse vengono definite “climi” e non sono molto differenti dalle tensioni in
generale, se non per il fatto che hanno in più una forte componente emotiva.
Che rapporto c’è tra alcuni fenomeni, quali la depressione, e le tensioni? Quando una
persona si sente annoiata (la noia è imparentata con la depressione), per lei una cosa vale
l'altra, non ha speciali preferenze, saremmo portati a dire che si trova senza tensioni.
Forse la persona annoiata pensa di non essere vitale perché il registro che ha di se
stessa è appunto di mancanza di vitalità, ma dietro tutto ciò è molto probabile che esista
una forte componente emotiva. Nella situazione in cui si trova questa persona, notiamo
che ci sono forti ondate emotive di tipo negativo e pensiamo che se appaiono questi flussi
emotivi è perché, pur non essendoci tensione muscolare esterna, esistono tensioni interne
che possono essere o tensioni muscolari interne o, in altre occasioni, fenomeni di
irritazione interna.

A volte succede qualcosa di ancor più straordinario: in una persona non esiste un
sistema continuo di tensione o di irritazione; però se si presenta una situazione di
scontro, di conflitto, si liberano fenomeni mnemici che fanno sorgere il registro di
mancanza di vitalità, o di noia, o di oppressione interna, o di sensazione di chiusura, ecc

Normalmente possiamo controllare le tensioni muscolari esterne volontariamente; non


così i climi che presentano un'altra caratteristica: inseguono l'individuo perfino dopo che
questo è uscito dalla situazione che li aveva motivati. Ricorderete i fenomeni di
trascinamento, questi fenomeni che permangono nell'individuo benché la situazione sia
oramai passata. Questi climi inseguono il soggetto con tanta tenacia che questo può
transitare, nell’arco della sua vita, attraverso le situazioni più disparate mantenendo però
sempre lo stesso clima. Le tensioni interne vengono tradotte in maniera diffusa e
totalizzante. Ciò spiega anche le caratteristiche dell'emozione in generale che lavora
totalizzando, sintetizzando. Il clima non si riferisce ad una tensione in un punto particolare
del corpo; e questo neppure quando in quel punto si genera dolore (che può essere
localizzato con precisione) Esso si riferisce piuttosto ad un stato di invasione della
coscienza. E’ chiaro dunque che si tratta di impulsi cenestesici non puntuali.

Nonostante ciò, a volte il meccanismo di traduzione degli impulsi fornisce immagini che
corrispondono al clima diffuso. Quando questo succede parliamo di corrispondenza tra
clima e tema. Prendiamo per esempio una persona che descrive il clima che sperimenta
dicendo di sentirsi rinchiusa. Questa descrizione corrisponde ad un tipo di
rappresentazione visiva che coincide con il registro emotivo. Ci sono altre persone, più
esagerate, che non solo dicono di sentirsi rinchiuse, ma spiegano che sentono di esserlo
all'interno di una scatola con caratteristiche che descrivono con precisione. Certo in veglia
l'immagine non gli risulta molto chiara, ma appena il loro livello di coscienza si abbassa, gli
appare la scatola in cui dicono di trovarsi rinchiuse. E’ evidente che questi fenomeni si
captano con maggiore facilità nei livelli bassi di coscienza in cui i meccanismi di
traduzione funzionano più intensamente, i registri cenestesici sono più forti e si apre la via
allegorica.

Altre volte, appaiono immagini che non corrispondono ai climi. Infine, esistono casi in
cui si registra il clima senza immagini. In realtà c'è sempre un’immagine cenestesica e la
sua presenza, che è generale e diffusa nello spazio di rappresentazione, disturba le
attività di tutti i centri, perché è proprio nello spazio di rappresentazione che sorgono le
immagini che mettono in moto i centri.

Si può far diminuire il potenziale dei climi attraverso scariche catartiche (abreazioni
motrici, diremmo con il linguaggio d'oggi, cioè manifestazioni energetiche dirette verso
l’esterno), ma con queste tecniche non è possibile produrre il loro spostamento.

Le tecniche che corrispondono alla trasformazione e allo spostamento di climi, sono le


tecniche di trasferenza. Il loro obiettivo non è quello di far diminuire il potenziale di una
tensione interna, bensì quello di trasferire la carica di un'immagine ad un'altra immagine.

Non è sufficiente dire che i climi si generano soltanto per traduzione di impulsi dovuti a
contrazioni involontarie profonde e che tali segnali, captate da cenestesia, si trasformano
in immagini diffuse che occupano lo spazio di rappresentazione. Dire questo non è
sufficiente, in primo luogo, perché il registro può non essere puntuale ma generale, come
nel caso delle emozioni violente. Queste corrispondono infatti a scosse che circolano in
tutto l'organismo e che non si riferiscono alla puntualità di una tensione.

L'origine dei climi può trovarsi nei sensi interni, nella memoria o nella coscienza.

Quando l'impulso corrisponde ad un fenomeno nettamente corporeo, i sensi interni


ricevono questo dato ed inviano il segnale ad esso corrispondente che appare come
immagine cenestesica diffusa, non visualizzabile che, comunque, si dà nello spazio di
rappresentazione.
Ci sono delle persone che dicono che quando si arrabbiano "vedono tutto rosso". Altre
dicono che il loro spazio di rappresentazione si modifica e vedono che l'oggetto che
provoca collera in loro diventa "più piccolo"; altri ancora dicono che vedono l’oggetto "più
in risalto”, etc. Tutti questi sono modi di dire che descrivono un'immagine cenestesica. Qui
non si tratta di un impulso localizzato, ma di uno stato emotivo diffuso, che è iniziato con
un registro cenestesico il quale si è poi tradotto in un'immagine non visualizzabile.
A volte questo stato ha anche traduzioni visualizzabili, ma non è questo il caso.

L’immagine non visualizzabile, ad ogni modo, si trova collocata nello spazio di


rappresentazione, da dove mobilita soprattutto i centri istintivi. Tutto questo processo si
imprime in memoria.

Se, invece, il primo impulso proviene da sensi esterni, ma al termine del circuito di
impulsi vengono attivati, anche in questo caso, i centri istintivi, tutto questo complesso di
operazioni viene impresso in memoria associato alla situazione esterna. Questo determina
un’impressione in memoria nella quale l'impulso che proviene dall'esterno, e che riflette
una situazione esterna, resta associato ad uno stato corporeo interno.

Riprendiamo il primo caso, quello in cui l’impulso interno viene innescato a causa di
una disfunzione vegetativa, per esempio. Anche in questo caso c'è un’impressione
situazionale associata ad esso se i sensi esterni sono in azione in quel momento. Ma se il
fenomeno dovesse verificarsi quando i sensi esterni non sono in azione (come avviene nei
sogni, o nella camera del silenzio) l’impressione situazionale potrebbe riferirsi unicamente
a dati di memoria che vengono attualizzati in quel preciso momento. Se questo succede,
alla fine del circuito resterà in memoria una strana associazione tra fenomeni di un tempo
2 (cioè, il registro cenestésico) e fenomeni di un tempo 1 (il dato di memoria).

Dunque, abbiamo visto un caso in cui l'impulso parte dall'infracorpo e viene associato a
situazioni di percezione esterna, e un altro caso in cui lo stesso tipo di impulso viene
associato a dati di memoria perché i sensi esterni in quel momento non erano in attività.
Abbiamo visto anche il caso dei un impulso che parte da sensi esterni e finisce per
mettere in moto dei registri interni cenestesico; quando questo succede è possibile che, a
partire da quel momento, la situazione esterna ed il registro interno restino impressi
insieme in memoria.

Da parte sua, la memoria può inviare impulsi e mettere in moto registri che innescano
catene associative di immagini (non solo visive ma di qualunque altro senso, cenestesia
inclusa) che, a loro volta, destano nuove consegne di dati. Alla fine si configura uno stato
emotivo climatico ma che ora viene associato alla nuova situazione che i sensi esterni
stanno percependo.

Infine, la stessa coscienza, nella sua elaborazione di immagini, può mettere in moto
tutte le attività che abbiamo visto prima, e ad esse aggiungervi le proprie; pertanto alla
fine resteranno impresse nella memoria situazioni esterne associate ad elementi
immaginari.

Ad ogni modo, l'incatenamento sensi-memoria-coscienza è indissolubile, non lineare


ma necessariamente strutturale.

Così, partendo da un primo segnale di dolore fisico, si può arrivare ad una


configurazione finale di sofferenza morale; in essa possono essere presenti dei veri e
propri registri cenestesici fortemente impressi nella memoria, ma associati
all'immaginazione. Il dolore fisico spesso termina in sofferenza morale articolata insieme
ad elementi illusori ma registrabili. Questo fatto ci insegna che l’illusione -benché non
abbia esistenza "reale"- è registrabile per via di diverse concomitanze che hanno
un’indubbia realtà psichica.

Non si da’ una spiegazione molto esauriente quando si dice che un fenomeno è
"illusorio"; la spiegazione non migliora quando si dice che le illusioni si registrano, così
come si registrano le percezioni chiamate "non illusorie". Per la coscienza la sofferenza
illusoria possiede un registro reale. E’ qui, nella sofferenza illusoria, dove la trasferenza
trova il miglior campo di applicazione. Diverso è ciò che accade con gli impulsi dolorosi
basilari, tradotti o deformati, che possono essere spogliati da altre componenti illusorie
senza che per questo sparisca il dolore fisico. Ma questo non è un tema proprio della
trasferenza.

Si può dissociare l'incatenamento automatico della sofferenza. La trasferenza punta


fondamentalmente a questo. Consideriamo la trasferenza come uno dei tanti strumenti di
Operativa, che ha lo scopo fondamentale di disarticolare la sofferenza, di liberare la
coscienza da contenuti oppressivi. Mentre la catarsi libera cariche psichiche e produce un
sollievo provvisorio, ma a volte necessario, la trasferenza mira allo trasferimento di tali
cariche in modo permanente; questo e` vero perlomeno nell'ambito di un problema
specifico.

Vediamo ora, alcuni aspetti del sistema di compensazioni che caratterizza il


funzionamento degli apparati dello psichismo.

Le soglie dei vari sensi sono interdipendenti e le loro modificazioni avvengono secondo
una logica strutturale. Inoltre la variazione complessiva delle soglie dei sensi interni
compensa quella delle soglie dei sensi esterni.
Quando diminuiscono gli impulsi inviati dai sensi esterni, i fenomeni che si trovano sulla
soglia cenestesica entrano nella frangia di percezione e cominciano ad inviare segnali.
Con questo vogliamo dire che, quando diminuisce la percezione esterna, i fenomeni interni
-che non venivano registrati perché si trovavano nel livello di soglia- diventano registrabili.
Pertanto, man mano che si abbassa il livello di coscienza possiamo percepire
l’insorgere di fenomeni dell'infracorpo che nella veglia non apparivano. Non appena
scompare il rumore dovuto ai sensi esterni, essi diventano manifesti.
In concomitanza con l'abbassamento del livello di coscienza, questi impulsi interni
cominciano a fornire alla coscienza dei segnali che, per la loro stessa natura, prendono il
canale che si apre più facilmente quando il livello di coscienza si abbassa, e cioè il canale
associativo.
Quando si apre la via associativa, i fenomeni di traduzione –che già in veglia sono
frequenti- agiscono con intensità maggiore.

Ritorniamo un momento ai fenomeni di traduzione e di trasformazione di impulsi. Di un


oggetto che percepisco visivamente, riconosco anche delle caratteristiche non visive che
posso percepire a seconda della situazione. Le diverse percezioni di uno stesso oggetto
restano in qualche modo associate nella memoria. Il registro che ho del fenomeno è
un'articolazione di percezioni. Ora non stiamo parlando della strutturazione che fa un
singolo senso che percepisce. Stiamo considerando qualcosa di più complesso e cioè
della strutturazione che l'insieme dei sensi effettuano su un oggetto. Nell'articolazione di
un oggetto del mondo cosiddetto esterno, le caratteristiche auditive, visive, tattili, ecc.
rimangono associate; tutti gli aspetti percettivi di un oggetto vengono strutturati in modo
tale che, se si richiama uno degli aspetti, si liberano gli altri associati ad esso.

Questo è il meccanismo fondamentale della traduzione degli impulsi. E cos’è che viene
tradotto? Vediamo un esempio. Un impulso uditivo risveglia registri mnestici, registri nei
quali gli impulsi visivi nel momento della registrazione erano associati ad impulsi uditivi.
Ora arriva unicamente l'impulso esterno uditivo e nel mio spazio di rappresentazione
appare il registro visivo. In veglia questo fenomeno è frequente. Ed è proprio grazie a
questo meccanismo di associazione dei sensi, a questa strutturazione effettuata
dall’insieme dei sensi, che possiamo configurare importanti frange del mondo esterno.
Altrimenti si avrebbero serie difficoltà ad articolare adeguatamente gli oggetti.

Il mondo oggettuale si articola a poco a poco, a partire dalla prima infanzia, proprio
come lo spazio di rappresentazione.
Non sembra che i bambini piccoli articolino coerentemente i molteplici registri che
hanno di un stesso oggetto. Innanzitutto non distinguono bene tra il proprio corpo ed
quello della madre. Poi non riescono a mettere in relazione in modo adeguato rapportare il
tipo di stimolo prodotto da un oggetto che arriva ad un senso con la funzione che
quell'oggetto può compiere. Inoltre il loro apparato di registro è confuso; li vediamo, per
esempio, portare all'orecchio qualcosa che vogliono mangiare. Scambiano, cioè, una cosa
per un'altra, non riescono ad articolare il sistema di percezioni in modo coerente come
faranno in seguito.

Neppure il loro spazio di rappresentazione è articolato coerentemente. Verso un


palazzo lontano, che vedono piccolo per la distanza, essi tendono la mano per cogliere un
camino o una finestra e mangiarli. Tanti bambini fanno così con la Luna che, come voi
sapete, non è a portata di mano, o per lo meno non lo era.

Nel bambino si configura a poco a poco la visione stereoscopica che permette di


collocare gli oggetti in diverse profondità dello spazio. Contemporaneamente allo sviluppo
della visione stereoscopica, lo spazio di rappresentazione interna del bambino acquista
volume. È evidente che non si nasce con la stessa capacità di articolare il mondo degli
oggetti che hanno gli adulti. Sono i dati apportati dai sensi che permettono all'apparato
psichico di svolgere a poco a poco le proprie operazioni basandosi sempre sulla memoria.

Torniamo ora al nostro tema, cioè allo studio dei primi fenomeni di traduzione di
impulsi. Come abbiamo visto, il tema è facile quando trattiamo un fenomeno che,
incidendo su di un senso, libera una catena di immagini in cui ne appaiono alcune che
corrispondono ad altri sensi ma che in ogni modo sono relazionate con lo stesso oggetto.
Ma cosa succede in quei strani casi di associazione in cui le caratteristiche di un oggetto
vengono attribuite ad un altro oggetto? Vediamo un esempio. Un signore, sentendo il
suono di una campana non evoca l'immagine visiva della campana, ma quella di un
parente. Questo è un fenomeno di traduzione molto più interessante. Il suono non
richiama altre caratteristiche percettive dell'oggetto; in questo caso la persona sta
associando l'oggetto ad altri fenomeni, ad altre immagini che forse hanno accompagnato
l’impressione in quel momento, ma che non si riferiscono all'oggetto in questione, bensì ad
un altro tipo di oggetto.

Quindi stiamo dicendo che in primo luogo vengono associate le diverse caratteristiche
percettive di un oggetto dato; in secondo luogo, che vengono associati ad un oggetto tutti i
fenomeni che hanno avuto una qualche relazione con esso. E questi fenomeni riguardano
altri oggetti, altre persone, implicano intere situazioni. Allora il fenomeno della traduzione
degli impulsi riguarda non solo le caratteristiche di un stesso oggetto, ma anche quelle di
altri oggetti e di strutture di situazione che vennero associate all'oggetto dato.

Sembra, dunque, che la strutturazione venga fatta mettendo in relazione le diverse


percezioni che si hanno di uno stesso oggetto e sempre all’interno di un contesto di
situazione.

Ma non è tutto: ci sono da considerare anche gli impulsi interni. Se possiede sufficiente
potenziale, un impulso interno arriva alla soglia di registro. Riprendendo il nostro esempio,
può succedere allora che, ascoltando il suono della campana, l'individuo sperimenti anche
una curiosa emozione. In questo caso non sta più associando un impulso a quelli relativi
alle altre caratteristiche dell'oggetto dato né a quelli relativi ad altri oggetti che
accompagnarono il fenomeno, e neppure a complete strutture di percezione. C'è
qualcos'altro: associo le strutture complete di una percezione con le strutture del registro
interno che lo accompagnò in quel momento.

Se riconosciamo che è possibile tradurre l'impulso che corrisponde ad un senso


nell’impulso che corrisponde ad un altro senso, perché non dovremmo poter tradurre
anche impulsi registrati dai sensi esterni in impulsi registrati dai sensi interni? Non è
difficile ammettere questa possibilità. In realtà succede che il fenomeno è un po’
sorprendente perché produce delle cose apparentemente strane man mano che il livello di
coscienza si abbassa. Ma la sua meccanica non è poi tanto strana.

Abbiamo visto a suo tempo che la memoria risulta divisa in strati; abbiamo parlato di
memoria antica, mediata e recente, ed abbiamo detto che esse conformano una struttura
in dinamica.

La materia prima immediata della memoria è quella della giornata. Ma esistono


numerosi fenomeni associati ai i dati più recenti che si riferiscono alla memoria antica.
Questo fatto ci mette in serie difficoltà. Vediamolo meglio. Il registro di un oggetto che è
stato impresso attraverso un determinato canale di percezione, insieme a fenomeni
recenti, può risultare, per associazione e traduzione, accompagnato da fenomeni di
memoria antica. Questo è un fatto straordinario e succede, in particolare, con un certo tipo
di sensi. Il senso del olfatto, per la sua struttura, è il più prodigo di questo tipo di
produzioni. Esso di solito risveglia lunghe catene associative di tipo situazionale, e molte
di queste si riferiscono a dati assai antichi. Per esempio, una persona percepisce un
certo odore, e immediatamente si liberano in lei immagini complete relative magari alla
sua infanzia. E come si liberano queste immagini? Forse la persona ricorda
semplicemente lo stesso odore che aveva percepito venti anni fa? No, essa ricorda tutta
un'antica situazione che è stata ridestata dalla percezione attuale di quell'odore.

Dunque, la traduzione di impulsi, che all’inizio sembrava semplice e di facile da


sondare, finisce per diventare molto complessa. Abbiamo: diverse frange di memoria;
strutturazioni di percezioni apparentemente incoerenti; registri interni che si associano a
fenomeni che provengo dal mondo esterno; produzioni immaginarie che interferiscono con
il registro esterno e contemporaneamente si associano ad esso; operazioni della
coscienza che vanno alla memoria dove si traducono e poi, ad un certo livello di
coscienza, seguono le vie associative. Tutto ciò ostacola la comprensione dello schema
generale.

Il nostro problema sarà dunque quello di comprendere l'associazione degli impulsi, la


loro strutturazione particolare, e infine un altro fenomeno decisamente singolare: la loro
trasformazione.

Fino ad ora abbiamo visto gli impulsi associarsi e tradursi gli uni negli altri. Ma esistono
anche altri fenomeni molto curiosi: i fenomeni di trasformazione. Ecco che una cosa che
nell'immagine era strutturata in un certo modo, in breve tempo comincia ad assumere altre
configurazioni. Questo è un processo peculiare che si verifica nelle vie associative: gli
impulsi associati, che sorgono nello spazio di rappresentazione, assumono vita propria e
cominciano a deformarsi, a trasformarsi, per cui alla fine ci troviamo a studiare una cosa
mobile che si muove sopra un'altra cosa mobile.

E con questi problemi ci troviamo nelle tecniche trasferenziali. Dobbiamo dare una
certa fissità a questo caos mobile, dobbiamo trovare delle leggi generali che ci permettano
di operare su di esso. Abbiamo bisogno di leggi operative, cioè di qualcosa che risponda
sempre e che dia gli stessi risultati quando le condizioni sono le stesse. Queste leggi
esistono perché, fortunatamente, il corpo possiede una certa fissità. Noi possiamo operare
proprio grazie al fatto che il corpo possiede una certa permanenza. Perché se tutto questo
avvenisse esclusivamente nel mondo psichico, non ci sarebbe nessuna possibilità
operativa, nessun riferimento.

Il riferimento oggettuale dato dal corpo ci permette di dire che qualunque fenomeno
verrà sempre individuato in una determinata zona dello spazio di rappresentazione.
Prendiamo, per esempio, un dolore corporale. Esso può essere tradotto diversi modi, può
evocare differenti tipi di immagini contigue; vi possono essere varie miscele di memorie e
di tempi, però, in ogni caso, esso sarà captato in qualche punto dello spazio di
rappresentazione. Grazie alla fissità del corpo, riusciremo a comprendere molti altri
fenomeni curiosi e molte funzioni. Il corpo è un vecchio amico, un buon compagno che ci
fornisce i riferimenti necessari per muoverci attraverso psichismo. E non abbiamo nessun
altro modo di farlo.

Vediamo ora le proprietà dello lo spazio di rappresentazione e dei i fenomeni che da


esso si innescano.

Provo ad immaginare una linea orizzontale davanti ai miei occhi. Chiudo gli occhi. Dove
immagino la linea? La immagino davanti e fuori. Immagino ora il mio stomaco, dove
l'immagino? In basso e dentro. Quindi immagino la linea di prima nel posto in cui si trova lo
stomaco e questo mi crea un problema di ubicazione. Adesso immagino lo stomaco
davanti e fuori ed anche questo mi creda un problema di ubicazione. Quando immagino lo
stomaco in basso e dentro, non solo immagino lo stomaco, ma ho di esso anche un
registro cenestésico e questo è una seconda componente della mia rappresentazione.
Posso anche immaginare lo stomaco davanti e fuori, ma non ho lo stesso registro
cenestésico. Pertanto quando l'immagine si colloca nel posto che le corrisponde, va
accompagnata da una componente cenestesica che ci fornisce un importante elemento di
guida.

Adesso fate un piccolo sforzo e cercate di immaginare lo stomaco in alto e fuori. Come
l'immaginate? Probabilmente come un disegno che avete visto nei libri. Invece quando lo
immaginate in basso e dentro, come lo immaginate? Come un disegno? In nessun modo.
Ne avete forse un'immagine visiva? No. Potreste anche averla, associata a quella
cenestesica, per il fenomeno di traduzione. Però, fondamentalmente, quando immaginate
lo stomaco in basso e dentro nello spazio di rappresentazione, operate con un altro tipo di
immagine, con un'immagine cenestesica.

Quindi, di un'immagine, a seconda del punto e del livello di profondità in cui è collocata
nello spazio di rappresentazione, possiamo avere non solo il registro visivo, per esempio,
ma anche la percezione cenestesica che corrisponde alla sua collocazione.
Quando gli oggetti che si trovano collocati nello spazio di rappresentazione risultano
osservati "dal fondo" di tale spazio, diciamo che stiamo operando con la strutturazione
tipica della veglia. In altre parole, nel livello di veglia, vediamo i fenomeni esterni a noi - o
cosiddetti esterni a noi - collocati fuori della nostra testa.

Ora io posso immaginare un oggetto lontano che si trova fuori dalla mia testa. Dove
registro questa immagine? Nell’interno della mia testa; questa è la sensazione che ho.
Tuttavia, non dico che tale oggetto si trovi dentro la mia testa.

Se ora invece, colloco con l'immaginazione l'oggetto esterno di prima dentro la mia
testa, oltre all'immagine visiva avrò un registro cenestesico relativo all'interno della testa.

Stiamo dicendo che, a seconda del livello di profondità in cui l’immagine è collocata
nello spazio di rappresentazione, avremo diversi tipi di registro: un registro esterno o un
registro cenestésico. Questo fatto è molto importante per comprendere in seguito il
fenomeno della trasferenza. Quindi io posso immaginare, dal fondo di questa specie di
schermo che è lo spazio di rappresentazione, i fenomeni che si trovano al di fuori della mia
testa. Ma anche quando i fenomeni li immagino dentro la mia testa li sto collocando
all'interno dello spazio di rappresentazione.
Posso fare un sforzo ancora maggiore ed immaginare che l'oggetto collocato all’interno
della mia testa sia visto contemporaneamente da diversi punti di osservazione.
Effettivamente è possibile rappresentare un oggetto da diverse angolazioni come farebbe
"colui che rappresenta" se girasse attorno all'oggetto, ma normalmente si rappresenta
l'oggetto da un certo "fondo."

Oltre a questo, vi si presentano parecchie difficoltà quando cerchiamo di ubicare lo


spazio mentale nella parte posteriore della testa. E’ facile invece ubicarlo nella parte
anteriore della testa. Ciò accade perché quasi tutti i sensi esterni sono ubicati nella zona
anteriore della testa: il mondo viene percepito così e quindi così viene articolato lo spazio
mentale che gli corrisponde. Quando parliamo di immaginare lo spazio mentale nella parte
che va dalle orecchie verso dietro, la cosa si complica.

In questa sala, dietro di voi, ci sono delle tende e senza vederle voi le potete
immaginare. Ma quando nello spazio di rappresentazione osservate le tende che stanno
dietro di voi, vi potreste domandare: da dove vedo quelle tende? Le vedete dallo stesso
fondo dello schermo di cui parlavamo, solo che in esso si è verificata una sorta di
inversione. Voi non vi situate dietro le tende per poterle osservare; vi ponete nella stessa
collocazione interna ed ora sembrano loro, le tende, a essere al di fuori di voi, ma dietro.
Questo ci crea qualche problema, ma ad ogni modo il punto di osservazione continua ad
essere collocato sempre nel fondo dello spazio di rappresentazione.

Questo spazio di rappresentazione crea alcuni problemi "topografici". Io immagino ora


fenomeni che si trovano lontano, fuori di questa sala. Non posso certamente presumere
che la mia coscienza venga a trovarsi fuori di questa sala. Tuttavia, includo tali fenomeni
nel mio spazio di rappresentazione. Se tali fenomeni, che sono esterni a me, si trovano
inclusi all'interno del mio spazio di rappresentazione, allora dove si trova il mio spazio di
rappresentazione?

Questo è un fenomeno illusorio estremamente interessante.


Si tratta di un fenomeno illusorio perché la rappresentazione degli oggetti può
estendersi oltre lo spazio immediato di percezione dei sensi, ma mai al di fuori dello spazio
di rappresentazione. Quindi risulta che lo spazio di rappresentazione è, precisamente,
interno e non è esterno.

Se uno fa un’impostazione errata del problema, potrebbe credere che lo spazio di


rappresentazione si estende dal corpo verso l’esterno. In realtà lo spazio di
rappresentazione si estende verso l'interno del corpo e questo produce dei curiosi
fenomeni illusori.
Questo spazio, questo "schermo" si configura grazie alla somma degli impulsi
cenestesici che forniscono in continuazione dei punti di riferimento. Questo schermo è
interno, anche quando su di esso appaiono fenomeni che sono esterni al soggetto. Tutto
ciò che si immagina, lo si immagina dentro, ma in diversi livelli di profondità di questo
schermo interno.

Quando diciamo che le immagini che sorgono in distinti punti dello spazio di
rappresentazione agiscono su centri di risposta, ci rendiamo conto che esse non
potrebbero farlo se lo schermo si trovasse fuori. Le immagini agiscono sui centri perché
questi impulsi vanno verso l’interno anche quando l'individuo creda che quei fenomeni
siano ubicati fuori. A questo punto è bene chiarire che non sto negando l'esistenza dei
fenomeni esterni; sto solo ragionando sulla la loro configurazione, poiché detti fenomeni
passano attraverso i filtri della percezione e si articolano sullo schermo di
rappresentazione.

Man mano che il livello di coscienza scende, si modifica la strutturazione dello spazio di
rappresentazione e quei fenomeni che in veglia erano visti da dentro credendoli fuori,
quando il livello di coscienza si abbassa i fenomeni vengono visti fuori credendoli dentro,
oppure, vengono visti dentro credendoli fuori.

A partire da dove osservo i fenomeni del sogno? In veglia mi trovavo collocato sul
fondo dello schermo di rappresentazione quando immaginavo i fenomeni esterni. Ma nel
sogno dov'è finito questo schermo se posso vedere “me stesso” separato da “colui che
osserva”? Nel sogno vedo me stesso dal alto, dal basso, a distanza, da vicino, ecc.

Risulta che lo spazio di rappresentazione assume ora caratteristiche veramente interne


per quanto riguarda i suoi limiti. Lo spazio di rappresentazione diventa chiaramente interno
quando il livello di coscienza si abbassa perché sono scomparsi gli stimoli dei sensi
esterni e contemporaneamente è aumentata l’attività dei sensi interni. E grazie all'aumento
degli impulsi cenestesici, lo spazio di rappresentazione interno è diventato pieno, e
quindi ora i fenomeni si svolgono davvero all'interno dello spazio di rappresentazione
come tale. Appaiono immagini nelle quali lo spazio di rappresentazione assume
caratteristiche spiccate d’accordo alla scansione che in quel momento stanno facendo gli
impulsi cenestesici. E’ per questo che tante volte nei sogni, i limiti dello spazio di
rappresentazione ci appaiono come mura o come contenenti di qualunque genere e
perfino come la testa del soggetto che sogna, all’interno della quale si svolgono gli altri
fenomeni onirici.

Il contenente massimo, quando il livello di coscienza si abbassa, è precisamente il


limite dello spazio di rappresentazione.

I centri istintivi (il vegetativo ed il sessuale) si attivano fortemente nei livelli bassi di
coscienza, benché esistano alcune concomitanze di tipo emotivo ed anche qualche
concomitanza intellettuale, ma quasi nessuna di tipo motorio.

Quando i fenomeni si collocano nello spazio di rappresentazione che corrisponde ad


un livello basso di coscienza, le immagini ad essi relative si dirigono soprattutto verso i
centri vegetativo e sessuale che sono naturalmente i più interni e che operano
fondamentalmente con registri di sensazioni cenestesiche; gli altri centri, invece, sono
molto più legati ad impulsi che vengono dai sensi esterni.

Dunque, le immagini esercitano una forte influenza sul funzionamento dei centri
vegetativo e sessuale quando, come nei sogni, si collocano nella parte più interna dello
spazio di rappresentazione. Le immagini della vita quotidiana, anche se potrebbero
risultare interessanti per questi due centri, non producono su di essi delle azioni effettive di
carica e scarica come fanno invece le immagini che appaiono nei livelli bassi di coscienza.

Se è vero che questi due centri vengono attivati dalle immagini prodotte nei livelli bassi
di coscienza, è però anche vero che il funzionamento di tali centri produce forti immagini
interne. Si tratta di un fenomeno reversibile: in generale, lo spazio interno di
rappresentazione viene configurato dagli stimoli cenestesici e, reciprocamente, qualunque
immagine che si colloca in un determinato livello dello spazio di rappresentazione, agisce
sul livello corporeo che corrisponde alla sua collocazione.

Riconsideriamo ora ciò che abbiamo spiegato poco fa e cioè: le associazioni che i vari
sensi fanno su uno stesso oggetto; le traduzioni degli impulsi che riguardano uno stesso
oggetto; le associazioni tra oggetti e situazioni, e la traduzione degli impulsi relativi ad un
oggetto in impulsi relativi ad altri oggetti che lo circondano.

Abbiamo anche spiegato che esistono fenomeni di associazione tra oggetti e situazioni
esterne e fenomeni di associazione tra oggetti e situazioni interne (cioè tra oggetti e
registri cenestesici); questi due tipi di associazioni passano alla memoria. Le registrazioni
che ne derivano sono sempre presenti come trasfondo di ogni fenomeno di
rappresentazione (cioè di immagine), e sono legate a precise zone e a precisi livelli di
profondità dello spazio di rappresentazione.

Abbiamo oramai una chiave per comprendere che cosa succede quando le immagini
transitano nello spazio di rappresentazione nei livelli di sonno e dormiveglia, e di
conseguenza per comprendere i primi passi della tecnica che abbiamo chiamato
“trasferenza”.

La tecnica trasferenziale risulta efficace, raggiunge il suo obiettivo, quando le immagini


che appaiono sullo schermo di rappresentazione nei livelli bassi di coscienza mettono in
moto effettivamente, con le loro trasformazioni e con i loro spostamenti, diverse parti del
corpo, diverse tensioni presenti nel corpo o anche tensioni che risultano prodotte da
impulsi di memoria. Dunque, agendo sulle immagini, noi modifichiamo i sistemi di
associazione che hanno motivato le tensioni.

Nella tecnica trasferenziale, il nostro problema sta nel produrre un'associazione o una
dissociazione tra climi e immagini (o, detto meglio, tra determinati climi e determinati temi).
In certe situazioni ci si presenterà la necessità di associare un'immagine visiva ad un
clima perché esistono soltanto immagini cenestesiche non visualizzabili; e se esse non
sono visualizzabili non possiamo trasferirle a una diversa altezza ed a un diverso livello
dello spazio di rappresentazione. Dunque, in queste situazioni, ci vediamo obbligati ad
associare al clima alcune immagini, per poter poi far muovere queste ultime nello spazio
di rappresentazione e, così facendo, “trascinare” il clima. Se non agiamo in questo modo
il clima diffuso ed invadente si distribuirà nello spazio di rappresentazione in una maniera
tale da impedirci di operare su di esso.
In altre situazioni, a causa di un altro funzionamento peculiare dei fenomeni del
dormiveglia e del sonno, troveremo delle immagini visive alle quali sono legate delle
cariche che non corrispondono esattamente ad esse. In questo caso cercheremo di
dissociare queste cariche dalle immagini a cui sono legate e di trasferire a queste ultime le
cariche che effettivamente corrispondono loro.

Dunque, le tecniche di trasferenza ci presentano numerosi problemi: problemi di


trasferenza sia di cariche sia di immagini ed anche problemi di spostamento e di
trasformazione di immagini.

Potrebbero piacerti anche