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Ma cosa succede quando non c'è una particolare tensione nel corpo e, tuttavia, sullo
schermo di rappresentazione appare un fenomeno di allegorizzazione? Può darsi che non
ci sia una tensione nel corpo. Ma può darsi che un segnale partito da memoria agisca su
coscienza, e che li, in coscienza, baleni come immagine, rivelando che l'impulso da
memoria ha influito in qualche parte del corpo. E in quel momento si è prodotta una
contrazione ed essa ha lanciato l'impulso che, registrato in coscienza, apparve sullo
schermo come allegorizzazione e ciò ci fa capire che il fenomeno sta inviando il suo
segnale da un qualche punto del corpo. Il fenomeno che ha fatto partire il segnale
appartiene al passato, non è presente; non c'è una tensione permanente. Tuttavia questa
tensione -che non è una tensione in sé, ma è un impulso inciso in memoria- mette sì in
moto una tensione vera e propria col registro cenestésico corrispondente e dopo finisce
per apparire come immagine. Se nel sistema di registro viene evocato un determinato
"bit", un determinato segnale, e questo segnale viene lanciato al meccanismo di
coscienza, potranno apparire concomitantemente fenomeni di contrazione del corpo, o
fenomeni irritanti del corpo.
Sto cercando di individuare fenomeni che non esistono attualmente. Fenomeni che
posso registrare nel mio proprio corpo nella misura in cui vengono evocati, ma che non
esistono costantemente nel corpo, bensì esistono in memoria e, una volta evocati, si
esprimono nel corpo. Quindi, lo spazio di rappresentazione agisce da intermediario tra
certi meccanismi ed altri perché è conformato dalla la sommatoria delle sensazioni
cenestesiche. In esso si manifestano fenomeni trasformati di sensazioni esterne od interne
ed in esso si esprimono fenomeni prodotti molto tempo fa e che sono localizzati in
memoria. In questo spazio appaiono anche fenomeni che non esistono in quel momento
nel corpo, ma che essendo il prodotto del lavoro immaginario dello stesso coordinatore,
finiscono con l’agire sul corpo.
È opportuno ora, fare una revisione delle attività che si orientano verso la modificazione
di certi comportamenti psichici.
Precedentemente abbiamo parlato dei registri delle tensioni che sorgono quando si fa
attenzione. Voi siete in grado di riconoscere bene questi registri. Potete fare attenzione
con tensione o senza tensione; c'è una differenza. A volte, vi è possibile eliminare la
tensione e fare attenzione senza di essa. Quando ci riuscite, vi sembra però di
disinteressarvi del tema di cui vi state occupando. Non è così. Tuttavia, avete associato da
molto tempo una certa tensione muscolare col fatto di fare attenzione e quindi credete di
stare attenti solo quando siete tesi. Ma l'attenzione non ha niente a che vedere con la
tensione.
E cosa accade con le tensioni in generale, non soltanto con le tensioni legate
all'attenzione? In generale noi ubichiamo le tensioni in diverse parti del corpo, in
particolare nei muscoli. In questo momento stiamo dunque parlando delle tensioni
muscolari esterne.
Tale fatto succede nella vita quotidiana e non solo quando si porta avanti questo tipo di
lavori volontari. Quando per esempio, c'è una manifestazione di aggressività, un sistema
di muscoli si mette in tensione; quando poi il conflitto termina i muscoli impegnati si
distendono, ma non si distendono gli altri che ne avevano accompagnato la tensione.
Solo dopo un certo tempo anche questi muscoli finiscono per distendersi. A volte però
succede che non si distendano affatto.
Chi di voi non riconosce di avere delle tensioni muscolari più o meno permanenti? Ci
sono alcuni che a volte registrano quelle tensioni nel collo, nell’addome o in altre parti del
corpo. In questo preciso momento, se fate caso, potete scoprire tensioni non necessarie
che stanno operando in diversi punti del vostro corpo. Potete registrare questo fenomeno.
E tali tensioni non compiono nessuna funzione.
A volte succede qualcosa di ancor più straordinario: in una persona non esiste un
sistema continuo di tensione o di irritazione; però se si presenta una situazione di
scontro, di conflitto, si liberano fenomeni mnemici che fanno sorgere il registro di
mancanza di vitalità, o di noia, o di oppressione interna, o di sensazione di chiusura, ecc
Nonostante ciò, a volte il meccanismo di traduzione degli impulsi fornisce immagini che
corrispondono al clima diffuso. Quando questo succede parliamo di corrispondenza tra
clima e tema. Prendiamo per esempio una persona che descrive il clima che sperimenta
dicendo di sentirsi rinchiusa. Questa descrizione corrisponde ad un tipo di
rappresentazione visiva che coincide con il registro emotivo. Ci sono altre persone, più
esagerate, che non solo dicono di sentirsi rinchiuse, ma spiegano che sentono di esserlo
all'interno di una scatola con caratteristiche che descrivono con precisione. Certo in veglia
l'immagine non gli risulta molto chiara, ma appena il loro livello di coscienza si abbassa, gli
appare la scatola in cui dicono di trovarsi rinchiuse. E’ evidente che questi fenomeni si
captano con maggiore facilità nei livelli bassi di coscienza in cui i meccanismi di
traduzione funzionano più intensamente, i registri cenestesici sono più forti e si apre la via
allegorica.
Altre volte, appaiono immagini che non corrispondono ai climi. Infine, esistono casi in
cui si registra il clima senza immagini. In realtà c'è sempre un’immagine cenestesica e la
sua presenza, che è generale e diffusa nello spazio di rappresentazione, disturba le
attività di tutti i centri, perché è proprio nello spazio di rappresentazione che sorgono le
immagini che mettono in moto i centri.
Si può far diminuire il potenziale dei climi attraverso scariche catartiche (abreazioni
motrici, diremmo con il linguaggio d'oggi, cioè manifestazioni energetiche dirette verso
l’esterno), ma con queste tecniche non è possibile produrre il loro spostamento.
Non è sufficiente dire che i climi si generano soltanto per traduzione di impulsi dovuti a
contrazioni involontarie profonde e che tali segnali, captate da cenestesia, si trasformano
in immagini diffuse che occupano lo spazio di rappresentazione. Dire questo non è
sufficiente, in primo luogo, perché il registro può non essere puntuale ma generale, come
nel caso delle emozioni violente. Queste corrispondono infatti a scosse che circolano in
tutto l'organismo e che non si riferiscono alla puntualità di una tensione.
L'origine dei climi può trovarsi nei sensi interni, nella memoria o nella coscienza.
Se, invece, il primo impulso proviene da sensi esterni, ma al termine del circuito di
impulsi vengono attivati, anche in questo caso, i centri istintivi, tutto questo complesso di
operazioni viene impresso in memoria associato alla situazione esterna. Questo determina
un’impressione in memoria nella quale l'impulso che proviene dall'esterno, e che riflette
una situazione esterna, resta associato ad uno stato corporeo interno.
Riprendiamo il primo caso, quello in cui l’impulso interno viene innescato a causa di
una disfunzione vegetativa, per esempio. Anche in questo caso c'è un’impressione
situazionale associata ad esso se i sensi esterni sono in azione in quel momento. Ma se il
fenomeno dovesse verificarsi quando i sensi esterni non sono in azione (come avviene nei
sogni, o nella camera del silenzio) l’impressione situazionale potrebbe riferirsi unicamente
a dati di memoria che vengono attualizzati in quel preciso momento. Se questo succede,
alla fine del circuito resterà in memoria una strana associazione tra fenomeni di un tempo
2 (cioè, il registro cenestésico) e fenomeni di un tempo 1 (il dato di memoria).
Dunque, abbiamo visto un caso in cui l'impulso parte dall'infracorpo e viene associato a
situazioni di percezione esterna, e un altro caso in cui lo stesso tipo di impulso viene
associato a dati di memoria perché i sensi esterni in quel momento non erano in attività.
Abbiamo visto anche il caso dei un impulso che parte da sensi esterni e finisce per
mettere in moto dei registri interni cenestesico; quando questo succede è possibile che, a
partire da quel momento, la situazione esterna ed il registro interno restino impressi
insieme in memoria.
Da parte sua, la memoria può inviare impulsi e mettere in moto registri che innescano
catene associative di immagini (non solo visive ma di qualunque altro senso, cenestesia
inclusa) che, a loro volta, destano nuove consegne di dati. Alla fine si configura uno stato
emotivo climatico ma che ora viene associato alla nuova situazione che i sensi esterni
stanno percependo.
Infine, la stessa coscienza, nella sua elaborazione di immagini, può mettere in moto
tutte le attività che abbiamo visto prima, e ad esse aggiungervi le proprie; pertanto alla
fine resteranno impresse nella memoria situazioni esterne associate ad elementi
immaginari.
Non si da’ una spiegazione molto esauriente quando si dice che un fenomeno è
"illusorio"; la spiegazione non migliora quando si dice che le illusioni si registrano, così
come si registrano le percezioni chiamate "non illusorie". Per la coscienza la sofferenza
illusoria possiede un registro reale. E’ qui, nella sofferenza illusoria, dove la trasferenza
trova il miglior campo di applicazione. Diverso è ciò che accade con gli impulsi dolorosi
basilari, tradotti o deformati, che possono essere spogliati da altre componenti illusorie
senza che per questo sparisca il dolore fisico. Ma questo non è un tema proprio della
trasferenza.
Le soglie dei vari sensi sono interdipendenti e le loro modificazioni avvengono secondo
una logica strutturale. Inoltre la variazione complessiva delle soglie dei sensi interni
compensa quella delle soglie dei sensi esterni.
Quando diminuiscono gli impulsi inviati dai sensi esterni, i fenomeni che si trovano sulla
soglia cenestesica entrano nella frangia di percezione e cominciano ad inviare segnali.
Con questo vogliamo dire che, quando diminuisce la percezione esterna, i fenomeni interni
-che non venivano registrati perché si trovavano nel livello di soglia- diventano registrabili.
Pertanto, man mano che si abbassa il livello di coscienza possiamo percepire
l’insorgere di fenomeni dell'infracorpo che nella veglia non apparivano. Non appena
scompare il rumore dovuto ai sensi esterni, essi diventano manifesti.
In concomitanza con l'abbassamento del livello di coscienza, questi impulsi interni
cominciano a fornire alla coscienza dei segnali che, per la loro stessa natura, prendono il
canale che si apre più facilmente quando il livello di coscienza si abbassa, e cioè il canale
associativo.
Quando si apre la via associativa, i fenomeni di traduzione –che già in veglia sono
frequenti- agiscono con intensità maggiore.
Questo è il meccanismo fondamentale della traduzione degli impulsi. E cos’è che viene
tradotto? Vediamo un esempio. Un impulso uditivo risveglia registri mnestici, registri nei
quali gli impulsi visivi nel momento della registrazione erano associati ad impulsi uditivi.
Ora arriva unicamente l'impulso esterno uditivo e nel mio spazio di rappresentazione
appare il registro visivo. In veglia questo fenomeno è frequente. Ed è proprio grazie a
questo meccanismo di associazione dei sensi, a questa strutturazione effettuata
dall’insieme dei sensi, che possiamo configurare importanti frange del mondo esterno.
Altrimenti si avrebbero serie difficoltà ad articolare adeguatamente gli oggetti.
Il mondo oggettuale si articola a poco a poco, a partire dalla prima infanzia, proprio
come lo spazio di rappresentazione.
Non sembra che i bambini piccoli articolino coerentemente i molteplici registri che
hanno di un stesso oggetto. Innanzitutto non distinguono bene tra il proprio corpo ed
quello della madre. Poi non riescono a mettere in relazione in modo adeguato rapportare il
tipo di stimolo prodotto da un oggetto che arriva ad un senso con la funzione che
quell'oggetto può compiere. Inoltre il loro apparato di registro è confuso; li vediamo, per
esempio, portare all'orecchio qualcosa che vogliono mangiare. Scambiano, cioè, una cosa
per un'altra, non riescono ad articolare il sistema di percezioni in modo coerente come
faranno in seguito.
Torniamo ora al nostro tema, cioè allo studio dei primi fenomeni di traduzione di
impulsi. Come abbiamo visto, il tema è facile quando trattiamo un fenomeno che,
incidendo su di un senso, libera una catena di immagini in cui ne appaiono alcune che
corrispondono ad altri sensi ma che in ogni modo sono relazionate con lo stesso oggetto.
Ma cosa succede in quei strani casi di associazione in cui le caratteristiche di un oggetto
vengono attribuite ad un altro oggetto? Vediamo un esempio. Un signore, sentendo il
suono di una campana non evoca l'immagine visiva della campana, ma quella di un
parente. Questo è un fenomeno di traduzione molto più interessante. Il suono non
richiama altre caratteristiche percettive dell'oggetto; in questo caso la persona sta
associando l'oggetto ad altri fenomeni, ad altre immagini che forse hanno accompagnato
l’impressione in quel momento, ma che non si riferiscono all'oggetto in questione, bensì ad
un altro tipo di oggetto.
Quindi stiamo dicendo che in primo luogo vengono associate le diverse caratteristiche
percettive di un oggetto dato; in secondo luogo, che vengono associati ad un oggetto tutti i
fenomeni che hanno avuto una qualche relazione con esso. E questi fenomeni riguardano
altri oggetti, altre persone, implicano intere situazioni. Allora il fenomeno della traduzione
degli impulsi riguarda non solo le caratteristiche di un stesso oggetto, ma anche quelle di
altri oggetti e di strutture di situazione che vennero associate all'oggetto dato.
Ma non è tutto: ci sono da considerare anche gli impulsi interni. Se possiede sufficiente
potenziale, un impulso interno arriva alla soglia di registro. Riprendendo il nostro esempio,
può succedere allora che, ascoltando il suono della campana, l'individuo sperimenti anche
una curiosa emozione. In questo caso non sta più associando un impulso a quelli relativi
alle altre caratteristiche dell'oggetto dato né a quelli relativi ad altri oggetti che
accompagnarono il fenomeno, e neppure a complete strutture di percezione. C'è
qualcos'altro: associo le strutture complete di una percezione con le strutture del registro
interno che lo accompagnò in quel momento.
Abbiamo visto a suo tempo che la memoria risulta divisa in strati; abbiamo parlato di
memoria antica, mediata e recente, ed abbiamo detto che esse conformano una struttura
in dinamica.
Fino ad ora abbiamo visto gli impulsi associarsi e tradursi gli uni negli altri. Ma esistono
anche altri fenomeni molto curiosi: i fenomeni di trasformazione. Ecco che una cosa che
nell'immagine era strutturata in un certo modo, in breve tempo comincia ad assumere altre
configurazioni. Questo è un processo peculiare che si verifica nelle vie associative: gli
impulsi associati, che sorgono nello spazio di rappresentazione, assumono vita propria e
cominciano a deformarsi, a trasformarsi, per cui alla fine ci troviamo a studiare una cosa
mobile che si muove sopra un'altra cosa mobile.
E con questi problemi ci troviamo nelle tecniche trasferenziali. Dobbiamo dare una
certa fissità a questo caos mobile, dobbiamo trovare delle leggi generali che ci permettano
di operare su di esso. Abbiamo bisogno di leggi operative, cioè di qualcosa che risponda
sempre e che dia gli stessi risultati quando le condizioni sono le stesse. Queste leggi
esistono perché, fortunatamente, il corpo possiede una certa fissità. Noi possiamo operare
proprio grazie al fatto che il corpo possiede una certa permanenza. Perché se tutto questo
avvenisse esclusivamente nel mondo psichico, non ci sarebbe nessuna possibilità
operativa, nessun riferimento.
Il riferimento oggettuale dato dal corpo ci permette di dire che qualunque fenomeno
verrà sempre individuato in una determinata zona dello spazio di rappresentazione.
Prendiamo, per esempio, un dolore corporale. Esso può essere tradotto diversi modi, può
evocare differenti tipi di immagini contigue; vi possono essere varie miscele di memorie e
di tempi, però, in ogni caso, esso sarà captato in qualche punto dello spazio di
rappresentazione. Grazie alla fissità del corpo, riusciremo a comprendere molti altri
fenomeni curiosi e molte funzioni. Il corpo è un vecchio amico, un buon compagno che ci
fornisce i riferimenti necessari per muoverci attraverso psichismo. E non abbiamo nessun
altro modo di farlo.
Provo ad immaginare una linea orizzontale davanti ai miei occhi. Chiudo gli occhi. Dove
immagino la linea? La immagino davanti e fuori. Immagino ora il mio stomaco, dove
l'immagino? In basso e dentro. Quindi immagino la linea di prima nel posto in cui si trova lo
stomaco e questo mi crea un problema di ubicazione. Adesso immagino lo stomaco
davanti e fuori ed anche questo mi creda un problema di ubicazione. Quando immagino lo
stomaco in basso e dentro, non solo immagino lo stomaco, ma ho di esso anche un
registro cenestésico e questo è una seconda componente della mia rappresentazione.
Posso anche immaginare lo stomaco davanti e fuori, ma non ho lo stesso registro
cenestésico. Pertanto quando l'immagine si colloca nel posto che le corrisponde, va
accompagnata da una componente cenestesica che ci fornisce un importante elemento di
guida.
Adesso fate un piccolo sforzo e cercate di immaginare lo stomaco in alto e fuori. Come
l'immaginate? Probabilmente come un disegno che avete visto nei libri. Invece quando lo
immaginate in basso e dentro, come lo immaginate? Come un disegno? In nessun modo.
Ne avete forse un'immagine visiva? No. Potreste anche averla, associata a quella
cenestesica, per il fenomeno di traduzione. Però, fondamentalmente, quando immaginate
lo stomaco in basso e dentro nello spazio di rappresentazione, operate con un altro tipo di
immagine, con un'immagine cenestesica.
Quindi, di un'immagine, a seconda del punto e del livello di profondità in cui è collocata
nello spazio di rappresentazione, possiamo avere non solo il registro visivo, per esempio,
ma anche la percezione cenestesica che corrisponde alla sua collocazione.
Quando gli oggetti che si trovano collocati nello spazio di rappresentazione risultano
osservati "dal fondo" di tale spazio, diciamo che stiamo operando con la strutturazione
tipica della veglia. In altre parole, nel livello di veglia, vediamo i fenomeni esterni a noi - o
cosiddetti esterni a noi - collocati fuori della nostra testa.
Ora io posso immaginare un oggetto lontano che si trova fuori dalla mia testa. Dove
registro questa immagine? Nell’interno della mia testa; questa è la sensazione che ho.
Tuttavia, non dico che tale oggetto si trovi dentro la mia testa.
Se ora invece, colloco con l'immaginazione l'oggetto esterno di prima dentro la mia
testa, oltre all'immagine visiva avrò un registro cenestesico relativo all'interno della testa.
Stiamo dicendo che, a seconda del livello di profondità in cui l’immagine è collocata
nello spazio di rappresentazione, avremo diversi tipi di registro: un registro esterno o un
registro cenestésico. Questo fatto è molto importante per comprendere in seguito il
fenomeno della trasferenza. Quindi io posso immaginare, dal fondo di questa specie di
schermo che è lo spazio di rappresentazione, i fenomeni che si trovano al di fuori della mia
testa. Ma anche quando i fenomeni li immagino dentro la mia testa li sto collocando
all'interno dello spazio di rappresentazione.
Posso fare un sforzo ancora maggiore ed immaginare che l'oggetto collocato all’interno
della mia testa sia visto contemporaneamente da diversi punti di osservazione.
Effettivamente è possibile rappresentare un oggetto da diverse angolazioni come farebbe
"colui che rappresenta" se girasse attorno all'oggetto, ma normalmente si rappresenta
l'oggetto da un certo "fondo."
In questa sala, dietro di voi, ci sono delle tende e senza vederle voi le potete
immaginare. Ma quando nello spazio di rappresentazione osservate le tende che stanno
dietro di voi, vi potreste domandare: da dove vedo quelle tende? Le vedete dallo stesso
fondo dello schermo di cui parlavamo, solo che in esso si è verificata una sorta di
inversione. Voi non vi situate dietro le tende per poterle osservare; vi ponete nella stessa
collocazione interna ed ora sembrano loro, le tende, a essere al di fuori di voi, ma dietro.
Questo ci crea qualche problema, ma ad ogni modo il punto di osservazione continua ad
essere collocato sempre nel fondo dello spazio di rappresentazione.
Quando diciamo che le immagini che sorgono in distinti punti dello spazio di
rappresentazione agiscono su centri di risposta, ci rendiamo conto che esse non
potrebbero farlo se lo schermo si trovasse fuori. Le immagini agiscono sui centri perché
questi impulsi vanno verso l’interno anche quando l'individuo creda che quei fenomeni
siano ubicati fuori. A questo punto è bene chiarire che non sto negando l'esistenza dei
fenomeni esterni; sto solo ragionando sulla la loro configurazione, poiché detti fenomeni
passano attraverso i filtri della percezione e si articolano sullo schermo di
rappresentazione.
Man mano che il livello di coscienza scende, si modifica la strutturazione dello spazio di
rappresentazione e quei fenomeni che in veglia erano visti da dentro credendoli fuori,
quando il livello di coscienza si abbassa i fenomeni vengono visti fuori credendoli dentro,
oppure, vengono visti dentro credendoli fuori.
A partire da dove osservo i fenomeni del sogno? In veglia mi trovavo collocato sul
fondo dello schermo di rappresentazione quando immaginavo i fenomeni esterni. Ma nel
sogno dov'è finito questo schermo se posso vedere “me stesso” separato da “colui che
osserva”? Nel sogno vedo me stesso dal alto, dal basso, a distanza, da vicino, ecc.
I centri istintivi (il vegetativo ed il sessuale) si attivano fortemente nei livelli bassi di
coscienza, benché esistano alcune concomitanze di tipo emotivo ed anche qualche
concomitanza intellettuale, ma quasi nessuna di tipo motorio.
Dunque, le immagini esercitano una forte influenza sul funzionamento dei centri
vegetativo e sessuale quando, come nei sogni, si collocano nella parte più interna dello
spazio di rappresentazione. Le immagini della vita quotidiana, anche se potrebbero
risultare interessanti per questi due centri, non producono su di essi delle azioni effettive di
carica e scarica come fanno invece le immagini che appaiono nei livelli bassi di coscienza.
Se è vero che questi due centri vengono attivati dalle immagini prodotte nei livelli bassi
di coscienza, è però anche vero che il funzionamento di tali centri produce forti immagini
interne. Si tratta di un fenomeno reversibile: in generale, lo spazio interno di
rappresentazione viene configurato dagli stimoli cenestesici e, reciprocamente, qualunque
immagine che si colloca in un determinato livello dello spazio di rappresentazione, agisce
sul livello corporeo che corrisponde alla sua collocazione.
Riconsideriamo ora ciò che abbiamo spiegato poco fa e cioè: le associazioni che i vari
sensi fanno su uno stesso oggetto; le traduzioni degli impulsi che riguardano uno stesso
oggetto; le associazioni tra oggetti e situazioni, e la traduzione degli impulsi relativi ad un
oggetto in impulsi relativi ad altri oggetti che lo circondano.
Abbiamo anche spiegato che esistono fenomeni di associazione tra oggetti e situazioni
esterne e fenomeni di associazione tra oggetti e situazioni interne (cioè tra oggetti e
registri cenestesici); questi due tipi di associazioni passano alla memoria. Le registrazioni
che ne derivano sono sempre presenti come trasfondo di ogni fenomeno di
rappresentazione (cioè di immagine), e sono legate a precise zone e a precisi livelli di
profondità dello spazio di rappresentazione.
Abbiamo oramai una chiave per comprendere che cosa succede quando le immagini
transitano nello spazio di rappresentazione nei livelli di sonno e dormiveglia, e di
conseguenza per comprendere i primi passi della tecnica che abbiamo chiamato
“trasferenza”.
Nella tecnica trasferenziale, il nostro problema sta nel produrre un'associazione o una
dissociazione tra climi e immagini (o, detto meglio, tra determinati climi e determinati temi).
In certe situazioni ci si presenterà la necessità di associare un'immagine visiva ad un
clima perché esistono soltanto immagini cenestesiche non visualizzabili; e se esse non
sono visualizzabili non possiamo trasferirle a una diversa altezza ed a un diverso livello
dello spazio di rappresentazione. Dunque, in queste situazioni, ci vediamo obbligati ad
associare al clima alcune immagini, per poter poi far muovere queste ultime nello spazio
di rappresentazione e, così facendo, “trascinare” il clima. Se non agiamo in questo modo
il clima diffuso ed invadente si distribuirà nello spazio di rappresentazione in una maniera
tale da impedirci di operare su di esso.
In altre situazioni, a causa di un altro funzionamento peculiare dei fenomeni del
dormiveglia e del sonno, troveremo delle immagini visive alle quali sono legate delle
cariche che non corrispondono esattamente ad esse. In questo caso cercheremo di
dissociare queste cariche dalle immagini a cui sono legate e di trasferire a queste ultime le
cariche che effettivamente corrispondono loro.