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STORIA DELL’ANIMA

Anima è parola che in greco dice la vita [ψυχή ] che essa è, ed invece in latino il vento [ἄ νεμος] che
l’ha portata nei corpi che respirano.
Come ormai ben noto l’anima nasce nell’antica Grecia, anche se è doveroso sottolineare che il più
famoso poeta dell’Ellade, Omero, non disponeva ancora né di tale concetto né di un vocabolo per
nominarlo. Egli infatti non concepisce l’uomo come un tutto intero, bensì come un composto di parti ed
è proprio per questo che non di rado nei massimi poemi omerici, quali l’Iliade e l’Odissea, le ragioni
della mente [φρή ν] si trovano in conflitto con i sentimenti del cuore [θυμό ς]. Sempre per questo
motivo alle volte alcuni uomini omerici, fra cui Odisseo, si colpiscono con un pugno sul petto e parlano
al loro cuore [καρδία] invece di parlare fra sé e sé.
Seppure copiose quanto frammentarie, come quella di Eraclito, siano le testimonianze di una
speculazione antecedente a Platone circa l’anima, fu proprio il filosofo ateniese a stabilirne il discorso
definitivo da cui ebbe origine il dualismo antropologico che contrappone anima e corpo, psiche e soma,
e che attraversa tutta la tradizione occidentale.
Per Platone il corpo [σῶ μα] altro non è che la tomba [σῆ μα], la gabbia, dell’anima ed esso ne
ostruisce la possibilità di conoscenza della verità . Per il filosofo ateniese l’indagine mediante i sensi è
ingannevole in quanto è soggettiva e non permette la formazione di un sapere universale: la necessità
di Platone è infatti di tipo gnoseologico. Egli contrappone l’oblio [λή θη] del corpo con la verità
[ἀ λή θεια] dell’anima, che non può però essere assoluta fin quando non si sarà sciolta [solutus] da [ab] i
lacci del corpo come da catene, cioè non si sarà liberata [α-] dall’oblio [λή θη] del corpo.
Nonostante il tentativo del più famoso allievo del fondatore dell’Accademia di restaurare l’unita
dell’uomo, Aristotele fu poco considerato e ascoltato e la storia fu tutta positiva per l’anima e ben poco
invece per il corpo. L’anima giungerà dunque a conoscere la verità quanto più sarà distaccata dai
legami del corpo
Tale concetto divenne così tanto indispensabile per l’Occidente da non esservi più alcuno ad
interrogarsi circa la sua reale esistenza o meno. Questa sua irremovibilità dallo scomparto filosofico-
culturale dell’Occidente, ha fatto sì che l’anima potesse attraversare in modo ampiamente equivoco ed
ondivago tutta la tradizione cristiana e la Bibbia, benché la cultura ebraica fosse totalmente sprovvista
di tale concetto metafisico filosofico.
Seppure inizialmente dedita alla resurrezione dei corpi, come recita il Credo, la religione cristiana ha
poi tradito se stessa e la sua principale credenza finendo per confondersi con la filosofia greca
platonica e neoplatonica.
A permettere tale erroneo passaggio fu la traduzione greca, detta dei LXX, della Bibbia ebraica.
Essendo essa stata redatta nel III secolo a. C., le categorie di interpretazione, e così quelle di
traduzione, erano quelle messe a disposizione dal platonismo. Fu per l’appunto in tal modo che
l’ebraico nefesh [‫]נֶפֶשׁ‬, che non vuol assolutamente significare anima, venne tradotto dai greci della LXX
con ψυχή , mentre dai latini della Vulgata venne reso con il corrispondente anima.
Le due tradizioni, quella greca e quella cristiana, nonché massime matrici culturali dell’intero
Occidente, vennero a fondersi insieme sempre di più . Già Paolo di Tarso proclamava un disprezzo nei
confronti della carne che lo portò ad esclamare, quasi con espressione socratica: “Me infelice! Chi mi
libererà da questo corpo di morte? [ἐκ τοῦ σώ ματος τοῦ θανά του]. Nodali per questo consolidamento
furono Agostino di Tagaste che pose le basi per la salvezza dell’anima anziché del corpo, con
quell’espressione, sempre più platonica ma enormemente distante dal messaggio biblico-cristiano, la
quale afferma che: “nell’interiorità dell’uomo abita la verità [in interiore homine habitat veritas]. Altro
pensatore fondamentale per questa definitiva fusione fra cristianesimo e filosofia platonica fu
Tommaso d’Aquino, il quale propose, proprio come Aristotele, una cooperazione fra anima e corpo,
lasciando però che fra le due il dominio fosse comunque dell’anima. Nel tentativo di risolvere il
dualismo che da sempre assilla la tradizione occidentale, i cristiani non fecero altro che mettere in atto
una vastissima diatriba circa la sua influenza sul corpo dogmatizzandone ulteriormente l’esistenza.
Ormai divenuta più nodale ed impossibile da snodare, l’anima ricadde sotto le mani e l’occhio
scientifico del filosofo francese René Descartes il quale fu, sostanzialmente, un secondo Platone. Egli,
seguendo l’ormai indiscusso dualismo antropologico, infatti, altro non fece che disgiungere la realtà
dell’uomo nelle categorie estensive del corpo [res extensa] e in quelle meramente cogitative dell’anima
[res cogitans]. Dopo aver drasticamente ridotto il corpo umano a pura macchina tramite la fisica
galileiana, probabilmente pentitosi di questa grande spaccatura da lui attuata nei dell’essere umano,
Cartesio tentò di rimediare al tutto affermando che vi è una parte del cervello, detta ghiandola pineale,
in cui l’anima attua in modo più diretto le sue funzioni. Ivi sarebbe dunque da cercarsi l’anima. Benché
tale tentativo sia ben noto e le critiche fra cui quella di Voltaire, il quale asserisce che l’uomo descritto
da Cartesio è ciò che di più distante giace dall’uomo reale, le sorti della storia furono nuovamente tutte
per l’anima.
Infatti, con la nascita della psicologia scientifica nel XIX secolo, il termine anima, poiché gravido di
numerose implicanze filosofiche, morali e religiose, venne sostituito con quello più tecnico e neutro di
psiche, il quale si rifà direttamente al greco ψυχή da cui tutto ebbe origine.
Riprendendo in parte e anche modificando la speculazione di Cartesio, neppure la psicologia, la
psicoanalisi e la psichiatria, che sul concetto di anima hanno edificato se stesse, esulano se stesse dal
ritenere risolto e naturale quel dualismo che, in ambito scientifico, da antropologico diviene
psicofisico, e senza il quale non sarebbero possibili quei processi teorici come la somatizzazione.
Fra le più famose, nonché precedentemente annoverate, scienze dell’anima: la psicologia concepisce
la psiche come un qualcosa a noi interiore, come stabilito dal linguaggio religioso cristiano; la
psicoanalisi, invece, la intende solo come un epifenomeno di forze organiche, per cui ciò che è psichico
non è autonomo, bensì meramente rappresentativo del somatico, tali sono le pulsioni dell’Eros e di
Thá natos; mentre la psichiatria, che fra le tre è la più organicistica, concepisce la malattia mentale
soltanto come uno squilibrio bio-chimico imperante all’interno dell’apparato cerebrale.

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