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La “Festa dell’emigrante”… e un nostro omaggio a Sinibaldo Amelia

Gli amici di Quindici hanno organizzato per il 21 agosto prossimo la “Festa dell’emigrante” presso la Piazza
Rotondella di Quindici. Alle ore 20, dopo l’apertura degli stands, si terrà uno spettacolo teatrale, “Sketch-
up” a cura dello locale compagnia teatrale de “Gli smandrappati”.

Su questa pagina, attenta come si sa al passato dei nostri paesi, oltre a complimentarci per il tema scelto in
memoria degli emigranti è ovvio collegarsi alla storia.

Quando ho letto il titolo della manifestazione, il mio pensiero è corso subito al primo emigrante di Quindici
di cui ho avuto notizia negli archivi. Una storia triste, vi avverto, ma terribile perchè… maledettamente
simile alle storie odierne delle migrazioni.

Di lui, di Sinibaldo Amelia, non ho nemmeno trovato l’atto di nascita. So solo che i suoi genitori erano
certamente di Quindici perché lì il Procuratore di Avellino chiese che venisse registrato l’atto di morte.

Sinibaldo ha appena 8, al massimo 12 anni quando il 3 dicembre del 1895 si imbarca da Napoli sul piroscafo
Carlo Raggio. Con lui probabilmente ci sono i genitori, Amelia Giuseppe e Rosa Manzi. La meta è Rio de
Janeiro. Da anni infatti gli italiani vanno in Brasile: il paese è ormai calmo con la schiavitù abolita e il
tranquillo regime della Repubblica federale. I brasiliani d’altronde cercano con urgenza mano d’opera nelle
piantagioni di caffè e perciò da anni hanno iniziato una fitta propaganda attraverso le agenzie di
immigrazione. Gli italiani fanno al caso loro: tranquilli, lavoratori, stessa religione…

Non ho trovato alcuna foto del piroscafo Raggio e forse è meglio perché quella era la nave della morte. Si,
avete letto bene. Non so se Sinibaldo o i suoi genitori lo sapessero ma quella nave era una delle più
famigerate nei trasporti degli immigrati. L’armatore Edilio Raggi era stato senza scrupoli: fiutando gli affari
aveva convertito quel piroscafo merci che trasportava carbone tra Cardiff e Genova in nave passeggeri
mista a merci. Si dice che le sue stive – come le altre di quegli anni – ricordassero le antiche navi degli
schiavi: un fetore insopportabile tra escrementi e tutto lo schifo di questo mondo.

Nave della morte ho scritto: sì, perché nel 1888 dodici passeggeri vi erano morti di fame.

Triste destino questo del Raggio: Sinibaldo, il nostro bambino di Quindici comincia a star male. La situazione
precipita sempre più, fino a quel 27 dicembre 1895, al ventiquattresimo giorno di navigazione. Sono le ore
13: i passeggeri cominciano a urlare e corre un medico. E’ Gaspare Vincenti, un nolano che esercita a
Napoli. Il dottor Vincenti è giovane, 26 anni appena. E per sentirsi più sicuro sul da farsi chiama l’altro
medico che èa bordo: Gabriele Baggio Lese, nativo di Bardonecchia ma ormai di Torino. Sinibaldo purtroppo
è debole. Sempre più. Finchè l’esile corpo non regge e si arrende. “Cachessia infantile” scrivono i due
medici sul referto. Sinibaldo non è sfuggito alla maledizione del Carlo Raggio: è morto di fame, esattamente
come era successo anni prima.

La Carlo Raggi continuerà ad essere la nave maledetta. E’ il 1896 quando su di essa ci saranno più di 200
morti di colera. 1896: lo stesso anno in cui arriverà la notizia della morte di Sinibaldo, il piccolo e primo
emigrante quindicese morto fuori del paese.

Il suo corpo riposa in mare: libero e leggero come è stata la sua tenerissima infanzia. A lui l’omaggio, a lui
ora il nostro ricordo.

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