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COME NASCE LA SUBCOSCIENZA

A - Ha parlato di subcoscienza e di idee persistenti.


Perché sono costretto a pensare ciò che non voglio?
Perché mi ritornano cose che ormai non hanno più senso? Mi può dare qualche
spiegazione in merito? Ne sento la necessità.

R - Comprendo. Mi hai detto in passato che, per quanto la tua coscienza non volesse
sperimentare la droga e altre cose, tuttavia una forza ti costringeva a muoverti in tal
senso; la mente, poi, elaborava la sperimentazione e preordinava i mezzi atti allo scopo.
Come nasce il pensiero? Perché pensiamo?

A - Per quanto abbia compreso tante cose, questo problema mi riesce difficile.

R - Lo credo anch'io. Vediamo di capirci qualcosa. Perché hai pensato alla droga, per
esempio?

A - Perché ero a terra. Ero insoddisfatto di tutto e un mio amico mi disse che per me ci
voleva qualcosa di eccitante, esaltante…

R - Possiamo aggiungere imprigionante e non risolvente. Non è vero?

A - Oggi posso dire di sì. Un'esaltazione assurda. Per un attimo d'illusione, un prezzo
troppo alto da pagare, sotto tanti punti di vista.

R - Bene, hai pensato alla droga perché ti ha costretto un'istanza d'insoddisfazione che
preesisteva all'idea-droga. Istanze d'insoddisfazione, d'inappagamento, d'irrequitezza
che, a livello inconscio, rimangono indeterminate, non ancora qualificate.

A - Il pensiero, vorrei chiedere, non è la mente?


E la subcoscienza dove sta? Tutti questi termini, con la loro ubicazione, mi riescono
incomprensibili.

R - Giusto, l'analisi separa e divide ciò che in fondo è unità. Ma tu mi costringi a usare
l'analisi. Facciamo un'analogia. Paragoniamo la mente all'oceano. Questo rappresenta
una particolare sostanza atta a produrre un'onda, un pezzo di ghiaccio, ecc. Così, la
mente è un certo tipo di sostanza impregnata di consapevolezza, volontà, intelligenza,
ecc., atta a produrre certe cose, ad esempio un'idea-immagine. Dal momento che un
contenuto subconscio non è altro che un evento-idea cristallizzato, coagulato, possiamo
confrontarlo col pezzo di ghiaccio, il quale, appunto, è un contenuto di acqua
cristallizzato, solidificato.
L'associazione di idee rappresenta il continuo flusso delle onde del mare, un'onda segue
l'altra ed è motivata dalle stimolazioni subconscie. La memoria è un fatto, un'idea,
un'immagine che hanno lasciato un solco nella sostanza mentale.
Abbiamo, così, questa sequenza: istanza subconscia, movimento emozionale, ideazione
e concettualizzazione dell'istanza-movimento, azione.
L'istanza o la spinta germinale inconscia può produrre un movimento attrattivo o
repulsivo. Dalla sua condizione inconscia o indeterminata, lentamente viene a
qualificarsi e oggettivarsi.

A - Così la mia richiesta di godimento sensoriale deriva da un'istanza inconscia? La mia


richiesta di droga, ad esempio, deriva da una spinta inconscia? Però la prima volta che
ne ho fatto uso non poteva esserci nell'inconscio.

R - C'è stato un tempo in cui la tua mente era libera da tale contenuto, ma non
dall'istanza d'insoddisfazione. Un bel giorno, o meglio un brutto giorno, una
stimolazione l'ha colpita ed essa, essendo già predisposta, ha recepito il messaggio; in
altri termini, ha risposto. Che cosa è avvenuto poi? Il piacere provato è stato di una forza
tale da solcare la sostanza mentale e impiantare la radice. Dopo qualche tempo è
affiorato il ricordo, riportato dalla radice, che ha sospinto l'immaginazione mentale a
proiettare l'evento; quando l'intera consapevolezza viene oberata dall'immagine mentale
non c'è più scampo, la precipitazione a livello oggettivo è inevitabile. Avendo ripetuto
l'evento, la radice, a sua volta, ha prodotto un seme, un piccolo atomo-forza
condizionante. A questo punto l'esperienza si è concretamente cristallizzata nelle
profondità della mente.
Così, nella tua spazialità psichica esisteva ormai un nucleo-forza tale da costringerti
ritmicamente al movimento emotivo e all'immagine-pensiero. La mente era necessitata a
pensare l'oggetto del suo condizionamento, non esperiva altra idea-immagine se non
quella che aveva radicato e impresso nella sua struttura. Che cosa possiamo dedurre da
tutto ciò? Che la mente, un tempo libera dal pensiero della droga, gradualmente è caduta
nella necessità e nella schiavitù.
Questo processo si verifica anche con il sesso, con la vanità, con l'autoaffermazione, con
l'odio, ecc., tutte droghe che offuscano e sviliscono la coscienza dell'essere.

A - Posso consolarmi. Siamo più o meno tutti drogati. Chi è uso a prendere una droga e
chi un'altra. Riconosco che siamo figli della necessità perché ci è sfuggita di mano
l'autodeterminazione.

R - È proprio così. L'umanità è drogata e non se ne accorge. Vive sotto l'imperio


dell'esaltazione dell'odio, dell'amore sensoriale, dell'autoaffermazione, del potere e di
altre droghe che offendono la ragione e l'intelligenza.
A - Ora vorrei chiederle: perché c'è l'insoddisfazione che sospinge a sperimentare
incompiutezze?

R - Quando, per una libera determinazione, si "esce" dalla propria natura e ci si


identifica con le proprie "ombre", fino a quando non si rientra o ci si sveglia dal torpore
dell'identificazione, si vive nell'insoddisfazione. Questa però risulta salutare dal
momento che sospinge la coscienza, identificata con l'ombra, a trovare la sua
completezza.
Per molto tempo cerca fuori di sè l'oggetto di compiutezza (da qui tutte le gratificazioni
di cui abbiamo parlato), ma alla fine non può non arrendersi e ricadere su se stessa: è il
momento del ritorno e del rientro. Allora si accorge che tutte quelle gratificazioni
necessitavano e rappresentavano semplici compensazioni.
l'io stesso nasce come evento compensatorio. Ecco perché non potrà mai saziarsi.
L'egoismo è la legge dell'io, rappresenta la legge del suo sopravvivere. L'io è assestato di
concetti, di affetti e di istinti perché deve sopperire alla sua non-assolutezza e non-realtà;
deve far fronte, quindi, alla sua caducità. Si attacca e aderisce agli oggetti perché spera
di trovare nelle cose-eventi la sua perpetuità e la sua felicità.
Il mondo che hai di fronte è il mondo dell'io, ma la tua Realtà non è di questo mondo.
Nel mondo dell'io non potrai mai trovare la compiutezza e la soluzione dei tuoi problemi
di fondo; posso dirti che nessuna ideologia socio-economico-politica potrà mai risolvere
la problematica dell'io.
L'io ha solo un inevitabile destino: quello di morire. Ma è proprio con la sua morte che
la Realtà scaturisce e zampilla come fonte di vita immortale.

A - Capita che non avendo più alcuni prodotti naturali li sostituiamo con quelli sintetici;
comprendo la perdita di certi prodotti puri con prodotti artificiali; avviene così anche nei
riguardi di noi stessi?

R - Il tuo esempio spicciolo può calzare. Avendo noi perso la Beatitudine senza oggetto,
la sostituiamo con quella sensoriale oggettiva. avendo perso la Conoscenza principiale-
universale la sostituiamo con l'erudizione quantistica dei fenomeni e così via.
Noi viviamo di "surrogati", di "sostituti", di compensazione e di alienazione.

A - Però avendo io avuto la beatitudine senza oggetto perché, mi domando, mi sono


dovuto impegolare nel conflitto e nel dolore? Avendo avuto il prodotto puro a portata di
mano, perché mi sono costretto a ricorrere ai surrogati?

R - Se ci sei caduto vuol dire che l'hai potuto fare.


Diremo che la tua natura è tale che può esperire infinite possibilità vitali.
Cerchiamo di comprendere ciò che avviene a livello manasico. Tu hai la possibilità e la
libertà di pensare, nell'ambito ovviamente della tua natura, tutto ciò che vuoi; ora fai
attenzione: tu puoi pensare e rimanere libero dal pensato, oppure puoi pensare e fonderti
con il tuo oggetto pensativo fino ad un punto tale da considerarti non più soggetto
pensante ma oggetto pensato.
Su questo punto siamo d'accordo?

A - Certo. Rivedendo le mie esperienze posso dirlo.

R - Bene, allora ricorda che tutto ciò fa parte della tua natura, del tuo essere. Se non
riesci a modificare il quadro concettuale che hai della natura di un dato, puoi cadere in
grossi conflitti.
Se la tua mente irrequieta si chiede, ad esempio, perché tu sei di ordine maschile e non
femminile, umano o altro, io ti dico che stai andando contro un principio di logica e
razionalità; tu sei maschile perché tale è la tua natura; tu sei ciò che sei, e basta.
Non possiamo discutere sulla natura di un dato perché, appunto, essa è ciò che è; però
possiamo discutere sul funzionamento di tale natura, su come essa opera e si determina.
Il manas è un veicolo d'investigazione che, oltre ad avere necessariamente i suoi limiti,
deve riconoscere che ci sono certi perché che non possono avere risposta per il semplice
fatto che tali perché appartengono alla natura dell'essere. Diremo, ci sono delle realtà
ultime che sono tali perché, appunto, sono ultime.

A - Comprendo. Il difetto non è nella verità o nelle cose perché esse sono, come lei dice,
quelle che sono; il difetto è nella non giusta direzione mentale. La mente-manas è un
semplice veicolo d'indagine e se non c'è dietro quell'illuminazione che ti dice: fai
attenzione a non cadere in un veicolo cieco, tu continui a chiedere l'impossibile.

R - Sono d'accordo. quindi non chiederti, in riferimento alla stessa mente, perché essa
pensa; la mente pensa perché rientra nella sua natura pensare; così sappiamo che
l'umidità è connaturata all'acqua, e così via.
Ritornando al nostro discorso possiamo concludere dicendo che puoi agevolmente
constatare - senza alcuna dimostrazione dialettica - che sei libero di pensare senza
identificarti con il prodotto pensato, come puoi pensare e identificarti con il pensato; e
infine, aggiungiamo adesso, puoi essere anche libero di non pensare.
Abbiamo, dunque, che la mente può operare in modo triplice:

1. Pensare con identificazione


2. Pensare senza identificazione
3. Non pensare

La prima condizione appartiene alla maggior parte degli esseri viventi: da qui la perdita
della propria identità e conseguentemente l'acquisizione di tutti quei surrogati di cui
abbiamo parlato.
La seconda condizione è del realizzato ontologico (se ci è consentita questa
espressione), la terza appartiene a colui che ha trasceso l'istanza di fare con
immedesimazione, e di agire senza assimilazione.

A - La mente, comunque, non viene sollecitata da condizionamenti esterni oltre che da


quelli inconsci interni?

R - Sì, anche da agenti esterni. L'acqua dell'oceano può essere messa in movimento dalla
potenza interna dei suoi icebergs o dalla spinta-stimolo prodotta da un fattore esterno.

A - Allora fino a quando ci sono stimoli o sollecitazioni esterne siamo costretti a


produrre pensiero, quindi modificazioni mentali-coscienziali. Ciò costituisce una
schiavitù a cui non possiamo far fronte.

R - Dobbiamo riconoscere che la mente-coscienza, se lo desidera effettivamente, per


quanto sollecitata da agenti esterni, può rimanere immodificata, può determinarsi punto
al centro senza alcuna reazione emotiva e produzione di immagini. Infatti, quante volte
hai ricevuto stimolazioni dall'esterno senza modificare la tua mente-coscienza?
Quest'ultima ha la possibilità di porsi in una posizione neutra.

A - Tutto quello che abbiamo detto lo trovo di estrema importanza, almeno per me.
Come posso trarre una sintesi per far attecchire durevolmente nella mia sostanza mentale
un tale seme di meditazione?

R - Possiamo riassumere il tutto in questo quadro il quale si ripresenta in modo ritmico:

Quiete Coscienziale

1. Impulso originario, causa del movimento


(Sollecitazione)

2. Movimento emozionale qualificato


(Modificazione coscienziale)

3. Ideazione e programmazione dell'evento con


conseguente procacciamento dei mezzi atti a
gratificare l'istanza e calmare il movimento

4. Estinzione del movimento

Quiete Coscienziale
Come puoi notare, tra due posizioni di QUIETE, di calma, di riposo, esiste la tensione-
modificazione di coscienza.
Un giorno comprenderai un particolare agire scevro da questa tensione-modificazione, il
che vuol dire che pur agendo sarai in pace e in quiete con te stesso e quindi con la vita;
vuol dire che ti porrai fuori del divenire psichico, fuori del movimento conflittuale
polare. Penso che l'hai intuito quando abbiamo parlato delle estrinsecazioni del manas.
Ma riprendiamo il nostro discorso. L'impulso costituisce un minimum di energia
potenziale di un seme ben radicato nella sostanza mentale. Il movimento è la messa in
moto dell'emozione-sentimento, è la tensione psichica che sospinge la mente
all'ideazione-immaginazione, ad organizzarsi sul piano della programmazione e a
modificare la coscienza. Il movimento rappresenta il divenire-māyā psichico.
L’estinzione del movimento avviene con la cessazione dello stimolo, con la
gratificazione del contenuto direzionale, con lo scarico della tensione.

A - Se poi comincia la ripetizione del processo: istanza, movimento, ecc., come


possiamo uscire da questo quadro infernale?

R - È vero, la ripetizione è ritmica e costante perché il seme si ricarica, si autoalimenta


proprio con la ripetizione, assimilando cioè il piacere-dolore, la qualità del fatto,
dell'esperienza. Così la ripetizione del movimento muscolare allena e alimenta il
muscolo. La droga del sesso, della vanità, ecc., o quella che fino ad oggi hai preso, ti
procura piacere (o dolore, il che è lo stesso).
Il piacere-dolore ha una potenza tale da solcare la sostanza mentale, da inciderla; la
conseguente ripetizione forzata ti produce ulteriore piacere-dolore che va ad alimentare
il seme, e così via. Quindi, il seme può perpetuarsi fino all'indefinito, nutrendosi con il
gioco del suo stesso ritmo vitale. Un'idea-contenuto è un ente, con sua propria vitalità;
esso può innalzarti o distruggerti. Dipende dalla qualità potenziale dell'ente-se-idea,
dipende dalla direzione che prende.

A - Che desolazione! si può rompere questo cerchio condizionante?

R - Si può rompere, per fortuna. Ma occorre preparazione, volontà e intelligenza.


Se portiamo l'intero prodursi del movimento al rallentatore, osserviamo quelle sequenze
che abbiamo dato. Noi possiamo, così, operare in un punto lungo le quattro fasi:

- Possiamo, cioè, impedire alla mente di ideare-immaginare e quindi non farle


condividere il movimento emotivo. Ciò rappresenta la rottura dell'immagine mentale; il
pensiero opera sempre con immagini.

- Possiamo, trovando una forza uguale e contraria, fermare il movimento sensitivo. Ciò
rappresenta un comprimere la forza emotiva sensoriale-sentimentale.
- Possiamo fermare l'impulso originario della sostanza mentale prima ancora che
determini l'esaltazione emozionale.
Quest'ultima possibilità costituisce lo stato ottimale poiché, tra l'altro, non è frutto di
inibizione, come noi intendiamo tale termine, in quanto l'annullamento avviene a livelli
molto profondi, fuori del quadro conscio.
In altri termini scendiamo negli "inferi" per sradicare sul posto la nostra incompiutezza e
la nostra insoddisfazione. Se adoperiamo questo procedimento, possiamo servirci
contemporaneamente anche dei primi due, perché gradatamente la tensione viene
allentata; se invece ci serviamo solo delle prime due fasi, non risolviamo integralmente
il problema perché la soluzione avviene a livelli troppo superficiali della psiche. Ti
avevo dato qualche tecnica a tale scopo, e in seguito ne riparleremo.

(Tratto da Tat Tvam Asi, Raphael, pag 105-116)

COMPENSAZIONI DELL'IO

R - Come puoi vedere c'è una sempre più perfetta sintonizzazione dei nostri cuori.
Incomincio a pensare che, gradualmente, ci comprenderemo non più in termini verbali,
ma per Accordo vibratorio. Realizzando la Verità, siamo Verità e la Verità si dimostra da
sè, si palesa innocentemente, si svela come il fuoco del sole, nel silenzio che tutto
compenetra.
Vorrei ricordarti alcune cose in riferimento ai supporti di cui hai parlato.
Vi sono molti discepoli che hanno attuato un forte distacco dalla vita profana: si sono
disciplinati sul piano dell'attrazione verso cose materiali, sul piano della dieta, degli
stessi rapporti umani, limitandoli al minimo, e cose di questo genere. Sembrano dei
realizzati, e vivono anche di silenzio. Osservandoli si può pensare che siano "fuori del
mondo". Ad un attento occhio però risulta che essi hanno trasferito a livello soggettivo
quello che prima era un mondo ideale che risponde perfettamente alla gratificazione
dell'io. Da estroversi si sono resi introversi. Non hanno abbandonato niente, ma hanno
operato una trasferenza energetica e di sfere.
Gradatamente la coscienza si adatta - quando non è proprio la sua linea di minor
resistenza - a questo movimento ideale e trova ugualmente quell'appagamento che prima
trovava fuori di sè. Abbiamo così i sognatori che si gratificano con i loro sogni. Vi sono
individui che s'immaginano campioni sportivi, attori, politici, capitani d'industria, capi
religiosi, maestri e avatāra o messia, dominatori di folle; insomma, personaggi
importanti che hanno sempre un seguito; a tutto questo immaginare, a volte, viene data
una motivazione altruistica e ciò risulta estremamente più pericoloso e subdolo perché
l'io-istanza trova un canale sgombro, rispondendo ad un certo tipo di morale comune,
una situazione ideale che può essere accettata, accolta, al limite, con compiacimento, per
cui la coscienza tranquillizzandosi non si contrappone e lascia via libera alla
soddisfazione egoica. E' una grande astuzia istintiva dell'energia condizionante, un
piacevole alibi dell'io avido e psichicamente onanista.
Per capire quest'evento bisogna che tu riconosca la dinamica operativa dell'istanza-
desiderio.

Le vāsanā, cioè la subcoscienza, impulsano verso istanze di piacere, sospingono al


"movimento" sì da potersi gratificare. Questa gratificazione normalmente avviene a
livello oggettivo, per cui la mente elabora istintivamente un piano di approccio che porta
alla conclusione della gratificazione stessa. Sotto questa prospettiva abbiamo i tanti
individui che operano e agiscono determinandosi lungo indefinite linee di
comportamento; la conclusione è, ovviamente, il coronamento dell'istanza-desiderio.
Quando questo non viene soddisfatto, la psiche, in quanto flusso di energia "protesa
verso", rimane frustata. E' la condizione dell'io in conflitto. Se invece l'istanza viene in
maturazione e soddisfatta, si produce uno scarico di tensione (un "piacere" è una
tensione) e la coscienza si trova per un pò di tempo tranquilla, contenta, pacificata.
Diremo che, in fondo, l'istanza più profonda dell'essere è proprio quella di pervenire alla
tranquillità e alla pacificazione della coscienza. Diremo ancora che - paradosso - la vera
pacificazione del cuore avviene con la morte-gratificazione del desiderio-piacere.

Nella maturazione dell'istanza-desiderio c'è contrazione, c'è irrequietezza, c'è


movimento aritmico della psiche, mentre nello scarico e nella morte della tensione-
desiderio c'è un dolce abbandono, un rilassamento salutare, una completa riconciliazione
delle potenze biopsichiche. A ciò abbiamo accennato precedentemente.
Ma è bene approfondire.

A - Ho sperimentato personalmente questo processo nel campo del sesso e della droga.
Lo trovo rispondente ad un dato di fatto. Ma come risolvere completamente, in maniera
integrale, simile evento?

R - Appunto, questo è il problema di fondo se si vuole effettivamente uscire dalla


tensione-conflitto. Dal momento che le istanze nascono, maturano e muoiono per poi
rinascere, maturare e morire di nuovo, e così ciclicamente di seguito, come possiamo
risolvere il problema? Continuando ad appagare l'istanza-desiderio non lo risolveremo
perché fin quando in noi ci saranno i semi del desiderio, la forza stessa della vita li
stimolerà alla maturazione. Finché le radici di un albero sono ben interrate, ritmicamente
il sole farà maturare i suoi frutti. Per evitare che ciò avvenga si deve eliminare il sole o
la condizione ambientale favorevole. Ma, per quanto possano non esserci le condizioni,
tuttavia le radici-semi sono sempre là, passibili di sviluppo e di maturazione.

A - Se non erro questa condizione corrisponderebbe al pralaya?

R - Esatto. Corrisponde al "sonno" della natura.


La vita rimane allo stato latente, in attesa di una nuova alba.
Dunque, fino a quando vi sono semi che richiedono gratificazione si è sempre coinvolti
sul piano del divenire e del processo, e ciò costituisce l'altalena dell'individuo, il
movimento del pendolo dell'orologio.
L'individuo samsarico esperimenta questo andare e venire: la quiete, la tensione e la
gratificazione - il punto di crisi, di tensione e di emergenza - poi, ancora la quiete, e così
via. Lungo il tempo, però, vi sono esseri che, giunti a maturità, stanchi dell'andare-
venire, vogliono farla finita con l'altalena, e allora si fermano e incominciano a meditare
sul come poterne uscire.
Tu ti trovi a questo punto, stai meditando e adoperandoti a risolvere l'altalena vitale, stai
studiando la possibilità di uscire dal quadro riposo-tensione; in altri termini, dal flusso
del divenire individuale e universale.

A - Ormai ne sono certo. In questi tempi ho compreso tante cose, mi sono visto, ho
sperimentato, ho analizzato con la mia consapevolezza e ho concluso che l'altalena la
devo completamente risolvere, essa non è più per me, costituisce un assurdo, un
semplice gioco da bambini.

R - Allora occorre che tu recida alla radice la causa del desiderio e del divenire-
conflittuale; occorre che tu trascenda la fonte dell'altalena soggettiva e oggettiva, e la
fonte risiede - per dirla con l'advaita - nel corpo causale-germinale. Qui sono interrate le
radici dell'avidya, in questo corpo dimora la tua sorgente potenziale energetica che ti
costringe nell'altalena del piacere-dolore, a livello sottile e grossolano, soggettivo e
oggettivo. Questo corpo, sfera, condizione, ecc., chiamalo come vuoi, rappresenta il
ricettacolo del potenziale istintuale, in senso lato, che, fino a quando non trova
soluzione, irrompe nell'atto tramite qualche canale di scorrimento. E se tu chiudi un
canale, con la sua pressione insoddisfatta, esso ne apre un altro. Abbiamo riscontrato che
respingendo un desiderio, dopo un pò di tempo ci troviamo con un altro desiderio di
diversa orientazione.
Se vuoi totalmente risolvere l'altalena del divenire, occorre che tu ti riporti alla Pax
profunda, che è beatitudine senza oggetto, senza desiderio, senza gratificazione; che è
Pace e non un riposo effetto dello scarico di tensione, nè esaltazione o estasi sensoriale.
Fratello mio, l'asparśa yoga è lo yoga senza sostegni, è lo yoga che estirpa le radici nelle
loro profondità, è lo yoga dell'integrale soluzione.

A - Comprendo perfettamente e proseguo arditamente nel mio morire. Continuo con la


meditazione e tutto il resto che già conosco?

R - Ti darò un'altra meditazione. Ritma poi sempre meglio il respiro, impugna con
decisione e persistentemente la spada della viveka (discriminazione tra il Reale e il non-
reale) e di vairāgya (distacco psicologico). La tua attenzione sia rivolta alla Visione, e
abbandonati alla dolcezza del Sè. Se a volte osservi i fuochi fatui, spegnili e vivi nella
gioia degli "ultimi respiri".
(tratto da Tat Tvam Asi, Raphael, pag 121-125)

R - Hai parlato prima di subcoscienza. Penso che la chiave del tuo problema sta proprio
in questa parola: subcoscienza. Il Vedānta, abbiamo visto in passato, parla di vāsanā e di
saṁskāra: idee cristallizzate. Il tuo "mostro" da abbattere è questo mondo cristallizzato,
invecchiato, coagulato. Comunque, dobbiamo riconoscere che hai dato molti colpi al
"mostro" e la sādhanā si è portata abbastanza avanti.
In tempi passati parlavamo di morte. Non è che tu debba morire fisicamente - sarebbe
molto più facile - , ciò che ti occorre è invece la morte di quell'idea coagulata che tu sei
un serpente e non la corda, che tu sei corpo, sensi, ecc. e non Quello, l'ātman
eternamente risplendente, l'Uno-senza-secondo, la Quintessenza di ogni possibile
quintessenza.

A - A volte mi sembra di trovarmi già nell'ultima Verità, altre volte la Verità mi appare
molto lontana. Ci sono momenti in cui penso che l'individuo stia giocando con se stesso,
o meglio si stia giocando; basterebbe fermare il gioco e tutto ritornerebbe al suo posto.
Da oggi in avanti devo rifiutare l'idea di essere questo o quello, devo rifiutare ogni idea
di differenziazione; magari impazzirò, ma non permetterò all'idea mostro d'invadere la
mia coscienza.

R - Condivido questa tua decisione e sono sicuro che prima o poi non potrai non ottenere
ciò che t'imponi. Tempo addietro hai detto che vuoi uscire dai giochi infantili. In ogni
modo, non si tratta di rifiutare di contrapporsi alla subcoscienza. Tu devi comprendere il
movimento subconscio, devi capire che una palla sollecitata ha una sua traiettoria, e la
sua forza d'inerzia la fa andare avanti anche quando la sollecitazione è finita.
È importante per te, oggi, non alimentare o sollecitare ancora quell'idea-mostro,
diversamente ti creerai un conflitto enorme.

A - E che cosa posso fare? L'idea-mostro è sempre presente. Occorrono mezzi energici.

R - Un tempo ti ho parlato di vigilanza, ora è il momento di prenderla veramente in


considerazione, anzi di viverla. La vigilanza ti porterà gradualmente al silenzio psichico,
alla sospensione di tutte le modificazioni pensative conscie e subconscie. In quel
silenzio troverai la morte e in quello stesso silenzio ti ritroverai come Essenza.

A - Allo stato attuale, allora, oltre i doveri della mia sadhana, che cosa mi consiglia di
fare?

R - Devi, come abbiamo detto l'altro giorno, sempre più compenetrarti dell'idea di essere
Quello, il Brahman, l'Essenza di tutte le cose, lo schermo su cui s'intessono in chiaro-
scuri della vita fenomenica. Abbandonati a tale consapevolezza, non contrastare la
Realtà che è in te, deponi ogni fardello mentale, emotivo e reattivo fisico, e vivi nella
gioia della non-resistenza. Alla Libertà si perviene dominando e trascendendo la
necessità del movimento.

A - A volte ho fede, a volte mi necessita la dimostrazione, a volte c'è un vuoto di


coscienza che mi costringe nell'inerzia.

R - Alla fede e alla dimostrazione intellettiva lentamente dovrai sostituire l'esperienza


interiore. Vi sono molti che viaggiono sulle ali della fede, altri su quelle della
dimostrazione mentale; tu invece devi vivere la verità non per fede o per dimostrazione,
ma perché sai attuare una totale rivoluzione di coscienza, perché hai conquistato la
Dignità che conferisce una superiore statura. La tua dev'essere una Realizzazione, non
una concettualizzazione o una semplice credenza di fede. Ricordati che la mente va a
caccia di teorie, di emozioni, di sensazioni, e l'io di gratificazioni.

A - Agli inizi del nostro dialogo non abbiamo parlato di teorie, nel caso specifico di
teoria di Vedanta? Perché abbiamo alimentato la mente con qualcosa che ha non senso?

R - Il Vedānta non è teoria ma Dottrina la quale non è frutto di speculazione intellettiva


per appagare la mente nel suo gioco. Il Vedānta, prima che speculazione, è
sperimentazione. Da tale sperimentazione nasce un concettualizzare che è diretto solo a
coloro che ancora non sono svegliati. In altri termini, ciò significa portare l'esperienza
coscienziale sul piano della comunicazione verbale, il solo che rimane accessibile al non
svegliato. Un'upaniṣad non è una teoria concettuale fine a se stessa, ma uno squarcio di
vita tradotto in concetti, i soli accessibili, ripeto, al non-svegliato.
Brahman è semplicemente un nome che, naturalmente, nasconde la Realtà, la quale è
senza nome. Al posto di Brahman possiamo mettere un altro nome - spesso si usa
Quello proprio per ridurre al minimo il linguaggio - ma il risultato non cambia. Così,
l'idea Īśvara incorpora una precisa esperienza coscienziale alla quale possiamo dare il
nome che vogliamo, però rimane sempre uno stato di essere. Per comunicare al nostro
livello ci occorre il linguaggio, ma un'upaniṣad dice che Brahman è al di là dei nomi e
del linguaggio.
Lentamente abbiamo abbandonato il rapporto tra due menti (manas) e ci siamo portati
sul piano della sperimentazione. Una rivoluzione di coscienza non può avvenire su
semplici basi concettuali.

(tratto da Tat Tvam Asi, Raphael, pag 138-141)

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