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Il

Bullis
Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando
viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da
parte di uno o più compagni" (Olweus 1996). Partendo da questa definizione di un
autorevole studioso, capiamo che molti sono gli atti che rientrano in questa categoria.
Anzitutto quelli che non implicano un danno fisico, come: mettere in giro falsità su una
persona, offenderla, ignorarla, insultarla, prenderla in giro, minacciarla. Poi, dalle parole, si
passa spesso anche ai "fatti", con danni o distruzioni delle cose di una persona, furti,
spinte, pugni, o peggio. Questo è il bullismo. 

Forse riflettendoci, scopriamo che non si tratta di niente di nuovo. Episodi di questo
genere, infatti, accadevano anche in altri tempi, come testimoniano i romanzi "Cuore" di
Edmondo De Amicis o "David Copperfield" di Charles Dickens, ma la cosa più sconvolgente
è che oggi avvengono anche tra le mura scolastiche, mentre una volta quasi tutto
succedeva fuori dalla scuola. 
Una recente inchiesta ha infatti mostrato che il 27% degli episodi di bullismo
avviene in aula, il 14% nei corridoi e il 16% nel cortile. La scuola, cioè quello che
dovrebbe essere l'ambiente educativo per eccellenza, nasconde una cultura di violenza
poco presa in considerazione dagli adulti. Infatti, all'interno della scuola, nel momento in
cui gli episodi di prepotenza sono denunciati, viene segnalata un'inspiegabile indifferenza
o trascuratezza. Tanto è vero che, in genere, chi è presente all'episodio non interviene per
porre fine alle prepotenze.

Anche chi subisce la maggior parte delle volte non denuncia e sopporta in
silenzio, senza dire niente. Infatti, moltissime vittime non possono o non vogliono far
conoscere le violenze subite, forse perché si vergognano, ed elaborano da sole strategie
per sottrarsi al ripetersi di tali esperienze e alle loro eventuali conseguenze. Del resto,
risulta che anche quando gli episodi vengono denunciati non sempre si verifica la fine delle
prepotenze. Per indifferenza o trascuratezza i protagonisti non vengono adeguatamente
puniti e si sentono quindi legittimati ad operare come avevano già in fatto in precedenza. 

Gli insegnanti tendono a non dar peso alla faccenda, diventando così complici
della prepotenza. Occorre quindi che anzitutto gli adulti si rendano conto di quest'amara
realtà, che non è affatto marginale. Sembra infatti che quasi il 50% dei ragazzi  dichiari di
essere stato vittima, almeno una volta, di episodi di bullismo. Le statistiche rivelano anche
che gli ultimi anni delle suole elementari, quelli della scuola media e i primi delle superiori
sono quelli più soggetti ad episodi del genere. 

Le prepotenze di tipo verbale sono più numerose di quelle di tipo fisico, ma non
per questo sono da sottovalutare, poiché spesso esse causano traumi psicologici
gravissimi. Si pensi per esempio al bullismo femminile. Quando le ragazze "dominanti" in
un gruppo decidono di escluderne qualcuna non la sfiorano fisicamente e non le parlano.
La vittima capisce che parlano di lei, ma loro fanno finta di niente, poi si inventano
barzellette e canzoni su di lei. Forse questo tipo di bullismo è peggiore di quello maschile,
perché certe pressioni psicologiche possono solo essere subite, mentre le azioni fisiche del
bullismo maschile possono essere denunciate con maggiore facilità. In genere sono gli
insegnanti più giovani a richiedere un intervento deciso di questo tipo, forse anche perché
i ragazzi si permettono maggiori licenze di fronte a loro, mentre quelli più anziani tendono
a minimizzare, e fanno molto male a comportarsi così.

Anche all'interno della famiglia si preferisce non dare peso a quanto accaduto,
oppure si consiglia di reagire alla stessa maniera. Questo è deleterio. Infatti, il primo
modo per combattere il bullismo è quello di riconoscerne subito la gravità, prima che un
problema facilmente risolvibile diventi drammatico. Certe volte, infatti, per i ragazzi le
sfide più grandi da affrontare giornalmente non sono i compiti o le interrogazioni, ma
l'inserimento, o meno, nel gruppo dei coetanei e il nodo delle relazioni interpersonali. Non
dimentichiamolo mai!

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