Sei sulla pagina 1di 704

Raffaello Lupi

Diritto
Amministrativo
dei tributi
Le funzioni istituzionali di determinazione dei tributi
come punto di osservazione del diritto (un nuovo inizio
“istituzionalistico” per il diritto tributario?)

Versione al 26 gennaio 2016

Il diritto tributario studia la funzione istituzionale di


determinazione dei tributi, non la legislazione tributaria, che è solo
uno dei tanti strumenti che la influenzano. Questo libro è quindi di
diritto, non di legislazione o altri “materiali normativi”, cioè
articoli, commi, sentenze o citazioni dottrinali1. Il discorso non
vale solo per la funzione tributaria, ma sul piano metodologico
riguarda qualsiasi altra istituzione giuridica; mi riferisco sia alle
istituzioni giurisdizionali, dirette alle soluzione dei conflitti, sia a
quelle non giurisdizionali, dirette ad altri settori dell’intervento
pubblico nella società , come sicurezza, istruzione, ambiente,
cultura, ricerca o appunto –per tornare a noi- determinazione dei
tributi. Il titolo del testo si spiega per il presupposto metodologico
più ampio in cui si inserisce lo studio della funzione tributaria,
cioè che tutto il diritto, compreso quello diretto alla soluzione
delle controversie tra privati, e quindi anch’esso espressione della

1
Anche le citazioni dottrinali in un certo senso ”normative” , cioè espressione
di autorità, almeno all’interno delle accademie. Al di fuori, invece, valgono solo
per la ragionevolezza e persuasività del loro contenuto.

1 di 704
società e della politica, è amministrativo2. Se anche il giudice è il
funzionario di una istituzione, figuriamoci i funzionari di altre
istituzioni. Da questa premessa discende che ogni manuale di
diritto, pur dedicato a una materia particolare, partecipa di
caratteristiche strutturali del diritto in generale, e deve essere
utilizzato per esprimerle. Il manuale di diritto non è un prontuario
tecnico per i professionisti, ma esprime la spiegazione d’insieme
in cui poi si inserisce l’operatività. sto contiene cioè una organica
spiegazione d’insieme della determinazione dei tributi, che
trascende gli innumerevoli tecnicismi contingenti, e ormai
incomprensibili persino ad addetti ai lavori, in difficoltà persino
nella comunicazione reciproca. Il volume si dirige quindi a chi
vuole ragionare su un settore della convivenza sociale dedicato
alla determinazione della ricchezza finalizzata al calcolo delle
imposte.
Costoro hanno bisogno che le loro riflessioni, assieme a quelle
degli altri che si pongono questi problemi, siano finalmente
coordinate; alla determinazione dei tributi si può infatti guardare
da tante angolazioni, complementari e interconnesse, intrecciando
pubblici uffici, politica, mass media, aziende, individui,
giornalisti, giudici, concetti di ricchezza, etc.. Possono esserci vari
motivi d’interesse alla determinazione dei tributi, accompagnati da
diversi bagagli culturali e livelli di attenzione, variamente
combinati tra loro. Nella misura in cui questi requisiti sono
elevati, il testo spera di essere gradevole e scorrevole come un
quotidiano, se non fosse per la maggior lunghezza,anche dovuta
alla ricerca di agganci nel bagaglio culturale dei meno esperti, fino
agli studenti. Su questo sfondo, i riflessi professionali e di
consulenza possono esserci, ma solo quando essi fanno parte di

2
) C’è il diritto amministrativo della risoluzione delle controversie tra privati,
quello della punizione delle azioni socialmente riprovevoli(penale), quello della
soluzione delle controversie tra operatori economici (commerciale), quello della
sicurezza, dell’istruzione, dell’ambiente, della ricerca, della difesa(diritto amm.
Militare), e delle altre funzioni pubbliche, compresa quella che qui c’interessa,
relativa alla determinazione dei tributi (facendo i debiti scongiuri esistono
persino volumi di “diritto mortuario”, del resto anche la morte è una vicenda
umana).

2 di 704
una sistematizzazione strutturale dei concetti, perché anche
l’”operatività”, nelle sue parti più importanti, fa parte della teoria3.
Qualche che sia il punto di vista da cui i lettori si affacceranno
alla determinazione dei tributi, cercheremo di collegare il loro
bagaglio culturale e le chiavi di lettura generali del fenomeno. La
cornice metodologica è ovviamente quella del diritto come studio
di pubbliche funzioni, nel nostro caso quella tributaria. La
supervisione su di essa spetta alla pubblica opinione, cui questo
libro cerca di fornire gli strumenti per svolgerla con cognizione di
causa. La determinazione dei tributi è stata uno dei primi esempi
di giuridicità “non giurisdizionale”, ed oggi può contribuire a
una riflessione metodologica perfettibile, ma
applicabile a tutti i settori del diritto, come da
qualche anno sta facendo l’autore, in precedenti
versioni di questo compendio e in altri testi, anche in
lavorazione. In questa prospettiva il diritto può
mantenersi distinto dalla politica, senza appiattirsi
sulla legislazione, né limitarsi alla dimensione
avvocatesco-professionale. Così come l’economia
studia gli scambi privati, il diritto si dedica alle
istituzioni preposte alle pubbliche funzioni, dalla
giustizia, alla sicurezza, all’ambiente, alle
infrastrutture, all’urbanistica, alla regolazione dei
mercati, alla determinazione dei tributi. La
legislazione e i materiali sono uno strumento per
capire le istituzioni, ma subentrano man mano,
dall’interlocuzione d’insieme, si passa a quella
professionale. Quest’ultima potrà svolgersi tanto più
serenamente quanto più sia snella e diffusa la
spiegazione d’insieme sulla determinazione dei
tributi. Non è un settore in cui si può passare
direttamente “ai tecnicismi”; come si fa quando la
materia è più alla portata del bagaglio culturale
comune. La spiegazione di insieme della
determinazione dei tributi, oggetto di questo
3
) Tutta la vera teoria, se snella e non sussiegosa, è al tempo stesso anche
“pratica”, mentre la maggior parte della pratica è solo contingenza, specie in un
settore disorientato per la pubblica opinione.

3 di 704
volume, non è quindi solo per gli studenti, ma per
tutte le persone di cultura che per varie ragioni sono
interessate al tema, senza il bisogno di risolvere uno
specifico problema tecnico professionale.

Questa versione cartacea del testo è di lettura più comoda , ma è


chiusa a ulteriori riflessioni , messe a punto e sfumature, cui è
invece aperta la versione informatica del “Diritto amministrativo
dei tributi”(il titolo si spiega in quanto, nell’impostazione
suddetta, il diritto è concettualmente unitario, ed è sempre
amministrativo, persino quando riguarda la giustizia civile). Non
ho appesantito il cartaceo con indicazioni bibliografiche, che
saranno disponibili online, con riferimento ai paragrafi del libro, al
sito
http://didattica.uniroma2.it/files/index/insegnamento/154806-
Diritto-Tributario.
Dallo stesso link sono scaricabili liberamente anche le audio
lezioni , che collegano il testo con la realtà e sono reperibili anche
qui
https://www.dropbox.com/sh/e194bhyx3py0g90/AAD1FuXAaKe
0JX0B1CjO4bOha?dl=0

LA DETERMINAZIONE DEI TRIBUTI E DELLA


RICCHEZZA TRA ISTITUZIONI, AZIENDE E INDIVIDUI

parte prima...............................................................................................10
Gli uomini: Istituzioni, aziende e individui nella determinazione dei
tributi........................................................................................................10
CAPITOLO 1 IL PUNTO DI VISTA DELLA STORIA: CONCETTI DI
BASE DEI TRIBUTI E DELLA LORO DETERMINAZIONE..................10
1.1. Gestione finanziaria pubblica (c.d. “fiscalità”): Entrate
patrimoniali, tariffe e tributi (tasse e imposte)........................................11
1.2. La necessità di “imporre le imposte” e determinazione della
ricchezza (“funzione tributaria”)............................................................14

4 di 704
1.3. La giuridicità della determinazione dei tributi (il diritto nella
funzione istituzionale tributaria)..............................................................18
1.4. Determinazione delle imposte attraverso la documentazione delle
organizzazioni pluripersonali (aziende e istituzioni)...............................28
1.5. Parametri di efficienza dell’autotassazione sulla ricchezza non
determinata attraverso le aziende (aliquote, sanzioni, controlli)............30
1.6 Carenze formative economico-sociali di pubblica opinione e classi
dirigenti....................................................................................................32
1.7. Rapporto tra determinazione dei tributi ed “effetti economici dei
tributi”: intervento pubblico, “pressione fiscale”, “redistribuzione”,
“crescita” etc...........................................................................................40
1.8. Riflessi giuridici dei concetti economici che giustificano i tributi:
beneficio /scambio) e sacrificio (reddito-consumo-patrimonio)..............44
1.9. le logiche della determinazione della ricchezza e la dialettica col
gettito tributario.......................................................................................50
1.10. Ragioni, anche perequative, della molteplicità dei tributi e
panoramica del relativo gettito................................................................54
1.11. Segue. Strumenti giuridici di determinazione della ricchezza
(stime, documenti, registrazioni, etc.)......................................................56
1.12 Previdenza sociale: i contributi come “tributi di scopo”?..............58
Capitolo 2- IL PUNTO DI VISTA DELLA POLITICA: LEGISLAZIONE
ORGANIZZATIVA E DECISORIA (principi costituzionali e comunitari
nella determinazione dei tributi)..............................................................61
2.1. L’organizzazione legislativa della “funzione tributaria” (riserva di
legge, statuto del contribuente e “codificazione”)..................................62
2.2. Capacità contributiva: conferme, casualità ed equivoci di sua
determinabilità personale complessiva....................................................69
2.3. La legislazione sostanziale tributaria, come inquadramento della
ricchezza registrata..................................................................................74
2.4. Segue Aspettative esagerate verso la legislazione, tra effetti-
annuncio e gestione politica dell’ambiguità...........................................77
2.5. La Corte costituzionale come giudice delle leggi, anche tributarie. 82
2.6. Determinazione dei tributi e vincoli Europei....................................84
Capitolo 3.................................................................................................90
IL PUNTO DI VISTA DEI PRIVATI: AZIENDE, INDIVIDUI E
PROFESSIONISTI NELLA DETERMINAZIONE DEI TRIBUTI....90
3.1. Le aziende come “corpi sociali intermedi”, anche nella
determinazione dei tributi........................................................................91
3.2. Rigidità gestionale delle organizzazioni aziendali come punto di
forza della determinazione dei tributi....................................................102
3.3. La riutilizzazione-integrazione tributaria della documentazione
gestionale delle aziende.........................................................................108
3.4. Adempimenti esclusivamente tributari: dai versamenti, alle
dichiarazioni..........................................................................................115

5 di 704
3.5. Tassazione attraverso le aziende di ricchezza di terzi:“contribuenti
di diritto” e “di fatto” tra rivalse, traslazioni e controversie private con
oggetto tributario...................................................................................121
3.6. Segue. Sostituto d’imposta e ritenute alla fonte su redditi erogati a
terzi:funzione esattiva e segnaletica......................................................126
3.7. Ricchezza fiscalmente non registrata dai titolari di organizzazioni
aziendali (ipotesi sulla “grande evasione”)..........................................133
3.8. Ricchezza non registrata per finalità aziendali e “costo dei tributi”
................................................................................................................139
3.9. Qualificazione giuridica della ricchezza registrata e logiche
dell’interpretazione nella tassazione attraverso le aziende...................142
3.10. Segue: inquadramento giuridico in funzione della convenienza
tributaria, “evasione interpretativa ed elusione” come comportamenti
aziendali e “diversivi istituzionali” (rinvio)..........................................149
3.11. Ricchezza non registrata, contestazioni interpretative e
“monitoraggio fiscale” nei rapporti internazionali..............................157
3.12. Riepilogo: ricchezza non registrata e contestazioni interpretative
nelle simmetrie della tassazione attraverso le aziende..........................161
3.13. Dove le aziende non arrivano: l’inutile “ragionierizzazione” dei
lavoratori indipendenti (il diversivo della “contabilità fiscale”)..........167
3.14. Segue. Mancata registrazione degli incassi nel lavoro indipendente
verso consumatori finali.........................................................................171
3.15. La ricchezza senza determinabilità contabile né basi fisse:riflessi
tributari dei cambiamenti del lavoro.....................................................174
3.16. Operatori privati addetti alla determinazione dei tributi e
“tassazione attraverso i commercialisti”..............................................178
CAPITOLO 4 PUNTO DI VISTA DELLA PUBBLICA OPINIONE
E SUO DISORIENTAMENTO DAVANTI ALLA MANCATA
SPIEGAZIONE D'INSIEME DELLA FUNZIONE TRIBUTARIA. 184
4.1. Le stime della ricchezza non registrata ai fini tributari.................185
4.2. Percezione dei controlli ed esigenze di vita ai fini dell’adempimento
tributario dei lavoratori indipendenti....................................................189
4.3. Mancata spiegazione d’insieme della determinazione dei tributi da
parte dell’accademia:ragioni metodologiche........................................194
4.4. Segue: Mancata spiegazione da parte della cultura economica,
professionale, di istituzioni, aziende e mezzi di informazione...............215
4.5. Le istintive spiegazioni autoprodotte dalla pubblica
opinione:“eccessività delle aliquote”, “senso civico”,
“ragionierizzazione delle stime”...........................................................231
4.6. Segue: strumentalizzazioni politiche del disorientamento tributario
e lacerazioni sociali...............................................................................238
4.7. La spiegazione d'insieme della determinazione dei tributi nella
cornice delle “scienze sociali”..............................................................244
CAPITOLO 5 IL PUNTO DI VISTA DELLE ISTITUZIONI
AMMINISTRATIVE E DEGLI UFFICI TRIBUTARI.............................259

6 di 704
5.1. Il potere amministrativo nelle varie entrate pubbliche (tariffe, tasse
in senso stretto, monopoli, contributi, imposte etc...)............................260
5.2. Geografia delle istituzioni tributarie (Agenzia delle Entrate –
Guardia di Finanza – esattori – uffici comunali, etc.)...........................263
5.3. Influenza della pubblica opinione sulle istituzioni tributarie:
preoccupazioni d’immagine e di protezione individuale.......................268
5.4. Le istituzioni come ausilio all’autodeterminazione dei tributi
(modulistica, assistenza e interpretazioni amministrative)....................283
5.5. Acquisizione e controllo formale delle dichiarazioni e dei versamenti
(incroci informatici e campionatura oneri deducibili)..........................288
5.6. Indagini amministrative dirette alla determinazione dei tributi:
contenuto e verbalizzazione...................................................................291
5.7. Credibilità economica e impulso all’adempimento come essenza
della funzione tributaria nell’autotassazione.........................................302
5.8. L’empirismo e il probabilismo del giudizio di fatto nella valutazione
della ricchezza da parte degli uffici tributari........................................309
5.9. Segue: inserimento di “indizi contabili” sulla tradizionale
determinazione valutativa della ricchezza.............................................313
5.10. Determinazione valutativa della ricchezza, allocazione delle risorse
e “discrezionalità”.................................................................................317
5.11. Segue. Sospetti di connivenza e negligenza come ostacolo
all’esercizio della funzione tributaria....................................................327
5.12. Ambiguità delle formule normative sull’accertamento tributario
(induttivo, contabile, etc.)......................................................................332
5.13. Valutazione amministrativa della ricchezza non registrata, tra
indizi fisico-economico-contabili e studi di settore...............................338
5.14. Tenore di vita e spesa “privata” come indizio di ricchezza non
registrata (accertamenti “sintetico-redditometrici”)............................348
5.15. Rischi di perdita di controllo amministrativo del territorio su
manifestazioni di ricchezza collaterali e sfuggenti................................352
5.16. Potenzialità e mitologie di banche dati , tracciabilità e altri “indizi
contabili”...............................................................................................358
5.17. Organizzazioni aziendali come capro espiatorio dei malesseri
creati dalla “tassazione attraverso le aziende”.....................................363
5.18. Segue. contestazioni interpretative come giri di parole
apparentemente in tema (l’inferno del dichiarato e le difficili difese).. 368
5.19. conclusioni: Il “tutoraggio” delle grandi aziende come diversivo
controproducente per il fisco e per l’economia.....................................371
5.20. Il condono come ultima frontiera dell’autodeterminazione e
dell’“amministrazione per legge”.........................................................377
Capitolo 6 IL PUNTO DI VISTA DELLE CONTROVERSIE:
CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO E GIURISDIZIONALE.
RISCOSSIONE E SANZIONI.................................................................381
6.1. Provvedimenti amministrativi nella determinazione dei tributi:
autoritatività, termini, competenza, partecipazione del privato............382

7 di 704
6.2. Segue: diversità tra motivazione e prova degli accertamenti
tributari..................................................................................................390
6.3. Provvedimenti degli uffici tributari verso coobbligati solidali e
contribuenti di fatto................................................................................393
6.4. Il contenzioso amministrativo: accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale, “mediazione” e prospettive...........................396
6.5. Segue. Inadeguatezze del ricorso in opposizione e necessità di
ulteriori livelli di responsabilità: prospettive della “mediazione
tributaria”..............................................................................................403
6.6. Il ritiro degli atti in autotutela, tra correzione, riduzione e definitivo
abbandono..............................................................................................408
6.7. Controllo giurisdizionale delle istituzioni: un processo di
impugnazione.........................................................................................410
6.8. Segue: Impostazione, reclutamento ed eterogeneità di un giudice
sspeciale “part time”.............................................................................416
6.9. Rito processuale: l’intreccio tra sostanza impugnatoria e modello
processualcivilistico...............................................................................420
6.10. Geografia del contenzioso per tipologie di controversie e
complessivo insuccesso della “via giurisdizionale” alla determinazione
dei tributi................................................................................................434
6.11. Evasione da riscossione e riscossione coattiva da parte di una
diversa autorità amministrativa (Equitalia)..........................................439
6.12. Riscossione in pendenza di ricorso come diversivo rispetto alla
certezza della riscossione.......................................................................446
6.13. Insufficienza delle sanzioni a compensare l’inadeguata valutazione
amministrativa della ricchezza..............................................................450
6.14. Segue: 2 Il palliativo penaltributario tra ricchezza non registrata e
contestazioni interpretative....................................................................457
PARTE SECONDA . IL PUNTO DI VISTA DELLA PRECISAZIONE
GIURIDICA DEI CONCETTI ECONOMICI CUI SI RIFERISCONO I
TRIBUTI (REDDITI , CONSUMI E PATRIMONIO)............................465
CAPITOLO 7 LA DETERMINAZIONE SIMULTANEA DI CONSUMI E
REDDITI ATTRAVERSO LE AZIENDE................................................466
7.1. diritto tributario sostanziale e determinazione unitaria di consumi e
redditi attraverso le aziende: Iva e imposte dirette...............................467
7.2. Imposte sui consumi: dalla visibilità materiale delle merci a quella
contabile del “valore aggiunto” (l’IVA)................................................473
7.3. Segue: Tecniche IVA per raggiungere il consumo tra detrazione,
“non imponibilità” aliquote ed esenzioni..............................................481
7.4. L’IVA nei rapporti internazionali e intracomunitari......................486
7.5. Esposizione parallela della tassazione diretta e indiretta attraverso
le aziende: panoramica degli operatori economici...............................490
7.6. Operazioni attive “tipiche” (“cessioni di beni” e “prestazioni di
servizi”) e determinazione in base ai corrispettivi................................494

8 di 704
7.7. Supporti documentali (richiamo e integrazione del par. 3.3 su
registrazioni, fatture, scontrini, note di credito)....................................498
7.8. Segue: dai documenti ai libri contabili (richiami e integrazioni
rispetto ai paragrafi 3.3-3.4).................................................................502
7.9. L’inerenza nelle imposte sui redditi e nell’IVA: 1) la distinzione tra
costi e consumi.......................................................................................506
7.10. Segue: 2) Inerenza e simmetria rispetto ad operazioni attive non
soggette tributo (esenzioni IVA e deduzione interessi passivi nelle
imposte sui redditi).................................................................................510
7.11. Principali elementi rilevanti ai fini della dell’IVA e principio di
onnicomprensività delle imposte sui redditi..........................................513
7.12. Il momento impositivo nella tassazione attraverso le aziende (cassa,
competenza, irrilevanza delle mere valutazioni: rinvio alle operazioni
straordinarie).........................................................................................514
7.13. Il valore fiscalmente riconosciuto e l’esposizione in bilancio dei
beni di impresa, tra criteri patrimoniali e reddituali.............................520
7.14. Valutazioni fiscali di fine esercizio e rapporti col bilancio..........524
7.15. Le valutazioni del patrimonio ai fini del bilancio 1) ammortamenti e
accantonamenti......................................................................................529
7.16. Le valutazioni del patrimonio ai fini del bilancio: 2) rimanenze di
beni e servizi...........................................................................................532
7.17. Coordinamento tra tassazione delle società e dei soci.................536
7.18. Collegamento dei redditi al territorio nazionale: criterio della
produzione, della residenza e relativo coordinamento contro doppie
imposizioni.............................................................................................541
7.19. Segue: simmetrie fiscali e rapporti internazionali, concorrenza
fiscale dannosa, transfer price, cfc........................................................546
7.20. Realizzo e neutralità nelle operazioni straordinarie d’impresa...551
7.21. Determinazione dei tributi e procedure concorsuali....................554
CAPITOLO 8 OPERATORI ECONOMICI “NON D’IMPRESA” E ALTRI
REDDITIERI (PROFESSIONI LIBERALI, AGRICOLTURA, IMMOBILI
E RISPARMIO)......................................................................................557
8.1. Le modeste specificità rispetto all’impresa del lavoro autonomo
“professionale”......................................................................................558
8.2. Ricchezza agricola tra catasto e IVA (tracce di forfettizzazione nella
tassazione attraverso le aziende?).........................................................559
8.3. Tassazione ragionieristico-documentale del lavoro dipendente.....562
8.4. Redditi dei fabbricati e fiscalità immobiliare: l’importanza delle
segnalazioni dell’inquilino.....................................................................566
8.5. Tassazione attraverso le aziende di redditi di capitale e plusvalenze
finanziariei.............................................................................................569
8.6. Le principali ipotesi residuali (“redditi diversi”)..........................573
CAP 9 DAL RISULTATO DELL’ATTIVITÀ ALLE IMPOSTE, REALI E
PERSONALI...........................................................................................575

9 di 704
9.1. Dalla determinazione della ricchezza a quella delle imposte: IRES,
IRPEF e IRAP........................................................................................576
9.2. Segue. Realità e personalità dei tributi: concetti generali.............578
9.3. La personalità dell’IRPEF: riporto perdite, oneri deducibili,
detrazioni e “contrasto di interessi”......................................................580
9.4. Segue. Redditi familiari, detrazioni dall’imposta aliquote progressive
................................................................................................................583
9.5. Limitata rilevanza della pluriennalità dei redditi e tassazione
separata come limite alla progressività.................................................585
9.6. L’IRAP e la tassazione attraverso le aziende del valore aggiunto
“tipo reddito”.........................................................................................587
CAP 10 ADATTAMENTO DEI “TRIBUTI MINORI” ALLA
TASSAZIONE ATTRAVERSO LE AZIENDE.........................................590
10.1. Una geografia dei “tributi minori”..............................................591
10.2. I tributi sugli atti giuridici solenni o visibili (imposta di registro).
................................................................................................................594
10.3. Istituzioni e organizzazioni nella tassazione dei documenti giuridici
(bollo e concessioni pubbliche)..............................................................598
10.4. “Tassazione sul patrimonio” come soluzione di ripiego (di difficile
gestione).................................................................................................600
10.5. Successioni e donazioni: un’imposta patrimoniale da gestire
attraverso gli uffici.................................................................................603
10.6. Altri tributi speciali su consumi di determinati beni e servizi
(incluso accise e dogane).......................................................................606
10.7. La metamorfosi contabile-comunitaria dei tributi doganali.........609
10.8. Tributi locali tra tassazione attraverso le aziende e attraverso gli
uffici:aspetti tributari del “federalismo fiscale”...................................611
10.9. La tassazione patrimoniale locale sugli immobili (sall’ICI all’IMU
alla TASI)...............................................................................................614
10.10. Aspetti concettuali di altri “tributi minori”, locali o a destinazione
speciale...................................................................................................616

parte prima

Gli uomini: Istituzioni, aziende e individui nella


determinazione dei tributi

10 di 704
CAPITOLO 1 IL PUNTO DI VISTA DELLA STORIA:
CONCETTI DI BASE DEI TRIBUTI E DELLA LORO
DETERMINAZIONE
Sintesi. L’insieme delle modalità di finanziamento delle spese
collettive si definisce fiscalità e la tassazione ne fa parte, come
studio di una parte delle entrate, quelle tributarie. Esistono
infatti anche entrate pubbliche non tributarie, come i canoni per la
concessione di beni pubblici (terre o miniere), confische, sanzioni
pecuniarie ed espropriazioni, tariffe per servizi pubblici, prede
belliche e riscatti dei tempi antichi. Con la crescita dell’intervento
pubblico, soprattutto nella società industriale, è cresciuta delle
imposte, cioè tributi commisurati a manifestazioni di ricchezza
(imposte). Le imposte richiedono la preliminare determinazione di
ricchezza, con una richiesta personalizzata, adeguatamente ampia,
da parte di pubblici uffici o loro incaricati, investiti di poteri
autoritativi. Nella determinazione della ricchezza si è affiancata
oggi agli uffici tributari la contabilità di organizzazioni
amministrative, cioè aziende ed enti pubblici, che determinano la
ricchezza ai propri fini gestionali, con documenti ripresi dal potere
tributario. La grande efficienza di questa tassazione attraverso le
aziende, procura la maggior parte del gettito, ma crea squilibri
sulla ricchezza non raggiunta da tali organizzazioni e dove
servirebbe ancora la tradizionale valutazione della ricchezza,
mediante stime, da parte degli uffici tributari . Il mancato
coordinamento, prima di tutto culturale, tra queste due
determinazioni crea disfunzioni e malesseri, cui la pubblica
opinione non riesce a rispondere, disperdendosi su diversivi
politico sociali, estranei alla determinazione della ricchezza ai fini
tributari (cap.4). Nascono anche equivoci sulla pressione fiscale,
sul rapporto tra determinazione della ricchezza ed esigenze di
gettito, sulle ragioni della molteplicità dei tributi. Di tutti questi
aspetti il capitolo fornisce le indicazioni fondamentali per
orientarsi nel dibattito sociale sui rispettivi temi.

11 di 704
1.1. Gestione finanziaria pubblica (c.d. “fiscalità”):
Entrate patrimoniali, tariffe e tributi (tasse e
imposte).

1.1. Fiscalità e tassazione dalle “entrate


patrimoniali” ai tributi

La tassazione come
parte della fiscalità
I tributi riguardano, da millenni, l’attività dei pubblici
poteri, espressioni politico-giuridiche4 di un gruppo
sociale che, eventualmente tramite sue emanazioni
giuridiche (uffici tributari, funzionari e altri incaricati)
chiede una prestazione per fronteggiare "spese
pubbliche" . La tassazione è quindi solo una parte
della fiscalità, costituita dall’insieme delle entrate e
delle spese pubbliche. Alla fiscalità, più che alla
tassazione, che potrebbe come vedremo subito anche
mancare, si addice l’aforisma di Beniamino Franklin,
secondo cui nulla è certo, meno la morte e le tasse.
Possibilità di fare
ameno dei tributi
Si può infatti anche fare a meno dei tributi quando
la spesa può essere finanziata con entrate non
tributarie, come quelle del patrimonio collettivo,
nucleo dell'antica “finanza patrimoniale”, basata sullo
sfruttamento di terre, risorse minerarie (si pensi ai
moderni paesi petroliferi), pesca, cacciagione, legna,
valichi e guadi, come poi infrastrutture stradali o portuali.
Dal relativo sfruttamento derivavano entrate, che
consentivano di accumulare metalli preziosi, anch’essi
appartenenti al “tesoro”. Questo patrimonio comune
chiamato “erario” o “fisco” era gestito da incaricati
della politica, in una delle prime funzioni giuridiche,
benchè non giurisdizionali (par.1.3).
Altre entrate
patrimoniali (non
tributarie)
Questo patrimonio, tipico della c.d. “finanza

4
) Sull’emanazione del diritto dalla politica par.1.3.

12 di 704
patrimoniale”, e non ancora “tributaria”, poteva
alimentarsi in molti altri modi, tutti in ultima analisi basati
sulla forza del gruppo; c’erano anche prede belliche,
taglie imposte ai popoli vinti, riscatti di nemici catturati,
concessioni per attività economiche, come i
commerci d’oltremare, confische a individui o
sottogruppi caduti in disgrazia, sanzioni per piccole
irregolarità, contributi spontanei di personaggi illustri o
facoltosi, talvolta destinati a conseguire titoli nobiliari,
investiture religiose, onorificienze o visibilità politica.
Monopolio
monetario
Costituiva una fonte di finanziamento anche il
monopolio della monetazione, un tempo attraverso la
diminuzione del contenuto di metallo prezioso, cui
potevano affiancarsi anche prestiti c.d. forzosi. Poi –
semplicemente – la moneta è divenuta "politica" con lo
stato che finanzia la spesa, non tanto "stampando
moneta", ma emettendo debito pubblico; a questa
possibilità guarda, incidentalmente, la nostalgia di chi ne
critica il trasferimento, con la moneta unica, alle autorità
monetarie europee5.

5
) Le discussioni in materia, oggi molto forti a proposito
dell’Euro, possono essere riassunte considerando la moneta come
simbolo di “credito” e di “debito”, il cui valore non dipende solo
da aspetti economici, ma anche di efficienza amministrativo
istituzionale dello stato emittente. Dietro il credito c’è la
credibilità, cioè quella stessa che ispira la nascita di attività
economiche; questo spiega perché alcuni paesi “credibili”, per la
loro potenza politica ed efficienza istituzionale, come gli USA, la
Gran Bretagna, il Giappone, abbiano margini di indebitamento
ben superiori a quelli di paesi cui viene data meno fiducia
(l’esempio opposto estremo, usato nelle polemiche contro chi
magicamente pensa di creare ricchezza stampando moneta è il
Botswana). Se ne deduce che il vero limite dello stato
all’emissione di moneta è la capacità di spenderla senza
perdere credibilità, cioè senza mostrare di sprecarla.
Entro questi limiti politici si può anche stimolare l’economia con
spesa pubblica percepita come efficiente, e quindi utile,

13 di 704
Entrate di
scambio:tariffe
Entrate possono derivare dalla remunerazione di
servizi specifici resi agli utenti di servizi pubblici, si
tratta delle tariffe, ispirate al principio del beneficio, di
cui al par. 1.8 e quindi 5.1), dall’esercizio di funzioni
pubbliche (tasse in senso stretto par. 5.1
Le imposte e la
ricchezza
Le vere e proprie “imposte”, sono invece collegate a
manifestazioni di ricchezza; esse costituiscono oggi la
prevalente fonte di entrata, il che rende necessario il
passaggio preliminare di determinare la ricchezza, nel
senso ampio di cui al par.1.2 e con le difficoltà di
determinazione di cui al par.1.11 e quindi in tutto il testo.
Fiscalità e
tassazione come
funzioni pubbliche
Gli uffici preposti a tutte le suddette funzioni, sia di
amministrazione patrimoniale, sia tributarie,
rappresentano una delle più antiche istituzioni
giuridiche; vedremo però al par.1.3 in che senso esse
svolgono funzioni pubbliche "non giurisdizionali"; già
nella finanza patrimoniale emergono i profili
autoritativi e amministrativistici tipici della tassazione,
in quanto il patrimonio “pubblico” appartiene “alla
collettività” per la sua capacità di acquisirlo con lo ius
imperii rispetto ad altri gruppi sociali (6), ed è utilizzato

dall’opinione pubblica interna ed internazionale. Per “utile”


intendo creatrice di un reddito in sé, al di là della remunerazione
erogata ai beneficiari, perché non si ottiene credibilità pagando
gente per scavar buche e poi riempirle come ho scritto in
Quantitative easing : consumare è facile, creare redditi meno, in
www.organizzazionesociale.com
http://www.organizzazionesociale.com/economia-pubblica/866-
quantitative-easing-e-creazione-redditi ove rinvii ad altri post.
6
Rende l’idea l’antico aforisma, ripreso nel ventennio fascista, secondo cui “E’
l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende. Persino i patrimoni
privati esistono in base a un riconoscimento della collettività, in quanto il
titolare non riuscirebbe a difenderli da solo (in questo senso vedremo in quale
misura tutto il diritto sia “pubblico”, riguardando istituzioni della collettività).

14 di 704
nelle forme tipiche del diritto amministrativo, La “forza”,
connessa all’autorità politico-amministrativa,
caratterizza la maggior parte delle entrate, prima di tutto
quelle a carico di un nemico esterno (prede belliche), ma
anche all’interno del gruppo, come confische, le
espropriazioni, le sanzioni e la monetazione. e'
poltiico-amministrativo anche il potere di organizzare i
servizi pubblici cui si connettono le suddette entrate
“tariffarie” (par. 5.1); si pensi infatti alla
costruzione/concessione/gestione delle reti ferroviarie,
idriche, elettriche, telefoniche, del gas, etc., cui si
connettono le relative utenze.

1.2. La necessità di “imporre le imposte” e


determinazione della ricchezza (“funzione
tributaria”).
Il riferimento alle
“imposte” della
funzione tributaria
Le entrate indicate al termine del paragrafo precedente sono
collaterali ad altre funzioni pubbliche, secondo il principio del
beneficio (7), o alla punizione, come per le confische. Insomma,
abbiamo finora riflessi tributari di funzioni pubbliche non
tributarie, mentre la funzione tributaria in senso stretto si
riferisce alle “imposte”. Si tratta di tributi commisurati
a manifestazioni di ricchezza,
indipendentemente dall'esercizio di un diverso
pubblico potere nei confronti di chi le paga8.
Residualità delle
imposte
Nella prospettiva storica, da cui ci siamo posti al
paragrafo precedente, le imposte hanno carattere
“residuale”, rispetto alle altre entrate pubbliche, come

7
Connesso alla fruizione di beni comuni, come terre coltivabili o miniere, poi
seguito dell’uso di infrastrutture pubbliche, come strade , acquedotti, etc.. Il
principio del beneficio sarà ripreso al par. 1.8.
8
) Cfr più avanti il par. 1.8 in cui spiegheremo la differenza, e le
interdipendenze, tra imposte, tariffe, tasse in senso stretto (anche par.5.1),
imposte di scopo etc..

15 di 704
quelle da sfruttamento del patrimonio, utilizzate per
prime, le confische o le tariffe, indicate sopra. Le
imposte sono una forma di finanziamento
politicamente poco gradita alla base sociale, in
quanto non se ne vede lo scopo immediato, salva la
percezione di urgenti necessità, come guerre o altre
calamità9.
Concetto di
“ricchezza”
Il riferimento delle imposte alla ricchezza, anticipato
poco sopra, riguarda in senso ampio ogni evento
valutabile sul piano economico; può trattarsi anche di
fenomeni economici individualmente modesti, per non
dire "miseri", ma rilevanti in senso aggregato, come i
consumi sociali, confusi negli incassi complessivi dei
supermercati, tutti indistintamente colpiti dall'IVA
(par.7.2), o i modesti redditi di operai o artigiani. Sul
piano tributario ha una certa logica il paradosso di
tassare i poveri, che hanno poco ma sono tanti 10,
assistendo i bisognosi veri con sussidi, anziché con sgravi
tributari, come vedremo al par.2.2 sulla capacità
contributiva. Si può quindi parlare di ricchezza anche
senza singoli individui definibili "ricchi", ma in senso
oggettivo, riferendoci cioè ad aggregati economici di
consumi e redditi (par.1.8). La determinazione della
ricchezza è quindi il principale passaggio da compiere
per la determinazione del tributo, e quello che giustifica
concettualmente la funzione tributaria e il diritto

9
) Nell’ambito delle varie tipologie di imposte, si possono ritenere più
tollerabili socialmente quelle sugli scambi di merci, di cui al prossimo
paragrafo , rispetto a quelle sui redditi, ma il punto meriterebbe di essere
approfondito in ricerche specifiche.
10
) Dietro la battuta, usata anche dal cabarettista Ettore Petrolini (su cui anche il
mio post Tassiamo i poveri, hanno poco, ma sono tanti su Giustiziafiscale.com)
c’è l’intuizione dell’impossibilità di capire in modo snello e sistematico se
singole manifestazioni di ricchezza si riferiscano a poveri o a ricchi,
diversificando conseguentemente l’ammontare del tributo. Il paradosso della
battuta, ed il suo effetto comico, sta nel riferimento a “tassare i poveri” come se
li si tassassero in quanto tali, e non come consumatori, titolari di immobili, beni
o modesti redditi.

16 di 704
tributario come disciplina giuridica11.
la necessità di una
“imposizione delle
impostte”
Il termine "imposta" presuppone un potere pubblico
che direttamente o indirettamente, “imponga” di
pagare, e a questo fine determini la ricchezza cui
l'imposta fa riferimento12.
Al diritto tributario interessano soprattutto i criteri
giuridici per determinare le imposte e quindi richiederle
con poteri autoritativi di coercizione amministrativa. A
tal fine occorre la pressione del gruppo attraverso
pubblici uffici o loro emissari, nei modi indicati già ai
paragrafi successivi (1.3-1.5), filo conduttore del testo 13;
anticipiamo per ora solo che questa iniziativa concreta
può non essere diretta a tutti i contribuenti, ma deve
essere adeguatamente sistematica, in modo da indurre
ad adempiere, di loro iniziativa, anche coloro cui non si
indirizza.
Piccoli gruppi e
contribuzioni in
natura: radici delle
esenzioni
Quest'iniziativa di pubblici poteri è meno importante nei
piccoli gruppi sociali, dove le necessità collettive sono
direttamente avvertite, e scatta una sorta di controllo
reciproco, in cui ci si osserva e ci si chiede cosa fa
ognuno per il gruppo. In questi contesti sono frequenti
contributi personali all’interesse del gruppo, il che
spiega le esenzioni fiscali esistenti, nelle società
preindustriali, per i guerrieri e i dirigenti politico-
religiosi, dediti all’organizzazione della collettività. Le
stesse ragioni, all’inverso, spiegavano i maggiori oneri
tributari a carico di categorie sociali esonerate dal

11
Vedremo al par.1.7 che la decisione sulla parte di ricchezza da prelevare a
titolo di imposta è infatti più “politica” che “giuridica” e dipende da un
articolato insieme di variabili che non dipendono dai tributaristi.
12
La richiesta dell’imposta, infatti, non può fare leva sulla mancata erogazione
di un servizio pubblico agli inadempienti, e deve quindi prevedere una richiesta
autoritativa, da parte delle pubbliche autorità.
13
) Vedremo al prossimo paragrafo 1.3 che questi apparati erano già
abbastanza lontani dalla politica per essere considerati “giuridici”.

17 di 704
servizio militare per ragioni, ad esempio, etniche o
religiose14.

Esigenze da
contemperare nella
determinazione
della ricchezza
Per la determinazione della ricchezza occorre
contemperare una serie di esigenze come la precisione,
la snellezza, la semplicità, l’effettività, ed altre, da
riferire alle informazioni disponibili sulla ricchezza di
riferimento. La “precisione” spinge a valorizzare al meglio
le informazioni disponibili, che possono essere
economico-materiali o giuridico-contabili, nei termini
indicati al prossimo paragrafo, per l’era preindustriale,
nonché ai paragrafi 1.4.-1.8.-1.10 per i giorni nostri. La
precisione va però contemperata con la semplicità e la
sistematicità, necessarie a perseguire la perequazione
tributaria, cioè una tassazione non troppo squilibrata su
contribuenti diversi e ricchezze similari.
Su questo sfondo si inseriscono ulteriori esigenze,
più giuridiche (anche se non legislative), come la
certezza e stabilità dei rapporti, intesa come
prevedibilità dei comportamenti delle istituzioni, la
possibilità dei privati di interloquire con gli uffici tributari,
e – se necessario – di difendersi davanti a giudici, le
cautele contro evasioni e stratagemmi per ridurre il
carico tributario15.

14
Questi privilegi e aggravi tributari divennero
gradualmente anacronistici col passare del tempo; con
l’illuminismo, la rivoluzione francese e l’età liberale si
affermò sempre più l’idea di una tassazione commisurata
alla ricchezza nelle sue varie manifestazioni, su cui già il
prossimo paragrafo 1.3.
15
Su questi “principi di settore”, derivanti dalla forza
delle cose, si inseriscono poi gli effetti economici delle
imposte, la cui dialettica con la loro determinazione sarà
trattata ai parr.1.7-1.8-1.9.

18 di 704
1.3. La giuridicità della determinazione dei tributi (il
diritto nella funzione istituzionale tributaria)

Organizzazione
sociale , politica e
diritto
Per comprendere la determinazione dei tributi, occorre
inserire la relativa funzione giuridica nell'organizzazione
della società 16; quest'organizzazione, come la storia ci
insegna, fa dapprima capo alla politica, nella relazione
esterna con altri gruppi sociali 17, ed altre funzioni
organizzative interne, che però gradatamente diventano
ripetitive e complesse.
Funzione
giudiziaria e
patrimoniale
La politica tende quindi a delegare questi poteri "di
routine" ad appositi incaricati, una sorta di fiduciari con
poteri derivati. Con l'affidamento a specifici incaricati di
compiti (funzioni), che per ragioni di tempo e priorità il
vertice politico non poteva svolgere, si autonomizzava il
diritto nelle sue varie articolazioni, tra cui rivestiva
originariamente una grande importanza quella
giurisdizionale, dedicata alla soluzione delle controversie
ne cives ad arma veniant 18. seguirono a ruota altre
"funzioni", come l'amministrazione del patrimonio
collettivo e la determinazione dei tributi. In entrambi i
casi erano compiti di una certa precisione, per cui ora
opportuna -oltre che l'investitura politica- anche una
certa autorevolezza sociale e o preparazione tecnica, per
interloquire con la società.
Diritto e istituzioni
pubbliche

16
) Cui si dedicano le c.d. scienze sociali o “scienze del comportamento”,
dedicate allo studio dei comportamenti umani nei rapporti con gli altri
individui, come vedremo al par.4.3.
17
E’ la funzione “militare”, dove i comandanti militari erano spesso anche i
capi politici, e dopo erano fiduciari dei capi politici, scelti anche in relazione
alle loro abilità guerresche.
18
) Questa specializzazioni della funzione giurisdizionale si ebbe, non a caso,
dopo una fase in cui essa era svolta da assemblee, monarchi e feudatari, cioè
organi politici.

19 di 704
Il diritto si è così pian piano distinto dalla politica,
diventando studio degli uffici chiamati a esercitare
pubbliche funzioni 19, denominati anche istituzioni; dal
punto di vista oggettivo, il diritto studia quindi gli
individui che svolgono queste funzioni, cioè "organi", in
senso personalistico, ma più correttamente "istituzioni",
cioè gruppi di persone tenuti assieme da una funzione
pubblica20.
La concentrazione
sul diritto
giurisdizionale
A tali funzioni istituzionali è strumentale la
"normativa", cioè l'insieme delle indicazioni fornite,
in primo luogo dalla politica, per il relativo esercizio.
L’importanza della soluzione delle controversie
private ha portato ad identificare culturalmente il
diritto con la funzione di giustizia, che potremmo
chiamare "diritto giurisdizionale"; sono state così
trascurate altre antiche giuridicità non
giurisdizionali, come quelle in materia patrimoniale e
tributaria, cui è dedicato questo libro, cui se ne sono
affiancate col tempo molte altre21.
La giuridicità non
giurisdizionale
della funzione
tributaria
L'amministrazione patrimoniale dei beni pubblici
(22) e la determinazione dei tributi, di cui al
par.1.2, per la loro inevitabile ripetitività e
sistematicità, resero rapidamente necessari
19
) Sul piano finalistico, degli obiettivi, il diritto è appunto studio di funzioni
demandate dalla politica ad appositi organi (quelle istituzioni che analizzeremo,
come corpi sociali intermedi, al par.5.3)
20
) Ad esempio le polizie, tenute assieme da una funzione di sicurezza, le
scuole, tenute insieme da una funzione educativa, gli istituti di cura, tenuti
insieme da una funzione sanitaria, la magistratura, tenuta insieme da una
funzione giurisdizionale, gli uffici tributari, tenuti insieme dalla funzione di
determinare le imposte, cui è dedicato questo testo.
21
) Si pensi a tutte le altre funzioni di cui lo stato si è dato carico con lo
sviluppo economico e col welfare (Infrastrtture, sanità, ambiente, regolazione,
istruzione, etc..).
22
Il fiscus cui al par.1.1.

20 di 704
appositi incaricati, con uffici pubblici forse più
complessi di quelli investiti della funzione
giurisdizionale; si tratta di istituzioni giuridiche in
quanto già distinte dalla politica23, investite di
potere24, con indicazioni (valori o regole) per
esercitarlo e responsabilità per il malcontento
creato, nel gruppo sociale, dal suo esercizio. A
differenza dei giudici, però, la funzione non è qui
solo di attribuire i torti e le ragioni (ius dicere25), ma
di svolgere compiti operativi, come la gestione
economico-produttiva del patrimonio o la
determinazione dei tributi26.
Aumento delle
istituzioni non
giurisdizionali

23
I funzionari, o gli appaltatori delle imposte, che misuravano i raccolti e ne
determinavano la quota da versare come tributo, anche con accorgimenti
empirici , come il volume delle piene del Nilo nell’antico Egitto ( “Nilometro”
di Elefantina) esprimevano una giuridicità, distinta appunto dalla politica.
Questa componente giuridico-coercitiva, ma non giurisdizionale, si vede anche
nelle rappresentazioni cinematografiche della determinazione dei tributi, come
nella scena del doganiere di “Non ci resta che piangere” (visibile su youtube
digitando “un fiorino”, e collegata nella home page di
www.fondazionestuditributari.com).
24
) Nel nostro caso quello di imporre le imposte. Sarebbe il caso di verificare,
in tesi di laurea o dottorato, per quali ragioni la giuridicità giurisdizionale abbia
ricevuto maggiore attenzione nella cultura di massa (un’ipotesi è che si tratti
della suggestione di questioni umanamente più interessanti e sottili, rispetto
all’amministrazione patrimoniale e tributaria.
25
) Chi esercita la funzione giurisdizionale, in altri termini, svolge la propria
funzione amministrativa di decretare i torti e le ragioni “per sentenza”. Se tutte
le istituzioni amministrano, solo il giudice amministra per sentenza, mentre per
sentenza non si può certo gestire la sicurezza, la sanità, l’educazione, le
infrastrutture, la ricerca e -nel nostro caso- la determinazione dei tributi.
26
La funzione tributaria intesa come determinazione e
richiesta amministrativa dei tributi (non come scelta politica
di intervento pubblico nella convivenza sociale) è la più antica
dopo la funzione giudiziaria, diretta alla risoluzione delle
controversie. L'ufficio tributario, insomma, dopo il giudice, è la
più antica istituzione preposta a una funzione pubblica
non direttamente esercitata dalla politica.

21 di 704
Altre funzioni pubbliche, più fondative del potere,
come guerra, religione, sicurezza, furono esercitate
più a lungo direttamente dai vertici politici, o da
loro immediati fiduciari Col passare dei secoli, le
istituzioni giuridiche non giurisdizionali si sono
moltiplicate nei settori più diversi come sicurezza,
educazione, sanità, 'assistenza, urbanistica, ricerca,
ambiente etc. 27. In tutte queste successive forme di
giuridicità "non giurisdizionale" ritroviamo il rapporto
tra politica e diritto già indicato per
l'amministrazione del patrimonio e la
determinazione dei tributi.
Politica e diritto
Il rapporto tra diritto e politica si è fatto in questo
modo più complesso, e il diritto è diventato anche un
terreno di gioco per la politica, con regole giuridiche
(ad esempio in materia di scelta degli organi di
governo) usate per la lotta politica28
Nonostante questa interazione, dove il diritto
diventa strumento della competizione politica, alla
lunga è la politica a improntare di sé la società, e
nessun diritto, nessuna regola, può forzarne
tendenze che abbiano un sufficiente consenso
sociale29. Anche su questa premessa, politica e
diritto interagiscono, senza sovrapporsi del tutto; i
27
) Persino la funzione militare, col c.d. "stato di diritto", si è
giuridicizzata. Accanto alle antiche funzioni “non giurisdizionali”
patrimoniali e tributarie, sono nate quelle sanitarie, previdenziali, educative,
culturali, di ricerca, ambientali, infrastrutturali, di ricerca, regolatorie, etc. A
questo sviluppo del diritto non giurisdizionale, e quindi
dell'importanza delle istituzioni, ha fatto riscontro anche
l'istituzionalizzazione della giurisdizione, molto spostata dalle
persone dei giudici agli "uffici" cui essi appartengono.
28
) Man mano che le funzioni delle istituzioni si sono moltiplicate è nata la
necessità del diritto di porsi anche come scienza sociale delle istituzioni
affiancando una interlocuzione sociale di insieme alla precedente tradizionale
interlocuzione tecnica, come vedremo al par.4.3.
29
) Alla fine, nelle classi dirigenti e nel sentire popolare , come dicevano i
latini, Salus rei publicae suprema lex esto: nella misura in cui ha consenso
sociale, insomma, la politica prevale sul diritto.

22 di 704
giuristi studiano le istituzioni, non la politica, come
vedremo ai par.1.7 e 4.3, e sono uno strumento per
la politica e la dialettica sociale, nei termini
seguenti.
giuristi come
tecnici e studiosi
sociali
In una prima fase, dove prevale la giurisdzione,
l'utilità del diritto è confezionare, in termini tecnici,
le scelte valoriali espresse dalla società attraverso la
politica. Fin quando il diritto è prevalentemente
"giurisdizionale" , e il bagaglio culturale di pubblica
opinione e classe dirigente è idoneo a esercitare sui
giudici il controllo sociale di cui al par.5.3; la
funzione del giurista è eminentemente tecnica;
questo ruolo, pur da salvaguardare, diventa
progressivamente inadeguato man mano che alla
funzione giurisdizionale, e al diritto patrimoniale e
tributario (come esempio di funzione "non
giurisdizionale") si affiancano altre aree di
intervento pubblico, con la diffusione di istituzioni,
intese come "gruppi sociali pluriepersonali", per certi
aspetti analoghi alle aziende (30).
La legislazione
come “simbolo
sociale”
Vedremo ampiamente al par.4.3 che proprio il
giurista è lo studioso sociale più adatto a studiare
queste istituzioni31, coordinando 32 le riflessioni della
pubblica opinione nei vari settori di intervento
pubblico. Una spiegazione d'insieme elaborata dal
giurista 33, come punto di riferimento tecnico della
30
) Sulle relative differenze vedi infra par.5.3.
31
Senza nulla togliere agli economisti, di cui diremo al par.4.4.
32
Nei modi indicati al par.4.7.
33
Potremmo parlare di spiegazione "sociale" d'insieme non
perché "sociologica", né perché attenta alla società più che
all'individuo ("socialista"). L'espressione "spiegazione sociale
d'insieme", su cui torneremo spesso al par.4.3 sottintende che
il diritto , l'economia, la politica, la psicologia, e le altre
moderne declinazioni delle scienze umane sono "sociali" in

23 di 704
società e dei decisori politici34, è anche il
presupposto per continuare serenamente la vecchia
interlocuzione tecnica dell'operatore giuridico 35; le
spiegazioni d'insieme, fornite a chi si interessa al
settore per giudicarne il funzionamento servono a un
efficace "controllo sociale", come indicato al par.5.3,
evitando che le istituzioni diventino autoreferenziali
e che il vertice politico legiferi senza capire.
Influssi eccessivi
dei modelli del
diritto
giurisdizionale
Nonostante l'odierna quantità di istituzioni non
giurisdizionali, la tradizionale matrice forense del
diritto ha pesato sulla formazione giuridica; vedremo
al par.4.3 che è stato messo in secondo piano lo
studio delle istituzioni come gruppi di persone; la
funzione di giustizia, pur essendo anch'essa
istituzionalizzata, tende a restare ancorata alla
"persona" del giudice, come essere umano che
consulta la legge o i propri sistemi di valore; la
teoria giuridica oscilla tra "legge e giudice",
limitando la necessaria evoluzione del giurista da
"tecnico" a "studioso sociale" delle istituzioni nel loro
quanto dirette all'intera società, per quanto di interesse, non a
pochi interlocutori tecnici come gli avvocati di controparte e i
giudici.
34
Mentre un tempo, per la funzione giurisdizionale tradizionale,
il vertice politico poteva guardare al bagaglio culturale diffuso
per fornire indicazioni normative alle istituzioni, oggi ha
bisogno di studiosi sociali che ne conoscano le relative
funzioni.
35
) riguardante cioè quanti si interessano dei vari
settori, nel nostro caso quello tributario, per ragioni lavorative.
Vedremo al par. 3.16 che senza questi concetti condivisi anche la
tradizionale interlocuzione tecnica del diritto entra in crisi, com’è
appunto accaduto nel settore tributario. La tradizionale
interlocuzione tecnica è infatti diretta a risolvere
questioni professionali, non a spiegare
comportamenti "di massa".

24 di 704
complesso. Prendendo come punto di riferimento
solo il diritto giurisdizionale si finisce per non
mettere a fuoco neppure la funzione giurisdizionale,
chiarendo la dialettica tra legge e giudice, chiara
invece per le altre istituzioni. Studiando però queste
ultime attraverso il modello giurisdizionale,
anch'esse sono rimaste vaghe, con riflessi notevoli
sulla relativa efficienza, indicati al par.5.3. Vedremo
al par.4.3 ss. in quale misura il diritto tributario sia
un esempio classico dell'immobilismo, della paralisi
e della deresponsabilizzazione connesse
all'appiattimento del diritto sul modello
giurisdizionale36.
Sopravvalutazione
della legislazione
La sopravvalutazione della legislazione risulta
anche dalle enfatiche formule sulla sua onnipotenza,
formula giustificata per i giudizi valoriali di
approvazione o riprovazione sociale; qui le scale di
valore, selezionate dalla società attraverso la
politica, si impongono a un incaricato dalla politica,
com'è in ultima analisi il giudice. Sulle questioni
"valoriali" (assiologiche) il legislatore può farsi
liberamente interprete (37) delle preferenze del
gruppo sociale. Non interessa qui approfondire in
quale misura il giudice possa richiamarsi
direttamente ai valori sociali, oppure manipolare le
indicazioni legislative in funzione della decisione che
ritiene preferibile38.
36
) L’idea giurisdizional-normativista del diritto sta paralizzando insomma tutte
le altre funzioni del diritto, compresa quella giurisdizionale, come indicato al
par.4.3.
37
Salvo pagare poi i prezzi politici, in termini di consenso,
indicati al par.2.4.
38
) Nel diritto giurisdizionale il dubbio se siano i giudici o il legislatore a creare
diritto può anche porsi, almeno nella misura in cui la funzione giurisdizionale è
limitata al “giudizio”: nella fase della valutazione valoriale di fatti istruiti il
condizionamento del gruppo sociale sul giudice, attraverso la politica, è
massimo. Tuttavia anche qui è chiaro che il diritto viene dalle istituzioni (il
giudice), che “crea il diritto” in quanto incaricato della funzione di risolvere le

25 di 704
Istituzioni
giuridiche non
giurisdizionali
Nelle altre funzioni istituzionali non si tratta di "dire il
diritto", ma di "fare il diritto", con interventi di
governo nella convivenza sociale, dalla sicurezza,
all'istruzione, alla determinazione dei tributi39.
Queste istituzioni possono certamente essere
condizionate dalla legislazione, come un capo
militare condiziona le sue truppe attraverso gli
ordini, ma devono fare i conti con la scarsità delle
risorse disponibili, per gestire le situazioni
contingenti loro affidate; il diritto non giurisdizionale
deve insomma allocare uomini e mezzi nel modo
più opportuno; le istruzioni ricevute dal
delegante politico non possono quindi che essere
contestualizzate con margini di discrezionalità
(par.5.10).
Istituzionalismo
valutativo del
diritto
giurisdizionale
Anche nella funzione giurisdizionale, dove il
condizionamento della legge sul giudice è massimo,
questi margini valutativi sono evidenti, e consentono
di omologare sotto molti profili il giudice alla
generalità delle istituzioni; i profili valutativi e la
limitatezza delle risorse sussistono a ben guardare
anche nella funzione giurisdizionale40 ; basta infatti
pensare all'istruzione delle cause, alla
ammissione delle prove, al probabilismo
empirico del giudizio di fatto (par.5.8), fino al

controversie. La legislazione, il diritto oggettivo, è l’insieme delle indicazioni


dirette all’istituzione che spesso finisce per esserne inutilmente appesantita. La
legge non crea diritto, ma dà le indicazioni a quelli che lo creano.
39
A questo proposito viene in mente il proverbio secondo cui tra
il dire (giudicare) e il fare c'è di mezzo il mare.
40
Anche se per molti aspetti si tende a dare eccessiva
importanza alla legge, consapevolmente o meno, in una sorta
di deresponsablizzazione, dove conviene qualcuno cui
attribuire le decisioni, qualora si rivelassero infelici.

26 di 704
contemperamento degli argomenti interpretativi
nella questione di diritto (41). Anche la funzione di
giustizia rientra quindi in un ampio concetto di
giuridicità amministrativa, che accomuna tutte
le istituzioni espresse dalla società, nel modo
indicato sopra (42).
Sottovalutazione
delle istituzionii
La tradizione del diritto giurisdizionale, con la
sua importanza della legislazione, ha contagiato il
diritto non giurisdizionale, finendo per ostacolare
l'efficienza delle relative istituzioni, spostando le
decisioni sulla politica, in quanto creatrice della
legislazione. Invece di approfondire lo studio delle
istituzioni, e il relativo concetto43, si è continuato a
caricare la politica di eccessive responsabilità.
Inconvenienti sull’
economia
Queste disfunzioni delle istituzioni si ripercuotono
anche sull'economia, cioè sulla produzione e gli
scambi, da cui deriva il soddisfacimento dei
bisogni privati. La produzione non dipende infatti
direttamente dalla politica, che non crea
direttamente ricchezza per decreto44; la politica crea

41
Si veda il par.3.9 su quella che potremmo chiamare
"discrezionalità interpretativa". I giudici sono incaricati, come
tutte le istituzioni, di creare diritto, mentre la legislazione a ben
guardare fornisce le relative istruzioni.
42
Ciò consente di contestualizzare il senso della "soggezione
alla legge" rendendo tale soggezione compatibile, per tutte le
istituzioni giuridiche, con lo spirito di iniziativa e il controllo
sociale sui contenuti (par.5.3), dato dalla funzione, più che da
norme espresse. Anche il diritto privato in un certo senso è
"pubblico", in quanto costituisce cioè una funzione pubblica di
risoluzione delle controversie e potrebbe chiamarsi "diritto
amministrativo della gestione delle liti tra privati".
43
) Tenendo presente che qualsiasi funzione giuridica dipende in primo luogo
dal funzionario incaricato di esercitarla, e solo secondariamente dalle istruzioni
che , con la legislazione, gli si impartiscono.
44
Come si pensa talvolta quando, coltivando la già indicata
illusione dell'onnipotenza della politica, si fantastica di

27 di 704
piuttosto le condizioni per una economia prospera,
tramite istituzioni efficienti; ma istituzioni e politica
non si identificano 45 , perché la politica è
espressione della società, delle sue credenze,
sentimenti, concezioni del mondo e rapporti di forza.
Funzione
finanziaria e
tributaria
La "giuridicità non giurisdizionale" della funzione
tributaria e finanziaria, uno dei fili rossi del testo,
trova anche altre conferme storiche, come
l'affidamento dei relativi compiti a privati; si tratta
degli “appaltatori delle imposte, i "pubblicani",
dell'antica Roma, cioè organizzazioni private cui
venivano demandati poteri tributari (46).
I tributi
dell’antichità
Questa gestione giuridica dei beni pubblici avveniva
a cominciare dai terreni coltivabili spesso concessi
in cambio di una parte del raccolto o di altre
prestazioni in natura. Da questi canoni agricoli alle
imposte fondiarie il passo è breve, anche se
andrebbe sviluppato in tesi di laurea o dottorato47.
Gli scambi fisici di merci iniziarono a essere
assoggettati ad imposte sui consumi (par.7.2)
cambiamenti economici a seguito di successi o insuccessi
elettorali.
45
Se si pensa di migliorare le istituzioni con un cambiamento
continuo del vertice politico si cade nel circolo vizioso delle
illusioni-delusioni (critiche e invocazioni al potere) di cui al
par.4.2.
46
E’ la matrice storica degli "esattori" di cui riparleremo al par.6.11.
Emerge chiaramente la tendenza della politica a esternalizzare
la funzione, già oggettivamente giuridica, su soggetti esterni
investiti a tale scopo di poteri amministrativi, soggetti a
controllo sociale (par.5.3) attraverso la politica. Si conferma
così che la funzione tributaria costituisce una delle prime
funzioni giuridiche non dirette alla soluzione delle controversie.
47
) Dalla proprietà pubblica delle terre, concesse in sfruttamento dietro un
canone, commisurato alla relativa produzione, si passa, secondo varie
sfumature intermedie, alla proprietà privata delle terre, il cui frutto è però pur
sempre oggetto di tassazione.

28 di 704
grazie alla loro visibilità materiale, possibile
sorvegliandone le movimentazioni, presidiando
strade e punti di passaggio. La ricchezza era
visibile anche attraverso atti giuridici solenni,
come il trasferimento di latifondi, l'affrancamento
schiavi, le eredità, etc.(questa visibilità giuridica è la
matrice di quella contabile di cui al prossimo
paragrafo).
Natura contenziosa
della
determinazione dei
tributi
Già si intravede però in tutte queste imposte una natura
contenziosa della relativa funzione istituzionale di
determinazione; il contribuente era infatti “riconosciuto” e
tutelato dal potere politico, come individuo attivo, produttore
e creatore di redditi; occorre va quindi dare un qualche
ascolto alle sue rimostranze sul calcolo della base di
commisurazione del tributo; per quest’ultima è stata
insomma sempre normale, anche in luoghi e tempi diversi,
una qualche dialettica, che rende la tassazione valutativa
tradizionale come una funzione pubblica strutturalmente più
“contenziosa” di altre, come vedremo anche ai par.3.13, 5.9.
6.5 etc..
Controllo
reciproco, tenore
di vita e sistemi a
ripartizione
Questa valutazione si ritrovava anche nelle imposte
commisurate al tenore di vita delle persone; esso
però rilevava attraverso collettività intermedie,
cioè comunità territoriali (città,feudi, aree rurali),
etniche, religiose, professionali (corporazioni
artigianali). Stimando la situazione economica
complessiva di tali collettività il c.d. sistema
tributario a ripartizione dirigeva loro richieste
globali di imposte; la singola collettività di
settore, con propri criteri, suddivideva la somma
complessiva tra i suoi componenti; questa
divisione è idealmente simile a quella

29 di 704
condominiale, in cui il tenore di vita rivelava la
condizione economica personale o familiare; era
questo il parametro tendenziale per l'attribuzione ai
singoli di una quota maggiore o minore di quanto
chiesto al gruppo nel suo complesso.
Segue:
inconvenienti,
catasti
Questo "sistema a ripartizione" era tipico di
antichi tributi, come il focatico e il testatico48; in
questi casi si riteneva che la stessa sussistenza
fosse indice della capacità economica di fronteggiare
un qualche tributo, salve situazioni di povertà,
socialmente riscontrabili nei piccoli gruppi sociali cui
si dirigeva la richiesta del tributo. Già in piccoli
gruppi sociali agricolo-artigianali, questi tributi
presentavano rischi di abusi e favoritismi,
fronteggiati alla meglio, anche stimando le
condizioni economiche personali o familiari nei c.d.
“catasti”; questi ultimi erano globali, estendendosi
a tutto il patrimonio, a differenza di quelli agricoli
attuali, di cui al par.8.2.
Impraticabilità
attuale del sistema
a ripartizione
Oggi tuttavia i presupposti per il sistema a
ripartizione sono svaniti per la frammentazione
dei gruppi sociali,e l'allentamento dei vari vincoli
di comunità, sia territoriali sia etnico-religiosi o
professionali49. Vedremo però subito i legami sociali
di nuovo tipo, che consentono la determinazione dei

48
) Si trattava di imposte dovute per testa (testatico) o per nucleo familiare
(focatico, dal “focolare domestico”, che ritroveremo per la tassazione locale al
par.10.9).
49
A queste antiche imposte "a ripartizione" fanno riferimento
forse le idee di fantomatica "capacità contributiva globale", di
cui diremo al par.2.2 e che oggi non sono pragmaticamente
praticabili, per via della disgregazione dei piccoli gruppi sociali
su cui si fondava il "sistema a ripartizione".

30 di 704
tributi attraverso le aziende, filo conduttore del
presente volume.

1.4. Determinazione delle imposte attraverso la


documentazione delle organizzazioni pluripersonali
(aziende e istituzioni)
La tassazione
attraverso le
aziende (rinvio)
Quando la produzione ha cominciato a svolgersi
attraverso aziende, intese nel senso di cui al
par.3.1, come organizzazioni pluripersonali, la
determinazione dei tributi si è avvalsa della loro
documentazione contabile, nei modi che vedremo al
capitolo 3; si avviò così la
tassazione attraverso le aziende, filo conduttore
del testo; le aziende acquisiscono infatti le spese
per consumi ed erogano redditi a lavoratori,
risparmiatori e titolari; la ricchezza in questo modo
filtrata, in entrata (consumi) e in uscita (redditi), è
facilmente determinabile ai fini tributari.
Retribuzioni, interessi, canoni di locazione, dividendi e
spese per consumi divennero così individuabili in quanto
filtrati dall'azienda, nuovo corpo sociale intermedio,
ricollegabile per certi versi aspetti a quelli, indicati al
termine del paragrafo precedente, per il "sistema a
ripartizione".
Esternalizzazione
della funzione
tributaria
La funzione tributaria si è di fatto esternalizzata sulle
strutture contabili delle organizzazioni aziendali e
delle pubbliche amministrazioni; l'intervento degli uffici
tributari è divenuto puramente eventuale, secondo un
filo conduttore del testo.
Gli squilibri
rispetto alla
ricchezza non
determinata
attraversole
aziende

31 di 704
Questa utilizzazione tributaria della documentazione
aziendale, benchè molto efficiente, fruttuosa ed
ineliminabile50, finiva per creare squilibri rispetto
alla ricchezza lontana dalle aziende, e determinabile
solo secondo i tradizionali criteri valutativi indicati
al paragrafo precedente. soprattutto quando
lavoratori indipendenti e piccole organizzazioni
padronali effettuano prestazioni al consumo
finale (par.3.13 e 5.13).
Certe forme di tassazione, desiderabili sul piano politico-
perequativo, irraggiungibili attraverso le aziende, sono
state quindi progressivamente abbandonate, come
vedremo per le imposte patrimoniali e sulle successioni al
par.10.4.
La necessità di un
intervento
amministrativo
Ragioni di coesione sociale rispetto alle polemiche
laceranti di cui al par.4.6 rendono necessario
affiancare alla determinazione dei tributi
attraverso le aziende una efficiente
determinazione valutativa dei tributi sulle altre
forme di ricchezza, attraverso i tradizionali uffici
tributari. E' un filo conduttore del testo, come
inizieremo a vedere al prossimo paragrafo.

1.5. Parametri di efficienza dell’autotassazione sulla


ricchezza non determinata attraverso le aziende
(aliquote, sanzioni, controlli)

La generalizzazione
dell’autotassazione
La determinazione “ragionieristica” della
ricchezza, attraverso le rigidità contabili delle
50
Questa nuova opportunità di determinazione della ricchezza,
che potremmo chiamare "ragionieristica", era uno strumento di
grande precisione, ma anche un problema, perché
l'utilizzazione dei sistemi informativi aziendali avvantaggia la
ricchezza non intercettata dalle aziende.

32 di 704
organizzazioni pluripersonali, ha indotto una
generale "autotassazione", rivolta sia alle aziende
sia ai privati; si tratta in generale di una
determinazione dei tributi esternalizzata sugli stessi
privati. Questi ultimi però hanno motivi di
convenienza personale, per nascondere ricchezza
al fisco, di cui le organizzazioni come tali sono prive
(par.3.1).
Autotassazione e
ricchezza non
filtrata dalle
aziende
Si tratta soprattutto di lavoratori indipendenti e
titolari di piccole organizzazioni , che non
subiscono i condizionamenti amministrativi interni
dell'azienda; se i clienti sono altre organizzazioni,
esse possono segnalare al fisco i fornitori in
esame, ma se i clienti sono a loro volta
consumatori finali la tassazione attraverso le
aziende entra in crisi51.
Necessità
intervento
amministrativo
Su questa ricchezza, non intercettata da
un'organizzazione amministrativa affidabile,
l'autotassazione va integrata con un intervento
sufficientemente sistematico degli uffici tributari;
questi ultimi devono essere cioè presenti in modo
sufficiente da indurre i contribuenti a
un'autovalutazione quantomeno verosimile delle
somme da dichiarare, come indicato al par.5.7.
Quanto precede conferma l'essenzialità di poteri
amministrativi in materia tributaria, e la

51
Tra questi due estremi possono esserci innumerevoli
sfumature intermedie, in quanto anche all'interno di
un'azienda organizzata ci possono essere nicchie di ricchezza
fiscalmente non registrata, a beneficio del titolare (par.3.7),
anche se il fenomeno pesa relativamente poco nelle stime
macroeconomiche, come vedremo al par.4.2.

33 di 704
necessità che le imposte siano imposte, sia pur
in via virtuale ed ipotetica .
Parametri per la
fedeltà
dell’autotassazione
Quanto precede si ritrova nella teoria economica,
secondo cui la fedeltà dell'autotassazione
dichiarata dipende da una combinazione tra
“aliquote, controlli e sanzioni.
Le aliquote determinano la posta in gioco,
combinandosi con la predisposizione a correre rischi
e soprattutto con le esigenze di tenore di vita, di cui
diremo al par.4.2; l'aumento delle aliquote, e
l'importanza relativa dei tributi risparmiati per le
esigenze personali, accresce la propensione al
rischio, spingendo a dichiarare cifre meno credibili
rispetto all'ordine di grandezza economico della loro
attività, che si pensa sia presumibile dal fisco (infra
par.4.2). Questa convenienza è controbilanciata
dalle sanzioni, che però hanno limiti oggettivi e
non possono essere quindi, come vedremo ai
par.6.13 ss., un surrogato di un intervento
amministrativo percepito come adeguato.
Reinterpretazioni
delle tradizioni
tributarie
Si ritrovano così nel tempo presente concetti
strutturali della tradizione tributaria, dove una
“cooperazione coatta” dei contribuenti col potere
amministrativo c'è sempre stata, ma ha avuto
bisogno di una adeguata presenza degli uffici
tributari, dosando autorevolezza e potenziale
coercizione; anticamente si usava il controllo del
territorio, delle strade e dei ponti, ovvero quello
reciproco dei sistemi a ripartizione, assieme a
proclami di banditori, minacce ed espropriazioni per
dare l'esempio; in quest'uso della forza per
indurre a collaborare, anche con frequenti
condoni (par.5.20) si comprende il filo conduttore

34 di 704
del testo secondo cui le imposte si pagano nella
misura in cui si percepisce che qualcuno le richiede.
Questo vale per le aziende e per i pubblici poteri, sui
quali sono essenziali le spiegazioni sociali di cui
diremo al prossimo paragrafo.

1.6 Carenze formative economico-sociali di pubblica


opinione e classi dirigenti

istituzioni e
pubblica opinione
La funzione tributaria è esercitata da istituzioni, cioè
organizzazioni, solitamente pluripersonali, come
indicato al par.1.3 (52), che si confrontano con
pubblica opinione e classi dirigenti; ci
soffermeremo in tutto il corso del testo su questi
concetti, riferibili a ogni forma di società, anche
se non pluralista e democratica53; visto che le
istituzioni non operano sul mercato54, vedremo al
par.5.3 che esse dimensionano la propria efficienza
sulle capacità di comprensione e valutazione55 della
pubblica opinione cui si rivolgono. Questa capacità
di valutazione cambia in relazione al bagaglio
culturale e di esperienze che la pubblica opinione ha
in ciascun settore. Vedremo che proprio la
mancanza, per le ragioni di cui al cap.4, di una
spiegazione sociale d'insieme della tassazione
odierna 56 , provoca tutte le sue disfunzioni.

52
) Sull’espressione di queste organizzazioni da parte della società, attraverso
la politica, ci siamo soffermati al par. 1.3, e al paragrafo 5.3 parleremo della
loro interazione con la pubblica opinione e le classi dirigenti.
53
Neppure in democrazia, del resto, la pubblica opinione
coincide con la maggioranza numerica delle persone o
dell’elettorato.
54
)) Cioè non vendono beni o servizi ad una clientela, provvista come tale di
capacità di controllo, come vedremo che accade nel caso delle aziende.
55
) E’ il c.d. “controllo sociale”, di cui al par.5.3.
56
Cioè la tassazione attraverso le aziende ,le sue opportunità, i
suoi limiti, e la sua dialettica con la tradizione tributaria.

35 di 704
Identificazione
quantitativa e
qualitativa della
pubblica opinione
In termini di autorevolezza, e capacità di influenzare
il consenso degli altri, esistono posizioni sociali
diverse, e la loro sintesi rileva ai fini della
selezione della classe politica e del controllo
sociale su di essa. La pubblica opinione è quindi
sempre stata la base del consenso, dalle ristrette
cerchie militari, religiose, nobiliari, della società
antica a quelle anche professionali, mercantili, della
società borghese, fino all'attualità mediatica, di cui
al par.4.457. La pubblica opinione si identifica quindi
anche in base alla libertà dal bisogno, le funzioni
svolte, il grado di interesse, il livello culturale,
la posizione sociale.
Evoluzioni sociali,
pubblica opinione e
classe dirgente
Questi concetti si adeguano al contesto
socioculturale delle odierne società aperte58 dove la
pubblica opinione è fortemente influenzata dai mezzi
di informazione, di cui diremo al par.4.4 e 5.3. Oltre
che della pubblica opinione si fa parte della classe
dirigente, in proporzione alla propria competenza e
al proprio margine per influire sulla pubblica
opinione, avendo ascolto.

57
Nell'era preindustriale, la pubblica opinione, che
influenzava il potere politico, era quindi variabile per qualità e
quantità, e non ne faceva parte la quota maggioritaria
della popolazione, impegnata integralmente nel proprio
sostentamento agricolo e di piccolo scambio, senza tempo per
informarsi sulla società in generale.
58
Potremmo dire "democratiche", ma ci imbarcheremmo in
divagazioni sulle modalità di selezione della classe dirigente,
sui sistemi rappresentativi, etc. E' quindi preferibile parlare di
pluralismo, inteso come libertà di pensiero, di opinione, di
associazione (anch'esso un valore da coordinare con altri, per
motivi di coesione e di difesa sociale, fino alla domanda di
Popper sul grado di tolleranza verso gli intolleranti).

36 di 704
Frammentazione
del bagaglio
culturale moderno
La società moderna è complessa, in quanto molto
frammentata tra tendenze culturali non tanto in
contraddizione, quanto intrecciate tra di loro, nel
bagaglio culturale delle stesse persone, con
sfumature diverse e variabili a seconda delle
circostanze59. La parcellizzazione dei compiti nella
società moderna, e la minore tenuta di collanti
sociali generali, comporta notevoli "variazioni sul
tema", quanto a bagagli culturali. Questi intrecci
tra concezioni del mondo parzialmente diverse sono
ripresi dalla discussione sociale e dai mezzi di
comunicazione, particolarmente importanti nella
moderna "società aperta"60, come vedremo al
termine del par.4.4. I mezzi di comunicazione sono
importanti per la formazione delle tendenze della
pubblica opinione sui vari settori della convivenza
sociale61, che poi influenzano il comportamento delle
istituzioni62, come vedremo al par.5.3. Per ora
ribadiamo che "pubblica opinione" e "classe
dirigente" non sono quindi entità statiche, ma si
aggregano e si disaggregano a seconda dei
temi di dibattito , nel nostro caso la
determinazione dei tributi.
Pubblica opinione e
“corpi intermedi”
La pubblica opinione è sempre stata una sintesi,
variamente aggregata, di c.d. "gruppi intermedi", o
59
) Nel passato agricolo-artigianale, la pubblica opinione era una
piccola minoranza libera dal bisogno, che comunicava
verbalmente nei luoghi pubblici, con un bagaglio culturale
relativamente omogeneo.
60
) Che diventa sempre più “aperta” con la disintermediazione degli editori ,
connessa ad internet e ai “social networks”.
61
) Nel nostro caso la determinazione dei tributi.
62
Il controllo sociale sui “corpi intermedi” rappresentati dalle aziende
produttive (par.3.1), è invece relativamente agevole da parte
dei consumatori, mentre vedremo al par.5.3 la complessità del
controllo sociale sulle istituzioni.

37 di 704
corpi intermedi, di varia matrice, ad esempio
ideologica, religiosa, territoriale, economica,
produttiva63, ludica64, istituzionale (65); ciascun
individuo partecipa, con varia intensità e vario
entusiasmo, a diversi gruppi intermedi; anche
l'inserimento in questi gruppi condiziona in una
qualche misura l'atteggiamento sulle singole materie
di discussione, come vedremo per la determinazione
dei tributi al par.4.666.
Formazione sulle
istituzioni: fattori
storico- educativi
La fiducia nelle istituzioni, e al tempo stesso la
capacità di controllarle, derivano da una
formazione combinata storico-scolastica e
mediatica, da riferire poi ai vari settori
dell'intervento pubblico. Parliamo per ora del
bagaglio culturale comune sull'idea generale di
istituzione come organizzazione preposta a una
funzione pubblica67. Un importante retroterra
formativo sull'idea generale di istituzioni è quello
storico, tanto più solido quanto più lunghe sono
state le esperienze di autogoverno, o di governi
esteri illuminati rispetto a dominazioni straniere
vessatorie; queste ultime rallentarono la
maturazione civica, provocando critiche distruttive,
aspettative velleitarie nei cambiamenti (par.2.4) e

63
) Vedremo al par.3.1 che le aziende sono un “corpo intermedio” tenuto
assieme dal prodotto.
64
) Persino i tifosi di una squadra di calcio, o i telespettatori di una fiction, sono
per molti aspetti, un “gruppo intermedio”.
65
) Il concetto di “gruppi intermedi” o “corpi intermedi” è fondamentale per la
comprensione della società: essi sono aggregati per credo politico, fede
religiosa, cooperazione economica (aziende, par.3.1), funzione pubblica
(istituzioni, par.5.3), interessi economici (sindacati e associazioni di categoria).
66
) Si vedano al par.4.6 le spiegazioni “autoprodotte” dell’evasione fiscale
presso lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi, gruppi sociali a matrice
ideologica, culturale etc..
67
) Difesa, sicurezza, istruzione, sanità, determinazione dei tributi, etc..

38 di 704
sfruttamento delle istituzioni per opportunistici
vantaggi personali; basta confrontare gli stati
nazionali europeo occidentali, come Francia, Gran
Bretagna, Spagna, Germania, Stati Uniti e i balcani,
con le secolari invasioni e dominazioni, etnicamente
e religiosamente eterogenee (soprattutto turche). La
situazione italiana è intermedia, con dominazioni
straniere parziali, oltretutto omogenee sul piano
etnico-religioso. Questo retaggio del passato
determina in che misura le istituzioni sono
concepite come un potere da esercitare ovvero un
servizio pubblico, controllato nei modi di cui al
par.5.3. Questo retaggio è il primo parametro di fiducia dei
singoli verso le istituzioni, intese non tanto come “vertice
politico” quanto come “pubblici uffici”. Nella misura in cui c’è
sfiducia, e quindi sensazione di non essere sostenuti da istituzioni
efficienti, c’è la tendenza a “fare da soli”, ad arrangiarsi, come si
dice in Italia. Il che da un certo punto di vista stimola la creatività
e lo spirito di iniziativa, ma nuoce alla capacità di “fare gruppo”,
che richiede anche una fiducia reciproca, in cui l’iniziativa
individuale, sempre positiva, si intreccia col coordinamento
collettivo.
Difficoltà di una
Formazione
umanistico sociale
Dovrebbe essere l'obiettivo della formazione
sociale, impartita dal sistema educativo, ed
innestata sul suddetto retroterra culturale
proveniente dall'esperienza storica; questa
formazione è però influenzata da varie esigenze,
anch'esse scoordinate; la formazione "umanistico
sociale" si trova stretta tra la tradizionale formazione
"umanistico letteraria"68, e la nuova formazione delle
68
) Provvista sia di forza di inerzia , sia di fascino, sia di elevata
comprensibilità, che si ritrovano ancora oggi nel grande successo formativo, in
Italia, dei licei, con matrice fondamentalmente classica. Pur consapevoli della
progressiva inadeguatezza di questa formazione, non sono state messe a fuoco
alternative condivise, e quindi la formazione tradizionale “umanistico-
letteraria” si perpetua stancamente, per forza d’inerzia.

39 di 704
scienze della materia; la penetrazione scolastica
delle scienze sociali non è aiutata dai loro complessi
verso le scienze fisiche, di cui diremo al par.4.3, e
che le fanno apparire aride, tecniche, ostiche e poco
attraenti69. La penetrazione scolastica delle
formazione sociale è ostacolata anche dalla
"delicatezza politica" dei temi trattati, ai confini di
polemiche politiche contingenti. Il timore di
polemiche e accuse di indottrinamento allontana
dalle scuole questi temi; se ne parla indirettamente,
di striscio, dietro letteratura, filosofia, religione,
storia etc, oppure in una connotazione
prevalentemente tecnica70. Affrontarli direttamente
sembra invece un imbarazzante tabu'.
Difficile
comprensione di
aziende e istituzioni
Vedremo in quale misura ciò abbia reso difficile
comprendere che aziende e istituzioni sono
organizzazioni pluriepersonali, le prime con valenza
economica, operando sul mercato, e le seconde con
valenza giuridica e interlocuzione politica. Le
aziende sono viste in modo personalistico, come
fossero artigiani o piccoli commercianti, solo di
dimensioni maggiori71, anziché organizzazoni
pluripersonali, mentre le istituzioni sono capite
ancora meno72, e confuse con la politica, come
69
) Si tratta del boomerang con cui le scienze sociali, alla ricerca di
legittimazione ispirandosi a quelle fisiche, finiscono per perderla.
70
) Come accade appunto negli istituti professionali per ragionieri, unico luogo
dove vengono impartite, nella formazione italiana, nozioni di economia e di
diritto. Proprio l’aridità cui queste discipline si condannano, nel tentativo di
imitare le scienze fisiche (par.4.3), finisce per perdere il contatto col bagaglio
culturale comune, creando uno spazio vuoto, poi riempito da polemiche
politiche. Non mi posso dilungare sul tema, da riprendere ne “L’era aziendale”,
seguito del manuale giuridico di scienza delle finanze, e dei successivi
compendi.
71
) Cfr infra par.3.1.
72
) Sotto il profilo formativo, e riferendosi ai pubblici uffici, si può davvero
dire che in Italia manca il senso delle istituzioni. Perché la pubblica opinione, a

40 di 704
vedremo anche al par.2.473. Questa mancata
comprensione della burocrazia, tipica delle
organizzazioni, ha alimentato la burocrazia in senso
deteriore, con frizioni sociali di cui vedremo i riflessi
tributari par.4.6 e 5.17 ss. La carenza di
formazione ostacola la comprensione dei gruppi
sociali intermedi (ovviamente pluripersonali),
appiattendo le aziende sul "padrone" e le istituzioni
"sulla politica"; ciò spiega, per quanto riguarda la
determinazione dei tributi, la mancata
comprensione della tassazione attraverso le
aziende, con le lacerazioni sociali di cui ai par.4.3-
4.7.
L’individualismo::
pregi e difetti
Questa carenza di formazione sociale, ha
alimentato un individualismo che non è egoismo o
disonestà, ma piuttosto spontaneismo, e anche
creatività; è la tendenza a contare su se stessi, a
fare da soli, magari anche per il bene degli altri. Ne
derivano, inevitabilmente, creatività individuale,
apprezzata all’estero74, ma disorganizzazione
collettiva. Iniziative e spunti individuali si
sovrappongono e diventano confusionari, nocivi per
l'organizzazione 75. Ritroveremo questa tendenza

forza di formazione giuridica normativista, neppure si è resa conto di cosa siano


le istituzioni.
73
Ancora più grave della visione personalistica delle aziende è
la difficoltà della pubblica opinione a comprendere le istituzioni,
come corpi intermedi, scomponendone i comportamenti nei
modi indicati al par.5.3.
74
)Questa creatività dà il meglio di sé all’interno di gruppi più organizzati , ma
meno estroversi, dove sta bene il pizzico di genialità italica, riportabile alla
formula “ci inventiamo qualcosa”.
75
Anche nelle aziende e nelle istituzioni l’atteggiamento indicato
nel testo moltiplica le iniziative personali estemporanee: tutti
vogliono “organizzare”, come nei video “gara di canoa” e “inferno
italiano” reperibile su youtube digitando BARZELLETTE
DIVERTENTI [ALL'INFERNO]. Alla lunga le opinioni e le prese

41 di 704
italiana a ritenersi esperti di tutto76 anche a
proposito delle idee per determinare i tributi e
risolvere il problema dell'evasione fiscale (par.4.5).
La carenza di formazione sociale rende difficile
armonizzare, nelle aziende e nelle istituzioni italiane,
l'iniziativa individuale e la capacità di fare gruppo
con sufficiente disciplina. Si alternano entusiasmi e
delusioni: dapprima l’esuberanza e lo spontaneismo
provocano un attivismo verbale, frustrato e spesso frustrante ;
subentra quindi la disillusione, e la passiva
deresponsabilizzazione77, Questo riflusso nel
proprio "particulare"78 è del tutto comprensibile 79,

di posizione si intralciano a vicenda, come nel proverbio secondo


cui quando cantano troppi galli non viene mai giorno (secondo un
aforisma di Napoleone meglio un cattivo generale di due generali
buoni). L’individualismo organizzativo impedisce infatti di
prendere il buono che c’è nelle proposte degli altri, mentre
personalismi e gelosie sfociano in un attivismo di facciata e
immaginifiche formule verbali, con gli scontri di chiacchiere
che ritroveremo al termine del par.4.4 a proposito dei mezzi di
comunicazione e dei "talk show".
76
Fino alle classiche metafore in cui tutti gli italiani sono si
improvvisano esperti di tutto, come nella scenetta del
“Sarchiapone”, reperibile su youtube. Del resto è ricorrente la
metafora secondo cui tutti gli italiani, col loro entusiasmo
creativo, si sentono allenatori della nazionale. In materia politico
sociale tutti si sentono un po’ presidenti del consiglio o ministri
del tesoro, come vedremo per le diagnosi, le soluzioni e le indicazioni,
improvvisate, ancorchè sensate, sull’evasione fiscale (par.4.5). E’ un riflesso
della tendenza generalizzata a improvvisarsi “organizzatori” .
77
Che ritroveremo al par.5.3, soprattutto per le istituzioni, ma
vale anche per le aziende.
78
) Secondo la formula creata dal Guicciardini, dopo gli slanci e le delusioni
degli intrighi e delle guerre tra le repubbliche e le signorie rinascimentali,
seguite da interventi stranieri che produssero la frammentazione italiana
indicata sopra. .
79
) Quando non sconfina nell’abuso di potere, di cui diremo al par.5.11 a
proposito della corruzione. Per il resto, la giustificazione più emblematica
dell’attenzione all’interesse privato e della ritrosia ad esporsi è il classico
“tengo famiglia”.

42 di 704
anche se suscita un qualche senso di colpa, cui si
risponde con giustificazioni e capri espiatori 80, di cui
vedremo esempi per l'evasione fiscale al par.4.6 e
5.17 ss. Non è questa la sede per chiedersi in quale
misura vi contribuisca la perdita delle tranquillizzanti
certezze della trascendenza, delle ideologie, del
nazionalismo, del consumismo, ma la riflessione
sull'organizzazione sociale è forse l'unico modo per
dar forma all'inconcludente emotività in cui si
dibatte la pubblica opinione, non solo in materia
tributaria.
.

1.7. Differenza tra determinazione dei tributi e loro


“effetti economici”: intervento pubblico, “pressione
fiscale”, “redistribuzione”, “crescita” etc.
Le divagazioni sugli
“effetti dei tributi”
In mancanza di una spiegazione sociale della
determinazione dei tributi, la pubblica opinione
tende a confonderla col diverso, e più accessibile,
problema degli effetti dei tributi sull'economia. Il
80
) Sui capri espiatori con cui si spiega tutto c’è solo l’imbarazzo della scelta,
dalle immaginifiche demoplutocrazie giudaico-massoniche della propaganda
fascista, fino “al sistema”, ai “padroni”, ai “sindacati” , agli “speculatori”, alle
“caste”, alle “cricche”, all’”intellighenzia comunista”, ai “corrotti”, ai “poteri
forti”,all’Euro e agli Eurocrati, alla finanza internazionale, alla burocrazia, alle
“multinazionali”. al Vaticano, ai massoni e alla P2, alla burocrazia. Vedremo ai
par.5.17 ss. che la mitologia dei grandi evasori è la versione tributaria del capro
espiatorio, individuato proprio nella aziende (curioso diversivo per un
malessere derivante dalla ricchezza non intercettata dalle aziende). In questa
cornice si inseriscono i riferimenti goliardici alla P2, alle “toghe rosse”, alla
trilaterale, al Bilderberg, al “signoraggio”, al piano Kalergi, espressione di
fantomatici “gomblotti”, odierni protocolli dei savi di Sion , sette degli
“illuminati”, scie chimiche, fino ai rettiliani. E’ un po’ come se ciascuno avesse
bisogno di un capro espiatorio, come nel tormentone di Petrolini (Gastone) “ a
me mi ha rovinato la guerra”, per darsi, una spiegazione di quanto gli accade
intorno. Si arriva quindi al punto di prendersela col carattere del gruppo cui si
appartiene, sconfinando nel c.d. “autorazzismo”, come vedremo per chi spiega
l’evasione con ipotetiche carenze di senso civico(par.4.2 e 4.5).

43 di 704
discorso divaga così sul rapporto tra “mercato e
stato", su "pubblico e privato", sulla redistribuzione,
la solidarietà, lo sviluppo, e su altri temi che
sconfinano rapidamente in generiche schermaglie
"economico-politiche", collegate col diritto, ma
non propriamente giuridiche, in quanto debolmente
connesse col comportamento di istituzioni pubbliche,
nel senso di cui al par.1.3.
Collegamenti con la
determinazione dei
tributi
La frequenza di questi discorsi rende però necessari
brevi collegamenti con la determinazione dei tributi,
rilevando prima di tutto l'erroneità di rispondere ai
relativi malesseri con una riduzione della spesa
pubblica, e quindi dell'intervento dello stato
nell'economia.
Era aziendale e
intervento pubblico
L'intervento pubblico tende ad essere un dato
strutturale nelle moderne società complesse,
dove esistono grandi necessità di coordinamento
produttivo, enormi sfasamenti tra offerta e
domanda, per via della produzione di serie, bisogni
infrastrutturali e di servizi collettivi , grandi tensioni
sociali da governare. Il tutto richiede una spesa
pubblica proporzionalmente maggiore rispetto a
quella dell'era agricolo-artigianale. L'intervento
pubblico nella società industriale è quindi
naturalmente più vasto rispetto a quello
preindustriale, limitato tendenzialmente a difesa,
sicurezza e giustizia81.
Minore controllo
sociale
sull’intervento
pubblico

81
) Si tratta di attività non riportabili allo scambio bilaterale (par5.3), in cui “il
potere”, l’uso della forza, rispetto al nemico esterno o interno (bandito, deviante
o semplicemente inadempiente), fa premio rispetto alla prestazione di un
servizio “misurabile”.

44 di 704
Quest'ampio intervento pubblico pone soprattutto
problemi di efficienza in quanto è
"intermediato", cioè non finanziato dagli utenti-
clienti, ma in genere dai contribuenti o da terzi, il
che indebolisce, come vedremo al par.5.3, il
"controllo sociale" svolto dai clienti negli scambi di
mercato. Un equilibrio tra le due aree è visto nel
principio di sussidiarietà, secondo cui la
macchina pubblica non deve interferire in settori
dove i privati riescono a organizzarsi in modo più
efficiente82.
Inefficienze e
rigidità
La rigidità della spesa pubblica è notevole anche
perché composta di stipendi pubblici, sussidi e
interessi passivi sul debito. Brusche simultanee
riduzioni delle spese pubbliche e delle imposte,
come vorrebbe tanta propaganda, sono infatti
impraticabili, specie nel breve periodo cui guarda
la politica.
Necessità che la
spesa pubblica
“crei reddito”
La spesa pubblica non dovrebbe quindi tanto
essere ridotta in assoluto, quanto resa più
efficiente e quindi produttiva, facendovi
corrispondere "un reddito", inteso come utilità
sociale, in relazione alle varie funzioni delle
istituzioni (nel nostro caso la determinazione dei
tributi secondo parametri indicati al par.5.7).
La pressione fiscale
come dato
macroeconomico
Nessuna informazione in questo senso fornisce il
concetto di "pressione fiscale", mero rapporto
numerico tra gettito tributario e PIL, che esprime la
percentuale di ricchezza nazionale assorbita dai

82
) Sulla sussidiarietà come criterio di coesistenza tra del pubblico rispetto al
privato, cfr. Lupi, Compendio di scienza delle finanze, Dike, 2014, par.4.13.

45 di 704
tributi, per decenni attorno al 43 percento e oggi
leggermente aumentata.
Segue. Suoi limiti
informativi
Essa esprime il peso dell'intervento pubblico in
economia, ma non la qualità e quantità dei servizi
pubblici forniti a fronte dei tributi, che potrebbero
essere efficientissimi, come in molte democrazie
nordeuropee. La pressione fiscale non ha nulla a che
vedere con le rilevazioni statistiche sul "peso dei
tributi" su un individuo o una famiglia media, con un
certo reddito, certi consumi, un certo assetto
patrimoniale.
Differenza rispetto
alla perequazione
tributaria
La pressione tributaria non indica neppure la c.d.
"perequazione" tributaria, cioè la distribuzione del
carico tributario tra varie categorie di contribuenti e
le varie tipologie di ricchezza; anche una pressione
fiscale bassa può essere squilibrata a danno di
qualcuno, e a favore di altri, mentre una pressione
alta può essere ben ripartita (una cosa è infatti
quanto si spende e un'altra come lo si divide).
Impatto della
tassazione e
efficienza servizi
Anche l'impatto della tassazione sullo sviluppo
economico dipende più dalla qualità della spesa
pubblica, e dai servizi offerti in contropartita, che dai
livelli assoluti di tassazione. Una tassazione modesta
non è una bacchetta magica per lo sviluppo di idee
imprenditoriali né un supporto al loro sviluppo da
parte di uno stato consapevole, efficiente e
flessibile.
L’equivoco della
redistribuzione
Un'elevata tassazione viene spesso difesa con la c.d.
“redistribuzione”, che non considera la relativa
scarsità dei ricchi rispetto ai poveri (che hanno poco

46 di 704
ma sono tanti), la cui condizione non potrebbe
essere molto migliorata a carico dei primi. Inoltre,
nell’era aziendale l’ingente patrimonio che si dice
attribuito ai “pochi ricchi” non è di terre coltivabili,
come nel medio evo, ma di organizzazioni aziendali,
il cui valore è immateriale, rappresentato
essenzialmente da avviamento , come indicato al
par. 3.1 e 7.13 sul concetto di azienda come
organizzazione.
Equivoci statistici e
redistribuzione
Quest'elemento influenza le statistiche sulla
distribuzione della ricchezza, utilizzabili per
fuorvianti letture secondo cui l'impoverimento delle
classi medie dei paesi occidentali sarebbe avvenuto
a vantaggio dei titolari delle aziende, anziché a
vantaggio delle classi medie dei paesi di recente
industrializzazione; ne deriva un'idea di
redistribuzione punitiva , una sorta di
uguaglianza nella povertà, come se peggiorare la
situazione dei ricchi, per invidia sociale, migliorasse
quella dei poveri.
Ricchezza come
concetto dinamico
In un testo dedicato alla determinazione della
ricchezza ai fini tributari è bene ricordare che essa
non è un concetto statico, una specie di tesoro
nascosto da spartire al meglio, ma deriva da
un'attività continuativa (la ricchezza prima va
creata, poi spartita e se la spartizione la distrugge è
controproducente).Le tesi "liberiste", con la loro
aspirazione a escludere l'intervento pubblico
dall'economia, cioè per ciò che può essere oggetto
di scambi bilaterali trascurano la complessità
dell'organizzazione sociale moderna; le tesi
"socialiste", d'altro canto, sembrano spesso far leva
sul disagio sociale per accreditare il dirigismo
burocratico. Non sono però discussioni su cui vale
la pena di avventurarsi qui, in quanto sono estranee

47 di 704
alla determinazione dei tributi. Questi ultimi sono
infatti soltanto l'innesco di una discussione che
riguarda l'organizzazione sociale nel suo complesso,
che non è certo monopolio dei tributaristi83.

1.8. Riflessi giuridici dei concetti economici che


giustificano i tributi: beneficio /scambio) e sacrificio
(reddito-consumo-patrimonio).
Richiamo al
principio del
beneficio e sua
diversità rispetto
allo scambio
A questo punto possiamo tornare alle varie
sfumature tra i due criteri base di riparto delle
spese pubbliche, già indiividuati al par.1.1, nel c.d.
principio del beneficio, e in quello c.d. del
"sacrificio"; quest'ultimo è tipico delle imposte, come
indicato ai par.1.4 ss, mentre il principio del
beneficio imita il mercato e giustifica il tributo con la
fruizione di una determinata funzione pubblica;
tale principio non sottintende uno scambio giuridico
di tipo sinallagmatico-corrispettivo tra tributo ed
esercizio della pubblica funzione, ma giustifica il
riparto della spesa, posta in tutto o in parte a carico
di chi usufruisce della relativa funzione, educativo,
sanitaria, ambientale, etc.
Rilevanza di
parametri
economici
Anche tributi improntati al principio del beneficio
possono tuttavia tenere conto di indici di benessere
economico; è un principio simile a quello del
condominio degli edifici, dove i servizi comuni
(84)vengono divisi in proporzione al valore delle
83
) Chi fosse interessato alle mie riflessioni in questa prospettiva più ampia può
consultare il manuale giuridico di scienza delle finanze, i successivi compendi e
le altre opere che metterò progressivamente in linea, reperibili sul mio sito
personale di presentazione www.raffaellolupi.com.
84
) Ad esempio quelli di portierato o di pulizia.

48 di 704
diverse unità immobiliari, non in parti uguali. E'
ragionevole quindi utilizzare parametri "patrimoniali"
, come il diverso valore degli immobili, anche per la
determinazione di alcuni tributi locali immobiliari85.
Parametri economici si fondono col principio del
beneficio anche a proposito delle agevolazioni per
"non abbienti" (86), dove tariffe e tasse sono
applicate in modo più modesto a chi certifica una
situazione economica complessiva di relativo
disagio, attraverso l'indicatore l'ISEE87.
Beneficio e
“redistribuzione”
Quanto sopra attenua obiezioni secondo cui il
criterio in esame sarebbe poco ridistributivo
ponendo ricchi e poveri sullo stesso piano. Resta
l'obiezione secondo cui molte funzioni pubbliche
sono pervase da logiche "assicurativo-mutualistico",
contro calamità e infortuni, ed hanno una utilità
potenziale per tutti, anche se apparentemente
"divisibili" , come sicurezza , protezione civile, grandi
interventi sanitari, persino educazione e ricerca
scientifica, etc.. E' quindi poco razionale porle a
carico solo di chi casualmente le utilizza, essendo
potenzialmente utili a tutta la collettività.
Le imposte, dove
paga “chi può”

85
Il principio del beneficio si mescola qui con quello della
capacità contributiva, col valore immobiliare assunto a criterio
per la tassazione locale della prima casa (ICI, IMU , Tasi);
Spesso, insomma, parametri patrimoniali sono usati come
indicatori di una più intensa fruizione di servizi pubblici
relativi a una collettività indistinta di utenti, come il consumo
delle strade o i servizi locali; si pensi anche ai casi delle tasse
raccolta rifiuti (par.10.10), gli oneri di urbanizzazione, i
contributi di bonifica e persino quelli previdenziali (par.1.12).
86
Vedremo ai parr.2.2 e 5.1 che qui la ricchezza rileva per una
diminuzione del carico tributario, inversamente rispetto alle
imposte.
87
) Autocertificazione del c.d. “indicatore situazione economica equivalente”
(ISEE), di cui al par.2.2.

49 di 704
(principio del
sacrificio)
Per questi motivi, soprattutto nelle società
industriali, prendono corpo le imposte, già riferite
(par.1.2) alla "ricchezza" (rectius "capacità
economica"), cui impongono il "sacrificio" di
sostenere parzialmente le spese pubbliche. E' il
principio appunto del "sacrificio" secondo cui
"paga chi può", variamente mescolato, come
indicato sopra, con quello del beneficio. E' del tutto
normale che la legislazione non contenga definizioni
di questi concetti, appartenenti alla categoria
generale dei "presupposti" sociali del diritto (88), ma
l'accezione corrente del medesimo offre già alcuni
punti fermi per comprendere le caratteristiche
essenziali del concetto (89)
Redditi, consumi e
patrimonio come
astrazioni
Quale che sia il loro criterio di individuazione (90),
tutte le imposte sono riconducibili ad astrazioni
economiche, cioè reddito, consumo e patrimonio. Si
tratta di astrazioni che si manifestano nei
corrispondenti diritti di credito, compreso il denaro,
di utilizzazione di beni o di ottenere prestazioni,
positive e negative.

88
E’ la stessa ragione per cui non si definiscono i principi generali di ogni settore del
diritto, a cominciare da buona fede, ragionevolezza, proporzionalità, affidamento e tutte le
altre clausole generali. La legislazione ha le funzioni indicate al par.2.1, tra cui non rientrano
funzioni “definitorie”, come vedremo al par.3.9 sull’interpretazione. Non a caso i concetti
economici sono definiti, in materia tributaria presupposti dell’imposta. Potrebbe essere lo
stesso per il concetto di “grave patologia” ai fini del diritto sanitario, di “valore artistico” ai
fini del diritto dei beni culturali etc..Inserirò in bibliografia (vedi la premessa) riferimenti sul
tema, che ho esaminato fin dai miei primi scritti.
89
Il concetto ordinario di reddito, anche senza ulteriori specificazioni da parte del
legislatore fiscale, ci è sufficiente per capire che costituiscono senz'altro reddito lo stipendio
mensile di un impiegato, il canone di locazione di un appartamento, l'interesse ricavato dal
prestito di una somma e via enumerando. Secondo il concetto linguistico comune, il reddito
emerge infatti dalla differenza tra ricavi e costi, secondo quanto diremo più avanti.
Cioè stime, merci, contratti, documenti, ed altre
90

manifestazioni materiali o giuridiche, indicate al par.1.11

50 di 704
Interessi su altri
crediti

Il reddito come
fonte ultima della
ricchezza
In ultima analisi però, tutta la ricchezza deriva da
redditi91, passati presenti o futuri, prodotti dal
titolare o da altri, in quanto ogni valore deriva
dell’attività o dal patrimonio di qualcuno; anche
quando applicate in occasione di un consumo, o di
un trasferimento patrimoniale, economicamente le
imposte sono sempre pagate con risorse
provenienti dai “redditi di qualcuno", passati o
futuri. Non a caso, con la diminuzione delle attività
produttive di redditi, anche i consumi ed i valori
patrimoniali diminuiscono.
Reddito come
soddisfacimento di
un bisogno
economico
Il reddito è insomma sinonimo di "prestazione utile
a soddisfare bisogni, altrui o propri, come
nell'attività di autosostentamento dell'era agricola;
Il reddito è una astrazione, misuratrice
dell'incremento di beni e di crediti (il denaro
dopotutto è un credito, come indicato al par.1.2) e
quindi non è suscettibile di appropriazione
materiale o giuridica; ripetiamo che tale
appropriazione è riferita piuttosto ai beni, al denaro
o ai crediti che misurano il reddito92.
Costi e ricavi: le
astrazioni che
compongono il
reddito

91
) Sulla giustificazione della ricchezza in base alla produzione di reddito,
proprio o altrui mi sono soffermato in Lupi, Compendio di scienza delle
finanze, Dike, 2014, par.7.4.
92
) Appare per questo impropria la locuzione “possesso di redditi” , inserita
nell’art.1 del testo unico delle imposte sui redditi, a proposito di IRPEF
(abbiamo appena detto che, in quanto astrazione, il reddito non è suscettibile di
essere posseduto).

51 di 704
A sua volta il reddito deriva dalla differenza (somma
algebrica) tra due altre astrazioni, cioè entrate e
spese necessarie all'attività economica, definite
dalla terminologia aziendale come ricavi e costi
(par,7.9). La deduzione di questi ultimi è riconosciuta solo a
chi organizza fattori produttivi ( “operatori economici”), in quanto
le altre attività ne sono considerate sprovviste (par.8.2-8.6) .
Reddito, consumo e
costo
Il “reddito” è collegato col “consumo”, astrazione
economica indicante le prestazioni ricevute per
la sfera personale, familiare o istituzionale
(consumi pubblici) dell'acquirente; il consumo del
cliente è un ricavo del fornitore, la cui prestazione è
definita business to consumer (b2c). Quando
invece la prestazione è destinata a un altro
operatore economico nell'esercizio della sua attività
è definita business to business , costituendo ricavo
per il fornitore, e costo in principio deducibile
(par.7.9) per il cliente (business to business
abbreviato in b2b).
Operazioni
intermedie e valore
aggiunto (rinvio)
come insieme di
redditi
Quando la prestazione si dirige a un altro operatore
economico non si hanno cioè consumi, ma le c.d.
operazioni intermedie, cioè prestazioni tra operatori
economici, che idealmente si compensano ai fini del
calcolo del PIL (a tal fine restano redditi ed
esportazioni, al netto delle importazioni).
Vedremo che l'insieme dei redditi derivanti da una
certa attività si definisce, in capo all'organizzazione
che lo produce, "valore aggiunto" (93).
Redditi immobiliari
e mobiliari
Ai redditi si riferiscono le imposte dirette, che
nell'era preindustriale colpivano solo i redditi

93
Par.7.2 sull'IVA e 9.6 sull'IRAP

52 di 704
agricoli cui si dedicava gran parte della
popolazione; gli altri redditi, non immobiliari, cioè
"mobiliari"(94) venivano trascurati e i loro titolari
eventualmente tassati nelle altre forme indicate al
par.1.2, basate sul tenore di vita, nei sistemi a
ripartizione, o sui i consumi.
Rivoluzione
industriale e
tassazione
“mobiliare”
Solo con la rivoluzione industriale le imposte dirette
iniziarono a colpire anche i redditi non agricoli,
detti "mobiliari", in quanto non legati al terreno.
Oggi, la tassazione attraverso le aziende
(par.1.4) moltiplica, grazie alla contabilità, le
informazioni per tassare questi redditi. Il sistema
impositivo anzi collega la produzione e il
consumo in quanto il corrispettivo di vendita
all'acquirente finale, influisce sia sul reddito del
fornitore, come ricavo, costituendo al tempo stesso
consumo per il cliente.
Redditi-patrimonio
e risarcimenti
Concettualmente, il reddito è una variazione di
patrimonio95, e quindi ne fanno parte anche le
plusvalenze cioè le differenze attive tra prezzo di
acquisto e vendita di un bene96 . Costituisce reddito
anche il risarcimento di un danno, quando il
risarcimento riguarda la "perdita di redditi" che, se
conseguiti ordinariamente, sarebbero stati
imponibili97.
94
) Come quelli commerciali e industriali.
95
) E in questo senso ampio anche la “perdita” può considerarsi un “reddito
negativo. Il reddito è insomma un flusso, una modifica del patrimonio, che
invece esprime la consistenza di rapporti giuridici attivi e passivi in un certo
momento (è un concetto di stock mentre il reddito è un concetto di flusso).
96
) Paragrafo 7.17 sulle plusvalenze su partecipazioni societarie e par.8.5 sulle
plusvalenze finanziarie.
97
Da quanto precede si capisce invece chiaramente che il
risarcimento non costituisce reddito quando riguarda una

53 di 704
Redditi in natura e
illeciti
La misurazione della ricchezza è oggi
normalmente monetaria, anche se anticamente le
imposte erano prelevate anche in natura98. La natura
illecita del reddito non ne esclude l'imponibilità
fiscale, come avviene per cessioni e prestazioni
analoghe a quelle lecite (99). Occorre però tener
conto dell'eventualità della confisca, che può
vanificare l'incremento patrimoniale, rendendone
economicamente ingiustificata la tassazione. In
assenza di una controprestazione non c'è invece
reddito, come per furti e rapine, per cui valgono i
motivi indicati all'inizio del par.10.5 sull'estraneità al
concetto di reddito di donazioni e successioni.

Reddito monetario
e inflazione
La tassazione avviene quindi in linea di principio su
redditi monetari, al lordo dell’ eventuale
inflazione, che tende -quando è notevole- a
gonfiare gli imponibili, con un fenomeno non
oggetto di correttivi a regime. Solo di fronte ad
inflazioni macroscopiche, alcuni stati introdussero
correttivi occasionali o complesse contabilità per
l'inflazione, dove si teneva conto sia degli

perdita patrimoniale (c.d. danno emergente).


98
I redditi in natura, possibili anche se rari, sono convertiti
in denaro ai fini dei tributi secondo il principio del valore
normale.
99
Dal commercio di armi o droga allo spaccio di alcoolici senza
licenza, alla casa di appuntamenti, all'abuso della credulità
popolare, al commercio di cibi adulterati, all'esercizio abusivo
di una professione. Una generale intassabilità di questi redditi
non sembra sostenibile utilizzando generici luoghi comuni
sull'immoralità di una partecipazione statale ai proventi del
reato, smentiti peraltro dall'art. 14 della legge 24 dicembre
1993 n. 537, secondo cui la fonte illecita del provento non ne
esclude l'imponibilità.

54 di 704
inconvenienti per i creditori sia dei vantaggi per i
debitori.
Imprecisione e
residualità imposte
patrimoniali
Le imposte sul patrimonio sono le meno precise, in
quanto colpiscono sia chi si è arricchito sia chi, a
parità di patrimonio si è impoverito; esse dovrebbero
quindi costituire una soluzione di ripiego,
opportuna quando il reddito è di difficile
determinazione, come vedremo al par.10.4.

1.9. le logiche della determinazione della ricchezza e la


dialettica col gettito tributario
Dalla
determinazione
dell’imponibile a
quella dell’imposta
La determinazione delle imposte, in base a
quanto indicato ai paragrafi precedenti, richiede
come primo passaggio, l'affidabile determinazione
della ricchezza cui tali imposte fanno riferimento.
Una volta determinato l'imponibile, come primo
passaggio, spesso molto complicato, l'applicazione
delle aliquote è relativamente facile; una volta
individuata e quantificata la ricchezza, la scelta di
quanta prelevarne a titolo di imposta è una scelta
politica, tecnicamente semplice 100.
Determinazione
della ricchezza, in
fatto e in diritto

100
La individuazione /determinazione della ricchezza e il prelievo di una sua
quota sono due fasi logiche abbastanza facilmente distinguibili,
anche se hanno le interdipendenze indicate anche in questo
paragrafo; dove vedremo che, non potendo variare le aliquote
per ovvie ragioni di uniformità di trattamento, la
personalizzazione dei regimi fiscali, anche in chiave
surrettiziamente agevolativa (o punitiva, o comunque
"politica") avviene con determinazioni strumentali
dell'imponibile.

55 di 704
La determinazione degli imponibili coinvolge
questioni concettuali, di fatto e di diritto, in prima
battuta informativo-valutative, come precisione,
semplicità, cautela fiscale, certezza dei rapporti
giuridici; il coordinamento di questi profili avviene in
relazione alle informazioni disponibili sulla
determinazione della ricchezza, siano esse
documentali, contabili o valutative, come vedremo al
par.1.11; questa diversa determinabilità di varie
forme di ricchezza deriva dai relativi modi di
produzione e circolazione, cioè dalla forza delle cose;
queste diversità possono essere ridotte con
interventi amministrativi olegislativi, ma non
eliminate, per quanto si equivochi sul concetto di
"onnipotenza della legge"(101).
Queste informazioni servono prima di tutto per un
giudizio di fatto, empirico e probabilistico nel
senso di cui al par.5.8 ss., e consistono in tracce
documentali, indizi materiali, caratteristiche esteriori
complessive di attività economiche102, come
vedremo nel complesso al par.1.11. Basandosi su
queste informazioni la legislazione sostanziale
tributaria (par.2.3) specifica in concreto le
astrazioni economiche indicate al paragrafo
precedente, come reddito, patrimonio o
consumo, col secondo passaggio della
determinazione degli imponibili, cioè la
qualificazione giuridica degli eventi tributariamente
rilevanti, della quale diremo ampiamente al par.3.9
ss. (questioni di diritto).
101
) Abbiamo infatti già visto al par.1.3 che questa fantomatica onnipotenza
riguarda la valutazione degli interessi da parte del giudice, cioè la
qualificazione giuidica (approvazione o disapprovazione) di circostanze
individuate e adeguatamente analizzate; sul resto delle funzioni giuridiche
anche “giurisdizionali”, e a maggior ragione “non giurisdizionali” la legge non
è affatto onnipotente (ne riparleremo al par.2.1 e 2.4).
102
Ad esempio le caratteristiche esteriori di una pasticceria
danno un ordine di grandezza del reddito del titolare e del
consumo dei clienti.

56 di 704
Dall’imponibile
all’imposta
Una volta determinata la ricchezza, la parte da
prelevarne a titolo di imposta (in genere con le
aliquote di cui al par.4.5 e 9.2) dipende dai
condizionamenti politico-sociali sulle necessità
di gettito e sugli effetti economici dei tributi
indicati al par.1.7.
Dall’imponibile
all’imposta: il
gettito
Dopo le fasi di determinazione empirica di vicende
materiali, e di loro qualificazione giuridica, ispirate
ai concetti tecnici indicati sopra (103), seguono
esigenze sociali più complesse, condizionate da
valutazioni sugli effetti economici dei
tributi(par.1.7). Si tratta di scale di valori qualificate
politicamente, come l'attività produttiva, le
necessità di spesa pubblica e di consenso politico, la
solidarietà, la proprietà etc 104.
Le possibili
distorsioni della
determinazione
dell’imponibile in
chiave agevolativa
o punitiva
Il modo più diretto per soddisfare queste esigenze
generali extratributarie è quello di aumentare o
diminuire le aliquote di imposta, senza interferire
coi diversi profili di determinazione della ricchezza,
che sono preliminari e concettualmente autonomi.
La determinazione dell'imponibile, è
logicamente anteriore rispetto a queste esigenze, da

103
Semplicità, precisione, certezza ed altri profili tecnici da
contemperare tra di loro. Si vedano i paragrafi 5.8 sulle questioni di
fatto e 3.9 ss. su quelle di diritto.
104
) Si tratta di quegli “interessi extrafiscali”, già indicati al par.1.7, che
ritroveremo spesso (cfr par.2.6 sugli aiuti di stato, 5.10 in materia di
discrezionalità , 7.19 in materia di concorrenza fiscale sleale, etc.), che qualche
volta è ipocritamente più facile perseguire agendo strumentalmente sulla
determinazione dell’imposta, come diremo subito nel testo.

57 di 704
perseguire -ripetiamo- attraverso l'aumento o la
diminuzione delle aliquote105.
La manovra
selettiva della
determinazione dei
tributi
La manovra sulle aliquote, però, riguarda tutti i
settori e le attività soggette a una determinata
imposta; quindi le agevolazioni tributarie "palesi"
rischiano di innescare una catena di richieste
analoghe, e le penalizzazioni tributarie palesi di
comparti economici rischiano ricadute politiche
negative106. Sulle aliquote di imposta c'è infatti un
generale controllo sociale, interno e
internazionale(107).
Agendo sulla determinazione dell'imponibile, invece,
si possono incentivare (o penalizzare) in modo
selettivo settori economici che si ritengono
meritevoli108 o -all'opposto- si disapprovano. Invece

105
In linea logica le storture nella determinazione della
ricchezza, a danno dei contribuenti, dovrebbero essere
eliminate, anche perdendo gettito, da recuperare casomai
aumentando le aliquote; analogamente, e inversamente, le
storture a vantaggio dei contribuenti, dovrebbero essere
eliminate, sostituendole casomai con una diminuzione delle
aliquote.
106
) In quanto il consenso perduto sul settore colpito finisce per non essere
riequilibrato sugli altri , che restano indifferenti. Anche per questo gli esempi di
tassazione “punitiva” hanno riguardato settori mediaticamente screditati
(pornografia, società di comodo come vedremo al par. 7.5, petrolieri o banche)
oppure senza rappresentanza, in quanto “trasversali”, come vedremo per la
tassazione attraverso il tenore di vita.
107
) Sul controllo sociale interno par.5.3, mentre su quello internazionale vedasi
il par.2.6 a proposito del diritto comunitario, come esempio di accordi
internazionali vincolanti per gli stati. Le discriminazioni palesi, contrarie alla
lettera e allo spirito degli accordi, sono quindi imbarazzanti. Si preferisce
perciò, come indicato nel testo, sostituire agli interventi sulle aliquote,
manipolazioni nella determinazione della base imponibile, giustificate da
esigenze tecniche , ad esempio di semplificazione (forfetizzazione) o di
controllo.
108
Ne troveremo esempi per l’agricoltura al par.8.2, ma anche alcune
disposizioni sulle riserve indivisibili delle cooperative si ispiravano alla stessa

58 di 704
di chiamare direttamente col loro nome agevolazioni
e penalizzazioni, si usano strumentalmente
motivazioni tecniche, politicamente meno
imbarazzanti o più altisonanti, a seconda della
convenienza d'immagine e di consenso che ispira,
come vedremo al par.2.4, il potere politico. Oltre alle
agevolazioni per l'agricoltura di cui al par.8.2 si veda
la concorrenza fiscale dannosa tra stati, di cui al
par.7.19 (109).

1.10. Ragioni, anche perequative, della molteplicità


dei tributi e panoramica del relativo gettito

astrazioni
economiche e
modalità
informative
In tutti i sistemi tributari troviamo una
combinazione di imposte sul reddito, sui
consumi e sul patrimonio. Si tratta delle
astrazioni economiche indicate al par.1.8, a
cominciare dal reddito, ai consumi e residualmente
al patrimonio, generica soluzione di ripiego, come
vedremo al par.10.4. Diverso è però il profilo delle
modalità con cui raccogliere le informazioni
necessarie alla determinazione del tributi, come la
stima diretta della ricchezza, i documenti contabili o
gli atti giuridici, di cui al prossimo paragrafo 1.11.

logica ibrida. Tutta la concorrenza fiscale internazionale sleale di cui al par.


7.19 gioca sull’equivoco in esame.
109
C’è anche la mistificazione inversa, come la presentazione politico-mediatica
di banali razionalizzazioni nella determinazione della ricchezza, come
"agevolazioni fiscali per lo sviluppo" (si pensi alla deduzione dall’IRES della
quota IRAP dovuta al lavoro e agli interessi, di cui diremo al par.9.6). E’
un’altra sovrapposizione tra “determinazione dei tributi” ed “effetti dei tributi”
profili distinti già al par.1.7. All’uso distorto della determinazione della
ricchezza in chiave agevolativa o punitiva sarebbe opportuno dedicare tesi di
laurea o di dottorato.

59 di 704
Pluralità di tributi e
perequazione
fiscale
Qui ricordiamo che l’utilizzazione, a parità di
gettito totale, di varie tipologie di tributi, è ispirata
alla ragione, di perequazione fiscale, secondo cui è
difficile evitare ogni forma di prelievo. Se ci si
concentrasse solo sulle imposte sui redditi, usando
aliquote elevate, i relativi evasori eviterebbero
qualsiasi tributo. Anche costoro, invece, pagano i
tributi sui consumi quando acquistano merci al
supermercato, pagano utenze domestiche, fanno
benzina, utilizza conti correnti bancari, magari
fumano o giocano alla lotteria, acquistano o
detengono un immobile, etc.. In tutti questi casi
subentrano infatti altri tributi sui consumi o sugli atti
giuridici, la cui pluralità coglie anche gli evasori dei
tributi sui redditi. La pluralità dei tributi distribuisce
meglio il carico fiscale, anche su chi non sfugge a
nessuno dei suddetti tributi; costoro saranno infatti
svantaggiati, soggiacendo a tutti i tributi, ma a
parità di gettito totale, saranno comunque alleggeriti
della quota pagata da chi evade alcuni tributi e altri
no110.
L’ordine di
grandezza del
gettito
Il gettito complessivo, rispetto al PIL, non ha
grandi variazioni nel tempo, ed è sufficiente, ai fini di
questo volume, un ordine di grandezza comparativo,
anziché un
millimetrico computo ragionieristico. Nel complesso
le entrate tributarie statali (2014) ammontavano a
circa 410 miliardi di Euro più 70 miliardi circa di
tributi

110
Se fossero tassati solo i redditi, chi riesce a occultarli al
fisco non pagherebbe nulla, e chi vi fosse assoggettato
sconterebbe invece aliquote insopportabili, e politicamente
intollerabili.

60 di 704
regionali e comunali, inclusa l’IRAP; vanno aggiunti
oltre 200 miliardi di contributi pensionistici di cui al
par.1.12 (111).
distribuito per
entità economica di
riferimento dei
tributi
Le principali, incrociando gettito e riferimento
economico, sono le imposte sui redditi delle
persone fisiche (165 miliardi), uniti a 37 miliardi di
imposte sul reddito delle entità societarie e
assimilate, e circa 7 miliardi di imposte sostitutive
sulle rendite finanziarie. Per quanto riguarda la
tassazione del consumo, l’IVA totalizza circa 100
miliardi112, mentre le altre imposte su specifici
consumi (c.d. “accise”, par. 10.6) fruttano circa 30
miliardi. Gli esempi più significativi di tassazione del
patrimonio e degli atti giuridici riguardano le
imposte comunali sugli immobili (circa 20
miliardi) e le imposte di bollo e registro (circa 15
miliardi). Quando esamineremo altre “imposte
minori”, al capitolo 10, daremo altre indicazioni sullo
specifico relativo gettito.

1.11. Segue. Strumenti giuridici di determinazione


della ricchezza (stime, documenti, registrazioni,
etc.)
Dall’astrazione
economica alle
modalità di
determinazione
L'efficienza della determinazione dei tributi non
dipende dall'astrazione economica cui essi si
riferiscono113, ma dalla capacità di valorizzare, sul
111
La somma di tributi e contributi, confrontata col PIL, dà la
pressione fiscale di cui al par. 1.7
112
) Come vedremo al capitolo settimo, sia l’IVA sia le imposte sui redditi
utilizzano, per la determinazione dei consumi e dei redditi, la stessa
documentazione amministrativa delle aziende.
113
) Cioè redditi, consumi, patrimonio, etc..

61 di 704
piano gestionale e amministrativo, le informazioni
sulle varie forme di ricchezza.
Visibilità e
determinazione
contabile della
ricchezza
Sul piano della provenienza del gettito o delle
relative informazioni, la maggior parte del gettito
indicato al paragrafo precedente deriva da
ricchezza visibile in modo contabile attraverso le
organizzazioni aziendali. Queste ultime, come grandi
filtri, acquisiscono consumi e restituiscono redditi,
con un apparato contabile che appunto "filtra" la
ricchezza,nelle due fasi suddette114 .
Visibilità estimativo
materiale della
ricchezza
Tuttavia anche il lavoro indipendente al consumo
finale, consapevole della propria visibilità
economico-materiale fornisce gettito
proporzionalmente molto superiore alle possibilità di
intervento valutativo degli uffici tributari nei suoi
confronti, secondo un filo conduttore del testo,
sviluppato al par.4.2.
In entrambi i casi si tratta di un’unica
determinazione contabile della ricchezza
attraverso le aziende, dove si colgono al tempo
stesso le registrazioni di "consumi" e di "redditi",
dell'azienda e dei suoi fornitori, sopratutto lavoratori
e risparmiatori.
Il controllo
reciproco
dell’azienda come
corpo intermedio
(rinvio)
Vedremo al capitolo terzo che il successo della
tassazione attraverso le aziende dipende dalla
ripartizione dei compiti all'interno delle
114
) Si tratta delle fasi di “acquisizione” dei consumi e di “erogazione” dei
redditi. Il primo passaggio sconta l’IVA e il secondo le ritenute alla fonte sui
redditi (par.3.6).

62 di 704
organizzazioni amministrative, in una sorta di
"contrasto di interessi" tra i relativi addetti;
ciascuno di essi documenta infatti i propri
compiti , rendendo conto agli altri ( addetti
all'officina produttiva, al magazzino, alle vendite,
all'emanazione delle fatture e alla riscossione dei
crediti, al bilancio etc.). Nel documentare il
proprio lavoro, ciascuno lascia tracce giuridico-
amministrative di cui il fisco potrebbe avvalersi per
determinare la ricchezza. La fedeltà fiscale dei
titolari dell'organizzazione dipende quindi dalle
varie procedure gestionali, di cui diremo al
successivo par.3.7.
Lavoro
indipendente e
piccole
organizzazioni al
consumo finale
Al contrario, quanto più l'organizzazione diventa
piccola, fino a quella unipersonale al consumo finale
(lavoro indipendente), diminuisce la suddetta
necessità di controllo interno, quindi aumenta la
possibilità di non registrare fiscalmente quote di
ricchezza. Proprio dove le organizzazioni
amministrative non arrivano si colloca gran parte
dell'evasione, come indicato al par.4.1, a causa delle
carenze nell'intervento valutativo degli uffici e nella
comprensione della pubblica opinione (115).

Tuttavia – come vedremo ai par. 3.13 e 4.2 – il


115

gettito è proporzionalmente superiore alla


sistematicità della richiesta concreta dei tributi, su
queste aree economiche (si smentiscono anche
sotto questo profilo i laceranti luoghi comuni sulla
disonestà fiscale degli italiani (par. 4.2 e 4.5).

63 di 704
1.12 Previdenza sociale: i contributi come “tributi di
scopo”?
Ragioni economico-
sociali della
previdenza
Mentre i tributi sono antichissimi, la previdenza
sociale (pensioni) è divenuta necessaria solo col
passaggio dalla società agricolo-artigianale a quella
industriale, dove il lavoro è più di routine, meno
flessibile e più interdipendente; ne è derivato un
accorciamento della vita lavorativa aziendale,
con ridotte possibilità di assorbimento in attività
alternative, compatibili con l'età avanzata116. La
condizione degli anziani è anche peggiorata anche in
quanto la società moderna ha logorato le reti
familiari e sociali (religiose e di vicinato) che
avrebbero potuto assisterli.
Necessità di una
pensione
Quanto precede, unito alla maggiore incidenza
numerica degli anziani, dovuta anche
all'allungamento della vita media, ha spinto a
rendere obbligatorie, per i lavoratori, forme
assicurative private o previdenze pubbliche,
alimentate da contributi sociali obbligatori a
carico dapprima dei dipendenti, e poi di tutti i
lavoratori, anche autonomi 117.
Una spesa pubblica
autofinanziata

116
) Più ampiamente, su questi processi sociali, Lupi, Compendio di scienza
delle finanze, Manuale giuridico di scienza delle finanze, Dike, 2012, par.9.5.
117
I lavoratori per cui esistono organizzazioni e albi sono organizzati nelle
cosiddette “casse previdenziali private” (avvocati, medici, ingegneri, etc.). Per
i lavoratori indipendenti che non sono tenuti all’iscrizione in simili albi
professionali, è obbligatoria la c.d. “gestione separata INPS”. Artigiani e
piccoli commercianti vi erano obbligati già in precedenza, mentre
successivamente l’obbligo è stato esteso ai lavoratori indipendenti di natura
intellettuale, non tenuti all’iscrizione in casse (l’obbligo contributivo scatta
qualora i compensi annui superino 5 mila euro).

64 di 704
Sul piano macroeconomico, è una spesa pubblica
finanziata a carico di coloro che, in futuro, potranno
beneficiarne; c'è insomma un tentativo di
autonomizzare la funzione previdenziale, attraverso
un autofinanziamento della stessa, a carico dei futuri
interessati.
Un “tributo di
scopo”
Su questa premessa il contributo sociale può essere
qualificato come una sorta di "tributo di scopo", in
quanto ancorato ad uno specifica funzione pubblica
a favore di chi lo versa come confermeremo al
par.5.1.
Somiglianza con le
prestazioni
assicurative
Il sistema assomiglia per molti versi a quello
assicurativo, assimilando i contributi previdenziali a
premi di assicurazione sulla vita, destinati
all'erogazione di una rendita vitalizia, rappresentata
dalla pensione, per cui serviranno calcoli attuariali
"di massa", in quanto la vita residua è incerta. Da
questi calcoli derivano contributi pensionistici,
dovuti in proporzione agli stipendi, anche tenendo
conto di congiunti meritevoli della "pensione ai
superstiti" (detta anche "di reversibilità"). Oggi
l'incidenza di tali contributi è pari al 30 percento
circa del salario lordo dei dipendenti.
Differenze rispetto
alle assicurazioni:
il sistema
retributivo
Tuttavia, rispetto alle assicurazioni private, non
esiste un materiale investimento dei contributi
previdenziali, con retrocessione dei frutti tramite la
pensione e una garanzia della società assicurativa.
Per molto tempo, anzi, fu in vigore il c.d. "sistema
retributivo" , in cui la pensione era legata non già
ai contributi versati, ma alla retribuzione degli ultimi

65 di 704
anni118. I contributi pagati dai lavoratori attivi erano
insomma utilizzati per pagare le pensioni in questo
modo stabilite.
Il sistema
contributivo
Dal 1995 il sistema retributivo è stato soppresso, ed
i contributi versati sono tornati a essere il
parametro economico cui commisurare la
pensione119; tuttavia quest'ultima non poteva che
continuare ad essere finanziata materialmente dai
contributi versati dai lavoratori attivi, usati per
pagare i pensionati analogamente a quanto avviene
nel sistema precedente. Aver utilizzato i contributi
per pagare pensioni troppo generose ha innescato
una spirale da cui è difficile uscire, soprattutto per
l'aumento di pensionati rispetto ai lavoratori
attivi e l'invecchiamento della popolazione.
Interventi a carico
della fiscalità
generale
Le carenze di fondi, per pagare le pensioni, rendono
necessari interventi a carico della finanza pubblica
generale, finanziata con le imposte; è una
fiscalizzazione delle pensioni, cui si aggiunge il peso
delle c.d. "pensioni sociali", spettante per il solo
fatto dell'anzianità, indipendentemente dal
versamento dei contributi.
Squilibri transitori

La logica del sistema retributivo era solo politica, tendente a


118

creare consenso immediato, utilizzando le eccedenze di


contributi rispetto alle pensioni, creetasi per la giovane età
media dei lavoratori e il loro numero elevato rispetto ai
pensionati. Si misero in questo modo le premesse per lo
squilibrio previdenziale che oggi ci caratterizza, e di cui diremo
nel testo.
119
Anche senza un materiale investimento dei
contributi versati durante la vita lavorativa, questi
sono tornati ad essere il parametro economico per
calcolare la successiva pensione ( "rendita
vitalizia pensionistica").

66 di 704
a maggioranza delle pensioni in essere nel 2015 è
ancora in gran parte calcolata col suddetto "sistema
retributivo", su cui non si riesce a intervenire non
solo per il peso politico dei pensionati, ma anche per
la contrarietà della corte costituzionale a toccare i
c.d. "diritti acquisiti". Qualunque cosa dica la corte
costituzionale sui "diritti acquisiti" , la parte di
pensioni idealmente eccedente i contributi versati è
assistenza, a carico della fiscalità generale, cioè
di chi paga imposte, in quanto fa l'operaio, fa
benzina, o possiede una casa. Possiamo avere cioè
contribuenti poveri che sostanzialmente
assistono pensionati ricchi , compresi alti
dirigenti e magistrati (inclusi quelli della corte
costituzionale).
i massimali
contributivi e
pensionistici
Una prospettiva sensata dovrebbe essere assicurare
una pensione proporzionata allo stipendio quando
quest'ultimo è "di sussistenza"; gli stipendi maggiori
non avrebbero invece alcun bisogno di essere
salvaguardati, come già oggi avviene coi c.d.
"massimali contributivi" e pensionistici 120; questo
tetto massimo alla pensione consentirebbe di
limitare anche il prelievo dei contributi nel corso
della vita lavorativa.

Capitolo 2- IL PUNTO DI VISTA DELLA POLITICA:


LEGISLAZIONE ORGANIZZATIVA E DECISORIA
(principi costituzionali e comunitari nella
determinazione dei tributi)

120
) Esistenti per esempio nel trattamento pensionistico dei dirigenti industriali,
dove i contributi non salgono rispetto a un determinato livello stipendiale (c.d.
“massimale”), perché anche le pensioni hanno al tempo stesso un tetto
massimo.

67 di 704
Sintesi Questo capitolo analizza la determinazione dei tributi dal
punto di vista della legislazione. Il mito dell’onnipotenza di
quest’ultima, riferito alla fase decisoria del diritto giurisdizionale
si ridimensiona fortemente per tutte le istituzioni chiamate a
svolgere compiti diversi, comprese quelle relative alla
determinazione dei tributi. Su queste istituzioni il potere
legislativo svolge infatti da sempre una funzione organizzativa, ed
oggi instaura un rapporto diretto con le aziende, ai fini della
determinazione ragionieristica dei tributi. Dove però le aziende
non arrivano, il potere legislativo non può svolgere supplenze di
sorta rispetto alla determinazione valutativa della ricchezza da
parte degli uffici tributari. Dalle frustrazioni e tensioni sociali
indicate al capitolo 4 deriva la spirale dell’amministrazione per
legge, anche a causa di un’opinione pubblica turbata dalle
sperequazioni ed inefficienze della tassazione attraverso le
aziende. Il legislatore stesso ne diventa quindi ostaggio, esposto ai
numerosi impulsi contraddittori di una società senza punti di
riferimento in materia tributaria. Non aiutano particolarmente le
disposizioni costituzionali, che presuppongono istituzioni serene,
ma non possono crearle. La riserva di legge, ricognitiva di principi
generali, diventa così un pretesto per non decidere. Viene
equivocato anche il principio di capacità contributiva, che
ribadisce (forse pleonasticamente) il riferimento strutturale dei
tributi alla ricchezza; questo principio viene però riferito a una
fantomatica “posizione economica globale” degli individui,
mentre la tassazione non può che dirigersi a frammenti di
ricchezza. La situazione non è chiarita dagli interventi della corte
costituzionale, oberata da ordinanze di rimessione spesso
dispersive (per via di una magistratura tributaria inadeguata , cfr.
par. 6.7 ss), di solito giustamente rigettate, ma con motivazioni
disorientanti. La tendenza ad amministrare per legge è
paralizzante anche a causa dei vincoli europei, derivanti non solo
dalle specifiche disposizioni tributarie dei trattati, ma dai principi
delle libertà europee, dei divieti di discriminazione e di “aiuti di
stato”.

68 di 704
2.1. L’organizzazione legislativa della “funzione
tributaria” (riserva di legge, statuto del contribuente e
“codificazione”)

Iniziale funzione
decisoria della
legislazione
Sono molti i fattori che influenzano il
comportamento delle istituzioni 121, come le risorse
disponibili, il modo di concepire la propria funzione
nel contesto socioculturale(122), e anche la
legislazione, di cui occorre chiarire le
potenzialità ed i limiti (123). Le antiche
legislazioni, a partire dal codice di Hammurabi, fino
al lapis niger, nacquero con funzione decisoria
rispetto al diritto giurisdizionale (par.1.3) per
indicare ai magistrati i criteri di soluzione delle
controversie; qui le istituzioni devono principalmente
decidere e i margini di manovra della legge,
nell'influenzare l'apprezzamento e la riprovazione
sociale sono talmente alti da far parlare di
"onnipotenza legislativa", secondo una tendenza da
circoscrivere attentamente, e di cui riparleremo al
par.2.3; accanto a questa funzione decisoria
occorreva anche individuare i magistrati cui i privati
dovevano rivolgersi, regolare i criteri per accogliere
le domande, istruire i fatti, garantire il
contraddittorio etc.124.
Legislazione con
funzione
organizzativa
L'organizzazione delle istituzioni, comprese quelle
giurisdizionali, poteva avvenire con ordini diretti
121
Come del resto il comportamento delle aziende e anche degli individui.
122
) Sull’influenza di questo contesto sul comportamento delle istituzioni cfr.
par.5.3.
123
Sono limiti che in questo paragrafo chiariremo sia in assoluto
sia nella determinazione dei tributi.
124
) Il che accadeva, già nel diritto giurisdizionale, con disposizioni
organizzative e di procedura.

69 di 704
della politica, con disposizioni organizzative della
giurisdizione, come di tutte le altre funzioni
pubbliche "non giurisdizionali"; in questa funzione
organizzativa , con cui attribuisce competenze e
indicazioni alle varie istituzioni, la legislazione è
tutt'altro che onnipotente, assegnando obiettivi non
essere materialmente raggiungibili. Qui infatti
l'istituzione non deve solo "dire" quanto la legge
prescrive, ma deve anche "farlo" e ripetiamo che tra
il dire e il fare c'è di mezzo il mare.
Istituzioni ed
effettività
legislativa
Per le istituzioni non giurisdizionali, il potere della
legge passa evidentemente attraverso risorse di
tempi, di uomini e di mezzi , tutti necessariamente
limitati e davanti alla cui limitatezza la legge non
può nulla; sarebbe ridicole disposizioni legislative
che pretendessero guarigioni di ammalati, sconfitte
di nemici, arresti di delinquenti, determinazioni di
tributi e altri compiti che le istituzioni non sono in
grado di svolgere. Ripetiamo che l'equivoco
dell'onnipotenza legislativa si pone infatti solo
per la funzione decisoria del diritto giurisdizionale125.
Negli altri casi occorre distribuire risorse scarse
in relazione alle priorità, con valutazioni costi-
benefici, su cui par.5.10 in materia di c.d.
"discrezionalità".
Potestà normativa
tributaria e di
imposizione
Da quanto precede è facile comprendere cosa si può
fare, e cosa non si può fare, con la legislazione, nella
funzione istituzionale di determinazione dei tributi126.
125
Nelle funzioni ambientali, di difesa, sicurezza, sanità,
determinazione tributi etc. la legge non può certo guarire i
malati, educare gli alunni, smaltire i rifiuti, scovare i criminali, o
nel nostro caso determinare i tributi.
126
Sarebbe un buon argomento per una tesi di laurea o di
dottorato, anche in relazione ai condizionamenti subiti dal

70 di 704
La “potestà normativa tributaria", cioè il potere
politico di imporre tributi in astratto, diventa quindi
concreto solo se esistono adeguate risorse nella
potestà amministrativa di imposizione, cioè
intesa come capacità di applicare i tributi con
sistematicità sufficiente a considerarli effettivi e non
casuali127.
Una delle prime funzioni della potestà normativa
tributaria, spettante all'autorità politica di
vertice, non era l'istituzione dei tributi, ma delle
istituzioni burocratiche col compito di imporli,
investite della potestà amministrativa di
imposizione. La capacità gestionale di questi
delegati era un elemento che condizionava, oltre alle
necessità di gettito, ed al consenso sociale, le
decisioni di politica tributaria.
Dalle necessità
organizzative alle
costituzioni
Questa necessità di organizzare un apparato di
istituzioni tributarie prescinde dalla forma di
stato e di governo, democratico, autoritario o
addirittura totalitario. Sono considerazioni pratiche,
derivanti dalla forza delle cose, e dal pragmatismo
del diritto come scienza pratica, in cui si radica il
principio di effettività, senza bisogno di essere
costituzionalizzato128.
Le finalità
garantistiche delle
riserve di legge

potere politico, e indicati al par.2.4.


127
Solo in alcune società elementari o situazioni particolari
questa potestà amministrativa di imposizione viene esercitata
dall'autorità politica di vertice. Già nelle civiltà mediterranee il
vertice politico, pur mantenendo saldamente le funzioni
militari e di sicurezza, delegava la routine della determinazione
dei tributi ad appositi funzionari (il re era più "un guerriero",
che "un gabelliere").
128
Sarebbe da interrogarsi sulla compatibilità con la
costituzione di tributi praticamente inapplicabili in quanto
velleitari.

71 di 704
A questa investitura delle istituzioni, anche
tributarie, sono preposte le ordinarie riserve di
legge generali sull'organizzazione dei pubblici
uffici (art.97 cost.).
L'articolo 23 della costituzione italiana contiene
invece una specifica riserva di legge applicabile
all'introduzione dei tributi, secondo cui le
prestazioni personali o patrimoniali possono essere
imposte soltanto in base alla legge.
Motivi politici delle
riserve
La ragione della riserva di legge è di tutela, in
quanto un “avallo parlamentare” per le
prestazioni imposte assicura tramite una
rappresentanza più diretta dei cittadini nel loro
complesso. Se infatti legiferasse il governo, leggi
fiscali potrebbero essere introdotte da un governo
diviso al suo interno che idealmente rappresenta la
maggioranza della maggioranza parlamentare,
aritmeticamente corrispondente all 51 percento del
51 percento dei consensi popolari.
La riserva è rispettata sia con le leggi in senso
formale, sia con decreti legge, decreti legislativi,
emanati dal governo in base a previa legge delega,
con principi e criteri direttivi (art. 76 Cost.).
Relatività della
riserva e concetto
di prestazione
imposta (rivnio)
La necessità di introdurre queste prestazioni per
legge è una delle "riserve di legge" “relative”,
concetto di creazione dottrinale e giurisprudenziale,
riferito ai casi in cui solo le regole più importanti
vanno fissate per legge. Si tratta quindi di riferire ai
tributi una riserva, più ampia, prevista per tutte le
prestazioni patrimoniali imposte, che
ricomprendono anche altre entrate pubbliche,
indicate al par.5.1.
Parametri per il
rispetto della
riserva

72 di 704
La riserva è rispettata, riferendola ai tributi, quando
la legge prevede anche solo alcune loro
caratteristiche di base, come la tipologia di
ricchezza colpita, i criteri-guida per determinare
l’imponibile e la fascia di aliquote adottabili, le
sanzioni (per le quali sussiste anche la riserva di
legge di cui all’art. 25 della costituzione: par.6.13).
Possibilità di usare
regolamenti
La relatività della riserva consente comunque di
disciplinare aspetti particolari dei tributi con «
regolamenti amministrativi», cioè atti normativi
secondari, frequenti per disciplinare numerosi
aspetti ulteriori della determinazione dei tributi,
soprattutto nei riflessi documentali, di dettaglio
settoriale e procedurali. La normativa
regolamentare in senso stretto è approvata previo
parere del consiglio di stato, non richiesto per gli atti
amministrativi generali, come esempio quelli di
approvazione dei modelli per gli adempimenti
amministrativi tributari (dichiarazioni, versamenti ed
altri indicati al par. 3.4).
La tendenza a una
legislazione già
molto tecnica
Nonostante la possibilità di usare regolamenti la
legislazione stessa si spinge spesso nei tecnicismi
della tassazione attraverso le aziende, con
un'ingerenza notevole delle istituzioni fiscali,
tramite il ministero dell'Economia; sono infatti in
genere le istituzioni fiscali a predisporre di fatto la
legislazione quando (come in genere avviene) è
presentata dal governo.
Legislazione e
tributi locali
Rispettano la riserva di legge anche i tributi
introdotti con leggi regionali, costituzionalmente
previste, ma poco frequenti. Il principale tributo
regionale (IRAP par.9.6) è ad esempio previsto da

73 di 704
leggi statali. La maggior parte dei tributi locali, a
favore dei comuni, sono anch'essi previsti con
leggi statali (cfr. il par. 10.8).
Diffidenza per
referendum
Il divieto di referendum sulle leggi tributarie
(art.75 cost.), è ispirato dal timore di referendum
demagogici, che suggestionano, con promesse di
riduzione delle imposte, un elettorato inconsapevole
dei benefici derivanti dai servizi pubblici 129.
Malesseri e statuto
del contribuente
I malesseri sociali sulla determinazione dei tributi
(par. 1.5.-1.7.e soprattutto infra par.4.3-4.7) si sono
riflessi anche sul piano legislativo, con l'emanazione
di una apposita legge denominata “statuto dei
diritti del contribuente” (legge 212 del 2000),
senza rango costituzionale (viste le difficoltà di
superare le lungaggini per l'approvazione delle leggi
costituzionali), e quindi derogabile da leggi ordinarie.
Lo statuto riflette l'illusione di un potere
miracolistico della legislazione, calando in una
"legge manifesto" una serie di disposizioni
eterogenee, dispersive e rigide; i diritti dei
contribuenti sono infatti decontestualizzati
rispetto alla loro naturale cornice di diritto
amministrativo , senza essere coordinati con le
diffidenze dell' enfasi antievasione, del desiderio
di copertura normativa degli uffici tributari, della
snellezza procedimentale etc..
Inadeguatezza
dello statuto
rispetto alla

129
) . E’ una prova di sfiducia del legislatore costituente verso
l’elettorato, che dovrebbe essere sottoposta a valutazioni
ulteriori, anche di diritto comparato, e che potrebbe essere un
buon argomento per una tesi di laurea. Il divieto è stato applicato
dalla corte costituzionale sia alle disposizioni tributarie sostanziali sia a quelle
procedurali, come fu per il referendum sulla ritenuta alla fonte; per i contributi
previdenziali si usò lo strumento delle “leggi di bilancio”, pur adombrando la
possibilità di una loro possibile natura tributaria, indicata al par.1.12.

74 di 704
complessità dei
problemi
Lo statuto è inadeguato su una serie di temi
strutturali, semplicemente per la mancanza della
spiegazione d'insieme del diritto tributario, e del suo
mancato inquadramento nella cornice del diritto
amministrativo, come diremo al cap.4; i
semplicistici, e spesso enfatici, riferimenti dello
statuto sono inadeguati alle sfumature del
procedimento amministrativo (par.6.1), delle
rimessioni in termini, dei "vizi formali", della
motivazione, del rapporto tra atto amministrativo e
processo, su cui esistono elaborazioni
amministrative molto più articolate (si pensi al
decreto 241 del 1990 in materia di procedimento
amministrativo, invalidità degli atti e simili).
Molte soluzioni garantiste basate sullo statuto, come
quelle in tema di affidamento e buona fede,
sarebbero state raggiungibili anche ragionando sui
principi ed anzi la soluzione non è giunta a seguito di
un ragionamento, ma di un riferimento normativo
(sulla differenza par.4.3).
Uso formalistico da
parte dei
contribuenti
All'opposto, il formalismo dello statuto ne comporta
la frequente utilizzazione strumentale, da parte
dei contribuenti, per invalidare atti impositivi su
aspetti di dettaglio, come la sottoscrizione del
responsabile del procedimento, il termine iniziale per
le deduzioni difensive, la durata della verifica etc..
L’illusione delle
“codificazioni”
La stessa illusione si ritrova nell'invocazione di
"codificazioni", rivelatrice di impostazioni radicate
nella funzione di giustizia , dove il legislatore
deve solo scegliere dei punti fermi nelle scale di
valori sociali cui potrebbe guardare il giudice. Per
codificare occorre prima conoscere, almeno capire
la tassazione attraverso le aziende, coordinandola

75 di 704
con la tradizionale determinazione valutativa
attraverso gli uffici (par.5.9).
Codificazioni e riforme fatte senza spiegarsi i
problemi generali della determinazione dei tributi,
azzerano periodicamente le deboli sedimentazioni di
conoscenze condivise che gli operatori si formano
partendo dai "materiali normativi", costringendoli a
ricominciare sempre da capo (par.3.16), azzerando
le strutture mentali che, piano piano si vanno
formando con l'esperienza. Inoltre le codificazioni
generali, come abbiamo già visto per lo statuto del
contribuente, rischiano di essere troppo rigide,
specie per numerosissime imposte estranee alla
tassazione attraverso le aziende (capitolo decimo),
ormai assestate nelle loro logiche di nicchia,
improntate alla specifica ricchezza colpita, o
addirittura al principio del beneficio (par.1.8);
esse sarebbero stravolte da una codificazione di
portata generale, che rimetterebbe a soqquadro la
geografia legislativa. Ne varrebbe la pena solo
avendo una progettualità d'insieme sulla
determinazione dei tributi, che non si ottiene certo a
colpi di modifica legislativa, ma nei modi indicati al
capitolo 4. Per il resto, la certezza del diritto si
ottiene con le idee condivise e le spiegazioni di
insieme.

2.2. Capacità contributiva: conferme, casualità ed


equivoci di sua determinabilità personale
complessiva.
L’innesto delle
costituzioni sulla
funzione tributaria
Le costituzioni scritte sono sopravvenute,
cronologicamente, alla funzione tributaria,
esistente da tempo immemorabile. Sulla
determinazione dei tributi le costituzioni sono prive
della portata rivestita per la selezione del vertice

76 di 704
politico, i rapporti tra i poteri pubblici, le garanzie dei
cittadini rispetto ad essi, etc..

Dallo statuto
Piemontese alla
costituzione
Nello statuto sabaudo del 1848, passato poi al
Regno d'Italia, c'era un’enunciazione di principio
sul dovere di concorrere alle pubbliche spese in
proporzione agli “averi”, cioè alla ricchezza. Questo
riferimento aveva già una certa importanza, rispetto
a quando era rilevante anche il rango sociale, con
esenzioni e privilegi: all'epoca dell'assemblea
costituente, però, questa precisazione era quasi
superflua, tanto che fu suggerito di non inserire
nell'attuale costituzione una disposizione analoga.
Testo attuale e
“minimo vitale”
Nell’ultima fase di discussione in aula, fu proposto il
testo attuale, su indicazione di alcuni membri
dell'assemblea costituente, preoccupati di non
tassare il c.d. “minimo vitale”; si trovò così una
convergenza, per molti versi accidentale, sull’attuale
formula della "capacità contributiva", più ellittica e
meno diretta del vecchio riferimento agli “averi”.
Quel tanto di tautologico che l'espressione
contiene130 consente di superare il suddetto
problema del minimo vitale (non a caso al par.2.4
vedremo che l'ambiguità è uno strumento per
concordare su espressioni legislative che poi ognuno
intende a modo suo).
Le invocazioni
della capacità
contributiva per
motivi opposti
Eliminare un diretto riferimento alla ricchezza non
era il miglior punto di partenza per inquadrarne i

130
) La formula assume infatti un andamento circolare , secondo cui occorre
contribuire in proporzione alla propria..capacità di contribuire.

77 di 704
problemi di determinazione, mediando le esigenze di
cui al par. 1.2 (precisione, semplicità, controllabilità,
etc). All’art. 53, che ribadisce un principio
abbastanza pacifico, l’ambiente normativista (par.
4.3) fa oggi dire di tutto, anche in sensi opposti; la
norma viene invocata infatti dai sostenitori della
tassazione, dai suoi oppositori, dai fautori dello stato
o del mercato, a seconda delle varie tesi di cui al
paragrafo 1.7 .
In gestibilità di una
capacità
contributiva
globale
Si presuppone anche una fantomatica capacità
contributiva globale dei singoli individui,
presupponendo che se la costituzione ne parla,
allora essa deve esistere nel mondo reale.
Nonostante il preconcetto che ognuno sia titolare
di una "propria" capacità contributiva, le
manifestazioni di ricchezza sono numerose e
considerate pragmaticamente in modo
frammentario (par.1.9 e 1.10). Vedremo al par.9.4
che anche per questo, e non per complotti politici,
la personalità e la progressività dell'imposta sono
fortemente limitate ai redditi di lavoro, dipendente o
indipendente che sia. Il preconcetto della "capacità
contributiva globale" spinge a forzare all'interno di
un unico tributo ricchezze di diversa determinabilità,
con sperequazioni , previsioni velleitarie e perdite di
opportunità connesse a informazioni disponibili in
alcuni casi, ma che il tributo non valorizza, perché in
altre situazioni mancano.
Comoda e
impossibile
Un taumaturgico schedario di ogni forma di
ricchezza, come i catasti medievali nei sistemi "a
ripartizione" di cui al par.1.3 sarebbe
indubbiamente comodo, eliminando ogni problema
di determinazione della base imponibile dei tributi,

78 di 704
secondo le distinzioni di cui al par. 1.9. Questa
specie di “tabella condominiale” risolverebbe tutti i
problemi di diversa determinabilità della ricchezza,
ma per realizzarla servirebbe un miracolo, cioè il
coordinamento di ogni informazione rilevante ai
fini della situazione economica degli individui,
traendone poi un unico "numero indice". I tributi su
singoli elementi di ricchezza, sono già abbastanza
complicati per innestarvi anche riferimenti alla
complessiva situazione economica di chi deve
sopportarli; ad esempio, la tassazione dei consumi
avviene inevitabilmente senza poter considerare se
l’acquirente è un mendicante che acquista un po’ di
cibo spendendo le elemosine, oppure un ricco
possidente.
Per l’indigenza:
sussidi non
riduzioni d’imposte
Il minimo vitale, su queste premesse, è poco
gestibile ed è preferibile, come anticipato a partire
dal par.1.2 , erogare sussidi ai poveri anziché
graduarne la tassazione con le riduzioni di imposta
come sussidi "a pioggia", dall'effetto casuale; solo
occupazioni particolarmente umili e usuranti
possono essere considerate come indizio di una
situazione globale di bisogno. Per il resto i sussidi
sono più mirati e trasparenti, andando richiesti e
gestiti, mentre le riduzioni di tributi in chiave
assistenziale sono applicate unilateralmente
dall'interessato, col rischio che ne beneficino, anche
in modo perfettamente legale, dei "falsi poveri". La
gestione amministrativa delle richieste di sussidi
contribuirebbe anche a una ripresa, da parte delle
istituzioni, di un adeguato controllo sociale del
territorio, che sta sfuggendo loro di mano, con la
"aziendalizzazione" di cui al par.5.3. Per lo meno i
sussidi sono strumenti selettivi appositamente
finalizzati alla situazione globale del richiedente,

79 di 704
anche non tributaria, da indicare già oggi ai fini di
esoneri da ticket, asili nido e altre provvidenze.
Capacità
contributiva e
polemiche sul
ruolo dello stato
L’articolo 53 è inutilizzabile, nelle polemiche tra
“stato e mercato” indicate al par. 1.7, in quanto non
prende posizione su quali spese debbano essere
“pubbliche”; questa scelta casomai dipende da
altre disposizioni costituzionali “di settore”, come
quelle sulla “scuola pubblica”, la “sanità pubblica”,
l’“assistenza pubblica” etc..
Art.53 e modalità
di determinazione
della ricchezza
L'art. 53 neppure avalla uno dei vari criteri di
determinazione dei tributi, che dipendono in primo
luogo dalle informazioni disponibili (par.1.11); se c'è
uno squilibrio tra informazioni contabili e
documentali, abbondanti su certi redditi, mentre altri
sono solo valutabili per ordine di grandezza,
l'articolo 53 non è di particolare aiuto. Anzi, asettici
richiami all'articolo 53 possono ostacolare
un’effettività “pragmaticamente realizzabile” nella
determinazione ai fini tributari di ricchezze
sfuggenti.
Legislatore come
destinatario del
principio
Il principio di capacità contributiva genera anche la
sensazione fuorviante che basti qualche forma di
ricchezza per far scattare il dovere di concorrere alle
spese pubbliche, trascurando la necessità di
previsioni legislative; ciò sia per motivi logici sia
per il già ricordato art. 23, che non costituisce “un
optional”, rispetto all'uso dell'art.53 come
passepartout , anche per introdurre
nell’ordinamento (peraltro comprensibilmente) un
divieto di abuso del diritto di origine
giurisprudenziale (infra par. 3.10).

80 di 704
Diversa
determinabilità
ricchezza e art.53
Il principio di capacità contributiva ci ricorda
invece solo il riferimento a manifestazioni di
ricchezza, determinate senza discriminazioni o
favoritismi. Resta ferma però la differente visibilità e
determinabilità della ricchezza ai fini tributari, con la
necessità dei noti compromessi tra precisione,
semplicità, cautela contro le evasioni e le
scappatoie, certezza dei rapporti giuridici, effettività
ed altri profili indicati al par.1.2.
Esempi di utilitàe
rapporti con la
ragionevolezza
L’articolo 53 , ribadendo il necessario collegamento
tra imposte e ricchezza, consente di raggiungere
più rapidamente alcune soluzioni altrimenti
raggiungibili facendo leva sui principi di
ragionevolezza ed uguaglianza, ad esempio su
tassazioni retroattive, riferite cioè a ricchezza
ormai venuta meno al momento di pagare il tributo,
il cumulo dei redditi tra coniugi, o la tassazione
come redditi di fonte patrimoniale di redditi che tali
non erano (ILOR sul
lavoro autonomo, per chi ricorda la vicenda).
Tuttavia, in quest'ultimo caso, la ricchezza di
riferimento, cioè una “capacità contributiva” c’era,
ma trattata in modo irragionevolmente
penalizzante rispetto ad altre
Per gli intrecci tra capacità contributiva e
ragionevolezza delle scelte normative par.2.5 su
corte costituzionale e determinazione dei tributi.

2.3. La legislazione sostanziale tributaria, come


inquadramento della ricchezza registrata.
Le varie funzioni
della legislazione
in materia
tributaria

81 di 704
In materia giuridica le regole servono a creare le
istituzioni, attribuendo loro compiti, poteri e risorse
(131); al par.2.1 abbiamo anche visto il criterio
garantistico sulla necessità di introdurre i tributi per
legge132. Abbiamo già precisato che la
determinazione dei tributi da parte dei singoli non
può avvenire per legge, e deve avvenire a cura di
istituzioni pubbliche, ovvero a cura di privati133, ma
controllati più o meno intensamente da istituzioni
pubbliche. Tuttavia per legge può avvenire la
precisazione concettuale di alcuni aspetti controversi
della determinazione astratta dei tributi, ad esempio
i tempi, la rilevanza dei costi, il coordinamento
tecnico con altri tributi, con le vicende di altri
contribuenti, esigenze di semplicità, ma anche di
precisione134.
Dialogo diretto tra
legislatore e
aziende
La tassazione attraverso le aziende, facendo
affidamento sull'amministrazione di organizzazioni
pluripersonali (135), aumenta il potere del
legislatore; quest'ultimo può infatti intavolare, con
le aziende e le altre organizzazioni, un "dialogo
diretto", con una mediazione meramente potenziale
da parte degli uffici tributari. Le aziende e le altre
organizzazioni su cui è esternalizzata la
determinazione dei tributi (uffici pubblici in genere)
hanno col legislatore una interlocuzione simile a
131
) E’ un processo indicato al par.2.1, per la creazione delle istituzioni
tributarie, di cui analizzeremo al par.5.2 la consistenza e la collocazione.
132
) La scelta politica sulla introduzione o meno di un certo tributo, e
soprattutto sulla sua gravosità spetta quindi alla legge, come espressione del
vertice politico.
133
) Gli stessi contribuenti o terzi, clienti o fornitori, in genere organizzazioni
aziendali.
134
) Insomma, si tratta di tutti i “valori neutri”; indicati al par.1.2, che
circondano la determinazione della ricchezza ai fini tributari.
135
) Il concetto è stato già anticipato al par.1.4 e sarà ripreso al par.3.1 sul
concetto di azienda come organizzazione di più persone.

82 di 704
quella intrattenuta col giudice nel diritto
giurisdizionale (par.1.3).
Intensità
dell’onnipotenza
legislativa in
materia tributaria
Anche qui si ripresenta il già accennato mito
dell'onnipotenza del legislatore, che esiste nella
misura in cui esistono istituzioni in grado di
recepirne i comandi; questa condizione accomuna
tutte le funzioni giuridiche, giurisdizionali e non
giurisdizionali, con le leggi ridotte a grida
manzoniane quando questa condizione non viene
osservata da norme roboanti e irrealizzabili.

La diligenza delle
aziende
Entro questi limiti le aziende, in quanto
organizzazioni, tendono a essere rispettose delle
regole, non per onestà intrinseca, fuori luogo per un
gruppo sociale (par.4.5), quanto per riluttanza
individuale dei responsabili a rischiare violazioni
di cui comunque non si avvantaggiano
personalmente.
Su questa premessa, è facile concepire la c.d.
"legislazione tributaria sostanziale" come
quella che qualifica la ricchezza già materialmente
registrata; ai fini della determinazione dei tributi
serve puntualizzare 136i concetti economici indicati al
par.1.8, come reddito, ricavo, patrimonio, consumo,
costo etc.
Legislazione
sostanziale e
procedurale
La legislazione tributaria sostanziale riguarda le
regole di classificazione giuridica degli eventi
registrati e in questo senso corrisponde a quella
civilistica regolatrice dei rapporti, secondo lo
schema del sillogismo giudiziale "narra mihi factum

136
) smussando le polemiche e le contraddizioni.

83 di 704
tibi dabo ius"; è la parabola tipica della funzione
giuridica riferibile alle diverse funzioni, giurisdizionali
e non, in cui si articola la giuridicità. Nel diritto
giurisdizionale, diretto per definizione ad "accertare"
i torti e le ragioni, la legislazione sostanziale ha un
grande importanza; quest'ultima, nella
determinazione dei tributi, è minore rispetto
all'importanza di individuare e determinare la
ricchezza sul piano materiale; solo a questo punto
diventerà rilevante la suddetta legislazione
sostanziale tributaria, che qualifica i concetti
economici suddetti, come individuati da altri. Alla
legislazione sostanziale si affiancano poi le
disposizioni procedurali, ad esempio sulla
documentazione da emettere, le dichiarazioni da
presentare, i poteri istruttori, i provvedimenti
amministrativi o giurisdizionali.
Sopravvalutazione
ella legisazione
Se però nessuno, né aziende, né contribuenti né
uffici, riesce a determinare la ricchezza sul piano
materiale, la legislazione serve a poco.
L'importanza della legislazione sulla ricchezza
determinabile attraverso le aziende, ha portato a
sopravvalutarne il potere137, sottovalutando le
necessità di intervento amministrativo dove le
aziende non arrivano. Le opportunità della
legislazione nella tassazione attraverso le aziende
sono state quindi colte d'istinto dalla politica, ma
non razionalizzate138. E' così sfuggita la
necessità di unire alla tassazione attraverso le
aziende un adeguato intervento degli uffici
tributari sulla stima della ricchezza non
137
) Seguendo anche la forza d’inerzia dell’importanza del potere legislativo
nella funzione giurisdizionale, indicata al par.1.3 e 2.1. Vedremo anche, al
prossimo paragrafo, gli aspetti simbolico-ideologici di questa ipotetica
onnipotenza.
138
Soprattutto per carenze esplicativo-metodologiche su cui
par.4.3.

84 di 704
determinata dalle aziende139. Questo paradosso
conferma le carenze formative economico-sociali
della pubblica opinione (par.1.6) cui vedremo ai
par.4.3 ss. che né gli studiosi né altri hanno saputo
porre rimedio.

2.4. Segue Aspettative esagerate verso la


legislazione, tra effetti-annuncio e gestione politica
dell’ambiguità

La legislazione
come “simbolo
sociale”
Nella funzione istituzionale di giustizia140 la
legislazione media tra i valori diffusi nella società141,
ed è quindi vista come prima espressione di relativa
razionalità, che il giudice deve poi personalizzare sul
caso concreto. La legislazione è poi diventata, con
la consapevolezza della sovranità popolare, anche
un simbolo politico-ideologico, del "contratto
sociale", dell'esistenza di "regole" cui anche il
vertice politico deve attenersi142. E' nata l'equivoca
formula del "governo della legge" come una sorta di
antidoto contro tirannie e regimi dittatoriali; la

139
La conseguente enorme evasione (par.4.1), effetto di
superbia normativa, è stata spiegata in modo socialmente
lacerante, cioè con la fantomatica "disonestà fiscale" di cui al
par.4.5, che ha determinato il diversivo mediatico della grande
evasione trasformando le aziende, da esattori del fisco a
comodo capro espiatorio, nel circolo vizioso di cui ai par.5.17
ss.
140
) La risoluzione delle controversie di cui al par.1.3.
141
) Lo abbiamo indicato al paragrafo 2.1. a proposito della “legislazione
decisoria” di cui è esempio il “diritto sostanziale tributario”, cui è dedicato il
par.2.3.
142
) Già nell'era preindustriale la legislazione simboleggiava il
dominio della politica, espressione della forza militare,
sull'economia. Con la graduale diffusione della consapevolezza
della sovranità popolare, la legislazione ne è diventata una
sorta di simbolo. Forse, come vedremo, sopravvalutato.

85 di 704
"legalità", e l'idea di "onnipotenza della legge", sono
state equivocate, diventando una specie di
riempitivo di un vuoto creato dalla crisi dei collanti
sociali trascendenti e universalistici, come quelli
nazionalistici o ideologici.

La
sopravvalutazione
della legislazione
Trasferire l'idea di onnipotenza della legislazione
fuori dal diritto giurisdizionale 143 pone le basi per
grandi equivoci, veri e propri paradossi. Riferendo
l'importanza della legislazione nella fase decisoria
della funzione giurisdizionale ad altre funzioni
giuridiche si arriva a risultati paradossali e
involontariamente ironici. L'idea di onnipotenza della
legislazione si ridimensiona da sola se la riferiamo a
settori giuridici non giurisdizionali, come l'ambiente,
la sanità, l'istruzione, la difesa, la sicurezza, o (per
venire alla nostra materia) la determinazione dei
tributi144 ; è una prima conferma dell'importanza
delle istituzioni, e del semplicismo di ridurre tanti
loro inconvenienti a una fantomatica "volontà
politica". Quest'ultima viene persino creduta capace
di sovrapporsi all'economia, nel creare ricchezza e
soddisfare bisogni umani.

143
) O più precisamente fuori dalla sua fase decisoria.
144
Immaginiamo l’assurdità di disposizioni tipo Il nemico è sconfitto, il
malato è guarito, i rifiuti sono smaltiti, e via enumerando,
secondo una strisciante tendenza subculturale secondo cui ciascun
problema potrebbe essere risolto da una nuova legge, dall'inflazione, al buco
nell'ozono, all'aids, alla pedofilia ( Ainis, La legge oscura, Laterza, 2000,
pag.30). Questa fiducia fideistica nella legislazione dovrebbe essere oggetto di
tesi di laurea o di dottorato (ho provato in Lupi, Società, diritto e tributi, 2005,
scaricabile da www.raffaellolupi.com ), ma invece di analizzare criticamente i
limiti del potere legislativo, una formazione giuridica appiattita sul diritto
giurisdizionale continua ad alimentare il già indicato equivoco del “governo
della legge” (par.4.3), utile solo a deresponsabilizzare la burocrazia , come
vedremo al par.4.4 .

86 di 704
La necessità di
risposte dalla
politica
Questa sopravvalutazione del potere legislativo è
usata anche nella lotta politica come strumento di
consenso, cui quali occorre dare qualche riscontro;
nella misura in cui la pubblica opinione ritiene di
poter risolvere i problemi con "nuove leggi", la
politica, in quanto emanazione del gruppo sociale,
non può sconfessare quest'illusione. Questa
necessità di assecondare le aspettative della
pubblica opinione è maggiore soprattutto in società
aperte e pluraliste; in democrazia145 la politica è
infatti particolarmente legata alle tendenze diffuse
nella pubblica opinione; con l'alfabetizzazione di
massa, gli strumenti di comunicazione, la crisi di
coesione dei partiti tradizionali e delle ideologie, è
fondamentale gestire, e non smentire, speranze ed
illusioni che si levano verso i vertici politici.
Mancanza di
spiegazioni
d’insieme della
determinazione dei
tributi
I margini di intervento della politica sono però
legati al bagaglio culturale e alla capacità di
controllo della pubblica opinione nei vari settori della
società, compresa la determinazione dei tributi
(par.5.3); finchè pubblica opinione e classi dirigenti
hanno padronanza di un settore, la legislazione è
costruttiva, contribuendo alla soluzione di problemi
reali; se una funzione pubblica, come quella di
determinazione dei tributi, è priva di spiegazioni
d'insieme146 ed esce dal controllo sociale, la
legislazione finisce per avvitarsi, e creare problemi
145
) Indipendentemente dai vari sistemi elettorali, l’essenza della democrazia è
probabilmente il pluralismo delle opinioni e della possibilità di manifestazione
delle idee, il che rende molto importante, come indicato nel testo, la
comunicazione, ed aumenta il rischio di demagogie e populismi, cui in materia
tributaria, sarebbe opportuno dedicare tesi di laurea o dottorato.
146
) Come vedremo al capitolo 4.

87 di 704
inesistenti, in un circolo vizioso che inviluppa anche
la politica, alimentando nuovi e falsi problemi.
L’uso politico e
polemico della
legislazione
La strumentalizzazione politica della confusione e
del disorientamento utilizza anche la legislazione; le
discussioni sulla sostanza dei problemi di
determinazione dei tributi passano in secondo piano
rispetto all'utilizzo delle proposte governative, e
degli emendamenti dell'opposizione, per ottenere
visibilità mediatica; anche la politica viene presa nel
vortice della polemica sul fisco, indicato al par.4.6, il
che produce nuova confusione e nuovo
disorientamento.
enfasi e cautele
Senza spiegazioni d'insieme sul coordinamento tra
tassazione contabile attraverso le aziende e
valutativa attraverso gli uffici, la politica naviga
inevitabilmente a vista; la legislazione gestisce alla
meglio atteggiamenti, umori, interessi e valori
confusamente intrecciati nella pubblica opinione.
Impossibilità della
politica di produrre
spiegazioni
La confusione, che si trascina da decenni sulla
determinazione dei tributi, è un'ulteriore smentita
della capacità della legislazione, nella sua pretesa
onnipotenza, di elaborarne le necessarie spiegazioni.
Il potere è infatti nato per "governare", cioè per
affrontare al meglio situazioni sociali specifiche, non
per riflettere, far riflettere o "insegnare".
Ambiguità
legislativa come
strumento di
comunicazione
politica
La politica è immersa in contingenze e urgenze
innumerevoli, che le impediscono di dedicarsi alla
spiegazione d'insieme di un settore particolare,
come la determinazione dei tributi, inducendolo a
utilizzare persino l'ambiguità legislativa come

88 di 704
strumento di interlocuzione coi gruppi sociali, dove
le parole assumono sfumature diverse a seconda
dell'uditorio sociale cui ci si rivolge (lo abbiamo
visto al par.2.2. per la capacità contributiva).

Il tentativo di
assecondare tutte le
tendenze
intrecciate
nell’opinione
pubblica
La politica tende così a mostrarsi come la pubblica
opinione la immagina, assecondandone le
tendenze nei vari settori. Per questo, dove c'è
confusione e malessere come nella determinazione
dei tributi, la politica tende a rifletterli, per
massimizzare il dividendo di consenso. Ne derivano
inevitabili concessioni alla propaganda, alle
conferenze stampa, agli effetti di annuncio, specie
in una società democratico-mediatica, coi sondaggi
elettorali all'ordine del giorno (147).
La politica cerca quindi una sintesi delle varie
tendenze intrecciate nella pubblica opinione in
materia tributaria, assecondandole in proporzione a
quella che ritiene essere la loro "vicinanza" e la loro
"importanza sociale", senza privilegiarne qualcuna in
particolare; la strutturale ambiguità della
legislazione, diventa strumentale a una diversa
presentazione dei provvedimenti ai diversi
interlocutori sociali, come sindacati dei
lavoratori, associazioni di categoria di
commercianti, imprenditori, proprietari di
immobili, consumatori, istituzioni europee,

147
Spiegheremo al termine del par.4.4 come i mass media si
inseriscano negli spazi che le scienze sociali lasciano vuoti per
la crisi di cui al par.4.3. L'unico rimedio costruttivo per una
democrazia inconsapevole e' una democrazia consapevole, che
passa attraverso la formazione e la quindi la capacità di
controllo sociale nei vari settori, come indicato al par.5.3.

89 di 704
mercati finanziari, enti locali, agli operatori
dell'informazione (par.4.4.).
La distorsione
“mediatico-
amministrativa”
della legislazione
La legislazione viene quindi in parte trasformata in
un messaggio per suscitare consenso,
massimizzando la visibilità politica rispetto
all'impegno amministrativo148; per questo, poi, la
portata effettiva dei provvedimenti legislativi è
inferiore all'enfasi con cui vengono comunicati; il
desiderio di visibilità sociale ("effetto annuncio")
sposta in buona misura l'attenzione dalla sostanza
all'apparenza, dai contenuti alla comunicazione; la
politica cerca interventi con un buon ritorno di
consenso, mentre diffida di quelli che, pur necessari,
sarebbero attaccabili, anche per le difficoltà di
realizzazione149. Non è questione di disposizioni
sbagliate nel merito, ma di disposizioni prive di reale
senso compiuto rispetto agli obiettivi, buttate là per
darsi un tono nella confusione indotta dalla
mancanza di spiegazioni d'insieme del settore, nel
nostro caso della determinazione dei tributi.
Incertezza del
diritto di ritorno
Ne deriva una vera e propria "incertezza del
diritto di ritorno", dovuta a un eccesso
quantitativo, e a un deficit qualitativo, della
148
) Si cerca cioè di massimizzare il c.d. “dividendo politico” (c.d. “effetto
annuncio”) rispetto alle risorse amministrative necessarie perché poi il mancato
seguito non diventi politicamente controproducente (tenendo comunque conto
della carenza di controllo sociale e della memoria corta del sistema mediatico,
indicata la par.4.4). .
149
) L’esempio estremo è quello in cui le iniziative legislative vengono poste in
essere non tanto perché “servono” quanto per “dire di averle fatte”. E’ una
distorsione della legislazione che quasi non si avverte per le funzioni
giurisdizionali, ma per tutte le altre, indicate al par.1.3, appare distruttiva, in
quando non dettata da una necessità effettiva, ma dal bisogno di dire di aver
fatto qualcosa, emettendo comunicati stampa e ottenendo così quella visibilità
politica di cui diremo al par.5.3 sul piano dell’immagine.

90 di 704
legislazione rispetto ai problemi sostanziali. E' anche
un riflesso delle concezioni "normativiste" (par.4.3)
dell'appiattimento del diritto sulla legislazione, che
in breve tempo rende impossibile capire la
legislazione, e ne alimenta la quantità. Da qui viene
l'intreccio di regolette che si paralizzano a vicenda e
producono immobilismo, deresponsabilizzazione e
abusi.

2.5. La Corte costituzionale come giudice delle leggi,


anche tributarie

Giudice delle leggi,


giudice della
politica
Nelle democrazie pluraliste, consapevoli che la
sovranità politica è espressione popolare,
l'organizzazione “politica” del gruppo sociale può
essere talmente sofisticata da prevedere addirittura
un “giudice della legislazione" e quindi della
politica”.
Richiami regole
generali giudizio di
costituzionalità
Anche in materia tributaria la Corte segue le regole
generali sulla pregiudiziale di costituzionalità,
sollevata da un giudice, che rinvia gli atti alla
consulta150. Anche gli effetti delle sentenze di
annullamento sono quelli consueti, e non si
estendono ai rapporti esauriti, per giudicato,
decadenza, o definitività di atti amministrativi, al
momento della sentenza di incostituzionalità.

Queste ordinanze di rimessione, formulate in modo


150

confusionario e mal impostate da giudici tributari sbrigativi e


eterogenei, come vedremo al paragrafo 6.7 ss., condizionano
spesso i contenuti delle sentenze. Anche per questo le
pronunce di rigetto sono di gran lunga prevalenti
numericamente, con motivazioni frequentemente
stereotipe, travolgendo magari quei pochi casi che potevano
avere un fondamento.

91 di 704
Riflessi della
mancanza di
spiegazioni
d’insieme
Anche i giudici costituzionali, come tutte le
istituzioni, svolgono funzioni di governo del paese,
risolvono questioni, non sistematizzano concetti.
Anche la corte costituzionale (vedi anche par. 4.4 e
6.7), cerca legittimamente di svolgere i propri
compiti nel modo più elegante, meno imbarazzante,
cioè meno esposto a potenziali obiezioni. E' quindi
fuori luogo, anche per la determinazione dei tributi,
parlare di "insegnamento della corte
costituzionale", cui i relativi concetti sfuggono,
come sfuggono alla pubblica opinione e alle altre
istituzioni. Anche sulla Corte, infatti, si riflette la
mancanza di quella spiegazione sociale
d'insieme della determinazione dei tributi, di cui al
par.4.3 ss., nonché la generale carenza di
formazione economica (par.1.6) delle nostre classi
dirigenti, soprattutto di estrazione giuridica.
Cautela nelle
pronunce
Sono quindi normali, e legittime, le motivazioni
generiche, gli stereotipi poco impegnativi,
secondo l'istintiva reazione dei pubblici uffici al
disorientamento (par. 4.4). Ne sono esempi i riduttivi
riferimenti della corte costituzionale a un generico
«interesse fiscale», a principi di buona fede e
ragionevolezza151.
Ampiezza dei
margini di
apprezzamento
legislativi

Talvolta vengono salvate alcune soluzioni legislative ispirate


151

non tanto al contrasto di evasioni o abusi, ma alla mera


comodità operativa degli uffici tributari; altre volte vengono
dichiarate incostituzionali norme con una loro logica sul
piano della determinazione dei tributi e della ricchezza, non
colta dagli studiosi, e a maggior ragione dalla Corte (come alla
maggior parte dalla classe dirigente italiana, come indicato al
par.1.6).

92 di 704
Il sindacato costituzionale sulla legge tributaria e si
colloca in una zona densa di “valori”, alcuni
“politicamente coloriti” indicati dalla costituzione,
come salute, proprietà, risparmio, istruzione,
riservatezza, etc. Ci sono poi "principi", più
concettuali e meno politicamente coloriti, indicati al
par.1.2 per la determinazione dei tributi, come la
capacità contributiva, di cui al par.2.2.
Scarsa padronanza
della
determinazione
della ricchezza
Nel coordinamento di questi valori e principi, al
legislatore sono riconosciuti ampi margini di
apprezzamento; per valutare il loro esercizio viziato
occorre una visione di insieme, una spiegazione
complessiva della determinazione dei tributi, di cui
esamineremo la mancanza al cap.4. Ciò su riflette
sulla corte costituzionale, formata in genere di
uomini di legge, provenienti dalla magistratura,
dalla dottrina, dalla carriera forense nelle più
svariate discipline, legittimamente sprovvisti di molti
concetti economico-aziendali necessari alla
comprensione della determinazione tributaristica
della ricchezza.

2.6. Determinazione dei tributi e vincoli Europei


Condizionamenti
comunitari alla
potestà normativa
tributaria
Anche la determinazione dei tributi va inserita in un
contesto comunitario, che condiziona il potere
legislativo anche in materia tributaria; il meccanismo
costituzionale, con cui queste limitazioni sono
riconosciute nell'ordinamento interno, è quello,
consueto, secondo cui l’art. 11 della costituzione
consente «limitazioni di sovranità necessarie a un

93 di 704
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le
nazioni».
Libertà di scelta tra
stato e mercato
L’appartenenza alle comunità non interferisce però
sulle combinazioni tra spese e tributi; ciascuno
Stato resta sovrano in merito alla scelta di quale
rapporto adottare tra spesa pubblica e spesa
privata152, salvi gli obblighi derivanti dall'eventuale
appartenenza all'Euro153; possono quindi
appartenere alla Comunità stati con diversissime
combinazioni tra organizzazione pubblica e
organizzazione di mercato della convivenza
sociale; è del resto nella logica dei trattati europei
la competizione tra paesi con poco stato ( 154), e
con più imposte, più servizi pubblici e quindi più
stato e meno mercato (155).
Nello spirito di libera circolazione cui è improntata
la Comunità, questi due modelli, e le loro varie
sfumature, competeranno in relazione alla
maggiore efficienza raggiunta in concreto da
ciascuno di essi, combinando “stato” e “mercato”.
Tributi non
compatibili col
trattato

152
) Si tratta degli “effetti dei tributi”, cioè della dialettica tra “spesa pubblica” e
tributi, esaminata al paragrafo 1.7, e diversa dalla questione della
determinazione dei tributi.
153
un vincolo indiretto, per i paesi appartenenti all’euro, è
quello di limitare i deficit di bilancio, e quindi di “non poter
consumare a debito”, di non poter “svalutare la moneta”, né
“stampare moneta unilateralmente”; anche questi obblighi
euro tuttavia riguardano solo l'incidenza del debito,
interferendo solo indirettamente sul suddetto rapporto tra
“stato e mercato”.
154
Cioè con poche imposte e pochi servizi pubblici, vale a dire
relativamente «liberisti».
155
) I paesi con più imposte e più servizi pubblici, sarebbero
invece relativamente «socialdemocratici».

94 di 704
Per questo l'Unione vietò, sin dalla sua nascita, le
imposte doganali tra paesi membri156,
imponendone lo smantellamento e la riformulazione
nei rapporti esterni al territorio comunitario di cui
riparleremo al par. 10.5. Anche ogni altro tributo
indiretto ad effetto equivalente a quelli doganali fu
proibito.
Tributi
“armonizzati”
Dato che i diversi meccanismi tecnici per portare
tassazione del solo consumo, descritti al par. 7.2,
avrebbero potuto intralciare gli obiettivi suddetti, è
stata imposta
l’IVA come modello generale europeo di tributo
sui consumi. Oggi la generalità dei tributi indiretti
sui consumi (l'IVA e le accise, su cui paragrafi 10.6 e
10.7) sono stati "armonizzati", cioè sottoposti a
regole generali comunitarie.
tributi non
armonizzati e
rispetto dei principi
comunitari
Quest' “armonizzazione comunitaria” non è generale
in quanto esistono numerose importanti
imposte "non armonizzate", vista anche la già
indicata libertà dei singoli stati di scegliere le
combinazioni tra spesa pubblica e tributi. Le
imposte "non armonizzate", come quelle sui
redditi, potrebbero anche mancare, cioè essere
assenti in un determinato paese dell'Unione. Però, se
introdotte devono essere neutrali nel modo
suddetto, senza discriminazioni o favoritismi. Anche
per queste imposte “non armonizzate” sussistono i
suddetti divieti generali di discriminazione e di aiuti
di stato, che riguardano prima di tutto il sistema
delle aliquote, il carico tributario, e non la
determinazione della ricchezza.
156
) L’unione europea, all’inizio non a caso chiamata MEC, mercato comune
europeo, sorse proprio come unione doganale, come vedremo al par.10.7,
dedicato a questi tributi.

95 di 704
divieto di aiuti di
stato e
penalizzazioni di
soggetti esteri
La competizione economica non deve essere distorta
dall'azione politica, con favoritismi per le industrie
nazionali (c.d. "aiuti di stato") o penalizzazioni per
quelle estere (c.d. "discriminazioni").
Anche le imposte devono quindi essere neutrali
rispetto all'allocazione degli investimenti, e quindi
non devono distorcere il mercato, favorendo merci o
industrie residenti rispetto a merci o industrie di altri
paesi comunitari; la stessa distorsione ci sarebbe
attirando investimenti stranieri con regimi di
favore destinati soltanto ad essi, e cioè “selettivi”.
Parleremo più avanti (paragrafo 7.19) anche
dell’abuso delle libertà europee da parte di
piccoli stati membri, tendenti ad attrarre le imprese
estere attraverso “protezioni legislative” per regimi
finanziari o fiscali di favore, indifferenti sul piano
interno; si danneggia così la sfera di sovranità
tributaria (cioè il gettito) di altri stati comunitari con
la c.d. "concorrenza fiscale dannosa"157.
Queste penalizzazioni o questi favoritismi,
finirebbero per alterare, all’interno del territorio
comunitario, la suddetta concorrenza basata
sull’efficienza economica delle aziende private e
delle istituzioni pubbliche.
Sono vietate quindi le agevolazioni fiscali in grado di
condizionare la neutralità nell’allocazione degli
investimenti all’interno dell’Unione Europea; molte
agevolazioni fiscali, prime tra tutte quelle territoriali,
devono quindi essere soggette ad autorizzazioni
degli organi dell’Unione Europea.
Diversità di regimi
indotti dalla
coerenza del
sistema

157
) Sulla concorrenza fiscale dannosa vedi infra par. 7.19.

96 di 704
Proprio sulle regole per la determinazione della
ricchezza, le simmetrie tra tempi diversi e
contribuenti diversi (par.3.9) possono incappare nei
divieti comunitari; questi ultimi non hanno motivo
per interferire sui criteri, in prima battuta
politicamente neutrali, sui criteri di determinazione
della ricchezza. Molto spesso, tuttavia, tali regole
presuppongono interdipendenze tra regimi fiscali, di
contribuenti diversi e tempi diversi158, che si
riassorbono all’interno dello stesso sistema
tributario. Tuttavia, quando le controparti risiedono
in altri paesi comunitari il principio di “non
discriminazione” impedisce di negare
pregiudizialmente il regime tributario altrimenti
applicabile se tali eventi avvenissero in patria159.
Qualche distinzione è legittimata talvolta dalla Corte
di Giustizia in base al concetto di «coerenza del
sistema fiscale», che riconosce il diverso peso
delle solite
esigenze indicate al par.1.2 (come precisione,
semplicità etc.) da coordinare nella determinazione
tributaristica della ricchezza160.
prevalenza del
diritto comunitario

158
) Vedi infra, sul tema delle simmetrie tra regimi fiscali, il paragrafo 3.12.
159
È insomma comunitariamente vietato “fare figli e
figliastri”, nel senso di dover riconoscere anche le
“simmetrie” avvenute in altri paesi comunitari.
160
La corte di giustizia europea, non specializzata in
materia tributaria e con giudici di decine di paesi
diversi, ha saputo collocare complessivamente bene,
nella cornice dei trattati, simmetrie giuridico-
contabili molto specialistiche (par.3.9);
evidentemente, in sede europea, si procede più per
concetti che per “documentazione normativa”,
modalità del resto impossibile data la mole dei
"materiali normativi", interni e comunitari, cui far
riferimento.

97 di 704
anche in materia di
tributi
È ormai affermato, dalla giurisprudenza interna e
comunitaria, l’obbligo delle istituzioni nazionali
di disapplicare la normativa interna che contrasti
con le suddette disposizioni comunitarie. Ove non
sia chiaro se questo contrasto sussista, il giudice
nazionale dovrà trasmettere gli atti del processo alla
Corte di Giustizia delle Comunità Europee, che si
pronuncerà in proposito.
L'obbligo suddetto di conformarsi al diritto
europeo rileva non solo per i giudici, ma anche
per le amministrazioni, comprese quelle
tributarie. È noto, infatti, che non esiste una
pubblica amministrazione della comunità europea,
che agisce invece attraverso le amministrazioni degli
stati membri. Anche le nostre pubbliche
amministrazioni, sempre preoccupate di avere una
“copertura normativa”, si trovano quindi davanti a
convergenze confusionarie di disposizioni interne e
comunitarie, con ulteriori disorientamenti, equivoci
e inutili cautele. Questo “doppio livello” di
normativa, comunitaria e interna, è infatti difficile
da gestire in ambienti culturali “normativisti”, cioè
tendenti, come vedremo al par.4.3, ad appiattire il
diritto sulla legislazione.

fonti normative
comunitarie
La normativa comunitaria 161dipende prima di
tutto dai trattati istitutivi, già citati, da cui è
direttamente desumibile il divieto di tributi doganali,
di discriminazioni, di aiuti di stato etc..
Le ulteriori disposizioni comunitarie sono composte
da regolamenti e direttive. I regolamenti
comunitari sono atti delle Comunità, direttamente
esecutivi nel nostro ordinamento,
161
) Sono concetti simili, sul piano delle “fonti normative”, alla normativa
interna esaminata al par.2.1.

98 di 704
indipendentemente da un recepimento da parte
delle singole legislazioni nazionali; questa diretta
esecutività pone problemi molto delicati, per cui i
regolamenti sono stati usati solo in settori dove è
maggiore il grado di internazionalizzazione, come
quello doganale e dei traffici comunitari (par. 10.5).
Efficacia delle
direttive europee se
precise e “scadute”
Le direttive Europee, a differenza dei regolamenti,
non hanno efficacia diretta negli ordinamenti
nazionali, essendo dirette agli organi legislativi dei
singoli stati, che devono recepirle negli ordinamenti
nazionali, spesso con significativi margini di
discrezionalità per effettuare tale recezione.
Quando però le direttive sono sufficientemente
dettagliate, incondizionate (nel senso di non lasciare
margini di discrezionalità al legislatore nazionale) ed
è scaduto inutilmente il termine previsto per il
relativo recepimento, la giurisprudenza della Corte
di Giustizia dell’Unione, avallata dai giudici nazionali,
ha reagito all’inadempimento dei singoli stati
affermando la diretta applicabilità, in tali casi, delle
direttive nei singoli ordinamenti nazionali degli stati
membri.

Capitolo 3

IL PUNTO DI VISTA DEI PRIVATI:


AZIENDE, INDIVIDUI E PROFESSIONISTI
NELLA DETERMINAZIONE DEI TRIBUTI

Sintesi. La tassazione attraverso le aziende richiede qualche


richiamo alla distinzione tra “lavoro indipendente
autoorganizzato”, materiale, intellettuale o un misto dei due, ed
azienda. Quest’ultima è un gruppo di persone, tenute assieme da

99 di 704
un obiettivo economico, cioè una determinata produzione di beni e
servizi. Serve prima di tutto una premessa, necessaria a superare
una concezione antropomorfica dell’azienda, quasi fosse una
specie di “grande lavoratore autonomo”, un “omone” , un “grande
pasticcere”, mentre è un’organizzazione, un’astrazione formata di
persone, che si condizionano a vicenda. A questo controllo
reciproco sono finalizzate le procedure aziendali di registrazione
di incassi e pagamenti, su cui il fisco si appoggia per la
determinazione tributaristica di segmenti importanti di ricchezza.
Cioè i consumi dei clienti e i redditi dei fornitori (ritenute
d’imposta e segnalazioni al fisco, mentre rinviamo alla seconda
parte del testo le modalità di funzionamento dei relativi tributi). Le
aziende , gruppi sociali tenuti assieme dalla loro missione
produttiva, neppure si rendono conto di questa loro “esternalità
positiva” ai fini tributari; vedremo infatti ai par.4.4, 5.3 e 5.19 ss.
che le aziende, benché utilissime per la produzione di beni,
proprio per questo loro obiettivo non esprimono una loro
complessiva "cultura generale", che sarebbe dopotutto una
contraddizione in termini rispetto alle loro finalità di soddisfare
bisogni materiali162.
La tassazione attraverso le aziende riutilizza quindi documenti
commerciali (fatture, estratti conto, etc: paragrafo 3.5),ed è
fiancheggiata da adempimenti esclusivamente di diritto
amministrativo tributario, come le dichiarazioni e i versamenti,
eventualmente “in compensazione”. In questo capitolo esporremo
i punti forti concettuali di questa visibilità contabile della
ricchezza, in cui sono coinvolti anche professionisti e centri di

162
) Le aziende sono gruppi sociali “settoriali” uniti da obiettivi non culturali ,
ma di produzione: per questo è contraddittorio pretendere da loro una
“cultura”, cioè un insieme di conoscenze condivise nel gruppo sociale generale.
Gruppi sociali settoriali producono cultura quando il loro fattore aggregativo è
riflettere o diffondere una certa visione del mondo, come una religione o una
ideologia. Queste culture possono anche essere “consapevoli” del ruolo delle
aziende, come quella “liberista” , che forse addirittura sopravvaluta il ruolo del
mercato, senza capire bene la natura delle aziende, descritta in queste pagine. Il
bagaglio culturale generale, tuttavia, radicatosi nell’era “agricolo –artigianale” e
dominante nella scuola per le ragioni di cui al par.1.6 esclude sostanzialmente
le aziende. In ogni caso la cultura generale, ripetiamo, si forma per definizione
all’esterno delle aziende.

100 di 704
assistenza fiscale, tutti disorientati per il mancato inquadramento
da parte dell’opinione pubblica della tassazione attraverso le
aziende. I cui punti deboli saranno indicati al prossimo capitolo,
dedicato alla mancanza di una spiegazione sociale d’insieme
dell’adempimento e dell’evasione. Gli altri aspetti della tassazione
attraverso le aziende, soprattutto relativi al regime giuridico della
ricchezza registrata, saranno esposti nel capitolo 7.

3.1. Le aziende come “corpi sociali intermedi”, anche


nella determinazione dei tributi.

Diffusione
dell’azienda
tecnologica
pluripersonale
Le aziende, utilizzabili per la determinazione dei
tributi, riprendendo il tema accennato al paragrafo
1.4, sono organizzazioni pluripersonali , diventate
economicamente competitive, con la produzione di
serie, permessa dall’automazione, le energie
meccaniche, le materie artificiali e altri frutti delle
scienze fisiche163. L'importanza nell'azienda delle
varie persone che ne fanno parte, il loro potere
contrattuale, il loro peso specifico, sono diversi,
variando in relazione al contributo alla produzione
e ai diritti proprietari sull'organizzazione.
Le sue necessità
documentali

163
) Il lavoro comune, all'interno di un'unica organizzazione
pluripersonale consente infatti di assorbire meglio il costo
degli investimenti fissi e delle moderne tecnologie. Il punto è
alla portata della riflessione basata sulle conoscenze e le esperienze di ciascuno,
ma le mie considerazioni sull’”era aziendale”, formulate a partire dal Manuale
giuridico di scienza delle finanze, Dike, 2012, si trovano oggi nel Compendio di
scienza delle finanze, Dike, 2015; in tale sede rilevo che, col passaggio alla
centralità organizzativa della fabbrica, rispetto a quella della terra, soggetta al
controllo della politica, l’importanza di quest’ultima è diminuita.

101 di 704
L'interazione tra individui con compiti
complementari, ma diversi è tipica di tutte le
organizzazioni, comune ad aziende e istituzioni
pubbliche; a quest'interazione tra addetti si può
anche guardare in termini di "conflitto di
interessi", non inteso come dissidio, ma come
delimitazione di responsabilità e possibilità di
controllo. I vari addetti all'azienda non sono "in
conflitto" coi loro colleghi , ma vogliono evitare di
essere considerati responsabili di criticità aziendali
dovute a disfunzioni altrui. Questa trama di rapporti
interpersonali, dettati dalla divisione del lavoro,
e dalle diversità dei compiti individuali nell'azienda,
danno luogo a una documentazione interna,
organizzata in varie forme di contabilità; prima viene
infatti la documentazione, che poi viene
contabilizzata per reperirla più facilmente. A questo
insieme , fatto di documenti e di registri contabili, si
aggancia la determinazione dei tributi.
Vedremo al par.3.13 che senza tali genuine
necessità documentali, connaturate a
un'organizzazione pluripersonale, l'imposizione di
una contabilità ai soli fini della determinazione dei
tributi è del tutto inutile.
Comportamenti
individuali
nell’azienda
Tuttavia l'azienda, come tutte le organizzazioni (164),
è un'astrazione non un'entità “senziente”, con
bisogni fisici e mentali paragonabili a quelli umani; si
tratta piuttosto di un “gruppo sociale”, di un
"corpo intermedio", di una "persona morale". La
sua differenza rispetto alle istituzioni pubbliche
(par.5.3), o ai gruppi sociali tenuti assieme da
collanti ideali o sindacali 165 è quella di essere tenuta
assieme dall'offerta di beni o servizi sul mercato.
164
) E’ un filo conduttore del testo che si dipana sotto profili diversi ai
paragrafi 1.3,, 1.6 , 4.3, 5.3 ed altri.
165
) Si pensi alle associazioni religiose, a quelle politiche, culturali etc..

102 di 704
Il prodotto come
aggregante
dell’organizzazione
-azienda!
A differenza degli altri gruppi, tenuti insieme
dall'affetto familiare, dal consenso, dall'ideologia,
dalla religione, o da una pubblica funzione (166).
l'azienda è un corpo sociale tenuto assieme dal
prodotto; dalla vendita del prodotto dipende
infatti il reddito di tutti gli addetti, cioè il valore
aggiunto di cui ai par.7.2 e 9.6. Questa
consapevolezza spinge all'efficienza, induce a
prendersi dei rischi, sia pure di malavoglia, in misura
superiore a quelli che si è disposti a prendersi nelle
istituzioni, come vedremo al par.5.3.
L’equivoco del
proditto e il valore
aggiunto (rinvio)
E' quindi improprio trasferire sull'azienda, priva di
necessità personali, le esigenze di guadagno dei
lavoratori indipendenti, bollandole poi come
(spregevole) "profitto". L'azienda, a differenza
degli artigiani del passato, non ha bisogno di
mangiare, ma è un organismo pluripersonale al
cui interno ci si preoccupa dell’equilibrio
gestionale, cioè della remunerazione di tutti gli
elementi dell’organizzazione attraverso il concetto
di “valore aggiunto” (167) (par. 7.2); l'azienda può
infatti creare valore anche con minore profitto,
o addirittura in perdita, creando comunque un
qualche valore aggiunto, per i dipendenti e i
finanziatori, conservando quote di mercato; questo
basta a meritare di essere conservata per

166
) Mi riferisco alle istituzioni giuridiche , su cui par.5.3.
167
) Sul valore aggiunto vedi par.7.2 e 9.1. Per ora rileviamo che è un concetto
molto diverso dal c.d. “profitto” , rappresentato dall’impropria trasposizione
sul piano del gruppo sociale “azienda”, di quanto necessario al sostentamento
personale del lavoratore indipendente (Lupi, Manuale giuridico, cit, 47 ss,
ovvero Compendio cit., 48 ss.).

103 di 704
salvaguardare l'avviamento (par.7.13) e quindi la
possibilità di cederla proficuamente a terzi168.
Organizzazioni e
burocrazia
Anche se, come indicato al par.1.6 è relativamente
più agevole, per la pubblica opinione, farsi un'idea
delle aziende, rispetto a farsela delle istituzioni,
essa resta molto vaga; l'equivoco della
personalizzazione, della concezione antropomorfica,
sempre dietro l'angolo, si mescola con una
ripartizione di compiti di cui non si riesce a capire il
senso. Anche gli addetti alle aziende tendono a
"coprirsi", nel senso di preoccuparsi, in misura
gradualmente maggiore, di "stare a posto
individualmente", cioè di rendersi immuni dai
rimproveri e dalla ricerca di capri espiatori che, in
queste organizzazioni, è sempre dietro l'angolo 169.
Nasce così la burocrazia intesa in senso negativo
come atteggiamento che mette in secondo piano
l'interesse del gruppo nel suo insieme rispetto a
quello del suo singolo componente a non rischiare
iniziative per cui non sarebbe elogiato, se l'esito è
favorevole, e potrebbe essere rimproverato se fosse
sfavorevole. Nelle aziende, questa tendenza è
contenuta per l'evidenza del fine comune di
acquisire e difendere il mercato. Nelle istituzioni,
invece, questo rischio è contenibile solo col controllo
sociale, di cui diremo al par.5.3.
Comportamento
aziendale come

168
) Un lavoratore indipendente “in perdita” è invece una contraddizione in
termini, in quanto il lavoro materiale deve essere in qualche modo remunerato,
se non altro per garantire la sussistenza dell’artigiano o del piccolo
commerciante. Il titolare di un’industria in perdita, invece, non presta il proprio
lavoro organizzativo per trarre un reddito nell’immediato, ma per salvaguardare
il proprio patrimonio, espresso dal relativo “valore di avviamento”.
169
) Si tratta della tendenza umana a prendersi i meriti e a scaricare ad altri le
colpe. A tutte le organizzazioni si addice infatti quella legge di
Murphy secondo cui, quando quando le cose vanno male e
qualcuno sorride, vuol dire che ha trovato a chi dare la colpa.

104 di 704
risultante di
comportamenti
individuali
Il comportamento aziendale è quindi la risultante
"autoprodotta" di atteggiamenti e convenienze di
tutti gli individui operanti in questo gruppo sociale;
il comportamento di ciascuno di essi è influenzato,
secondo varie combinazioni, da desideri di
apprezzamento, remunerazione, importanza,
convenienza, visibilità e tranquillità. Comunque si
sedimentino e si puntaulizzino queste tendenze in
ciascun singolo appartenente all'azienda, una cosa è
vera per tutti, ed appartiene al già indicato carattere
burocratico di questo gruppo. In esso è difficile che
si corrano rischi individuali per qualcosa che non
appartiene al proprio ruolo, sia pure a beneficio
dell'azienda, e a maggior ragione a beneficio di
vantaggi individuali di altri individui che vi operano;
anche all'interno di questo gruppo nasce così una
sorta di "controllo reciproco" che, come più volte
indicato, è uno dei principali fattori per usare le
organizzazioni nella determinazione dei tributi come
anticipato al par.1.4 e in tutto l'arco del testo.
Titolarità e
gestione
dell’azienda
L'azienda non nasce però come organizzazione
"democratica" ; ma si basa sul potere
proprietario-organizzativo di chi prende l'iniziativa
di avviarla, di solito sviluppando un'attività di lavoro
indipendente; man mano che al fondatore passa
l'entusiasmo, per le vicende della vita,
all'organizzazione aziendale servirebbe un
avvicendamento secondo un principio meritocratico;
esso però è difficile da misurare, e quindi subentrano
aspetti proprietari, un po’ come nelle antiche
monarchie.
Il capitalismo (a
proprietà)
familiare

105 di 704
E' la caratteristica delle organizzazioni aziendali
generate dalla creatività spontaneistica italiana
(par.1.6 ), definibili come "capitalismo
familiare" ; si tratta di una azienda a proprietà
familiare, anche se magari con migliaia di
dipendenti. Qui un management esiste, e non è
verosimile che la proprietà lo scavalchi solo per
nascondere ricchezza al fisco, con un
comportamento facilmente individuabile dai
manager aziendali 170. Ai fini della determinazione
dei tributi anche le organizzazioni aziendali del
capitalismo familiare sono già abbastanza rigide per
essere un ottimo supporto del fisco; bastano infatti
dimensioni relativamente piccole, anche poche
decine di addetti, per rendere l'organizzazione
amministrativa abbastanza rigida (par.3.2) da
essere, nel suo complesso, fiscalmente molto più
affidabile di vaghe stime esteriori basate sulle
caratteristiche fisico-economiche dell'attività
(par.3.13 e 5.13). Anche se gli imprenditori, pur
tassando consumatori, risparmiatori e lavoratori,
evadessero in proprio, il suddetto uso fiscale delle
loro aziende sarebbe comunque assai efficiente.
Azienda come
strumento di
determinazione dei
tributi e di loro
evasione
Una qualche possibilità di scavalcare a beneficio del
titolare le proceure amministrative sussiste nelle
piccole organizzazioni a proprietà padronale, con
alcune decine di dipendenti; queste organizzazioni
sono magari abbastanza rigide da tassare i
170
) E’ inverosimile , ripetiamo, che una famiglia imprenditoriale con qualche
successo, sia pure passato, sia in condizioni economiche personali talmente
precarie da esporsi presso il proprio management a comportamenti che la
metterebbero in imbarazzo e la renderebbero anche ricattabile. Non è questione
di onestà, ma di dignità, che si mette a repentaglio solo in comdizioni di
bisogno così pressante da essere inverosimile in questi casi.

106 di 704
lavoratori ed i consumatori, ma non abbastanza
per tassare il titolare, soprattutto quando questo
presta la propria opera direttiva all'interno
dell'azienda; quest'ultimo quindi riesce spesso a
mantenere margini residui di evasione da ricchezza
non registrata, nei modi di cui al par. 3.7; la stessa
azienda può essere quindi al tempo stesso
strumento di tassazione di alcuni soggetti
(consumatori, lavoratori, etc.) e di residua evasione
a beneficio del titolare.
Impossibilità di
abbandonare l’uso
delle aziende
Le aziende, come un filtro, acquisiscono
consumi, applicando l'IVA, e restituiscono
redditi, applicando ritenute o altre imposte
sostitutive (par.8.5 sui redditi finanziari),
segnalazioni o tracce potenzialmente utili al fisco.
Non a caso circa il 70 % del gettito tributario
viene da poche migliaia di "aziende di grandi
dimensioni"; precisamente si tratta delle 3500
aziende con oltre 250 addetti da dove viene la
maggior parte del gettito tributario, escludendo
quello proveniente da istituzioni pubbliche171
dell'economia privata172.
Conferme
empiriche e di
bagaglio culturale
La provenienza del gettito da queste organizzazioni ,
e la loro riluttanza a far "cassa nera" dipende pure
dall'esperienza comune, cui le scienze sociali
devono fare appello (par.4.3 e 4.7), al di là di

171
) Che dopotutto , economicamente, è una partita di giro, riguardando
soprattutto le ritenute alla fonte sui milioni di dipendenti pubblici e di
pensionati (se si guarda anche questo profilo si potrebbero avere letture distorte
dei dati, come quelle in cui il contributo fiscale della Sicilia supera quello del
Veneto e simili).
172
Di questi ordini di grandezza ci si può rendere conto
ordinando per fatturato le dichiarazioni tributarie, reperibili sul
sito del ministero dell'economia e delle finanze.

107 di 704
travasi del senso comune in schemi matematici 173,
"supporti normativi"174 e "fact checking" (par.4.7);
basta fare appello al proprio ragionamento e alla
consapevolezza che le aziende non hanno bisogni
personali (par.3.7), ma sono gruppi di persone
con esigenze di controllo reciproco, che sono
prima di tutto di ordine amministrativo (par.3.1);
questo bisogno non sussiste per i lavoratori
indipendenti, che possono azzerare qualsiasi
documentazione quando operano con privati
consumatori finali 175.
Conferme basate
sul PIL
Qualcuno, pur di non abbandonare la concezione
antropomorfica delle aziende (par.5.17 ss.),
potrebbe insistere nel chiedere per quali motivi
l'industria tessile o dolciaria non dovrebbe
presentare la stessa quota di ricavi non registrati del
sarto o del pasticcere; si potrebbe rispondere che in
questo caso il nostro PIL dovrebbe essere rivalutato
in modo macroscopico.
Da onestà-
disonestà a
flessibilità-rigidità
La provenienza di una percentuale altissima del
gettito tributario da organizzazioni amministrative
non dipende quindi da una loro superiore onestà,
sentimento fuori luogo per corpi sociali senza base
fisica, e poco rilevante in genere come indicato al
par.4.5; la determinazione dei tributi, oggi come ieri,
non dipende dall'onestà o disonestà, ma dal grado
di visibilità della ricchezza, oggi proporzionale alla
rigidità amministrativa dell'attività in cui essa si
173
) Secondo la via di legittimazione scelta dall’economia matematica, di cui
diremo al par.4.3.
174
) Secondo la via normativa alla legittimazione scientifica, scelta dal diritto, e
forse più sterile e dannosa addirittura di quella adottata dagli economisti, come
vedremo al par.4.3.
175
) Quando il loro cliente è un’organizzazione , invece, il fisco può utilizzare
alcune informazioni provenienti da quest’ultima.

108 di 704
produce. Le rigidità, da cui deriva la determinabilità
contabile della ricchezza, aumenta
proporzionalmente alla ripartizione dei compiti
all’interno dell’azienda; più cresce l’esigenza
aziendale di controllo reciproco, maggiori sono gli
elementi per la visibilità contabile della ricchezza
(par.1.11), esternalità positiva delle aziende.
Mentre il lavoratore indipendente può omettere la
registrazione fiscale degli incassi facendo tutto da
solo, l’imprenditore può farlo solo esponendosi, cioè
dando ordini parzialmente in controtendenza
rispetto alle proprie necessità di trasparenza e
controllo amministrativo; questo “management
overriding”, cioè scavalcamento delle procedure
amministrative da parte della proprietà-dirigenza, è
poco probabile in generale, ma ancora meno per la
registrazione dei ricavi.
Gradi di controllo
reciproco nelle
aziende:
spersonalizzazione
proprietaria
Nel lavoro indipendente, l'attività coincide col
titolare e neppure si può parlare di azienda come
organizzazione pluripersonale, ma solo di azienda in
senso materiale, come insieme di beni strumentali e
merci176; anche nelle piccole organizzazioni il
propriario è fortemente coinvolto nella gestione a
titolo personale, potendo facilmente scavalcarne le
procedure amministrative per distrarne ricchezza a
suo vantaggio. abbiamo già visto sopra che queste
organizzazioni sono spesso abbastanza rigide da
tassare dipendenti e consumatori, ma non il titolare,
in esse fortemente coinvolto a titolo personale177. Il
176
) L’azienda in senso materiale rende casomai visibile il titolare, ma non lo
condiziona nell’amministrazione, in quanto tutto fa capo a lui, senza altri
addetti operanti nell’attività.
177
Man mano che le dimensioni diminuiscono, e la proprietà si
avvicina alla gestione, aumentano le suddette possibilità
scavalcare le procedure gestionali a beneficio del titolare.

109 di 704
limite estremo delle aziende con altro controllo
reciproco è quello della spersonalizzazione
proprietaria con effettiva dialettica societaria,
magari con due-tre gruppi di soci; è quanto si
verifica per le aziende appartenenti a gruppi
multinazionali spersonalizzati o a istituzioni
pubbliche.
Geografia
aziendale italiana
Abbiamo già detto della quota del gettito
proveniente dal valore aggiunto delle circa 3500
aziende con oltre 250 addetti. Benchè spesso a
guida padronale, sono ancora molto rigide
amministrativamente le 22 mila aziende da 50 a
250 addetti. Buone rigidità ci sono anche nelle 50
mila aziende da 20 a 50 addetti e alcune, almeno
nel pagamento degli stipendi (par.8.3) e nel ciclo
degli incassi, persino nelle 150 mila aziende da 10 a
20 addetti. In tutte queste situazioni, infatti, il
titolare ha comunque prima il problema di
controllare i dipendenti e dopo quello di nascondere
ricchezza al fisco.
Dialettica tra
controllo
organizzativo e
evasione
Questa preoccupazione gestionale della proprietà
aziendale si mescola con la tendenza all'evasione
tributaria personale (par.3.7), ma nella misura in cui
l'organizzazione è consistente si preferisce non
perderne il controllo, rischiando di essere imbrogliati
dai dipendenti178, per la soddisfazione di nascondere
un po’ di ricchezza al fisco. Questa necessità
diminuisce con la diminuzione della pluropersonalità
dell'azienda, mentre aumenta il peso delle necessità
personali, con maggiore spinta ad evadere, dettata
178
Per avere una idea del contrasto di interessi, su cui fa leva il fisco, tra
imprenditore e suoi amministratori, è divertente Alberto Sordi nella scena del
film “il Marchese del Grillo, visibile digitando su youtube “Il Marchese del
Grillo - Sei ladro tu, tu padre e tu nonno... e io ve licenzio a tutti”.

110 di 704
dalle necessità di sostenere il proprio tenore di vita,
come indicato al par.4.2. Con le diminuzioni delle
dimensioni aziendali, e della complessità
organizzativa, secondo una zona grigia di sfumature
intermedie, si arriva ai 2,5 milioni di lavoratori
indipendenti senza collaboratori (179); anche il
milione e mezzo di attività da due a nove addetti, ha
gestione quindi esclusivamente familiare di cui
diremo al par. 3.13 sugli operatori economici
individuali, o quasi. Qui, ripetiamo, non esiste
un'azienda in senso pluripersonale, col suo
controllo reciproco, ma solo in senso materiale di
insieme di beni. Se i clienti sono privati consumatori
finali, i margini di evasione sono intuitivi, e neppure
sfruttati del tutto, per le ragioni indicate al par.4.2
sulla c.d. "evasione di sussistenza".
Contributo delle
organizzazioni
pubbliche
La tassazione attraverso le aziende non è limitata a
quelle produttive e private, ma utilizza tutti i corpi
sociali, comprese le aziende pubbliche “di
erogazione”, soprattutto quando esse pagano
stipendi e altri compensi in veste di sostituto di
imposta (par. 3.5). La macchina pubblica,
destinataria del gettito dei tributi, partecipa quindi
anch’essa alla tassazione attraverso le aziende
quando essa eroga ricchezza a terzi; in questo caso,
anzi, le rigidità amministrative che rendono
affidabile il sistema sono massime.
Equivoco aziende-
società(rinvio)
Rinviamo al par. 7.5 la distinzione tra “azienda” e
“società”, mera forma giuridica, cui spesso neppure
corrisponde una attività economica, ma solo la
detenzione statica di beni. L'argomento secondo cui
gran parte delle società è in perdita è tendenzioso,

Due milioni e mezzo di attività “monoaddetto” rilevate, più


179

quelle occulte di cui al par.3.15.

111 di 704
in quanto vedremo al par.7.5 che le società del tutto
inattive, esistenti solo sulla carta, dormienti, o usate
come "contenitori patrimoniali" sono un multiplo di
quelle operative. Se tutte le organizzazioni
imprenditoriali sono all'interno di società di capitali
sono una percentuale irrilevante di società contiene
tali organizzazioni.
Ragioni formative
della mancata
comprensione
Ricordiamo il filo conduttore del testo, secondo
cui la mancata percezione della tassazione
attraverso le aziende deriva da carenze formative
generali sull’idea di azienda come gruppo sociale
di cui al par. 1.6. Se la tassazione attraverso le
aziende è sfuggita agli studiosi del settore, per le
ragioni generali di cui al par.4.3, non poteva esser
colta neppure dagli operatori aziendali, e dai
professionisti, impegnati nelle rispettive settorali
incombenze, come indicato al par.4.4180.
Quest'equivoco ha innescato mitologie ideologiche
antiaziendali, fronteggiate da difese spesso
altrettanto mitologiche, non "pro-aziende", ma "pro-
imprenditori", entrambe fuorvianti (parr.5.17 ss).

180
Se neppure gli operatori tributari delle
aziende capiscono, come tali, la “tassazione
attraverso le aziende”, è normale il suo
mancato riconoscimento da parte della pubblica
opinione in genere.
La già indicata base "proprietario-padronale" delle
aziende italiane, differenti in questo da altri “corpi
sociali” intermedi, a base associativa o istituzionale,
ha contribuito a una loro concezione
antropomorfica.

112 di 704
3.2. Rigidità gestionale delle organizzazioni aziendali
come punto di forza della determinazione dei tributi

Funzione gstionale
della
documentazione
contabile
Il ciclo tipico di tutti gli operatori economici, che
acquisiscono consumi ed erogano redditi
(compensiamo i passaggi intermedi tra operatori
economici b2b par.1.8) è accompagnato, per le
organizzazioni aziendali, da una documentazione
contabile, tendente a coordinare i compiti dei vari
addetti; questa documentazione ha funzione prima
di tutto aziendale, e solo secondariamente
tributaria; più correttamente, la documentazione
contabile può avere affidabile funzione tributaria
solo nella misura in cui ha una funzione aziendale.
Documenti come
ausilio alla
memoria
Lo scopo della documentazione è il già indicato
controllo reciproco, non solo per rendicontare il
passato, come indicato al paragrafo precedente,
ma anche per pianificare il futuro e gestire i
rapporti con i terzi; si tratta ad esempio di non
dimenticarsi di far valere e incassare i crediti
maturali per prestazioni rese, non pagare
nuovamente acquisti già pagati, non pagare per
prestazioni che la controparte ha svolto in modo
insoddisfacente, etc.. A questi fini il lavoratore
indipendente fa affidamento sulla propria
memoria, aiutata eventualmente dalla
conservazione di pochi documenti;
nell'organizzazione aziendale sono invece coinvolti
troppi individui e occorre lasciare tracce che
consentano l'intercambiabilità degli addetti

113 di 704
amministrativi181, con la possibilità di ciascuno di
inserirsi sul lavoro di chi lo ha preceduto.
Vincoli gestionali
alla tassazione
attraverso le
aziende
La tassazione attraverso le aziende si inserisce
quindi sull'effettiva necessità gestionale dei
documenti: ai fini tributari possono essere imposte
alcune modifiche e integrazioni dei documenti
gestionali, di cui ad esempio ai par.3.3, 7.7, 7.8. Man
mano però che si allontana dalla necessità
gestionale dell'azienda, l'adempimento tributario
diventa meno efficace. La contabilità può essere
insomma tanto meglio utilizzata per la
determinazione dei tributi, quando più ha rilevanza
aziendale e conformemente a questa funzione182.
Opportunità e
limiti informativi
dei documenti
contabili
L'importante è non dimenticare che la contabilità
aziendale serve a sostenere la gestione, e
l'utilizzazione tributaria è solo un'appendice di
questa funzione primaria. All'organizzazione
aziendale possono quindi essere delegate funzioni
tributarie finchè esse non si discostano troppo
dalle ordinarie sue necessità amministrative.
Insomma, è comprensibile riutilizzare, a vantaggio
del fisco, le rigidità amministrative dove ci sono, in
quanto opportuna esternalità positiva dell'azienda,
come sostituto del fisco. Dove però queste rigidità
mancano, perché si tratta di informazioni che non
interessano all'azienda, oppure perché un'azienda
non esiste affatto, e ci sono solo lavoratori
indipendenti, le rigidità non possono essere create

181
) Ad esempio in caso di dimissioni, malattia, licenziamento, spostamento ad
altro incarico, etc..
182
) Per questo è sostanzialmente inutile la contabilità dei lavoratori
indipendenti, equivoco di cui al par. 3.1.3.

114 di 704
artificialmente ai fini tributari, come vedremo al
par.3.13..
Azienda come filtro
di ricchezza:da
consumi a redditi
I flussi in entrata delle aziende, saltando i passaggi
intermedi tra imprenditori (Business to Business),
rilevano la spesa dei consumatori, sulla quale
sono applicate imposte come l'IVA (par.7.2 ss.); i
flussi in uscita dell'azienda, sempre togliendo i
passaggi intermedi verso altre aziende,
costituiscono redditi dei beneficiari, su cui sono
applicate ritenute, imposte sostitutive o altre
segnalazioni al fisco.
Tassazioni
definite , in
acconto e
segnalazioni al
fisco
Alcuni di questi istituti, che riprenderemo
ampiamente, esauriscono l’imposizione, come l’IVA o
i tributi sostitutivi sui redditi finanziari (par. 3.6 -
8.5); altri sono “provvisori”, come le c.d. “ritenute
d’acconto”, ma spingono l’interessato a completare
l’autotassazione (par. 3.6). Quest'impulso ad una
corretta autodeterminazione può venire anche da
semplici segnalazioni agli uffici tributari, che
vedremo anch'esse al par.3.6, e i cui limiti sono
indicati al par. 5.16 (tracciabilità).
Modalità base di
mancata
registrazione della
ricchezza
La ricchezza non registrata può consistere in ricavi
non registrati, ed essere quindi tolta da sopra;
vedremo al par.3.7 che quando i ricavi sono
integralmente registrati, per motivi interni, o
perché il cliente richiede documentazione e paga in
modo tracciaibile, la ricchezza può essere nascosta

115 di 704
al fisco deducendo costi fittizi, e quindi tolta da
sotto183. Vedremo tuttavia che la registrazione di
costi fittizi lascia traccia molto più dell'omessa
rilevazione di ricavi, in quanto il documento fittizio
esiste all'interno della contabilità, ed è teoricamente
individuabile, per chiedere conto delle operazioni
sottostanti.
Elementi che
rendono difficile
l’occultamento di
ricchezza
Contro queste eventualità, l’affidabilità delle
procedure contabili aziendali dipende molto dalla
serialità, dalla conflittualità potenziale con le
controparti, dalla possibilità di connivenze, sia in
acquisto sia in vendita. Ciò dipende anche dalle
prestazioni rese, dai clienti, dei mezzi di pagamento.
L’amministrazione
contabile
Riferiamo ora le suddette esigenze di
documentazione e controllo reciproco, rilevanti
per la determinazione dei tributi, ai settori e alle
procedure aziendali in cui si manifestano. Anche
se le esigenze di documentazione riguardano tutti i
reparti dell'azienda, persino quelli produttivi
nonché quelli commerciali (cioè di vendita), tutto
confluisce verso il settore amministrativo, nel
senso di "contabile".
Meticolosità e
quadratura
E' l'ultimo settore che il titolare, quando dalla
precedente attività di lavoro indipendente si
sviluppa un'azienda pluripersonale, delega a terzi;
183
E' una evasione presente nelle organizzazioni medio-piccole
a forte impronta padronale, spesso per finanziare costi di
impresa non esplicitabili come tali, ad esempio perché il
percettore non può comparire. L'ammontare complessivo è
tuttavia inferiore, come vedremo al par.4.1, rispetto
all'evasione di "di massa" per ricchezza "tolta da sopra" nel
lavoro indipendente e nelle piccole organizzazioni al consumo
finale, di cui diremo al par. 3.13 ss.

116 di 704
da questi ultimi il titolare pretende soprattutto
fiducia, attenzione e meticolosità184. Si tratta di
emettere ordinatamente documenti di incasso, e poi
classificare documenti di spesa, da registrare su libri
contabili e conservare, con una serie di operazioni
elementari e ripetitive, dove ripetiamo che la
meticolosità e lo scrupolo sono le doti più importanti.
Indistinta
ripetitività
Concettualmente si tratta di annotazioni
identiche, quale che sia l’importanza dell’evento da
registrare, dalla vendita milionaria all'acquisto da
pochi euro della carta per le fotocopie.
La quadratura
contabile
Non a caso i contabili teorizzavano la quadratura
come strumento di controllo, dove anche minime
differenze potevano indicare errori macroscopici
parzialmente compensati: l’uguaglianza costante
tra “dare e avere”, nella partita doppia, serviva
come indizio della mancanza di errori.
Oggi quest'esigenza di quadratura numerica è
stata eliminata dai computers, che hanno risolto il
problema dei "conti che non tornano". Il contabile di
oggi deve quindi preoccuparsi soprattutto della
aggregazione e classificazione dei documenti, dei
passaggi procedurali di controllo, che si
ingigantiscono, e si irrigidiscono, con le
dimensioni aziendali.
Titolarità e
gestione
dell’azienda
Il settore amministrativo aziendale, come una
sorta di alter ego del titolare, interagisce coi settori
produttivi e commerciali, acquisendo , integrando e
registrando i documenti interni e relativi ai rapporti

184
La creatività e la fantasia, sono secondarie, e il termine
“ragionieria” non attiene al “ragionamento”, ma alla parola
latina “rationem”, riferita appunto a “fare conti”.

117 di 704
coi terzi. A questo punto il titolare185 si limita a una
generica supervisione degli uffici amministrativi,
tornando ad occuparsi del business caratterizzante
l'azienda.
Diversificazione
procedurale verso
altri settori
aziendali
Man mano che l’azienda gradualmente “si
ingrandisce”, si creano procedure diverse nel
settore amministrativo. Di norma, le procedure
amministrative aziendali più difficili da scavalcare
sono quelle relative alle vendite, specie verso
altre aziende, che richiedono a loro volta una
documentazione di acquisto (fattura cfr infra),
oppure verso una pluralità di consumatori finali, per
un grande ammontare fatto da piccoli importi; se
infatti gli acquirenti sono consumatori finali, la
difficoltà nel nascondere ricchezza al fisco sta nella
ripetitività e nel numero delle operazioni sottostanti,
per cui è inevitabile il coinvolgimento di numerosi
collaboratori.
Ancora
sull’affidabilità
La registrazione ripetitiva di tante prestazioni
modeste è il principale presidio della relativa
determinazione tributaristica della ricchezza, perché
è inverosimile che il titolare scavalchi
disordinatamente le procedure da lui stesso dettate
nel proprio interesse, facendolo capire ai
dipendenti, e rischiando imitazioni da parte dei
dipendenti, o pressioni di sapore ricattatorio.
La proprietà aziendale è preoccupata, sul ciclo
delle vendite, più delle potenziali frodi fedeltà dei
dipendenti che del proprio interesse all'evasione
fiscale; quest'ultima non deve mettere a rischio il

Preoccupato di evitare frodi o negligenze dei


185

dipendenti.

118 di 704
controllo che per tutte le prestazioni rese sia stato
fatto valere e seguito il credito.
Timori di
management
overriding
Le procedure amministrative di rilevazione dei
costi sono più varie, meno proceduralizzabili di
quelle dei ricavi, anche se i costi con forte serialità
(materie prime) e contrasti di interessi (lavoro
dipendente) sono difficili da “gonfiare”; le frodi
sono meno imbarazzanti per costi occasionali
esterni alla serialità dell'amministrazione aziendale.
soprattutto per servizi. Vedremo al paragrafo 3.7
che omettere la registrazione della ricchezza con
costi gonfiati o fittizi, benchè lasci più tracce in
contabilità, è preferibile all'omessa registrazione dei
ricavi, che interferisce di più con le procedure
gestionali dell’azienda; l'organizzazione aziendale
condiziona persino gli imprenditori desiderosi di
evadere, come vedremo al par.3.7.
Scarse
informazioni sui
clienti
Queste preoccupazioni gestionali hanno
importanti ricadute sull'utilizzazione delle aziende
per ottenere informazioni ai fini tributari. Il fisco può
acquisire facilmente dalle aziende solo le
informazioni cui esse hanno interesse ai suddetti fini
gestionali. Sulle vendite quest'interesse aziendale
riguarda la bontà dei mezzi di pagamento, non la
precisa identificazione delle generalità del cliente.
E' quindi assurdo pretendere dalle aziende un'
identificazione dei clienti che sia affidabile per il
fisco, sia che si tratti di consumatori finali, com'è
intuitivo, sia che si tratti di operatori economici;
anche in quest'ultimo caso il fornitore non avrebbe
alcuna possibilità di controllare a tappeto se le
informazioni sull'identità, fornite dai clienti,
rispondono o meno a verità, come vedremo al

119 di 704
paragrafo 7.4 per la mancata applicazione dell'IVA a
clienti comunitari.
Informazioni su
debitori e fornitori
(rinvio)
L'azienda è infatti interessata alle relative
generalità del cliente solo quando gli fa credito,
rilasciando altrimenti fattura a nome di qualunque
soggetto di cui il cliente pagante indichi le
generalità. Le aziende dispongono invece di
sistematiche informazioni sui loro fornitori,
compresi i dipendenti, il che consente al fisco di
accedervi, come vedremo al paragrafo 3.6 per le
ritenute alla fonte.

3.3. La riutilizzazione-integrazione tributaria della


documentazione gestionale delle aziende

Titolarità e
gestione
dell’azienda
Vediamo quali modifiche sono apportate alla
documentazione aziendale per farne uno
strumento di determinazione dei tributi.
Recepimenti di
documenti
civilistici
La normativa tributaria applicabile agli operatori
economici ne recepisce la documentazione
civilistico-gestionale, diretta a documentare rapporti
esterni e compiti interni degli addetti. L'utilizzazione,
da parte del diritto tributario, delle procedure
contabili dell'azienda, si vede nella previsione
dell'obbligo, anche tributario, della documentazione
prevista ai fini civilistici, ed anche nell'obbligo
fiscale di conservare la documentazione
facoltativa, se posta in essere.
Integrazione
documentale
E' un altro; il sistema di rinvii normativi al codice
civile, e tra normativa IVA e imposte sui redditi

120 di 704
sarà indicato più in dettaglio ai parr.7.7-7.8. Per ora
rileviamo che queste disposizioni sono accomunate
da una combinazione tra integrazione, con dati
rilevanti ai fini tributari, di documenti nati per
fini contabili e civilistici.
Fattura e altri
esempi
Tra i documenti civilistico-gestionali ricordiamo la
fattura, i bonifici bancari, le ricevute,gli estratti
conto, le lettere commerciali o i documenti di
trasporto ((bolle di consegna, e simili).
Ci sono poi anche documenti specificamente
previsti solo ai fini tributari, come lo scontrino e
la ricevuta fiscale (186), la contabilità dei piccoli
commercianti, professionisti e artigiani (par. 3.13), la
contabilità di magazzino (par.7.13 e 7.16).
Elementare economicità spinge infatti ad utilizzare
gli adempimenti per una pluralità di obiettivi,
tributari e non.
Informalità
gestionale della
documentazione
Si tratta di documentazione poco formale per via
della ripetitività con cui sono emessi i documenti e
dal loro inserimento in snelli usi commerciali spesso
stabili nel tempo e collaudati dall'uso; la credibilità
di tale sistema non deriva dal rigore dei singoli
documenti che lo compongono, ma dalla sua
sistematicità. La quantità stessa di documenti
emessi e ricevuti diventa un elemento di garanzia
per il fisco, in quanto rende necessarie,
nell'interesse stesso dell'organizzazione, procedure
ripetitive e quindi rigide, proprio per questo
affidabili anche fiscalmente.
Cfr. par. 7.7. Tali documenti tributari hanno talvolta riflessi
186

gestionali, come avviene per l'uso dello scontrino fiscale per la


prova dell'acquisto e la garanzia; anche la contabilità di
magazzino viene usata a fini gestionali. Sono esempi della
tendenza a utilizzare unici documenti per varie finalità,
aziendali, civilistiche rapporti con e controparti) e tributarie.

121 di 704
Inevitabile
recepimento
tributario
Anche la determinazione dei tributi non può che
recepire, salvo deroghe espresse questa
informalità. Anche eventuali cautele specifiche ai
fini tributari devono tener conto che l'affidabilità
delle procedure contabili non deriva da
caratteristiche dei singoli documenti, ma dalla
ripetitività delle procedure che ne riguardano un
gran numero e coinvolgono, con responsabilità
diverse, una pluralità di addetti, tra cui scatta il
suddetto controllo reciproco187.
Anacronistici
formalismi
Per la prova della ricchezza ai fini tributari sono
fuori luogo i formalismi civilistici degli “atti
solenni”; questa preoccupazione per i singoli
documenti, anziché per l'attività, è uno dei tanti
aspetti della diffidenza italiana verso le aziende
(par.3.1), che emergeva nelle inutili vidimazioni e
bollature dei libri contabili, abolite soltanto nel 2001
(par.7.8). Le astrazioni economiche, come i ricavi, i
costi, etc., hanno invece un fondamento
strutturalmente presuntivo e probabilistico (par.
5.8); la sua affidabilità non va vista in astratto, ma
dipende dagli eventi registrati, dai controlli
interni e dai “contrasti di interesse” tipici delle
catene di comando delle organizzazioni.
Rinvii all’onere
della prova
Vedremo al par.6.2, sull'onere della prova, che fisco
e contribuente non sono due parti contrapposte, in
lite sullo svolgimento di specifici eventi, ma sono un
privato e un'amministrazione pubblica, che
sovraintende alla verosimiglianza della

Per manipolare le procedure, gli addetti dovrebbero essere


187

tutti d'accordo, salva -come vedremo al par.3.7- la


manipolazione proveniente dall'alto, cioè dal titolare
dell'azienda (par. precedente).

122 di 704
registrazione di eventi economicamente rilevanti
(reddito, ricavi, costi, e altri di cui al par.1.8).
Sarebbe improprio che questa autorità
amministrativa utilizzasse i propri poteri
pubblicistici e la propria naturale estraneità agli
eventi economico-tributari per trasformarsi in una
malfidata controparte litigiosa, che insinua
dubbi anche su circostanze del tutto ragionevoli.
Riferimento della
documentazione
agli eventi
registrati
Questi principi comuni vanno poi calati in
concreto in relazione alle operazioni da
registrare, considerandone le caratteristiche
qualitative e quantitative, i rapporti con le
controparti, l'operatività del settore, etc.. Dalla
tipologia dell'operazione, in rapporto con la
complessiva attività della specifica impresa, si può
valutare l'adeguatezza della documentazione, in
funzione di sue possibili manipolazioni. La
documentazione va però riferita agli eventi concreti
da rappresentare, senza astratti formalismi
documentali, fuori luogo per realtà dinamica come
le aziende.
Una valutazione di
normalità
La credibilità probatoria della documentazione
aziendale dipende da valutazioni di normalità, di
“id quod plerumque accidit” sul comportamento
degli operatori economici di una determinata
dimensione, in relazione alla tipologia di rapporto da
registrare, alla natura dell’acquisto, alla relazione col
fornitore, alle modalità di pagamento, etc.
Fondamento dei
ricavi dichiarati
Riferiamo adesso i suddetti caratteri comuni della
documentazione ai principali cicli amministrativi
aziendali, attivo per i ricavi e i crediti, passivo per i
costi e i debiti.

123 di 704
La registrazione dei ricavi ha una rilevanza
“confessoria” verso il fisco, nel senso che la mera
registrazione di un evento cui si connette un
maggior imponibile lo rende verosimile; il problema
– per il fisco – sono casomai ulteriori ricavi non
registrati, ma ne riparleremo al par. 3.14, nonché
5.13.
Registrazione dei
ricavi verso privati
consumatori
I ricavi verso clienti consumatori finali hanno la
minore formalità documentale, come anticipato
al paragrafo precedente, per la mancanza di
interesse dei clienti a documentare l'acquisto, e
dell'azienda a conoscerne le generalità, una
volta certa dell'affidabilità dei mezzi di pagamento. Il
consumatore ha interesse a conoscere il nome
dell'azienda solo per eventuali contenziosi sulla
prestazione ricevuta.

Registrazione
comulativa giorno
per giorno
Pur documentalmente snella, la gestione di questi
ricavi è fortemente proceduralizzata per evitare
appropriazioni indebite da parte dei dipendenti. A tal
fine ci si concentra sulla raccolta e la gestione degli
incassi, col versamento in banca del contante, le
firme e le deleghe sui conti. Di norma l'azienda
registra tali corrispettivi in modo cumulativo,
disntinti per giornata188, emettendo per ciascuno
uno scontrino gestionale, che talvolta diventa
fiscalmente obbligatorio, come vedremo al par.7.7.
Le operazioni “to
business” (b2b)e la
fattura
Una conoscenza reciproca sussiste invece per le
operazioni verso altri operatori economici

188
) E’ una registrazione giornaliera non nel senso che avviene tutti i giorni, ma
che è ordinata per giorno.

124 di 704
(par.1.8). Questi ultimi, per documentare la spesa,
chiedono un documento personalizzato, cioè la
fattura, di cui diremo anche al par. 7.7 e di cui
comunque ciascuno può vedere esempi nella propria
vita quotidiana, comprese le proprie utenze
elettriche, telefoniche etc. Per l'acquirente la
fattura del fornitore documenta l'operazione di
acquisto, mentre il fornitore la utilizza per
quantificare la richiesta di corrispettivo al cliente .
Riflessi sulla
fattura
dell’informalità dei
rapporti
Spesso la fattura è il primo documento scritto tra le
due parti, in quanto il resto della prestazione è stato
eseguito in esecuzione di precedenti accordi solo
verbali. La valenza tributaria della fattura si inserisce
quindi su quella commerciale, che le preesiste, nei
rapporti tra le parti.
La fattura, conformemente alla prassi contabile,
non è sottoscritta dall’emittente, ma
semplicemente redatta su sua carta intestata. Essa
riporta le generalità del destinatario, cui è diretta,
in base ad informazioni fornite verbalmente, e
solitamente non oggetto di controllo da parte del
fornitore.
Procedurazlizzazio
ne contabile e
credibilità della
fattura
L'idoneità probatoria di questo documento, nei
confronti del fisco, non deriva quindi da un suo
formalismo intrinseco, ma dal già indicato
inserimento nella procedura aziendale e nella sua
verosimiglianza economica, rispetto al contesto in
cui si inserisce. Si addicono quindi alla fattura le
riflessioni sopra formulate sulla "prova economica"
e sul suo relativismo, da contestualizzare
rispetto alle prassi aziendali.
Ulteriori riscontri
della fattura

125 di 704
Nella maggior parte dei casi comunque la fattura è il
principale documento probatorio dei costi e
rispetto ad essa si possono solo richiedere i
riscontri documentali ulteriori che, secondo
l'esperienza comune , dovrebbero
accompagnare la prestazione ricevuta. Si pensi
all'eventuale corrispondenza preliminare col
fornitore (ordine di acquisto, trattative, listini), i
documenti di trasporto, la bolla di entrata in
magazzino dell'eventuale merce, i mezzi di
pagamento, ed eventuali altri riscontri in
relazione al tipo di prestazione. Ripetiamo che la
documentazione dell'operazione dipende insomma
dalla sua natura in relazione alle prassi di settore
e alle circostanze.
Documenti minuti
Qualche volta neppure si può pretendere una
fattura, ad esempio per documenti “anonimi” come
biglietti ferroviari, ricevute autostradali, scontrini per
piccole consumazioni, spese sostenute in contesti
ambientali (paesi esteri) dove la documentazione è
anche meno formale che da noi.
Dai documenti ai
libri
contabili:distinzion
e
Il libro contabile è un passaggio successivo
rispetto ai documenti; esso riepiloga documenti
sottostanti, oppure enuncia per la prima volta
eventi aziendali elementari, come i suddetti incassi.
In prima battuta si potrebbe affermare che la
tassazione attraverso le aziende determina la
ricchezza in modo “contabile”, ma la contabilità è
solo una procedura di organizzazione di
informazioni documentali; queste ultime bastano
a lasciare la traccia necessaria alla tassazione
attraverso le aziende.
Determinazione
documentale senza
contabilità

126 di 704
La determinazione dei tributi attraverso le aziende
infatti riguarda tanti contribuenti che non sono
operatori economici, ma lavoratori dipendenti,
consumatori, percettori di redditi finanziari o di
canoni di locazione; tutte queste manifestazioni di
ricchezza , risultano tutte da documenti spesso
generati da una contabilità dell'emittente, ma non
destinati ad alcuna contabilità del destinatario;
da contabilità è infatti escluso chi non è operatore
economico (par.7.7); è quindi la documentazione,
più che la contabilità, a caratterizzare la
determinazione dei tributi attraverso le aziende.
Annotazione
contabile dei
documenti e
tempistica
Prima vengono formati i documenti, e quindi li si
registrano sui libri contabili. La tempistica della
registrazione dei documenti nei libri contabili
segue il flusso documentale, non il materiale
verificarsi degli eventi da registrare. Esiste quindi
sempre un certo lasso di tempo tra gli eventi
aziendali, l’emissione dei documenti e la loro
registrazione. Questo principio è recepito anche ai
fini tributari , con termini di emissione dei
documenti di cui riparleremo al par.7.7 e 7.12, sui
rapporti col “momento di competenza” ai fini delle
determinazione dei redditi.

3.4. Adempimenti esclusivamente tributari: dai


versamenti, alle dichiarazioni

Adempimenti solo
tributari
Alla riutilizzazione/integrazione di documenti
gestionali e civilistici si accompagnano
adempimenti solo tributari189, come il
189
) Cioè anche scollegati dall’integrazione di un documento gestionale e
civilistico con informazioni previste dalle leggi tributarie.

127 di 704
pagamento delle imposte, che nella tassazione
attraverso le aziende precede le dichiarazioni, di
cui diremo tra un attimo.
Formalità e
tempistica del
pagamento
Il pagamento deve essere accompagnato da una
serie di informazioni finalizzate alle esigenze di
monitoraggio e controllo degli uffici tributari
(par.5.5), come le generalità, la causale (il tipo di
imposta), il periodo di riferimento. Queste
informazioni si trovano nei bollettini di conto
corrente postale, e soprattutto nei modelli unificati
bancari (F24) con cui si pagano i principali tributi
vigenti. La tempistica del pagamento per gli
operatori economici, sull'IVA e le ritenute alla fonte,
è fissata entro il 16 del mese successivo a quello in
cui le ritenute sono state effettuate e cui si riferisce
la liquidazione IVA (par.7.3) salvo conguagli e
correzioni, che sono sempre ammessi (190).
Tipologie di
dichiarazioni
tributarie
Subentrano poi le “dichiarazioni fiscali”,
necessarie man mano che la determinazione del
tributo diventa più complessa, influenzata da
numerose variabili; gli esempi generalmente noti
nella tassazione attraverso le aziende sono la
dichiarazione annuale dei redditi, nonché
dell’IVA , dei sostituti di imposta.
E relativi obblighi
Le ultime due riguardano solo gli operatori
economici su ricchezza relativa ad altri soggetti
(consumatori, collaboratori) mentre la
dichiarazione dei redditi propri si è pressochè
generalizzata nel 1973, con l'assoggettamento dei
redditi di lavoro alla ritenuta di acconto, di cui al
par.3.6.

190
) Vedi par.7.7 e 7.8 per maggiori dettagli sui documenti IVA.

128 di 704
Una sede per
determinare
l’imposta
d’acconto e a saldo
La dichiarazione dei redditi propri, costituisce
anche la sede per determinare l’imposta
dovuta. Quest'ultima calcolata nella dichiarazione
è anche il parametro per versamenti provvisori,
c.d. acconti di imposta, relativi all'anno in corso,
da effettuare entro i mesi di giugno e di novembre,
con successivi conguagli nella dichiarazione
successiva; il primo versamento d'acconto deve
avvenire, entro il 20 giugno, anche se il termine di
presentazione della dichiarazione scade
successivamente, entro il 30 settembre, anticipando
il calcolo dell’imposta ai soli fini dell'acconto.
Possibilità di
dichiarazioni a
credito
Questa presenza degli acconti, come pure delle
ritenute d'acconto di cui al par.3.6, comporta la
possibilità che la dichiarazione si chiuda "a credito"
del contribuente; vedremo più avanti in questo
paragrafo l'utilizzazione di tali crediti, oltre che per
una richiesta di rimborso, anche in compensazione
amministrativa con altri debiti di imposta.
Iva e sostituti come
dichiarazioni
riepilogative
La dichiarazione dei sostituti d’imposta o la
dichiarazione IVA riepilogano invece
adempimenti che (di regola) devono essere stati
effettuati in precedenza in modo del tutto autonomo,
come i suddetti versamenti mensili IVA e delle
ritenute alla fonte.
Adempimento
amministrativo e
tentativi di
spiegazione
civilistica
Le dichiarazioni costituiscono, come i già indicati
documenti contabil-tributari o di pagamento, un
adempimento di diritto amministrativo, che è

129 di 704
fuorviante spiegare con concetti tratti dal diritto
dei privati, come i "fatti, atti e negozi", cioè i meri
fatti materiali, gli atti umani non negoziali ed i
negozi giuridici.
Dalla
dichiarazione di
scienza alla
manifestazioni di
giudizio
Nell'impropria prospettiva di analizzare le
dichiarazioni tributarie con le categorie civilistiche in
esame, trascurandone la matrice
amministrativistica, la soluzione meno fuori luogo è
considerarle “dichiarazioni di scienza”, in quanto
"fatti umani" senza contenuto
negoziale.Quest'inquadramento è però ancora
semplicistico, in quanto la dichiarazione di scienza
riguarda eventi materiali, di solito elementari,
mentre la dichiarazione tributaria presuppone una
pluralità di operazioni di registrazione,
rendicontazione e soprattutto di qualificazione
giuridica. L'inquadramento più appropriato è quindi
quello delle manifestazioni di giudizio, con una
componente materiale ed una di qualificazione
giuridica (cfr. al paragrafo 3.10 la funzione anche
interpretativa demandata ai contribuenti nella
tassazione attraverso le aziende).
Dichiarazioni e
opzioni
Nelle dichiarazioni possono essere esercitate
delle opzioni, ad esempio tra vari regimi di
determinazione dei tributi, il rimborso o il riporto in
avanti dei crediti di imposta, etc,. Anche tali opzioni
hanno natura amministrativa, pur essendo simili a
quelle negoziali. Il contesto non è infatti quello
contrattuale, dove è necessario salvaguardare la
buona fede della controparte, che potrebbe essersi
preparata ad eseguire la controprestazione etc.(per
questo c'è notevole apertura alle opzioni per fatti
concludenti).

130 di 704
Correzione di
errori a danno del
contribuente
Questa “natura della dichiarazione” veniva spesso
discussa con riferimento alla correzione degli
errori, relativi a somme dichiarate in eccesso.
Questa correzione "migliorativa" può essere
"autoliquidata" entro il termine breve della
dichiarazione relativa all’anno successivo a quello di
riferimento (’art. 2, comma 8-bis, d.P.R. 322/98), con
una nuova dichiarazione, sostitutiva della
precedente. Dopo questo termine la rettifica deve
avvenire con istanze amministrative di rimborso
al fisco (art. 38 d.P.R. 602 del 1973 su cui par. 6.7).
Correzioni di
omissioni
(ravvedimento)
Anche la possibilità di dichiarare somme
ulteriori rispetto a quelle in precedenza dichiarate,
per “ravvedersi” e sanare precedenti dimenticanze o
consapevoli evasioni, conferma quest’ottica
amministrativistica; è un istituto generale applicabile
anche ai ritardi dei versamenti e di altri
adempimenti. In questi casi il contribuente deve non
solo pagare l’imposta, o regolarizzare
l’adempimento omesso, ma anche “autosanzionarsi”
e liquidare anche eventuali
interessi, per beneficiare di sanzioni più miti di
quelle ordinarie. Equiparare il ritardo alla omissione
indurrebbe infatti il contribuente a non far nulla,
confidando nella
bassa probabilità di essere controllato.
possibilità anche in
presenza di
controlli e
riduzione sanzioni
Questo c.d. "ravvedimento operoso" è oggi
consentito anche quando sono iniziati controlli fiscali
nei confronti dello specifico contribuente, ma la
riduzione delle sanzioni è minore, altrimenti

131 di 704
sarebbe troppo comodo evadere pensando di
«ravvedersi» dopo l’inizio di un controllo.
Sopravvalutazione
informativa delle
dichiarazioni dei
redditi
Le dichiarazioni delle persone fisiche riguardano solo
i redditi soggetti a irpef; e quindi nessuna
dichiarazione tributaria esprime quindi la
fantomatica "capacità contributiva globale"
degli individui, di cui abbiamo parlato al par.2.2.
Luoghi comuni
sulla complessità
Spesso il sensazionalismo mediatico (par.4.4 in
fine) critica la complessità delle “dichiarazioni dei
redditi”, rilevando che le relative istruzioni sono di
oltre cento pagine. Vanno però compilate solo le
parti relative ai tipi di reddito di cui si è titolari, ad
esempio di lavoro dipendente o autonomo, dei
fabbricati, d’impresa, nonché quelli di riepilogo per
la condizione personale o familiare rilevante per
ridurre l’imposta (spese mediche, figli a carico, e
altri elementi indicati al par. 9.3).
Struttura delle
dichiarazioni e
relativi modelli
Ad ognuna di queste categorie di informazioni
tipologicamente omogenee corrispondono singoli
prospetti interni delle dichiarazioni (c.d.
«quadri»), che fanno parte del modello di
dichiarazione191, approvato ogni anno con atto
amministrativo generale. Il modello cerca di
contemperare semplicità e precisione, acquisendo i
dati nel modo più proficuo per la sua attività

Questi quadri sono più di dettaglio rispetto alle categorie


191

di reddito previste dal testo unico, ed esaminate ai capitoli 7 e


8. Le categorie di reddito sono legislativamente solo 6, come
precisa l’articolo 6 del TUIR, ma poi il modello di dichiarazione
contiene quadri per molte altre tipologie di reddito, da quelli “di
paertecipazione” a quelli « redditi d'impresa minore » , di allevamento di animali
etc. .

132 di 704
conoscitiva ed operativa; l’obiettivo è conoscere le
tipologie di ricchezza nel modo ritenuto più utile per
la gestione amministrativa e statistica, anche ai fini
degli interventi di politica tributaria; attraverso il
modello viene così «filtrata» in schemi omogenei
l’enorme massa di dati annualmente forniti
all’amministrazione finanziaria, da immagazzinare
anche ai fini di efficienti “incroci” tra informazioni
diverse (par.5.5).
Funzione
interpretativa
implicita
Il modello di dichiarazione spesso lascia
chiaramente capire quali interpretazioni della
normativa sono state presupposte dall'autorità
fiscale che lo ha predisposto, il che gli attribuisce il
valore delle ordinarie interpretazioni
amministrative di cui al par.5.4 (lo stesso vale a
maggior ragione per le relative istruzioni). Molti
professionisti, specie quelli che assistono piccoli
operatori economici (par.3.16) , tendono a
sopravvalutare il modulo, traendo significati arcani
dal modo, spesso del tutto inconsapevole, in cui il
modulo richiede i dati, spesso senza considerare le
regole legislative e il buonsenso, comunque
fondamentali per la corretta determinazione del
tributo.
Spedizione
telematica
Le principali dichiarazioni fiscali sono ormai
inoltrate per via telematica, tramite intermediari
abilitati, (aziende di credito, dottori commercialisti
e altri professionisti,
associazioni di categoria e centri di assistenza fiscale
su cui par. 3.16).
allegati
Quando la documentazione contabile era
esclusivamente cartacea, né le imprese né i

133 di 704
lavoratori autonomi hanno mai dovuto allegare alla
dichiarazione i documenti
giustificativi dei vari elementi del reddito
d’impresa o di lavoro autonomo, come ad esempio le
fatture passive che documentano i costi sostenuti.
Con la presentazione telematica delle dichiarazioni,
nessun allegato cartaceo ad esse è più richiesto né
concepibile. Potrebbe farsi strada, invece, a causa
delle nuove possibilità della tecnologia, l’invio al
fisco di documenti, persino dell’intera contabilità
aziendale, su supporti informatici.
compensazione
amministrativa
debiti e crediti
Nell’esternalizzazione della tassazione
su aziende e privati, costoro possono trovarsi a
credito per un tributo, e a debito per altri, con
facoltà di “compensazione amministrativa”, da
esercitare unilateralmente nei modelli di versamento
dei tributi. Il versamento può cioè avvenire al netto
di crediti di imposta, ed anche per contributi sociali,
anche relativi ad altri tributi e contributi. Anche se
denominata “compensazione”, questa facoltà non
deve essere confusa con la compensazione
civilistica, che avviene davanti al giudice, in via di
eccezione, all’interno di una controversia. E' invece
un istituto amministrativistico di
coordinamento tra debiti e crediti relativi a una
pluralità di tributi diversi, applicati per di più con
continuità nel tempo. Per evitare abusi, da parte di
chi fraudolentemente potrebbe far valere crediti
fittizi, sono previste una serie di cautele, la cui
trattazione (tecnicistico-professionale) esorbita dai
limiti del presente manuale.
rinvii alle
rateazioni
Chi si trovi in difficoltà finanziarie, può chiedere la
rateazione automatica di quanto dovuto, a tassi di

134 di 704
interesse e per periodi massimi previsti dalla legge,
che riprenderemo al par. 6.11.

3.5. Tassazione attraverso le aziende di ricchezza di


terzi:“contribuenti di diritto” e “di fatto” tra rivalse,
traslazioni e controversie private con oggetto tributario
Sfasamenti tra
interlocutori del
fisco e titolari della
ricchezza tassata
La determinazione giuridico-contabile dei tributi
attraverso i documenti raccolti da organizzazioni
amministrative sviluppa e ripropone, su scala più
larga, un possibile sfasamento, tradizionale nella
storia dei tributi. Si tratta di possibili non
coincidenze tra chi paga materialmente il tributo e
il titolare della ricchezza che lo giustifica; ne
abbiamo visti esempi già nella tradizione tributaria
preindustriale (par.1.3) a proposito delle imposte
sulle merci e del sistemi a ripartizione; in entrambi i
casi i pubblici poteri chiedevano tributi a soggetti
diversi da quelli cui si riferiva la ricchezza, cioè i
consumatori delle merci 192 oppure le famiglie e le
persone cui si riferivano i tributi "capitari"193.
Motivazioni di
praticità
Per il fisco è infatti più efficiente infatti avere una
controparte giuridico-amministrativa unica194, dove
la ricchezza si concentra, anziché soggetti, molto più
numerosi, con imponibili globali frammentati tra tutti
coloro cui tale ricchezza economicamente si
riferisce. Il destinatario della richiesta dei pubblici
192
) Cosa che, come vedremo al par.7.2 ss., avviene anche oggi, persino
nell’IVA.
193
) Cioè gli antichi “focatici” e/o “testatici”(par.1.3), richiesti dal pubblico
potere tramite le articolazioni territoriali di appartenenza, come borghi, aree
rurali, etc.
194
) E’ la stessa esigenza che abbiamo indicato al par. 1.3 a proposito della
tendenza del fisco a chiedere tributi a gruppi sociali intermedi (anche la stessa
tassazione attraverso le aziende risponde a questa finalità).

135 di 704
poteri interagisce poi, per altri motivi, coi singoli
numerosi titolari della ricchezza cui il tributo si
riferisce, intesa come reddito, consumo o patrimonio
(par.1.8).
Contribuenti di
fatto e di diritto
Il fenomeno è stato descritto chiamando il
destinatario della richiesta del fisco, benchè
estraneo alla ricchezza colpita dal tributo,
“contribuente" soltanto di diritto” (195); chi invece
manifesta la ricchezza che giustifica il tributo è
chiamato contribuente di fatto, come i
consumatori 196 o i percettori di redditi soggetti a
ritenuta o imposta sostitutiva di cui diremo oltre
(par.3.6, 8.5).
Posizione
secondaria dei
contribuenti di
fatto nei rapporti
con
l’amministrazione
Il legame tra contribuente di diritto e di fatto è in
genere economico197, perché il primo è spesso
fornitore del secondo (consumatore) oppure ne
acquisisce le prestazioni lavorative o i suoi capitali
(redditi da risparmio , come vedremo al par.8.5). I
contribuenti di fatto non hanno alcun rapporto, o
hanno rapporti residuali, con l’amministrazione
tributaria; ad esempio, nei tributi sui consumi i
contribuenti di fatto sono troppo numerosi e
sfuggenti per avere rapporti col fisco, mentre nelle

195
) Ne è un esempio tipico l’azienda come organizzazione, che tassa ricchezza
riferibile ad altre persone fisiche, come consumatori, risparmiatori, lavoratori e
persino i relativi titolari per i quali , come vedremo al par.7.17, l’imposizione
sugli utili di impresa è economicamente un’anticipazione dell’imposizione sui
redditi propri, rappresentata dai dividendi.
196
) SI pensi a quanto diremo ai fini IVA al par.7.2 e seguenti.
197
) Ma può essere anche “politico”, come avveniva per il già indicato sistema a
ripartizione (par.1.3). Il rapporto può essere anche “giuridico”, come avviene
nel caso del notaio, contribuente di diritto per l’imposta dovuta dalle parti degli
atti che esso redige.

136 di 704
imposte sugli atti giuridici e nelle ritenute alla fonte
(paragrafo successivo) questi rapporti possono
affiancarsi a quello tra fisco e contribuente "di
diritto"198.
traslazione
economica (rivalsa
giuridica) sul
contribuente di
fatto
Chiaramente, il contribuente "di diritto", pur
corrispondendo materialmente pagato il tributo, ne
effettua la traslazione economica sul
contribuente di fatto; ciò avviene mediante i
meccanismi giuridici della rivalsa199.
Esempi evidenti sono i fornitori al consumo finale, i
venditori sono “contribuenti di diritto” nel senso che
interagiscono col fisco in luogo del loro cliente
consumatore finale, nei modi indicati al paragrafo
7.3 e seguenti per l'IVA.
Chi eroga invece somme rilevanti ai fini del reddito
di propri fornitori, soprattutto di lavoro (dipendente o
autonomo, cioè in senso ampio collaboratori) è
contribuente di diritto per le “ritenute alla fonte”, di
acconto o di imposta, che approfondiremo al
prossimo paragrafo su “sostituto” e “sostituito”.
Inadeguatezza
delle spiegazioni
civilistiche di
fenomeni
amministrativi
In entrambi i casi siamo di fronte a istituti di
diritto amministrativo, cui non si addicono
spiegazioni civilistiche. Queste ultime, secondo
l'equivoca impostazione accademica "civilistico-
198
)Ad esempio l’imposta di registro o le ritenute alla fonte, di cui diremo al
prossimo paragrafo, possono essere chieste, in caso di inadempimento del
notaio o del sostituto d’imposta, al contribuente “di fatto” (che in questa misura
diventa anche, quindi, sia pure in parte “contribuente di diritto”).
199
Lo stesso fenomeno può essere visto sotto il profilo
economico, dove si ha la «traslazione d'imposta», oppure
sotto quello giuridico della “rivalsa”, analoga al diritto di
regresso del diritto civile.

137 di 704
processuale", trascurarono la spiegazione più a
portata di mano del sostituto e del responsabile
di imposta, come obbligati ad adempimenti di
diritto amministrativo, in relazione a operazioni
economiche di diritto privato, rivelatrici di ricchezza
altrui.
Questi obblighi si riflettono nei rapporti civilistici
tra le parti, condizionati dai meccanismi con cui il
contribuente di diritto si rivale sul contribuente di
fatto, per la somma dovuta al fisco.
Meccanismi
giuridici per
realizzare rivalsa
economica
La traslazione può essere talvolta puramente
economica, in quanto l'imposta pagata dal
contribuente di diritto diventa un elemento di
costo, che induce ad aumentare semplicemente il
corrispettivo praticato al contribuente di fatto;
si pensi alle imposte di fabbricazione (par.10.6),
dove la traslazione avviene semplicemente e
indistintamente, ad esempio, nel prezzo della
benzina alla pompa.
Segue:rivalsa
giuridica formale
In altri casi la rivalsa è effettuata in modo
esplicito, giuridicamente distinto, come nelle
ritenute alla fonte, nelle imposte sostitutive sui
redditi di capitale (par.8.5), nell’IVA relativa a
prestazioni da fatturare200. In quest'ultimo caso il
fornitore, che agisce nel ciclo delle vendite, dovrà
attivarsi per ottenere, dal contribuente di fatto (in
genere un consumatore finale), l’importo
dell’imposta – ad esempio sul valore aggiunto –
dovuta al fisco.
Eccezioni del
contribuente di
fatto

Dove l’IVA è addebitata distintamente, mentre "al dettaglio" è


200

confusa nel prezzo, secondo la nota distinzione di cui al par7.3.

138 di 704
Nei casi di richiesta esplicita del contribuente di
diritto a quello di fatto, quest'ultimo può
contestare la richiesta del tributo, affermando che
esso non è stato correttamente calcolato dal
contribuente di diritto (201). Basti pensare al
consumatore finale IVA , che ritiene dovuta
l'imposta con una aliquota inferiore a quella
addebitatagli dal fornitore, o che ritiene applicabile
una esenzione.
Segue:
giurisdizione e
intreccio di
processi
La relativa eventuale lite, pur con oggetto
tributario, è tra privati e si incardina quindi davanti
al giudice civile, secondo un atteggiamento
giurisprudenziale univoco, oscillante solo per quanto
riguarda il caso particolare del sostituto d'imposta
dei tributi sui redditi, di cui diremo al prossimo
paragrafo202. In linea generale una azione diretta
di rimborso del contribuente di fatto verso il
fisco è negata dalle istituzioni tributarie, avallate
dalla giurisprudenza, che concentrano sul solo
contribuente di diritto i rapporti con gli uffici
tributari, evitando le frammentazioni tra i
numerosissimi contribuenti di fatto, secondo una
tendenza alla concentrazione appartenente alle
tradizioni dei tributi, indicata già al par.1.3.
Segue:possibile
contrasto di
giudicati

Il contribuente di diritto conferma così la sua posizione di


201

"sostituto del fisco", conformemente a quanto vedremo al


paragrafo successivo per le ritenute alla fonte.
202
Vedremo al par.3.6 che le particolarità delle
ritenute derivano dalla possibilità prevista ex lege
per chi le subisce (contribuente di fatto) di rivolgersi
direttamente al fisco per il rimborso, instaurando poi
un giudizio tributario.

139 di 704
Questa autonomia dei giudizi comporta il rischio di
soluzioni contrastanti, col contribuente di diritto
condannato in sede civile a rimborsare al
contribuente di fatto tributi che in sede tributaria
sono invece considerati dovuti. E' un'altra conferma
della mancanza di spiegazione complessive della
determinazione dei tributi, adeguate alla sua matrice
amministrativa.
Coobbligazione
solidale verso il
fisco
La coobbligazione solidale203, così come può
esistere verso creditori privati, può esistere anche in
sede amministrativa, e riguardare debiti tributari.
Come noto, in questi casi l'ufficio tributario può
rivolgersi204 indifferentemente a vari condebitori
che congiuntamente hanno realizzato la ricchezza
sottostante, come le parti di un contratto ai fini
dell’imposta di registro (par.10.2), i coeredi per i
tributi dovuti dal defunto, etc.. In questo caso i
condebitori solidali sono nella stessa posizione, sia
tra loro via verso il fisco, e la coobbligazione
solidale è denominata paritetica.
Segue
Responsabilità di
imposta
Si parla invece di responsabilità, quando il fisco
può rivolgersi, sempre in via solidale, oltre che a
coloro cui si riferisce la manifestazione di ricchezza,
anche ad altri soggetti con essa collegati; si pensi
ai notai per l’imposta sugli atti da essi redatti, agli
spedizionieri per i tributi doganali, ai liquidatori di
società per debiti tributari negligentemente lasciati
insoddisfatti, ai soci di società di persone per debiti
203
) Cioè la possibilità di chie dere il credito per l’intero a uno solo dei
condebitori, fino al relativo soddisfacimento, con l’intuitiva conseguenza che
l’adempimento integrale di un coobbligato libera gli altri . La coobbligazione
solidale è detta anche brevemente “solidarietà”, in un senso del tutto diverso
dai “doveri di solidarietà” politico-sociale che giustificano le imposte.
204
) Usando i propri atti autoritativi di cui al par.6.1.

140 di 704
tributari della società, ai fideiussori e altri garanti.
Questa responsabilità solidale è prevista dalla
legge per vari motivi205, soprattutto per indurre i
suddetti terzi a comportarsi in modo da non
pregiudicare gli interessi del fisco206.
Differenze nei
rapporti interni
Le due suddette forme di solidarietà operano in genere
nello stesso modo nei confronti del fisco, che di solito può
rivolgersi direttamente ai responsbili, senza
preventivamente chiedere il pagamento al debitore
principale207. La differenza tra le due coobbligazioni ha,
nei rapporti col fisco, taluni riflessi procedurali, trattati
al par.6.3. Nei rapporti interni tra coobbligati, invece,
la responsabilità di imposta comporta la possibilità
del responsabile che paga, di rivalersi integralmente
verso il debitore principale208.
Accolli di imposta
Con l’autotassazione crescono anche le
pattuizioni negoziali in cui i tributi relativi ad una
determinata operazione vengono posti a carico di
una delle parti contrattuali. Questo “accollo
pattizio (convenzionale) di imposta”, opera solo
tra le parti209; questo accollo non limita i poteri del
fisco di rivolgersi ai debitori indicati dalle leggi
205
) Alcuni dei quali sono un’applicazione tributaria di figure civilistiche
generali, come la responsabilità dei soci di società di persone o quella dei
fideiussori, obbligati per contratto.
A differenza di quanto indicato per il rapporto tra
206

contribuente di diritto e di fatto, qui il titolare della


ricchezza resta debitore, ma ad esso o si
aggiunge il responsabile.
207
La necessità che il creditore si rivolga previamente al debitore principale può
essere prevista dalle norme istitutive della medesima , come quella sulla
solidarietà dei soci di società di persone. L’istituto si chiama "beneficium
excussionis"
208
Naturalmente, occorre che questo abbia un patrimonio capiente.
209
) Non si tratta insomma di un istituto giuridico elaborato dal diritto tributario,
come la sostituzione o la responsabilità di imposta, ma di un istituto civilistico,
operante tra le parti, e non opponibile al fisco per limitare il pagamento
dell’imposta, affermando che se ne è fatto carico un altro soggetto.

141 di 704
tributarie, ma ovviamente non estende neppure tali
poteri.

3.6. Segue. Sostituto d’imposta e ritenute alla fonte su


redditi erogati a terzi:funzione esattiva e segnaletica

Particolarità del
sostituto rispetto ai
“contribuenti solo
di diritto”
Un caso particolare dello sfasamento tra contribuenti
di fatto e di diritto, di cui al paragrafo precedente,
riguarda il sostituto d'imposta; quest'ultimo è un
"contribuente di diritto", debitore di somme che
concorrono a formare il reddito del percettore;
quest'ultimo è denominato sostituito.
Sostituti e
tassazione dei
redditi attraverso le
aziende
Si tratta di un "contribuente di fatto" , divenuto
sempre più frequente man mano che sono diventati
più numerosi i redditi erogati attraverso
organizzazioni di una qualche complessità , come
oggi le aziende210. L'erogazione di redditi attraverso
organizzazioni, pubbliche o private, è divenuta
sempre più frequente.
Sostituto come
obbligato a
effettuare ritenute
fiscali
Questo rende possibile al fisco utilizzare la struttura
amministrativa dell'erogante per una imposizione
tributaria sui redditi erogati dal medesimo, chiamata
ritenuta (fiscale) alla fonte 211. L'erogante è
contribuente di diritto, nel senso indicato al
210
) Si ricordi dal par.3.1 che le aziende, come grande filtro dell’economia,
acquisiscono consumi ed erogano redditi. Abbiamo visto che nelle imposte
sui consumi, l'azienda è "contribuente di diritto", in quanto
fornitore e percettore di corrispettivi, soggetti a IVA (par.7.2).
211
Ed anche sulle imposte sostitutive sui redditi finanziari
(par.8.5).

142 di 704
paragrafo precedente; la somma di cui è debitore
concorre infatti , ai fini tributari, a formare il reddito
del creditore-percettore. Il sostituto d’imposta si
colloca quindi, generalmente, nell’ambito dei tributi
sui redditi212.
Possibilità di una
sostituzione “più
informata”
L'erogante, in quanto debitore del sostituito, ha
comunque una qualche informazione sulla sua
identità 213. Per la legislazione tributaria è quindi
facile inserirsi nel rapporto tra i due214 imponendo al
sostituto di saldare una parte del proprio debito non
già al creditore (sostituito), ma al fisco. Le
informazioni del debitore sulle generalità del proprio
creditore sono quindi acquisibili anche dal fisco, che
le può utilizzare per le proprie banche dati
(par.5.5/5.6), e le ulteriori fasi della tassazione sul
sostituito.
Facilità della
rivalsa mediante
ritenuta
Il sostituto d'imposta, essendo debitore, può
facilmente esercitare la rivalsa giuridica (par.
precedente) semplicemente mediante ritenuta. Il
sostituto d'imposta, per esercitare la rivalsa non ha
212
) E’ una caratteristica strutturale , che però non emerge in quella che viene
presentata impropriamente, da molti autori, come la definizione normativa di
sostituto di imposta, nell’art.65 del decreto sull’accertamento delle imposte sui
redditi. La norma fa riferimento, un po’ genericamente, a colui che è “tenuto a
corrispondere imposte in luogo di altri”:
213
A differenza di quanto accade per gli incassi, dove il
contribuente di diritto (ad esempio per le imposte sui consumi)
deve necessariamente procedere in forma anonima, visto che
la sua attività non gli fornisce informazioni particolari
sull'identità del cliente (cfr. par. 3.2 in fine sul tendenziale
anonimato degli acquirenti). Chi invece paga un debito ha tutto
l'interesse a sincerarsi dell'identità del debitore, in modo da
poter dimostrare di aver regolarmente adempiuto e di essersi
quindi liberato del proprio obbligo.
214
) Cioè cliente-debitore(sostituto d'imposta) e fornitore-
creditore,

143 di 704
qui bisogno di chiedere” 215, ma può direttamente
trattenere, “alla fonte”, cioè in sede di pagamento
del proprio debito, la somma da versare al fisco. Il
sostituto prende quindi il "posto del fisco”,
imponendo le imposte al sostituito percettore dei
redditi, ed è una figura squisitamente di diritto
amministrativo216.
Ritenute alla fonte
a titolo d’imposta
Riprendendo i concetti generali di cui al paragrafo
precedente, il sostituto effettua la rivalsa mediante
«ritenute alla fonte». Dapprima queste ritenute
avevano tutte natura definitiva, nel senso che
esaurivano la tassazione, e venivano chiamate
d'imposta, nel senso che prendevano il posto del
tributo che altrimenti chiesto dal fisco 217. Come
esempi di redditi ancora oggi soggetti a ritenute
definitive d’imposta ricordiamo gli interessi bancari
ed obbligazionari percepiti da persone fisiche
(paragrafo 8.5) nonché i redditi erogati a soggetti
esteri per redditi prodotti in Italia (paragrafo 7.18).
Natura di imposta
sostitutiva
Queste ritenute esauriscono il prelievo tributario, e
sotto certi profili costituiscono vere e proprie
«imposte sostitutive». Questa natura è
confermata dal fatto che esse restano dovute anche
se il sostituto di fatto non le ha applicate; l'omissione
delle ritenute d'imposta non fa quindi rivivere le
imposte che esse sostituiscono; questa mancata
effettuazione espone il sostituito a una
215
sostituito (di imposta).
) Una vecchia pubblicità di un profumo rende l’idea della figura del sostituto
come l’uomo che non deve chiedere mai in quanto debitore del sostituito, e
quindi in grado di scomputare le ritenute dal suo debito (il fornitore IVA deve
invece chiedere la rivalsa dell’imposta in aggiunta al prezzo.
216
) Sulla inconcludente tendenza a spiegare questo meccanismo facendo
riferimento a istituti civilistici vedi Sostituto d’imposta, si ma del fisco, In
Dialoghi Tributari, 2012, n.5.
217
) Qui il sostituto prendeva in tuttoe per tutto il posto dell’ufficio tributario.

144 di 704
responsabilità solidale col sostituto, confermando
che in alcuni casi il contribuente di fatto assume
anche giuridicamente un rapporto con gli uffici
tributari (218).
Ritenute alla fonte
a titolo di acconto
Se effettuata invece “a titolo d’acconto”, la
ritenuta alla fonte costituisce, come emerge dalla
sua stessa denominazione (acconto), un prelievo
provvisorio, in attesa di conguaglio rispetto alle
imposte sui redditi, determinate anche in base alle
somme soggette a ritenuta (219). Tali somme
concorrono a formare il reddito al lordo della
ritenuta, poi confrontata con l’imposta complessiva,
con diritto al rimborso delle eventuali eccedenze o
versamento delle ulteriori imposte dovute (220).
Loro strumentalità
all’imposizione
personale
progressiva
Il passaggio dalle ritenute definitive a quelle di
acconto faceva parte del tentativo di realizzare la
“tassazione personale progressiva” di cui al già
indicato par. 9.3; la ritenuta definitiva sopra
descritta è infatti un tributo "reale", nel senso di cui
al par.9.2 221. Il passaggio alla ritenuta d'acconto, sui
redditi più diffusi222, aumentò a dismisura il numero
218
Eventualmente qui può aggiungersi alla responsabilità del
sostituto trasgressore anche una responsabilità solidale del
sostituito, cfr.art.32 decreto 602 -1973
219
Tali imposte potranno essere l’ IRPEF per le persone fisiche o l'IRES,
per le società, come vedremo al capitolo 9
220
E' la tipica operazione definita «di conguaglio» , da effettuare
nella dichiarazione fiscale, come indicato al par.3.4, tra le
anticipazioni e l’imposta definitivamente calcolata
221
) La ritenuta d’imposta “definitiva” era con aliquota uguale per tutti e non
consentiva di “personalizzare” l’imposizione, anche in relazione a oneri
deducibili, detrazioni etc., come vedremo al par.9.4.
222
Soprattutto per l’applicazione di ritenute d’acconto sui redditi di
lavoro dipendente, da fare oggetto poi di dichiarazione a cura
del percettore.

145 di 704
delle dichiarazioni tributarie da gestire, soprattutto
con riferimento ai lavoratori dipendenti con “altri
redditi ed oneri deducibili” (223).
Funzione
segnaletica della
ritenuta
La ritenuta d’acconto ha svolto però anche un
fondamentale ruolo nella visibilità tributaria della
ricchezza (par.1.11). Essa infatti può essere usata
per segnalare in modo personalizzato all’autorità
fiscale il reddito che vi è assoggettato; il percettore
viene così dissuaso dall’omettere la registrazione e
la dichiarazione dei relativi importi; in questo modo
la ritenuta d'acconto contribuisce fortemente alla
tassazione attraverso le aziende.
Limiti connessi
all’effettuazione
sui ricavi lordi
La ritenuta, tuttavia, è effettuabile dall'erogante solo
facendo riferimento al corrispettivo erogato, unico
dato conosciuto con certezza dal sostituto d'imposta.
Per le attività prive di costi, o mediamente con costi
modesti rispetto ai ricavi224, come quelle di lavoro
indipendente o intellettuale- professionale, questo
provoca poche disfunzioni; per le attività con basso
valore aggiunto, come la maggior parte di quelle
d'impresa, le ritenute d’acconto avrebbero sottratto
risorse finanziarie al sostituito, con ingenti crediti di
imposta, ed immobilizzi finanziari225. La ritenuta
d’acconto, soprattutto con le elevate aliquote
inizialmente utilizzate, ha quindi controindicazioni
per attività "con molti costi" , dei quali il cliente però
223
Par. 3.4, 3.16 sull’assistenza professionale e 5.5 sul controllo
di correttezza formale.
224
) Quindi “ad alto valore aggiunto”, concetto che vedremo per le imposte sui
redditi al par. 9-6.
225
Per chi avesse un margine di utile del 20 percento rispetto ai
costi, la ritenuta praticata sui corrispettivi lordi assorbirebbe
l’intero reddito, trasformandolo finanziariamente in un credito
verso il fisco, con problemi di liquidità, di monetizzazione e di
rimborso.

146 di 704
non può avere alcuna certezza legale, ai fini
dell'ammontare della ritenuta.
Per questo, per le attività d’impresa, in genere a
valore aggiunto più basso, la ritenuta fu invece
tendenzialmente esclusa, senza però essere
sostituita con altre segnalazioni al fisco226.
Segnalazioni sostitutive al fisco, per i redditi
non soggetti a ritenuta, sono ancora allo studio
e ne parleremo a proposito dell'"esportazione della
contabilità" dove mancano le aziende227 .
Qualifica di
sostituto d’imposta
Per essere considerati sostituti d'imposta non
basta erogare somme costituenti reddito per il
percettore, ma occorre una qualificazione tributaria
adeguata ai relativi adempimenti burocratici. Sono
quindi sostituti di imposta tutti gli operatori
economici, in forma individuale o societaria, più le
organizzazioni non commerciali (art. 23 comma 1
d.P.R. 600/1973). Anche piccoli commercianti,
artigiani, e professionisti, spesso senza alcuna
organizzazione, devono quindi svolgere tutti gli
adempimenti del sostituto d’imposta, magari solo
per lo stipendio erogato all’unico commesso, alla
cassiera o all’apprendista, se non addirittura per la
parcella erogata al commercialista che li assiste
(par.3.16).

226
La consapevolezza che il fisco è privo di informazioni al
riguardo rende abbastanza probabile, da parte di lavoratori
indipendenti d’impresa (senza ritenuta) e piccole aziende
padronali, la mancata registrazione delle fatture emesse (è un
filo conduttore che riprenderemo ai paragrafi 5.13 e 9.3 sul c.d.
contrasto di interessi).
227
) Par.3.13, par. 4.5, par. 9.3 sul c.d. “contrasto di interessi” per le
forniture al consumo finale (par.9.3), e l'elenco fornitori-clienti,
oggi denominato "spesometro". Sull’utilità di una segnalazione
sistematica del lavoro indipendente da parte delle aziende
clienti vedi anche infra, par. 5.13

147 di 704
Adempimenti del
sostituto
Prima di tutto il sostituto deve effettuare la
ritenuta, versandola entro i brevi termini di cui al
par.3.4 (il 16 del mese successivo), indicando poi le
relative somme nella dichiarazione dei sostituti
d’imposta con le generalità dei percettori in caso
di ritenute d'acconto; questi ultimi sono così
segnalati al fisco e indotti a dichiarare.

Facilità della
rivalsa mediante
ritenuta
Le ritenute devono essere effettuate al momento
del pagamento del corrispettivo e seguono quindi il
criterio di cassa, che ritroveremo al par. 7.12 per
l’imputazione della
ricchezza al periodo di imposta.
La ritenuta è scomputabile dal percettore
sostituito indipendentemente dal versamento da
parte dell'erogante- sostituto. Il percettore viene
infatti privato
delle relative somme con la rivalsa e non può
essergli addebitata la successiva omissione del
versamento da parte del sostituto, che tra l’altro egli
non può controllare.
Aliquote delle
ritenute
In genere le ritenute, sia definitive sia d'acconto,
sono applicate con aliquote proporzionali alla
somma erogata differenziate per tipologia di redditi
(lavoro autonomo 20%, capitale 15% etc.). La
ritenuta d'acconto sui redditi di lavoro
dipendente, dove il rapporto con l’erogante è
continuativo, è invece progressiva , cercando di
farla coincidere con l’imposta dovuta, evitando
la dichiarazione dei redditi in assenza di altre
somme da dichiarare o da dedurre (i dati del
percettore affluiranno alle banche dati del fisco
attraverso la dichiarazione del sostituto d’imposta,

148 di 704
indicata al par.3.4). Questa ritenuta progressiva è
basata quindi sulle aliquote IRPEF, ragguagliando gli
scaglioni annui di reddito, e le detrazioni di imposta
(par.9.3-9.4), al periodo di paga, in genere mensile,
con conguaglio annuale tra reddito e ritenute.
Queste ultime restano comunque di acconto e
questo rileva nell’ipotesi in cui il dipendente abbia
altri redditi, che lo obbligano alla dichiarazione
annuale, eventualmente nel modello semplificato
730 per chi non è "soggetto IVA" (par. 3.16).
omessa
applicazione
ritenute d’acconto
L’omessa applicazione della ritenuta d’acconto228
comporta invece intrecci complessi tra la posizione
del sostituito e quella del sostituto, tra i quali non c’è
una coobbligazione solidale, trattandosi di obblighi
diversi; esistono però modalità per evitare
duplicazioni di prelievo, in quanto l'adempimento del
sostituito estingue il debito del sostituto. Quello del
sostituto deve essere considerato, per chiedere al
sostituito solo l'eccedenza di imposta, in capo a lui
ricalcolata.
Controversie tra
sostituto e sostituito
su misura della
ritenuta
Le liti tra sostituto e sostituito si collegano a
quelle, descritte al paragrafo precedente, tra
contribuente di diritto e di fatto, con la
differenza che il sostituito percettore è titolare di
uno specifico rapporto tributario, anche in caso
di ritenute definitive di imposta, e quindi è abilitato
normativamente a proporre azione di rimborso
verso il fisco (azione negata, come indicato al
par.3.5 alla generalità dei contribuenti di fatto). Per
questo parte della giurisprudenza esclude
l'azione civile verso il sostituto, con cui il sostituito
228
) Per la ritenuta d’imposta abbiamo già detto sopra dell’affiancarsi di una
responsabilità del sostituito a quella del sostituto.

149 di 704
chiede l’integrale pagamento del proprio credito;
tuttavia di recente è riemersa una tendenza della
cassazione ad ammettere l’azione civile suddetta,
con possibile contrasto di giudicati. Questa
altalenante giurisprudenza riflette la confusione
dominante nel settore, e potrebbe trovare una
sintesi solo in una azione civile di risarcimento
danni nei confronti di un sostituto che, per
superficialità o eccessiva prudenza, avesse
effettuato negligentemente ritenute prive di base,
costringendo il sostituito ai costi di una (pur
vittoriosa) azione di rimborso.

3.7. Ricchezza fiscalmente non registrata dai titolari di


organizzazioni aziendali (ipotesi sulla “grande evasione”)

Estraneità
dell’azienda alla
ricchezza non
registrata
Le aziende, in quanto organizzazioni
pluripersonali, corpi sociali intermedi, astrazioni,
nel senso indicato al par. 3.1, sono prive di bisogni
personali che le inducano a nascondere ricchezza
al fisco229. Tutti i dati, e il senso comune, confermano
infatti che l'incidenza percentuale della ricchezza
non registrata, rispetto alla ricchezza totale
prodotta, diminuisce comunque man mano che dal
lavoro indipendente al consumo finale si passa ad
organizzazioni via via di dimensioni maggiori, dove
quindi il peso specifico del titolare diminuisce. Non
c'è bisogno di un "dato normativo" o di un'equazione
dell'economia matematica, per capire che l'azienda
non mangia. A tal fine basta il senso comune, e una
Smettendo di concepire le aziende in modo
229

antropomorfico si capisce già molto dell'odierna


determinazione dei tributi, compresi i casi limite di "evasione
per finalità aziendali" di cui al prossimo paragrafo 3.8.

150 di 704
minima riflessione od esperienza sulle
organizzazioni, dove ci si controlla a vicenda, in
proporzione al potere contrattuale di ciascuno. Si
capisce quindi in quale misura l'individuo che
esprime la proprietà aziendale, o i pochi individui
che la condividono tra loro, possono
strumentalizzare l'organizzazione per un'evasione
propria230.
ostacoli
all’occultamento di
ricchezza da parte
dei titolari
Ricordiamo dalla fine del par.3.2 che le procedure
aziendali per evitare malversazioni e negligenze
a danno della proprietà, indirettamente
ostacolano eventuali tendenze della proprietà
stessa a nascondere ricchezza al fisco. Questa
tendenza è ostacolata dalla già indicata
spersonalizzazione gestionale (par.3.1) ; persino
nel
capitalismo familiare italiano, una volta venuto
meno il titolare-fondatore, solo con qualche
imbarazzo gli eredi, pur con un ruolo organizzativo-
direzionale formalmente analogo, possono
scavalcarne le procedure aziendali, manipolandole
per acquisire ricchezza non registrata ai fini fiscali.
II sospetti saranno minori se il titolare non si
intromette in procedure standardizzate, come quelle
relative alle materie prime, procedendo su altri
acquisti meno consueti, non proceduralizzati, come
sconti, note di credito, transazioni, , trasporti,
noleggi di macchinari, pubblicità, consulenze, studi
di fattibilità, provvigioni; basta infatti la
verosimiglianza del costo, e l’avallo del titolare, per

230
I titolari delle aziende o i soci di maggioranza delle società
hanno infatti potenzialmente bisogni personali, e potrebbero
soddisfarli, come chiunque ne abbia per altri versi la
possibilità, alterando al ribasso la registrazione della
ricchezza ai fini fiscali.

151 di 704
mettere in pagamento la relativa fattura, non solo
senza discutere, ma neppure senza sospettarne una
totale o parziale fittizietà.
organizzazioni
pluripersonali e
riduzione della
percentuale di
evasione
Sarebbe riduttivo considerare l’azienda, oltre che
un mezzo per determinare i tributi di consumatori,
dipendenti, risparmiatori, etc. , come un mezzo
del titolare per nascondere ricchezza in proprio, in
quanto titolare del relativo controllo. Può accadere
che il titolare di un'azienda con 10 milioni di giro
d'affari nasconda ricchezza al fisco per sè stesso in
assoluto maggiore, a parità degli altri fattori, del
titolare di un'azienda con un fatturato della metà. E'
però verosimile che l'incidenza percentuale
diminuisca, fino a scomparire. A differenza del
lavoratore indipendente, che deve soddisfare i propri
bisogni personali, l'azienda è un corpo sociale
intermedio (par.3.1), la cui organizzazione ha un
valore anche se in perdita, perché si "automantiene"
creando un qualche valore aggiunto, per i dipendenti
e i finanziatori, anche quando è in perdita; questo
spinge i titolari a non disgregarla, in quanto la sua
conservazione di quote di mercato, e quindi di un
avviamento, ne salvaguardare la possibilità di
cederla proficuamente a terzi231 cioè il valore. E' per
quest'ultimo, non per il reddito immediato, che si
attiva l'imprenditore. In questa cornice la possibilità
di nascondere al fisco quote di ricchezza diventa
sempre meno importante al crescere dell'attività:
231
) Un lavoratore indipendente “in perdita” è invece una contraddizione in
termini, in quanto il lavoro materiale deve essere in qualche modo remunerato,
se non altro per garantire la sussistenza dell’artigiano o del piccolo
commerciante. Il titolare di un’industria in perdita, invece, non presta il proprio
lavoro organizzativo per trarre un reddito nell’immediato, ma per salvaguardare
il proprio patrimonio, espresso dal relativo “valore di avviamento”.

152 di 704
non per un maggior senso civico dei ricchi, ma per
l’utilità marginale decrescente del denaro, ai loro
occhi, visto che
a un certo punto riescono a soddisfare
adeguatamente le necessità personali senza
nascondere nulla al fisco. Il titolare di organizzazioni
pluripersonali prima di tutto non vive dei proventi
dell'attività, non svolge personalmente lavoro
materiale, demandato al personale, e si dedica
all’azienda per salvaguardarne l'avviamento232.
Scavalcare le procedure aziendali per nascondere
ricchezza al fisco potrebbe poi mettere in imbarazzo
davanti agli altri soci e ai dirigenti, come pure
davanti ai mezzi di comunicazione.
azienda come
strumento di
adempimento
La geografia fiscale delle organizzazioni con un
minimo di "pluripersonalità", indicata al paragrafo
3.1, conferma un impatto poco significativo della
ricchezza non registrata dai titolari di organizzazioni”
imprenditoriali. Lo conferma l'assenza della figura
simbolica della “grande evasione”, nelle relative
stime macroeconomiche, su cui par. 4.1.
Valore simbolico
Per questo quindi il fenomeno è probabilmente
modesto, anche perché coloro che potrebbero porlo
in essere sono numericamente scarsi, soprattutto
rispetto agli operatori economici indipendenti e ai
titolari di piccole organizzazioni.
Tuttavia la ricchezza che i grandi imprenditori
potrebbero nascondere al fisco ha però una vasta
portata simbolico-politica per le cifre che
individualmente può coinvolgere.
Credibilità
esteriore

Inoltre egli ha in genere risorse economiche adeguate al


232

proprio mantenimento, facendo scattare il vecchio detto


secondo cui "i soldi fanno l'uomo onesto".

153 di 704
Ipotizzare simili evasioni, analizzando
esteriormente e contabilmente le relative attività è
più difficile di quanto sia per gli operatori economici
individuali, la cui non credibilità è spesso evidente a
una prima occhiata. L’esame di ragionevolezza
esterna rispetto al dichiarato, significativo per il
lavoro indipendente (par. 5.13) non fornisce qui
indicazioni particolari, e quindi il sospetto di
ricchezza non registrata può essere infondato in una
situazione di perdita, e magari sussistere in una di
reddito. La ricchezza non registrata di solito
emerge fortuitamente, per liti familiari o
societarie, indagini penali di altro tipo, etc.
Così come gli uffici sono restii ad esporsi (par.
5.13) in rettifiche per ordine di grandezza su piccoli
commercianti e artigiani, lo sono a maggior ragione
sulle aziende.
Modalità per
nascondere
ricchezza al fisco
“da sopra”
Vediamo le possibilità di scavalcare, a proprio
personale beneficio, le procedure aziendali, che
dipendono, oltre che dalla familiarità del titolare con
l’azienda, anche dal
suo settore operativo. Ad esempio sono
concepibili persino rapporti diretti con clienti
consumatori finali da parte del titolare, che incassa
in proprio una parte del corrispettivo (233).
mancata
registrazione in
due tempi
Quando l'azienda però svolge tante prestazioni di
scarso valore unitario, questo rapporto diretto coi
clienti è inconcepibile. Il titolare dovrà quindi agire in
due tempi, prima controllando i dipendenti,

Si pensi alle vendite di immobili da parte di piccoli costruttori


233

edilizi, o ai rivenditori/riparatori di yachts. Qui la ricchezza


viene "tolta da sopra", proseguendo le tecniche del lavoro
indipendente al consumo finale.

154 di 704
assicurandosi che tutti gli incassi vengano registrati.
Poi, una volta restato solo col contante, o con
assegni, ne può omettere parzialmente la
registrazione tributaria. Per i pagamenti ricevuti con
moneta elettronica (carte di credito) occorre
studiare in quale misura possono essere utilizzati
conti di appoggio “non ufficiali” (par.5.16).
Interposizioni di
strutture
riconducibili ai
soci
I ricavi sono parzialmente sottratti al fisco anche
quando vengono interposte società intermedie,
falsamente indipendenti, intestate a prestanome-
fiduciari. Queste ultime concentrano presso di sé
quote di profitto e quindi lo stornano
all’imprenditore, in una posizione uguale e contraria
alle analoghe interposizioni che vedremo tra un
attimo per i costi.
società “cartiere”
collateralie
interposte
La frode fiscale è però più compatibile con le
procedure aziendali dal lato dei costi /fatture false),
per i motivi visti al par.3.2. Invece di chiedere al
fornitore di maggiorare il prezzo per la società
acquirente, stornando la differenza a beneficio del
titolare o dei dirigenti. Questi ultimi possono crearsi
anche qui le società apparentemente indipendenti,
interposte rispetto ai fornitori reali, gestite da
fiduciari o prestanome dell’imprenditore; stavolta
l'interposizione è tra i fornitori e l'azienda, cui le
strutture interposte rivendono le merci con un
margine rispetto a quanto pagato ai fornitori
effettivi.
Fatture fittizie o
gonfiati
Sono però diffuse anche le fatture per prestazioni
totalmente fittizie, benchè lascino tracce in
contabilità, pur interferendo meno con le procedure
gestionali dell’azienda. Questa relativa frequenza

155 di 704
conferma quanto l'organizzazione aziendale
condizioni persino gli imprenditori desiderosi di
evadere.
Indifferenza
contabilità
Gli uffici di contabilità aziendale non hanno motivi
per ulteriori indagini a vantaggio del fisco: se i beni
sono arrivati in magazzino, nella quantità indicata
sulla fattura, nessuno entra nel merito della
congruità del prezzo, rispetto a quanto si sarebbe
potuto ottenere presso altri fornitori; non c’è poi
motivo per simili domande, soprattutto se i vertici
aziendali hanno avallato l'operazione.
Talvolta è possibile “dirottare” sul titolare
dell’azienda erogazioni straordinarie, come gli
sconti dei fornitori, oppure pagamenti parziali da
parte dei clienti a fronte di rinunce a crediti, da parte
dell'azienda, per difficoltà finanziarie.
Mentre l'evasione dei “lavoratori indipendenti” di
cui al paragrafo 3.13 viene in gran parte spesa per
consumi, quella ipotizzata sopra si forma
direttamente su conti nella disponibilità
economica del beneficiario, frequentemente esteri,
in contropartita contabile diretta dell'evasione. I
relativi fondi esteri potranno poi garantire, sempre
dall’estero, finanziamenti o investimenti finanziari
del titolare effettivo nelle aziende, in eventuali
momenti di difficoltà.
Rinviamo al paragrafo 6.12, sull’evasione da
riscossione, le strategie evasive tendenti a rendersi
nullatenenti, lasciandosi dietro, senza pagarli, i
debiti fiscali e contributivi.

3.8. Ricchezza non registrata per finalità aziendali e


“costo dei tributi”
L’azienda come
punto di incontro:

156 di 704
l’equilibrio
economico
Benchè l'azienda, come organizzazione, non abbia
bisogni personali di ricchezza da nascondere al
fisco, essa è un punto di incontro tra persone, ad
esempio gli acquirenti finali, su cui ricadono le
imposte sui consumi, e i percettori del valore
aggiunto, soprattutto i dipendenti, che subiscono le
ritenute alla fonte di cui al par.3.6. La presenza di un
carico fiscale eccessivo rischia di mettere in crisi
l'equilibrio economico cui l'azienda è interessata.
Concetto di “cuneo
fiscale”
Il fisco si insinua cioè come un “cuneo” tra l’azienda
e i suoi interlocutori: l'IVA aumenta l'esborso del
consumatore rispetto a quanto viene acquisito
dall'azienda fornitrice, e le ritenute (più i contributi
sociali, par.1.12) aumentano il “costo del lavoro”
rispetto al netto in busta paga del lavoratore.
Imposte come
aumenti di costi:
concorrenza da
evasione
Benchè le imposte non siano quindi costi “in sé”,
esse diventano decrementi di ricavi o aggravi di
costi.
Si creano quindi talvolta i presupposti, per alcuni
settori economici, di un'evasione aziendale, in
quanto diretta a ridurre questi "cunei". Qui il settore
tende ad adeguarsi, e chi non lo fa diventa
rapidamente "non competitivo". Solo qui la
"concorrenza sleale" da evasione si riflette sui
prezzi, e quindi sulla competizione economica,
mentre l'evasione delle imposte proprie resta un
fatto personale, con scarsi effetti sulla concorrenza. ”
Richieste di “nero”
Una “convergenza di interessi” in danno del fisco
può verificarsi tra clienti consumatori finali,
lavoratori e imprenditori. I clienti desiderano pagare
molto spesso "in nero" per ottenere sconti, mentre i
lavoratori desiderano essere pagati in nero, per

157 di 704
avere un netto maggiore, e non perdere benefici
sociali legati al reddito.
I c.d. “fuori
busta”ai dipendenti
L'imprenditore, una volta regolarizzata fiscalmente e
contributivamente la paga base, è disposto ad
accedere alle richieste di erogare somme aggiuntive
"in nero", utilizzando a tal fine le somme che i clienti
consumatori finali, in cambio di sconti, pagano in
questo modo. Questa convergenza di interessi,
ancora percorribile in molte realtà paternalistiche
del “piccolo capitalismo familiare”, è un caso tipico
di "evasione aziendale", diretta a ridurre i costi
dell'organizzazione, rendendola più competitiva a
danno del fisco e degli enti previdenziali.
L'alternativa è infatti solo aumentare le
retribuzioni lorde, con un maggior costo
aziendale, spesso proibitivo. E' uno dei motivi per
cui, nelle statistiche dei redditi di lavoro dipendente
dichiarati c'è una frequenza a prima vista anomala di
importi molto modesti.
Esternalizzazione
di lavoro ed
evasione
Ancora più insidiosi sono i comportamenti di
chi,per ridurre i costi, "esternalizza il lavoro",
spingendo i collaboratori a costituire cooperative e
consorzi che non versano contributi sociali né
ritenute fiscali.
Analoga "evasione aziendale" (o meglio
partecipazione a una evasione altrui) riduce i costi di
acquisto delle merci, attraverso le “frodi IVA”
indicate al termine del par. 7.3 o frodi carosello :
esse più precisamente consistono in una
partecipazione a una altrui evasione da riscossione
perché il fornitore non verserà l'IVA detratta
dall'azienda acquirente; quest'ultima diminuisce il
proprio costo e si rende più competitiva. Alcuni dei
comportamenti precedenti, diffusi per settore,

158 di 704
creano al suo interno problemi di competitività
aziendale, per chi non si adegua a queste prassi.
Non utilizzarle comporta infatti aumenti di prezzo
finale ai clienti, che rischiano di mettere l'azienda
fuori mercato.
Evasione dei
redditi propri e
tenore di vita
L'evasione dei redditi propri tipica degli operatori
economici individuali non incide sull'equilibrio
economico di “organizzazioni”, ma su lavoratori
indipendenti, per i quali le imposte non sono “costi
di produzione”, bensì “quote di profitto”;
quest'evasione si ripercuote più sul tenore di vita
dell'operatore economico che sui prezzi (par.4.2
sull'"evasione di sopravvivenza"). vista la stima di
cui al par.4.1 sulla quantità e la composizione
dell'evasione, alla concorrenza sleale da
evasione (a parte i fenomeni settoriali suddetti) è
attribuita importanza esagerata; lo conferma la
sconfitta del piccolo commercio al dettaglio fisso,
con maggiori possibilità di evasione, da parte della
grande distribuzione, più rigida e con maggiori
economie di scala.
L’evasione
“indotta” da chi
non può comparire
Una diversa forma di evasione aziendale si
collega alla necessità di “pagare in nero”
soggetti che effettuano prestazioni utili all’azienda,
ma non possono o non vogliono comparire;
pensiamo al "secondo lavoro”di pubblici dipendenti,
non remunerabile come tale per via dell’esclusività
del rapporto di pubblico impiego, come pure a
concussione e corruzione, dove le tangenti devono
essere “coperte” da giustificativi ricevuti a titolo
diverso (è un altro caso di “evasione aziendale”, in
cui l’organizzazione “paga” per essere
avvantaggiata o “non sfavorita”).

159 di 704
Conferme
dell’evasione come
comportamento
personale
Tutta quest'eterogenea casistica conferma che i
destinatari delle erogazioni corrispondenti
all'evasione aziendale sono altre persone
fisiche, a conferma che qualsiasi "ricchezza
fiscalmente non registrata è in ultima analisi
"personale" sia essa di titolari o dirigenti
dell'azienda (par.3.7) o sue controparti , come
indicato in questo paragrafo.
“Giustificare”, nella contabilità aziendale,
l'evasione d'azienda crea gravi imbarazzi per i
dirigenti coinvolti. Per i quali il problema non è
tanto la violazione tributaria, quanto la manovra
di risorse “fuori bilancio”, coi sospetti di vantaggi
personali, e rischi di essere “scaricati” dalla loro
stessa azienda, se ciò dovesse metterne a
repentaglio il buon nome.
Nessun imbarazzo invece per la scelta dei regimi
giuridici più convenienti su ricchezza registrata, cui
si riferisce l'"evasione interpretativa", di cui ai
prossimi paragrafi.

3.9. Qualificazione giuridica della ricchezza registrata e logiche


dell’interpretazione nella tassazione attraverso le aziende
Autodeterminazione
e attività
interpretativa dei
privati
Oltre che la registrazione di eventi materiali,
l'autotassazione ne richiede anche una
qualificazione giuridico-tributaria. Si intravede anche
qui la dialettica tra "questioni di fatto", attinenti nel
nostro caso alla rappresentazione materiale degli
eventi cui si riferisce la ricchezza, e "questioni di
diritto", relative al loro inquadramento nelle regole e
nei principi sistematici sulla determinazione dei

160 di 704
tributi234. Alla rappresentazione materiale delle
manifestazioni di ricchezza, che è una questione di
fatto235, eventualmente valutativo, ma pur sempre
di fatto, segue l'inquadramento giuridico nelle
regole e nei principi sistematici sulla determinazione
dei tributi (questione di diritto).
Diversità dei
relativi giudizi
Sia nelle questioni di fatto, sia in quelle di diritto
è presente un giudizio, ma con diverso oggetto: il
giudizio di fatto riguarda la realtà materiale, ed
è empirico nel senso di cui al par.5.8; il giudizio di
diritto è logicamente successivo e riguarda la
qualificazione sociale di quello di fatto, in funzione di
disposizioni normative, principi e valori, riguardanti
nel nostro caso la specificazione dei concetti
economici (reddito, consumo, etc.) cui sono
collegate le imposte, come indicato al par.1.8( 236).
Interpretazione e
opinabilità:
rilevanza dei casi
concreti
Anche le questioni di diritto (interpretative)
comportano spesso margini di opinabilità, dipendenti
non tanto dall'incertezza oggettiva delle regole, dei
principi o dei valori, ma dal loro riferimento d'insieme a
un caso. Qualsiasi parola può richiedere un esplicito impegno
interpretativo ed apparire « indeterminata », e al tempo stesso qualsiasi
termine237, avrà un senso (par.4.7) almeno in un caso. Una
interpretazione, sia pure rapidissima e istintiva, c'è quindi
234
E’ una distinzione fondamentale per l’operatività giuridica,
compresa la pratica forense, che sfugge in una formazione
universitaria appiattita sui materiali normativi (come vedremo
al par.4.3) e su cui suggerisco di riflettere in occasione di
questo esame.
235
) Eventualmente un fatto “valutativo”, da esprimere per ordine di grandezza,
come vedremo al par.5.8, ma relativo pur sempre a eventi della realtà.
236
Vedremo al par.5.8 che le questioni di fatto rispondono a una
incertezza conoscitiva su cosa è (probabilmente ) accaduto
(incertezza sull’essere); le questioni “di diritto” riguardano
invece la qualificazione sociale di risultanze in punto di fatto, in
base a regole, principi e valori .

161 di 704
sempre238, persino nei casi più facili; qualsiasi norma di
senso compiuto è almeno in un caso di agevole
applicazione (239); d'altra parte però, nessuna
disposizione legislativa, nessun principio, nessun
valore, sono così chiari da essere sempre e
comunque di agevole applicazione. Ogni parola del
linguaggio comune, sia pure tecnicizzato
giuridicamente, assume invece sfumature diverse a
seconda del contesto (240), in cui le espressioni sono
utilizzate. Bisogna quindi evitare il grossolano
preconcetto secondo cui per usare un termine
occorre averne una definizione idonea a stabilire in
tutti i possibili casi se il concetto ricorre o meno 241. I

237
) Che non sia artatamente elaborato per disorientare l’ascoltatore, come le
supercazzole di cui al par.4.3 (a proposito della scientificità esteriore).
238
) Il brocardo “in claris non fit interpretatio” richiama solo l’interprete a non
sovrapporre il suo ruolo a quello del legislatore , quando il senso delle regole è
chiaro. L’aforisma sottintende un’interpretazione laboriosa, ma
l’interpretazione c’è sempre per definizione.
239
Per “norma di senso compiuto” intendo quella caratterizzata da un filo logico
(cfr. il principio di sensatezza delle scienze sociali al par..4.7).
In alcuni casi concreti, una disposizione astrattamente
"difficile", come quella sulla "diligenza del buon padre di
famiglia", può essere applicabile d'istinto, senza difficoltà di
sorta..
240
L'ispirazione alle scienze fisiche, di cui diremo al par.4.3, ha provocato estenuanti
dispute tra definizioni diverse solo sotto profili limitati. La sensata (nel senso Scarpelliano di
cui al par.4.7) indeterminatezza del linguaggio e il gradualismo delle scienze umane emerge
nell’esempio (di LUZZATI, La vaghezza delle norme Giuffrè, 1990, 6) secondo cui « un chicco
di grano non è un mucchio e neppure due chicchi lo sono; aggiungendo indefinitamente un
chicco dopo l'altro, alla lunga arriva un momento in cui siamo sicuri di trovarci di fronte a un
mucchio, senza però un momento preciso in cui si passa da “alcuni chicchi” a “un mucchio”.
Anche concetti apparentemente ovvi, come “giorno”, “notte” o “essere umano” possono
apparire controversi in situazioni “di confine”; anche l'espressione « bene immobile », ben
determinata se riferita a terreni o palazzi, diviene dubbia se si parla di prefabbricati o di
piattaforme marine per la ricerca petrolifera, e sull’”essere umano” si polemizza discutendo
sull'inizio e la fine della vita (polemiche sull'aborto, tutela degli embrioni,'eutanasia ecc.), ma
tutti concordano che i passanti sono “esseri umani”.
241
) Si cade altrimenti nel paradosso sofista come fai a dire che una cosa è
malvagia se non sai definire cosa sia il male ; il sofisma è riferibile anche a
quelli che ritengono di poter parlare di tributi solo dopo aver elaborato una
“nozione di tributo” valida a includere o escludere dal concetto qualsiasi
possibile fenomeno. Vedremo al par.4.3 i danni cerebrali provocati da questa
tendenza ispirata al perfezionismo formale delle scienze fisico-matematiche.

162 di 704
dubbi interpretativi spaziano quindi, secondo varie
sfumature intermedie, da soluzioni “certamente esatte” a
soluzioni altrettanto “certamente sbagliate”, passando
per soluzioni sbagliate, ma difese da argomenti
apprezzabili, a soluzioni corrette, ma con elementi di
dubbio.
Radici
dell’interpretazione
nella funzione
giurisdizionale:
suo contenuto
L'interpretazione, nata nella funzione giurisdizionale
con riferimento alle regole sostanziali (242), si è
diffusa in tutte le istituzioni giuridiche, anche non
giurisdizionali, dalla sicurezza, alla sanità,
all'ambiente, all'istruzione, fino alla determinazione
dei tributi 243.
L'interprete non può, visto il ruolo che riveste,
legittimare le proprie decisioni con propri ordini di
priorità e scale di valori. Egli deve invece utilizzare
"argomenti interpretativi", cioè riferimenti a fonti
esterne, come la legislazione, la giurisprudenza, altri
"materiali normativi" (244) ed infine principi e valori
da lui presentati come diffusi nella società; in
quest'ambito spaziano le scelte di quella che
potremmo chiamare "discrezionalità interpretativa";
in essa le istituzioni non possono esprimere una loro
preferenza valoriale (un loro potere di indirizzo),
riportandosi a scale di valori che esse affermano
esistenti nella società (245).

242
) Le regole sostanziali sono quelle che indicano i criteri di risoluzione di una
controversia, come indicato ai par.1.3, 2.1, 2.3.
243
) Sulle norme sostanziali tributarie, rilevanti per precisare i concetti
economici indicati al par. 1.8, vedi par.2.3.
244
) Sul concetto par.4.3. All'interno di questi materiali l'interprete
può trovare spunti letterali oppure di logicità, coerenze,
implicazioni concettuali, da cui desumere la solidità
comparativa delle varie ipotesi interpretative ipotizzabili.
245
Pur con questo vincolo, tuttavia, i margini di valutazione
possono essere notevoli

163 di 704
Interpretazione e
istituzioni non
giurisdizionali
Le istituzioni non giurisdizionali, tenute a svolgere
una funzione materiale nei termini di cui al par.1.3,
pur tenendo conto delle argomentazioni
interpretative suddette, devono anche considerare
la funzione pubblica rivestita; nella suddetta
dialettica tra argomenti interpretativi letterali e
sistematici, possono anche inserirsi gli obiettivi
istituzionali di cui le varie organizzazioni pubbliche
possono e devono farsi interpreti, sul piano degli
assetti sociali e politici. Alla suddetta comparazione
degli argomenti interpretativi, tipica della funzione
giurisdizionale, altre possono affiancare margini di
iniziativa su come perseguire l'interesse loro
affidato, il loro compito amministrativo;
l'interpretazione può cioè talvolta intrecciarsi con
valutazioni di opportunità, margini di discrezionalità
su come utilizzare le proprie risorse, di cui diremo al
par.5.10 a proposito della funzione tributaria.
Le varie
declinazioni
dell’interpretazione
funzionale
Il compito non giurisdizionale svolto dalle altre
istituzioni giuridiche apre le porte all'interpretazione
teleologicamente orientata dalla funzione pubblica
svolta, che in questi limiti può definirsi "di parte"; ciò
vale anche, in una misura ancora diversa, per
l'interpretazione dei privati. Anticipiamo dal
prossimo paragrafo che privati ed uffici tributari,
rispetto all'interpretazione della legislazione
tributaria sostanziale, non sono nella stessa
posizione di indipendenza del giudice, ma esposti
anche ad altre esigenze o condizionamenti personali,
aziendali o istituzionali; si pensi al risparmio di
imposta per i privati o al “risultato di servizio”
rilevante ai fini dell'immagine delle istituzioni, come
vedremo al par. 5.3.

164 di 704
L’interpretazione
funzionale alla
determinazione
della ricchezza
Prima di vedere, al prossimo paragrafo, in quale
misura ciò influenzi l'interpretazione, rispetto a
quella del giudice, dobbiamo riferire l'interpretazione
alla determinazione dei tributi. Tale determinazione
passa attraverso quella delle manifestazioni di
ricchezza cui le imposte si riferiscono; questa
funzione sussiste anche quando l'interpretazione
riguarda termini civilistici, sempre più frequenti nella
documentazione aziendale, come “vendita”,
«mutuo», «proprietà», «socio», diritto reale,
«locazione»,”risarcimento del danno”, ecc246..
Rapporti e concetti del diritto civile o di altri settori
giuridici (anche di diritto dei poteri pubblici247),
regolati ai fini contrattuali “inter partes”, diventano
strumenti per precisare i concetti economici rilevanti
ai fini della determinazione tributaristica della
ricchezza (248).
Permanenza dei
limiti
dell’interprete

246
Si pensi agli accordi contrattuali di ogni genere, ai bilanci
aziendali, ai concetti del diritto amministrativo generale, delle
sovvenzioni pubbliche, delle disposizioni regolatorie, in materia
di comunicazioni, trasporti, energia, sanità, istruzione,
commercio internazionale e via enumerando. Gli atti di
autonomia contrattuale diventano quindi "materiali da
costruzione" per determinare il tributo, secondo la digressione
degli atti in fatti, teorizzata da Massimo Severo Giannini nel Manuale
di diritto amministrativo, Giuffrè 1970, I, pag.521, con esempi di diritto
tributario a pag.522, corrispondenti a quelli svolti in questa sede.
247
Quanto precede vale, ripetiamo, non solo per i
termini civilistici, ma per tutti i termini estratti da
altri contesti giuridico-economici e collocati nella
legislazione tributaria.
248
Da elementi di autonomia negoziale, cioè “atti di volontà”,
diventano elementi di una fattispecie economica rilevante, per
il diritto tributario, ai fini della determinazione della ricchezza e
quindi delle imposte.

165 di 704
contro tassazioni in
via ermeneutica
Il significato civilistico dei termini resta rilevante
anche ai fini della determinazione dei tributi, ma non
è determinante e deve essere ri-contestualizzato 249.
Siamo pur sempre di fronte a una interpretazione
"giuridica", perché anche la determinazione dei
tributi è tale, ma avviene in funzione della
specificazione dei concetti economici indicati sopra,
in conformità della "ratio" dei rispettivi tributi250.
Questo riposizionamento dei concetti in una diversa
funzione di determinazione di concetti economici,
rispetto ai contesti di provenienza, deve ovviamente
mantenersi nei margini di valutazione dell'interprete
(251), senza estemporanee tassazioni in via
interpretativa 252.
Margini per
l’interpretazione
analogica

249
Cambiando contesto, le espressioni possono cambiare
significato, anche se quello di provenienza è sempre un utile
punto di riferimento. Vanno pertanto contestualizzate a questi
fini le affermazioni della dottrina e la giurisprudenza civilistica,
o comunque extratributaria, che originariamente, nella loro
sede propria, si pongono sotto profili del tutto diversi da quelli
della determinazione della ricchezza ai fini tributari.
250
) Denominata decenni or sono “interpretazione funzionale”, anche se tutta
l’interpretazione è a ben vedere “funzionale”. Non si tratta di eccezioni o
di particolarità del diritto tributario, ma semplicemente del
principio generale del diritto, e della logica del discorso,
secondo cui il diverso contesto d'uso influenza l’interpretazione
dei termini linguistici.
251
Che non si dilatano certo per le possibilità di
interpretazione "di parte" descritte al prossimo
paragrafo.
252
) Se ad esempio appare chiaro che il legislatore ha inteso escludere certi
fenomeni dalla tassazione per la difficoltà di determinarli in modo sistematico e
univoco, la contingente disponibilità di informazioni, in un singolo caso, non ne
giustifica una tassazione; la scelta legislativa è infatti quella di “non tassare
nessuno”, e non deve essere scavalcata, anche quando in concreto mancano le
difficoltà che giustificano la scelta legislativa.

166 di 704
Quanto precede sdrammatizza la questione
dell'interpretazione analogica, categoria generale
necessaria quando esistono «lacune», cioè è
impossibile «risolvere una controversia facendo
riferimento a una specifica disposizione di legge»
(art. 12 preleggi). Quando si tratta di «norme
impositrici», sull’imponibilità o meno di un certo
fenomeno, l’intassabilità è automatica, senza
possibilità delle suddette integrazioni
economicistico-funzionali; queste ultime servono
infatti casomai ad "evitare la lacuna", non a colmarla
una volta esistente. Se una certa manifestazione di
ricchezza non è tassata, non esiste alcuna lacuna da
colmare sul piano giuridico, in quanto la questione è
già risolta per la non tassabilità253.
Quando invece qualcosa è tassato, ma ci sono
lacune sulle modalità della tassazione, come pure
sulle relative procedure, l’analogia non trova
ostacoli di sorta, sempre secondo i principi generali
del diritto, cui la determinazione dei tributi e della
ricchezza non pongono ostacoli.

3.10. Segue: inquadramento giuridico in funzione della


convenienza tributaria, “evasione interpretativa ed
elusione” come comportamenti aziendali e “diversivi
istituzionali” (rinvio)
Autotassazione e
interpretazione dei
contribuenti
E' del tutto normale che i contribuenti, chiamati
ad inquadrare giuridicamente la ricchezza,
come indicato al paragrafo precedente,
propendano per l'interpretazione meno
onerosa. Non solo la convenienza tributaria
I principi generali sull’analogia sono quindi sufficienti ad
253

escludere la sua utilizzabilità per tassare fenomeni che non lo


sono

167 di 704
influenza la qualificazione giuridica a posteriori
della ricchezza, ma induce a costruire ex ante le
proprie pattuizioni negoziali anche in funzione
dei regimi giuridici applicabili254.
Errori
interpretativi
Qualche volta il regime giuridico applicato dal
contribuente viene contestato dagli uffici tributari
anche quando nel suo complesso è sostanzialmente
innocuo, per via delle "simmetrie" indicate al
par.3.12 , per cui sostanzialmente l'onere fiscale non
cambia255; anche per questo, nella sostanziale
indifferenza dell'onere tributario, nelle aziende può
aversi disattenzione e trascuratezza per questioni
viste come irrilevanti; tuttavia vedremo al par.5.18
alcuni esempi di queste contestazioni inutili, anche
se spesso pesanti, indicando i motivi di
rendicontazione statistica cui esse sono ispirate.
Confronti
interpretativi a
ragion veduta
Quando esiste una differenza di sostanza nel regime
fiscale, anche qui considerato in tutti i suoi aspetti
soggettivi e temporali256, l'inquadramento giuridico è
adottato a ragion veduta; spesso sono effettuati

254
) Si pone cioè in essere un certo tipo di contratto, anziché un altro, o una
certa modalità o tempistica della sua realizzazione, anche in funzione di
determinati regimi giuridico-tributari. Si tratta di un comportamento
previsionale comune a tutti i settori del diritto, e che in una certa misura
riguarda tutte le clausole contrattuali, le pattuizioni societarie, gli accordi di
fornitura, etc..
255
) In quanto, per via delle “simmetrie” indicate al par.3.12, al minore
imponibile di un’entità fiscale se ne accompagna uno maggiore per un’altra,
con una sostanziale compensazione di vantaggi e svantaggi fiscali, com’è
normale avvenga nelle operazioni intermedie tra operatori economici, a parità
di aliquote d’imposta. La convenienza tributaria sussiste invece quando c’è
asimmetria di aliquote, presupposto per gli arbitraggi di cui al suddetto
par.3.12.
256
) Valutando cioè l’onere tributario su tutti i vari soggetti coinvolti, e in tutte
le varie fasi temporali che si sono susseguite o potranno aversi in futuro, come
indicato al par.3.12.

168 di 704
appositi studi, in cui si confrontano le diverse
interpretazioni, letterali e sistematiche, ipotizzabili
sul punto, come pure i profili di vantaggio o
penalizzazione tributaria, che spesso coesistono e
ciascuna soluzione si porta dietro. In senso ampio si
tratta di pianificazioni tributarie, quale che sia il
relativo risultato, cioè anche quando lo studio porta
a seguire il regime tributario più oneroso. dove
l'organizzazione aziendale si chiede, in anticipo,
quale sia In entrambi i casi suddetti funzione di un
inquadramento giuridico-tributario più conveniente.
Corretta
rappresentazione
della realtà
materiale
L'elemento comune a tutte le ipotesi suddette è la
fedele rappresentazione della realtà materiale o
economica, anche quando posta in essere, come
indicato sopra, con un obiettivo di convenienza
tributaria257.
Un comportamento
legittimo in
generale
La ricerca del più conveniente inquadramento
normativo dei propri comportamenti passati, o di
quelli futuri, ancora da compiere, è del resto
legittimo per tutti, a partire dalle persone fisiche che
pianificano la destinazione del proprio patrimonio,
per se stessi, per i discendenti o per una qualche
nobile causa, ideologica o religiosa.
E doveroso per i
funzionari
aziendali
Per i dirigenti e funzionari aziendali si tratta di
comportamenti addirittura doverosi; mentre
nascondere ricchezza al fisco viola la trasparenza
aziendale, generando i sospetti di cui al par.3.7-3.8,
cercare la qualificazione giuridica più opportuna,
257
) Costruendo cioè il fatto materiale, di cui ai fini tributari fanno parte anche
gli accordi civilistici, in funzione dell’inquadramento giuridico che si riteneva
in questo modo applicabile.

169 di 704
considerando anche l'onere tributario, esprime
fedeltà all'organizzazioneed efficienza.
Correttezza delle
contestazioni
interpretative
Benchè questi comportamenti non comportino
alcuna rappresentazione alterata delle realtà
materiali e economiche sottostanti, e siano per
questo meno insidiosi della ricchezza non registrata,
è doveroso per gli uffici tributari contestarli; è quindi
del tutto legittimo, come avviene in tutti i paesi
esteri, che gli uffici tributari richiedano maggiori
imposte, ed eventualmente sanzioni (258).
eccessiva
attenzione rispetto
alla ricchezza non
registrata

Il problema è casomai che le contestazioni


interpretative sono usate per "fare risultato di
servizio", da mostrare ad una pubblica opinione nelle
condizioni di cui al capitolo 4, cioè senza una
spiegazione d'insieme sulla determinazione dei
tributi. I dati sull'evasione ( par. 4.1), nonché il
comune buonsenso, organizzato nelle riflessioni
svolte sopra, indicano che il problema della
determinazione dei tributi in Italia non è
l'inquadramento giuridico della ricchezza
registrata, ma quella non dichiarata in quanto
occultata.
Contestazioni
interpretative come
diversivo
Siccome però la ricchezza non registrata è difficile
e imbarazzante da valutare, le contestazioni
interpretative diventano un facile diversivo per
un risultato di servizio di “maggiore imposta
accertata”. Si dimentica che questa maggiore
imposta accertata non deriva da ricchezza non
registrata, scoperta da quelli che la stampa continua
258
) Anche se sulle sanzioni connesse a questioni interpretative

170 di 704
a chiamare gli 007 del fisco, né da funzionari che più
banalmente stimano per ordine di grandezza ricavi
di piccoli commercianti o artigiani. Le contestazioni
interpretative, facili proprio in quanto su realtà
visibili, fanno quindi passare in secondo piano il
problema vero, cioè la ricchezza non registrata.
Queste convenienze accertative derivano anche
dalla riportabilità alla legge di queste violazioni, che
consentono di non esporsi in controverse valutazioni
per ordine di grandezza (par.5.9).
Le esagerazioni
Questa convenienza finisce per condurre a forzature
interpretative, in un'attività che , già di suo, come
quella dei contribuenti, è al massimo imparziale, ma
non indipendente; se l'interpretazione di parte dei
contribuenti (par.3.9) vede con simpatia il risparmio
di imposta, quella degli uffici tende a massimizzare
il risultato di servizio e quindi l'immagine
istituzionale di cui al par. 5.3.. E' quindi
abbastanza normale, senza una spiegazione di
insieme della determinazione dei tributi, che i
margini di discrezionalità interpretativa siano
utilizzati dagli uffici tributari in modo fiscalistico, cioè
con misto di formalismo, di pignoleria e di
tendenziosità, dirette ad aggravare il regime
tributario rispetto a quello ragionevole rispetto ad
interpretazioni logico-sistematiche259.
La componente
interpretativa
dell’elusione

259
Per questo ci si accanisce anche sui suddetti meri
errori che non comportano alcuna convenienza
tributaria, né perdita di gettito erariale, perché il
pagamento delle imposte è stato addirittura
anticipato, come vedremo al par. 7.12 per le
questioni di imputazione a periodo, oppure perché
l'onere tributario è ricaduto su altri, secondo le
simmetrie indicate al 3.12.

171 di 704
Tra queste contestazioni interpretative, di puro
diritto, spiccano quelle sull’“elusione fiscale”, dove
le regole sono rispettate nella forma, ma ne è
violato lo spirito; l'elusione rientra nella figura
generale della frode alla legge o dell’abuso del
diritto, espressioni che in questa sede possiamo
considerare analoghe; sotto entrambi i punti di vista
viene rispettata la lettera della legge, ma si usano
scappatoie giuridiche, contrarie al suo spirito,
che quindi ne vanificano la portata. E' abbastanza
chiara, in questo caso, la già rilevata costruzione
della realtà materiale, civilistica ed economica in
funzione del vantaggio tributario che si vuole
acquisire260. L’etimologia dell’elusione (da "ludus"-
gioco) è proprio quella di “prendersi gioco” dello
spirito del sistema. Con l'elusione il contribuente
"abusa del diritto” , indicato all'inizio del
paragrafo, di organizzare i propri affari anche
scegliendo le soluzioni tributariamente più
convenienti tra quelle disponibili .
Dalla
pianificazione
fiscale all’elusione
La scelta del regime fiscale più conveniente, in linea
di principio pienamente legittima, degenera
in elusione quando tradisce lo “spirito del sistema”,
spesso profittando delle simmetrie e delle
correlazioni tra regimi fiscali, di soggetti diversi, e di
periodi diversi, che
caratterizzano la tassazione attraverso le aziende.
il fantomatico
dovere di pagare
sempre più imposte
Nella confusione generale, indotta dalla mancanza di
spiegazioni di insieme della determinazione dei
tributi, anche le contestazioni antielusive sono usate
260
) Come abbiamo indicato all’inizio del paragrafo, nell’elusione il “fatto”
viene costruito in un certo modo in funzione di un regime giuridico che si vuole
rendergli applicabile. Questo sarebbe del tutto normale, se non fosse che il
vantaggio fiscale ottenuto è indebito sul piano sistematico.

172 di 704
come diversivo, al pari delle contestazioni
interpretative cui in generale appartengono;
vedremo ai par.5.17 ss. in quale misura gli uffici
tendano a fare risultato di servizio sulle
contestazioni interpretative alle aziende, con
largo uso di contestazioni di elusività. Dopo alcune
sentenze della cassazione del 2008, le operazioni
elusive sono oggi rapidamente diminuite, se non
scomparse; tuttavia gli uffici cercano di contestare
elusioni anche dove ci sono, per i motivi suddetti, e
mentre l'evasione dilaga; si arriva alle forzature
interpretative come quella sopra indicata, secondo
cui sarebbero abusive tutte le soluzioni che non
comportano in concreto il maggior carico tributario
possibile.
L’equivoco
dell’artificiosità
giuridica
Nelle aziende si è anche sparso un clima di grande
incertezza del diritto, anche per operazioni
pienamente conformi alla logica dei rispettivi
sottosistemi tributari. Le contestazioni del fisco,
tendenti a considerare elusivi comportamenti
assolutamente "di sistema", giocano spesso sul
concetto di artificiosità, che suona affine a quello di
"falsità". Nell'elusione invece l'artificio è
"giuridico", senza la falsità materiale o ideologica
spesso accompagnata al concetto di artificiosità.
L’equivoco delle
ragioni
economiche
Le contestazioni antielusive stanno diventando uno
specchio di quella gigantesca perdita di tempo in cui
si è trasformata, per la mancanza di spiegazioni
d'insieme261, la funzione tributaria. Ormai si fanno
strada contestazioni grossolane, ispirate allo
stravagante presupposto secondo cui il
contribuente dovrebbe scegliere sempre il regime

261
) Su cui ampiamente capitolo 4.

173 di 704
tributario più oneroso, a meno di avere validi
motivi per sceglierne uno più conveniente. Questi
motivi sarebbero le «valide ragioni economiche» ,
a rigore una esimente, introdotta come ulteriore
salvaguardia per il contribuente; essa viene invece
grossolanamente inserita in improvvisate scorciatoie
argomentative dove diventa elusivo tutto quello che
dà l’impressione di non avere valide ragioni
economiche alle spalle; la contestazione può essere
volgarizzata in un fantomatico obbligo di
assoggettarsi sempre al trattamento tributario più
oneroso, salvo disporre di una valida ragione
economica per usarne uno più conveniente 262.
Legittimità dell’uso
di regimi fiscali
diversi
Nessuna violazione dello spirito del sistema è invece
configurabile per la scelta delle possibilità strutturali
e fisiologiche offerte dalla legislazione, tutte
collocate su un
piano di pari dignità sistematica, come strumenti
di determinazione dei tributi attraverso la ricchezza.
Ad esempio, se la legge vuole che un bene venga
detenuto per un certo periodo di tempo per
maturare un regime fiscale vantaggioso, venderlo un
attimo dopo, anche se è stato fatto per motivi fiscali,
non aggira la “ratio legis”, ma la rispetta sia nella
forma sia nella sostanza.
riferimento
dell’elusione ai
principi

262
Quest'esagerata, e irragionevole, importanza delle ragioni
economiche, comporta divagazioni anche da parte dei
contribuenti che invece di impostare il discorso sulla legittimità
sistematica, che presuppone una certa capacità di
ragionamento sulla determinazione dei tributi, divagano sulle
ragioni economiche. Queste ultime sono anche l'ultimo appiglio
per difendere comportamenti oggettivamente contrari alla
logica del sistema.

174 di 704
Si elude quindi un principio del sistema, non
nessariamente espresso da specifiche disposizioni,
più che una singola disposizione legislativa.
L'elusività va poi stabilita considerando gli impatti
su altri periodi di imposta e su altri contribuenti, che
possono controbilanciare, e ricondurre a sistema,
secondo i principi di continuità e simmetria di cui al
par.3.12, quello che sembrerebbe un vantaggio
fiscale, se considerato isolatamente (ed è invece
controbilanciato da corrispondenti oneri tributari,
passati o futuri).
Necessità di
valutazione
comparativa
Per decidere se la pianificazione tributaria sia lecita,
ovvero contraria alla logica del sistema (che viene
"aggirato") occorre una attenta valutazione
comparativa dei principi di settore; cioè del modo
in cui un segmento della determinazione dei tributi
contempera precisione, semplicità, cautela fiscale,
certezza dei rapporti, e tutti gli altri profili indicati al
par.1.2.
Di “ratio legis” può parlarsi solo in quanto ci sia una
“ratio”; quest’ultima consiste nella determinazione
della ricchezza, con tutti i compromessi che essa
comporta, tra precisione, semplicità, cautela fiscale,
certezza, continuità, effettività, e vari altri valori
ancora autonomi dal “gettito”. Le disposizioni
generali antielusive, come quella esistente in
Italia263, richiedono quindi una grande sensibilità,
visione d'insieme, e padronanza nell’estrarre
principi di determinazione della ricchezza; a questo
scopo occorre valorizzare lo spirito di ad alcuni
microsistemi, come il coordinamento impositivo
società soci (par.7.17), la neutralità delle societarie

263
) Si trattava dell’articolo 37 bis del decreto sull’accertamento delle imposte
sui redditi, poi riformulato e collocato nello statuto del contribuente.

175 di 704
(par.7.20), la continuità dei valori fiscali (par.7.13)
etc.
Norme con finalità
antielusive e loro
disapplicazione
Tutti i paesi usano, accanto a queste clausole
antielusive, ordinarie disposizioni di diritto tributario
sostanziale (par.2.3) con finalità antielusive sulla
determinazione della ricchezza264. Si tratta di
disposizioni ordinarie, che potrebbero scattare anche
in casi in cui manca qualsiasi sospetto di elusività. In
questo caso il contribuente può chiedere la
disapplicazione di disposizioni con finalità
antielusiva, provando che nel caso di specie non ne
sussiste la “ratio”; è una disposizione “di simmetria”
in cui è il contribuente a far valere lo spirito di una
disposizione contro il suo tenore letterale.

3.11. Ricchezza non registrata, contestazioni


interpretative e “monitoraggio fiscale” nei rapporti
internazionali

Territorialità dei
controlli
La matrice amministrativa del diritto tributario
spiega la difficoltà di effettuare all'estero i controlli
tributari265, come vedremo anche al par.5.6266. In un
contesto economico globalizzato è difficile far
seguire alla liberalizzazione degli scambi anche una
264
) Si pensi alle disposizioni sul coordinamento tra tassazione di soci e società
(par.7.17), sulla deduzione degli interessi passivi (par.7.10), oppure limitatrici
del riporto delle perdite in caso di fusione o altre operatorio straordinarie
(par.7.20).
265
) Essi sono infatti espressioni di pubblico potere, tendenzialmente esclusivo
all’interno del territorio di uno stato.
266
) In tale sede vedremo anche la possibilità materiale di svolgere all’estero
indagini senza esercizio di poteri autoritativi.

176 di 704
analoga circolazione internazionale dei
controlli. Ripetiamo infatti che questi ultimi non
sono attività economiche, ma espressioni di un
pubblico potere, collegato al territorio, e sostituito
da quello di un altro stato non appena si varca il
confine.

L’estero come
rifugio delle
somme evase
L'estero è quindi, da sempre, un luogo di rifugio
rispetto ai poteri autoritativi degli stati, anche in
materia tributaria, il che non è collegato all'uso di
"paradisi fiscali" , ma alla normale tendenza degli
stati a proteggere chi sfugge a pubblici poteri che
non siano i loro267.
In questa prima accezione l'“evasione" diventa
internazionale” anche se commessa in Italia,
portando però successivamente all'estero la
ricchezza non registrata, non immediatamente
consumata e quindi materialmente depositata in
uno stato diverso; lo scopo è sottrarla al paese dove
si svolge l’attività del titolare, e che avrebbe titolo
per tassarlo268; si tratta semplicemente di una “base
estera” per la detenzione di capitali costituiti con
redditi evasi. E' ingenua e folcloristica, insomma,
l'immagine dell'evasore fiscale italiano che "porta
all'estero", magari nel doppio fondo del bagagliaio
della macchina, valigette di banconote (269). Il
lavoratore indipendente o il titolare di piccole
organizzazioni (par.3.13 e 4.2) che nascondono
267
Il trasferimento all’estero della ricchezza evasa in un altro paese è gradito al
paese in cui viene trasferita. Quest’ultimo ha i poteri, ma non ha subìto
l’evasione, mentre il paese che l’ha subita non ha i poteri per inseguire
all’estero i propri contribuenti. Sullo sfondo di questa “non collaborazione
fiscale tra stati”, si innestano gli accordi per l’assistenza in materia tributaria.
268
) Mentre nessun paese tasserà mai come reddito somme evase a carico di un
altro paese.
269
come ancora sensazionalisticamente mostrano i servizi di
tanti talk show.

177 di 704
incassi al consumo finale270, di solito spendono le
relative risorse per un tenore di vita agiato (271), ma
non le portano in Svizzera con la valigetta.
Titolari di fondi
esteri
I detentori di capitali esteri sono ormai gli eredi del
capitalismo familiare di 40/50 anni fa272 , nonché i
beneficiari delle "evasioni effettuate attraverso le
aziende", nei modi indicati al termine di questo
paragrafo e al par.3.7, dove la ricchezza "si forma
all'estero" in contropartita di costi dedotti in Italia,
per somme inviate all'estero secondo i canali
bancari, a fronte di fatture apparentemente regolari.
L’equivoco del
monitoraggio
fiscale
Su questo sfondo si colloca l'equivoco del c.d.
“monitoraggio fiscale”, riguardante l'evasione
fiscale "del frutto" mentre l'evasione internazionale
sopra descritta riguarda il capitale investito, a sua
volta derivante da redditi evasi. Con l'abbandono
delle restrizioni valutarie con l'estero in nome
della libertà europea di circolazione dei capitali,
si temeva che i titolari di patrimoni finanziari li
trasferissero in paesi che non ne tassavano i
frutti, e quindi si obbligarono i titolari sotto pena
di pesanti e pasticciate sanzioni, ad evidenziare gli
investimenti patrimoniali esteri, in modo da
contrastare l'evasione dei redditi finanziari. Questo
adempimento è però diventato presto un
confusionario simbolo di lotta all'evasione fiscale
internazionale "del capitale", per la quale
servirebbero indagini bancarie estere (par.5.16),
oggi possibili solo con richieste nominative ai paesi

270
) Numericamente sono costoro che alimentano le statistiche della
ricchezza non registrata, come vedremo al par.4.1.
271
) Paragrafo 4.2 sul concetto di “evasione di (agiata) sopravvivenza”.
272
Quando "i padroni" temevano l'avvento di imprecisati
"comunisti" (nessuno è profeta in patria).

178 di 704
stranieri (273). Il successo di possibili scambi
automatici di informazioni tra fisco italiano e
banche estere, su un modello introdotto negli USA274,
è ancora tutto da verificare; al paragrafo 5.20,
dedicato ai "condoni" esamineremo i vari scudi
fiscali e misure analoghe in proposito.

Addebiti di società
estere che creano
costi deducibilii
Qui parliamo invece di evasione "internazionale" nei
suoi risvolti di ricchezza non registrata applicata alla
fiscalità aziendale. La ricchezza "tolta da sopra" o
"da sotto" si avvale qui di controparti estere; si
usano cioè società estere per addebitare costi
deducibili, o per attrarre ricavi altrimenti imponibili,
distraendoli dallo stato dove sono
economicamente generati. In questo caso la
ricchezza non viene "portata all'estero" dopo
l'evasione, ma si forma direttamente all'estero
quando viene evasa, a fronte di costi fittizi o
gonfiati. Il caso principale riguarda varie forme di
interposizione di società estere, di diritto o di fatto
riconducibili al titolare dell’azienda italiana
controparte, sulle quali canalizzare parte dei profitti.
controparti estere
falsamente
indipendenti
Le controparti estere sono infatti tendenzialmente
fuori dalla sfera delle indagini tributarie del fisco
italiano; quest'ultimo ha intuitive difficoltà nel
valutare se il fornitore estero ha una consistenza
patrimoniale adeguata, ed è l'effettivo produttore
dei beni o dei servizi acquistati, ovvero aumenta i
corrispettivi in modo da retrocederne una parte ai
titolari dell'azienda acquirente275. Lo stesso può
verificarsi, con una società estera facente
273
Ovviamente impraticabili su larga scala.
274
) C.d. “FATCA”, dove chiunque apra un conto bancario deve dichiarare se
sia o meno cittadino americano.

179 di 704
economicamente capo, sempre di nascosto,
all'imprenditore, per la sottofatturazione delle
vendite276. Solo quando il rapporto intragruppo è
palese scattano i controlli sul "valore normale", di
cui al par. 7.19277.
Le operazioni con controparti formalmente
indipendenti sono fronteggiabili solo presumendo
l'interposizione con indagini personalizzate e di
buonsenso, che però sono imbarazzanti, come
indicato al par. 3.7.
I costi black list
E' stata tentata una azione di contrasto in via
legislativa, attraverso l'art. 110 del tuir, secondo cui
i costi verso fornitori residenti in paesi a bassa
fiscalità sono deducibili a
condizioni più rigorose. Questa disposizione
“antievasiva” presuppone sia il suddetto rischio di
“ristorni in nero”, rafforzando però anche il controllo
dei rapporti infragruppo;
la disposizione richiede una attenta analisi del ruolo
economico-tributario dell’entità estera, che
potrebbe essere stata interposta dal fornitore
effettivo ad un acquirente che le è totalmente
estraneo, come vedremo anche al par. 7.19278.

275
) E’ il fenomeno della fittizia sovrafatturazione degli acquisti, che in genere
si tende ad effettuare con società estere facenti capo, nell’ombra, al titolare
dell’azienda italiana acquirente. Si pensi alla costituzione, tramite
fiduciari del titolare della società italiana, di una società
estera con cui tratteranno i fornitori esteri, dalla quale
acquisterà l'azienda italiana. Le somme accumulate nella
società estera interposta sono poi a disposizione del titolare o
di chi per lui.
276
) Questa sarebbero sottofatturate rispetto al prezzo concordato con
l’acquirente finale, che riceverebbe fattura dalla società estera interposta.
277
In tale sede tratteremo anche altre questioni interpretative
come esterovestizione, stabili organizzazioni c.d. “occulte” e
altre contestazioni valutative o interpretative senza
rappresentazioni fattuali alterate.
278
) Dove parleremo, come già indicato, del c.d. “transfer pricing” infragruppo.

180 di 704
delocalizzazioni di
funzioni ad alta
redditività
C’è però anche una versione internazionale
dell’“evasione interpretativa”, effettuata
"delocalizzando" , in paesi a bassa pressione
fiscale, funzioni aziendali ad alto valore aggiunto;
in questo modo la relativa tassazione si sposta
nelle nazioni di residenza279.

3.12. Riepilogo: ricchezza non registrata e contestazioni


interpretative nelle simmetrie della tassazione attraverso
le aziende
Indizi di evasione,
anche nelle piccole
organizzazioni
Le modalità di evasione, indicate ai paragrafi
precedenti, presentano notevoli variazioni sul tema;
la più semplice è la mancata registrazione dei ricavi,
facile per i lavoratori indipendenti al consumo finale
e di cui diremo ampiamente ai paragrafi 3.13-3.15. Il
lavoratore indipendente tenderà a occultare anche i
costi, in modo che essi non siano indizi dei ricavi non
registrati, evitando incoerenti registrazioni di merci
di cui non si vedono utilizzi diversi dal
conseguimento di ricavi 280.Le esigenze di controllo
interno di organizzazioni pluripersonali, anche
piccole, rendono difficile questa coerenza
nell'occultamento dei ricavi e dei costi, col rischio

279
) Quote di valore aggiunto vengono quindi sottratte all’imposizione tributaria
italiana, e spostate in quella estera.
280
) Il pasticcere, tanto per riprendere un esempio che utilizzo spesso (vedi il
post Nulla contro i pasticceri, sono solo l’esempio migliore in
www.giustiziafiscale.com ) acquisterà materie prime come privato, magari al
supermercato, per produrre pasticcini da vendere “in nero” (par.3.13 -3.14). Se
invece la farina e lo zucchero fossero acquistati “in bianco” qualsiasi
verificatore potrebbe presumere un proporzionale importo di merci prodotte e
vendute, come vedremo al par.5.13 sulle percentuali di ricarico e le presunzioni
basate sulla resa delle materie prime.

181 di 704
che l'eccesso dei secondi faccia presumere
l'occultamento parziale dei primi281.
Squilibri indotti da
costi non gravati di
IVA (personale,
interessi etc.)
Il bilanciamento tra elementi positivi e negativi di
reddito porta ad un aggravio di IVA, in quanto alcuni
costi non sono accompagnati da IVA detraibile, come
salari, interessi, locazioni passive verso privati.
Questo spinge a cercare l'equilbirio evidenziando
soprattutto ricavi verso altri operatori economici282,
business to business, dove la controparte
recupera (detrae) l'IVA che sarebbe invece un costo
secco per i clienti consumatori finali283.
evasione da costi
in presenza di
ricavi registrati
All'interno della filiera produttiva e distributiva, cioè
tra operatori economici, oppure quando l'acquirente
finale (ad esempio ente pubblico) pretende la
regolarità fiscale del pagamento284, l'evasione è
281
In questa misura ha senso l'aforisma secondo cui "le tasse
si pagano sui costi", nel senso che i costi impossibili da
nascondere (compensi agli addetti, locazioni, utenze, materie
prime visibili) obbligano a una qualche minima coerenza tra
ricavi e costi.
282
) Nel caso di clienti consumatori finali l’IVA crea infatti il “cuneo fiscale” ,
indicato al par.3.8, tra costo del cliente e ricavo del fornitore.
283
) Vedremo infatti al par.5.13 che lo squilibrio tra ricavi verso
consumatori finali e operatori economici , rispetto alla normale
distribuzione dei clienti, è un indice di ricchezza non registrata
verso i primi. E’ accaduto persino che fossero state registrate “ai soli fini
IVA” fatture fittizie, che poi venivano stornate ai fini del bilancio; veniva così
azzerato il debito ai fini iva, mentre l’equilibrio ricavi-costi era garantito, anche
senza queste fatture, da costi “fuori IVA”, come appunto lavoro dipendente,
interessi passivi, locazioni da privati etc.. Altri indizi di ricavi non
registrati consistono in un inverosimile prevalenza di ricavi
incassati con moneta elettronica o assegni, in contesti in cui
circola abitualmente il contante.
284
) Costringendo così il suo fornitore a registrare il corrispondente ricavo,
incassando “in bianco”, e ad esempio emettendo fattura. Una volta emessa la
fattura, può anche accadere che il fornitore non la registri, ma occorre molta

182 di 704
diversa dal semplice occultamento delle operazioni
attive; chi dichiara integralmente i ricavi può
evadere solo sui costi e quindi non solo pretenderà
la documentazione dei costi effettivi285, ma cercherà
costi fittizi,. Una volta che i ricavi siano registrati
l'espediente più diffuso è quindi la registrazione di
costi fittizi, o con corrispettivo esagerato, e in parte
retrocesso al soggetto che, in apparenza, lo paga.

Evasione e senza
sottrazione di
risorse all’azienda
Le mancate registrazioni di ricavi, i costi fittizi,
persino l'attribuzione all'azienda di spese personali286
comportano la sottrazione di risorse finanziarie a
beneficio dell'imprenditore o dei soci287.
L’evasione come
arbitraggio
In molti dei casi suddetti si crea un "arbitraggio" nel
senso ampio di asimmetria tra 1) ricavi occultati e
costi dedotti oppure 2 ) costi fittizi dedotti a fronte di
ricavi registrati. E' un arbitraggio anche la deduzione
da ricavi imprenditoriali, o professionali, di spese
personali che con essi non hanno a che fare (costi
"non inerenti" par.7.9). Non è invece un arbitraggio
l'occultamento di ricavi senza costi, oppure il
proporzionale occultamento di ricavi e di costi,
entrambi descritti sopra.
Contestazioni
interpretative e
arbitraggi

spregiudicatezza per avventurarsi in questi comportamenti.


285
Se infatti quest'operatore economico sostiene un "costo
nero", senza documentazione di supporto, registrando invece
interamente i relativi ricavi, si espone alla tassazione di
ricchezza non effettivamente realizzata.
286
) Non inerenti , estranee all’attività imprenditoriale, e quindi non deducibili,
come vedremo al par.7.9.
287
) Oppure dei terzi “impossibilitati a comparire”, che hanno facilitato
l’azienda nei modi , spesso illeciti (corruzione), indicati al par.3.8.

183 di 704
Ritroviamo gli arbitraggi anche per molte evasioni
fiscali di carattere "interpretativo", come definite al
par.3.9. l'applicazione dirette cioè all'applicazione di
disposizioni cioè per fruizione di regimi giuridici
Queste sottrazioni di risorse (288)mancano invece per
le violazioni interpretative, in cui non si nasconde
una realtà occulta, manipolando invece la realtà
effettiva in funzione di convenienza tributaria. Si
abbatte ad esempio il carico tributario con le
operazioni asimmetriche (arbitraggi) di cui al
par.7.10, in cui si riesce a dedurre costi effettivi a
fronte di ricavi anch'essi effettivi, ma fiscalmente
esenti, o al limite soggetti ad aliquota inferiore. Lo
stesso per i "prezzi di trasferimento di cui al
par.7.19, per la tassazione forfettaria o agevolata di
determinati ricavi, per le asimmetrie connesse al
coordinamento impositivo tra società e soci
(par.7.17). In tutti questi casi la contropartita
patrimoniale dell'evasione interpretativa resta in
azienda e spesso emerge in anni successivi oppure
in capo a soggetti diversi.
Simmetrie tra
tempi e
contribuenti diversi
Per rendersene conto basta tener presenti le
correlazioni tra contribuenti diversi, come
fornitori e clienti, nonché tra periodi di imposta
diversi; sono coerenze economiche importanti a fini
interpretativi, che ritroveremo in molti paragrafi
della seconda parte del testo 289 ; non si tratta di
Dette anche "fondi neri" quando le risorse restano nella
288

disponibilità dell'azienda per operazioni "sotto copertura" a


partire dalle corruzioni e assimilate.
289
) Si vedano i paragrafi. 7.9, 7.12, 7.13, 7.17, 7.19, 7.20 , sul
regime dei beni di impresa, le sue continuità e
discontinuità, il coordinamento tra tassazione di
società e soci,la neutralità dell’IVA rispetto al
consumo, l’imputazione a periodo, gli aspetti fiscali
delle valutazioni di fine esercizio, le operazioni

184 di 704
contingenti disposizioni legislative, ma di punti di
emersione degli intrecci logici tra costi, ricavi,
investimenti, patrimonio e consumi; questi intrecci
sono chiaramente presupposti, e non possono non
esserlo, dalle disposizioni normative di cui si
occupano i paragrafi sopra citati, e da tante altre,
soprattutto nella seconda parte del testo.
Le correlazioni
intersoggettive e
intertemporali
Il significato civilistico dei termini resta rilevante
anche ai fini della determinazione dei tributi, ma non
è determinante e deve essere ri-contestualizzato 290.
Siamo pur sempre di fronte a una interpretazione
"giuridica", perché anche la determinazione dei
tributi è tale, ma avviene in funzione della
specificazione dei concetti economici indicati sopra,
in conformità della "ratio" dei rispettivi tributi291.
Gli argomenti interpretativi derivanti dal contesto
civilistico di provenienza vanno quindi funzionalizzati
alla determinazione dei tributi, restando nei margini

straordinarie, la tassazione internazionale, tutti


argomenti trattati al capitolo settimo.
290
Cambiando contesto, le espressioni possono cambiare
significato, anche se quello di provenienza è sempre un utile
punto di riferimento. Vanno pertanto contestualizzate a questi
fini le affermazioni della dottrina e la giurisprudenza civilistica,
o comunque extratributaria, che originariamente, nella loro
sede propria, si pongono sotto profili del tutto diversi da quelli
della determinazione della ricchezza ai fini tributari.
291
) Denominata decenni or sono “interpretazione funzionale”, anche se tutta
l’interpretazione è a ben vedere “funzionale”. Non si tratta di eccezioni o
di particolarità del diritto tributario, ma semplicemente del
principio generale del diritto, e della logica del discorso,
secondo cui il diverso contesto d'uso influenza l’interpretazione
dei termini linguistici.

185 di 704
di valutazione dell'interprete (292), senza
estemporanee tassazioni in via interpretativa 293.
Il loro denominatore comune è la spiegazione di
regimi di determinazione della ricchezza, non
isolatamente, ma alla luce di altri regimi fiscali
passati o futuri, uguali e contrari, in capo agli
stessi soggetti o alle loro controparti. Mentre in
passato, con la tassazione valutativa attraverso gli
uffici (paragrafo 1.3), ogni contribuente andava per
conto proprio, oggi tra contribuenti diversi e periodi
di imposta diversi c’è una notevole interdipendenza
dei meccanismi impositivi della tassazione
attraverso le aziende.
L’equivoco della
possibilità di
“scaricare”
Le simmetrie riguardano tutti i concetti economici
coinvolti, compreso il consumo. E' quindi del tutto
normale che il ricavo dell'operatore economico al
consumo finale sia reddito, e che il cliente non lo
deduca, in quanto non sostiene un costo, ma
effettua un "consumo" (294); come ulteriore esempio,

Provocati dalla già menzionata dialettica tra


292

argomenti interpretativi letterali e sistematici, come


precisione, semplicità, effettività, certezza dei
rapporti, controllabilità, cautela contro gli abusi, etc..
293
) Se ad esempio appare chiaro che il legislatore ha inteso escludere certi
fenomeni dalla tassazione per la difficoltà di determinarli in modo sistematico e
univoco, la contingente disponibilità di informazioni, in un singolo caso, non ne
giustifica una tassazione; la scelta legislativa è infatti quella di “non tassare
nessuno”, e non deve essere scavalcata, anche quando in concreto mancano le
difficoltà che giustificano la scelta legislativa.
Questo concetto vale –su scala molto più ampia –
294

per
tutti gli stipendi dei pubblici impiegati, per i canoni delle
locazioni abitative, e macroscopicamente per i consumi delle
persone e delle famiglie, ad onta della suggestione del
contrasto di interessi di cui al par. 9.3. La popolarità di
quest'ultimo spiega quanta strada occorra ancora fare per
sistematizzare l'elementare differenza tra "costi" e "consumi".

186 di 704
non ci si deve stupire che il reddito di portinai, colf e
badanti sia imponibile, mentre non è deducibile per
il condominio o la famiglia erogante; questi ultimi
non sono infatti operatori economici e sostengono
consumi di forza lavoro, non costi di produzione.
Intrecci tra
simmetrie ed altre
logiche
Le simmetrie non possono ovviamente
travolgere le scelte sui requisiti di imponibilità:
non si può ad esempio rendere imponibili tutti i
corrispettivi perché costituiscono costi deducibili
per l'avente causa. Ad esempio il costo di acquisto di
gioielli e mobili antichi sarà deducibile per l'impresa
antiquaria, anche se il venditore è un privato che
non realizza redditi, in base a quanto rilevato al par.
8.6 sui redditi diversi. Lo stesso per l'impresa edilizia
che compra un villino da ristrutturare da un privato,
o per il supermercato che acquista frutta da
agricoltori tassati forfettariamente nei modi indicati
al par.8.2, oppure a maggior ragione per i costi
sostenuti verso fornitori stranieri, che pagano
imposte, se del caso, nel loro paese, circostanza che
al fisco italiano può interessare solo come indizio di
frode (par.3.11).

3.13. Dove le aziende non arrivano: l’inutile


“ragionierizzazione” dei lavoratori indipendenti (il
diversivo della “contabilità fiscale”)

Lavoratori
indipendenti al
consumo finale
Al par.3.1 abbiamo già tracciato una geografia delle
attività economiche senza le rigidità
organizzative delle aziende pluripersonali. Si tratta

Sul mito della possibilità di scaricare, persino un deltaplano, è


divertente su youtube il video di "avanzi" dal titolo Cinzia
Leone Dalle otto alle otto.

187 di 704
di circa 4 milioni di posizioni tributarie "ufficiali" di
attività "monoaddetto" oppure con due addetti,
spesso il coniuge (impresa familiare) o una cassiera.
Togliamo le attività rivolte ad organizzazioni o
operatori economici295, che le segnalano al fisco, ed
aggiungiamo le attività con un numero maggiore di
addetti, fino a una decina, operanti al consumo
finale, la cui rigidità organizzativa è insufficiente a
contrastare occultamenti di ricchezza.
Aggiungiamo anche chi è privo di una esteriormente
visibile e stabile, operando totalmente "In nero",
nelle variegate ipotesi di cui al par.3.15.
Denominatori
comuni della
ricchezza non
registrata
Il denominatore comune è la mancanza di
rigidità organizzative da scavalcare296, per
nascondere ricchezza al fisco, in quanto manca una
organizzazione pluripersonale. Per evadere basta
in questi casi un comportamento meramente
omissivo, secondo il già indicato schema di
"togliere ricchezza da sopra".
Evasione di
sostentamento
Sono importi spesso modesti singolarmente, e
spesso si tratta di "evasione di sopravvivenza", filo
conduttore del testo, nel senso definito al par.4.2. I
soggetti interessati sono però molti milioni e quindi
nel complesso l'evasione è significativa,
probabilmente superiore alle stime che indicheremo
al par.4.1.
Massa monetaria
manovrata e
reddito
Gli operatori indipendenti al consumo finale, rispetto
agli industriali, sono comprensibilmente spinti a
nascondere ricchezza al fisco anche dalle necessità
295
) Cosiddette attività business to business.
296
) Come invece occorre fare nelle aziende pluripersonali, anche da parte dello
stesso titolare, nei modi indicati al par.3.7.

188 di 704
personali di un adeguato tenore di vita297. Questo li
spinge a prelevare le somme nascoste al fisco non
solo dal proprio reddito, ma anche dall'IVA, e magari
anche dalle ritenute al dipendente, se ne hanno uno.
L'attività di piccolo commercio o di artigianato ha la
propria massa di compensi, da cui il lavoratore
indipendente scarica i costi vivi, di materie prime,
merci o consumi. Dopodichè non distingue più tra
imposte sui redditi, IVA, Irap, contributi previdenziali
e ritenute all'eventuale dipendente. Tutte queste
distinte causali di diversi tributi si confondono in una
generale idea di "peso fiscale", che il lavoratore
indipendente avverte sul proprio tenore di vita. Si ha
un bel dire che l'IVA riguarda i clienti consumatori
finali, che i contributi sono a fronte della
pensione(par.1.12), ma tutti questi tributi sono
avvertiti come decurtazioni di una massa monetaria
manovrabile, destinata alla sopravvivenza (anche
agiata) del lavoratore indipendente. Quest'ultimo
vede anche l'IVA come il frutto del proprio lavoro, e
considera un costo la somma che, dopo defatiganti
trattative col commercialista, deciderà di dichiarare.
Se la massa monetaria manovrabile del lavoratore
indipendente, pagati i costi vivi, è poniamo 50 mila
euro, il tenore di vita del soggetto dipende dalla
quota dichiarata al fisco. L'esistenza di margini di
manovra, che magari un lavoratore dipendente con
lo stesso costo del lavoro non ha, spinge
l'"autonomo" ad utilizzarli, come vedremo al par.4.2.
La contabilità
fiscale: un
espediente
all’italiana.
Questa caratteristica oggettiva dell'economia
italiana avrebbe dovuto essere coordinata con la
tassazione attraverso le aziende; la carenza di
297
) I titolari di organizzazioni pluripersonali d’impresa, come indicato al
par.3.7, hanno invece margini maggiori per coniugare un tenore di vita agiato
con l’adempimento degli obblighi tributari.

189 di 704
spiegazioni d'insieme su quello che stava
accadendo (par.4.3) spinse ad affrontare il problema
con un espediente nornativo, forse seguendo il
mito dell'onnipotenza legislativa, applicato fuori
luogo. Ci fu una specie di metamorfosi legislativa di
tutto il suddetto mondo del lavoro indipendente in
organizzazioni, tenute alla contabilità fiscale. Si
stabili infatti, con una fictio iuris, che tutti i
lavoratori indipendenti suddetti fossero
anch’essi fiscalmente aziende, fiscalmente tenute
ad una contabilità di cui non avevano alcuna
effettiva necessità gestionale, e che non dava al
fisco affidabilità sostanziale298.

Todos caballeros:
l’equivoco
dell’irrilevanza
dell’organizzazione
La tassazione attraverso le aziende fu quindi
imposta dove ne mancavano i presupposti. l'azienda
esisteva al massimo nel senso meramente
materiale (attrezzature, merci, contratti etc.)
indicato al par.3.1; per legge si poteva imporre la
contabilità, ma non i controlli reciproci che si creano
spontaneamente nelle organizzazioni pluripersonali
indicate ai par.3,1-3.3.
Legami con
l’equivoco
civilistico del
piccolo
imprenditore
Questa scelta della legislazione tributaria alimentò
una preesistente confusione, dove il codice civile già
riferiva questi concetti anche al lavoro indipendente,

298
) Si è trattato di un espediente “all’italiana” in quanto furbesco, ma
improvvisato, e basato su un equivoco tendente a rinviare con giri di parole un
problema con cui non si sapeva come fare i conti. Dubito infatti che i legislatori
del 1972 abbiano mai pensato, se mai fecero mente locale sul tema, che la
contabilità del tassista o del gelataio potessero avere una qualche efficacia, e
non fossero solo una sceneggiata, un inutile palliativo come mettere la polvere
sotto al tappeto.

190 di 704
escludendo però dalla contabilità (e dal fallimento) i
piccoli imprenditori, organizzati prevalentemente col
lavoro proprio o della famiglia (per i professionisti
documentazione e contabilità erano invece già
escluse dal codice civile).
La sceneggiata
della contabilità
fuori dall’attività
Attività con uno-due addetti erano gestite
(immedesimate) con elettricisti, falegnami e
pasticceri che non potevano certo trasformarsi in
ragionieri a beneficio del fisco, né assumere
ragionieri a tempo pieno, da sistemare nel
retrobottega, davanti al forno o al frigorifero. La
sceneggiata della "contabilità fiscale" poteva quindi
solo essere demandata a un professionista
esterno(par.3.16); quest'ultimo, spesso e volentieri,
neppure prende visione dell'attività, ma si limita a
ricevere le informazioni e i documenti che il
contribuente gli porta. Si è dimenticato che il
successo tributario della contabilità delle
organizzazioni pluripersonali si fonda proprio sulla
pluralità di compiti cui sono adibiti soggetti
diversi all'interno dell'azienda. Il contabile
dell'azienda, prima di versare l'IVA sulle vendite,
oppure effettuare ritenute sui compensi,
acquisisce gli incassi , li controlla, verifica i debiti
e la correttezza dei loro pagamenti.
La farsa di una
contabilità non
gestionale
L'inevitabile mancanza di un coinvolgimento del
commercialista nella gestione dell'attività, a
differenza dell'ufficio amministrativo interno delle
aziende (par.3.2), dà l'idea dell'assurdità del
meccanismo. Il redattore dell'inutile contabilità
fiscale può solo essere solo un intermediario nei
rapporti con l'amministrazione finanziaria (par.3.16),
senza ruoli gestionali; la contabilità fiscale dei

191 di 704
lavoratori indipendenti diventa quindi una farsa per
attività immedesimate col singolo individuo che le
svolge. Quest'ultimo si limita a comunicare al
commercialista cifre che quest'ultimo non ha motivo
né incentivo a controllare; il lavoratore indipendente
può così togliere ricchezza "da sopra", registrando
fiscalmente solo una parte dei propri introiti, senza
che il professionista abbia la minima idea dei ricavi
effettivi, come vedremo al prossimo paragrafo.
Il patetico aiuto
alla crescita
aziendale
Sono patetici anche i discorsi secondo cui la
contabilità aiuterebbe il lavoratore indipendente a
crescere. Al lavoratore indipendente, al tempo
stesso proprietario, dirigente, operaio e fattorino
della propria attività, non serve certo un
commercialista per avere il polso
sull'andamento della propria attività, che si
compenetra col proprio stile complessivo di vita , in
un equilibrio che l'interessato comprende senza
bisogno di bilanci.

3.14. Segue. Mancata registrazione degli incassi nel


lavoro indipendente verso consumatori finali
Rilevanza
dell’organizzazione
e della clientela ai
fini dell’evasione
Il problema della mancata registrazione degli incassi
non riguarda tutti i “lavoratori indipendenti”, perché
una parte di essi è comunque segnalabile al fisco
dalle organizzazioni per cui lavora, come indicato al
par.3.6 per la ritenuta alla fonte e segnalazioni
equivalenti299. La ricchezza non registrata riguarda
299
I compensi dei professionisti soggetti a ritenuta (par.3.6)
sono visibili al fisco esattamente come i salari dei lavoratori
dipendenti . La deduzione di costi fittizi o non inerenti, come
strumento di evasione, è abbastanza rischiosa e

192 di 704
quindi sopratutto lavoratori indipendenti300 e piccole
ma quelli operanti verso consumatori finali. La
determinazione della ricchezza ai fini tributari non
riesce a far leva, in questi casi, né sulle rigidità
organizzative dell'operatore economico né sulle
segnalazioni dei clienti per cui opera.
La ricchezza “tolta
da sopra”:
omissione di ricavi
Per gli operatori economici indicati sopra 301 è quindi
molto facile evitare la registrazione fiscale dei ricavi
“togliendoli da sopra”, cioè omettendone la
registrazione, con il cosiddetto "nero”302.
Rispetto a questa possibilità, esportare la
contabilità presso artigiani, tassisti, pasticceri,
fisioterapisti, venditori ambulanti, e altri lavoratori
indipendenti, operanti verso privati consumatori
finali, è inutile e oggettivamente dannoso303.
Maggiore facilità
della stima per
ordine di grandezza
La ricchezza transitata presso questi lavoratori
indipendenti è infatti molto più facilmente
stimabile per ordine di grandezza in base alle
caratteristiche materiali ed economiche dei luoghi in
cui essi interagiscono coi clienti, cioè dell'azienda

verosimilmente poco incisiva come impatto macroeconomico.


300
) E piccole organizzazioni, fino a dieci-venti dipendenti, a forte matrice
padronale, di cui abbiamo detto commentando le statistiche degli operatori
economici italiani al par.3.1 (il milione e mezzo di attività che dichiarano da 2 a
9 addetti e buona parte delle 150 mila da 10 a 20 addetti).
301
) Sopratuttto piccoli commercianti e artigiani verso individui e famiglie in
operazioni “to consumer” (si ricordi l’espressione B2C, business to consumer,
dal paragrafo 1.8)..
302
) Inteso in gergo aziendale come insieme di operazioni economiche non
registrate. E’ una espressione ricorrente anche presso lavoratori precari, ad
esempio camerieri o commesse, “pagati in nero”.
303
Il danno consiste nel mettere in secondo piano la naturale (e tradizionale)
natura valutativa, e per ordine di grandezza, della determinazione dei ricavi di
questi operatori.

193 di 704
in senso materiale come luogo fisico304. Di
questa possibilità di stima esteriore sono
fortunatamente consapevoli gli stessi piccoli
commercianti e artigiani, che sanno di essere
visibili dal fisco come lo sono dalla clientela.
Adeguamento dei
comportamenti alla
percezione della
propria visibilità
Proprio questa visibilità esteriore305 spinge i
lavoratori indipendenti al consumo finale, operanti in
sede fissa, visibile e stimabile, a registrarsi
fiscalmente; la maggior parte di loro, come
negozianti e prestatori di servizi in sede fissa306, si
registrano fiscalmente (307); per questo essi cercano
di evitare dichiarazioni palesemente inverosimili e
contraddittorie rispetto alla percezione esterna della
loro situazione (308). Al contrario, la consapevolezza
della propria minore visibilità esteriore309 spinge
invece a una maggiore assunzione di rischio 310 non
registrarsi fiscalmente, o quando
Sugli operatori economici individuali al consumo
finale, la tassazione attraverso le aziende ha
cambiato poco la tradizionale necessità che le
imposte siano appunto imposte, cioè richieste
304
) Ricordiamo dal par. 3.1 che invece, per questi operatori economici,
l’azienda come gruppo sociale, in senso pluripersonale, è assente.
305
Che è “materiale”, cioè “fisico-economica”, non “contabile”
(par.1.11).
306
) Ad esempio ristoratori, parrucchieri, meccanici, baristi, albergatori, etc..
307
Cioè, come si dice in gergo, "prendono la partita IVA".
308
Torneremo sul tema, sotto altri punti di vista, al par. 4.2
parlando di evasione di sopravvivenza, e al par. 5.13, parlando
di studi di settore.
309
) Quindi da parte anche degli uffici tributari, in quanto manca un luogo
fisico di esercizio dell'attività, e il lavoro viene prestato a
domicilio dei clienti (cfr anche il prossimo paragrafo sul "lavoro
liquido").
310
) La percezione della propria visibilità da parte degli uffici tributari si
inserisce tra le variabili (aliquote, sanzioni e controlli) che, nel modello indicato
al paragrafo 1.5, influiscono sulla autodeterminazione delle imposte.

194 di 704
con adeguata sistematicità dagli uffici tributari.
Questa richiesta, oltre che abbastanza frequente,
anche se non su ciascun lavoratore indipendente,
dovrebbe essere inevitabilmente valutativa, cioè
basata su stime per ordine di grandezza. Se si
guarda solo il presente, sembra una eccezione
rispetto alla determinazione ragionieristica della
ricchezza attraverso le aziende, mentre è un riflesso
strutturale della tradizione millenaria della
tassazione, che si è sempre ispirata a criteri di
stima, come vedremo al par.5.9. Questa presenza
valutativa e adeguatamente diffusa si
aggiungerebbe alla già indicata consapevolezza
della maggior parte degli operatori economici in
esame di essere visibili, che li spinge già oggi, pur
evadendo, a dichiarare cifre abbastanza alte da
smentire i luoghi comuni sugli italiani come popolo
di disonesti evasori (par.4.5). Se infatti si tiene conto
dell'elevata utilità marginale del denaro per questi
contribuenti, e il modestissimo controllo valutativo
del territorio da parte degli uffici (profilo su cui
par.5.7), il loro livello di adempimento è più che
decoroso.
Se alla massiccia offensiva mediatica di cui diremo
al par.4.2, si affiancasse la percezione di un
ragionevole e sistematico controllo sul territorio
quest'evasione sarebbe in linea con quella esistente,
su analoghe tipologie di contribuenti, in altri paesi
europei, sdrammatizzando le tensioni che pervadono
il dibattito sociale (par.4.6 e 5.17 ss.). Troviamo
anche qui uno dei fili conduttori del testo, cioè la
necessità di coordinare la determinazione
ragionieristica dei tributi, basata sulle aziende, e la
tradizionale “tassazione valutativa”, basata sui
pubblici uffici (vedremo come al par.5.7).

195 di 704
3.15. La ricchezza senza determinabilità contabile né basi
fisse:riflessi tributari dei cambiamenti del lavoro
Alcune attività, come anticipato al paragrafo
precedente, sono prive di un'azienda anche in
senso materiale (par.3.1) cioè di una struttura fissa
tributariamente visibile, stabile nel tempo e nello
spazio. Alcune di queste attività sono tradizionali,
come i venditori ambulanti, o i piccoli
trasportatori per privati, meno esposti ai controlli
valutativi degli uffici tributari. Abbiamo già citato
non a caso che gli artigiani operanti nel domicilio di
consumatori finali, come elettricisti, idraulici,
insegnanti a domicilio,etc, sono considerati evasori
fiscali per antonomasia.
Ulteriori attività sfuggenti sono sorte con la maturità
dell'economia e la successiva crisi della produzione
industriale, in forme di sopravvivenza al consumo
finale, come secondi lavori “in nero” (311), subaffitti
di stanze e bed & breakfast, commercio di beni
usati, commercio ambulante svolto da immigrati
(c.d. vu cumprà), “servizi personali”, dalla colf in
nero o alla badante, al dog sitter, al trainer sportivo,
al tassista part time di "uber", o al foodracer che
consegna pizze e pasti a domicilio. Sono indizi di una
trasformazione del lavoro nelle società
postindustriali312, con la riduzione della fabbriche,
dove il lavoratore deve recarsi fisicamente, e la
esternalizzazione di compiti esercitabili "a distanza" ,
"da remoto" , o comunque con flessibilità. E' una
riscoperta del "lavoro autonomo", al modo della
società preindustriale, ma in versione telematica,
311
Coperti dalla presenza del primo lavoro “in bianco”,magari di
dipendente pubblico.
312
) Dove sorgono le teorie del “lavoro liquido”, una specie di ritorno alla
flessibilità dell’era agricolo-artigianale, riferita però a una società scientifico-
tecnologica. E’ la versione moderna, e declinante, di una “Italia che si
arrangia”, inventandosi qualcosa per sopravvivere, in una cornice di
disorganizzazione.

196 di 704
anche cambiando il contenuto di mestieri
antichissimi, compreso quello più antico del mondo:
la prostituzione indipendente si è spostata dai
margini delle vie malfamate (313) alla dimensione del
web; sono sfumature che passano dal lavoratore
tecnologico, ma non integrato in un'organizzazione,
arrivando al lumpenproletariat di marxiana memoria.
Lavoro liquido e
tassazione
attraverso le
aziende
L'unico denominatore comune di queste diverse
figure è quello di incontrare la tassazione attraverso
le aziende solo quando il cliente è una
organizzazione, che procede direttamente al
pagamento. Alcuni di questi soggetti vivono
precariamente, altri se la passano meglio di un
operaio alla catena di montaggio o di un piccolo
commerciante di alimentari, oggetto di una
maggiore tassazione, anche se talvolta inseriti in
una catena più efficiente di protezioni sociali(314).
Rinvio all’evasione
di sussistenza
Sono attività in buona parte "di sussistenza", per cui
valgono le riflessioni di cui al par.4.2 sul rapporto tra
"evasione fiscale" e tenore di vita, ovunque non sia
applicabile la tassazione contabile attraverso le
aziende. Anche da questo punto di vista si
conferna quanto diremo al par.4.1, sulla prevalenza
quantitativa dell'evasione di un numero elevato di
soggetti non particolarmente benestanti, che si
arrangiano, al massimo in situazioni di decorosa

313
I quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, come
cantava Fabrizio De Andrè, in "Città Vecchia". La tassazione
della prostituzione è uno dei tanti discorsi sensati, ma
inconcludenti, di un paese incapace, per l'eccesso di
chiacchiere confuse, di organizzare le proprie istituzioni, e le
attività economiche che hanno a che fare con esse.
314
)Come accade per i lavoratori subordinati.

197 di 704
sopravvivenza. Si tratta di un segnale d'allarme
sull'aumento delle aree economiche non
determinabili attraverso le organizzazioni aziendali;
in precedenza si trattava solo dell'economia non
organizzata "preindustriale", in gran parte
coincidente col piccolo commercio al dettaglio e
l'artigianato; a queste aree, che non si sono
significativamente ridotte, se ne affianca oggi una
postindustriale, cioè connessa al declino del lavoro
"massivo", nelle fabbriche e negli uffici 315.
Le nuove sfide per
le istituzioni
tributarie
Viene così smentita, casomai qualcuno l'avesse mai
coltivata, l'illusione che il problema della
determinazione dei tributi potesse risolversi da solo,
con l'espansione delle organizzazioni pluripersonali e
del calcolo contabile della ricchezza. Non solo,
invece, la deindustrializzazione fornisce nuovo
alimento alle tradizionali attività individuali
indipendenti, ma crea anche lavoro indipendente di
nuovo tipo316.
Rinvio alle
modalità di
monitoraggio di
queste aree
Vedremo al par.5.15 che il controllo tributario su
queste tipologie di attività, oltre ad essere
(ovviamente) valutativo317 deve combinare indizi
315
) E’ il c.d. “lavoro liquido” delle società postindustriali, indicato sopra. Un
ulteriore riflesso è che l'evasione fiscale non è una
"perversione privata" , ma riflette la perdita di capacità
organizzativa delle istituzioni pubbliche.
316
) Quando una azienda pluripersonale chiude, perché de localizza o altrimenti
si sfalda, paradossalmente il numero delle imprese aumenta , in quanto molti ex
operai diventano piccoli commercianti o artigiani per arrangiarsi in qualche
modo. E’ solo una consolazione statistica, fondata sull’equivoco tra
“organizzazioni plurieprsonali” e “lavoro indipendente”.
317
) Visto che è valutativo, come indicato al paragrafo precedente, anche il
controllo su piccoli commercianti e artigiani in sede fissa, non può che essere
valutativo a maggior ragione anche quello verso i soggetti descritti in questo

198 di 704
derivanti dall'attività economica, individuabile, ma
sfuggente quanto a intensità di svolgimento, con la
situazione personale degli interessati, usando il
tenore di vita. L'intensità del problema è
confermato dal confronto tra tenore di vita, di
massa, ancora decoroso, e statistiche delle
dichiarazioni fiscali318. E' un altro aspetto che
conferma l'utilità dello schedario permanente
individuale delle informazioni tributarie, di cui ai
par.5.7 e 5.16, su cui innestare dichiarazioni
periodiche (par.3.4) estremamente snellite e
inadeguate rispetto alla necessaria informazione
stabile "globale" sulla situazione economica delle
persone.
Esigenze
perequative di
governo della
fiscalità
E' un controllo di massa che non si può risolvere in
interventi punitivo –fiscalistici, ma è un necessario e
sereno monitoraggio valutativo su questa moderna e
crescente forma di “economia di sussistenza”. Un
certo monitoraggio valutativo farebbe parte di quel
controllo del territorio che spingerebbe anche una
parte di costoro ad una credibile, benchè modesta,
autodeterminazione dei tributi. Del resto, se i
dipendenti, ancorchè precari, sono assoggettati a
tassazione 319 appare esagerato abbandonare ogni
tentativo di perequazione verso chi si trova in

paragrafo, che di sede fissa sono sprovvisti.


318
Mentre per i professionisti o i lavoratori dipendenti ad alto
reddito, la dichiarazione fornisce indicazioni attendibili sulla
situazione economica generale del contribuente,
quest'ultima resta misteriosa nei casi in esame; le
dichiarazioni infatti indicano solo i redditi fiscalmente rilevanti,
magari di terreni, pensioni, piccole locazioni o lavori
occasionali; non si capisce quindi se si tratti di soggetti assistiti
da nuclei familiari allargati, se ci siano redditi esenti o soggetti
a imposta sostitutiva, se ci siano stati smobilizzi patrimoniali,
etc..

199 di 704
situazione economicamente simile, ma senza vincolo
di subordinazione. Inoltre, le suddette informazioni
gioverebbero al governo della fiscalità e alla
gestione dei sussidi, riservandoli a situazioni di
effettiva povertà.

3.16. Operatori privati addetti alla determinazione


dei tributi e “tassazione attraverso i
commercialisti”
Addetti ai tributi
nelle organizzazioni
pluripersonali
Il personale addetto alla determinazione dei tributi
ripropone la particolarità di questa funzione
istituzionale, esternalizzata sulle organizzazioni
esterne alla macchina fiscale. In quella che per
brevità chiamiamo "tassazione attraverso le
aziende", la maggior parte del gettito viene dalla
routine contabile ordinaria del settore
amministrativo delle organizzazioni aziendali (320).
Segue.
Effettuazione e
supervisione
Si tratta di adempimenti ripetitivi e meccanici,
che integrano l'ordinaria gestione amministrativa, e
sono demandati a contabili di livello medio-basso,
con l’ausilio di programmi informatici. Il capo
contabile, il direttore amministrativo o un
professionista esterno (per le piccole
organizzazioni) sovraintendono a questa routine, e

319
Effettuata tramite il sostituto d'imposta e le ritenute
alla fonte (par.3.6). Vedremo subito nel testo
l'importanza di una perequazione tra poveri che
lavorano per le aziende, incisi dal "cuneo fiscale"
(par.3.8) e poveri che lavorano direttamente con
utenti finali, che evitano tale onere.
Mi riferisco alle ritenute sui pagamenti e l’applicazione
320

dell’IVA sugli incassi.

200 di 704
svolgono una prima interlocuzione su casi
giuridicamente dubbi.
Tipologie di
consulenza
professionale
L’autodeterminazione dei tributi non incide solo
sul lavoro contabile-amministrativo interno alle
organizzazioni aziendali, ma crea al loro esterno
varie tipologie di professionisti, in tutto o in parte
dedicati al settore, oggi stimabili in oltre centomila.
La maggior parte dei professionisti si dedica alla
tenuta di contabilità dei lavoratori indipendenti;
quest'adempimento, inutile per i motivi indicati al
par.3.13 sottrae tempo alla consulenza tributario-
contributiva, rilevante anche per questi piccoli
operatori economici.
La consulenza e l'assistenza alla predisposizione
di dichiarazioni e versamenti (par.3.4) è l'intervento
professionale più diffuso, ma meno remunerativo;
esso riguarda anche milioni di persone fisiche, senza
posizione IVA, in quanto non operatori economici,
ma lavoratori dipendenti, pensionati, titolari di
redditi immobiliari, di collaborazioni
"parasubordinate", di pensioni, di lavoro occasionale.
Essi devono “personalizzare” la tassazione
documentale già avvenuta attraverso le aziende;
aggiungendo redditi ulteriori (ad es. immobiliari),
oneri e detrazioni personali di cui al par. 9.3,
scomputando acconti e ritenute. Si devono
aggiungere la tassazione immobiliare (IMU par.10.9)
e i contributi previdenziali (par.1.12).
Utilità dei
professionisti
La retorica del “cittadino contribuente” , messo in
grado di badare da solo ai propri adempimenti
funziona solo per tributi elementari, come le c.d.
"tasse auto" o il canone Rai (par.10.10).
Interazione con gli
uffici tributari e i
professionisti

201 di 704
In tutti i paesi sviluppati, per i tributi un po’ più
complessi, la predisposizione e l’invio di
dichiarazioni tributarie, richiede un'interazione con
uffici tributari come supporto all'adempimento
(321), con professionisti o un misto dei due;
avvalersi di questi supporti è più efficiente che
investire tempo per preparare da soli,
improvvisandosi fiscalisti di se stessi, aggiornandosi
etc., per risparmiare magari poche decine di Euro. Il
professionista ha infatti notevoli economie di scala
perché distribuisce il proprio investimento
conoscitivo su numerose dichiarazioni.
La dichiarazione di
massa
Una assistenza dichiarativa, a basso costo, è
prestata anche da “centri di assistenza fiscale”,
promossi da associazioni sindacali e di categoria,
enti di patronato e simili. A queste strutture il
contribuente presenta i documenti e fornisce sotto la
sua responsabilità le relative informazioni, ricevendo
i moduli per il versamento, da effettuare poi in
banca (par.3.4). Questi intermediari o professionisti
possono essere chiamati ad una verifica della
regolarità formale dei documenti alla base degli
oneri detraibili o deducibili delle persone fisiche (al
par. 9.3) .
L'idea, accarezzata dalla pubblica opinione e ripresa
dalla politica, di bollettini o dichiarazioni
precompilati, inviati al contribuente dagli uffici, è
concettualmente la negazione
dell'autotassazione; essa impone agli uffici
tributari un enorme sforzo amministrativo di
acquisizione dei dati , che sottrae risorse alla ricerca
e valutazione di ricchezza non registrata.
Professionisti ed
evasione

321
E’ il ruolo dell’amministrazione di servizio di cui al par.5.4, dove
riemerge la necessità tradizionale che "le imposte" siano
"imposte" da qualcuno(par.1.3).

202 di 704
L'idea secondo cui i professionisti aiuterebbero i
clienti ad evadere il fisco rispecchia la confusione tra
ricchezza non registrata e questioni interpretative
(par.3.9-3.10). Chi vuole appropriarsi, come persona,
della ricchezza nascosta al fisco interviene prima del
professionista, omettendo la registrazione degli
incassi o gonfiando le fatture di acquisto (par.3.7).
Anteriorità
dell’evasione
rispetto alla
consultazione
professionale
Solo in un momento logico successivo, al netto
della ricchezza non registrata, i dati sono forniti ai
professionisti, che li inquadrano giuridicamente322,
assistendolo anche il contribuente nel contenzioso
amministrativo e giurisdizionale indotto da eventuali
rilievi degli uffici (capitolo sesto).
Le modalità per nascondere materia imponibile
sono valutabili e realizzabili molto meglio dai
diretti interessati, in quanto cambiano in relazione
alle diverse attività economiche, ai rapporti con
clienti e fornitori, al "giro" dei pagamenti (par. 3.7).
Chi scavalca le proprie procedure contabili per
nascondere ricchezza al fisco tende a fare da solo, e
si consulta col professionista in modo molto vago,
senza responsabilizzarlo direttamente; non a caso
molti commercialisti confessano di aver imparato dai
loro clienti i modi in cui i medesimi nascondevano la
ricchezza al fisco.
Anche quando piccoli commercianti e artigiani si
informano sulla credibilità del dichiarato rispetto a
322
) L’esempio più intuitivo sono i ricavi non registrati, dove la ricchezza è
“tolta da sopra” (par.3.7), ma lo stesso vale per i costi fittizi, attraverso i quali la
ricchezza è “tolta da sotto”; entrambi sono presentati al contabile o al
professionista come “un dato”, di cui egli non ha motivo di indagare la
veridicità, mettendo in dubbio quanto gli riferisce il cliente. L’importante è solo
che nelle affermazioni di quest’ultimo non ci siano incoerenze così
macroscopiche da dover imporre al consulente o al contabile ulteriori
approfondimenti in relazione alla sua diligenza professionale.

203 di 704
possibili valutazioni per ordine di grandezza del fisco
(par.5.13 sugli studi di settore) non hanno bisogno di
ammettere di aver evaso.
Impulso
(interessato) dei
professionisti
all’adempimento
Inoltre i professionisti spingono i clienti ad evitare
le violazioni di cui loro stessi potrebbero essere
considerati corresponsabili, anche
sull'inquadramento giuridico del dichiarato, cui
comunque si connette un'evasione trascurabile
rispetto a quella da ricchezza non registrata, come
indicato al par.4.2. Anche qui , comunque, i
professionisti sono abbastanza prudenziali,
temendo le proteste del cliente in caso di
contestazioni del fisco.
Anche per questo desiderio di evitare fastidi, i
professionisti spingono i clienti alla congruità
rispetto agli studi di settore, in quella "tassazione
attraverso i commercialisti" di cui diremo al
par.5.13.
I "professionisti dell'evasione", che aiutano a
procurare ai clienti fatture false, prestanome o
società “offshore” fanno notizia sui media; sono
però verosiilmente casi marginali323 di
professionisti usati come fiduciari e che stesso
millantano, all'interno degli uffici tributari, le
entrature corruttive di cui al par.5.11. Nella
stragrande maggioranza dei casi, come indicato
sopra, il consulente si limita a classificare
contabilmente e inquadrare giuridicamente la
ricchezza registrata. A nasconderla al fisco casomai
pensa, come indicato sopra, lo stesso contribuente,

323
Vedi il post Professionisti "mazzieri dell’evasione"? Probabilmente sono
pochi in www.fondazionestuditributari.com . Oltre all’episodio ispiratore del
post, relativo a uno studio di nome “Mazzieri e Pambianchi”, altri episodi di
consulenza, diciamo così, spregiudicata, possono individuarsi digitando su
google le parole “Mythos Archè” e “Lista Pessina”.

204 di 704
che la maneggia direttamente, e non ha motivi per
distribuirne una parte al commercialista (324).
il fantomatico
complotto
professionale dei
tributaristi
Alcuni ambienti sociali, soprattutto di economisti,
collegano spesso il malessere fiscale italiano ad una
specie di congiura dei tecnici del settore, che in
veste di studiosi complicherebbero il sistema,
creando di proposito la confusione da cui traggono
vantaggio come professionisti. Sono critiche che
sopravvalutano la capacità progettuale
dell'accademia e dei tecnici (par.4.3-4.4);ci sarebbe
infatti una strategia, sia pure perversa, dietro la
confusione e il "complotto" avrebbe una logica,
mentre il disorientamento si autoproduce
semplicemente per la mancanza di spiegazioni
d'insieme della determinazione dei tributi, di cui
parleremo diffusamente al capitolo quarto.
Inconvenienti
professionali della
confusione
Questa confusione anzi danneggia l'attività
professionale in materia, se si considera l'insieme
dei professionisti, al di là delle nicchie dei consulenti
324
Anche qui il rapporto col commercialista viene grossolanamente confuso con
quello dell’industriale con il direttore amministrativo della sua organizzazione
pluripersonale, preposto al controllo di entrate e uscite. In questo caso, salvi
improbabili casi di rapporti diretti dell’industriale coi clienti, per nascondere
ricchezza al fisco serve la complicità del direttore amministrativo, mentre il
commercialista del lavoratore indipendente o delle piccole organizzazioni non
gestisce incassi e pagamenti, prerogativa del titolare. Non si vede quindi perché
quest’ultimo dovrebbe erogare una parte delle somme evase al commercialista.
Nella volgarizzazione corrente invece è diffusa l’idea di commercialisti
depositari di chissà quali trucchi per evadere, come nel video, abbastanza
fastidioso per le donne, ma emblematico di una leggenda metropolitana sui
commercialisti, visibile a questo link http://video.repubblica.it/webseries/non-c-
e-problema/non-c-e-problema-cosi-luca-perse-la-verginita-
fiscale/217227/216423. La realtà del commercialista è invece quella, molto più
logorante, espressa dal diverso video, su youtube, intitolato “campagna per la
salvaguardia del commercialista”.

205 di 704
di aziende medio-grandi, che peraltro stanno
anch'esse diminuendo gli stanziamenti a questi fini.
Per la generalità dei professionisti, o per le pratiche
di minor ammontare (anche su grandi aziende), la
drammatizzazione del settore (capitolo 4 e 5.11)
ostacola il rapporto con istituzioni, sempre più
tendenti a cautelarsi, rinviando le decisioni da un
ufficio all'altro, e da un' istituzione e all'altra (325). Ciò
richiede spesso al professionista un impegno
sproporzionato alle dimensioni economiche degli
incarichi, soprattutto per i piccoli contribuenti, su
lavori incerti e logoranti, dall'esito spesso
imprevedibile; anche ammontari trascurabili
possono dar luogo a problemi giuridici e processuali
che non giustificano spese di consulenza
corrispondenti all'impegno necessario.
La caduta di tutela
connessa alla
complicazione
Ne derivano, per una parte sempre più vasta di
professionisti, remunerazioni incerte e modeste326; la
reazione è talvolta quella di dimensionare la qualità
e l’impegno nel lavoro rispetto a quanto il
contribuente può pagare(327), con cadute di tutela
dovute proprio alla confusione e al disorientamento
del settore.
L’importanza
prospettica
In prospettiva, il professionista rappresenta la
cerniera tra operatori economici e uffici tributari, e
la suddetta "tassazione attraverso i commercialisti",

325
Ufficio ispettivo, GDF, Agenzia, Equitalia, Pubblici Ministeri e
soprattutto sul giudici, con le degenerazioni del contenzioso di
cui ai par. 6.5 e 6.10.
326
Sono sempre più numerosi i professionisti che cercano lavoro
dipendente nel settore, come addetti aziendali e funzionari del
fisco, con uno stipendio certo, ancorchè basso.
327
Sono comportamenti espressi dal vecchio aforisma che vidi appeso
nello studio di qualcuno “se tu pagare come dico io, io lavorare come dici tu,
ma se tu pagare come dici tu allora io lavorare come dico io”.

206 di 704
nata spontaneamente, può essere razionalizzata nel
quadro delle spiegazioni d'insieme della
determinazione dei tributi, di cui al par. 4.7; queste
spiegazioni sono fondamentali per la rapidità di
inquadramento delle pratiche professionali, e quindi
per l'economicità/convenienza del relativo
svolgimento328. Su questa premessa di serenità
sarebbe possibile un maggior coinvolgimento dei
professionisti nel ruolo certificativo di aspetti
esteriormente rilevanti dell’attività di operatori
economici "medio piccoli" 329. E' una
razionalizzazione della c.d. "tassazione attraverso i
commercialisti", cui potrebbe connettersi anche un
maggior riconoscimento di ruolo dei professionisti da
parte delle istituzioni330.

CAPITOLO 4 PUNTO DI VISTA DELLA


PUBBLICA OPINIONE E SUO
DISORIENTAMENTO DAVANTI ALLA
MANCATA SPIEGAZIONE D'INSIEME
DELLA FUNZIONE TRIBUTARIA
Sintesi Il comportamento dei contribuenti, descritto al capitolo precedente,
dipende in buona misura dalle istituzioni del settore, a loro volta collegate col
bagaglio culturale delle classi dirigenti e della pubblica opinione; queste ultime
sono disorientate dalle sperequazioni prodotte dalla diversa determinabilità
della ricchezza ai fini tributari, ma non sanno darsene una spiegazione, che non
proviene dagli studiosi (4.3) né da quanti cercano inutilmente di sostituirsi al
loro fallimento (par.4.4); si accavallano quindi varie spiegazioni estemporanee
(par.4.5) , che innescano lacerazioni sociali di vario tipo nei confronti dei
tributi, esaminate al par.4.6, con ipotesi di sistematizzazione e superamento al

328
) Per il professionista, la convenienza di trattare una pratica
dipende ormai prevalentemente dalla rapidità con cui la si
inquadra e la si descrive efficacemente ad uffici e giudici,
superando le difficoltà comunicative di avvocati e contabili
329
) Mi riferisco alle certificazioni dei costi e di alcune caratteristiche
dell’attività.
330
Invece di valorizzare questo lavoro dei propri associati, molto spesso i
presidenti degli ordini professionali, come è accaduto da noi, si lanciano nelle
divagazioni di politica tributaria di cui al par.1.7.

207 di 704
par.4.7. Nel capitolo vedremo che la ricchezza non registrata dipende più da
disfunzioni pubbliche nella determinazione dei tributi, che da perversioni
private dei contribuenti non raggiunti dalla tassazione ragionieristica attraverso
le aziende, i quali anzi dichiarano cifre apprezzabili rispetto alla modesta
sistematicità dell’azione degli uffici tributari. Esamineremo al par.4.5 i fattori
che influiscono sulla registrazione della ricchezza ai fini tributari, inserendosi
sulle “possibilità di evasione”, sulla “percezione di presenza del fisco”, anche in
relazione alla consapevolezza della “visibilità tributaristica” delle varie forme
di ricchezza, come si addice a un diritto amministrativo fino a questo punto
ancora “potenziale”.

4.1. Le stime della ricchezza non registrata ai fini


tributari

Percezione
dell’evasione e
ipotesi sulle cause
La pubblica opinione percepisce per esperienza
diretta e attraverso i mezzi di informazione
l'evasione fiscale; in mancanza di una spiegazione
d'insieme sulla funzione tributaria 331 non ne
capisce però le cause, e non può immaginare gli
interventi di contrasto (332). La pubblica opinione
non è messa in condizioni di capire in quale
misura l'evasione dipende dagli scoordinamenti tra
le varie modalità di determinazione della
ricchezza ai fini tributari.
Riflessi della
confusione sulle
istituzioni
Se la pubblica opinione e le classi dirigenti (par.1.6)
non comprendono il fenomeno, si autoproduce una
confusione che intralcia gli uffici tributari; questi
ultimi sono condizionati dalla politica vedremo e
devono assecondare le discussioni e le polemiche
331
)Cioè la funzione delle istituzioni pubbliche dedicate alla determinazione dei
tributi, col mancato coordinamento tra uso della contabilità aziendale, e
valutazioni per ordine di grandezza. A queste incomprensioni e alle loro
strumentalizzazioni è dedicato questo capitolo.
332
) Su cui infra par. 5.7, mentre la pubblica opinione reagisce con
le.confusionarie intuizioni di cui al par.4.5.

208 di 704
indicate nel presente capitolo (spec.te par.4.6), con
le inevitabili disfunzioni di cui ai paragrafi 5.3-5.7.
Corto circuito tra
istituzioni e
pubblica opinione
Le istituzioni, anche tributarie, hanno infatti come
riferimento la pubblica opinione, e le sue
tendenze espresse dalla politica e dai mezzi di
informazione, come indicato ai par.1.6 , 2.4 e 5.3..
Vedremo in quest'ultimo paragrafo che anche sulla
funzione tributaria la società ottiene dalle
istituzioni amministrative il risultato che riesce a
chiedere loro in maniera chiara, attraverso un
adeguato controllo sociale, riflesso dalla politica
(anch'essa espressione della società).
Percezione diffusa
dell’evasione
La sensazione di notevole diffusione dell'evasione
fiscale in Italia è confermata da stime
macroeconomiche, molto presenti sui mass
media. Tali stime, denominate tax gap, possono
essere formulate solo in modo indiretto,
estrapolando una serie di ipotesi in base ai dati
conosciuti. Del resto, se persino il PIL “registrato” è
stimato per ordine di grandezza, la ricchezza “non
registrata”può essere solo oggetto di ipotesi, ancora
più congetturali.
Ipotesi di stima
La stima più diffusa sui “media” si basa
sull’eccedenza dei consumi economicamente
stimati333 e quelli dichiarati al fisco, come pure tra
chi dichiara di avere una “occupazione”, e gli
occupati “ufficiali”, dichiarati dai datori di lavoro;
ipotizzando un reddito medio di sussistenza di
questi "occupati fantasma" e quantificando
l'evasione di chi dichiara redditi di lavoro inferiori a
livelli minimi di sussistenza (par. 5.14-5.15) si

Confrontando i dati dei consumi di contabilità nazionale con i


333

consumi stimati in base alle dichiarazioni IVA.

209 di 704
stima una ricchezza fiscalmente non registrata, ma
teoricamente imponibile, di poco meno di 300
miliardi di euro (17 percento del PIL). Stimando IVA
e Irpef teoriche su questo importo si arriva ai circa
120 miliardi di imposte evase, di cui si parla
ordinariamente sui mezzi di informazione.
Ipotesi non
considerate
Se questi sono i presupposti della stima essa sembra
spesso approssimata per difetto, cioè inferiore alla
realtà. Uno dei procedimenti logici non sembra
includere la ricchezza non registrata da chi dichiara
comunque cifre superiori ai livelli di sussistenza, ad
esempio cinquantamila euro, evadendone
altrettanti. Sfugge anche l’evasione basata sulla
documentazione fittizia di costi all’interno delle
aziende (par.3.7). Non è considerata neppure
l’“evasione aziendale” (par. 3.8), tra cui i “fuori busta”
dei lavoratori dipendenti, l’evasione da riscossione
(par.6.11), gli "affitti In nero", e l’evasione
interpretativa sulla ricchezza palese o registrata (par.
3.10 e 5.18); manca anche l'evasione internazionale, il
c.d. "transfer pricing" di cui al par. 7.19, e le altre
contestazioni da cui giunge una parte notevole del
"risultato di servizio" delle istituzioni tributarie
(par.5.7).
Probabile
sottostima
Quanto sopra, nell'insieme, fa presumere una
probabile sottostima dell’evasione, confermata
dal senso comune e dal numero ridottissimo di
contribuenti con redditi dichiarati superiori a
centomila euro, stridente rispetto alle abitudini di
vita percepite in Italia. Anche analoghe stime in
altri paesi sviluppati rilevano soprattutto l'economia
informale descritta al par. 3.15, ripreso al par.5.15
dal lato dei controlli.
Evasione fiscale e
frammentazione
economica

210 di 704
Stando a queste stime, la quota di evasione di
altri paesi non è molto più alta di quella
italiana. Il confronto però verosimilmente non
considera la suddetta notevole
frammentazione della stessa economia
formale, esistente in Italia, con una probabile quota
elevata di ricchezza non registrata. Non solo è
maggiore, in Italia, la percentuale di attività
senza sede fissa e non organizzate , ma anche le
attività visibili, di piccolo commercio e artigianato,
sono proporzionalmente più numerose rispetto
ad altri paesi sviluppati; infine, anche le aziende
pluripersonali del c.d. capitalismo a proprietà
familiare sono proporzionalmente più piccole di
quelle estere, rendendo ipotizzabile una quota di
ricchezza fiscalmente non registrata nei modi di cui
al par.3.7334 .

Attività illecite e
criminali
Le attività illecite con un contenuto economico,
cioè di scambio, come commercio di droga o generi
contraffatti, prostituzione, scommesse clandestine
etc., sono difficilmente tassabili, benchè
recentemente inserite anche nel calcolo del PIL.
Invece, le attività criminali senza un contenuto di
scambio, cioè furti, rapine, truffe, estorsioni (il c.d.
“pizzo”), non sono "economiche", e i loro frutti
non vanno tassati, ma restituiti (se si trovano i
titolari) oppure confiscati.
Reazioni a catena
in caso di
tassazione
E' poi metodologicamente scorretto calcolare le
imposte perdute applicando puramente e

334
) Non sarà forse un grande ammontare complessivo di ricchezza non
registrata dai titolari di grandi aziende, ma il solo sospetto ha un grande valore
simbolico per le recriminazioni sociali di cui diremo al par.4.6..

211 di 704
semplicemente alle suddette stime le aliquote di
imposta. Molte attività “precarie”, se dovessero
pagare le imposte, puramente e semplicemente
chiuderebbero, oppure cercherebbero di
mantenere la propria remuneratività, in relazione al
tenore di vita di chi le esercita, aumentando i
prezzi; questa traslazione sui clienti potrebbe
però non essere assorbita dai medesimi, innescando
una reazione a catena su cui si possono solo fare
delle ipotesi; probabilmente una parte delle
attività sommerse sparirebbe, in quanto non più
conveniente, una parte rimarrebbe perché troppo
difficile da individuare, e una parte emergerebbe, a
prezzi più elevati.
La combinazione tra questi assestamenti
dipende da una serie di variabili economico
sociali, come le opportunità alternative di
impiego e di offerta dei servizi cui si riferisce
l’evasione. Sarebbe però probabilmente un circolo
virtuoso, come tutti quelli indotti da un ragionevole
funzionamento delle istituzioni, stavolta tributarie.

4.2. Percezione dei controlli ed esigenze di vita ai


fini dell’adempimento tributario dei lavoratori
indipendenti.
Percezione dei
controlli ed
autodeterminazion
e
Ai par.1.5335, 3.14 e 3-15 abbiamo indicato in quale
misura l'autodeterminazione dei tributi dipende
dalla percezione sociale dell'intervento
potenziale degli uffici tributari. L'intervento
potenziale percepito dipende non solo
dall'intervento concreto, amplificato dalla cerchia
di relazioni personali di coloro che lo subiscono, ma

335
) dove abbiamo indicato la formula di aliquote, sanzioni e controlli come
variabili dell’adempimento nell’autodeterminazione dei tributi.

212 di 704
anche dalle percezioni indirette, indotte
dall'immagine generale della macchina
pubblica, dall'ambiente degli operatori (par.3.16) e
dai mezzi di comunicazione di massa.
Sovrastima delle
capacità di
controllo
L'effetto è che la massa degli operatori economici
sovrastima le capacità di controllo amministrativo
degli uffici tributari. La percezione di efficienza
generale della macchina pubblica, desunta anche
da trasporti, sicurezza, sanità, istruzione, ambiente,
e altri settori più efficienti, per maggior controllo
sociale (par.5.3), influenza la percezione della
funzione tributaria.
Desiderio di
normalità anche
fiscale
Si aggiunge la comunicazione mediatica, dove la
presenza effettiva, visibile, degli uffici, sul territorio,
viene in parte sostituita con l'immagine, la
propaganda. Cui la pubblica opinione in una certa
misura vuole credere, in quanto non è piacevole la
sensazione di vivere in un paese dove le istituzioni
sono incapaci di determinare le imposte, frustrante
per chi può evadere, ma desidererebbe una
macchina pubblica in buone condizioni. Così come il
lavoratore indipendente vede operare regolarmente
alcune funzioni pubbliche ad elevato controllo
sociale336, ne trasla l'immagine anche sulla funzione
tributaria337.
L’immagine
mediatica del fisco
Contribuisce a quest'atteggiamento anche una sorta
di richiesta mediatica dei tributi, alimentata
anche dall'efficienza informatica della gestione
336
) Come sicurezza, istruzione, trasporti, sanità, etc., dove il controllo sociale
stimola una sufficiente efficienza.
337
)Questo senza rendersi contro dei diversi fattori che provocano l’efficienza
delle istituzioni, come indicato al par.5.3.

213 di 704
dei dati dichiarati, come se fosse indice della
capacità di stimare i redditi nascosti; vi
contribuisce anche la spinta dei consulenti a
dichiarare cifre almeno congrue, già indicata al
par.3.16 sulla tassazione attraverso i
commercialisti.
Eccessività
dell’adempimento
rispetto alle
capacità di
controllo
Quest’insieme di fattori portano a un livello di
adempimento molto più elevato rispetto al livello
di intervento valutativo degli uffici tributari sulla
ricchezza non raggiunta dalla tassazione attraverso
le aziende. Se si considera l'intervento effettivo degli
uffici sul lavoro indipendente e le piccole
organizzazioni al consumo finale (par.5.2) il livello di
adempimento fiscale (tax compliance) smentisce le
affermazioni autorazziste su un presunto scarso
senso civico degli italiani (par.4.5). Pur lasciando
presumere la cospicua evasione di cui al par.4.1, le
cifre medie dichiarate dagli operatori economici
individuali al consumo finale, di cui ai par.
3.13/3.14, hanno una certa dose di credibilità (se si
vuole, nel loro complesso sono meno inverosimili di
quanto potrebbero essere).
Sensazione di
evasione e di
credibilità
La sensazione di evasione suscitata dalle medie
dei ricavi e dei redditi dichiarati dagli operatori
economici individuali, è insomma molto inferiore a
quanto ci si aspetterebbe in relazione alla scarsa
sistematicità del controllo valutativo di queste
aree economiche da parte degli uffici tributari (cfr.
anche par.5.2 e 5.7). Se l'onestà contasse qualcosa
ai fini della determinazione dei tributi (par.4.5), i
contribuenti italiani potrebbero definirsi molto più

214 di 704
onesti di quanto le istituzioni tributarie siano
fficienti338.
Consapevolezza
della visibilità e
“autotassazione”
E' piuttosto la consapevolezza della loro visibilità
"fisico-economica" a spingere artigiani e piccoli
commercianti in sede fissa a mantenere la
credibilità esteriore di cui al par.3.14, ripresa al
par.5.13 sugli studi di settore.
Tali soggetti si preoccupano insomma, anche spinti
dai consulenti (par.3.16) di redigere dichiarazioni
fiscali esteriormente dotate di un minimo di
credibilità, rispetto alle caratteristiche fisico-
economiche dell’attività.
bisogni familiari ed
“evasione di
necessità”
Il limite, che induce a dichiarazioni inferiori alla
realtà, è rappresentato dai bisogni personali e
familiari. La c.d. "evasione di sopravvivenza"
anticipata al par.3.14, deriva dalla maggiore
"utilità marginale del denaro", a livelli medio
bassi, quando le risorse sono relativamente poche.
In parole povere c'è una tendenza, in chi ha i
margini per farlo, a soddisfare esigenze personali
e familiari di base, prima di pagare le imposte.
Relatività del
concetto di
“bisogni”(oltre la
sussistenza)
Questo concetto di "evasione di sopravvivenza" va
inteso in senso ampio , al di là della mera
sussistenza, riferendolo al tenore di vita che si
ritiene di meritare in relazione alla propria
estrazione familiare, e ad una cultura di massa dove
viaggi, shopping, cene fuori, auto nuove, centri

Questa consistenza del dichiarato non dipende però da


338

una ipotetica "onestà" degli autonomi, visto che il senso civico


nazionale è unitario, e non si frammenta per categorie
(par.4.5).

215 di 704
benessere, e tante altre forme di consumismo
appaiono come una specie di "minimo sindacale";
ciò spinge gli operatori economici individuali , che
incassano redditi al lordo delle imposte, ad evaderne
parte, per soddisfare bisogni ritenuti prioritari
rispetto al bisogno, che pure avvertono, di
tranquillità fiscale.
Scale di valori
personali
Come già rilevato al par.3.14, dichiarare ricavi
inferiori a quelli effettivi libera risorse per i
bisogni personali suddetti. Per chi, “al lordo delle
imposte”, guadagna ad esempio 100 mila euro,
dichiararne 40 mila, evitando di pagare IVA e Irpef
sulla differenza, migliora notevolmente il tenore
di vita.
Massa monetaria
manovrabile e
tenore di vita
Molti dei contribuenti in esame, specie operando al
consumo finale, dispongono non solo dei propri
"redditi lordi"339, ma anche dell'IVA corrispondente
alle vendite, dei contributi sociali propri e di
eventuali dipendenti, come pure delle ritenute fiscali
di questi ultimi. La massa di manovra monetaria, su
cui incidere per integrare redditi personali spesso
non elevatissimi, riguarda tutti questi aspetti, e la
mancata registrazione ai fini tributari riguarda, in
varia misura, tutti i suddetti aspetti fiscali e
previdenziali.
Per chi vive solo di lavoro indipendente al
consumo finale, la facilità di nasconderne i frutti al
fisco, si accompagna a un reddito medio basso
(340);i lavoratori indipendenti non si astengono
certo dallo sfruttare questa franchigia fiscale
"fai da te solo perché i lavoratori dipendenti, a

339
) Cioè “al lordo” delle imposte.
Insomma, con una metafora efficace evadono
340

tendenzialmente i poveri,che hanno poco, ma sono tanti.

216 di 704
parità di costo del lavoro, ne sono privi"341. I
lavoratori indipendenti , oltre ad essere convinti
che i dipendenti, a parti invertite, farebbero lo
stesso, considerano quindi la suddetta parziale
evasione come un aspetto della loro condizione
complessiva ; il parziale occultamento della
ricchezza al fisco è visto come una parte del
pacchetto) , cui appartengono anche lati negativi,
come la carenza di protezioni sociali, garanzie e
altri vantaggi collaterali, in termini di sicurezza e
di intensità del lavoro, spettanti invece ai lavoratori
dipendenti, specie se pubblici.
Limiti della
propaganda
La suddetta propaganda antievasione , che
induce il suddetto desiderio di tranquillità fiscale,
non può comprimere più di tanto le suddette
esigenze di tenore di vita, ed oltre certi livelli non
solo è inefficace, ma crea inutile stress342. Gli
equilibri tra esigenze personali del lavoratore
indipendente e sua tranquillità fiscale restano
fermi nonostante la crescita della propaganda
antievasione, la cui violenza verbale socialmente
lacerante crea solo recriminazioni reciproche;
vedremo al par.4.6 che ciò imbarazza la politica,
drammatizza l'intervento degli uffici, ne pregiudica
la sistematicità (par.5.2) e paradossalmente
incentiva corruzione ed evasione (paragrafi 4.6, 5.3
e 5.19).

341
) Che sembra una versione paradossale delle teorie del “minimo vitale” di
cui al par.2.2 a proposito della capacità contributiva, e del suo proposito di
fronteggiare il disagio sociale con riduzioni di imposte. Ai lavoratori
indipendenti a basso reddito non si concedono sussidi, che dovrebbero essere
gestiti amministrativamente, ma si rimedia con una specie di ipocrita licenza di
evadere, dettata solo dalla disorganizzazione.
342
) Quando sul piatto della bilancia c’è il tenore di vita personale e soprattutto
familiare si ignora il martellamento mediatico, che ha solo l’effetto di generare
frustrazione, stress e lacerazioni sociali che indicheremo al par.4.6. .

217 di 704
E' una degradazione contrastabile solo con una
spiegazione sociale d'insieme della
determinazione della ricchezza ai fini tributari,
cui ci dedicheremo nei prossimi paragrafi.

4.3. Mancata spiegazione d’insieme della


determinazione dei tributi da parte
dell’accademia:ragioni metodologiche
Determinazione dei
tributi e
insufficienza del
bagaglio culturale
generale
La pubblica opinione e la classe dirigente (par.1.6)
non riescono a spiegarsi l'innesto della tassazione
contabile attraverso le orgnizzazioni
pluripersonali sulla tradizionale
determinazione valutativa dei tributi; il modo in
cui la diversa determinabilità della ricchezza tra
tipologie diversi di contribuenti "autoproduce"
sperequazioni non è pienamente alla portata del
bagaglio culturale generale; neppure le classi colte
hanno adeguata familiarità con questi concetti e con
le loro interrelazioni.
Necessità di
studiosi sociali e la
formazione di
un’accademia
Serviva cioè una spiegazione sociale della
determinazione dei tributi, che coordinasse,
riportandole a sistema, le intuizioni e le riflessioni
sul tema da parte dell'opinione pubblica e della
classe dirigente A questo scopo fu assecondata la
rapida formazione di un'accademia universitaria
relativamente numerosa, con oggi circa 200 docenti
di ruolo. Tuttavia questa spiegazione sociale
d'insieme della determinazione dei tributi ancora
manca e il malessere sociale nel settore cresce.

218 di 704
ragioni generali del
suo insuccesso
Spiegare l'oggettivo insuccesso dell'accademia
con inadeguatezze personali dei suoi componenti
sarebbe riduttivo prima di tutto per motivi
statistici343. Le cause sono invece relative alla
condizione delle c.d. "scienze sociali", in generale, in
cui si incardina anche il diritto della determinazione
dei tributi. Dovremo quindi focalizzare la mancata
spiegazione d'insieme di questa funzione pubblica
nel quadro metodologico complessivo degli studi
giuridici e delle scienze sociali in generale344.
Dalle scienze
umane alle scienze
sociali
Queste ultime sono un insieme di discipline
sviluppatesi nella società contemporanea, in
parallelo alle scienze fisico-sperimentali; in
questa fase i precedenti grandi interrogativi
sull'origine e le cause dei fenomeni furono sempre
più spiegati attraverso trasformazioni della materia;
le precedenti spiegazioni filosofiche cercavano
analoghe risposte facendo leva sulla riflessione
dell'uomo, dal che l'espressione "scienze umane"
345
. Queste millenarie riflessioni "filosofico-
metafisiche" persero spazio e legittimazione rispetto
all'osservazione, analisi e manipolazione della
materia (346), con le sue stupefacenti riprove
343
) L’accademia del diritto tributario è cioè abbastanza vasta per essere
rappresentativa della pubblica opinione “istruita” del paese, e dei cultori di
scienze sociali.
344
Cioè, oltre al diritto, economia, etica, politologia, sociologia,
antropologia, persino psicologia.
345
) Esse non si chiamavano così perché studiavano “l’uomo”, ma per la ricerca
nella riflessione umana delle suddette spiegazioni complessive della
natura...L’antica filosofia non era insomma riflessione dell’uomo sull’uomo,
ma spiegazione della natura attraverso l’uomo “misura di tutte le cose”; così era
infatti visto l’uomo ai tempi della famosa stampa di Leonardo, non certo
materia aggregata, in attesa di trasformarsi nuovamente. .
346
Le spiegazioni materialistiche erano state intuite
nell’antichità da stoici ed epicurei, circuiti elitari, inadeguati a

219 di 704
empiriche e ricadute tecnologiche347. Il vecchio
sapere filosofico aveva però occasione di riproporsi
sotto nuove forme , per varie ragioni. Da un lato le
spiegazioni in senso ampio "materialistiche", benchè
verosimili, erano poco appaganti per molti, ed erano
meno utili alla coesione sociale rispetto alle
precedenti credenze religiose "di massa"; inoltre il
progresso economico produttivo, connesso alle
tecnologie derivanti proprio dalle scienze fisiche,
rendeva più complessa la convivenza sociale,
creando tensioni e bisogni prima assenti. Sia per il
bisogno di tener insieme una società più complessa,
sia per rispondere al desiderio umano di riflettere
sulla propria esistenza, l'antico sapere umanistico,
anticamente unitario, si è gradualmente evoluto nel
suddetto insieme di “scienze del comportamento” o
"sociali"; quest'ultima denominazione si spiega in
quanto le variabili dei comportamenti dipendono
sempre più, in una società complessa, dalle relazioni
interpersonali, appunto “sociali".
Ispirazione alle
scienze fisiche come
ricerca di
legittimazione
Dalla “spiegazione” umanistica della natura si
passava quindi a quella dell’organizzazione sociale;
quest’ultima è una realtà unitaria, anche se
esaminabile da punti di vista economici, giuridici,

costituire un collante di massa della convivenza sociale. Che


infatti, nella civiltà occidentale fu tenuta insieme dal
cristianesimo, che incluse al proprio interno gli antichi
interrogativi umanistici sull'origine delle cose (si pensi alla
scolastica , alla dimostrazione razionale dell'esistenza di Dio,
etc.).
347
Le scienze fisiche non proponevano spiegazioni unitarie, ed
avevano carattere sperimentale, non speculativo, ma riscontri
oggettivi. Pur senza dare spiegazioni complete della realtà, i
riscontri delle scienze fisiche bastavano a disorientare le
metafisiche delle antiche filosofie, condizionando come
vedremo anche le scienze sociali.

220 di 704
politici, psicologici, sociologici, letterari, di costume,
etc.. , di cui sono intuitive le necessità di
coordinamento. E' normale quindi che le scienze
sociali, di fronte al prestigio di quelle fisiche,
cercassero di legittimarsi ispirandosi al rispettivo
metodo; nasceva così uno scientismo destinato a
non giovare alle scienze sociali facendo loro
perdere la tradizionale matrice umanistica 348, e
l'interrelazione col bagaglio culturale dei
propri interlocutori349.
Ispirazione nel
metodo: l’economia
Nell'ispirarsi alle scienze fisiche alla ricerca di
legittimazione, le varie articolazioni delle
scienze sociali andarono ciascuna per proprio
348
Anzichè riflettere sul proprio ruolo complessivo, e sulla propria condizione
epistemologica, le scienze sociali hanno seguito in ordine sparso la
specializzazione delle scienze fisiche, magari anche bisticciando tra di loro,
come i capponi di Renzo, di manzoniana memoria. Sembra quasi, a voler
pensare male, che la riflessione sul tema della scientificità metta in imbarazzo e
venga accantonata. Lo confermano indirettamente anche le regole
della politica della ricerca, e del reclutamento universitario,
dove la relazione tra hard sciences e humanities sembra
tutt'altro che messa a fuoco. Bisognerà confermare in altri
scritti la misura in cui l'imitazione delle scienze fisiche ostacola
lo sviluppo di un sapere umanistico adeguato all'odierna
complessità sociale, impedendogli di riempire il vuoto cultural-
esistenziale causato proprio dalle scienze fisiche e
dall'inevitabile , ma poco consolante, spiegazione materialistica
dell'esistenza (un esempio di disperata e divertentissima ironia
di questo smarrimento è il personaggio di Padre Pizarro, creato
da Corrado Guzzanti, reperibile su youtube).
349
A suo modo coerente con la tradizione metodologica delle antiche filosofie,
che si collegavano al bagaglio culturale degli interlocutori e si legittimavano
organizzandolo. L’antico sapiente interagiva così coi propri interlocutori,
facendo riferimento a spiegazioni di fondo, spesso trascendenti. La
degenerazione odierna di questo atteggiamento è collegarsi ad alcuni stati
d’animo dei propri interlocutori, legittimandoli con un apparato di ”oggettività”
ispirato alle scienze fisiche, come i modelli matematici, le autorità normative, i
“dati sociali”, spesso raccolti ed esposti in funzione della tesi da accreditare
(par.4.7).

221 di 704
conto, senza consapevolezza della propria
unità metodologica 350. Le discipline
economiche, senza tradizioni nel mondo
preindustriale si ispirarono alle scienze fisiche
attraverso le note formalizzazioni dell'economia
matematica. L'osservazione della realtà, e le
correlazioni tra i comportamenti sociali, ad esempio
la soddisfazione dei bisogni usando risorse scarse,
furono espresse secondo funzioni matematiche.
Il retroterra
giurisdizionale del
diritto
Il diritto, come indicato al par.1.3, aveva invece
una propria secolare tradizione tecnica, legata in
gran parte alle istituzioni processuali, nonostante la
presenza di istituzioni "non giurisdizionali", come
quelle finanziarie e tributarie. La spiegazione
d'insieme del diritto giurisdizionale era immanente
350
Questa ricerca di legittimazione “scientifica”, che imitava le scienze fisiche,
ha avuto in genere risultati deludenti, allontanandosi dalla matrice umanistica,
che si rivolgeva direttamente al problema esaminato; vedremo infatti che gli
economisti si ritennero costretti ad arrivare alla sostanza delle questioni
attraverso modelli “sociomatematici” o artificiose e asettiche riprove empiriche
(par.4.7); vedremo più avanti –invece- che i giuristi si ritengono costretti ad
arrivare alla sostanza passando attraverso i “materiali normativi”: entrambi
(economisti e giuristi), per darsi una legittimazione scientifica, si auto
impongono vie più tortuose, per arrivare alla sostanza delle questioni, che
spesso viene raggiunta in modo riduttivo, trascurandone importanti chiavi di
lettura, perche non formalizzabili nel “modello” o non previste da “materiali
normativi”. Nasce una specie di “autocensura” rispetto a una serie di
ragionamenti che disturberebbero la metodologia sottostante, sia essa quella
“sociomatematica” sia quella “normativa”. Questo finisce per creare solchi più
o meno vasti tra il bagaglio culturale delle pubbliche opinioni e quello delle
comunità scientifiche, che non si pongono da una molteplicità
di punti di vista che inveceil senso comune coglie, anche se
magari non li approfondisce. Gli esponenti della pubblica opinione, o i
giornalisti (par.4.4), non subiscono questi condizionamenti, e non si chiudono
ad alcuna prospettiva di analisi, pur riflettendo in modo estemporaneo sui vari
temi della vita associata. Per questo proprio i giornalisti hanno occupato pian
piano lo spazio di attenzione che gli studiosi sociali hanno lasciato vuoto. Ciò
si è puntualmente verificato, come vedremo, in materia di
determinazione dei tributi.

222 di 704
nel bagaglio culturale della pubblica opinione 351.
L'interlocuzione del giurista era quindi soprattutto
tecnica, con giudici e avvocati, con una importanza
relativamente alta della legislazione (fino a collocare
gli studi giuridici in "facoltà di legge", anziché "i
diritto352). Anche nei rapporti con la politica il
giurista era visto come un tecnico, utile redattore
"notarile", di scelte altrui.
La necessità di
studio delle
istituzioni
Nell'età industriale, il moltiplicarsi delle istituzioni
giuridiche (par.1.3) rese necessaria anche una
spiegazione d'insieme sul loro ruolo nei rispettivi
settori di intervento; aumentavano infatti le
funzioni non giurisdizionali, ma pur sempre
giuridiche, da analizzare nei termini indicati, per la

351
Si tratta dopotutto di vicende comprensibili, come le liti tra
privati per contratti eseguiti male, debiti non pagati, dissidi tra
coeredi, danneggiamenti, e altre cause di discordia sociale,
comprensibili nell'insieme anche senza appositi studiosi sociali.
Il nocciolo della funzione giurisdizionale nella sua semplicità si coglie
digitando su youtube “Aronne Piperno”. Anzi, la semplicità della maggior
parte delle questioni si ritrova in modi di dire come “pacta sunt servanda” e chi
rompe paga”, cui si è sovrapposta la più altisonante responsabilità aquiliana o;
dietro l’aulico brocardo inadimplenti non est adimplendum c’è la semplice
canzone popolare romana sul mancato pagamento dell’oste che aveva
annacquato il vino. La complicazione di questioni semplici riflette la legittima
tendenza dei giuristi ad acquisire importanza e autonomia rispetto alla politica,
con ipocrisie e paludamenti, spesso fastidiosi all’esterno (si pensi alla nota
invettiva di Lutero Juristen Bose christen, alla figura manzoniana di
Azzeccagarbugli fino al processo di Kafka). Questa predisposizione alla
complicazione, innocente finchè le questioni sono semplici, diventa distruttiva
man mano che si complicano. In questa misura l’originario obiettivo di
legittimazione comporta una oggettiva delegittimazione. Da questo circolo
vizioso si esce solo ampliando l'interlocuzione del giurista da
quella tecnico-forense a quella di studioso sociale delle
istituzioni, secondo uno dei fili conduttori del volume, di cui
diremo soprattutto al paragrafo 4.7.
352
) Anche l’espressione “facoltà di giurisprudenza” sottintendeva un
riferimento alla formazione forense, trascurando il sempre più importante
“diritto non giurisdizionale” nel senso indicato al par.1.3.

223 di 704
determinazione dei tributi, all'inizio di questo
paragrafo353.
bisogno di studiosi
sociali giuristi
paralleli agli
economisti
Questa necessità di studio delle istituzioni, da parte
dei giuristi, era parallela allo studio delle aziende e
degli scambi privati da parte degli economisti354.
Sulla suddetta tradizione tecnico-professionale
del diritto doveva inserirsi questa naturale
evoluzione del giurista come studioso sociale,
creatore di spiegazioni di insieme delle varie funzioni
istituzionali, nonché interlocutore-punto di
riferimento per il pubblico dibattito con le classi
dirigenti e la politica. Accanto al "giurista tecnico",
conoscitore "delle norme", serviva in molti settori un
giurista "studioso sociale" delle relative funzioni
istituzionali355.
Ispirazione alle
scienze fisiche
nell’oggetto,
anziché nel metodo

La tradizione forense, con la sua importanza della


legislazione, spinse invece il diritto a seguire un
particolare criterio di ispirazione alle scienze fisiche.
Invece di guardare al metodo, come indicato sopra
per l'economia a proposito della formalizzazione
matematica356, il diritto guardò all'oggetto.

353
) In modo da elaborare quella spiegazione sociale di insieme che è tanto più
necessaria quanto più il bagaglio culturale comune è insufficiente a inquadrare
il rispettivo settore della società.
354
Come sopra rilevato, anche gli economisti, necessari con la
produzione di serie e la rivoluzione industriale, si erano ispirati
alle scienze fisiche "nel metodo" (matematico).
355
Vedremo che l'attaccamento eccessivo al primo ruolo
indicato nel testo ha ostacolato il secondo.
356
) Che aveva guardato alla matematica, esprimendo i comportamenti sociali
con funzioni algebriche, diagrammi e modelli definibili come
“sociomatematica”.

224 di 704
Quest'ultimo consiste nel c.d. "dato normativo" 357,
riferito in prima battuta, come sopra rilevato, alla
legislazione(358), e quindi alle sentenze, agli atti di
istituzioni interne e sovranazionali, alla stessa
dottrina, divenuta "oggetto di se stessa". Definiremo
quest'insieme, accomunato dalla presenza di una
qualche veste di autorità359, con l'espressione
"materiali normativi".
I pregi del
positivismo
giuridico
Il loro denominatore comune è di essere dati posti
(imposti) da qualche autorità, dal che la definizione
di "positivismo giuridico"; in questo modo
l'ispirazione alle scienze fisiche si conciliava col
tradizionale retroterra forense del diritto
giurisdizionale360. L'attenzione al diritto positivo,
rispetto a ineffabili e discutibili "valori", era un passo
avanti, rispetto allo sfuggente concetto di “diritto
naturale"361.
La trascuratezza
per le istituzioni
Il lato negativo del giuspositivismo era guardare a
una "realtà normativa", trascurando la realtà
istituzionale degli uffici (istituzioni) preposti alle

357
Secondo la già indicata ispirazione alle scienze fisiche, il “dato naturale” di
queste ultime viene quindi sostituito dal “dato normativo”, come “oggetto”
delle scienze giuridiche; di tale “dato” gli studiosi si presentano come asettici
analisti, cercandovi recondite verità, come i chimici fanno per i minerali.
358
Particolarmente importante, ripetiamo, per la funzione
giurisdizionale.
359
) Autorità legislativa, giurisdizionale, amministrativa o persino dottrinale.
360
) Dove le istituzioni devono decidere guardando indicazioni
legislative e precedenti, senza essere particolarmente
condizionate dalla realizzabilità del proprio incarico,
consistente solo in un "giudizio", anziché in un compito
materiale (par.1.3). Inoltre nella funzione giurisdizionale le istituzioni
passano relativamente in secondo piano rispetto alle persone
che ne fanno parte, cioè il giudice come individuo.
361
) Il diritto naturale era smentito dalla stessa mutevolezza, nel
tempo, delle scale di valori e delle concezioni etico-sociali.

225 di 704
varie funzioni pubbliche, indicate al par.1.3; la
legislazione e gli altri "materiali normativi"
prendevano così il posto delle istituzioni, come "dato
di realtà" cui dirigere il diritto362. E' un inconveniente
relativamente trascurabile per il diritto
giurisdizionale363, spiegabile (salvi i tecnicismi) in
base al bagaglio culturale della pubblica opinione;
l'istituzione-giudice è infatti concepibile quasi in
senso personalistico (364) e il tradizionale peso della
funzione giurisdizionale metteva le istituzioni
relativamente in secondo piano rispetto ai giudici
che ne facevano parte. Per tutti questi motivi, nel
diritto giurisdizionale, gli inconvenienti del
positivismo si avvertivano poco; qui infatti si riusciva
comunque ad arrivare alle istituzioni, sia pure
indirettamente e faticosamente, attraverso i suddetti
"materiali normativi".
Gravità degli
inconvenienti per le
istituzioni non
giurisdizionali
Nelle altre funzioni giuridiche, soprattutto non
giurisdizionali, il normativismo ha reso i giuristi
meno consapevoli che il diritto è una scienza sociale
dedicata alle istituzioni. L'intreccio tra metodologia
normativistica, tradizionale interlocuzione
tecnico-casistica e timidezza burocratica rispetto
alla politica365 ha frenato l'evoluzione del giurista
come studioso sociale delle istituzioni, rivolto alla

362
Nella già indicata tendenza generale delle scienze sociali ad ispirarsi, per un
verso o per un altro, alla metodologia delle piu’ prestigiose “scienze fisiche”.
363
Dove la rilevanza della normativa è massima, come indicato ai
par.1.3, 2.1 ed altri. .
364
Potrei dire "antropomorfico", perché il giudice, quantunque
appartenente a un ufficio, ha margini fortissimi di governo della
causa.
365
) E’ la timidezza burocratica già descritta sopra per il diritto giurisdizionale,
indotta dall’onnipotenza legislativa.

226 di 704
nuova platea degli interessati al relativo
funzionamento366.
L’equivoco
rapporto con “la
pratica”
E' stato impostato in modo semplicistico il rapporto
tra teoria e pratica, in quanto quest'ultima è rimasta
ancorata alla casistica forense, senza essere
generalizzata come teoria; quest'ultima si è cioè
concentrata sui "materiali normativi", con buone
dosi di scientificità esteriore di cui diremo, mentre la
pratica non si è distaccata dalla casistica367. In
questo modo il diritto non ha aggiunto alla
tradizionale interlocuzione tecnica con giudici e
avvocati una spiegazione e interlocuzione con la
società, ed i settori di pubblica opinione e classi
dirigenti (par.1.6), interessate alle varie funzioni
pubbliche, nel nostro caso la determinazione dei
tributi.
sopravvalutazione
della politica e la
supplenza degli
economisti
Ispirandosi alla tradizionale matrice giurisdizionale il
diritto ha continuato ad attendersi soluzioni dalla
politica, alternando verso di essa critiche e
invocazioni di intervento368, come indicato al par.2.4;
366
) Mi riferisco ovviamente agli interessati alle rispettive funzioni istituzionali
nelle classi dirigenti e nella pubblica opinione, come definite al par.1.6.
367
Dove il "diritto" era generale non era "pratico", avendo
riferimento alla realtà normativa, non a quella effettiva. Dove il
diritto era "pratico" non era generale, ma casistico, perso sulle
"subtilitates" (i casi curiosi e sottilmente "limite") della
tradizione forense.
368
Si ricorderà dal par.2.1 l'importanza di scale di valori
legislative nella funzione istituzionale di soluzione delle
controversie (diritto giurisdizionale). Solo per questa
precisazione delle scale di valori la politica è onnipotente, in
termini di recezione e sintesi delle varie tendenze del gruppo
sociale (tuttavia anche per questa limitata sintesi occorre un
coordinamento di valori, per cui la politica non ha tempo,
delegando da sempre funzionari tecnici, sia pure mantenendo

227 di 704
sulla politica viene scaricato il malessere degli
operatori del diritto per il cattivo funzionamento
delle istituzioni, dipendente invece da carenze di
spiegazioni d'insieme. Non ci si accorge così che il
diritto trascura l'interlocuzione sociale sulle varie
funzioni istituzionali, nel nostro caso quella di
determinazione dei tributi, ed invoca il potere, senza
sapere cosa dirgli. sembra quasi che il preconcetto
dell'onnipotenza legislativa debba trasformarsi in
onniscienza, e il potere debba intuire da solo cosa
deve fare, senza studiosi delle istituzioni (369). Si
dimentica che le varie articolazioni del potere,
legislative, amministrative e giurisdizionali non
hanno compiti pedagogici 370; La figura del giurista,
su di essi ampi margini di supervisione, almeno dai tempi di
Giustiniano e Triboniano).
369
) Nella prospettiva del diritto giurisdizionale, che fornisce al
giudice i criteri per comporre le controversie tra privati, il
legislatore ha bisogno di indicazioni solo per l'interlocuzione
tecnica, col giurista in funzione "notarile". Le priorità valoriali
generali della società, nell'ottica tradizionale del diritto
giurisdizionale, sono considerate infatti alla portata del
legislatore. I giuristi, su questa semplicistica premessa, temono
forse di sconfinare, con suggerimenti alla politica, nel mondo
del "dover essere", delle scale di valori, perdendo così la
propria kelseniana purezza ; il punto è interessante per tesi di
laurea o di dottorato, ma segnalo di colleghi che, davanti a mie
osservazioni sulla determinazione della ricchezza, questione
oggettiva, ribattevano che quella è politica come se si trattasse
del livello delle aliquote (par.1.9). Il potere politico può
giungere alle normali scale di valori sull'apprezzamento o
riprovazione dei più diffusi conflitti di interessi tra i consociati,
ma non ha alcuna onniscienza sulle istituzioni in generale, ed
ha bisogno degli studi sociali di cui stiamo parlando.
370
) L’abbiamo già visto al par. 2.4 per le istituzioni, lo vedremo al par.4.4 e 5.3
per amministrazioni e giudici. Le istituzioni hanno il compito di ordinare, non
di spiegare. Molti loro esponenti, che pure vedono dilatati i propri spazi di
manovra e di supplenza per via di questa situazione, se ne lamentano, dal punto
di vista dell’interesse generale. Carla Barbati mi ha riferito di consiglieri di
stato (francesi) critici verso gli studiosi di diritto, visti come in attesa delle loro
sentenze, senza dare agli stessi consiglieri di stato (dopotutto anch’essi
“operatori pratici”, sia pure di alto livello) le lezioni di cui sentivano di avere

228 di 704
studioso di istituzioni pubbliche, non si è quindi
affiancata a quella dell'economista, come studioso
delle aziende e degli scambi economici371;
l'economia, trattando la sostanza, anche se nelle
formalizzazioni matematiche, ha riempito molti spazi
di analisi delle istituzioni lasciati vuoti dal diritto,
come vedremo al par.4.4 per la determinazione dei
tributi; anche nella sanità, nell'istruzione,
nell'ambiente, nelle infrastrutture, etc., gli
economisti hanno guadagnato terreno, occupandosi
direttamente delle questioni, rispetto a giuristi che
nella migliore delle ipotesi vi arrivavano
indirettamente dai "materiali normativi" "372.
L’equivoco
“rigore” normativi
stico: dai
ragionamenti ai
riferimenti
Dalla sopravvalutazione dei suddetti "materiali
normativi" deriva il preconcetto che il discorso
giuridico sia "rigoroso" solo se veicolato attraverso
di essi.
Nasce quindi il preconcetto di dover procedere per
riferimenti, con avalli anche per riflessioni
palesemente sensate rispetto al bagaglio culturale
degli interlocutori; questo pregiudizio ostacola la
trattazione diretta di istituzioni, uffici, persone,
poteri373, mettendo in secondo piano la sostanza

bisogno.
371
) E’ del tutto normale che le scienze sociali si pongano da diversi angoli
visuali della convivenza; gli economisti dovrebbero occuparsi degli scambi di
mercato, e i giuristi dei pubblici uffici operanti fuori mercato.
372
) Invece di parlare di sanità, istruzione, ricerca etc.., il diritto parlava della
legislazione sulla sanità, l’istruzione, la ricerca, etc.. Ciò faceva perdere
interesse e credibilità ai giuristi, mantenendoli in una
interlocuzione "tecnico-casistica" e nella già indicata
tradizionale funzione notarile rispetto alla politica.
373
) Non si cerca più, quindi, di coordinare la realtà dei tribunali, dei
commissariati, delle università, degli ospedali, dei campi di battaglia, degli
uffici tributari, ma quella della legislazione, degli altri “materiali” e dei libri di
dottrina che li citano, fino a paradossi cui si addice il monologo di Gaber sulla

229 di 704
istituzionale e umanistica, del diritto. I suoi
contenuti storici e comparatistici sono circoscritti
alle rispettive materie, mentre potrebbero vivificare
tutto il diritto positivo, dove chiunque affronti
direttamente la sostanza, senza la mediazione di
"materiali normativi", rischia critiche di scarsa
scientificità 374.
Carenza di
spiegazione sociale
e confusione
normativa
In questo modo il diritto, invece di evolversi sulla
strada degli studi sociali, si è sempre più appiattito
sulle scelte contingenti delle autorità, politiche,
giurisdizionali o amministrative. Le quali invece, del
tutto legittimamente, governano situazioni
specifiche375, senza il compito di fare formazione
sociale o coordinare concetti. Il disorientamento su
una certa funzione pubblica376 non può quindi essere
contrastati almanaccando sui "materiali normativi";
anzi, se nella pubblica opinione si intrecciano, su una
determinata funzione istituzionale, atteggiamenti
contrastanti e confusi, i "materiali normativi" non li
sistematizzano, ma li assecondano altrettanto
confusamente 377; per questo le funzioni istituzionali

scelta di Giotto di dipingere il cielo azzurro, visibile digitando su youtube


Giotto da Bondone Gaber oppure https://www.youtube.com/watch?
v=7sPNe1lW2bg.
374
) Vedremo al paragrafo 5.8, ad esempio, che il giudizio di fatto, in quanto
“empirico” e non legislativo , viene guardato con diffidenza, pur riempiendo
almeno la metà dell’universo giuridico, in particolar modo nella determinazione
dei tributi (che infatti è sbilanciata sul regime giuridico della ricchezza
dichiarata, come abbiamo iniziato a rilevare al par.3.9 e vedremo ai par.5.17 ss.
e 6.10 sul contenzioso).
375
) Cioè a “gestire situazioni” particolari.
376
) Nel nostro caso la determinazione dei tributi.
377
) Si ricordi quanto indicato , per l’attività legislativa, al par.2.4, per capire
che la ricerca di una arcana e geometrica coerenza all'interno dei
materiali normativi è l’ultimo dei problemi delle autorità che li redigono.
Questa esigenza viene avvertita quanto più esiste una spiegazione sociale
condivisa dei relativi settori istituzionali, come spesso è per la risoluzione e

230 di 704
non sono spiegabili ammiccando a geometriche
coerenze all'interno dei "materiali normativi"378,
scambiati per il "dato naturale" delle scienze fisiche
379
.
La scientificità
esteriore
Quest'equivoca idea di scientificità non può
intuitivamente essere soddisfatta con la mera
riproduzione 380 dei materiali normativi; La
tradizionale interlocuzione giuridica del diritto
giurisdizionale (par.1.3), subordinata alla politica,381,
e tradotta nel normativismo pone le premesse di una
pubblicistica che non riproduce meccanicamente i
materiali normativi, ma vi cerca verità recondite,
geometrie solitamente estranee agli intendimenti
dei loro redattori. E' una ibrida soluzione di ripiego
che potremmo chiamare "scientificità esteriore".
Essa interagisce, anziché con l'interlocutore, coi
"materiali normativi", giocandovi di sponda e
alludendo a significati latenti di commi, capoversi,
combinati disposti, autorevoli dottrine, documenti e
"arresti giurisprudenziali"; si mescolano stralci di
materiali normativi e dottrinali, divagazioni, giri di
parole, espressioni di circostanza, luoghi comuni

prevenzione di controversie tra privati, cioè il diritto giurisdizionale di cui al


par.1.3.
378
) Che lo studioso dovrebbe spiegare secondo la già descritta
ispirazione metodologica alle scienze fisiche, indicata all’inizio del paragrafo,
col “dato normativo” messo al posto del “dato naturale”...
379
) Secondo il già indicato preconcetto “scientistico”, in cui la scienza si
trasfigura in una nuova religione, diretta a rispondere ai consueti dubbi umani
sull’origine delle cose, l’uomo, la natura etc.. (la “fisica” viene distorta cioè
verso il soddisfacimento dei consueti bisogni “metafisici” dell’uomo e
paradossalmente la scienza diventa fede, ovvero credenza).
380
) E’ infatti intuitivo che riprodurre pedissequamente articoli di legge,
sentenze e altri “materiali” è alla portata di tutti, più ancora dei discorsi di senso
comune per cui si teme di essere considerati “non scientifici”.
381
Di cui si interpretava il volere, vuoi come avvocati, davanti a
una legislazione onnipotente nelle scale di valori (par.2.1), vuoi
come redattori di regole, sempre su impulso politico.

231 di 704
economico-politico-sociali, riferimenti fattuali,
collegamenti di cronaca, esibizioni sapienziali,
abbastanza in tema per alludere a qualche
significato recondito382. E' un discorso indiretto che
parla per riferimenti" perdendo spesso di vista la
sostanza, soprattutto quando non è immediata da
afferrare.
Degenerazione di
elementi strutturali
E' una degenerazione patologica di elementi
presenti normalmente in qualsiasi discorso, dove
sono sempre presenti, accanto ai contenuti,
espressioni di circostanza, stereotipi, riferimenti e
divagazioni con funzioni di collante; si tratta di
introduzioni, legittimazioni del tema383,
ammiccamenti per captatio benevolentiae,
collegamento concettuale, riempitivo dimensionale
384
, abbellimento, manifestazione di erudizione, etc..
La loro finalità può essere anche quella di anticipare
critiche, coprire aspetti dove ci si sente perplessi,
cavarsi di impaccio o disorientare l'interlocutore (385).
382
Nella scientificità esteriore c’è forse un pallido riflesso dell’antico
esoterismo dei riti, delle litanie arcane, come gli incantesimi, ritenuti in grado di
evocare potenze di altri mondi. Questo esoterismo alchemico in versione
scientistica, essendo privo di qualsiasi fascino, è destinato inesorabilmente
all’autoreferenzialità.
383
) Un po’ come le invocazioni alla Musa, che precedevano gli antichi poemi
epici, tipo “cantami o Diva, del Pelide Achille” fino a “Le Donne, I cavalier,
l’arme, gli amori, le cortesie , le audaci imprese io canto”.
384
Le dimensioni degli scritti sono anche una loro forma di
legittimazione, una acquisizione di autorevolezza. Secoli fa
anche Jhering (Serio e faceto nella giurisprudenza edizione Sansoni 1954,
pag.121) rilevava la necessità di opere voluminose per sfondare le porte delle
università. L’autore rilevava che questa tendenza non costituisce solo un
danno in sé, ma scredita tutti i libri, togliendo la voglia di leggere e di
scrivere, un po’ come vedremo è accaduto in materia tributaria (Jhering, Op
loc. ult. cit confutando l’obiezione secondo cui i libri non mordono e chi vuole
li può sempre scansare).
385
E’ una tecnica cui corrisponde la fortunata metafora
cinematografica delle "supercazzole" , entrata nel 2015 nel
lessico corrente del Dizionario Zingarelli per indicare un

232 di 704
Si va verso la scientificità esteriore quanto più questi
passaggi di circostanza, questi ammiccamenti
convenzionali di contenuto solo apparente, si
moltiplicano, come in un'infezione, facendo perdere
un filo logico al discorso; la cui sostanza viene
dapprima messa in ombra, fino a svanire del tutto
nei casi più gravi, secondo una infinita gamma di
sfumature intermedie386.
La perdita del
collegamento con
l’interlocutore
(sensatezza)

La diffusione, e il successo, della scientificità


esteriore, sono dovuti 387 anche alla sua resistenza
alle critiche di merito. Esse diventano infatti
metodologicamente impossibili nella misura in cui
manca un effettivo filo logico. E' fuori luogo parlare
di verità o falsità per ciò che solo in apparenza ha un
senso compiuto, una capacità reale di interlocuzione
con un qualche uditorio, precondizione di

miscuglio puramente verbale privo di senso logico, ma idoneo


a confondere gli interlocutori con espressioni potenzialmente in
tema. Basta osservare su youtube "Raccolta Supercazzole
Tognazzi" per una rassegna, nel quadro di discorsi senza senso
compiuto, di ammiccamenti disorientanti per l'interlocutore,.
come "vicesindaco" col vigile urbano,"dominus vobiscum" col
parroco, "cappelle e fuochi fatui" col custode del cimitero,
"pentolone" con l'aiuto cuoco, "trazione" con l'ortopedico
Sassaroli, che però non si fa ingannare. Con la stessa logica
procede la scientificità esteriore nel diritto, dove le
supercazzole (ormai entrate nello Zingarelli) si trasfigurano in
giuricazzole , neologismo di mia invenzione; esso ammicca a
un'ipotetica sostanza, quanto basta per disorientare
l'interlocutore, inducendolo alla condiscendenza che vedremo
tra un attimo nel testo.
386
) Con paragone medico potremmo parlare di metastasi, intesa come
degenerazione della parte meramente convenzionale del discorso, che cresce a
dismisura, soffocandone i contenuti sostanziali.
387
Oltre al già indicato preconcetto di doversi esprimere
attraverso i "materiali normativi".

233 di 704
scientificità umanistico-sociale, come vedremo al
par.4.7.
E' una tendenza autoprotettiva, che da una parte
consente di assecondare il preconcetto di doversi
esprimere attraverso i materiali normativi, dall'altra
è immune da critiche in quanto priva di reali
contenuti. Questa accusa di inconsistenza viene però
prevenuta attraverso discorsi, come già rilevato,
apparentemente in tema. Entrare nel merito e farsi
capire è invece controproducente perché,
valorizzando una sostanza, mostra le proprie
criticità, e si espone a critiche.
Il disorientamento
degli interlocutori
Questa modalità espositiva in parte deriva dal
recepimento passivo di tendenze ambientali388, dove
talvolta l'autore "mette del suo", disorientando
attivamente gli interlocutori. Il bagaglio culturale
degli interlocutori viene in questo modo
obiettivamente spiazzato, generando in essi il
dubbio di non capire qualcosa; il destinatario di
queste esposizioni finisce quindi per chiedersi se è
lui a non capire, o l'autore a non spiegarsi.
Le difficili
sconfessioni
La sconfessione è quindi l'unico antidoto contro la
scientificità esteriore, ma è una difesa spesso
difficile da formalizzare. Un'aperta sconfessione di
discorsi in cui non si individua un senso effettivo è
logorante, impegnativa, imbarazzante e
improduttiva389; spesso quindi si preferisce sorvolare
388
)Dove si procede per imitazione, comportandosi “come fanno tutti”.
389
) Impegnare la mente per dimostrare che un certo scritto, al di là delle
apparenze, è privo di sostanza, non conduce a un risultato “scientifico”, sia pure
“umanistico-sociale”, nel senso indicato al par.4.7 (nuove prospettive e chiavi
di lettura nell’analisi dei comportamenti umani e sociali). Dimostrare che
gli scritti di Tizio o Caio sono un bluff non interessa a nessuno
nella società (anzi confrontarsi col nulla evoca l’esoterico
aforisma Abyssus abyssum vocat , mentre una legge di Murphy
invita a non discutere mai con un idiota, la gente potrebbe non

234 di 704
sugli aspetti di scientificità esteriore, concentrandosi
sugli aspetti di sostanza percepibili in una qualche
misura accanto agli stereotipi390. Molte
convenienze inducono infatti alla cautela verso
questa sconfessione, prima di tutto perché essa può
apparire offensiva nelle piccole accademie
relazionali391, ristrette e autoreferenziali, in cui si
frammentano le scienze sociali. Visto che, come già
rilevato, riempitivi ed espressioni di circostanza
ricorrono in qualche misura in tutta la
comunicazione umana, le sconfessioni espongono a
strumentali ritorsioni392. Quest'imbarazzo spinge
spesso, un po’ ipocritamente, a canalizzare il proprio
disappunto per la mancanza di senso compiuto del
discorso come se fosse una critica di merito393;
questo espediente, comodo nell'immediato per
togliersi dall'imbarazzo, legittima però
paradossalmente la suddetta scientificità esteriore;
non a caso chi la utilizza attira sempre più spesso i
potenziali critici nella trappola di un impossibile
confronto di sostanza.
Scarsi
inconvenienti in
settori”
accessibili”
Gli effetti diretti sulle varie accademie, e indiretti
sulla società e le istituzioni, sono diversamente
gravi; sono minori nella misura in cui il bagaglio
capire la differenza). E' più interessante, come stiamo facendo
qui, analizzare i motivi che portano ai discorsi in esame, e le
relative tecniche.
390
) Si ricordi infatti che queste superfetazioni di stereotipi si intrecciano anche
con discorsi provvisti spesso di un qualche senso, secondo le sfumature
intermedie indicate sopra.
391
) La cui frammentazione e specializzazione imita le analoghe caratteristiche
indicate sopra per le scienze fisiche, spesso riuscendoci solo nel sussiego
esteriore.
392
) Ispirate a una polemica e strumentale reinterpretazione dell’evangelico chi
è senza peccato scagli la prima pietra.
393
) Mentre al contrario, nel discorso, il merito, inteso come sostanza, manca
del tutto.

235 di 704
culturale della pubblica opinione fornisce comunque
una spiegazione d'insieme della relativa funzione
istituzionale 394; in questa misura resta possibile un
qualche controllo sociale, nonostante gli studiosi si
limitino alla sopra indicata tradizionale
interlocuzione tecnica, tra gli addetti ai lavori, senza
un'evoluzione del diritto come "scienza sociale"395.
L’insuccesso
teorico nei settori
complessi
Man mano che il settore si complica, come la
determinazione dei tributi, l'indebolimento del
ragionamento da parte della scientificità esteriore
crea maggiori danni sociali396. In particolare viene
ostacolata la spiegazione di insieme, da cui avevamo
preso le mosse all'inizio di questo paragrafo. Viene
infatti bloccato il coordinamento tra le due modalità
di determinazione dei tributi, cioè quella contabile
attraverso le organizzazioni e quella valutativa
attraverso gli uffici tributari; più in generale le varie
riflessioni sul tema della pubblica opinione restano
scoordinate, come pure i brandelli di altre discipline

394
In questi limiti, il disorientamento e la confusione provocati
dalla scientificità esteriore restano limitati, e l'interlocuzione
sociale nel settore si svolge comunque.
395
) In questi settori il danno della “scientificità esteriore” resta all’interno
dell’interlocuzione tecnica. Non si capiscono più avvocati, magistrati,
commercialisti, funzionari, e altri addetti ai lavori, ma gli inconvenienti
riguardano solo chi ha la sfortuna di capitare in un tritacarne fatto di
incomprensioni. Tuttavia per capire il danno sociale relativamente modesto
basta pensare quanto sono scarsi gli individui che, in vita loro, hanno subito un
processo penale o promosso una causa civile. Se la giustizia è un inferno, di
solito ci si mette d’accordo, e tanto peggio per chi ci capita, ma sono rari i casi
in cui si ha motivo di dolersi che sia “morta la giustizia” (cfr, il brano del
“marchese del grillo” visibile digitando su youtube “Il Marchese del Grillo - E'
morta la Giustizia” https://www.youtube.com/watch?v=Z0PyhVgbU3Q (che è
il seguito della già segnalata scenetta di “Aronne Piperno”)
396
Spesso la dose di scientificità esteriore è talmente elevata da
trasformare il discorso in una mistificazione, bluff nel gergo del poker,
tanto più deprimenti quanto più redatte in buona fede, per imitazione, pensando
che la scientificità sia questo.

236 di 704
economico-sociali che sfiorano la determinazione dei
tributi; la tradizionale matrice amministrativa del
diritto tributario resta infatti scoordinata rispetto alla
gestione aziendale, alla politica, all'economia, alla
diffusa rilevanza tributaria di atti di diritto comune
(397).
E il fallimento della
via giurisdizionale
Quanto più le riflessioni sono numerose e
complesse, tanto più è difficile fare ordine
partendo dai materiali normativi. Fu invece
proprio questa l'impostazione dei processualisti, e
degli avvocati, che avviarono l'accademia del diritto
tributario, con generosi e sterili tentativi di
conciliarne la matrice amministrativa con modelli
tipici della giuridicità giurisdizionale, come il credito,
l'obbligazione, il processo, etc. 398. Si trascurava così
che la giuridicità della determinazione dei tributi è
tipicamente "non giurisdizionale", come indicato al
par.1.3; quest'applicazione fuori luogo di schemi
tratti dal diritto giurisdizionale ha assecondato la
tendenza amministrativa a demandare la decisione
al giudice, e ad attendersi la soluzione dal
legislatore, in una spirale di
deresponsabilizzazioni399. Ne è derivata la tendenza
a privilegiare contestazioni di diritto e di rito,
comunque formali, trascurando la determinazione
della ricchezza non calcolabile attraverso le
397
) Si ricordi la c.d. digressione degli atti in fatti di cui al par.3.9.
398
) Segnaliamo, al riguardo, non solo la disputa sulla nascita dell’obbligazione
tributaria, poi estintasi per consunzione, ma anche la spiegazione delle
dichiarazioni dei redditi con figure civilistiche ( dichiarazione di
volontà/scienza etc. par..3.4). Lo stesso è avvenuto per la sostituzione di
imposta (par.3.6), l’onere della prova (par.6.2), la nullità degli atti impositivi
(par.6.1), il valore delle circolari interpretative (par.5.4), la natura “transattiva”
dell’accertamento con adesione (par.6.4), ma gli esempi potrebbero
moltiplicarsi.
399
) E’ l’atteggiamento in cui gli uffici amministrativi erano tutto sommato
contenti di deresponsabilizzarsi, davanti a una pubblica opinione sempre più
disorientata e quindi, per opposti motivi, incattivita.

237 di 704
organizzazioni. La funzione istituzionale tributaria,
rappresentata dalla determinazione della ricchezza è
così sfuggita all'accademia, da cui non è giunta la
spiegazione d'insieme della determinazione dei
tributi, di cui avevamo visto la necessità all'inizio del
paragrafo400; ne è derivata la mancata comprensione
dei più complessi fenomeni della tassazione
attraverso le aziende, della c.d. autotassazione
e del coordinamento tra determinazione contabile e
valutativa della ricchezza (401).
Divagazioni sugli
effetti dei tributi
Una valvola di sfogo fu quella di occuparsi degli
effetti politico-economici delle imposte, che però non
spettano ai tributaristi, come indicato al par.1.7. E'
un riflesso della tendenza generale dei giuristi a
reagire all'angusta prospettiva del normativismo
cadendo nell'eccesso opposto; sconfinare nella
politica rinnega infatti le aspirazioni positiviste,
trascurando la possibilità di soddisfarle attraverso lo
studio delle istituzioni. Bisognerebbe dedicare tesi di
laurea o dottorato a questa riproposizione del
rapporto tra diritto e politica, cui si cerca di
insegnare il mestiere 402.
400
) Rispetto alla quale è strumentale la determinazione della
ricchezza cui i tributi più complessi, cioè le imposte, fanno
riferimento
401
Par.1.4 , 1.5, poi par.3.13, 4.5, 5.9, 5.17 ss, dove sotto una
pluralità di diversi profili si inquadrano questi concetti.
402
Abbiamo visti esempi immaginifici di queste commistioni con la politica nei
vari volumi di Tremonti, soprattutto la Fiera delle Tasse, il Mulino, 2003,
oppure tortuosi, come Gallo, Le ragioni del fisco, Il Mulino, 2010, fino a
fumosi programmi su tutti gli aspetti dell’attualità politica (Boria, Lo stato
impossibile, Cedam, 2013). Un’apprezzabile cerniera tra aspetti politici,
economici e giuridici dei tributi si trova in Stevanato, La giustificazione
sociale dell’imposta, Il Mulino, 2014, che valorizza adeguatamente anche il
ruolo delle istituzioni amministrativo-tributarie. Le divagazioni politiche
riflettono la crisi metodologica più generale degli studi sociali, insteriliti
nell’imitazione delle scienze fisiche. L’ex ministro delle finanze Vincenzo
Visco, è stato un esempio di come, in perfetta onestà e buona fede, in questi
ibridi tra studio sociale e politica possano unirsi le difficoltà di comunicazione

238 di 704
Scientificità
esteriore e
svalutazione del
pensiero
Impantanata tra tecnicismi normativi, faticosi o
incomprensibili, e divagazioni di politica tributaria,
l'accademia non poteva che perdere gran parte del
proprio iniziale entusiasmo. Avanza quindi la
scientificità esteriore403, che vanifica le valutazioni di
sostanza, essendone come detto priva, è divenuta
strumento di potere accademico404; si è quindi
sviluppato e diffuso un istintivo fastidio verso i
discorsi con un filo conduttore, una larvata
ostilità per chi cerca di andare alla sostanza della
determinazione dei tributi 405. Quest'ultima
addirittura inizia a infastidire, coi riferimenti che
rimpiazzano pian piano i ragionamenti, in una specie
di autosterilizzazione graduale rispetto al pensiero e
all'"originalità", inscindibile dal ragionamento 406.

dell’accademia con l’approccio riduttivo della politica.


403
L’avanzare della “scientificità esteriore” trasforma in un incubo non solo
leggere, ma anche scrivere. Sono aumentati sempre più, anche nell’accademia,
gli archetipi dei disorientati in buona fede e dei professionisti in cattedra .
Forse per questo si fanno tanti convegni, ma a forza di trascurare la sostanza, e
parlare per riferimenti normativi, anche molti di loro ricordano un po’
questa scenetta di un film di Woody Allen reperibile su youtube
digitando Allen – Amore e Guerra- Welcome idiots(1975).mp4).
404
Si tratta di atteggiamenti di minoranza, che però possono
dilagare , per via dell'indifferenza, della cautela, del
disorientamento e del conformismo diffusi nella maggioranza,
provocando le disfunzioni indicate nel testo. Erano però
minoranze sufficientemente forti per innescare la già indicata
tendenza a "coprire" la scientificità esteriore con avalli
reciproci, facendola quindi dilagare.
405
La sensatezza, nel suddetto senso di comprensibilità, è
percepita con indifferenza e fastidio, quasi come devianza da
una sorta di mainstream, inteso come atteggiamento cui tutti si
sono assuefatti. Parlare di determinazione dei tributi, cioè di
sostanza, sembra mettere in discussione il preconcetto di
un'accademia depositaria di un arcano sapere esoterico, ormai
autoreferenziale.

239 di 704
Lo scollamento
dell’accademia
In questo modo la sostanza, aggregatrice di qualsiasi
"comunità scientifica", si indebolisce e in
proporzione si radica la suddetta scientificità
esteriore; elementi relazionali si innestano sul
reclutamento universitario, in un uso privato (c.d.
"baronale") di risorse pubbliche, sia nella funzione,
sia nel finanziamento.
In questa misura l'accademia diventa così
un'espressione burocratica407, diretta alla spartizione
di peso specifico e cattedre408; queste ultime a loro
406
La scientificità esteriore sopra descritta è dilagata, come è
normale, senza una riflessione, ma seguendo una
proporzionale atrofia del pensiero, che ha come vampirizzato
tanti membri dell'accademia. Che hanno cominciato a essere
tenuti assieme solo dalla ripartizione di un potere accademico,
ridotto a ben poca cosa. Questo diffuso sonno della ragione , ha
prodotto mostri , in quanto la morte mentale può tecnicamente trasformare in
“carogne", desiderose di spengere negli altri ogni residuo
barlume di ragionamento, che loro hanno perso (come nei
romanzi di Bram Stocker o nei film di George Romero, la
tendenza è all'assimilazione nella scientificità esteriore e nella
spartizione del potere all'interno di un'accademia ridotta a
cimitero mentale). A parte queste patologie, la maggioranza
dell’accademia resta di “brave persone” , per cui però, in attesa di un collante
che ne rilanci la funzione, vale la battuta di Harry Truman “anche mio zio
Frankie è una brava persona, ma questo non significa che sarebbe un buon
presidente degli Stati Uniti”.
407
) Parafrasando Metternich sull’Italia come espressione geografica,
un’accademia senza sostanza è solo “espressione burocratica”. Le procedure
sulle abilitazioni, sulla valutazione della ricerca, etc., sembrano aver
burocratizzato, in modo verticistico, i criteri relazionali
precedenti, in cui si riusciva paradossalmente a inserire, in
modo spontaneistico, un po’ di sostanza.
408
Le tradizionali spartizioni accademiche "di scuola", frequenti
un tempo, passano sempre più in secondo piano rispetto ad
una cooptazione esclusivamente relazionale, culminata nelle
abilitazioni scientifiche nazionali, dove il principale collante
dell'accademia si è dimostrato la mera riproduzione
universitaria dei singoli; senza contenuti sostanziali
l'importanza scientifica si confonde col numero degli allievi
"sistemati", come gli animali si preoccupano di riprodurre i

240 di 704
volta tendono a diventare strumento personale di
relazioni pubbliche, professionali, politiche o
ambientali, coi contenuti sempre più rarefatti, ed
erosi da estranei al mondo accademico, nei modi
indicati al par.4.4.
La perdita di
rappresentanza
In questa misura l'accademia cessa di essere un
punto di riferimento per il dibattito pubblico, nel
nostro caso quello sulla determinazione dei tributi. E'
la fine di un percorso comune a molte delle scienze
sociali trattate in questo paragrafo, che cercano di
imitare le scienze fisiche e di distinguersi dai
ragionamenti della pubblica opinione sul rispettivo
tema; questo fuorviante risultato può essere alla fine
raggiunto "in peggio", con discorsi intrisi di
scientificità esteriore, autoreferenziali e quindi
peggiori, sul piano del dibattito, di quelli proposti
dagli altri esponenti della pubblica opinione di cui
diremo ai prossimi paragrafi 409.
Inadeguatezza delle
supplenze:rinvio
La pubblica opinione e le classi dirigenti sono così
rimaste prive delle spiegazioni d'insieme e dei punti
di riferimento sulla determinazione dei tributi, di cui
dicevamo all'inizio di questo paragrafo; è un
problema riguardante tutte le scienze sociali, in
proporzione alla necessità di controllo sociale della
pubblica opinione nei rispettivi settori; la soluzione
non sta ovviamente nelle recriminazioni o nei ricorsi
al TAR, ma nella discussione sui parametri

propri “geni”, con un virgolettato d’obbligo..


409
Per una panoramica dei numerosi volumi con cui estranei all’accademia
cercavano una spiegazione d’insieme dell’evasione fiscale, cioè della
determinazione dei tributi vedi su www.giustiziafiscale.com il post Evasione
fiscale: se ne occupano tutti eccetto i professori. Alla fine, le accademie delle
scienze umane, preoccupate di distinguersi dai discorsi degli uomini, anziché
metterli in ordine come vedremo al par.4.17, rischiano di distinguersi “in
peggio” (l’unico aspetto comune agli studiosi delle scienze fisiche rischia di
essere, alla fine, il sussiego).

241 di 704
sostanziali di scientificità umanistica , come
cercheremo appunto di fare al par.4.7. Dopo aver
parlato, ai prossimi paragrafi, delle supplenze
professionali, istituzionali, mediatiche, che hanno
tentato di elaborare spiegazioni d'insieme della
determinazione dei tributi.

4.4. Segue: Mancata spiegazione da parte della cultura


economica, professionale, di istituzioni, aziende e mezzi
di informazione.
Istintive supplenze
rispetto
all’insuccesso
accademico
Varie supplenze cercano di far fronte al malessere
creato dalla mancanza di spiegazioni d'insieme
sulla determinazione dei tributi. Sono reazioni,
istintive e inconsapevoli410 all'insuccesso
dell'accademia, dovute spesso alla lodevole aspirazione a
colmare un vuoto; c’è anche il desiderio italiano di dire la propria
in una discussione che da decenni è sempre al punto di partenza411.
Provenienza e
motivazioni
Le supplenze suddette provengono sia da chi è
coinvolto nell'applicazione dei tributi sotto
prospettive scientifiche differenti (economisti e
sociologi) o per motivi non scientifici, cioè
professionali, politici, giornalistici, sindacali e
di categoria. Qui c’è forse un legittimo desiderio di visibilità
nei rispettivi ambiti, che ispira un po’ tutti; basta pensare ad
economisti, studiosi sociali d’altro tipo, professionisti , opinion
makers, rappresentanti della società e dei corpi sociali intermedi
412
Si tratta di coinvolgimenti spesso occasionali,

410
) Il contesto spontaneistico italiano, in cui tutti si piccano di improvvisarsi su
molto, innesca “in automatico” queste supplenze.
411
Cfr la tendenza italiana, descritta al par.1.6, a mostrare di intendersi un po’
di tutto, con generosità, entusiasmo, ma anche improvvisazione e
approssimazione.
412
Politici, sindacalisti, giornalisti , che per svolgere bene la loro funzione
devono essere interessati ai temi generali della società, prima di doversene

242 di 704
legati alle contingenze della professione, degli
incarichi istituzionali o di dibattiti politico-sociali413.
Atteggiamento
verso l’accademia
Non c'è una critica diretta all'accademia, perché
spiegare i motivi del suo insuccesso sarebbe faticoso
414
e inutile nella prospettiva di queste supplenze.
Criticando l'accademia si ammetterebbe infatti la
necessità di un polo di aggregazione dei
ragionamenti sulla determinazione dei tributi, che
queste supplenze sanno di non poter creare (415).
Solo pochi autori, di estrazione professionale, si
ispirano talvolta alla "scientificità esteriore" 416
dell'accademia, ritenendosi così "più scientifici"417;
altre forme di supplenza, soprattutto nell'editoria
professionale, utilizzano alcuni esponenti
dell'accademia per acquisire parte del suo residuo
prestigio 418.
Insufficienza studi
economici

occupare per incombenze specifiche (nel qual caso più che interessarsi
realmente alla comprensione del problema tendono a trovare la soluzione per
loro più comoda).
413
I discorsi sono di senso compiuto, socialmente controllabili,
ma spesso riduttivi, proprio per l'occasionalità del contatto,
rispetto alla complessità delle questioni.
414
Si ricordi la difficoltà, indicata al par.4.3, di spiegare perché
altri non spiegano e perché discorsi apparentemente in tema
sono solo insiemi di parole senza un filo conduttore.
415
) Criticare l'accademia vorrebbe dire ammetterne
indirettamente la necessità, sminuendo le proprie supplenze,
inevitabilmente occasionali e scoordinate (“all’Italiana”, cioè con
entusiasmo ed improvvisazione, come indicato al par.1.6).
416
) Descritta al paragrafo precedente.
417
) E’ il solito meccanismo secondo cui discorsi poco
comprensibili sembrano “profondi” e quindi “scientifici”. Più
spesso però chi cerca visibilità in campo professionale utilizza la “praticità
esteriore” di cui diremo tra un attimo per l’editoria “tecnico-professionale”.
418
) E' un gioco combinato di legittimazioni (sulla cui importanza
nelle scienze sociali par.4.3) che ha ulteriormente ostacolato
una spiegazione d'insieme della funzione istituzionale di
determinazione dei tributi. .

243 di 704
Gli economisti, primi studiosi sociali ad occuparsi
del tema guardano ai tributi dal punto di vista dei
loro effetti sull'economia (par.1.7), in termini di
crescita, redistribuzione etc.. La funzione
tributaria di determinazione delle imposte è
politico-giuridica, estranea alla logica dello
"scambio bilaterale",da cui si pongono gli
economisti. Inoltre il comportamento delle
istituzioni (par.5.3), non è formalizzabile
nell'economia matematica, del resto anch'essa in
crisi metodologica. Tuttavia gli economisti, pur non
potendo dare una spiegazione d'insieme della
determinazione dei tributi, sono utilissimi
nell'analisi dei "dati sociali" disponibili (infra
par.4.7).
Ristrettezza della
prospettiva
professionale
La c.d. "cultura professionale", benchè più vicina
alle istituzioni, non persegue spiegazioni
d'insieme dei fenomeni sociali, ma supporta la
fornitura dei servizi tributari descritti al par.3.16.
Il professionista non si pone cioè l'obiettivo di
elaborare e fornire spiegazioni d'insieme della
società, ma risolve problemi contingenti,
ricollegandosi alla tradizione dell'avvocato, indicata
al paragrafo precedente; risalire dalla casistica
professionale alle necessarie spiegazioni d'insieme,
di cui la società ha bisogno sulla determinazione dei
tributi, è molto difficile. Per questo, in generale, il
professionista non è, come vocazione tipica, uno
studioso sociale, ma un fornitore di servizi, attento
soprattutto a prendersi e tenersi i clienti. Verso
questi ultimi c'è una necessità di legittimazione, e di
valorizzazione del proprio intervento con tatticismi
estranei agli studi sociali. A questo scopo è spesso
vista come strumentale la visibilità derivante dalla

244 di 704
pubblicistica419, dalle entrature istituzionali o dalla
posizione accademica420 come indicato al precedente
par.4.3. I contenuti diventano però in questo modo
un mezzo e non un fine, cioè indici di visibilità
indiretta rispetto a clienti che riescono solo
indirettamente a controllare le reali capacità del
professionista421. Più il settore è confuso, senza una
spiegazione d'insieme, meno viene valorizzata la
capacità professionale, dispersa nella casistica, nelle
polemiche, nella ricerca di clienti con scorciatoie
relazionali, nelle novità apparenti di cui (come
vedremo) non resta nulla dopo pochi mesi.
Negatività
professionali della
mancanza di

419
) Ad esempio la sezione del quotidiano “Il sole24 ore” dedicata ai tributi è
una sorta strumento promozionale per professionisti, in un settore dove
purtroppo non c’è di meglio. E’ una specie di “interlocuzione tecnico
giornalistica” , dove chi è presentato come esperto da “networks” editorial-
professionali lo diventa per definizione, come se fosse investito da una
commissione di concorso universitario; il vuoto creato da un’accademia
paludata è riempito dagli autori, spesso altrettanto paludati, di questi network
(con frasi tipo questo l’ho scritto sul 24ore, e collaboro col 24 ore); è una
variante tecnica della sostituzione dei giornalisti agli studiosi sociali, indicata al
termine del paragrafo; anche in questa editoria “tecnica” troviamo la necessità
di sfornare continue “novità” per stare sempre sulla breccia e non essere
dimenticati. E’ un continuo e faticoso accavallamento di temi, con un ristretto
uditorio tecnico, troppo piccolo per la spiegazione complessiva di cui stiamo
dicendo, indispensabile anche a una serena operatività professionale; in questo
girotondo si sono logorati tanti autori che, in un contesto diverso, avrebbero
forse contribuito al polo di attrazione tematico di cui diremo al par. 4.7 (ricordo
Moroni, Oneto, Portale, Ripa, e tanti altri articolisti creati dal Sole24 ore e
Italia oggi).
420
) Posizione accademica vera o presunta, per via delle varie posizioni di
“professore a contratto” utili spesso solo ad accreditare professionalmente chi le
ricopre, e che invece dovrebbero essere parte del progetto culturale di cui al
par.4.7, valido ben al di là della materia tributaria.
421
La mancanza di spiegazione d’insieme della determinazione dei tributi
riduce le pietre di paragone, e spinge ancor di più a lavorare “col cliente”, nello
psicodramma collettivo di inconcludenti riunioni interne, che per il cliente
presso le istituzioni (in proposito è emblematica la scenetta di Luigi Proietti
reperibile su youtube digitando “avvocato e contadino).

245 di 704
spiegazioni
d’insieme
Nasce un circolo vizioso che rende difficile sia
l'interlocuzione con le istituzioni (par.3.16), sia
quella reciproca tra un professionista e l'altro.
Senza il polo di aggregazione teorica indicato
all'inizio del par.4.3, anche la pratica di un settore
complesso, come la moderna determinazione dei
tributi, entra in crisi (422). Diminuisce così, tra gli
stessi operatori del settore, la condivisione dei
concetti, cioè la loro socialità, espressa dalla
stessa definizione delle nostre discipline.
Inadeguatezza
della pubblicistica
professionale
A questo circolo vizioso contribuisce
inconsapevolmente la c.d. pubblicistica
professionale, promossa da aziende venditrici
anche di software contabili, banche dati, formulari
etc; è una pubblicistica diretta alla casistica
operativa, che tuttavia, in assenza di una
spiegazione d'insieme è priva di una cornice in cui
inquadrarsi,e quindi scivola via senza
sistematizzarsi, né lasciare sedimentazione (423).
Dal ragionamento
all’aggiornamento
Probabilmente se ne rende conto questa stessa
pubblicistica, che, consapevole della propria
inadeguatezza a elaborare una spiegazione
d'insieme424, cerca di legittimarsi con

422
La spiegazione sociale di insieme della determinazione dei
tributi è l’architettura che dovrebbe tenere insieme la
pubblicistica professionale. Senza questa architettura restano
solo frammenti slegati di tecnicismo. Si conferma l’aforisma di
Kurt Levin, fondatore della psicologia sociale , secondo cui non
c'è nulla di più pratico di una buona teoria.
423
) Di decenni e decenni di “attualità”, articoli densi di enfasi praticistica, resta
solo una grande confusione e una capacità di orientamento degli operatori
fortemente indebolita, coi malesseri professionali di cui al par.3.16.
424
Per la quale serve l’approccio dello studioso sociale, non quello del
professionista, come indicato al par.4.3.

246 di 704
l’“aggiornamento”, la “novità”,
legislativa,giurisprudenziale o amministrativa.
Invece di contestualizzare i cambiamenti, le relazioni
tra passato e presente, si volgarizza il
preconcetto secondo cui in diritto tributario tutto
cambia, il che spinge a ritenere inutile il
ragionamento, come se i principi della funzione
istituzionale tributaria 425non fossero individuabili
da millenni (par.1.3).
aggiornamento del
nulla e praticità
esteriore
Gli autori sono infatti professionisti, selezionati
dagli editori, tra coloro che dovrebbero essere i
fruitori delle pubblicazioni 426; gli editori della
pubblicistica professionale non sono infatti del
settore 427 e neppure si rendono conto che la
serenità professionale dipende dall'esistenza di una
spiegazione d'insieme della determinazione dei
tributi,428. Anzi l'editoria professionale, si compiace in
modo miope della confusione, come se essa
significasse maggiori vendite, e scade così in un
aggiornamento del nulla che cannibalizza se
stesso429; l'editoria c.d. "professionale" diffonde
quindi un "praticismo esteriore", carente di contenuti
al pari della "scientificità esteriore" dell'accademia,

425
) Semplicità, precisione, snellezza in relazione alla visibilità della forza
economica (ricchezza) cui i tributi si riferiscono.
426
E' un po’ come se a un certo punto gli editori de i libri per
ragazzi li facessero scrivere proprio dai ragazzi, per definizione
sprovvisti della necessaria capacità espositiva
427
) Salvi casi particolari come ad esempio “Eutekne”, quantomeno promossa e
alimentata da alcuni operatori del settore.
428
) Si ricordi la correlazione, indicata al par.3.16, tra spiegazione della
determinazione dei tributi, serenità istituzionale e serenità professionale.
429
) A forza di editori che alimentano l’idea che le pubblicazioni diventino
obsolete in tempi rapidissimi, in modo da far rinnovare gli acquisti, molti
potenziali lettori iniziano a ritenerle obsolete addirittura prima che escano,
disdicendo giustamente gli abbonamenti.

247 di 704
esaminata al precedente paragrafo 4.3430. Le
aziende del settore, in preda alla miopia
dell'appiattimento sul "prodotto" (par.3.1)
legittimano questo inconsistente praticismo senza
rendersi conto di tagliare il ramo su cui stanno
sedute431.
Il circolo vizioso e
la sua possibile
inversione
Si alimenta così un circolo vizioso, dove i discorsi
senza contenuti ne innescano altri, se possibile
ancora più inconsistenti. In questo modo la moneta
cattiva dei giri di parole in salsa pratica, scaccia
quella buona, cioè i ragionamenti. Pian piano
sparisce la voglia di leggere e di scrivere, come
conferma la stessa contrazione del mercato per i
libri dell'editoria tributaria, dove gli autori, che
acquistano a proprie spese, sono ormai i principali
compratori432. La parte di professionisti mossa, in
qualche misura, dal genuino desiderio di capire e
430
Si ripropone così, in versione "schematico-praticoide",
l'appiattimento sui materiali normativi, esaminato al par.4.3
per la scientificità esteriore dell'accademia; dalla sua
fusione con le necessità professionali nasce la "praticità
esteriore"; anche qui abbiamo discorsi apparentemente in tema, ma senza
contenuto reale, anche se almeno più brevi e schematici. I destinatari sono
infatti professionisti (par.3.16) che vanno di fretta, ma avrebbero bisogno di
riferimenti per inquadrare temi operativi. L'editoria professionale
interpreta questo bisogno di "sostanza" , cui non risponde la
pubblicistica "accademica", come bisogno di "pratica";
l'inquadramento concettuale delle questioni viene quindi
omesso, a favore di brevi "pillole" di "materiali normativi",
senza offrire all'uditorio professionale soluzioni reali.
431
) Sarebbero da dedicare apposite riflessioni a come l’editoria professionale
abbia violato il primo criterio di buonsenso per il successo delle aziende, come
gruppi sociali tenuti assieme dal prodotto, cioè appunto quello di “conoscere il
prodotto”, che deve essere infatti valutato e apprezzato dai professionisti, da
tecnici, molto più difficili da conoscere di quanto siano consumatori di generi
alimentari o di abbigliamento. I dirigenti dell’editoria professionale, estranei
alla pratica della determinazione dei tributi, si affidano ad alcuni “autori-
professionisti” senza avere però gli strumenti per un controllo su di essi, spesso
ispirati a obiettivi economici o di visibilità personale e relazionale.

248 di 704
spiegare, ha bisogno quindi di quel polo di
aggregazione che essa non può creare e di cui
riparleremo al par.4.7.
Impossibili
supplenze delle
aziende
Questa inadeguatezza progettuale dei professionisti,
e dell'editoria professionale vale a maggior ragione
anche per le aziende e le loro associazioni di
categoria. Ci si aspetterebbe che la tassazione
attraverso le aziende, fosse compresa prima di tutto
dalle aziende, delle quali anche sotto questo profilo
si conferma invece la natura di gruppi sociali tenuti
assieme dal prodotto e dai suoi tecnicismi; come tali
esse sono incapaci di formazione su astrazioni sociali
fosse pure l'idea di azienda come forma
organizzativa pluripersonale (par.3.1).
Segue: strutturale
miopia delle
aziende.
Per valorizzare quest'idea le aziende dovrebbero
diventare anche organizzazioni "culturali",
supplendo alle carenze della comunità scientifica di
varie categorie di studiosi sociali. Peccato però che
le aziende siano , come indicato al par.3.1,
organizzazioni produttive per il mercato, tenute
assieme dal prodotto. Esse faticano per definizione a
esprimere una maturità sociale complessiva, e
sono addirittura ingenue sulla lettura del contesto
generale, esagerando l'importanza della politica
(par.2.4), travisando l'idea delle istituzioni (par.5.3)
e incespicando persino nei propri adempimenti
burocratici nella determinazione dei tributi; non a
caso le aziende sono le prime ad essere esposte a
uno sfruttamento, spesso parassitario, da parte di
varie tipologie di consulenti, anche tributari.
All'estero l'istituzionalizzazione delle aziende porta
432
La finalità dell’acquisto è in senso ampio “promozionale”, intendendo come
tale la pubblicazione di scritti per la carriera universitaria, oppure per
l’accreditamento relazional-professionale.

249 di 704
qualche ricaduta culturale433, ma nel capitalismo
familiare italiano le aziende vanno in ordine sparso.
Invece di un riconoscimento di ruolo per l'idea di
azienda, il capitalismo familiare italiano chiede
piccoli favori e abbattimenti settoriali di imposte,
invece di un riconoscimento di ruolo per l'idea di
azienda come organizzazione pluripersonale 434.

Renzi mette e toglie la tassa sul lusso delle


imbarcazioni valorizzando ognuna il proprio
prodotto, non insieme l'idea di azienda.
Frammentazioni
gelosie e miopie
Spesso anzi sono proprio le aziende, in
concorrenza sul prodotto o sull'attenzione politica,
si indirizzano l'un l'altra frecciatine e colpi bassi,
nocivi all'idea generale di azienda: non si rendono
conto, un po’ come i capponi di Renzo di
manzoniana memoria, di alimentare anch'esse, in
questo modo, un clima culturale antiaziendale
( par.5.17) distruttivo non solo per loro , ma per
tutta la società (435
433
) Cioè assume un assetto proprietario spersonalizzato e una propria capacità
di autogoverno, rispetto a una proprietà “familiare”, come indicato al par.3.1 ed
ho spiegato in modo più esteso in varie sedi, a partire da Lupi, Manuale
giuridico di scienza delle finanze, Dike, 2012, par.3.6 e 6.7.
434
) Sul piano culturale, l’imprenditoria italiana non è molto diversa da quando
i sindacati la chiamavano “padronato”, in quanto le piace immaginarsi
“padrona” delle proprie aziende, senza capire neppure lei quanto indicato al
par.3.1 sulla loro natura di “organizzazioni pluripersonali”. E’ purtroppo ancora
lontana la mentalità dei capitani d’industria che si rendono conto di guidare
un’organizzazione che non si identifica con loro, di cui non sono “proprietari”
come per la loro villa o la loro barca. Senza questa consapevolezza culturale
non si comprende la tassazione attraverso le aziende, non ci si batte per un
riconoscimento di ruolo dell’azienda come organizzazione pluripersonale, e si
strepita per quattro spiccioli di occasionali agevolazioni tributarie.
435
) Ne riparleremo al par.5.19, ma è emblematico di questo
inconsapevole autolesionismo il modo in cui il sole24 ore,
giornale delle aziende, cavalca il sensazionalismo populista con
cui una società disorientata usa le organizzazioni come capro
espiatorio di squilibri sociali creati dalla diversa determinabilità

250 di 704
Associazioni di
categoria
Questa autoreferenzialità delle aziende si riflette
sulle loro associazioni di categoria che, avendo
una base relativamente ristretta, oscillano in
relazione ai personalismi dei loro associati di
maggior peso e frequentazione. In queste
spiegazioni sociali appaiono paradossalmente più
ricettive le associazioni dei lavoratori autonomi, e
persino i sindacati dei lavoratori dipendenti, per
via della base sociale più ampia. Quest'ultima è
tuttavia condizionata dalle lacerazioni sociali di cui al
par.4.6, e non consente alle sue associazioni di
smentire gli opposti luoghi comuni utilizzati per le
polemiche sull'evasione e l'adempimento in materia
tributaria.
Inadeguatezza
delle istituzioni
Una spiegazione d'insieme della determinazione
dei tributi non può venire neppure da istituzioni
politico-amministrative. Esse non hanno infatti
compiti di insegnamento (436), svolgendo in senso
ampio funzioni di governo, come la politica (a
dispetto della fantomatica onnipotenza della
legislazione). La legislazione, le istituzioni, i
giudici, non "insegnano", ma operano, gestiscono
situazioni contingenti, come indicato al par.2.4 per la
politica e al par.5.3 e 6.10 per amministrazioni e
giudici. Anche quando le istituzioni, tra cui quelle
tributarie, sono dirette da personalità di indubbio
valore individuale, esse sono impegnate nella
propria gestione reputazionale, davanti alla
pubblica opinione (par.5.3) o in ripetitive
contingenze di autoamministrazione ("routine").
E loro imbarazzi
rispetto alla
pubblica opinione

della ricchezza.
436
Cioè compiti formativi della pubblica opinione, nel senso
indicato nel par.1.6.

251 di 704
Facendo riferimento alla pubblica opinione
(par.5.3) le istituzioni hanno anche imbarazzo a
prendere posizioni nette sulle spiegazioni e le
diagnosi dell'evasione che si intrecciano nella
società (par.4.5 e 4.6). In un contesto disorientato e
socialmente lacerato è comprensibile una grande
cautela da parte dei vertici istituzionali, restii a
adottare interpretazioni dell'evasione che
potrebbero scontentare settori della pubblica
opinione (in questo è vero che le istituzioni non
vogliono mostrare di fare politica, altro riflesso,
corretto, del positivismo giuridico).
Dalle istituzioni vengono utili indicazioni, soprattutto
in tema di deprocessualizzazione (par.6.5) , da
contestualizzare però in una spiegazione d'insieme,
in cui le istituzioni possono partecipare (par.4.7),
senza avere però una funzione trainante, per i motivi
appena indicati.
Comodità
istituzionali della
confusione sociale
su un settore
Tanto più che la mancanza di spiegazione sociale
in un certo senso conviene alle istituzioni in quanto
esercenti un potere, fatto anche di peso sociale e
praticità istituzionale, quando non di opacità e abusi,
cui comunque la scientificità esteriore di cui al
paragrafo precedente torna molto comoda;
adeguandosi ad essa, aumentano i margini delle
istituzioni di sottrarsi al controllo sociale, comunque
fastidioso, di cui al par.5.3. Senza spiegazioni
d'insieme del settore aumentano i margini di
manovra, le prerogative, la credibilità, persino
le supplenze delle istituzioni rispetto alla comunità
scientifica (437); è normale che, più che parlare agli

Una supplenza di questo genere è avvenuta da parte della


437

magistratura rispetto alla comunità scientifica del diritto


penale, estraniatasi dall'interlocuzione d'insieme sul proprio
settore più di quanto abbiano fatto i tributaristi. Solo che il

252 di 704
utenti, o alle loro organizzazioni esponenziali438, le
istituzioni si rivolgano alla pubblica opinione in
genere, al popolo, che come vedremo al par.5.3, ne
è l'interlocutore di riferimento. Più
quest'interlocutore è confuso, come pure le sue
emanazioni politiche (par.2.4 e 4.6), tanto più è
agevole il compito delle istituzioni, e blando il
controllo sociale su di esse, con fastidiose
incombenze procedurali, motivazionali, di
trasparenza e di efficienza, indicate al par.5.7. Le
formule stereotipe della dottrina, indicate al
paragrafo precedente, assecondano obiettivamente
le tendenze delle istituzioni a dare poche spiegazioni
sostanziali, usando anche loro i giri di parole
vagamente in tema visti sopra.
Istituzioni come
punto di
riferimento nella
confusione
Benchè anch'esse investite dal malessere diffuso
sulla determinazione dei tributi439, le istituzioni
restano sempre un punto di riferimento. La
confusione sociale esistente nel settore aumenta
diritto penale ha meno bisogno di spiegazioni di insieme
rispetto al diritto tributario, e gli effetti negativi dell'incertezza
si vedano soprattutto in alcune nicchie, purtroppo rilevanti per
la produzione, come il diritto penale dell'economia (falso in
bilancio, sequestro , confisca, reati tributari su cui par.6.14
etc.). La relativa interlocuzione sociale è svolta da giudici e
giornalisti, che hanno legittimamente occupato spazi lasciati
vuoti dagli studiosi del settore, che non riescono ad ampliare la
prospettiva della precedente interlocuzione tecnica.
438
) Come le associazioni di categoria o gli organi professionali. Ancora meno
l’interlocuzione delle istituzioni avviene col coloro cui è indirizzata
direttamente la rispettiva azione. L’interlocutore vero delle istituzioni è la
collettività, la politica, il sistema dei mezzi di informazione. Minori sono le
spiegazioni d’insieme del settore, più le istituzioni costituiscono in sé un punto
di riferimento, e possono fornire chiavi di lettura difficilmente sindacabili da
parte della pubblica opinione.
439
) Che qualche volta le espone a interferenze mediatiche sensazionalistiche,
vissute con fastidio dalle istituzioni (par.5.3) come ogni forma di controllo
sociale.

253 di 704
addirittura l'importanza delle istituzioni; esse
dopotutto restano l'espressione della società e del
suo bagaglio culturale, attraverso la politica, in
materia di determinazione dei tributi . Il
confusionario appiattimento del settore sui
"materiali normativi" offre poi ai singoli uffici
pretesti per giustificare le determinazioni che, di
volta in volta, appaiono loro più comode per
interpretare al meglio l'atteggiamento della pubblica
opinione sul tema.
Vantaggi del
disorientamento
per le istituzioni
Le istituzioni, anche se non hanno creato la
confusione, vi trovano una qualche convenienza;
dopotutto è infatti ad esse che guarda la pubblica
opinione, il cui disorientamento diminuisce il
controllo sociale, e aumenta i margini di cui le
istituzioni dispongono per far parlare i materiali
normativi in modo da accrescere la propria
reputazione (par.5.3) collegandosi alle varie
tendenze diffuse nella società; la confusione rende
più difficili critiche alle istituzioni, facilitandone le
decisioni, senza creare precedenti impegnativi. Alla
fine, il disorientamento diffuso conviene più alle
istituzioni che al loro interlocutore privato, nel nostro
caso il contribuente; se quest'ultimo ha ragione
fatica a farsela riconoscere, ed è magra
consolazione la maggiore possibilità, per chi ha
torto, di farla franca sempre in seguito alla
confusione..
Comodità
istituzionale della
confusione
Alle istituzioni basta assecondare l'idea del
"primato della politica" (par.2.4), per scaricare su di
lei le responsabilità del malessere. Dopodichè, col
loro semplice ruolo, le istituzioni riempiono lo spazio

254 di 704
lasciato vuoto dagli studiosi:a parità di confusione,
dopotutto, conta il potere(440).
Questa convenienza vale anche per le istituzioni
giurisdizionali, più frammentate, più indipendenti,
meno burocratizzate, in definitiva più antropomorfe.
I giri di parole vagamente in tema (par.4.3 e
par.6.10) sono comodissimi per motivare la
sentenze, in quanto velocizzano il lavoro, eludono
le critiche e non creano precedenti che
vincolerebbero per il futuro.
Uditorio
generalista dei
mezzi di
comunicazione
Neppure i mezzi di informazione possono elaborare
spiegazioni d'insieme della determinazione dei
tributi. I loro interlocutori sono infatti coloro che si
interessano ai vari temi trattati, per il breve spazio di
scorrere un quotidiano, ascoltare la radio o guardare
la TV. Quest'obiettivo di attirare un pubblico
generalista, e giustamente disattento, spiega tutta
la difficoltà di "fare formazione attraverso
l'informazione441; senza obiettivi formativi di ampio
respiro, i mezzi di comunicazione possono solo
riprendere e rilanciare, in modo non particolarmente
coordinato, intuizioni e prospettive della pubblica
opinione (par.1.6). La necessità di concentrarsi su
quanto l'uditorio può cogliere col proprio bagaglio
440
Come diceva Cordero, contano nel diritto le parole uscite di
bocca a gente segnata. La confusione amplia anche i margini
per vere e proprie vessazioni, da cui per fortuna molti si
trattengono anche se ce ne sarebbero le condizioni, ma spesso
ho sentito ammettere , con un qualche innocuo
compiacimento, la consapevolezza del potere di rovinare una
persona, senza che la confusione consentisse alcun effettivo
sindacato del relativo comportamento (la frase classica è "lo sa
che io se voglio posso rovinarla"?") .
441
Sarebbe logorante mantenere un ritmo efficace, e
massimizzare gli ascolti, coordinando quel numero di riflessioni
necessarie a parlare di scientificità in senso umanistico, come
vedremo al par.4.7.

255 di 704
culturale(442), limita la possibilità dei media 443 di
incidervi significativamente444 . Anche per questo, i
lettori più esperti, con un autonomo e genuino
interesse ai singoli temi, nel nostro caso la
determinazione dei tributi, restano inevitabilmente
delusi.
L’aggancio con
una notizia e il
passaggio dall’una
all’altra
La matrice informativa richiede un aggancio con un
evento, appunto una "notizia" (un fresco "fatto del
giorno") da cui prendere spunto, affiancandogli un
po’ di dati e di espressioni di circostaza per riempire
i brevissimi spazi delle esigenze di ascolto. I mezzi di
comunicazione sono quindi costretti a inseguire
continuativamente notizie diversissime,
contestualizzandole alla meglio, e subito passando
ad altro.
La necessità di essere presenti sulle notizie,
seguendo la concorrenza, costringe a passare da un
tema all'altro445, senza margini di approfondimento.
ogni edizione dei quotidiani , dei talk show e dei
servizi ripercorre e cannibalizza la precedente, in un
incessante accavallamento che resta al punto di
442
) Tale bagaglio culturale, come indicato al par.1.16, si forma principalmente
con il passare del tempo e con l’istruzione socioeconomica. I media
possono agevolare, come vedremo tra un attimo nel testo,
questo processo formativo, ma pretendere che lo sostituiscano
significa chiedergli troppo, caricandoli di un compito per cui
non sono preparati
443
Nonostante le energie che assorbono, ad esempio quelle per girare e montare
servizi e interviste.
444
Ripetiamo insomma che i mezzi di comunicazione servono a
informare e intrattenere la pubblica opinione su quando
conosce già, contribuendo al controllo sociale sulle istituzioni,
indicato al par.5.3. .
445
Intrecciando l’evasione fiscale e la determinazione dei tributi con
la crisi del credito, l’euro, i licenziamenti, le pensioni, in un
balletto di argomenti dove si torna sempre al punto di
partenza.

256 di 704
partenza446. Anche qui c'è la necessità di restare
sempre sulla breccia, con una presenza continua,
per non essere dimenticati. Per rendere attraenti i
temi proposti sono inevitabili il sensazionalismo, la
novità forzata447, con presentazione tendenziosa di
qualcosa che, altrimenti, passerebbe inosservato448.
Supplenze
mediatiche nelle
spiegazioni
d’insieme
Per questo i dibattiti sulla determinazione dei tributi,
che pure si ripetono da decenni449, hanno ricadute
scarse, oggettivamente dispersive sulla formazione
economico-sociale, per carenza di
contestualizzazione e di cornici storiche e
prospettiche 450. Si conferma così la difficoltà della
supplenza "formativa" cui i mezzi di informazione
sono spinti dall'inadeguatezza delle altre spiegazioni
dei fenomeni sociali, nel nostro caso quelli relativi
alla determinazione dei tributi. Tuttavia la capacità
di interlocuzione provvista di un filo logico451, che
446
) Ricordando il monologo di Shakespeare dove Macbeth paragona la vita a
un poor player that struts and frets his hour upon the stage and then is heard no
more.
447
) Cioè la presentazione come notizie di aspetti del bagaglio culturale
comune,
448
) Lo si vede spesso nelle modalità insinuanti con cui i banners dei siti
internet lanciano l’amo per ottenere una visualizzazione.
449
) Rimanendo sempre ai punti di partenza individuati dalla pubblica opinione,
di cui diremo al prossimo paragrafo 4.5, cioè lo scarso senso civico(onestà e
disonestà), le aliquote troppo elevate, l’esportazione della contabilità dov’è
superflua, le “manette”, etc..
450
) Questo continuo passaggio di commenti e notizie rimescola
quanto la pubblica opinione sa, ma ne aumenta molto
lentamente le conoscenze ; un po’ come la somma della cronaca non fa
la storia.
451
Prerequisito delle scienze sociali (c.d. "sensatezza), come
vedremo al par.4.7. Senza un filo logico i mezzi di comunicazione non
riuscierebbero infatti a svolgere quell’interlocuzione di massa che si
prefiggono. D'altra parte i mezzi di comunicazione non sono
ostacolati dalle preoccupazioni di mostrarsi scientifici degli
studiosi sociali, indicate sotto vari profili al par.4.3.

257 di 704
caratterizza gli operatori dell'informazione, consente
loro di riempire il vuoto lasciato da studi sociali
divenuti spesso autoreferenziali452. Questo consente
ai più affermati giornalisti di presentarsi come una
sorta di nuovi studiosi sociali, che si intervistano tra
loro, come interlocutori dei politici e dei corpi sociali
intermedi, ad esempio sindacati, imprenditori, etc.
453
. L'importanza attribuita ai giornalisti, che tolgono
spazi agli studiosi, sarebbe inconcepibile per la
chimica o la biologia, confermando ancora la
diversità metodologica delle scienze sociali,
soprattutto per la loro "accessibilità", con adeguata
controllabilità da parte della pubblica opinione454.
Impossibili
supplenze globali
dei giornalisti
Non ci sarebbe da rammaricarsi se la spiegazione
d'insieme della determinazione dei tributi venisse
dai mezzi di comunicazione, lasciando paludati
accademici e professionisti a compiacersi di un
trafiletto sulla stampa455 o un'apparizione nei talk
452
In preda cioè alle già indicate combinazioni di scientificità esteriore e
praticità esteriore.
453
) Anche gli esperti sono scelti in base alla capacità comunicativa, di farsi
notare e fare audience”, secondo la legittima preoccupazione mediatica. Molti
esperti infatti sono divenuti ormai per molti versi autoreferenziali, nella misura
in cui si ispirano, come indicato al paragrafo precedente, alle scienze fisiche.
454
L'accessibilità delle scienze sociali contiene già in se
abbastanza anticorpi contro mistificazioni, facili da
smascherare in quanto provviste di filo conduttore, rispetto
alle varie forme di legittimazione esteriore, anche "scientifica",
esaminate sopra. Al di là delle legittimazioni e dei titoli
accademico-mediatici, nelle scienze sociali dopotutto ciascuno
vale per quello che dice e per come lo dice.
455
) Si veda sopra, in questo paragrafo, il ruolo di passerella pubblicitario
professionale come quello svolto, in materia tributaria, dal quotidiano Ilsole24
ore, soprattutto nel circuito praticoide della “praticità esteriore” (inconsistente
come la “scientificità esteriore”, ma più breve e apparentemente “operativa”).
E’ una notorietà di breve durata e che ha bisogno di essere continuamente
alimentata per durare, proprio come quella giornalistico-mediatica (per il resto,
sull’incoronazione degli esperti da parte della stampa, vale quanto indicato
sopra sul fallimento dell’”editoria professionale”).

258 di 704
shows.Tuttavia proprio la varietà degli interessi dei
giornalisti456, e la prevalenza della comunicazione sui
contenuti457, rendono insufficiente la loro supplenza
ai fini della spiegazione d'insieme della
determinazione dei tributi. in questo girotondo si sono
logorati tanti autori che, in un contesto diverso, avrebbero
sinergie tra
studiosi sociali e
mezzi di
comunicazione
Occorrerebbe forse che, abbandonando il corto
respiro di interventi occasionali (458), qualche
giornalista si dedicasse a tempo pieno alla
determinazione dei tributi, nel ruolo su cui
torneremo al par.4.7. Solo che il giornalista, per
vocazione e necessità di lavoro, non può essere
"monotematico", e al massimo può quindi
"cooperare" alle spiegazioni di insieme di un settore
(459). non sostituirle; per i giornalisti, da soli, ciò

456
)Costretti a divagare tra le questioni più disparate e perciò condannati a una
inevitabile superficialità rispetto agli studiosi sociali, di cui sono inadeguati a
riempire lo spazio.
457
) In cui si riflette la tendenza a mostrarsi esperti di tutto, affrontando
inevitabilmente i problemi a chiacchiere, come indicato al par.1.6 a proposito
del deficit italiano di formazione sociale, mescolato all’accessibilità delle
“scienze sociali”.
458
Che, pur efficaci e con un filo logico, sono destinati a
diventare "carta straccia" poco dopo la pubblicazione, per non
dire di quelli che nascono solo per riempire spazi con giri di
parole e stereotipi, analoghi alla "scientificità esteriore", di cui
al par.4.3, ma per fortuna almeno più brevi. La
sistematizzazione dei ragionamenti, in materia tributaria
come su tutto il resto, riduce i margini per trasformare "non
notizie" in notizie, e quindi per riempire i contenitori, di carta
stampata audio o video, che i mass media devono produrre. La
mancanza di una spiegazione sociale d'insieme della
determinazione dei tributi , conviene, come egoistica utilità
immediata, anche al bisogno dei mezzi di informazione di avere
sempre qualcosa da scrivere.
459
) Nel nostro caso la funzione istituzionale di determinazione dei tributi, ma
lo schema indicato nel testo vale per tutte le questioni dove serve una
spiegazione condivisa d’insieme .

259 di 704
richiederebbe passaggi innumerevoli e convergenti,
perché il singolo intervento mediatico conta
abbastanza poco,venendo subito dimenticato460; per
entrare nel bagaglio culturale diffuso servono quindi
interventi intensi e ripetuti, con continui inneschi
nella cronaca. In questi limiti si intravede il positivo
ruolo aggregante dell'informazione ai fini che ci
interessano. I "media", nonostante la difficoltà di
spiegare la determinazione dei tributi attraverso di
loro, possono dare un grande aiuto in merito,
selezionando studiosi sociali capaci di comunicare
pian piano la determinazione dei tributi,
adeguandosi all'uditorio, gestendone il bagaglio
culturale e le obiezioni. Quando studiosi o pratici del
settore tributario ne elaboreranno una spiegazione
d'insieme, i mezzi di comunicazione, preoccupati di
riempire i rispettivi contenitori, la rilancereranno
senza indugio, in una sorta di servizio sociale
formativo461, con studiosi davvero "sociali", che
organizzano le riflessioni degli interlocutori,come
indicato al par.4.7, senza paludate superiorità.
Anche piccole occasioni mediatiche
contribuirebbero infatti alla formazione sociale
indicata al par.1.6462, avvicinando anche a opere più
articolate, ma accessibili agli interessati. E' un
460
) Basta infatti sparire dal video o della carta stampata per poco tempo, per
essere subito dimenticati, o essere oggetto di domande tipo “che fine ha fatto”
(riferiti all’ex personaggio Tizio o Caio: vedi sopra alcuni esempi a proposito
della c.d. “editoria professionale”).
461
Siccome sono rare le notizie clamorose, che da sole riempiono la prima
pagina, è naturale che i mezzi di informazione usino degli spunti di cronaca per
rilanciare problemi generali su cui fare indirettamente formazione sociale; se si
tiene sotto controllo il sensazionalismo fine a se stesso, questa
contestualizzazione degli spunti può essere una sinergia con gli studiosi sociali
per una formazione utile alla pubblica opinione (par.1.6).
462
) Si tratta di quella formazione sociale che né la storia né la scuola hanno
impartito alla pubblica opinione. Il contributo dei mezzi di
comunicazione a questo fine è molto importante, in quanto
incisivo, di senso compiuto e utile al controllo sociale, purchè
tenga sotto controllo banalizzanti sensazionalismi..

260 di 704
circolo virtuoso da riprendere al par.4.7, dopo aver
visto, ai prossimi paragrafi, le confusioni e le
lacerazioni sociali derivanti dalle mancate
spiegazioni della determinazione dei tributi.

4.5. Le istintive spiegazioni autoprodotte dalla


pubblica opinione:“eccessività delle aliquote”,
“senso civico”, “ragionierizzazione delle stime”.
Reazioni
spontaneistiche e
sbrigative
Senza punti di riferimento teorici, la pubblica
opinione cerca di elaborare da sola le spiegazioni
di cui ha bisogno sulla determinazione dei tributi; ne
derivano soluzioni"fai da te" frammentate per
ambienti sociali, ideologico-economici, fino alle
sfumature personali. Quando il pensiero o il discorso
cadono sulla determinazione dei tributi, ciascuno, in
mancanza di meglio, usa il proprio bagaglio culturale
per improvvisare delle risposte463.
Dirigenti, giornalisti, economisti, politici,
studiosi sociali dei più vari settori, sindacalisti, etc.
guardano quindi alla determinazione dei tributi
inevitabilmente in ordine sparso (spesso
intrecciandosi con le diverse riflessioni sugli "effetti
dei tributi" di cui par.1.7). Benchè per definizione
provvisto di filo logico (464) il risultato è
inevitabilmente superficiale, e comunque
dispersivo, corrispondendo alla molteplicità di
interessi e preoccupazioni, bagaglio culturale, scale
di valori e concezioni del mondo, influssi
dell'esperienza e della cultura personale dei singoli.
463
) Nei limiti del tempo disponibile, visti gli altri impegni che
abbassano la soglia di attenzione, impedendo di star dietro a discorsi prolissi,
paludati e poco accessibili come la maggior parte di quelli di cui al par.4.3.
464
Su questa precondizione dei ragionamenti in materia di scienze sociali vedi
infra, par.4.7. Essa esiste però per definizione agli occhi di chi
vuol comunicare qualche cosa, intendendo capire, non
legittimarsi come studioso.

261 di 704
Esattezza delle
diagnosi
Davanti alla confusione sulla determinazione dei
tributi si manifesta l'intraprendenza italiana, indicata
al par.1.6, a improvvisarsi, sia pure in modo
approssimativo, esperti un po’ di tutto; non solo i
tributi toccano infatti tutti personalmente, ma
offrono spunti per dire la propria sulla politica in
generale. Inoltre lo spontaneismo un po’ entusiastico
degli italiani avverte istintivamente la necessità di
riempire il vuoto conoscitivo di cui stiamo parlando
a partire dal par.4.3.
Pur non arrivando a dare delle risposte questo
bagaglio culturale è sufficiente a farsi le domande
giuste, guardando alla ricchezza non registrata,
con intuizioni provviste di filo conduttore.
Occasionalità delle
relative riflessioni
Ancorchè parziali, in quanto formulati da chi è
impegnato in altre incombenze, politiche,
istituzionali o giornalistiche, i ragionamenti della
pubblica opinione sull'evasione fiscale intuiscono
profili importanti della realtà. Nessuno
probabilmente si rende conto che queste intuizioni
andrebbero organizzate e coordinate dagli studiosi
del settore (par.4.3), nei modi indicati al par.4.7.
indifferenza rispetto
all’accademia
Anzi, la pubblicistica degli studiosi del settore, col
suo tecnicismo e la sua scientificità esteriore, viene
comprensibilmente trascurata; chi non ha la
vocazione, o la missione, dello studioso sociale, non
ha motivo di avventurarsi in scritti comunque
faticosi nella forma e inutilmente complessi nel
contenuto465. Inoltre, come abbiamo già osservato
465
Davanti alla scientificità esteriore, poi , ricordiamo che
spiegare i motivi per cui altri non spiegano è compito sterile e
difficile, cui si sottraggono persino molti studiosi sociali.
Figuriamoci quindi esponenti della classe dirigente e della
pubblica opinione occasionalmente a contatto con la

262 di 704
all'inizio del paragrafo precedente, l'insuccesso
accademico conviene a chiunque, istintivamente e in
ordine sparso (466) cerca di riempire gli spazi lasciati
vuoti proprio dall'accademia; le carenze di
quest'ultima oggettivamente giovano a chi si
improvvisa esperto della determinazione dei tributi.
Evasione e aliquote
Uno dei modi più diffusi con cui la pubblica opinione
tenta di spiegarsi l’evasione riguarda le aliquote ,
ritenute troppo alte; ne derivano proposte, a prima
vista accattivanti, di “aumentare il gettito
diminuendo le aliquote”. Si trascura così che la
ricchezza fiscalmente visibile e determinabile si
sottopone, suo malgrado, anche ad aliquote
elevate, con perdite di gettito in caso di loro
diminuzioni generalizzate; qualche aumento
dell'imponibile dichiarato, per via della diminuzione
di aliquote, potrebbe esserci solo per i lavoratori
indipendenti, al consumo finale, (par.1.5-3.13-
3.14) che stimano la propria credibilità fiscale, per
ordine di grandezza, in base alle caratteristiche
fisico-economiche della propria attività; una
diminuzione di aliquote potrebbe indurli a
"comprare tranquillità", aumentando il dichiarato,
rendendosi più credibili e prevenendo contestazioni
del fisco. Tuttavia, se il reddito lordo (prima delle
imposte) è medio basso, una maggiore imposta,
anche se ad aliquota più bassa, incide comunque sul
tenore di vita, che a questi livelli di reddito ha una
notevole importanza sulle decisioni se "adempiere o
evadere".
Onestà disonestà e
senso civico
Qualche fortuna ha anche la spiegazione basata sul
“senso civico” , l'onestà e la disonestà; come
determinazione dei tributi.
466
) Si potrebbe dire “all’italiana”, cioè con creatività, entusiasmo, ma anche
improvvisazione e approssimazione, secondo tendenze storiche indicate al
par.1.6 (un’espressione che in parte rende la stessa idea è “alla garibaldina”).

263 di 704
anticipato al par. 4.2 il senso civico non dipende
però dalla diversa determinabilità tributaria
delle varie forme di ricchezza né si frammenta per
categorie economiche; non esistono cioè distinti
sensi civici "tributari", “ambientali”, "stradali",
“sanitari", e via enumerando, né il senso civico è
diversamente dosato tra artigiani, impiegati,
risparmiatori, commercianti, proprietari di
appartamenti, esercenti un secondo lavoro,
venditori ambulanti e così via. Ciascuna categoria
economica include soggetti più cauti e più
spregiudicati467, ma i comportamenti di massa
risentono soprattutto della percezione della propria
visibilità agli occhi degli uffici tributari (par.3.14).
Non ha senso poi confrontare il lavoratore
indipendente al consumo finale con l’impiegato di
banca tassato al centesimo che – a parti invertite –si
comporterebbe anche peggio (e magari, come
lavoratore dipendente, si distingue per assenteismo
o piccole malversazioni a danno dell’azienda per cui
opera, o dei suoi clienti).
Trascuratezza verso
la necessità di
un’attività
amministrativs

467
) Si possono quindi fare confronti di onestà tra soggetti in posizione
omogenea quanto a determinabilità della ricchezza: alcuni di loro saranno più
propensi al rischio, e altri meno. Possiamo al limite parlare di disonestà di un
pasticcere rispetto a un altro, in posizione similare, ma più spregiudicato.
Occorre però, per questo confronto, una analoga determinabilità della ricchezza
sottostante, su cui si innestano solo in un secondo tempo gli atteggiamenti
individuali, spiegabili anche col “senso civico”; ad esempio, non è che un
fruttivendolo abbia più senso civico di un idraulico, ma si rende conto di
svolgere una attività più visibile e con risultati più determinabili (sia pure in via
estimativa) rispetto a quanto sia per l’ìdraulico, operante di solito nel domicilio
dei clienti. L’onestà o la disonestà, quindi, giungono in un secondo tempo
rispetto alla determinabilità della ricchezza, e spiegano poco della massa di
evasione. Ci si posiziona a livelli di credibilità diversi, tutti però abbastanza
elevati, non in assoluto, ma rispetto all’efficienza della funzione istituzionale
tributaria (par.4.2) a sua volta influenzata dalla spiegazione d’insieme del
settore, di cui al par.5.3. .

264 di 704
Spiegare l'evasione con la disonestà segue il
pregiudizio secondo cui le imposte potrebbero
non essere imposte da una istituzione, ma richieste
anche solo per legge,davanti alla quale ognuno
sarebbe "solo" e pagherebbe in relazione al proprio
senso civico.
I confronti internazionali confermano che per la
determinazione dei tributi nessuno è patriota;
secondo studi economici recenti, persino i lavoratori
indipendenti di paesi con forte senso civico, e dove il
contante è scarsissimo (par. 5.16), tendono a
omettere la registrazione fiscale di significative
quote di ricchezza. Abbiamo già visto al par.4.2 che,
confrontando il controllo da parte del fisco coi redditi
medi dichiarati dai lavoratori indipendenti
tradizionali "in sede fissa" questi ultimi appaiono più
onesti di quanto gli uffici tributari siano efficienti.
Velleitaria è l'illusione di una minoranza giacobina di
introdurre il senso civico a forza di sanzioni
(par.6.13), trascurando la spiegazione della
determinazione dei tributi e la sistematicità
dell'intervento amministrativo.
Disonestà come
alibi per l’evasione
La fantomatica disonestà fiscale degli italiani
diventa così un alibi autorazzista per tutti; chi evade
si autoassolve in quanto in Italia fanno tutti così. Le
istituzioni giustificano accertamenti infondati col
luogo comune secondo cui gli italiani sono tutti
disonesti e sparando nel mucchio comunque si
coglie nel segno.
Alla fine, la disonestà è un oggettivo e pasticciato
compromesso tra politica e titolari di ricchezze non
tassate attraverso le aziende. La politica da una
parte teme che l'azione amministrativa le alieni le
simpatie degli "autonomi", e dall'altra coltiva le

265 di 704
simpatie dei dipendenti assecondando le allusioni
alla disonestà degli autonomi (468).
L’estensione
velleitaria della
determinazione
contabile
Un'altra reazione istintiva tende a generalizzare
l'efficiente determinazione ragionieristica dei
tributi, trasferendola anche dove mancano le
aziende469. Si dimentica così che la determinazione
ragionieristica utilizza la documentazione
contabile necessaria agli operatori economici, ma
non può crearla solo ai fini tributari, se non si
giustifica per ragioni gestionali (par. 3.13 ).
Questa tendenza a un'impossibile
ragionierizzazione lega fenomeni
apparentemente diversi, dalla “contabilità fiscale”
del lavoratore indipendente (parr. 3.13 e 7.8), al c.d.
“contrasto d’interessi” (cfr. paragrafo 9.3), agli
scontrini e le ricevute fiscali di artigiani e piccoli
commercianti (par. 7.7), alla “tracciabilità”(par. 5.9 e

468
Il risultato di sintesi è un rigore verbale per compiacere i
dipendenti, accompagnato da un lassismo sostanziale per non
dispiacere agli autonomi. E' un frutto avvelenato della
spiegazione criminalistica dell'evasione, dove da un lato si
asseconda chi è oggettivamente penalizzato dalla tassazione
attraverso le aziende, cioè i lavoratori dipendenti, dall'altro si
evita di dare del "disonesto" a una massa di milioni di
lavoratori dipendenti e di elettori. L'effetto combinato ricorda la
battuta di un vecchio cabarettista, tale Cacini, col tormentone
me le ha date, ma quante gliene ho dette, nel senso che i
lavoratori indipendenti vengono fatti oggetto di molte accuse,
ma non di una determinazione valutativa dei tributi
adeguatamente sistematica. Del resto è ovvio: sono troppo
numerosi per essere trattati con rigore: per di più sarebbe un
rigore non meritato, visto il loro tasso di adempimento più che
credibile rispetto al modestissimo controllo valutativo del
territorio, da parte degli uffici tributari (sopra par.4.2).
469
Le crisi di rigetto connesse a esportare la contabilità dove non ce n’è
bisogno ricordano quelle connesse all’esportazione della democrazia in
contesti tribali e feudali.

266 di 704
5.16), ai divieti di usare il contante (par. 5.16 in
fine), all’anagrafe dei conti bancari (par. 5.16).
Adempimenti
estemporanei e
velleitari
Queste illusioni ragionieristiche si colorano poi di
informatica e telematica, come la fatturazione
elettronica, la scomparsa del contante (par.5.16),
l'idea del computer onnisciente, un grande fratello
fiscale informatico; l'informatica diventa una specie
di Golem 470 che risolve i problemi della lotta
all’evasione, dove gli uomini hanno fallito. Persino le
dichiarazioni precompilate, di cui al par.3.16, sono
state accreditate mediaticamente, in questa linea di
pensiero, come strumento per contrastare la
mancata registrazione degli incassi471.
Opposti isterismi
antifisco e
antievasione
I governi, come indicato al par.2.4, cercano di
barcamenarsi mostrando di “fare qualcosa contro
l’evasione” e al tempo stesso contro un fisco
opprimente, pressante, etc.; questi “opposti
isterismi” antifisco e antievasione interagiscono
con l'enfasi mediatica indicata alla fine del paragrafo
4.4, spesso manifestata in modi opposti , a seconda
delle notizie di innesco, anche in aree politico-
culturali omogenee.
Riti espiatori
antievasione e
rinvio agli “indizi
contabili”

470
) Il Golem della mitologia ebraica (yiddish) era la macchina umanoide
concepita per difendere il popolo eletto dalle persecuzioni di chi lo additava
come capro espiatorio delle calamità sociali. Allo stesso modo il computer oggi
dovrebbe difendere la società contro i malvagi evasori altro capro espiatorio
delle calamità sociali, come vedremo al par.4.6.
471
Sono illusioni alla base di dichiarazioni pubbliche, effetti annuncio e leggi
manifesto, generiche, enfatiche e contraddittorie; cui si collegano innumerevoli
“trovate normative” (par.2.3 ss.), anche sensate, ma riduttive e scoordinate, che
ogni governo si ritiene in dovere di esibire, per assecondare le aspettative di cui
al par.2.4. .

267 di 704
Questi adempimenti sembrano un'espiazione, un
cilicio tributario per esorcizzare la "colpa collettiva"
della già indicata pretesa carenza di senso civico; è
un po’ come se dovessimo diventare migliori472
attraverso un rito purificatorio basato su scontrini,
ricevute, scritture contabili, comunicazioni,
spesometri, tracciamenti, fatture elettroniche, divieti
di uso del contante, digitalizzazione dei documenti,
codici fiscali da inserire anche sulle lettere d’amore
etc... E' una specie di penitenza cui tutti si devono
sottoporre, come se così potesse magicamente
essere fiscalmente determinata la ricchezza non
intercettata dalle organizzazioni pluripersonali
(aziende) 473.
Mentre un'opinione pubblica disorientata continua
ad attribuire a questi marchingegni una valenza
quasi magica, si tratta solo di utili indizi contabili,
per una determinazione valutativa da parte degli
uffici (par.5.9).
La
ragionierizzazione
delle stime
All'esportazione della contabilità corrisponde un'altra
tendenza, anch'essa inconsciamente tendente a
omogeneizzare i criteri per determinare la base di
commisurazione dei tributi. E' la tendenza ad
incapsulare in parametri predeterminati le
stime e le valutazioni degli uffici tributari, in quella
che potremmo chiamare "ragionierizzazione delle
stime"; ritroveremo questa tendenza negli studi di
settore (par. 5.13), nelle enunciazioni di fantomatici
accertamenti “sintetici di massa” (par. 5.14) e

472
) Cioè fiscalmente onesti, secondo l’equivoca spiegazione che collega
l’evasione fiscale alla diversa onestà o disonestà, anziché alle diverse
informazioni e modalità per la determinazione della ricchezza.
473
) La diffusione di registrazioni contabili in settori in cui hanno solo una
funzione fiscale dovrebbe avere, in queste vaghe prospettive, anche una portata
educativa verso un “senso civico fiscale”. Si tratta chiaramente dell’intreccio di
due equivoci.

268 di 704
dell’utilizzazione ragionieristica degli “indizi
contabili” (par. 5.9 e 5.16).
Necessità di
chiarimenti degli
studiosi
Sia pure confuse nelle terapie, queste vaghe
intuizioni della pubblica opinione mostrano una sua
condivisibile aspirazione verso un sistema omogeneo
di calcolo della base di commisurazione dei tributi; è
un desiderio latente di serenità, di
sdrammatizzazione, di normalità, di
semplificazione. Gli studiosi sociali del settore
devono contribuire a questo rasserenamento del
clima, facendo però capire l'impossibilità di
omogeneizzare forzatamente la determinazione di
ricchezze che presentano informazioni diverse,
alcune contabili e altre valutative, sia pure con indizi
contabili. Questa consapevolezza sociale dei
diversi modi di determinare la ricchezza ai fini
tributari (par.1.11). consente di gestire e
coordinare le differenze informative, senza
ignorarle, per distrazione, pigrizia, o
strumentalizzazione politica (par.4.6).
Altrimenti la percezione della pubblica opinione e
della classe dirigente, riesce solo a intravedere
aspetti limitati della determinazione tributaristica
della ricchezza, ma in modo sfocato, come nella
caverna platonica studiata al liceo. In questa
confusione in cui si inseriscono le
strumentalizzazioni politiche e le lacerazioni sociali
di cui al prossimo paragrafo.

4.6. Segue: strumentalizzazioni politiche del


disorientamento tributario e lacerazioni sociali
Evasione e crisi
della macchina
pubblica
Le spiegazioni dell'evasione fiscale basate sul
senso civico, l'onesta, la disonestà, etc., di cui al

269 di 704
paragrafo precedente, creano lacerazioni sociali per
vari motivi. Prima di tutto perché esse si collegano ai
problemi più generali della crisi della macchina
pubblica e di molti aspetti del welfare. Si tratta di
problemi dovuti a carenze formative descritte al par.
1.6, da cui derivano carenze di controllo sociale
(par.5.3) e negligenze politico-amministrative 474.
Opposte demagogie
dovute a mancata
spiegazione della
determinazione dei
tributi
Il nesso di queste disfunzioni generali dell'intervento
pubblico con l'evasione fiscale è presto spiegato:
anziché cogliere le difficili cause reali, si parte dalla
mancanza di fondi, a sua volta attribuibile
all'evasione; essa così diventa un diversivo per
non ammettere, e soprattutto non affrontare, le
disfunzioni della macchina pubblica475; queste
ultime, d'altra parte, sono utilizzabili come
strumentale giustificazione dei comportamenti
evasivi descritti ai par.3.13 e 4.2, soprattutto sulla
ricchezza non determinabile attraverso le aziende.
Lo spazio lasciato vuoto dall'assenza di una serena
spiegazione d'insieme della determinazione dei
tributi viene in questo modo riempito da opposte,
laceranti demagogie, che si riflettono, come
vedremo al par.5.3, sul comportamento delle
istituzioni.
474
) Mi riferisco a sprechi, deresponsabilizzazioni, clientelismi, retorica,
demagogia, incurie di vario genere, descritte in Lupi, Manuale giuridico di
scienza delle finanze, Dile, 2012, par.6.4-6.8, e che a proposito della
475
) La ricerca di capri espiatori è innescata anche dall’inevitabile fallimento
delle aspettative taumaturgiche nei confronti della politica, indicate al par.2.4.
E’ dura prendere atto di una realtà in cui la politica non è per definizione in
grado di produrre ricchezza, di creare posti di lavoro per decreto, di curare i
malati o di sconfiggere i nemici. Paradossalmente, la politica è in grado di
soddisfare bisogni solo se si spoglia del suo potere coercitivo e scende al livello
degli operatori economici che si danno carico di costruire strade, ospedali,
scuole, come vedremo al par.5.3 a proposito dell’intreccio tra modello militare
e modello aziendale nell’organizzazione delle istituzioni.

270 di 704
L’evasione come
capro espiatorio
per inefficienze
della macchina
pubblica
L'evasione fiscale è una buona soluzione di ripiego
per una vasta, trasversale, più o meno
consapevole, area sociale politico-sindacal-
burocratica, generatrice di spesa pubblica e in buona
parte responsabile della crisi della macchina
istituzionale476; l'evasione fiscale è un ottimo
diversivo su cui scaricare le colpe della crisi; i
"malvagi evasori" diventano un simbolo negativo per
suscitare l'indignazione popolare, trascurando le
considerazioni svolte in materia di senso civico e
onestà al par.4.2 e 4.5.
lotta all’evasione
come nostagico
surrogato della
lotta di classe
Questa possibilità di scaricare su una fantomatica
"perversione privata" degli "evasori" il malessere
degli utenti dei servizi pubblici in difficoltà
finanziarie, in gran parte lavoratori dipendenti e
pensionati si legava con altri filoni della pubblica
opinione italiana, latenti in quello che potremmo
chiamare "popolo di sinistra" e nelle fasce culturali
"impegnate", anch'esse in gran parte
doverosamente di sinistra, sia pure au caviar. Nasce
così l'idea di "lotta all'evasione"477, per certi
aspetti si tratta di un surrogato della "lotta di
classe" , attraverso cui ravvivare schematismi del
passato, chiamando gli operatori economici “ladri di

476
) Rinviamo al par.5.3 per la spiegazione di come il passaggio dal modello
militare a quello aziendale abbia dato luogo a equivoci , sprechi e
deresponsabilizzazioni.
477
Nemico esterno che esorcizza disfunzioni burocratico-
parassitarie della macchina pubblica, da cui paradossalmente
dipende anche la paralisi della funzione tributaria di
determinazione degli imponibili, indicata al par.5.3, sul
rapporto "istituzioni-pubblica opinione".

271 di 704
tasse” (478). In questa strumentalizzazione politico
ideologica479 si inserisce anche con la già indicata
(par.3.8) accusa di concorrenza sleale480.
Demagogia
antievasione e
rilancio di storiche
lacerazioni
L'appiglio concreto di quest'impalcatura
argomentativa481 sta nella maggiore possibilità degli
operatori economici hanno maggiore possibilità di
nascondere ricchezza al fisco (par.3.7 e 3.13),
rispetto ai lavoratori dipendenti, il malessere sulla
determinazione dei tributi rinfocola antiche frizioni
tra "padroni" ed "operai"; si tratta di schermaglie
tipiche del capitalismo familiare italiano (par.3.1),
superate, sopite, ma mai davvero discusse e quindi
serenamente "risolte". L'evasione consentiva di
evocare nuove penalizzazioni dei lavoratori rispetto
ai proprietari e ai loro fiduciari, che egoisticamente
si riservano le residue possibilità di nascondere
ricchezza al fisco (par.3.7). I filoni politico ideologici
antiaziendali (par.5.17) potevano insinuare
facilmente che le strutture amministrative aziendali
tassassero i lavoratori, escogitando invece sotterfugi
per evitare la tassazione di imprenditori e
dirigenti; con l'assenza di spiegazioni sociali della
478
Non è una battuta, ma il titolo di un volume di Stefano
Livadiotti, dedicato, con filo conduttore, al fantomatico “partito
degli evasori”, di cui diremo più avanti in questo stesso
paragrafo (è un riflesso di quanto rileviamo al par.4.4 sul
rimpiazzo degli studiosi sociali da parte dei giornalisti
nell'interlocuzione con la pubblica opinione).
479
) Ma che più correttamente potrebbe definirsi “demagogica”, con la necessità
indicata più avanti di un capro espiatorio su cui scaricare le tensioni sociali in
questo modo create.
480
Dove l'evasore non rispetterebbe neppure i propri stessi
valori di “libero mercato” e “competizione”, inquinandoli con
la “concorrenza da evasione”, già ridimensionata al par.3.8.
481
) Che rispetto alla scientificità esteriore di cui al par.4.3 o alla “praticità
esteriore” di cui al par.4.4, ha almeno un filo conduttore, sia pure “retorico-
propagandistico”.

272 di 704
determinazione dei tributi si ripropongono, in
versione fiscale, contrapposizioni latenti nel
subconscio della società italiana.
dalla disfunzione
pubblica alla
perversione privata
Si dimentica in questo modo che la determinazione
dei tributi è una funzione pubblica da esercitare
attivamente, su attività economiche in sé
apprezzabili, contro cui non ci sono "lotte" da fare.
Così come nessuno chiama l'istruzione “lotta
all’ignoranza”, la sanità “lotta alla malattia”,
l'ambiente “lotta ai rifiuti”, la protezione civile
"lotta alle catastrofi", la viabilità “lotta al traffico”, lo
sviluppo economico “lotta alla povertà” chiamare la
determinazione dei tributi "lotta all'evasione" ne
pregiudica fortemente l'efficienza, come vedremo al
par.5.7. Invece di parlare di "guerre" e di "lotte" ci
sarebbe solo da gestire la funzione tributaria in
modo da attenuare gli squilibri di trattamento tra
ricchezza determinabili diversamente ai fini tributari.
Incolpare i contribuenti delle inefficienze della
funzione tributaria è un po’ come scaricare sugli
studenti il cattivo funzionamento delle scuole,
quello degli ospedali sui malati, quello delle strade
sugli automobilisti etc. Ricordiamo che rispetto al
funzionamento dell’apparato pubblico, a sua volta
dipendente dalla carenza di spiegazioni sociali in
merito, il livello dell'autotassazione è addirittura
elevato (par.4.2).
Le opposte
polemiche antifisco
La tendenza alla demonizzazione degli evasori
ha innescato quella, opposta, della
demonizzazione del fisco; anch'essa sorvola sulla
determinazione dei tributi, e reagisce all’eccessivo
livello delle imposte, rilevando l'inefficienza della
macchina pubblica; le accuse di evasione ai
lavoratori indipendenti sono rintuzzate con

273 di 704
riferimenti al “doppio lavoro” (spesso in nero) di
tanti dipendenti, alla loro pretesa pigrizia, alla c.d.
”evasione di sopravvivenza” (par.3.14 e 4.2),
all'ottusità vessatoria di molti rilievi fiscali,
all'intrusiva inutilità di molti improvvisati strumenti
antievasione.
Gli opposti
isterismi
Queste logoranti polemiche si intrecciano e
coesistono, persino nell'animo delle stesse
persone, in fluidi equilibri a seconda delle
circostanze, della sede politico mediatica, e della
diversa combinazione di emozioni e sensazioni; c'è
una convergente condanna contro i "grandi evasori"
(par.3.7), difficili però da trovare, e numericamente
irrilevanti, come visto al par.4.2, scadendo invece
sulle grandi contestazioni interpretative di cui ai par.
3.11 e 5.17 e ss.. Analogamente c'è convergenza
sull'insufficiente controllo del territorio da parte delle
istituzioni, e sulla loro frequente
deresponsabilizzazione. Alla fine ci si avvita in una
spirale di discorsi sensati, ma disorganizzati,
restando sempre al punto di partenza. Tutto questo
alimenta un intreccio di "opposti isterismi" che
coesistono, a seconda delle circostanze e degli stati
d'animo, anche nelle stesse persone. E' una tensione
che paralizza gli uffici tributari, cui servirebbe
invece la chiarezza di idee nella pubblica opinione e
una sua capacità di valutazione e controllo sociale
secondo i meccanismi tipici di tutti i rapporti
"società-istituzioni", indicati al par.5.3482.
Politica ed
evasione (il mito
del partito degli
evasori)

Demonizzazioni e controdemonizzazioni , benchè


482

mediaticamente utili in termini di audience (par.4.4 in fine)


drammatizzano il clima sociale, coi loro opposti miti di
"evasori cattivi" e di uffici tributari vessatori.

274 di 704
Ritroviamo qui gli imbarazzi politici davanti alle
spiegazioni dell'evasione in termini di scarso senso
civico (par.4.5), e all'inutile criminalizzazione
propagandistica di milioni di operatori economici, di
cui al par.4.2, in fine. E' assurdo infatti intendere il
"partito dell'evasione", come ricerca di consenso
propagandando esplicitamente questi
comportamenti, non foss'altro perché i lavoratori
dipendenti, facilmente tassabili attraverso le
aziende, sono ben più numerosi degli “autonomi”483.
Evasione e bilancio
del consenso
politico
La politica capisce però che la criminalizzazione di
queste categorie è elettoralmente perdente in
quanto, pur essendo "gli autonomi" meno numerosi
dei dipendenti, il consenso perso presso di loro,
criminalizzandoli (tra l'altro nel complesso
ingiustamente) è maggiore di quello acquisito presso
i dipendenti, coinvolti solo indirettamente, e quindi
più disattenti, anche se più numerosi. L'intreccio di
queste due tendenze, con le loro sfumature, crea
polemiche e imbarazzi politici, perché da un lato ci si
sente in dovere di "far qualcosa", dall'altro si teme
chi "gli autonomi" interpretino iniziative serie e
serene di determinazione più credibile della
ricchezza nei loro confronti, come adesioni alla

483
) Vedremo subito che il consenso politico, riscosso presso i lavoratori
dipendenti, da campagne di propaganda indirizzate all’evasione degli autonomi
è minore del consenso perso presso questi ultimi. Se però un governo avallasse
l’evasione degli autonomi il rapporto si invertirebbe e il consenso guadagnato
presso gli autonomi non compenserebbe quello perso sui dipendenti. Di fatto
la precisione consentita dall’uso delle aziende consente tassazioni elevate, cui
corrisponde un’insufficiente azione amministrativa dove le aziende non
arrivano. La possibilità di evasione di autonomi e piccole organizzazioni non è
però il frutto di una strategia, ma di una inerzia, indotta dalla mancata
comprensione delle cause del fenomeno. Non c’è quindi una strategia diretta a
concedere a lavoratori indipendenti e piccole organizzazioni la possibilità di
evadere, ma essi semplicemente se la prendono. Inoltre, come abbiamo indicato
al paragrafo 4.2 “si prendono” molto meno di quanto potrebbero.

275 di 704
propaganda che li criminalizza. Anche sotto questo
profilo, le spiegazioni criminalistiche dell'evasione
fiscale diventano un ostacolo politico a un sereno
esercizio della funzione tributaria484.
Sintesi tra opposte
polemiche
La sintesi tra queste tendenze, coesistenti non solo
nella società, ma anche nella mente di singoli
individui, è mutevole a seconda del contesto.
Tuttavia nell'insieme, negli ultimi anni, la pubblica
opinione è sempre meno sensibile all'utilizzazione
dell'evasione fiscale come capro espiatorio
dell'inefficienza del sistema pubblico. Tuttavia in una
società sviluppata quest'ultimo è insostituibile, e non
va smantellato, ma fatto funzionare, anche per
quanto riguarda la determinazione dei tributi, specie
dove non può essere esternalizzata sulle aziende485.
Le tensioni e le lacerazioni sociali sulla
determinazione dei tributi possono stemperarsi solo
col coordinamento dei ragionamenti sul tema, sulla
cui "scientificità umanistico sociale" ci soffermeremo
al prossimo paragrafo.

4.7. La spiegazione d'insieme della determinazione


dei tributi nella cornice delle “scienze sociali”.
Scienze del
comportamento e
bagaglio culturale
L'obiettivo di spiegare i comportamenti dell'uomo, e
le variabili che concorrono a influenzarli, è tipico

484
) Sotto un certo profilo queste spiegazioni istintive ed enfatiche favoriscono
l’evasione, ma anche la diffidenza reciproca tra contribuente e uffici tributari,
la corruzione, la drammatizzazione, la deresponsabilizzazione e la paralisi.
485
E' anche preoccupante la convergenza tra dipendenti e
autonomi, sulla critica ai "grandi evasori", figura mitica oggetto
dell'odio, prima di tutto sociale, di entrambi; la mentalità
antiaziendale non solo disorganizza la convivenza, ma mette in
crisi l'utilizzazione delle aziende nella determinazione dei
tributi, come vedremo al par. 5.17 ss..

276 di 704
delle scienze umane, o sociali 486; cio' si riflette
anche sulla determinazione dei tributi, con la diversa
rilevanza degli ambienti organizzativi , a loro volta
formati da esseri umani 487. In ultima analisi, i
comportamenti degli esseri umani dipendono, oltre che da loro
caratteristiche biologico-materiali, anche dall’interazione con altri
esseri umani, ed a questo si rivolgono le scienze sociali; la loro
fonte di legittimazione non è quindi, come accade per le scienze
fisiche, il risultato di esperimenti e studi sulla
materia 488.
Accessibilità e
confronto
Alle scienze sociali si rivolge chi è interessato ad
analizzare i comportamenti umani sotto varie
angolazioni489; questi fruitori delle scienze sociali, in
quanto esseri umani provvisti di un bagaglio di
conoscenze e di esperienze, le utilizzano per
vagliare il filo logico di quanto viene loro proposto.
Le scienze umane sono cioè largamente accessibili
molto più di quelle fisiche490. Se ne deduce
l'importanza di relazionarsi al bagaglio culturale, ed
486
) Chiamate in questi modi, qui considerati fungibili, perché il
comportamento dell’uomo come singolo, studiato dalla psicologia, dipende per
molti versi dall’ambiente sociale.
487
) La tassazione attraverso le aziende (par.3.1 ss,) conferma in
quale misura i comportamenti umani risentano del gruppo cui
l'individuo appartiene, come vedremo anche al par.5.3 per l’ambiente
delle istituzioni; un modo di dire abbastanza comune, per esprimere questi
condizionamenti ambientali, è che gli uomini sono come i liquidi, prendendo la
forma del barattolo, cioè dei gruppi sociali in cui si trovano inseriti. In realtà c’è
piuttosto una interazione tra individui e società (Lupi, Compendio, cit. par.1.2) ,
ma il modo di dire rende l’idea.
488
) I risultati materiali delle “ricerche” fisiche, la loro “scoperta” chimica,
biologica, elettronica, medica, meccanica, e tante altre “legittimano”
socialmente quelle che sono chiamate hard sciences, cioè scienze in senso
proprio. Abbiamo visto al par.4.3 in quale misura questo problema della
legittimazione abbia spinto le scienze sociali a ispirarsi a quelle fisiche, con
effetti molto negativi.
489
) come abbiamo rilevato al par.4.3, queste angolazioni possono essere
economiche, politiche, giuridiche, etiche, psicologiche, affettive, storiche,
sociologiche, artistiche, letterarie, etc..

277 di 704
all'attenzione di coloro cui, di volta in volta, ci si
rivolge491. Le scienze sociali consistono infatti per
molti versi, più che di una "scoperta", di una
interlocuzione 492.
Possibilità di
controllo sociale
Gli interlocutori degli studiosi sociali, compresi quelli
dei giuristi, esercitano cioè in qualche misura un
controllo sui temi loro proposti, accessibili per
definizione al ragionamento, e ne verificano filo
logico e ragionevolezza 493.
Alle scienze sociali manca il monopolio del sapere
nel rispettivo settore, esistente invece per le varie
partizioni delle scienze fisiche; le scienze sociali
esaminano questioni già esistenti allo stato latente

490
) Solo rispetto alle scienze fisiche ha senso l’aggettivo “divulgativo”, che
nelle scienze sociali appare fuori luogo sotto molti profili (al tema si potrebbero
dedicare tesi di laurea o di dottorato).
491
) Il cosiddetto “uditorio”, espressione dovuta a, Chaim Perelman, importante
teorico della metà del secolo scorso, sullo status conoscitivo delle scienze
umanistico sociali. Cfr Trattato dell’argomentazione, Einaudi, 1975.
492
) Lo studioso di queste discipline, se vuole essere “sociale” non può che
adeguarsi al bagaglio culturale di coloro cui si rivolge, mettendoli in condizione
di comprendere e ripercorrere il messaggio che gli rivolge. Questo non vuol
dire che tutti debbano capire tutto, ma si deve capire a chi si rivolge lo studioso
sociale, e se i suoi interlocutori riescono a effettuare il controllo sociale
indicato al par.5.3. Per questo il concetto di "divulgazione" è
appropriato solo per le scienze fisiche, dove esiste una
distinzione tendenzialmente netta tra specialisti e profani; nelle
scienze sociali abbiamo invece varie sfumature di interessati al
tema, come abbiamo indicato al par.4.3 a proposizione delle
sfumature tra interlocuzione tecnica e interlocuzione sociale.
L'improprietà del concetto di divulgazione è confermata
dall'erosione, indicata al par.4.4, in fine, dello spazio degli
studiosi sociali, nel dibattito pubblico, da parte dei giornalisti..
493
) Questa bidirezionalità tra chi espone e i suoi interlocutori
è un'ulteriore differenza tra scienze sociali e scienze fisiche,
dove solo ristretti gruppi di iniziati sono in grado di valutare la
sostanza, le legittimazioni sperimentali e tecnologiche delle
ricerche. Vedremo più avanti, infatti, che le scienze sociali
consistono di coordinamento dei ragionamenti, su cui il
controllo sociale è abbastanza agevole agli interessati.

278 di 704
nella mente dei loro interlocutori, tanto più in società
alfabetizzate e con possibilità elevate di
interlocuzione e dibattito pubblico 494; la ricerca e la
"scoperta" non presentano quindi brevetti,
copyrights, e primogeniture analoghe a quelle delle
scienze fisiche; più che "scoperte", abbiamo nuove
chiavi di lettura, nuovi collegamenti tra aspetti della
vita umana e della convivenza sociale per certi versi
già noti e discussi495 ; sono inoltre questioni che si
ripresentano sotto forma diversa, nel tempo e nello
spazio, come indicato al par.1.3 per la
determinazione dei tributi..
Dialettica con
l’uditorio e
accessibilità
Dagli studiosi sociali non ci si aspettano clamorose
scoperte di verità nascoste, ma piuttosto
contestualizzazione, inquadramento,
completamento, organizzazione di ragionamenti, sui
vari settori della convivenza496: per i giuristi si tratta
delle varie funzioni istituzionali , indicate al
par.1.3, all'inizio la giustizia, la sicurezza, nel welfare
la previdenza, l'istruzione, e nel nostro caso la
determinazione dei tributi.
Filo logico
(sensatezza) come
prerequisito
Queste interlocuzioni tra studiosi e interlocutori
sono tanto più proficue se il discorso non perde quel
494
Vale in proposito l'aforisma di Goethe, secondo cui, tutti i
pensieri intelligenti sono già stati pensati, occorre solo tentare
di ripensarli. Tanti ragionamenti, che avevo pensato e magari
scritto, li ho ritrovati su libri di cent'anni fa. Anche se li avessi
letti prima,forse non li avrei notati, seguendo altre linee di
ricerca.
495
) Anche la teoria della determinazione della ricchezza , e dell’utilizzazione
delle aziende come gruppi sociali intermedi, portata avanti in questo libro, è
una nuova chiave di lettura di vicende note, ma non è certo “una scoperta”.
496
) Si tratta di ragionamenti che, con sfumature e intensità diverse, ricorrono
nel dibattito intellettuale (filosofico) da quando gli uomini riflettono sulla
propria condizione.

279 di 704
filo logico, già indicato con l'espressione
sensatezza al par.4.3497; il filo logico consente di
ripercorrere il senso del discorso498, e rappresenta un
prerequisito contro la mera esteriorità, senza reali
contenuti.
Questo requisito sussiste anche in ragionamenti non
condivisibili nel merito, come molti di quelli, già
indicati ai parr.4.5-4.6, con cui la pubblica opinione
cerca di spiegarsi la determinazione dei tributi.
La pluralità dei
ragionamenti da
coordinare: il
paragone del
giocoliere
La principale difficoltà delle scienze sociali è
coordinare singole riflessioni, individualmente con
un senso logico, mantenendone il filo logico
nonostante le maggiori dimensioni del discorso.. Il
rischio di dispersioni e divagazioni cresce infatti in
proporzione ai concetti che si cercano di coordinare.
Da una parte si rischiano discorsi troppo densi per il
bagaglio culturale dell'uditorio, oppure salti logici,
ripetizioni fuori luogo, divagazioni e dispersioni.
Man mano che i ragionamenti da coordinare
aumentano cresce la complicazione499 ; essa non
riguarda singoli ragionamenti500, ma il loro

497
) Ne abbiamo parlato a proposito della “scientificità esteriore, che ne è priva.
498
Si tratta di seguire il filo logico del discorso,
indipendentemente dalla sua condivisione, e anche dalla sua
sostanza, da valutare in un momento logico posteriore.
499
Così come è semplice lanciare in aria e riprendere un
oggetto, ma serve un giocoliere quando gli oggetti aumentano;
qualcosa di simile accade per i concetti, dando il senso
dell'apparente paradosso secondo cui semplificare è
complicato. La vera distinzione delle scienze sociali rispetto
alle chiacchiere conviviali non è la scientificità esteriore,
legittimata dall'incomprensibilità e senza filo logico, ma la
capacità di coordinare tanti ragionamenti senza uscire dal
binario, mantenendone il senso compiuto.
500
Tutti isolatamente accessibili al bagaglio culturale
dell'uditorio.

280 di 704
coordinamento, inquadrato in funzione del
messaggio che si intende presentare all'uditorio.
La valutazione
preliminare di
sensatezza
Man mano che si perde il filo del discorso non si
comprende più se ci si trova davanti a contenuti
esposti in modo confuso501 oppure alla già indicata
apparenza di contenuti, in realtà assenti; è il caso
della "scientificità esteriore" di cui al par.4.3, o del
praticismo esteriore, di cui al par.4.4 502.
particolarmente dannosi nelle scienze sociali, in
genere, e in materia tributaria in particolare.
L’auto-
alimentazione
del ragionamento
Se invece non ci si impantana nei riferimenti, dal
coordinamento di riflessioni isolatamente
semplici nascono ulteriori riflessioni, limitate solo
dall'interesse dell'uditorio, dai contesti di discorso
e dal tempo disponibile per l'autore; fino a questo
punto però si aprono sempre nuovi interrogativi. Che
mettono sempre di più alla prova la capacità dello
studioso sociale di maneggiare le argomentazioni,
mantenendo il filo del discorso, mettere a fuoco i
ragionamenti senza perdere l'inquadramento
concettuale del tema ed il contatto con l'uditorio503.
501
Qui non abbiamo però "materiali normativi", rivestiti con erudito
sussiego fino a renderli incomprensibili, e perciò
paradossalmente accreditabili come scientifici (par.4.3),
abbiamo piuttosto dei contenuti che, essendo esposti in modo
disorientante, sembrano inconsistenti (anche questa possibilità
conferma la difficoltà, indicata al par.4.3, di comprendere se
dietro i suddetti discorsi apparentemente in tema esiste o
meno una sostanza).
502
Proprio la suddetta difficoltà di coordinare una pluralità di
riflessioni, unita alla consapevolezza di doversi in qualche
modo distinguere dai normali discorsi di senso comune,
provoca l'espediente della scientificità esteriore di cui al
paragrafo 4.3.
503
) A un certo punto diventa importante l’abilità di organizzare il discorso
evitando la confusione provocata dalla moltiplicazione delle intuizioni e degli

281 di 704
La necessità di
mantenimento:la
continua
“riscoperta”
Ma soprattutto, oltre a non presentare "scoperte"
analoghe a quelle delle scienze fisiche, la
scientificità umanistico-sociale deve essere
continuamente "riscoperta". Essa infatti non si
presta a essere calata una volta per tutte in formule
o tecniche che diventano di uso corrente, per
diffondersi e trasmettersi in modo meccanico alle
generazioni future504; i punti di arrivo delle scienze
sociali non sono trasmissibili passivamente, ma
devono essere ripercorsi, fatti propri, riscoperti di
generazione in generazione (505); proprio in quanto
"umanistici" sono saperi che devono essere ricreati
attraverso il ragionamento degli interessati.
Distinzione rispetto
ai discorsi comuni
Riferendosi a comportamenti, atteggiamenti e
discorsi degli uomini, le scienze sociali avvertono il
problema della scientificità, come distinzione dalle
ordinarie riflessioni che più o meno chiunque si pone
su questi temi; forse è proprio questa necessità
distinguersi ad aver spinto molte articolazioni delle
scienze sociali ad ispirarsi alle scienze fisiche506. E'
verosimile che una differenza qualitativa, una
precisa linea di confine, non ci sia, come vedremo

spunti che si accavallano. E’ una abilità, per certi versi letteraria, di mantenere
il collegamento col bagaglio culturale e l’attenzione dell’uditorio (cioè quella
che sopra abbiamo chiamato “interlocuzione”).
504
) Come accade per le scoperte delle scienze della materia, che una volta
“conquistate”, sono acquisite una volta per tutte nelle strette comunità di
riferimento.
505
La tecnica può sedimentarsi su pochi esperti, ma la scienza
sociale deve, proprio in quanto "sociale", mantenersi "diffusa".
Per questo nessun settore del diritto puo' sottrarsi alla
spiegazione di se stesso a uno studioso di un altro settore
giuridico, che se ne voglia interessare.
506
) Lo abbiamo rilevato anche al par.4.3 a proposito delle varie ispirazioni alle
scienze fisiche, quanto ad oggetto oppure ad apparati, metodologici.

282 di 704
tra un attimo anche a proposito della letteratura. Se
proprio ci si vuole distinguere dai discorsi correnti, si
dovrebbe guardare all'ampiezza delle prospettive,
alla generalità delle chiavi di lettura e dei
collegamenti 507, alla resistenza rispetto alle
banalizzazioni e ai semplicismi.
Aspetti letterari
delle scienze sociali
Coordinare e organizzare ragionamenti, in modo
quantomeno "non banale", richiede capacità
comunicative. Insomma, c'è un lato estetico-
espositivo, nell'inquadrare il tema, nell'evocare
concetti latenti nell'interlocutore, nel presentare
argomenti, per aumentare il suo interesse al tema508.
Ciò conferma l'organicità espositiva come parametro
di "scientificità" umanistico sociale, collegato alla
letteratura(509). Dopotutto la letteratura, la poesia e
l'arte erano anche occasioni di riflessione sulla
condizione umana e strumenti di coesione sociale;
oggi l'ampliamento della pubblica opinione e delle
classi dirigenti ha creato un pubblico di "interessati
al tema" direttamente su questioni sociali, con
intrecci tra politica, diritto ed economia (510).
L'inquadramento dei relativi temi, secondo le varie
curve di attenzione, i diversi livelli di interesse e di
bagaglio culturale, continuano a contraddistinguere,
mutatis mutandis, la "socialità" di queste discipline
507
) Mantenendo ovviamente il filo logico necessario all’accessibilità del
discorso per gli interessati al tema.
508
) Anche qui c’è una dialettica tra autore e uditorio, dove lo studioso sociale si
rivolge a chi ha un qualche interesse al proprio tema, e riesce a mantenerlo o ad
accrescerlo.
509
E' un parametro assente nelle scienze fisiche, e mortificato
dalla scientificità esteriore ad esse ispirata; non a caso sia la
scientificità esteriore (par.4.3) sia la praticità esteriore (par.4.4
per la pubblicistica professionale) sono in genere illeggibili.
510
) Con la produzione di serie è enormemente cresciuto il numero di coloro che
hanno tempo per interessarsi alla “polis” e alla gestione della comunità
(par.1.6 sul concetto di pubblica opinione, passata da "pochi
eletti" a masse sempre più numerose)

283 di 704
(anche in termini di veri e propri requisiti di
scientificità, lasciando perdere lo "scientismo" della
scoperta, tipica delle hard sciences).
Bagaglio culturale
e “dato sociale”
Anche se mancano, nelle scienze sociali, soprattutto
per quanto riguarda le scale di valori511, verità
latenti, analoghe a quelle delle scienze fisiche512, una
qualche "oggettività", accanto al suddetto
coordinamento dei ragionamenti, può essere
individuata. Si tratta del peso sociale dei
comportamenti esaminati, cioè il c.d. "dato sociale",
che gli economisti chiamano "fact checking".
Occorre tuttavia evitarne l'interpretazione scientista
che li considera una soluzione di ripiego, usata
soprattutto dagli economisti dopo l'insuccesso della
loro formalizzazione matematica dei comportamenti
umani513. I "dati sociali" non possono insomma
essere considerati una realtà oggettiva, che "parla
da sola", magari aggregandoli in modo stravagante
o controintuitivo, confondendo le cause con gli
effetti514, in modo meccanico o sensazionalistico-
511
) Mi riferisco all’apprezzamento o alla riprovazione, tipiche dei giudizi
morali,
512
) Queste verità, benché sconosciute, e forse inconoscibili, possono
immaginarsi latenti nella materia e nei suoi processi di trasformazione, sia essa
spontanea o indotta dall’uomo.
513
) Che ho già chiamato “sociomatematica” al par.4.3, e che è entrato in crisi
soprattutto con la mancata previsione di molti disastri economici di inizio
millennio. Gli economisti sono così passati dai modelli matematici
alle campionature statistico-econometriche:anche qui
prosegue l'autolegittimazione, ispirata alle scienze fisiche, in
realtà limitante, come indicato al par.4.3.
514
Gli usi "controfattuali" di ipotetici dati sociali, oppure la
delegittimazione di tutto quello che non è "suffragabile" con
una di queste riprove, spesso di mera facciata, sono un nuovo
strumento con cui gli economisti si ispirano alle scienze fisiche.
Il rischio è di trascurare fattori di grandissima importanza, ma
non inseribili per varie ragioni negli schemi convenzionali di
questi modelli. Si tratta spesso di intuizioni fondamentali,
trascurate per l'incapacità di dar loro una base

284 di 704
polemico, come indicato al par.4.6 515. I dati sociali
vanno contestualizzati, come questo testo cerca di
fare per la determinazione dei tributi, pur senza
esporre tabelle 516; abbiamo infatti indicato la
provenienza del gettito tributario per gruppi di
imposte (par.1.10) e per tipo di contribuente517, alla
stima delle varie forme di evasione (par.4.1), a
ruolo dei professionisti (par.3.16), la quantità e
qualità degli apparati fiscali (par.5.2), il gettito dal
loro intervento (par.5.7), il numero e l'esito dei
processi (par.6.10). Sono dati che affiancano, senza
sostituirle, sensazioni verosimili nel bagaglio
culturale dell'uditorio.
Necessità di
interpretare il
“dato sociale”
Fattori che
incidono sui
comportamenti,
“norme” e diritto
L' "evidenza empirica" è un importante "dato
sociale", ma va interpretata alla luce degli altri
fattori che, secondo il nostro bagaglio culturale,
incidono sui comportamenti. A questo fine è
importante, per lo studioso sociale, immedesimarsi
nei comportamenti di altri, contestualizzandoli nel
tempo e nello spazio, in modo da capire i bisogni, i

metodologicamente rigorosa. Per questo emergono risultati


definiti dagli stessi economisti "controfattuali", cioè contrari al
senso comune. Essi disorientano gli interlocutori, minando la
credibilità delle relative teorie e generando disaffezione.
515
) Ad esempio in sede di polemica politica per dire che “siccome la maggior
parte del gettito deriva dai lavoratori dipendenti” allora solo loro sono tassati,
senza aggiungere che sono la maggior parte della popolazione. Un’altra
singolare affermazione è quella secondo cui il controllo sarebbe sbilanciato sui
lavoratori indipendenti rispetto ai grandi contribuenti, trascurando che questi
sono pochi e vengono accertati praticamente tutti (par.5.19) mentre i controlli
sul lavoro indipendente toccano una percentuale irrisoria della platea.
516
) Che magari potrebbero essere oggetto di approfondimenti, in tesi di laurea
o dottorato.
517
Cioè aziende (par. 3.1), lavoratori indipendenti (par.3.14),
etc.

285 di 704
sogni, le illusioni, le scale di valori che concorrono a
determinarli e che variamente si polarizzano sui
singoli individui; il riflesso "sociale" dipende dai
condizionamenti esercitati sugli individui dalla
convivenza, nelle famiglie, nelle antiche comunità,
nelle aziende, nelle istituzioni etc.. Come giuristi,
studiosi sociali delle istituzioni, dobbiamo inserire
anche le norme tra i fattori determinanti del
comportamento degli individui che vi agiscono.
spiegazioni sociali
come presupposto
di quelle tecniche
Anche le norme rientrano quindi nelle spiegazioni
d'insieme del diritto come studio sociale delle
istituzioni e sono importanti per la tradizionale
interlocuzione tecnica, declinata sul diritto
giurisdizionale (par.1.3). A questa tradizionale
interlocuzione tecnico-professionale si aggiunge
però, senza rinnegarla, anzi intrecciandovisi, una
necessaria interlocuzione sociale di insieme, già
indicata al par.4.3518. Questa spiegazione
d'insieme, quando serve, come per la
determinazione dei tributi, è un presupposto per il
buon funzionamento della tradizionale interlocuzione
tecnico-professionale519.
518
) Una spiegazione vasta e condivisa dell’ambiente economico e
istituzionale è il miglior contenitore per lo sviluppo delle scienze
fisiche; spetta alle scienze sociali alimentare una coesione che
pian piano colmi i vuoti lasciati dalle trascendenze e dalle
ideologie. Le spiegazioni sociali sono un'alternativa
alla crisi delle credenze, perché una società che non si
spiega a se stessa non può essere coesa, e quindi alla lunga è
condannata a distruggersi. Creare queste consapevolezze spetta
alle scienze sociali, che non dovrebbero imitare quelle fisiche,
lasciando sole la società e la collettività, com’è avvenuto per il
diritto tributario e gran parte del diritto.
519
Si ricordi dal par.3.16 che la mancanza di una spiegazione d’insieme della
determinazione dei tributi è una delle principali cause della perdita di
serenità tra operatori , sia per quanto riguarda i

286 di 704
Segue:
inconvenienti
pratici della
carenza teorica
Nella misura in cui questa cornice manca, la
pratica scade in logorante e inconcludente
casistica professional-avvocatesco-burocratico-
giurisdizionale, come visto al par. 3.16 dal punto di
vista dei professionisti, al par.4.6 da quello della
società e 5.3, 5.7, 6.10, da quello di istituzioni e
giudici. Senza interlocuzione sociale, infatti, si
inceppa anche quella tra operatori pratici, arroccati
sui propri tecnicismi, senza capirsi neppure tra loro,
parlando per riferimenti e creando la solita poltiglia,
vagamente in tema (par.4.3 in fine), ma in versione
schematico-professionale (par.4.4).
Lo sfondo giuridico
istituzionalistico
delle spiegazioni
d’insieme
E' intuitivo che lo studio sociale delle istituzioni
tributarie debba svilupparsi in ambiente giuridico,
sia per la cornice tradizionale di interlocuzione
tecnica, sia perché i materiali normativi hanno la
loro importanza sui comportamenti, pur non potendo
condurre a spiegazioni d'insieme. Per questo la
socialità generale deve essere declinata in materia
giuridica da conoscitori delle istituzioni 520, senza
supplenze dell'economia né di discipline, come la
sociologia, che sembrano inserirsi negli spazi che
diritto ed economia, nella loro tendenza a ispirarsi
alle scienze fisiche, hanno lasciato vuoti.

professionisti sia per quanto riguarda i funzionari delle


istituzioni.
520
Gli studiosi sociali giuristi, o comunque un numero sufficiente
di essi, devono quindi gestire anche una serie di interlocuzioni
sociali sul loro settore, come quelle politico-istituzionali, quelle
con altri studiosi sociali di settori diversi, quelle giornalistico-
televisive con la pubblica opinione, quelle tecnico professionali
con altri giuristi, quelle didattico formative, a vari livelli.

287 di 704
Storicizzazione e
internazionalizzazio
ne
Su questo sfondo umanistico possono essere
superate le difficoltà del diritto in termini di
contestualizzazione storico-ambientale, nel
tempo e nello spazio; concentrando l'attenzione
sulle istituzioni e il dato sociale, rispetto
all'appiattimento sui materiali normativi(par.4.3), è
possibile anche soddisfare il requisito
dell’“internazionalizzazione”, cui si riferiscono
spesso i parametri politico-amministrativi sulla
valutazione della ricerca, ispirati alle scienze fisiche;
la comparazione è infatti possibile per le
istituzioni, i comportamenti, i dati sociali,
mentre è sterile se riferita a "materiali normativi " di
paesi diversi; il gioco di sponda con materiali
normativi esteri agevola invece l'inconsistente
scientificità esteriore ancor più difficile da
smascherare quanto espressa in lingue estere521.
Necessità di
spiegare la
determinazione,
non l’effetto, dei
tributi
La spiegazione d'insieme della determinazione dei
tributi ruota attorno a ragionamenti, intuizioni e
spunti sulla determinazione della ricchezza,
valutativa, da parte delle istituzioni, e
521
Le espressioni genericamente in tema, ma prive di senso compiuto reale sono
ancora più disorientanti se formulate in lingue estere; in inglese è più facile
esprimere contenuti solo apparenti, come confermano i Rockers nostrani che
imitano il sound anglosassone su cui ironizzava la canzone
prisencolinensinainciusol di Adriano Celentano). Anche la scena de “Il nome
della Rosa” riportata su youtube col titolo “Penitenziagite” dà l’idea di quanto
possa essere evocativo un discorso senza filo logico in un insieme di lingue
diverse. Il lettore italiano magari non capisce bene l’inglese, e l’inglese
attribuisce la mancanza di senso a una cattiva traduzione, nella sua lingua, di
concetti sensati; in questo modo, per superare l’impasse e l’imbarazzo, discorsi
privi di filo conduttore sono ritenuti di un qualche valore scientifico (tanto chi
si prenderà mai la briga di smentirlo?).

288 di 704
ragionieristica, esternalizzata sulle aziende. Non si
tratta quindi di spiegare il "perché dei tributi"
(par.1.7), ma i modi in cui essi sono determinabili in
relazione alle informazioni disponibili. Sono
ragionamenti individualmente accessibili, come del
resto tutti quelli delle scienze sociali, ma difficili da
coordinare per chi ha a che fare con loro in modo
soltanto occasionale; per questo sono necessari
studiosi sociali, riferiti al diritto come studio di
istituzioni espresse dalla politica, e non
dall'economia, secondo un filo conduttore di questo
volume.
Aggregazione delle
riflessioni e
condizione
dell’accademia
I ragionamenti sensati, ma in partenza non
scientifici richiedono un'organizzazione scientifica ,
cioè un polo di aggregazione cioè un gruppo,
anche piccolo, di studiosi sociali, dedicati nel
nostro caso alla determinazione dei tributi.
Occorre chiedersi se l'accademia del diritto
tributario, dopo le riflessioni di cui al par.4.3,
rappresenti a tal fine un problema o una risorsa.
Benchè le sue disfunzioni derivino dai fattori esterni
indicati al par.4.3, la sua capacità di ragionamento
sulla determinazione dei tributi, e di interlocuzione al
riguardo è stata oggettivamente indebolita da
decenni di esposizione
per riferimenti ; anche rispetto al modo in cui la
determinazione dei tributi è trattata dalla pubblica
opinione, l'accademia ha accumulato forti difficoltà
espositive, e quanto indicato al par.4.3, non induce a
confidare in una riapertura verso i contenuti.
Necessità di
autocoscienza
Per questo forse è da interrogarsi sull'opportunità
della collocazione dello studio dei tributi in una
comunità scientifica formalmente autonoma

289 di 704
nell'ordinamento universitario italiano. Il sottotitolo
stesso di questo volume contiene implicitamente la
domanda se non sia preferibile un incardinamento
nella cornice generale del diritto amministrativo,
ricollegandosi alle origini "non giurisdizionali" di
cui al par.1.3.
Vantaggi collaterali
La risposta dipende un po’ dall'assetto complessivo
degli studi giuridici nel quadro delle scienze sociali.
Una confluenza sarebbe opportuna nel quadro di un
generale accorpamento degli studi giuridici in
senso istituzionalistico e di una evoluzione del
diritto da tecnica professionale a scienza sociale del
settore pubblico (522). E' una soluzione che potrebbe
essere presa in considerazione nel quadro di un più
generale superamento della generale e negativa
frammentazione del diritto in tanti settori
autoreferenziali, che riflette la malintesa
ispirazione alle scienze fisiche, di cui al
par.4.3523.
Vantaggi e rischi di
“annessione”
E’ un accorpamento già verificatosi per altri campi
del sapere giuridico, come quello della finanza
pubblica in genere, delle procedure fallimentari,
delle assicurazioni, della contabilità di stato, e che
sarebbe forse opportuno anche per i mini gruppi dei
trasporti e dell'agricoltura. Tuttavia proprio
l'esperienza negativa di questi settori "accorpati"
indica che l'autonomia può essere persa solo in un
quadro condiviso di unitarietà del diritto e delle
scienze sociali; altrimenti, la perdita di autonomia

522
Ricordiamo che in senso logico tutto il diritto è pubblico,
come emanazione dell'organizzazione di un gruppo sociale.
523
La frammentazione disciplinare del diritto è comunque un
riflesso negativo di un'idea di specializzazione ispirata alle
scienze fisiche, indifferente all'umanità e alla socialità,
sottintese nella denominazione stessa delle nostre discipline

290 di 704
equivale ad una sorta di annessione524, a danno della
spiegazione d'insieme di cui stiamo parlando. Per
quest'obiettivo è forse quindi più opportuno restare
distinti, pur pensando al diritto in modo unitario.
Nuovo collante
sociale compatibile
col positivismo
Tuttavia, lo studio dei tributi può valorizzarsi solo
contribuendo a una omogeneità metodologica
riguardante il diritto nel suo insieme. Solo lavorando
in questo senso, anziché accentuare proprie
specificità, gli studiosi del settore possono
guadagnare la legittimazione cui aspirano, e al
tempo stesso valorizzare il diritto nel suo complesso.
Contributo dei
tributaristi alla
coesione sociale
Gli studiosi del diritto tributario impegnati nella
spiegazione d'insieme della determinazione dei
tributi, andrebbero al di là della tradizionale
interlocuzione "tecnico-professionale", descritta al
par.4.3, per avventurarsi in quella di studiosi sociali
delle istituzioni. Sarebbe il loro contributo, come
giuristi, alla formazione e alla coesione sociale;
questr ultime, come indicato al par.1.6, sono più che
mai fondamentali oggi, dopo l'indebolimento degli
altri collanti della convivenza sociale, come la
trascendenza, l'ideologia politica, quella
nazionalistica e infine quella consumistica. Sono
quindi sempre più necessati studiosi sociali delle
istituzioni che non si limitino a profittare delle come
avvocati delle disfunzioni delle istituzioni, ma le
combattano come giuristi. Assumere come oggetto
del diritto le funzioni delle istituzioni,
ridimensionerebbe lo sterile tecnicismo,
524
Una volta sacrificata l'osmosi con l'uditorio, l'interlocuzione,
in nome di una esagerata “specializzazione” , facilmente
porta alla già descritta scientificità di facciata, con perdita di
controllo dei rispettivi settori e subentro degli operatori dei
media, in veste di "nuovi studiosi sociali" (par.4.4 in fine).

291 di 704
salvaguardando la "purezza" degli studi giuridici,
rispetto alle confusioni con l'economia e la politica,
che il giuspositivismo cercava di arginare, come
indicato al par.4.3; è un processo che migliorerebbe
il controllo sociale, la selezione all'ingresso degli
studiosi, la capacità di interlocuzione con le
istituzioni , sia amministrative sia giurisdizionali525,
l'intercambiabilità didattica (frequente all'estero) e
l'interlocuzione nel dibattito pubblico.
Vantaggi settoriali
della spiegazione di
insieme
Oltre a contribuire al bagaglio culturale generale
dei giuristi, gli studiosi del settore darebbero in
questo modo alla società la spiegazione di insieme,
in materia di determinazione dei tributi, da cui
avevamo preso le mosse al par.4.3; incidentalmente,
gli stessi studiosi ne sarebbero anche il punto di
riferimento, invece di criticare, e al tempo stesso
invocare, "il legislatore". Dopo aver dato alla società
le spiegazioni di cui ha bisogno, gli studiosi
sarebbero finalmente valorizzati, con ampie
deleghe sull'elaborazione e la contestualizzazione
dei "materiali normativi".
Una delega di
funzioni agli
studiosi?
La politica sarebbe infatti felice di limitarsi a gestire
gli effetti dei tributi (par.1,7), lasciandone la
determinazione ai tecnici, come in paesi dove
mancano le lacerazioni di cui al par.4.6, e il settore è
più sereno; la politica, che ha già tante seccature,
lascerebbe ben volentieri la determinazione dei
tributi al buonsenso di chi se ne occupa, come
istituzioni di settore, studiosi e organi professionali;
525
) Su questa preparazione generalista delle istituzioni giurisdizionali coinvolte
in materia tributaria infra par.6.7 , dove vedremo che questa preparazione è
anche del tutto normale, mentre invece è anormale la massa di controversie che,
invece di essere smaltite in sede amministrativa, sono rovesciate sulle
istituzioni giurisdizionali.

292 di 704
anche all'estero esse hanno ampie deleghe e un
riconoscimento di “competenza riservata" nel loro
settore.
Da tecnici a
studiosi sociali
Diventando anche "studiosi sociali" oltre che
"tecnici", i teorici agevolerebbero il controllo
sociale della determinazione dei tributi (par.5.3) e
vi si esporrebbero essi stessi. Ne guadagnerebbero
anche gli operatori del settore, in quanto
ripetiamo526 che la loro serenità professionale dei
tecnici (par.3.16) può venire da prescrizioni politiche
solo in proporzione alla spiegazione d'insieme del
settore.
certezza del diritto
come condivisione
di concetti
Ricordiamo infatti che la certezza del diritto non
viene dalla legge , o ci viene indirettamente, nella
misura in cui la legge rispecchia una formazione
sociale della pubblica opinione nel settore; con un
controllo sociale sulle istituzioni (par. 5.3), il loro
atteggiamento sarà prevedibile anche davanti
alle contingenze normative più estemporanee (527).
E' un auspicabile circolo virtuoso cui cercheremo di
contribuire anche con la rivista “Dialoghi tributari”, i
siti internet e gli altri volumi in materia.

CAPITOLO 5 IL PUNTO DI VISTA DELLE


ISTITUZIONI AMMINISTRATIVE E DEGLI UFFICI
TRIBUTARI

Sintesi Ai capitoli precedenti la matrice amministrativistica della


tassazione è stata esaminata attraverso gli occhi delle istituzioni
legislative, delle aziende, degli operatori economici e dei loro consulenti

526
) Lo andiamo dicendo dal paragrafo 3.16.
527
Vale anche l'inverso, in cui norme chiare diventano difficili
quando manca un quadro condiviso del settore cui esse si
riferiscono.

293 di 704
tributari , individuando i fattori che influiscono sulla registrazione della
ricchezza ai fini tributari. Tutti costoro si confrontavano con un
intervento “potenziale” degli uffici tributari 528, che in questo capitolo
invece analizziamo direttamente. Vedremo come una delle più efficienti
amministrazioni italiane possa risentire, nella propria utilizzazione,
delle confusioni e dai disorientamenti che pervadono la pubblica
opinione, e le classi dirigenti, nel settore tributario. Prima però
svolgiamo una panoramica sul ruolo delle entrate pubbliche, inserita qui
per individuarne i fili rossi rilevando come il profilo amministrativistico
caratterizzi non solo le entrate tributarie, ma tutte quelle pubbliche,
comprese le “tasse in senso stretto”, “i contributi”, persino “le tariffe”
per alcuni pubblici servizi. Queste entrate riguardano sempre organismi
pubblici, le cui affinità e differenze rispetto alle aziende sono esaminate
ai paragrafi 5.2-5.3, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con la
legislazione, la politica e la pubblica opinione, che caratterizzano i
paragrafi successivi, eccetto quelli metodologici sull’empirismo
valutativo per la determinazione tributaristica della ricchezza non
registrata; proprio l’imbarazzo verso un questione valutativa fa crescere
le contestazioni interpretative, con cui si chiude il capitolo ai par.5.17 e
seguenti.

5.1. Il potere amministrativo nelle varie entrate


pubbliche (tariffe, tasse in senso stretto, monopoli,
contributi, imposte etc...)
In questo paragrafo collegheremo varie entrate
pubbliche, con diverse sfumature già indicate al
capitolo 1, al tipo di intervento delle istituzioni; in
tutte queste entrate, la pubblica autorità ha
sempre un ruolo, spesso intuitivo, come nelle
imposte, altre volte più nascosto, ma è sempre
presente.
Le c.d. “tariffe”, riferite a servizi idrici, elettrici, di
trasporto ed infrastrutturali, riguardano settori della
528
) Anche se sotto profili diversi, perché il legislatore guarda all’efficienza
degli uffici sul piano dell’effettività, della possibilità di riscuotere
concretamente il tributo, mentre gli individui sul piano della probabilità e dei
contenuti del controllo fiscale, e l’opinione pubblica sul piano della
perequazione ed “equità” del sistema (giustizia tributaria).

294 di 704
convivenza sociale organizzabili col principio del
"beneficio" di cui al par. 1.8; in questo caso infatti le
istituzioni pubbliche promuovono, anche in forma
privata o attraverso privati, infrastrutture in settori
di rilevanza sociale, come l'acqua, l'energia elettrica,
le comunicazioni (un tempo poste e ferrovie), la
viabilità, le infrastrutture (parcheggi pubblici o
concessioni autostradali). La divisibilità dei servizi
consente infatti di porre il costo prima battuta a
carico di chi se ne serve, con tariffe di natura
privatistica, in un quadro pubblicistico di
regolamentazione e controllo. La regolamentazione
pubblica, molto intensa riguarda infatti la
quantificazione delle tariffe, e le condizioni di
fornitura, direttamente o indirettamente filtrate dalle
autorità amministrative di vigilanza; esse talvolta
analizzano il modello aziendale di fornitura del
servizio, le strutture dei costi, per premiare
l’efficienza col profitto; giuridicamente però il
rapporto utente-erogante rimane privatistico senza i
poteri di autotutela amministrativa di cui diremo
al par.6.1 per la generalità dei tributi.
Le c.d. tasse in senso stretto sono invece già una
forma di tributo, in quanto percepite da un
soggetto che esercita non solo “un servizio”, ma
“una funzione” pubblica (sia pure eventualmente
in concessione); all’esercizio di tale funzione
corrisponde la richiesta di una somma (tassa) al
destinatario della rispettiva competenza funzionale,
che non necessariamente è una prestazione
migliorativa; si pensi alle tasse a carico del
condannato in un processo penale, che fanno
intendere l'impossibilità di riportare la tassa al
concetto di corrispettivo. Del resto le istituzioni
esercitano qui le loro funzioni secondo criteri che
neppure simulano quelli di mercato, in settori di
stretta competenza

295 di 704
pubblica, come l’anagrafe e lo stato civile, la
giustizia, l’urbanistica, la sanità, l’istruzione, l'uso di
porti e aeroporti. Sono funzioni pubbliche necessarie
a finalità generali, secondo l’assetto politico di volta
in volta dominante, ma che costituiscono anche il
presupposto della richiesta di contribuzione; si pensi
a ticket sanitari, tasse scolastiche, contributi di
urbanizzazione, varie forme di diritti “anagrafici” o
“di giustizia”, oppure “di trasporto”, come le “tasse
di imbarco” aeroportuali”, per il rilascio di licenze,
documenti o certificati. Qui non c’entra l’economicità
del servizio, come nelle già indicate tariffe, né
determinazione della ricchezza, come per le
imposte; per questo, giustamente, la corte
costituzionale ha escluso l’applicabilità alle tasse
dell’art. 53 della costituzione (par.2.2). Al limite qui
la ricchezza potrebbe rilevare “alla rovescia”
rendendo doverose costituzionalmente esenzioni
a favore dei soggetti bisognosi; è un terreno
scivoloso per via delle incertezze sulla valutazione
dello stato di bisogno, indicate al paragrafo 2.2 a
proposito dell’ISEE.
Negli ultimi decenni si tende a trasformare molte
tasse in “tariffe” per vari motivi, a partire dalla
introduzione, ove possibile, di elementi di
concorrenzialità, anche in omaggio ai principi
dell'Unione Europea, di cui al par.2.6; questo
passaggio alle tariffe "liberalizza" e riduce quasi
magicamente la pressione fiscale di cui al par.1.7 .
Questa minore "intermediazione" pubblica , avvicina
chi utilizza il servizio e chi ne paga il costo, con gli
utenti che diventano anche clienti, con un maggior
controllo di qualità e di efficienza, già indicato per il
principio del beneficio. Questa tendenza politica
trova però insuperabili ostacoli per quei servizi di cui
non si riesce a misurare una fruizione

296 di 704
individualizzata, come avvenuto per lo smaltimento
dei rifiuti.
I principi comunitari di libera concorrenza hanno
anche ridotto l'area degli antichi monopoli , con cui
il pubblico potere si riservava, come indicato al
par.1.3, alcune attività particolarmente
profittevoli. Ricordiamo storicamente il monopolio
del sale (che spiega le insegne di "Sali e tabacchi",
entrambi generi di monopolio) e il curioso monopolio
delle banane, Rimangono ancora oggi il monopolio
dei tabacchi e del gioco d’azzardo, con ampie
concessioni ai privati attraverso gare pubbliche,
unica modalità compatibile coi principi comunitari
(par. 2.6).
L'espressione «contributo» è utilizzata in modo
generico, riferita promiscuamente a entrate
pubbliche di diversa natura. Ci sono contributi a
carico degli appartenenti a una certa collettività,
indistintamente beneficiaria di un’attività dell’ente
percettore, come i contributi di urbanizzazione o di
bonifica (c.d. "contributi consortili").
In senso più specifico l'espressione è riferita ai
“contributi previdenziali”, percepiti da un ente
pubblico (prevalentemente l’INPS) a tal fine dotato di
poteri autoritativi; Il collegamento dei contributi col
beneficio specifico rappresentato dalla pensione, è il
motivo delle perplessità ad inserirli a pieno titolo nel
concetto di “tributo”, superabili col concetto di
tributo di scopo, come indicato appositamente per
i contributi al par.1.12.
Il grosso delle entrate pubbliche è coperto con le
imposte, a fronte delle quali non si riceve
direttamente nulla e sono quindi commisurate a
manifestazioni di ricchezza cui si chiede un
sacrificio (par. 1.8) e che deve essere
determinata. Serve quindi una attività
amministrativa di “richiesta” e non a caso le

297 di 704
imposte si chiamano così perché serve qualcuno
che le richieda; con la tassazione attraverso le
aziende, questa richiesta può non essere
generalizzata, ma deve avvenire con sistematicità
sufficiente come indicato al par.1.5 e 5.7.
La natura tributaria, o meno, delle suddette
entrate pubbliche, rileva soprattutto sul piano
macroeconomico e statistico, indicato al par.1.7
sulla pressione fiscale. Sul piano tecnico-
professionale, la qualificazione di una entrata
pubblica come tributo rileva soprattutto sul piano
processuale, indicato al successivo paragrafo 6.7, in
quanto le relative controversie spettano alla
giurisdizione speciale tributaria (sulla relativa
tendenza ad ampliare, a questi fini, la nozione di
tributo par.6.8).

5.2. Geografia delle istituzioni tributarie (Agenzia


delle Entrate – Guardia di Finanza – esattori – uffici
comunali, etc.)
Poteri e doveri
delle istituzioni
(rinvio)
L'applicazione dei tributi è naturalmente affidata a
istituzioni pubbliche o loro incaricati (529). Ad
entrambi spettano, direttamente o per derivazione
(nel caso dei concessionari, i pubblici poteri
connessi alla relativa funzione.
A questi poteri unilaterali autoritativi sono
riconducibili i provvedimenti amministrativi di cui al
par.6.1, le indagini inquisitorie di cui al par.5.6, i
529
Si pensi agli antichi appaltatori delle imposte, di cui abbiamo
parlato al par.1.3 sotto il profilo storico, e che possono essere
oggi utilizzati dagli enti locali, sprovvisti di organizzazione, per
i tributi propri. L'eredità degli antichi appaltatori delle imposte,
rappresentata da Equitalia, sarà descritta, per la riscossione dei
tributi, al par.6.11.

298 di 704
poteri di emettere atti di pubblica fede (par.5.6 sui
verbali), la possibilità di infliggere sanzioni, nonché
doveri generali di imparzialità e trasparenza. Non
sono aspetti particolari delle istituzioni tributarie, ma
caratteristiche generali delle istituzioni
amministrative e dei pubblici poteri, espressione di
quella "giuridicità non giurisdizionale" che in questo
testo ci accompagna dal par.1.3.
L’autotutela
indipendente dal
giudice
Come per tutte le istituzioni giuridiche, le suddette
prerogative sono esercitabili senza l’ausilio del
giudice, destinato a risolvere le controversie tra
privati, in una funzione giurisdizionale
strutturalmente diversa da quelle di sicurezza,
ambientali, urbanistiche, sanitarie, educative, etc.,
compresa quella di determinazione dei tributi
("funzione tributaria"); è quindi del tutto normale
che il potere tributario agisca di propria iniziativa, e
che casomai sia il contribuente dissenziente a
rivolgersi a un giudice contro altre istituzioni, come
vedremo al par.6.7.
Le agenzie fiscali
come enti pubblici
autonomi
La più importante istituzione pubblica in materia
tributaria è l’Agenzia delle Entrate, generata a
inizio secolo dallo scorporo degli uffici del ministero
delle Finanze, dedicati alla gestione dei tributi e
articolata in uffici centrali e locali, che gestiscono il
rapporto con i singoli contribuenti; a tali scopi sono
utilizzati circa 45 mila dipendenti, considerando
anche quelli provenienti dalla agenzia del
territorio, dedicata alla fiscalità immobiliare
(par.8.2 e 8.4), accorpata con quella delle entrate
nel 2013. Resta autonoma l’agenzia delle dogane,
che gestisce i tributi di cui ai par.10.6 e 10.7.

299 di 704
L'agenzia del demanio ha carattere patrimoniale e
non tributario.
Le Agenzie suddette sono istituzioni pubbliche
dotate però di forti poteri di “auto-organizzazione”
rispetto alle amministrazioni facenti capo ai
tradizionali ministeri.
La necessità di
legittimazione
Il passaggio alle Agenzie si inquadra comunque in
assestamenti delle amministrazioni pubbliche con
pregi e difetti di cui diremo al par.5.3, a proposito
della dialettica tra modello gerarchico militare
originario, e modello aziendale. L'autonomia ha
avuto fortissimi vantaggi sul piano dell’“auto-
organizzazione”, e va considerata irreversibile, però
ha generato una necessità di immagine, di
legittimazione esterna dove i disorientamenti
tributaristici della pubblica opinione hanno
condizionato le istituzioni, secondo gli schemi di cui
al paragrafo 5.3, più di quanto avrebbero fatto per
una pubblica amministrazione "tradizionale".
L'Agenzia, in quanto di notevole complessità
concettuale, poggia in prevalenza su funzionari
della carriera direttiva, cioè assunti come
laureati mentre gli impiegati con funzioni ausiliarie,
di segreteria o di archivio, sono sempre meno
numerosi, anche per effetto della scolarizzazione e
della nuove tecnologie. I funzionari direttivi,
reclutati naturalmente per concorso, hanno tutti i
requisiti tecnico-professionali per svolgere anche
compiti di coordinamento dei loro "pari grado"; in
quest'ambiente professionalmente omogeneo sono
particolarmente negative le conseguenze del
doppio livello di concorso pubblico cui è
subordinata la qualifica di "dirigente", con notevoli
scatti stipendiali. L’Agenzia ha cercato per anni di
supplire a questa rigidità con l'attribuzione dei c.d.

300 di 704
"incarichi dirigenziali", accusati di scarsa
trasparenza, con dichiarazione di incostituzionalità
della norma che li consentiva e attuale situazione di
impasse.
Parleremo al par. 5.3 di come le amministrazioni
tributarie si collocano tra le tendenze strutturali di
tutti i pubblici poteri a prestare servizi alla società,
ovvero esercitare un potere per convenienza
istituzionale.
Sulle agenzie vigila il ministero dell’Economia e
delle Finanze, tramite il dipartimento delle Politiche
fiscali, con una attività di coordinamento politico e
di alta amministrazione; il ministero promuove
anche la redazione di normativa regolamentare, e
l’effettuazione di studi di politica tributaria.
Gli uffici locali dell'Agenzia sono provinciali, con
sportelli più capillari "di servizio" solo per l'"ausilio
all'autodeterminazione (rilascio di codici fiscali,
apertura di partite IVA, registrazioni di contratti,
liquidazione formale delle dichiarazioni dei redditi di
cui al par.5.4 etc.) non per il controllo
antievasione. Quest'ultimo è invece gestito da
uffici ubicati solo nei capoluoghi di provincia con
direzioni provinciali articolate su un ufficio per chi
non è operatore economico, c.d. "persone
fisiche"(redditi immobiliari, accertamenti in base alla
spesa), uno per il lavoro indipendente, in cui
rientrano la maggior parte degli operatori economici,
soggetti all'applicazione degli studi di settore, con
fatturato entro i 5 milioni di euro (par.5.13); un
ultimo ufficio delle direzioni provinciali riguarda le
c.d. medie imprese, con ricavi da 5 a 100 milioni di
euro. Ognuno di questi reparti può avere da 10 a
40 addetti, divisi in vari teams. La suddetta
centralizzazione su base provinciale di questa
piramide gerarchica non assicura un adeguato

301 di 704
controllo del territorio, distante spesso dal
capoluogo anche centinaia di chilometri.
Già tale articolazione degli uffici mostra
l’inadeguatezza dell'intervento amministrativo
sul lavoro indipendente al consumo finale, dove si
colloca, come indicato al par.4.1, la maggior parte
della ricchezza fiscalmente non registrata (infra,
anche par.5.7). L'insufficienza di personale dedicato
agli “uffici controllo” delle imprese di piccole
dimensioni è evidente se si pensa che esse sono il
95 percento del totale. Al contrario energie
sovrabbondanti sono dedicate al regime giuridico
della ricchezza dichiarata, con gli sprechi di controlli
di cui ai par. 5.17 ss. I controlli di poco meno di
4000 contribuenti di grandi dimensioni sono affidati
ad uffici delle direzioni regionali. E' un riflesso della
mancanza di spiegazione d'insieme della
determinazione dei tributi (capitolo 4) e dei miti
"mediatico politici" del "grande evasore" che
hanno attratto i controlli sui "grandi contribuenti",
con fatturato eccedente 100 milioni, invertendo la
logica intuitiva dell'intervento amministrativo, come
vedremo al par.5.7 e 5.17 e seguenti. Contribuisce a
questo spreco di controlli la comodità
amministrativa di “fare risultato” riqualificando il
regime di vicende dichiarate, o palese, anziché
polverizzarsi nelle valutazioni di credibilità
economica, necessarie per i motivi di cui al par.5.7.
Le direzioni regionali coordinano le direzioni
provinciali e una direzione nazionale coordina le
direzioni regionali, oltre a porre in essere gran parte
dell'attività interpretativa di cui al par.5.5.
Benchè la rideterminazione dei tributi spetti solo
all'Agenzia delle Entrate, indagini tributarie sono
compito istituzionale anche della Guardia di
Finanza, corpo militare ad ampio spettro, cui
competono anche compiti di polizia giudiziaria, sotto

302 di 704
la direzione della magistratura inquirente (procura
della repubblica); visto che la Guardia di Finanza
opera anche in materia non tributaria, di criminalità
economica, ordine pubblico, di vigilanza dei confini,
è difficile dire quanti dei suoi 60 mila addetti sono
impiegati in attività di controllo tributario. Può
stimarsi, considerando i reparti "dedicati" che siano
intorno a 10000, che poi trasmettono all'Agenzia
delle entrate i risultati delle indagini (i processi
verbali di cui diremo al par. 5.6).
Questo dualismo tra agenzia delle entrate e
guardia di Finanza richiede un coordinamento, che
dovrebbe tendenzialmente basarsi sull’attribuzione
all’Agenzia delle valutazioni empiriche sui lavoratori
indipendenti al consumo finale e delle questioni
giuridico interpretative (par.3.9 e 5.18 ss.); le frodi
contabili, auspicabilmente più rare, e ramificate sul
territorio, richiedono indagini articolate, anche
investigative e di polizia giudiziaria, e potrebbero
convenientemente spettare alla Guardia di Finanza,
come polizia economica. Oggi comunque, nella
generale confusione indotta dalla mancanza di
spiegazioni della determinazione dei tributi, la
sovrapposizione tra le funzioni di questi organi è
notevole.
Analoghi poteri amministrativistici, senza
particolari problemi di coordinamento, spettano
anche agli uffici tributari degli enti locali, per i
tributi di loro competenza (par.10.8 ss.), nonché alle
società per la riscossione dei tributi (Equitalia) di
cui diremo al paragrafo 6.11. Questi poteri pubblici
possono essere trasferiti a privati, concessionari
della gestione di specifici tributi, come anticipato
nella storia al par.1.3, ed oggi è consentito per i
tributi comunali o entrate specifiche, legate ad
esempio agli spettacoli e gestite dalla SIAE.

303 di 704
5.3. I punti di riferimento delle istituzioni tributarie:
immagine sociale e protezione individuale
Istituzioni come
organizzazioni
pluripersonali
Le istituzioni tributarie, descritte al paragrafo
precedente, sono organizzazioni pluripersonali,(530) ,
dove interagiscono numerosi individui; nei loro
diversi compiti questi individui si condizionano a
vicenda, come già abbiamo visto per le aziende531,
con un controllo reciproco" e una gerarchia.
differenze rispetto
alle aziende
Le istituzioni sono però organizzazioni operanti
fuori dagli scambi bilaterali ("mercato"), e la loro
attività non si presta ad essere valutata in base ai
parametri economici indicati al par.3.1 per le
aziende532.
Le istituzioni non sono economicamente
autosufficienti, ma si basano sui trasferimenti
finanziari di terzi, provenienti oggi soprattutto dai
contribuenti533. Come indicato al par.1.7, le
istituzioni si interpongono tra chi usufruisce della
loro attività, i c.d. "utenti", e chi ne sopporta i costi,
cioè i contribuenti Quest'intermediazione anticipa
quanto diremo più avanti sulla debolezza del
530
Questa "pluripersonalità" è evidente per le istituzioni "non
giurisdizionali", ed a rigore esistente, come indicato al par.1.3
pure per quelle giurisdizionali; in queste ultime però “il
giudice” è a prima vista considerabile in modo antropomorfico,
anziché -più correttamente- come esponente di una pubblico
ufficio.
531
) Che possono definirsi come “organizzazioni private” dirette al mercato,
secondo quanto indicato al par.3.1.
532
) Si può inneggiare quanto si vuole ad una fantomatica “privatizzazione”
delle istituzioni, ma finchè esse opereranno fuori mercato, vivendo di
trasferimenti pubblici, saranno pubbliche per definizione.
533
) Nel linguaggio degli aziendalisti, che hanno generalizzato l’espressione
“azienda” per tutta l’analisi della società, umana (senza peraltro valorizzarne
adeguatamente le caratteristiche di organizzazione pluripersonale) le istituzioni,
come anche la famiglia, costituiscono “aziende di erogazione”.

304 di 704
controllo sociale dell'utente, rispetto a quello del
cliente 534.
istituzioni e
mercato
La funzione pubblica svolta dalle istituzioni era
caratterizzata, nell'era agricolo-artigianale, da
"poteri coercitivi", di difesa, giustizia e sicurezza;
erano funzioni con rilevanza economica, ma non
contenuto di scambio bilaterale535; quest'ultimo è
subentrato successivamente, per funzioni pubbliche
"divisibili", e quindi fungibili rispetto al mercato,
come indicato al par.1.7.
Istituzioni e
immagine sociale
L'efficienza delle istituzioni non può quindi essere
valutata dai clienti (che mancano), ma solo dalla
società. La qualità socialmente percepita del
"servizio" reso dalle istituzioni è uno degli elementi
che inducono la politica ad estendere o ridurre la
delega di potere a lei affidata all'istituzione 536.
Il controllo sociale
sulle istituzioni
Non a caso, gli organi di governo delle
organizzazioni private sono privi di superiori,
rispondendo ad un titolare, o all'assemblea dei soci,
per le grandi imprese societarie; gli organi dirigenti
delle istituzioni fanno invece cortocircuito con la

534
E’ uno dei motivi , indicati al par.1.7, di minore efficienza del
"pubblico" rispetto al "privato", che ne giustificano il principio
di sussidiarietà.
535
) Si trattava di “beni”, come li chiamano gli economisti, ma non di beni per
cui esiste un mercato, una possibilità di scambio; si trattava piuttosto, come ho
rilevato nel par.1.3 del manuale di scienza delle finanze, di “scambio politico
multilaterale”.
536
Varia così l'investitura politico-sociale da cui dipende il
peso delle diverse istituzioni, le loro prerogative, la loro
autorevolezza, le loro attribuzioni, anche in termini di risorse;
curioso notare che da un lato le istituzioni ambiscono ad avere
prerogative, con una certa ritrosia dei loro singoli funzionari ad
esercitarle, perché questo implica lavoro, fatica e soprattutto
responsabilità..

305 di 704
collettività, interagendo con altri organi da lei
espressi (537). La catena di comando (la c.d.
"governance" delle aziende par.3.1), è quindi molto
più semplice di quella delle istituzioni538. II
comportamento delle istituzioni dipende quindi da
come esse interagiscono con la società e la politica
e come esse sono percepite dalla pubblica opinione.
Quest'interazione dipende sia dal contatto diretto
con l'attività delle istituzioni sia dalla formazione
della pubblica opinione sui vari settori cui le diverse
istituzioni sono preposte.
Mancanza di
pressione sociale
specifica
La funzione istituzionale tributaria in prima battuta
toglie risorse alle proprie controparti-contribuenti,
che quindi non spingono per la sua efficienza; manca
quindi l'impulso sussistente invece per sanità,
sicurezza, trasporti, educazione, ed altre funzioni
pubbliche migliorative della posizione degli utenti;
manca quindi in materia tributaria quello che gli
amministrativisti chiamano "interesse pretensivo"
dei privati verso le istituzioni; in materia tributaria
manca cioè una domanda diretta analoga a quella
proveniente, nei rispettivi settori, dai malati, dagli
alunni, dagli automobilisti e in generale degli utenti;

537
In estrema sintesi, le istituzioni non hanno padroni, mentre le
aziende si, anche se la proprietà può spersonalizzarsi, o essere
collocata a sua volta all'interno delle istituzioni. Le istituzioni
sono espresse dalla politica, a sua volta espressione del
gruppo sociale; abbiamo visto al par.1.3 che la giustizia è
stata una delle prime funzioni pubbliche ad essere delegata a
istituzioni giuridiche, seguita poi da altre, prima quella
tributaria e poi persino quelle militari. , Questa
interdipendenza tra istituzioni, società e politica è un dato
sociale strutturale, che si presenta con sfumature diverse a
seconda del tipo di società, del suo bagaglio culturale, delle
sue modalità di selezione della classe dirigente.
538
) Lo stesso vale per le aziende , rivolte al mercato, ma di proprietà delle
istituzioni, in settori strategici o di rilevanza sociale.

306 di 704
i contribuenti hanno invece, rispetto agli uffici
tributari, quello che gli amministrativisti chiamano
interesse oppositivo539.
Il controllo sociale sulla funzione tributaria non
è quindi innescato da una richiesta diretta degli
interessati. La parte di opinione pubblica tassata
attraverso le aziende, cui quindi converrebbe una
ripartizione più equilibrata dei carichi tributari, è
presa da altri problemi per lei prioritari; questa
richiesta "indiretta" non è certo aiutata dalla
mancanza di spiegazione sociale della
determinazione dei tributi; come indicato al par.4.4
Carenze di
controllo sociale e
difficoltà del settore
La pubblica opinione e le classi dirigenti (par.1.6) possono infatti
controllare efficacemente le istituzioni nella misura in cui ne
conoscono le funzioni, come avviene non solo per la
determinazione dei tributi, ma anche per sanità, difesa,
sicurezza, istruzione etc.. Questo grado di controllo
sociale si riflette sulla politica e questo spiega
l’importanza, agli occhi di chi dirige le istituzioni, degli aspetti
mediatici indicati alla fine del par.4.4; ad essi , cioè al giudizio
della pubblica opinione, sono finalizzati i vari “risultati di
servizio”, da far oggetto di “comunicati stampa” (par.5.7); è facile
rendersi conto che questa capacità di controllo sociale sulle varie
istituzioni dipende a sua volta dalla spiegazione sociale d’insieme
dei singoli settori cui esse sono proposte. Le carenze di
spiegazione d’insieme della determinazione dei tributi fanno già

539
. I lavoratori indipendenti al consumo finale, i titolari di
piccole organizzazioni, etc. non protestano certo per
l'inefficienza degli uffici tributari nel valutare la ricchezza non
registrata, ma anzi se ne rallegrano; ci si lamenta invece,
casomai, per il cattivo funzionamento dell'assistenza
all'adempimento su ricchezza dichiarata (par.5.4). Chi è tassato
attraverso le aziende ha altre priorità ed urgenze, ed è meno
sensibile al tema: alla fine nessuno ha convenienza specifica a
rendere efficiente la funzione tributaria di stima della ricchezza.

307 di 704
intuire perché gli inconvenienti dell’azioni amministrativa nel
settore tributario sono molto maggiori che in altri settori.
Comodità
istituzionale delle
carenze di
spiegazioni
Questa mancanza di spiegazione conviene per certi
versi alle istituzioni, in quanto allenta il controllo
sociale. Quest'ultimo è infatti comunque fastidioso
per istituzioni desiderose di operare comunque in
modo snello e socialmente apprezzato, riducendo il
più possibile fastidi e danni d'immagine. La
comprensibile tendenza delle istituzioni, già
anticipata al par.4.4, a farsi interpreti nel modo più
comodo dell'atteggiamento degli utenti, cerca di
realizzarsi nel modo più snello possibile, senza
"avere grane". Più si allenta, e diviene difficile, il
controllo sostanziale sull'efficienza dell'istituzione,
più è facile "stare a posto" , non decidere o farlo nel
modo meno impegnativo, trincerandosi dietro
l'applicazione della legge, e rintuzzando così le
critiche. Si perdono così di vista gli obiettivi
sostanziali di pubblica utilità dei propri uffici, viste le
necessità e le risorse disponibili; al loro posto è
possibile inserire invece un comodo e cauto "rispetto
delle regole" e un "raggiungimento dei risultati",
declinato nel modo formalistico e ineffabile che
vedremo per i tributi al par.5.7. Del resto, se i
pubblici uffici, presi dall'entusiasmo, facessero
davvero le cose per loro "importanti" , e non quelle
convenienti mediaticamente, subirebbero un danno
di immagine e si esporrebbero a critiche.
Formalismo dei
singoli
Accanto a questa preoccupazione generale, di
immagine esterna, rilevante per i vertici delle
istituzioni, sussiste quella di protezione individuale
dei singoli funzionari; quest'ultima risponde, in
materia di determinazione dei tributi, ai criteri

308 di 704
giuridico-formali descritti al capitolo sesto sul
contenzioso amministrativo e giurisdizionale.
Le esigenze di immagine pubblica e di protezione
privata540 interagiscono variamente tra di loro; ad
esempio, quando singole pratiche, per motivi
contingenti, “fanno notizia” , ne entra in gioco una
valutazione formale più attenta541.
il modello
istituzionale
“gerarchico-
mlatare”
L'organizzazione interna delle istituzioni è
oggetto di sfumature tra modelli diversi. Nell'era
agricolo-artigianale le istituzioni erano infatti
organizzate secondo un modello "gerarchico-
militare", ispirato alle funzioni coercitive, in primo
luogo belliche, di sicurezza e giustizia, cui era
all'epoca prevalentemente ispirato il pubblico
potere542; questo modello si estese all'intervento
pubblico in settori potenzialmente "di mercato",
come istruzione, sanità, previdenza, utilities etc.. Qui
in parte le istituzioni si spogliavano del loro potere
coercitivo e scendevano al livello degli operatori
economici, soddisfacendo bisogni infrastrutturali,
scolastici, sanitari, ambientali, energetici, di
trasporto, comunicazione e simili; il modello militare
si combinò per un certo periodo con quello
aziendale nell’organizzazione delle istituzioni 543.

540
) Cioè i due livelli di controllo sociale indicati appena sopra.
541
) Non sono però solo le grandi pratiche a “fare notizia”, ma anche q uelle
suscettibili di attirare l’attenzione dei “mass media”, secondo i criteri
sensazionalistici cui essi si ispirano, descritti al termine del par.4.4
542
) Nella società agricolo artigianale la politica disponeva della forza
coercitiva sul territorio, a sua volta fonte di sostentamento agricolo, in una
relazione spiegata dal vecchio slogan “è l’aratro che traccia il solco, ma è la
spada che lo difende”. La politica, attraverso la forza, dava la sicurezza e
attraverso il diritto giurisdizionale dava l’ordine ai rapporti economici, come
nei quadri dei Lorenzetti nel palazzo pubblico di Siena.
543
Era naturale che l’organizzazione militare fosse presa a modello, almeno in
una prima fase, anche per altri settori di intervento dei pubblici poteri.

309 di 704
Tuttavia il modello militare ha risentito delle
tragiche vicende belliche e delle critiche
all'autoritarismo da parte dei movimenti culturali
degli anni 60/70 del novecento, cui seguì una specie
di cultura di massa genericamente libertaria544, che
si legò al liberismo economico, con l'idea ,
astrattamente condivisibile, delle "amministrazioni
di servizio"545.
Il subentro del
modello aziendale
Hanno quindi preso piede, per le istituzioni,
modelli organizzativi aziendali; il processo è stato
accompagnato da diffuse privatizzazioni formali
dei servizi pubblici idrici, energetici, ambientali,
postali, telefonici, ferroviari, persino
infrastrutturali546 , avvenute a partire dagli anni
ottanta del ventesimo secolo. Ne fanno parte anche
le amministrazioni per agenzie, di cui sono esempio
, in materia di determinazione dei tributi, le agenzie
fiscali di cui al par.5.2.
Lo svuotamento del
modello militare
E' stato quindi svuotato il vecchio reticolo
istituzionale, dove l'idea militare dell'ufficiale si
trasfigurava nel "pubblico ufficiale", e nel "servizio
civile"; era l'epoca dei bigliettai, postini e persino
netturbini in divisa; nonostante le negatività
autoritarie, questo clima dava alle istituzioni un
obiettivo di cui farsi interpreti, un interesse da
curare, in nome del quale prendere iniziative e
responsabilizzarsi547; aziende operanti sul mercato
delle comunicazioni e dei trasporti venivano gestite
544
) Il collegamento di questa cultura con lo spontaneismo italiano , descritto al
paragrafo 1.6, ha creato esagerazioni per molti versi nocive alle istituzioni
italiane, e che esprime ironicamente la canzone di Giorgio Gaber “Libertà
obbligatoria”, detta anche “si può” facilmente reperibile su youtube.
545
) Nonché delle “liberalizzazioni” di cui diremo tra un attimo.
546
) Persino l’anas, che gestisce le strade statali in libera percorrenza, non a
pedaggio, non operante dietro corrispettivo, e quindi priva di un mercato, è
stata trasformata in Società per azioni.

310 di 704
all'interno dei ministeri e dei comuni, come pure per
i generi di monopolio 548 e il territorio era pervaso da
"uffici d'Igiene", ufficiali sanitari, "cantonieri", uffici
catastali, "motorizzazioni civile" e "genio civile",
manicomi, riformatori, colonie penali, uffici
Demaniali e dei "procuratori delle imposte" nella
nostra materia.
Luci e ombre del
modello aziendale
L'"aziendalizzazione delle istituzioni" (549) è un modo
per superare il rischio di autoritarismo presente nel
modello militare, a favore della controllabilità
sociale, dell'efficienza del servizio rispetto alle
tentazioni del potere. Tuttavia il solo modello
aziendale, senza consapevolezza sociale e capacità
di controllo550, si presta a strumentalizzazioni
opportunistiche di vario genere.
L’aumento
dell’interferenza
politica
La privatizzazione aumenta i margini di manovra
per la politica, perché il "manager" pubblico è
molto più intercambiabile, e quindi politicamente
cooptabile secondo criteri relazional fiduciari, di
quanto fosse l'alto burocrate; quest'ultimo, nella
tradizione militare dello stato liberale, doveva
comunque provenire dalla struttura e non essere
genericamente "un manager" gradito al potere
politico. Le incursioni di quest'ultimo sulle istituzioni
sono quindi aumentate nel modello aziendale 551.

547
Era un modo per contenere la tendenza al quieto vivere,
endemica in organizzazioni finanziate con trasferimenti.
548
) Con migliaia di operai per il gestire in prima persona il
monopolio del sale, indicato al par.5.1).
549
Che io stesso auspico in altra sede, come in Lupi, Compendio di
scienza delle finanze, Dike, 2015, par.5.6.
550
Entrambe realisticamente consapevoli dell'assenza di logiche
di mercato nelle istituzioni.
551
) la politica ha insomma cominciato a sentirsi , e a comportarsi, verso le
istituzioni, come una sorta di ’”azionista di riferimento” delle aziende private.

311 di 704
Potere sindacale
senza contropoteri
La passiva trasposizione del modello aziendale ha
anche acriticamente riproposto il forte ruolo
aziendale del sindacato, estraneo invece alla
tradizione gerarchico-militare, in cui mancano poteri
padronali da contrastare; senza contrappesi il
sindacato stesso è quindi diventato a sua volta un
potere, con enormi capacità di veto e di tutela
corporativa di un lassismo connesso alla
disorganizzazione552.
Indebolimenti
motivazionali
Una aziendalizzazione esteriore ha invece indebolito
lo stimolo del dovere senza potervi sostituire lo
stimolo del mercato, assente per definizione, come
indicato sopra, nelle funzioni istituzionali. Senza
questi stimoli di sostanza è rimasta la forma;
cioè 'essere a posto, con la tendenza alla
deresponsabilizzazione e a decidere attraverso altri,
come nell'esternalizzazione della tassazione sulle
organizzazioni.
Questa superficiale commistione tra modello
militare e aziendale ha mescolato le protezioni e
le deresponsabilizzazioni del settore pubblico con
l’alienazione, l'antagonismo e la disaffezione,
tipicamente aziendali553.
formalismi giuridici

552
Si è arrivati al limite di convinzioni secondo cui lo stipendio
pubblico è una variabile indipendente rispetto alla produttività
"del posto", più sussidio che stipendio ; alla fine si lavora per
sapendo di non poter pregiudicare il diritto allo stipendio e alle
progressioni di carriera di chi invece non ne ha alcuna voglia.
553
) Quando le istituzioni iniziano a pensare solo a “rispettare le norme”,
significa che non ricevono, da una società confusa e disorientata, gli stimoli
necessari a esercitare la propria funzione; non avendo, in quanto istituzioni e
non aziende, stimoli dal “mercato”, finiscono inevitabilmente per girare a
vuoto, in quanto è la pubblica opinione, attraverso la consapevolezza e il
controllo sociale indicato in questo paragrafo, a farle funzionale (ricordiamo
che la società riesce a ottenere dalle istituzioni quello che riesce a chiedere loro
in modo coerente e comprensibile).

312 di 704
E' stata quindi indebolita la possibilità di fare
appello, per responsabilizzare gli addetti,
all'importanza sociale della funzione svolta. In
parole povere una ulteriore dose di menefreghismo
si è diffusa nei pubblici uffici, caratterizzati dalla
certezza della remunerazione, indipendentemente
dalla creazione di un valore aggiunto economico.
Questa burocratizzazione delle istituzioni riflette
anche equivoci giuridici più volte indicati, come
esagerate aspettative miracolistica verso la
legislazione, ispirate al diritto giurisdizionale
(par.1.3 e 2.4).
La svalutazione
della funzione
specifica
Le varie funzioni sostanziali , come curare gli
ammalati, educare gli alunni, smaltire i rifiuti,
determinare i tributi, in genere soddisfare gli
utenti, passano in secondo piano rispetto alla
ricerca del modo più rapido e comodo di "rispettare
le regole". Si spingono così gli uffici pubblici a non
decidere, trincerandosi dietro l'applicazione della
legge in caso di accuse di inefficienza. Gli obiettivi
sostanziali di pubblica utilità dei propri uffici, viste le
necessità e le risorse disponibili, sono stati sostituiti,
oltre che dal suddetto comodo e cauto "rispetto
delle regole", dal c.d. "raggiungimento dei
risultati", declinato nel modo formalistico e
ineffabile che vedremo per i tributi al par.5.7.
Il costo della
deresponsabilizzazi
one
Nelle istituzioni, la burocratizzazione è costosa in
quanto disincentiva l'assunzione di rischio e crea
ostacoli, trasforma i diritti in favori, crea corruzione
(par.5.11). . Lo spirito d'iniziativa delle
amministrazioni è stata sostituita dalla tendenza ad
"amministrare per legge" (par.2.3-2.4) con
sporadiche supplenze della magistratura e dei

313 di 704
"media" (par.4.4 in fine). La tassazione attraverso le
aziende è solo un esempio di una più generale
esternalizzazione di compiti, come le deleghe di
funzioni a professionisti, officine autorizzate,
agenzie di pratiche, patronati, fino agli stessi
utenti con le autocertificazioni554 . Questa
esternalizzazione scoraggia i lavori in economia e
spinge agli appalti, più costosi e meno efficienti
555
.
Immagine politica e
incuria
amministrativa
La deresponsabilizzazione complica la gestione
amministrativa quotidiana, e l'incuria riprende il
sopravvento dopo la realizzazione di investimenti a
forte "immagine politica" 556. E' quasi impossibile,
nella rigidità burocratica, vedersi riconosciuto il
merito delle iniziative individuali con cui si cerca di
far funzionare le cose; si diffonde la riluttanza ad
esporsi e prendere iniziative, l'eterno rinvio nei
rimpalli di competenze. Svolgere serenamente la
propria funzione, con le relative responsabilità,
senza autoproteggersi, diventa quasi un favore per
gli amici, non un servizio per il generico utente che
ne avrebbe diritto (557).
554
Lo conferma la sparizione del personale operaio
impiegato dalle stesse istituzioni, con una costante attività di
manutenzione (c.d. "in economia"); questo consentiva di
svolgere direttamente la massa dei lavori minori, come la
manutenzione delle buche stradali (ricordiamo lo
smantellamento delle officine di produzione pubbliche, come
quelle sopra ricordate del monopolio del sale).
555
Oppure all’affidamento dei lavori a cooperative sociali , con
commistioni tipo l'inchiesta romana "Mafia Capitale".
556
Sono emblematici di questa situazione i costosissimi
macchinari sanitari inutilizzati perché nessuno prende
l'iniziativa di fare piccola manutenzione o acquistare i materiali
di consumo necessari a farli funzionare.
557
Non a caso mostrare interessamento per una pratica
diventa, in un contesto apatico e deresponsabilizzato un indizio
di corruzione. Per questo diventa sempre più frequente

314 di 704
Difficoltà di
controllo sociale
generale
Queste naturali tendenze generali possono essere
contrastate solo da un buon controllo sociale ,
dipendente dalla spiegazione d'insieme di cui,
per il settore tributario, ci siamo occupati al
capitolo quarto. La preoccupazione dei vertici per
l'immagine delle istituzioni, anche fiscali, è fuori
discussione, ma dipende pur sempre da cosa
colpisce la pubblica opinione in relazione al
rispettivo bagaglio culturale. L'efficienza delle
istituzioni è infatti proporzionale a quanto la
pubblica opinione ne comprende i compiti, e
capisce cosa può loro davvero chiedere loro. In
definitiva, dalle istituzioni si ottiene l'efficienza che
si riesce a suscitare comprendendo il rispettivo
settore di operatività (il che corrisponde che poi
corrisponde poi all’esperienza comune, secondo cui
un servizio viene prestato molto meglio quanto più
chi lo riceve è in grado di valutarlo).
Gli specifici controlli giuridico-formali sulle istituzioni
(internal audit, ragioneria, corte dei conti, persino
alle procure della repubblica per i casi più gravi) sono quindi
relativamente secondari rispetto a una valutazione
d'insieme della pubblica opinione a sua volta
dipendente dal relativo retroterra formativo nei vari
settori dell'intervento pubblico.

Spiegazioni della
funzione tributaria
e controllo sulle
relative istituzioni
Quanto precede si riflette con facilità nel settore
tributario. Al controllo sociale sulla funzione
istituzionale tributaria servirebbe una
consapevolezza diffusa sulle modalità di
determinazione dei tributi dopo che la tassazione
attraverso le aziende si è affiancata alla millenaria
l'espressione "lei ha ragione, ma faccia ricorso".

315 di 704
determinazione valutativa da parte di pubblici uffici
(par.1.3 e par.1.4). All'utilizzazione delle
organizzazioni aziendali per la determinazione dei
tributi, fondamentale in termini di gettito e di
precisione, dovrebbe affiancarsi l'intervento
valutativo degli uffici sulla ricchezza non raggiunta
dalle aziende. Questa consapevolezza consente un
controllo sociale sulla macchina fiscale e una
"autovalutazione" della stessa macchina fiscale558;
purtroppo questa consapevolezza è ostacolata dalla
scientificità esteriore dei giri di parole
apparentemente in tema, descritti al par.4.3 e 4.4 e
che rendono difficile persino inquadrare il problema
della determinazione dei tributi (559).
Riflessi sulle
istituzioni del
disorientamento
tributario
Anche le istituzioni del settore560 sono condizionate
dalla pubblica opinione, come rilevato al par.4.4,
558
Vedremo al par.5.7, quanto questo deficit di percezione si
rifletta sui risultati di servizio e i budget indicati agli uffici
periferici delle istituzioni tributarie.
559
Abbiamo visto al par.4.3 che se gli studiosi sociali
della determinazione dei tributi sono nel migliore dei
casi avvocati in cattedra, che neppure inquadrano in
termini generali la determinazione dei tributi
attraverso le aziende e gli uffici (par.4.3), neppure
possono spiegarla alla pubblica opinione. La
maggioranza di quest'ultima sarebbe invece
interessata alla perequazione tributaria, e
apprezzerebbe un sereno intervento uniforme degli
uffici sulle varie tipologie di ricchezza, se solo
qualcuno organizzasse e spiegasse le sue
riflessioni generali sul tema, come indicato al
par.4.7.
) Da decenni di ottima qualità e che hanno capito bene,
560

anche per esperienza diretta, quanto diciamo in questo libro


sull'intreccio tra determinazione contabile e determinazione
valutativa dei tributi.

316 di 704
dove abbiamo visto che esse non hanno funzioni
pedagogiche; è quindi normalissimo che gli uffici
tributari si barcamenino assecondando un po’ tutte
le superficiali spiegazioni di cui al par.4.5-4.6; se gli
studiosi sociali non riescono a elaborare queste
spiegazioni, è normale che i dirigenti delle istituzioni
tributarie si avvicendino senza farlo. Senza punti di
riferimento, anche la politica dà estemporanei
riscontri alle spiegazioni istintive suddette,
intralciando a sua volta l'azione amministrativa. E'
quindi inevitabile che le istituzioni del settore
incappino nell'aforisma di Seneca, secondo cui
manca sempre il vento per i marinai che non
sanno dove andare (561).
L’aumento
dell’autoprotezione
dei singoli
Anche in materia tributaria subentra quindi la già
indicata tendenza dei singoli funzionari
all'autoprotezione individuale, coi noti riflessi di
deresponsabilizzazione. Nella spersonalizzazione e
parcellizzazione di compiti rispetto agli addetti
"privati" al settore562, si fanno strada i già indicati
schemi dei “vantaggi-svantaggi” individuali; i singoli
funzionari si preoccupano quindi,
comprensibilmente, di "essere a posto", di "avere
coperture" nelle leggi e nelle direttive interne
dell'istituzione. Sono perfettamente
comprensibili i desideri di quieto vivere degli
impiegati-tipo, con una propria dimensione privata,
cui non si può chiedere di esporsi in nome del
buonsenso e dell'interesse generale, né di elaborare
le spiegazioni d'insieme, gestendo l'interlocuzione

561
Nel caso di specie lo saprebbero anche, ed è spiegato al
par.5.7, ma la pubblica opinione disorientata non ce li manda.
562
) Mi riferisco soprattutto agli operatori delle aziende e degli
studi professionali, su cui par. 3.16

317 di 704
sociale che avrebbe dovuto essere svolta
dall'accademia (563).
Sfasamenti tra
efficienza
sostanziale e
rispetto delle regole
Il personale delle istituzioni pubbliche in genere è
certamente consapevole di dover svolgere un
certo compito sostanziale (564), cui si affianca il
dovere di "rispettare le regole"565. Queste due
prospettive tendono a non coincidere quando la
percezione sociale del settore è confusa; spesso
l'applicazione pedissequa delle regole può portare a
risultati stridenti rispetto alla sostanza della funzione
svolta, sul piano della funzione istituzionale; questo
sfasamento è il lato negativo della burocrazia, in cui
i singoli dirigenti o funzionari delle istituzioni
preferiscono autoproteggersi rispettando le regole.

Opportunità
istituzionale e rischi
personali
Essi evitano iniziative opportune, sensate, ma di
incerta copertura nella normativa, che invece
porterebbe a soluzioni meno opportune, o addirittura
del tutto insensate; il timore dei funzionari,nel
discostarsi dalle più ottuse interpretazioni delle
regole, è comprensibile; se tutto fila liscio essi si
sarebbero infatti assunti una responsabilità senza
alcuna gratificazione personale566; se invece

563
Si ricordi la carenza di spiegazioni d’insieme, di cui ai par. 4.3-4.5;
vedremo per di più al par.5.10 in quale misura l'accademia,
ispirata al diritto giurisdizionale, abbia avallato la
deresponsabilizzazione coi martellanti riferimenti alla
vincolatezza, all’indisponibilità del credito tributario etc..
564
Educare, curare, determinare i tributi, etc.
565
) Solo per il giudice, nella mediazione degli interessi in conflitto tra
controversie ormai istruite (par.1.3), il rispetto della legge (par.2.1) coincide
con la sostanza del compito cui, come istituzione, è preposto.
566
) L’eventuale “merito” socialmente riconosciuto, verrebbe attribuito
all’istituzione, senza alcun riconoscimento personale diverso dall’aver fatto il

318 di 704
qualcosa dovesse andare storto i demeriti sarebbero
messi in conto alla loro decisione. Chi ha agito in
buona fede nell'interesse dell'istituzione e della
società, si esporrebbe quindi a rischi567 non
controbilanciati da benefici .
Riferimenti alla
determinazione dei
tributi
Ad esempio, alcuni comportamenti privi di logica sul
piano della determinazione della ricchezza
potrebbero essere casualmente più conformi
alle regolette568 stratificatesi nel marketing politico
di una società disorientata nel settore (par.2.4), ma
privi di senso nel caso concreto. Inversamente,
comportamenti sensati rispetto alla determinazione
della ricchezza, potrebbero essere normativamente
meno coperti e quindi potenzialmente criticabili.
Dialettica tra
formalismo e
buonsenso
Tra dirigenti elevati, più preoccupati dell'immagine
dell'istituzione569, e funzionari di livello inferiore, più
preoccupati di "essere a posto"570, c'è una vasta
gamma di sfumature intermedie. Nella misura in cui
prevale questa tendenza a non prendersi rischi,
coprendosi normativamente. Col prolungarsi nel
tempo della mancanza di spiegazioni d'insieme della

proprio dovere.
567
) Consistenti in censure anche solo “ambientali”.
568
) Spesso prive di senso non solo nel caso concreto, ma in generale, come
accade per le “società di comodo” (par.7.5). Si ricordi che nel diritto non
giurisdizionale la legislazione spesso non risolve i problemi, ma li crea, per i
noti motivi (par.2.4) di ammiccamento politico ai vari settori di consenso.
569
) Qualora l’immagine dell’istituzione sia uscita positivamente da un certo
episodio, i vertici dell’istituzione stessa sono del tutto indifferenti all’eventuale
violazione di leggi o di regolamenti. Se invece l’immagine è negative, allora la
ricerca del responsabile sarà in buona parte ispirata alla violazione di leggi e
regolamenti.
570
Individualmente quindi l'addetto vuole “fare il suo dovere”,
ma al tempo stesso –del tutto legittimamente- cerca di non
avere fastidi, censure e rimproveri.

319 di 704
determinazione dei tributi, si moltiplicano gli
sfasamenti suddetti, tra "legittimità" e buonsenso;
più aumentano la confusione e il disorientamento
davanti alla determinazione dei tributi, più perde
terreno il buonsenso 571.
Inefficienze
istituzionali indotte
L'efficienza della funzione diminuisce e si allontana
dalla ricerca della soluzione che massimizza i
vantaggi per tutti, un tempo chiamata Paretiana o
Benthamiana, ed oggi anche win-win, cioè dove tutti
un po’ ci guadagnano.
Questo riduce quindi la sistematicità
dell'intervento del fisco sulla ricchezza non
raggiunta dalle aziende, si tende alle
“contestazioni interpretative” (par.3.9 ss.), si
"fanno durare" i singoli controlli, si formulano
comunque contestazioni, per cautelarsi e fare
risultato di servizio572. E' un'inefficienza che emerge
nelle istituzioni, ma ha radici nella mancanza di
spiegazioni della funzioni tributaria. Un
miglioramento di queste spiegazioni si rifletterà,
inversamente, sulla funzione tributaria.

5.4. Le istituzioni come ausilio


all’autodeterminazione dei tributi (modulistica,
assistenza e interpretazioni amministrative)

L’amministrazione
“di servizio”
In un contesto di tassazione attraverso le aziende e
di autotassazione, la funzione amministrativa
tributaria deve anche fornire ai privati istruzioni,
indicazioni e chiarimenti su tutti gli aspetti,
571
) L’ossessiva e scaramantica insistenza sulla legalità è degenerata in un
formalismo legalistico, controproducente rispetto all’interesse generale.
572
Ne ritroveremo applicazioni in varie sedi, tra cui il par. 5.9
sulla discrezionalità, 5.17 e seguenti sulle contestazioni
interpretative alle aziende, 6.5, sul contenzioso amministrativo.

320 di 704
procedurali e sostanziali, dell'applicazione dei tributi.
E' una attività amministrativa c.d. di “servizi al
contribuente”, che si aggiunge alle tradizionali
funzioni di determinazione, controllo e richiesta dei
tributi; è l'ausilio amministrativo
all'autodeterminazione, che si estrinseca anche nel
rilascio di codici fiscali, nella registrazione di
contratti di locazione, nella gestione delle
compensazioni d'imposta di cui al par.3.4, nonchè,
come vedremo al prossimo paragrafo nella gestione
informatica delle dichiarazioni, l'erogazione dei
rimborsi etc.
Relatività del
servizio rispetto a
interessi pretensivi
Benchè l'interesse del privato, come indicato al
par.5.3, resti oppositivo, e non pretensivo,
l'autotassazione richiede una qualche cooperazione
delle istituzioni tributarie;. solo in questo limitato
senso la funzione tributaria diventa "di servizio", con
chiare distinzioni rispetto alle funzioni pubbliche
migliorative della posizione del privato, come in
materia di sanità, istruzione o trasporti.
Diffidenze indotte
dall’evasione
Quanto precede comporta una diffidenza verso i
contribuenti; la possibilità che il contribuente,
accanto alla richiesta di assistenza amministrativa
su ricchezza che dichiara, ne stia al tempo stesso
evadendo altra, produce cautela e diffidenza, da
parte degli uffici, anche in questa attività di
supporto.
Snellezza nella
richiesta e
acquisizione dei
dati
Questa funzione amministrativa riguarda prima di
tutto la comunicazione al fisco dei dati, e la
gestione, da parte del fisco, di eventuali rimborsi;
sono procedure troppo di dettaglio per essere
totalmente regolata dalla legge, e quindi per molti

321 di 704
aspetti disciplinate da atti amministrativi generali,
nella forma o nella sostanza . Queste modalità
procedurali sono a loro volta chiarite, per aspetti
ulteriori, da interpretazioni ufficiali dell'autorità
amministrativa, compresi i modelli di dichiarazione,
già trattati al par. 3.4.
Interpretazioni
delle istituzioni
tributarie
Il ruolo interpretativo “ex ante”
dell’amministrazione è anche fondamentale,
come già anticipato al par. 3.10, per
l’inquadramento giuridico, da parte degli stessi
contribuenti, della ricchezza registrata. E' quindi il
caso di richiamare e sviluppare, a proposito
dell’autorità amministrativa, le riflessioni generali
sull’interpretazione, svolte al paragrafo 3.10.
Abbiamo già rilevato che tutti interpretano
conformemente ai propri ruoli, da quello
indipendente del giudice a quello imparziale delle
autorità amministrative (influenzate dalla funzione),
a quello parzialmente orientato da legittime
convenienze economiche, dei privati (par. 3.10).
Fondamento
gerarchico
funzionale interno
all’istituzione
L’interpretazione ufficiale, di un superiore
gerarchico condiziona quella degli uffici inferiori,
dipendenti, creando affidamento nei privati; è un
normale riflesso dei principi generali delle pubbliche
autorità. All’interno di un’istituzione pubblica
ordinata gerarchicamente, l’interpretazione ufficiale
della normativa è vincolante, almeno nella
normalità, semplicemente perché non ci sono
argomenti logici che gli uffici dipendenti possano
invocare per disattenderla, proprio perché legata
all’astrattezza della normativa, non alle contingenze
operative. Questo “valore gerarchico”
dell’interpretazione amministrativa la rende

322 di 704
particolarmente importante rispetto alle tradizionali
interpretazioni che ne sono prive, nel diritto comune,
come i «lavori preparatori “, i rari, e spesso equivoci,
precedenti giurisprudenziali e la pubblicistica.
Le occasioni di
interpretazione
Interpretazioni con valenza generale possono
essere contenute nel commento a istituti generali,
come avviene nelle c.d. circolari, in risposte a
specifici quesiti, come nelle c.d.”risoluzioni”, in
risposte ad attività di consulenza giuridica, ad
istanze di interpello in base al c.d. “statuto del
contribuente (par. 2.1), nelle istruzioni ai modelli di
dichiarazione dei redditi (par. 3.4), in comunicati
stampa o nelle risposte ai quesiti della stampa
“specialistica”. L'importante è che si tratti di un atto
con funzione interpretativa, cioè proveniente da un
organo sovraordinato e finalizzato a dare indicazioni
interpretative nel settore di propria competenza; ad
esempio non avrebbe formale valenza interpretativa
una soluzione adottata, sia pure da un organo
sovraordinato, in un atto impositivo riguardante un
diverso contribuente; ad esempio, un parere fornito
per una specifica pratica dalla direzione abilitata ad
emettere interpretazioni amministrative, potrebbe
non essere sufficiente a creare affidamento verso la
generalità dei contribuenti.
L’affidamento del
contribuente verso
una istituzione
Nella matrice amministrativistica del diritto
tributario si comprende bene la tutela di un
“affidamento istituzionale”, generata nei
contribuenti dalle interpretazioni in esame.
Tali interpretazioni ultime, in estrema sintesi,
giovano al contribuente, se a lui favorevoli, in
base alla tutela della buona fede, generata
dall’autorità amministrativa, ma non lo
pregiudicano. Le interpretazioni ministeriali

323 di 704
ritenute prive di base normativa possono quindi
essere disattese dai giudici senza particolari
formalità, annullando l’atto
amministrativoindividuale che vi si è conformato. Ciò
sia per quanto riguarda le regole sostanziali di
determinazione della ricchezza (par. 2.3), sia per
quanto riguarda le procedure formali o i rapporti
con gli uffici tributari in sede di controllo.
Sono applicazioni dei comuni principi di
ragionevolezza, secondo cui le autorità possono
impegnare se stesse, ma possono creare vincoli per i
terzi solo nell'ambito delle proprie prerogative;
queste ultime, "giovano ai contribuenti, ma non
li pregiudicano"; l'interpretazione amministrativa
crea affidamento, in quanto proviene da una
istituzione, senza poter creare vincoli ulteriori. Si
crea infatti, nel contribuente, una aspettativa,
giuridicamente rilevante, che gli uffici finanziari,
sottoposti per subordinazione gerarchica
all’interpretazione dei superiori, vi si attengano.
Disorientamenti
indotti dal diritto
giurisdizionale
Sono quindi del tutto estemporanee, rispetto al
quadro descritto sopra, alcune svalutazioni,
accademiche e giurisprudenziali,
dell'interpretazione amministrativa. La tendenza a
porre quest'ultima in secondo piano rispetto
all'interpretazione del giudice trova origine nella
consueta impostazione privatistica e
processualistica, dove i privati creano affidamento
verso altri privati solo con vincoli negoziali, non
riconoscendo applicabile un certo regime giuridico in
luogo di altri, come invece normalmente avviene
da parte delle istituzioni , cioè in sede
amministrativa e quindi tributaria573.

Questa tendenza, emergente d'istinto da alcune


573

sentenze, sarebbe un interessante oggetto di

324 di 704
Non sanzionabilità
come tutela
dell’affidamento
Ne discende che, nei casi di modifica
“peggiorativa” dell’interpretazione, i
contribuenti, in base alla tutela dell’affidamento e
della buona fede, saranno comunque immuni da
sanzioni, per le mancate applicazioni del tributo,
conseguenti all’osservanza delle indicazioni
interpretative successivamente modificate (vedi il
riscontro normativo sulla non applicabilità delle
sanzioni per incertezza interpretativa al par.6.13).
Un'impugnazione delle interpretazioni
amministrative sarebbe inammissibile in quanto
prematura, visto che esse non sono, come tali,
direttamente lesive della sfera del contribuente;
la contestazione dell'interpretazione avverrà quindi
in relazione a quella di eventuali atti di
imposizione, che la applicano574.
Immagine pubblica
e timori di
interpretazioni
imprudenti

studio, sia come esempio dei disorientamenti diffusi


tra gli operatori giuridici sulla collocazione del diritto
tributario, sia sul desiderio generale delle istituzioni,
comprese quelle giurisdizionali, di ampliare le
proprie prerogative rispetto a quelle di altre
istituzioni.
574
) Davanti all’interpretazione amministrativa che non condivide, e comporta
un maggior tributo, il contribuente dovrà decidere se disattenderla, e rischiare
un rilievo fiscale, oppure seguirla, salvo poi intentare azione di rimborso.
Concettualmente potrebbero aprirsi spazi per una impugnazione di ordine
generale , davanti alla giustizia amministrativa, per i contribuenti di “mero
diritto “( par.3.5-3-6) che dovrebbero invece scegliere tra disattendere
l’interpretazione, e rischiare accertamenti d’ imposte per cui non potrebbero
più rivalersi sui contribuenti di fatto, oppure applicare una maggiore imposta, di
cui non avrebbero motivo per proporre azione di rimborso, avendo trasferito
l’onere a terzi.

325 di 704
L’importanza delle interpretazioni
amministrative, in un contesto di autotassazione è
così forte da essere fortemente avvertita dalle
istituzioni fiscali, sotto i due parametri che, in
prima battuta, ne caratterizzano il comportamento,
indicati al par.5.3: dal punto di vista dell’“immagine
pubblica” dell'amministrazione di servizio le
istituzioni fiscali avvertono la richiesta ambientale di
diffuse ed esaurienti interpretazioni. Dall’altro punto
di vista, della “cautela”, eventuali disattenzioni
interpretative potrebbero essere strumentalizzate
dai contribuenti proprio in nome della già indicata
“tutela dell’affidamento”.
La cautela
interpretativa
Ne deriva un ibrido in cui interpretazioni
amministrative sono emanate prontamente, ma
redatte con grande cautela cercando di esporsi il
meno possibile per non creare precedenti, in modo
inconsapevole. Ne deriva, del tutto legittimamente,
un carattere "auto protettivo” e “di parte” nel senso
indicato ai par. 5.3 e 3.10 delle interpretazioni in
esame (esempio dell'imparzialità "non indipendente"
tipica delle istituzioni, soprattutto non
giurisdizionali).
Controversie sulla
portata
dell’interpretazione
Quando il contribuente fa valere le interpretazioni
dell'agenzia delle entrate, molto spesso l’ufficio
fiscale periferico si difende considerandole non
pertinenti, riferite cioè a casi diversi da quello in
contestazione. Si innesta quindi una “interpretazione
dell’interpretazione”, con la controversia che si
incentra sulla reale portata dell’interpretazione
emessa dagli uffici centrali.

326 di 704
5.5. Acquisizione e controllo formale delle dichiarazioni e dei
versamenti (incroci informatici e campionatura oneri deducibili)

Acquisizione delle
dichiarazioni
Mettiamoci adesso dal punto di vista della
macchina fiscale,destinataria delle
comunicazioni e dichiarazioni inviate dai privati e
descritte al par. 3.4. La relativa lavorazione inizia
proprio dall’acquisizione dei dati delle dichiarazioni
fiscali, che vengono prima di tutto archiviati nelle
banche dati del fisco; quest’acquisizione informatica
è oggi abbastanza agevole, in quanto le dichiarazioni
sono redatte e presentate in modo
informatico”-”telematico” (paragrafo 3.4).
Controlli di
correttezza
esteriore e di
versamento
L’acquisizione delle dichiarazioni nelle banche dati
dell’amministrazione fiscale consente alcuni
controlli formali; si tratta di verifiche ormai quasi
completamente informatizzate, che incrociano alcuni
dati esposti nella dichiarazione con quelli trasmessi
da altri soggetti, come le banche per i versamenti
delle imposte (art. 36-bis decreto 600-1973). E'
quindi un riscontro di regolarità esteriore
effettuato per tutte le dichiarazioni mediante
controllo informatico, incroci tra dati dichiarati e
quelli esistenti nelle banche dati, soprattutto
sull’effettivo pagamento del debito d'imposta
dichiarato (il versamento di somme dichiarate
potrebbe essere omesso per le difficoltà finanziarie
di cui al par.6.11 sulla riscossione). I problemi di
questo controllo formale erano molto maggiori
quando esisteva il rischio di errori numerici nelle
dichiarazioni cartacee; il passaggio alla dichiarazione
telematica è già stato utile, ed è anche importante
aumentare il coinvolgimento delle strutture private
indicate al par.3.16, come i centri di assistenza

327 di 704
fiscale e i professionisti; oltre a raccogliere le
dichiarazioni da trasmettere all’Agenzia, tali soggetti
potrebbero essere coinvolti maggiormente nei
controlli di conformità, in un ruolo pubblicistico da
sviluppare.
L’avviso bonario di
eventuali
irregolarità
Si effettua, nella stessa sede, una quadratura
formale dei dati indicati sulle dichiarazioni,
eliminando contraddizioni
direttamente desumibili dalle dichiarazioni
medesime.
In tutti questi casi si avverte il contribuente dell’esito
della liquidazione, ai sensi del comma 3 dell’art. 36-
bis, con una comunicazione informale, tendente a
consentirgli
la presentazione di chiarimenti575; se questi ultimi
non sono presentati, o non sono convincenti, si
iscrive a ruolo(par.6.11) la differenza e il
contribuente dovrà presentare ricorso.
controllo a
campione su oneri
deducibili e
detrazioni
Per una piccola parte delle dichiarazioni, circa il 5
percento, gli uffici richiedono i documenti
giustificativi di oneri deducibili “personali”, come
assicurazioni vita, alimenti al coniuge separato,
spese mediche etc. (paragrafo 9.3), detrazioni per
familiari a carico, ritenute d’acconto, etc. (art. 36-
ter). Anche qui, in caso di mancata documentazione,
le maggiori imposte saranno richieste con iscrizione
a ruolo.
rimborsi e “atti
amministrativi
impliciti”

575
) In un embrione standardizzato di contraddittorio amministrativo
preventivo, per cui valgono le considerazioni specifiche di cui infra in questo
paragrafo e quelle generali di cui al paragrafo 6.1 sulla procedimentalizzazione
della funzione tributaria.

328 di 704
In queste fasi, denominate nella prassi,
«liquidazioni della dichiarazione», avvengono
anche i rimborsi dei crediti d’imposta con un
ordinativo di rimborso senza le caratteristiche di un
atto impositivo formale.
E' discusso se il rimborso inferiore al richiesto
equivalga a un provvedimento implicito di diniego, e
vada impugnato; un evento da interpretare è
l'inerzia del fisco sulla dichiarazione a credito non
tempestivamente rettificata dall’ufficio tributario; si
discute se ciò rende incontestabile il diritto del
contribuente al rimborso della relativa somma576.
Procedimento e
gestione massiva
dei dati
Siamo comunque in una fase “seriale” della
tassazione attraverso le aziende, in cui emergono
tutte le difficoltà degli uffici di gestire direttamente,
in modo “analitico” e
“personalizzato” milioni di posizioni individuali. A
questa serialità bisogna adattare procedimento e
principio del contraddittorio, per molti versi
differito (par.6.1) e la motivazione,
necessariamente stringata (par.6.2). Anche questo
conferma le difficoltà di quando la
determinazione dei tributi è molto frammentata,
cioè deve rivolgersi ad ampie platee di individui, per
somme individualmente modeste; si coglie anche
sotto questo profilo l'utilità delle note strutture
intermedie, oggi rappresentate dalle organizzazioni
aziendali, attraverso cui è infatti possibile aggregare
fiscalmente manifestazioni di ricchezza altrimenti
frammentate tra innumerevoli individui.

576
Il controllo dovrebbe essere precluso, e il credito dichiarato consolidato, per
tutti gli aspetti che richiederebbero un controllo di merito dei dati dichiarati, su
una documentazione che il contribuente, decorso il termine per i controlli (sulla
cui portata par.6.1), potrebbe anche aver distrutto o smarrito.

329 di 704
Generalità e utilità
relativa del
controllo formale
Questo controllo formale sussiste in genere per la
maggior parte dei tributi, in quanto le istituzioni
devono pur sempre acquisire ed inquadrare quanto
è loro comunicato. In questa sede è abbastanza
facile, e per certi versi doveroso, esaminarne anche
la correttezza intrinseca, ed effettuarne la
reinterpretazione giuridica indicata ai par.3.9 e
seguenti. Quest'attività non è una priorità sul
piano generale della funzione tributaria, cioè
l'individuazione e la stima della ricchezza per altri
versi non registrata; le istituzioni vi tendono però di
buon grado, forse troppo , perché è un lavoro
"comodo" in gran parte automatizzato. e comunque
con ridotta componente valutativa. Altri esempi
se ne trovano nell'imposta di registro, con
particolare riguardo alle agevolazioni c.d. "prima
casa". Ne deriva un contenzioso "seriale", di cui
diremo al par.6.10.

5.6. Indagini amministrative dirette alla determinazione


dei tributi: contenuto e verbalizzazione
Istituzioni e poteri
autoritativi di
indagine
Le indagini fiscali costituiscono un altro aspetto della
matrice amministrativistica della determinazione dei
tributi; gli uffici tributari, in quanto pubblica autorità,
e nei limiti di legge (infra) possono intimare ai
privati di fornire informazioni e documenti, e di
consentire l'accesso fisico ai luoghi. Questo potere
autoritativo di indagine comporta il potere punitivo
di applicare sanzioni agli inadempienti e di
procedere coattivamente, usando ove ciò sia
possibile la coercizione amministrativa.
Anche questi poteri di supremazia smentiscono
lo stereotipo avvocatesco che considera il

330 di 704
contribuente e il fisco come due "parti" in lite, risolta
dall'"istituzione giudice" (che ha compiti del tutto
diversi come vedremo al par.6.7).
Riserva di legge sui
poteri di indagine

In base al principio di legalità, di cui al par.2.1, tali


poteri istruttori e sanzionatori devono essere previsti
dalla legge, il che potrebbe anche avvenire tramite
un potere generalizzato, di base, concesso agli uffici
tributari, come tali, di chiedere, a chiunque,
informazioni o documenti, sotto pena di sanzioni in
caso di non collaborazione; senza arrivare a questi
estremi, la legislazione consente richieste ad
ampio raggio di informazioni relative ai loro
fornitori, sia a tutti gli operatori economici, sia ai
consumatori finali; pertanto sarebbero possibili, e
sono state talvolta effettuate, richieste ai
consumatori di servizi di un certo valore (pranzi di
nozze) sul corrispettivo pagato ai fornitori. Nulla
vieta che l’amministrazione indaghi in modo
informale, appellandosi alla spontanea
collaborazione del destinatario, purchè non minacci
sanzioni o altre conseguenze negative assenti
nell’ordinamento; acquisire informazioni fuori dai
poteri autoritativi d’indagine è quindi lecito in
presenza di consenso spontaneo, e non estorto.
Le indagini nei confronti di altre istituzioni pubbliche,
di diversa natura, nazionali o estere si svolgono su
un piano paritetico e sono tendenzialmente
incoercibili e sanzionabili solo in modo "politico".
Finalità e amalisi
del rischio (rinvii)
Al prossimo paragrafo 5.7 vedremo che, in un
contesto di autodeterminazione dei tributi, i
controlli dovrebbero riguardare prima di tutto la
credibilità esteriore del dichiarato, specie quando
non è filtrato dalle organizzazioni aziendali. Lo scopo

331 di 704
è indurre i contribuenti ad autodeterminazioni più
credibili577. Per entrambi questi scopi, vista la
limitatezza delle risorse disponibili, è richiesta una
analisi comparata del rischio di ricchezza non
registrata, che può avvalersi anche di informazioni
sulla generalità dei contribuenti, stratificatesi nelle
banche dati del fisco di cui al precedente par.5.5 578;
in tali banche dati , espressamente ritenute
legittime dalla normativa sulla privacy579, sono
reperibili i dati sui singoli contribuenti attraverso il
codice fiscale e per gli operatori economici anche
la partita IVA (par. 7.1). Manca però uno schedario
permanente personalizzato, e descrittivo, che
contestualizzi "per contribuente" le informazioni
frammentate nelle varie banche dati (ne riparleremo
al par.5.7).
Le cautele nella
destinazione dei
controlli
Occorre evitare che la scelta dei contribuenti da
sottoporre a controllo sia dettata da abusi o
favoritismi. Per questo la relativa programmazione
è molto centralizzata sulla base di liste, elaborate in
base anche in base agli indicatori di rischio di cui
abbiamo detto sopra. Una casistica di abusi e di
reclami è però sostanzialmente assente , il che
significa una buona gestione della questione in via

577
) Mentre il recupero diretto del gettito da parte degli uffici tributari è, come
vedremo, secondario, in un sistema basato sull’autodeterminazione.
578
Queste imponenti banche dati, relative a possesso di
immobili, autovetture, quote societarie, e altri elementi
significativi di ricchezza, dovrebbero essere un ausilio alla
valutazione per ordine di grandezza dei flussi economici che
sfuggono alla determinazione ragionieristica attraverso le
aziende
579
) La gestione dei dati all’interno degli uffici tributari, è però ovviamente
accompagnata da procedure di salvaguardia rispetto a un eventuale loro uso
abusivo. E’ un altro profilo del “diritto amministrativo dei tributi” e della sua
natura “non giurisdizionale”.

332 di 704
amministrativa, o la difficoltà dei contribuenti di
dimostrare gli abusi e di tutelarsi.
Tipologie di
indagini
I tributi applicati attraverso le aziende, cioè imposte
dirette ed IVA, procedono di pari passo anche
sotto il profilo dei suddetti poteri istruttori580,
disciplinati "in parallelo" dalla normativa sull'IVA e
da quella sull'accertamento delle imposte sui redditi
581
. Tali poteri sostanzialmente omogenei si basano
su richieste di informazioni e documenti da
svolgersi presso gli uffici, oppure su indagini
presso il contribuente. Ciascuno può
immaginarne il contenuto con un minimo di fantasia,
senza bisogno di parafrasare qui, nei soliti sterili
schemini, le lunghe elencazioni contenute negli
articoli citati nella nota precedente.
Ufficio competente
alle indagini
Quando le indagini suddette sono svolte per
ottenere informazioni su tributi dovuti dallo stesso
contribuente, l'ufficio richiedente coincide con quello
preposto alla rettifica, e quindi l'indagine finisce per
essere anche un contraddittorio amministrativo in
relazione alla determinazione dell'imposta (par.6.1
alla fine). Questa procedura è frequente per piccoli
commercianti, artigiani e persone fisiche,
frequentemente convocati presso gli uffici tributari,
per fornire chiarimenti su ipotesi di rettifica,
presentando documenti e rispondendo a domande,
verbalizzate assieme alle risposte582.
580
) Vedremo nella seconda parte del testo (capitolo settimo) in quale misura
imposte dirette e IVA procedano sostanzialmente di pari passo anche sotto il
profilo della determinazione della ricchezza (ferma restando ovviamente la
diversità del profilo da cui ciascuna delle due imposte si pone, cioè il consumo
e il reddito).
581
) Art.51 decreto IVA e art.32 ss. Decreto 600 del 1973, che prevedono
spesso, in parallelo, disposizioni di identico contenuto.
582
) Segnaliamo le controversie sulla necessità di redigere, anche in questi casi,
un verbale finale, in relazione al quale il contribuente possa presentare

333 di 704
Indagini presso gli
uffici e presso i
contribuenti
Le indagini possono essere svolte presso gli uffici,
dove il privato viene convocato per fornire
informazioni o documenti. Le indagini possono anche
svolgersi, in tutto o in parte, presso il contribuente,
con "accessi, ispezioni e verifiche", espressioni
riguardanti profili diversi dell'istruttoria esterna agli
uffici. Si può parlare di accesso in senso generico,
come ogni ipotesi in cui i funzionari si recano
presso il contribuente, compresi gli “accessi brevi”
effettuato per rendersi conto direttamente delle
caratteristiche di una certa attività, a supporto di
una indagine veloce, effettuata prevalentemente in
ufficio (ad esempio su piccoli commercianti e
artigiani, allo scopo di verificare la correttezza delle
informazioni fornite ai fini dei c.d. "studi di settore"
di cui al par.5.13).
Il concetto di ispezione attiene all'analisi di
documenti ed eventualmente di luoghi fisici
diversi dalla sede dell'attività, dove altrimenti di
avrebbe un accesso (ad es. depositi, rimessaggi,
terreni, veicoli etc.). L'indagine più ampia è la
verifica (generale o parziale), che comporta una
qualche permanenza stabile presso la sede
dell'attività, o addirittura il domicilio, del
contribuente ispezionato.
Esigenze
organizzative
interne e di tutela
degli indagati
Nelle regole che disciplinano le indagini si
mescolano finalità organizzative interne, dirette
al buon andamento degli uffici, e finalità di
protezione dei privati, cui le indagini si dirigono
(domicilio, riservatezza, corrspondenza etc.). La
violazione delle regole di buon andamento degli
deduzioni scritte, in nome del contraddittorio procedimentale, di cui diremo al
par.6.1.

334 di 704
uffici rileva in modo indiretto, nei confronti dei
contribuenti, che possono utilizzarla come elemento
segnaletico di sviamento di potere; la violazione di
regole organizzative interne potrebbe cioè avere
rilevanza esterna solo qualora fosse un sintomo di
“abuso di potere amministrativo”, dimostrando che
le indagini sono sorte per finalità persecutorie,
vessatorie, estorsive etc...In mancanza di queste
patologie, la giurisprudenza tende però
ragionevolmente a tener fermi gli atti impositivi
basati su indagini dove i verificatori hanno violato
disposizioni attinenti all’organizzazione
amministrativa interna della loro struttura583.
La violazione delle regole tese alla tutela dei
privati comporta effetti diversi a seconda del
contenuto della regola, fino alla nullità dell'atto
compiuto irregolarmente o addirittura del
provvedimento impositivo, secondo la c.d.
"illegittimità derivata"584. .

Il tema dell'eccessiva invasività delle indagini non


si presta a essere risolto in via legislativa, ad
esempio con una asettica disposizione, come l’art.
12 dello statuto del contribuente (par.2.1) secondo
cui le indagini presso il contribuente non possano
durare più di trenta giorni, motivatamente
prorogabili per altri trenta. I trenta giorni di
“effettiva presenza” possono essere eccessivi o
insufficienti, in relazione a ciò che occorre verificare.

583
Si tratta ad esempio della verbalizzazione di violazioni su
periodi di imposta non ricompresi nell’ordine di verifica, o su
soggetti emersi nel corso delle indagini verso altri contribuenti.
584
La mancata distinzione tra queste due esigenze di tutela, con
riferimenti ossessivi e indifferenziati al concetto di nullità
civilistica, riflette il noto sbilanciamento dottrinale sugli schemi
processualcivilistici, trascurando lo studio dell'azione
amministrativa, come vedremo anche al termine del par.6.1, a
proposito di disposizioni sul procedimento, di invalidità etc.

335 di 704
Per accedere in locali adibiti ad attività d’impresa è
sufficiente l’autorizzazione del capo dell’ufficio,
rispondente a finalità organizzative interne, mentre
per gli accessi domiciliari e gli atti più lesivi della
riservatezza (ad es. apertura forzata di borse,
plichi sigillati, mobilio, casseforti, ecc. ex art. 52
comma 3, nonché perquisizioni personali) occorre
un’autorizzazione del procuratore della repubblica,
da richiedere in base a gravi indizi di violazioni
tributarie.
Inutilizzabilità di
prove
illegittimamente
acquisita
Le informazioni illegittimamente acquisite,
senza le autorizzazioni a tutela di diritti
costituzionalmente garantiti, come il domicilio,
l’integrità personale o la riservatezza, sono
inutilizzabili come elementi probatori del
successivo atto di accertamento. Quest’ultimo è
quindi annullabile se non giustificato anche da altre
informazioni legittimamente ottenute. Questa
inutilizzabilità, sancita dopo molte incertezze
giurisprudenziali, è una sorta di “sanzione”, a
carico degli uffici tributari, per avere leso un diritto
primario del contribuente. resta sotto qualche
profilo un "vizio formale", anche se grave585.
Utilizzabilità delle
informazioni

585
) E’ da chiedersi, sia pure a livello problematico, se l’acquisizione illegittima
sia suscettibile di sanatoria, cioè se le procedure possano essere seguite dopo
una prima fase irrituale. Le soluzioni di questo problema concettuale (per
fortuna raro) lasciano entrambe insoddisfatti, perché la sanatoria vanificherebbe
il precetto, ma l’insanabilità assoluta dell’acquisizione violerebbe il principio di
equa ripartizione dei carichi pubblici, davanti a una ricchezza esistente, in
quanto tempestivamente accertata, sia pure con gravi irregolarità sotto altri
piani: andrebbe approfondito in proposito, anche ai fini di tesi di laurea o
dottorato il tema delle prove irregolarmente acquisite ai fini penali (e quindi
della compensazione tra la violazione di due giuridici diversi, quello della
riservatezza o della corrispondenza e quello della punizione di reati, anche
gravi).

336 di 704
spontaneamente
fornite da chi
poteva disporne
Gli uffici possono quindi liberamente utilizzare
informazioni spontaneamente fornite da chi
poteva disporne a pieno titolo586, anche se non
avrebbero avuto il potere di richiederle in modo
coercitivo; si pensi ad esempio alle richieste a chi
occupa un appartamento sulla misura del canone
pagato al proprietario. Le informazioni ottenute
appellandosi alla spontanea collaborazione del
destinatario sono utilizzabili, purchè il destinatario
della richiesta non sia stato forzato con la minaccia
di sanzioni o altre conseguenze negative non
previste dall’ordinamento.
Sono altresì utilizzabili le informazioni liberamente
accessibili, di pubblico dominio, come conferma
l'utilizzazione sempre più frequente, per gli
accertamenti tributari, di informazioni tratte dalla
rete internet.
Danni diretti dovuti
alle indagini: rarità
del caso
Le indagini fiscali, come qualsiasi altro esercizio di
poteri amministrativi, possono parzialmente
intralciare lo svolgimento dell’attività economica o la
vita privata,
ma sono preoccupazioni da valutare caso per caso,
tenendo conto della complessità delle indagini, del
fastidio concreto che l’attività degli uffici provoca al
contribuente o alla sua azienda. Non risultano
comunque contenziosi sulla "nocività" intrinseca
degli atti investigativi in quanto tali, di cui sarebbe
difficile anche individuare il giudice competente,
tendenzialmente quello amministrativo, viste le
carenze di tutela sugli atti non diretti alla
586
) Ciò esclude a rigore le informazioni trafugate da dipendenti bancari, come
è spesso successo per funzionari di banche estere (la c.d. “lista Falciani”, ma
cui utilizzabilità , visto il clamore mediatico del caso, è stata in qualche modo
“salvata” dalla cassazione).

337 di 704
determinazione del tributo, davanti al giudice
tributario. Il sistema contenzioso attuale,
sbrigativamente riferito agli atti di determinazione
del tributo (paragrafo 6.8), non offre tutela
giurisdizionale immediata contro gli inconvenienti
immediati delle indagini, il che tuttavia non sembra
provocare particolari lamentele, a conferma della
possibilità di trovare soluzioni accettabili
nell'interlocuzione con gli uffici tributari587.
Omessa
collaborazione e
sanzioni indirette
In caso di rifiuto di esibire documentazione o di
fornire informazioni , oltre alle suddette sanzioni
dirette per l'inadempimento, al contribuente è
vietato di far valere tali informazioni e documenti nel
corso del processo tributario. Non è tanto una
sanzione indiretta, quanto una cautela contro rinvii
tattici, diretti a rimandare la questione al termine
delle indagini, quando i verificatori non più vanificare
la portata di tali documenti, né scoprire altre
violazioni ad essi collegate588. La norma scatta
ovviamente solo qualora la richiesta del fisco sia
specifica e circostanziata, e non per le richieste
generiche di fornire qualsiasi documentazione
rilevante a proprio favore (589).

587
Le riflessioni indicate nel testo sono una delle tante conferme
di una giuridicità amministrativa, in cui si interagisce con una
parte pubblica nell'esercizio delle proprie funzioni; ciò
consente, anche in sede istruttoria e non solo di
determinazione dei tributi, di trovare punti di incontro a
prescindere dal giudice.
588
) Il contribuente potrebbe infatti tendere a differire le spiegazioni al termine
della verifica, in modo che l’ufficio ispettivo tributario non potesse indagare
ulteriormente per smentire le giustificazioni del contribuente o utilizzarle come
innesco per ulteriori rilievi.
589
) Gli atteggiamenti dove l’ufficio tributario chiede al contribuente di “parlare
subito o di tacere per sempre” si giustificano davanti a specifici addebiti di
violazioni, non davanti a richieste investigastive generiche e di routine.

338 di 704
Rinvio al
contraddittorio
amministrativo
Non è certamente attraverso estemporanee
disposizioni come questa che si può costruire un
organico contraddittorio procedimentale
tributario, come vedremo al par. 6.1.
Controlli e
territorio estero
I controlli tributari, in quanto espressione di
potere pubblico, sono esercitabili solo all'interno
del territorio, e quindi sono parzialmente spiazzati
dalla globalizzazione e dalle libertà di circolazione
europee (merci, capitali, imprese: paragrafi 2.6,
3.11). Le indagini coercitive all'estero devono
ricorrere agli accordi internazionali
sull'assistenza tributaria, come quelli presenti nelle
convenzioni contro le doppie imposizioni su cui
par.7.18), oppure le norme interne emanate su
direttive dell'Unione Europea. Sono tuttavia
possibili espedienti pragmatici, come sopralluoghi
"non autoritativi" all'estero e pressioni sulle
controllanti o le controparti italiane perché inducano
soggetti esteri a collaborare590.
insufficienza di un
vasto controllo del
territorio “a
monte”
La mancanza del preliminare, sistematico ed
effettivo591, monitoraggio complessivo, di cui alla
fine del par.5.7 diminuisce l'efficacia delle indagini
sull'autodeterminazione dei tributi; gli accessi,
ispezioni e verifiche, sono innescati solo da analisi
"a tavolino", non particolarmente agevolate dalle
innumerevoli banche dati di cui al par.5.16. Le
indagini, quindi, sono peggiori in qualità e quantità
rispetto a come potrebbero essere se precedute da

590
) E’ intuitivo che si tratta di richieste di spontanea collaborazione, non
direttamente coercibili, né sanzionabili.
591
) Cioè svolto anche con sopralluoghi fisici sul territorio.

339 di 704
un bagaglio informativo sull'attività svolta dal
contribuente.
Ripetitività delle
descrizioni e delle
espressioni di rito
Non a caso i verbali di verifica iniziano con
asettiche descrizioni generali dell’attività
svolta, come se essa fosse stata scoperta durante
l'attività d'indagine, e non analizzata "a monte"
(inoltre i verbali sono poi appesantiti da una serie di
avvertenze generali stereotipe, sul diritto a farsi
assistere da un legale, sulle conseguenze in caso di
mancata risposta, su possibilità di estinguere le
violazioni, etc., che ne aumentano artificiosamente
la mole, facendo perdere di vista le risultanze
specifiche della verifica).
È una conferma dell’episodicità dell’attività
amministrativa in materia tributaria, cui si
connettono dispersioni di risorse, che ostacolano
la serena, e soprattutto sistematica, stima della
ricchezza non registrata.
Il verbale di
indagine come atto
pubblico
Veniamo ora alla documentazione delle indagini
fiscali, effettuata con lo strumento generale dei
“processi verbali”, in cui si descrivono le operazioni
avvenute e gli incontri svolti; ritroviamo qui un
potere tipico delle autorità amministrative,
come il “potere di certazione”, che riflette la nota
matrice amministrativistica del diritto tributario e la
natura di pubblici ufficiali dei funzionari del fisco.
Il verbale costituisce, prova legale, come diremo al
par.5.8, nel senso di fare «prova fino a querela di
falso», delle operazioni materiali accadute in
presenza del verbalizzante o da lui compiute.
Limiti ordinari di
valore probatorio
legale
Si tratta di un riflesso del lavore probatorio
privilegiato degli atti provenienti da pubblici uffici col

340 di 704
suddetto "potere di certazione"(o certificazione)
amministrativa. Secondo questi principi generali,
quindi, nessun valore privilegiato spetta invece
alla parte logico-critica del verbale, in cui il
verbalizzante utilizza i dati osservati per formulare
deduzioni ulteriori (di solito argomenti presuntivi)
rispetto ad essi592.
Il verbale chiude l’istruttoria e come tale è un atto
ancora preliminare rispetto agli avvisi di
accertamento cui eventualmente darà luogo ; per
questo la sua impugnazione di fronte alle
commissioni tributarie sarebbe inammissibile, in
quanto prematura.
Prima dell'atto impositivo, il verbale consente
all’amministrazione di ottenere misure cautelari di
garanzia patrimoniale, come l’ipoteca o il
sequestro di beni del contribuente; è esistita anche
l'acquiescenza al verbale, con un forte sconto sulle
sanzioni, sostituita poi da altre forme di definizione
della controversia (par.6.4 ss).
Esiste la facoltà di presentare all'ufficio
impositore deduzioni, ai sensi dell’art.12 dello
statuto del contribuente (par.2.1), entro 60 giorni
dalla notifica del verbale. E' un embrione di
contraddittorio procedimentale, assolutamente
inadeguato ai problemi concettuali posti da
questo istituto, soprattutto in termini di decadenze e
preclusioni, come vedremo al par.6.1.

5.7. Credibilità economica e impulso all’adempimento


come essenza della funzione tributaria nell’autotassazione

592
L'interpretazione degli indizi materiali in cui consiste, come
vedremo al par.5.8, il giudizio di fatto, e quella di
interpretazione delle regole sono infatti fuori dal potere di
certificazione amministrativa, relativo alle percezioni dirette dei
pubblici ufficiali.

341 di 704
Funzione tributaria
in un contesto di
autotassazione
L'intervento degli uffici tributari nella
determinazione dei tributi e della ricchezza, cioè
l'essenza della funzione tributaria, si inserisce
oggi nel contesto di autotassazione (par.1.5).
Sappiamo già, a questo punto del testo, che la
funzione amministrativa tributaria incontra
difficoltà soprattutto per la ricchezza non
intercettata dalle organizzazioni, pubbliche e
private, su cui è esternalizzata la tassazione (593).
Natura contenziosa
della
determinazione dei
tributi
In questi casi riemerge la tradizionale funzione
istituzionale di determinazione valutativa dei tributi, con la
dialettica (contenziosa) tra poteri pubblici e contribuenti; è
una coesistenza di criteri non esorcizzabile con la già
indicata esportazione della contabilità in assenza di
organizzazioni (par.3.13, par.4.5, par.5.9); vedremo più
avanti (par.5.9 cit.) che dove le aziende non arrivano, una
determinazione contabile da parte degli uffici tributari è
un’illusione che ne paralizza la funzione istituzionale (594).
Necessità di
adeguare l’azione
amministrativa
all’autotassazione
La tradizione valutativa della funzione istituzionale
tributaria del passato (par.1.3) va quindi adattata
593
) Si tratta della “tassazione attraverso le aziende”, filo conduttore del
presente volume.
594
Più che una teoria si tratta di una subcultura che emerge
dalla normativa sull'accertamento "analtico" (par.5.12),
dall'inutile contabilità dei lavoratori indipendenti (par.3.13),
nonché da tutta la pubblicistica avvocatesca sulla "tutela dei
contribuenti", secondo cui gli uffici tributari avrebbero dovuto
individuare specifici ricavi non registrati. Se si considerano le
tendenze alle "ragionierizzazioni delle stime" (par.4.5 e 5.13),
si capisce in quale misura nelle discipline politico sociali simili
subculture si diffondano, in assenza di quella spiegazione
d'insieme che, in materia tributaria, manca.

342 di 704
ad un contesto di autodeterminazione dei tributi,
senza rinnegarla in blocco, illudendosi di poter
determinare contabilmente milioni di posizioni dove
le organizzazioni amministrative non arrivano595.
Adattamenti
dell’intervento
degli uffici
all’autodeterminazi
one
La precedente tradizione valutativa della funzione
tributaria va adeguata alla cornice di determinazione
contabile dei tributi attraverso le aziende, da cui
passa la parte relativamente maggiore della
ricchezza (par.1.4-1.5). Non sono cioè concepibili
due mondi separati, in uno dei quali i tributi sono
determinati contabilmente dalle organizzazioni e
nell'altro da un intervento valutativo degli uffici su
tutti i lavoratori indipendenti al consumo finale, tra
l'altro non praticabile, visto il numero di soggetti
interessati. L'intervento amministrativo va quindi
finalizzato al modello dell'autotassazione, e diretto a
spingere i contribuenti verso la credibilità del
dichiarato piuttosto che al recupero diretto di
gettito. Solo con un monitoraggio di credibilità del
dichiarato l'azione amministrativa può avere uno
spettro abbastanza ampio da incidere sui
comportamenti di massa; il dichiarato, come già
indicato al par.4.2, è già relativamente elevato
rispetto all'attuale modestissimo livello di intervento
amministrativo, poco più che simbolico. Una sua
minima sistematicità riporterebbe entro i livelli di
guardia le sperequazioni tra dipendenti e
indipendenti.
Le fasi del
monitoraggio

595
) Si deve cioè ricordare che la determinazione contabile dei tributi è
un’opportunità da sfruttare dove ne esistono le condizioni, che però non
possono essere create artificialmente.

343 di 704
Vediamo come potrebbero svolgersi queste rapide
verifiche di credibilità esteriore 596 della ricchezza
non raggiunta da organizzazioni pluripersonali (597) ;
un monitoraggio valutativo, per ordine di
grandezza , della credibilità del dichiarato
dovrebbe svolgersi dapprima a distanza (come si
dice oggi "in remoto").
Anagrafe tributaria
“valutativa”
Il primo confronto di credibilità potrebbe avvenire
rispetto a una rappresentazione permanente delle
singole attività, organicamente rilevata, con
documentazione digitalizzabile, comprese foto e
video (598); si tratterebbe di una anagrafe
tributaria, non contabile599, come quella realizzata
finora, sostanzialmente poco utile. Serve invece un
supporto alla stima valutativa degli uffici, un insieme
di informazioni coordinate in relazione all'attività;
tali informazioni potrebbero essere raccolte in
relazione all'avvio dell'attività 600, ed integrate in
relazione a successive importanti modifiche601.
Questo materiale permanente, digitalizzabile,
resterebbe in archivio, a prescindere dalle
Un'ulteriore modifica della passata tradizione
596

valutativa serve ad includere in essa anche i c.d.


"indizi contabili e documentali" di cui al par.5.9
e 5.16, accanto ai vecchi indizi fisici e materiali delle
manifestazioni economicamente rilevanti.
597
Lavoro indipendente al consumo finale, piccole
organizzazioni, locazioni abitative di privati, etc., cfr par.3.13 e
3.14
598
) E’ una specie di rilevazione sistematica di base, analoga a quella degli
antichi catasti (par.1.3), ma senza attribuzione predeterminata di redditi.
599
) Sugli inconvenienti “contabilistici” dell’anagrafe tributaria , viziata
dall’illusione di utilizzare meccanicamente gli “indizi contabili” infra par.5.9.
600
) Molto semplicemente, l’apertura della partita IVA dovrebbe essere
accompagnata da una “relazione documentazione” dell’attività da svolgere,
soprattutto nei casi in cui essa fosse diretta a consumatori finali..
601
) Razionalizzando quando avviene per certi versi oggi con la “variazione
dati” ai fini IVA.

344 di 704
dichiarazioni annuali (602).la descrizione sarebbe
difficile da manipolare, in quanto controllabile in
futuro da altri funzionari, uffici ispettivi e
controinteressati, in modo da prevenire la
corruzione, come vedremo anche all'apposito par.
5.11. L'accessibilità a questo materiale
consentirebbe di ripercorrere il lavoro di
monitoraggio da parte degli uffici, eventualmente
anche da parte di terzi603.
Un controllo valutativo del territorio con brevi
sopralluoghi fisici, o accessi brevi, consentirebbe
di controllare sia i dati dell'archivio permanente sia
quelli delle dichiarazioni rispetto ai primi.
Controllo di
credibilità a
passaggi successivi
Il tutto avverrebbe, in prima battuta, senza
accertamenti di imposta, che resterebbero un
evento "atipico"; ogni tanto semplicemente
passerebbe un funzionario a rendersi conto della
verosimiglianza della sostanza economica
esteriore dell'attività realtà rispetto alla sua
suddetta descrizione permanente.
Pur “facendosi vedere”, dalla maggior parte dei
contribuenti a rischio, fino a questo punto gli
uffici tributari si limiterebbero a monitorare il
dichiarato, che già così diventerebbe più credibile(
604
). Trattandosi di un monitoraggio basato sul
confronto tra dati attuali e ultime dichiarazioni esso
602
Le dichiarazioni annuali potrebbero in questo modo essere
corrispondentemente alleggerite, in quanto non sarebbero più il veicolo per
trasmettere informazioni generali e statistiche al fisco, ma riguarderebbero solo
i dati di periodo.
603
) In quella sorta di controllo reciproco che era tipico della fiscalità valutativa
preindustriale, e che riprenderemo anche al par.6.5 sulla trasparenza delle
determinazioni della ricchezza a seguito delle varie forme di contenzioso
amministrativo.
604
) Tanto più che il livello di adempimento già oggi è tutt'altro
che disprezzabile, rispetto all'intervento amministrativo, per i
motivi di cui al par.4.2.

345 di 704
sarebbe incentrato in primo luogo sul presente, e
diretto in prima battuta all'adeguamento futuro
del dichiarato rispetto alle caratteristiche
dell'attività; non ha senso infatti in prima battuta
perdere tempo valutando situazioni remote, di 4 o 5
anni prima, in cui la ricchezza è già stata spesa, e si
pongono i problemi di riscossione di cui al par.6.11.
Funzione di moral
suasion
E' normale, in queste valutazioni, che ci siano
sospetti di evasione non sufficienti per giustificare i
tempi e le energie amministrative di
rideterminazione delle relative imposte , in quanto
occorre tener conto delle complessive priorità
dell'attività degli uffici, e dell'esistenza di
contribuenti ancora meno verosimili.
Repressione e
punizione mirata
In uno screening a passaggi successivi sarebbero
individuati i soggetti fiscalmente meno collaborativi,
sia per la spregiudicata mancanza di credibilità delle
somme dichiarate, sia per il loro ostruzionismo agli
inviti degli uffici tributari. Qui si giustificherebbero
controlli "all'indietro", cioè anche alle annualità più
remote, con punizioni, non più casuali, ma che
darebbero serietà al sistema agli occhi della massa
dei contribuenti. La repressione sarebbe l'ultimo
passaggio605 di una funzione istituzionale tributaria
basata su monitoraggio e prevenzione sulla
massa dei contribuenti.
Gestione proattiva
della funzione
istituzionale
tributaria
La funzione tributaria sarebbe cioè dapprima
“amichevole” e "dialogante", in un rapporto di
reciproca fiducia, irrigidendosi gradualmente
davanti ad atteggiamenti capziosi e ostruzionistici,
605
) Una specie di “ciliegina sulla torta”, come dovrebbero essere le sanzioni
penali tributarie, secondo quanto indicato al par.6.14.

346 di 704
rasserenandosi eventualmente quando tali asperità
vengono superate. Gli operatori economici, quando
gli affari vanno male, sarebbero liberi di interagire in
anticipo con gli uffici tributari, sempre ragionando
per ordini di grandezza, anticipando motivi credibili
di una diminuzione degli imponibili registrati.
Quanto sopra già spingerebbe i contribuenti ad
autodeterminazioni più credibili, secondo il
suddetto adattamento della funzione tributaria al
contesto di autotassazione.
La
reinterpretazione
della tradizione
Quanto precede attualizza la tradizionale
necessità che le imposte siano "imposte", dalle
organizzazioni (tassazione attraverso le aziende) o
dagli uffici tributari; l'uso delle organizzazioni per la
determinazione contabile dei tributi tornerebbe così
nel suo naturale ruolo di "opportunità da cogliere",
senza inceppare la funzione tributaria sulle attività
economiche dove le organizzazioni non esistono.
Torniamo così in chiave moderna al filo conduttore
della funzione tributaria secondo cui le imposte si
pagano quando si avverte un'apprezzabile
possibilità che esse siano richieste da
un'istituzione606.
Distribuzione dei
controlli
Questa funzione tributaria, come tutte le
istituzioni non giurisdizionali (par.1.3), richiede la
gestione di risorse scarse in modo efficiente. Si
tratta quindi di distribuire tempi e uomini secondo
L'impulso all'autodeterminazione dei tributi
606

sarebbe molto forte, in base ai suddetti interventi


amministrativi, in quanto alla pressione mediatico-
propagandistica di cui al par.4.2, si aggiungerebbe
una più sistematica visibilità degli uffici tributari,
autorevoli proprio perché in prima battuta
ragionevoli.

347 di 704
una analisi del rischio finalizzata a massimizzare non
tanto il gettito dei controlli quanto l'adempimento
spontaneo; a questo scopo occorre contemperare
vari profili, come la ricchezza spontaneamente
dichiarata, le diverse informazioni , materiali e
contabili disponibili, la frequenza delle attività
economiche esaminate, la loro percezione da parte
del resto della pubblica opinione, l'impatto
sull'adempimento complessivo (compliance) 607.
Relativa
abbondanza di
personale
maldistribuito
Qui rileviamo solo che le risorse amministrative
sono numericamente più significative di quanto
siano in altri paesi europei, tra Agenzia delle entrate,
Guardia di finanza, Esattorie e uffici tributari degli
enti locali; esistono cioè forze adeguate per
controbilanciare l’elevato numero di “piccole
organizzazioni” e di “lavoratori indipendenti” che
caratterizzano l'economia italiana (608). Il suddetto
monitoraggio valutativo della ricchezza non
intercettata dalle organizzazioni aziendali sarebbe
quindi teoricamente fattibile.
Carenza di
spiegazioni e
difficoltà di
cambiamento
Questa razionalizzazione della funzione
amministrativa tributaria è ostacolata dalla
mancanza di spiegazioni d'insieme e dalla forza
d’inerzia del passato. Un'opinione pubblica

607
Vedremo al par.5.10 in che senso questa
allocazione delle risorse disponibili e questa "policy"
dei controlli comporti, da parte degli uffici tributari,
valutazioni discrezionali.
Questa relativa abbondanza di personale sussiste anche
608

perché l’elevata esternalizzazione degli adempimenti fiscali


sulle aziende ed i professionisti, libera risorse amministrative
per i controlli.

348 di 704
disorientata continua a sopravvalutare il
c.d.“obiettivo monetario”, cioè l'imposta
recuperata nell'attività di controllo. I sospetti di
negligenze o connivenze (par.5.11), spingono a
insistere sui contribuenti selezionati facendosi
durare i controlli, e massimizzando a loro carico la
relativa rendicontazione monetaria,
verbalizzando sempre qualcosa per ragioni di
immagine. Si riduce così il numero e la visibilità
sociale degli interventi amministrativi come stimolo
alla credibilità del dichiarato, non come strumento di
gettito.
Sfasamento tra
gettito dei controlli
e ricchezza non
registrata
Queste criticità gettano ombre sull'imparzialità
dell'Agenzia, sottoposta ad accuse mediatiche di
scarsa oggettività" per via dell'esigenza di “fare
budget. Conferme arrivano dalla disaggregazione del
gettito attuale dei controlli, già poco rilevante in
partenza rispetto ai 450 miliardi di gettito
complessivo, essendo quantificato in 14 miliardi.
Quasi la metà deriva però da imposte dichiarate,
ma non versate, verosimilmente per difficoltà
finanziarie del contribuente (par.6.11); il relativo
recupero, a seguito dell'esame della dichiarazione,
di cui al par.5.5, viene rendicontato come gettito da
controlli, pur non avendo nulla a che vedere con
ricchezza non registrata. Con essa non hanno nulla a
che vedere neppure i circa due miliardi derivanti da
aziende di grandi dimensioni, per contestazioni
interpretative su questioni di diritto (par.3.9 ss.
nonché 5.17 ss.); poco più di un miliardo deriva da
“contribuenti di piccole dimensioni”, in cui rientrano
i lavoratori indipendenti e le microorganizzazioni di
cui ai par.3.13 ss./4.1. La presenza di contestazioni
interpretative anche sugli operatori medi e piccoli
(par.5.2) rende molto probabile una loro stragrande

349 di 704
prevalenza rispetto a quelle dovute alla scoperta di
ricchezza non registrata (609).
Valutazione
costi/benefici e
prospettive
Le maggiori imposte connesse alla scoperta di
ricchezza non registrata sono quindi
probabilmente inferiori al costo complessivo degli
uffici tributari: in questo non ci sarebbe nulla di
male, in quanto è verosimile anche in altri paesi
sviluppati, ma è l'impulso all'adempimento a essere
insufficiente e a dover essere rilanciato. .
Un indicatore molto più efficiente del "risultato di
servizio" sarebbe invece stimare il "tax gap" per
circoscrizione di competenza del singolo ufficio,
cioè le variazioni del dichiarato, al netto di fattori
extratributari, come la crescita o la diminuzione
della prosperità economica settoriale dell'area (610).
evasione da
ricchezza non
registrata come
questione di
fatto:rinvio
Per impostare la questione, occorre riportare
l'evasione fiscale a figure giuridiche, come omesse o
alterate rappresentazioni della realtà, con questioni
"di fatto", ovvero applicazioni indebite di regimi
giuridici fiscalmente più vantaggiosi, cioè questioni
di diritto; le stime dell'evasione fiscale, come
indicato al par.4.1 indicano che il problema riguarda
essenzialmente questioni di fatto, cui è opportuno
dedicare i paragrafi seguenti.

609
Specie ipotizzando che buona parte delle contestazioni sul
lavoro indipendente derivino dall'applicazione meccanica degli
studi di settore, cfr. par.5.13
610
Dovuta anche all'apertura, e alla chiusura, di nuove fabbriche
o uffici.

350 di 704
5.8. L’empirismo e il probabilismo del giudizio di fatto
nella valutazione della ricchezza da parte degli uffici
tributari.
Richiami alla
distinzione tra
giudizio di fatto e
di diritto
Il concetto giuridico generale di giudizio di fatto, e
la sua distinzione rispetto a quello "di diritto", sono
stati già anticipati all'inizio del par.3.9. Ricordiamo
che il giudizio di fatto si pone sul piano
conoscitivo della realtà, mentre quello di diritto
riguarda la sua qualificazione in base a principi e
valori, eventualmente formalizzati in regole611.
Giuridicità e
collocazione logica
delle questioni di
fatto
Anche la questione di fatto è "giuridica"612,
essendo demandata a una istituzione giuridica
nell'esercizio della sua funzione 613; la questione di
fatto si colloca nella fase conoscitiva logicamente
anteriore all'esercizio della funzione istituzionale di
volta in volta rilevante (614); il relativo esercizio
611
Questa qualificazione varia poi in relazione ai diversi fini per cui è effettuata,
nel nostro caso la determinazione dei tributi.
612
La precisazione è importante in quanto l'appiattimento del
diritto sulla legislazione (par.4.3) ha emarginato le questioni di
fatto, come se non fossero giuridiche; anche per questo
l'evasione , e le informazioni fattuali per la determinazione dei
tributi, sono trattate di sfuggita nei più diffusi manuali
universitari di diritto tributario. Anche per questo essi non si
inseriscono nel pubblico dibattito sull'evasione, composta in
massima parte da imposte corrispondenti all'omessa o alterata
rilevazione, in punto di fatto, della base economica di
commisurazione dei tributi.
613
) Le questioni di fatto restano quindi giuridiche, in quanto
rilevanti per funzioni istituzionali governate dal diritto (ma non
per questo vanno confuse con le qualificazioni giuridiche in
base a principi, norme o valori).
614
) Funzione ad esempio giudiziale,didattica, ambientale, di
determinazione dei tributi, come nel nostro caso.

351 di 704
presuppone cioè una qualche cognizione dei fatti cui
su l'istituzione deve prendere posizione ed
eventualmente agire. A questo fine le istituzioni non
giurisdizionali, se vogliono massimizzare l'efficienza
sociale del proprio intervento, devono attivarsi per
inquadrarlo sui fatti cui si riferisce; le istituzioni
giurisdizionali, invece, chiamati a risolvere
controversie in base a quanto addotto dalle parti615.
Empirismo delle
questioni di fatto
A questi fini conoscitivi, dovendosi comprendere
cosa è avvenuto, devono necessariamente seguirsi
criteri empirici, valutati in base ai concetti di
“fondatezza/infondatezza; sono criteri con una logica
autonoma, preliminare rispetto alla successiva
qualificazione 616 . In questo senso si parla di "libero
convincimento"617, che non è "libero" in quanto
sottratto a controlli, ma in quanto appunto
"empirico".
Empirismo anche
delle stime, come
questioni di fatto
Questi criteri conoscitivi, possono essere anche
"valutativi", e in materia tributaria lo sono spesso,
615
) Le istituzioni preposte alla soluzione delle controversie, nucleo del diritto
giurisdizionale, tendono a scaricare alla dialettica delle parti le questioni di
fatto; è come se attraverso il contraddittorio processuale, controllato dal
giudice, il fatto” si trasferisse nel processo , come conferma il brocardo narra
mihi factum tibi dabo ius . Le istituzioni non giurisdizionali sono invece
costrette ad un ruolo più attivo, che riguarda, a questi limitati fini, anche la
magistratura inquirente (nel nostro caso procura della repubblica), come
istituzione preposta alla difesa sociale, che a questo fine dispone delle
istituzioni di polizia.
616
) Approvazione, condivisione, riprovazione, o comunque valutazione critica
sul piano di un qualche “dover essere”, etico, politico, valoriale, economico,
normativo etc..
617
) Espressione riferita al giudice (libero convincimento del giudice), ma
valevole in realtà per tutte le istituzioni. Queste ultime, in quanto delegate dal
potere politico, possono in linea di principio ricevere istruzioni su come
qualificare le circostanze di cui occuparsi, ma sulla relativa conoscenza non
hanno bisogno di indicazioni, essendo tra l’altro più vicine ai fatti del potere
politico da cui sono delegate.

352 di 704
quando si tratta di stimare ricavi, costi, consumi e le
altre astrazioni economicamente rilevanti di cui al
par.1.8.
Stime economiche
e valori etico
sociali
La valutazione degli incassi di un artigiano, di un
immobile o di un'azienda sono questioni di fatto618,
riguardanti "valori" in un senso del tutto diverso dai
"giudizi di valore" , nel senso di "relativi a scale di
valori" etiche, sociali, politiche, etc619.
Interdipendenza e
distinzione “fatto
diritto”
Questioni di fatto e di diritto non danno ovviamente luogo a
mondi separati, ma ad una interdipendenza con influenze
reciproche 620. Ad esempio l’importanza di un valore spinge ad
investigare con diversa intensità una questione di fatto, o a
decidere in un certo modo, come nel noto “in dubio pro reo”.
Proprio la distinzione concettuale di partenza tra questioni di fatto
e di diritto è il presupposto per inquadrarne l’interdipendenza..
La componente
interpretativa del
giudizio di fatto
Anche il giudizio di fatto, caratterizzato
anch’esso da una interpretazione, come quello "di
diritto" di cui al par.3.9 (621).Non si conosce mai, a
ben guardare, un fatto in senso materiale, in quanto
618
) Vedi più avanti, a questo proposito, quelli che chiameremo “fatti
valutativi”, proprio con riferimento a valutazioni come quelle indicate nel testo.
E’ comunque intuitivo fin da ora che stimare quanto incassa un fruttivendolo o
quanto vale un terreno riguarda “un valore”, ma non è un “giudizio di valore”,
che invece riguarda valori sociali, politici, umani, morali, etc (cioè “scale di
valori”).
619
) Si tratta di scelte di priorità tra valori e principi diversi, tipiche questioni di
diritto, o addirittura di opportunità, quando demandate a istituzioni (sulla
dialettica tra valori e principi par.2.5).
620
) A questa diversità di prospettive corrisponde la nota
dicotomia tra “fondatezza” riferita al fatto, e “legittimità”
relativa al suo corretto inquadramento in valori, principi o
regole, che logicamente è successivo.
621
) In entrambi i casi, sia per il giudizio di fatto sia per quello di diritto
(par.3.9), siamo davanti a un’interpretazione, sia pure con oggetto diverso.

353 di 704
la rappresentazione mentale, persino quella di un
testimone oculare, è filtrata dai suoi sensi e dal suo
bagaglio culturale; il fatto è quindi una ipotesi, a sua
volta un giudizio, un enunciato relativo a un certo
evento del passato, o a una sua caratteristica.
Componente
interpretativa sui
fatti puntuali e
contabili
Questa natura del "giudizio di fatto" sussiste persino
per i fatti determinati in modo documentale e
ritenuti istintivamente affidabili: anche qui c’è
sempre una riflessione, una istintiva, fulminea,
valutazione, così rapida che neppure viene
percepita622, per l’interpretazione di immagini,
dichiarazioni, documenti, fotografie, reperti fisici,
ecc. Questa componente interpretativa probabilistica
c’è anche per la tassazione ragionieristica attraverso
le aziende, visto che i documenti sottostanti
potrebbero essere di difficile interpretazione o esser
stati in tutto o in parte manipolati (par.3.7).
Il fatto valutativo e
la sua importanza
ai fini tributari
Questo carattere interpretativo del giudizio di fatto è
addirittura evidente per le stime, come quelle
riguardanti la redditività di attività, o il valore
normale di prestazioni etc., nella determinazione dei
tributi è infatti importantissimo il giudizio di fatto in
senso valutativo, effettuato con presunzioni, come
ad esempio sugli incassi di un piccolo commerciante
o di un artigiano, sul'ammontare del canone di un
appartamento affittato, sul valore di un immobile o
di una prestazione (si pensi al transfer pricing di cui
al par.7.19).
Prova in senso
materiale e come
ragionamento

622
) Esattamente come l’interpretazione presente nelle questioni di diritto, che
qualche volta, come abbiamo indicato al par. 3.9, è talmente fulminea che
neppure ci accorgiamo di effettuarla.

354 di 704
Questa componente di elaborazione intellettuale,
presente in ogni giudizio di fatto (sia valutativo sia
puntuale) aiuta a distinguere la prova in senso
materiale, dalla prova come giudizio; la prova in
senso materiale623 consiste in immagini, documenti,
testimonianze, reperti fisici, affermazioni non
contestate; questo aspetto materiale della prova
viene interpretato dalla prova intesa stavolta come
ragionamento umano, che gli anglosassoni
chiamano proof.
Il probabilismo
della prova
Da questa componente interpretativa si desume l’inevitabile
probabilismo di qualsiasi prova, su cui concordano i
giuristi, e che disorienta i pratici. Il concetto stesso di
“certezza” è solo un modo di indicare un’alta
probabilità, in presenza della quale ci sentiamo al riparo dal
dubbio. Anche le informazioni documentali e contabili con cui
viene determinata la ricchezza ai fini tributari ha portata
probabilistica, in quanto i documenti potrebbero non essere
rispondenti al vero, o essere stati artefatti624. Le gradazioni della
probabilità seguono le consuete sfumature delle scienze sociali,
passando senza soluzione di continuità dai casi in cui “mancano
ragionevoli dubbi” sull’esistenza di un fatto a quelli dove
mancano ragionevoli dubbi della sua “non esistenza”.
Impossibilità di
misurazione e
necessità di
motivazione
Questo gradualismo delle probabilità non è
esprimibile numericamente, secondo le formule
matematico-statistiche sul calcolo delle probabilità;
esso è solo “valutabile”, con argomenti di senso
comune, il più possibile organizzati e convincenti. In
questi termini gli uffici tributari dovrebbero motivare
623
) Chiamata “evidence” nel linguaggio giuridico anglosassone, che distingue
la prova in senso materiale dalla prova come ragionamento umano, di cui
diremo subito nel testo, e che è chiamata proof.
624
) Vedi il par.3.7 sulla sottofatturazione degli incassi oppure, le fatture in tutto
o in parte falsi, etc..

355 di 704
(par.6.2) non le cifre puntuali, ma l'ordine di
grandezza della ricchezza "accertata" a seguito delle
stime valutative delle circostanze economiche non
dichiarate..
L’eventuale
innesto di “ prove
legali” sul libero
convincimento
Benchè -ripetiamo – in prima battuta il giudizio di
fatto sia “empirico-conoscitivo” , possono
subentrare le c.d. “prove legali” cioè interventi
legislativi che condizionano d'autorità il
convincimento in punto di fatto dei giudici e delle
altre istituzioni. La prova “legale” non si
distingue certo, concettualmente, da una
fantomatica “prova illegale”, ma dall’ordinaria
“prova empirica”, chiamata anche “prova libera”
nei termini indicati sopra della regola generale del
libero convincimento. Quest'ultimo costituisce lo
sfondo, ed un utile criterio orientativo, nei casi di
dubbio interpretativo sulle regole di “prova legale”.
Variabilità dei
condizionamenti
connessi alle prove
legali
Le prove legali condizionano con intensità variabile il
libero convincimento; il processo verbale redatto da
pubblici ufficiali (625) è prova legale delle circostanze
che essi dichiarano esser avvenute alla loro
presenza. Contengono prove legali anche le
disposizioni che vietano o consentono di utilizzare
certi mezzi di prova (626) o certe forme di
convincimento627; ne fanno parte anche le
625
) Vedasi il par.5.6 per quanto riguarda i verbali redatti dalle istituzioni
tributarie. Anche gli atti notarili, ad esempio di compravendita, sono redatti in
forma di verbale narrativo dei relativi atti, che il notaio dichiara essersi svolti in
sua presenza. Lo stesso per quanto riguarda l’ufficiale giudiziario o il postino,
per quanto riguarda il verbale di consegna delle raccomandate.
626
Ad esempio divieto di prova per presunzioni o per testimoni.
627
) Come vedremo al par.5.14 per l’accertamento del reddito in base alla spesa,
al par.5.13 per l’accertamento dei ricavi in base agli studi di settore, oppure al

356 di 704
presunzioni legali, in cui dati certi fatti se ne
presumono altri salvo prova contraria, la
confessione, la non contestazione processuale e il
divieto di considerare circostanze o documenti in
quanto non esibiti in determinati tempi e luoghi.

5.9. Segue: inserimento di “indizi contabili” sulla


tradizionale determinazione valutativa della ricchezza

Impossibilità di
determinazione
contabile in sede di
controllo
Alla luce di quanto precisato al paragrafo precedente
sul giudizio di fatto, si può coordinare la
determinazione contabile e valutativa della
ricchezza ai fini tributari. Il calcolo dei tributi in base
alla contabilità delle organizzazioni pluripersonali
(628) può infatti perdere affidabilità man mano che
l'organizzazione, ad esempio perché ne
diminuiscono le dimensioni, si trova esposta alle
manomissioni contabili dei suoi titolari o dirigenti. In
questi casi solo raramente le correzioni possono
seguire criteri contabili, quando viene scoperto un
numero limitato di operazioni non registrate,
ritrovando anche documenti da cui desumerne
l'inserimento nel resto della contabilità. Spesso,
anche nel controllo delle organizzazioni, le
confusioni della documentazione contabile possono
essere corrette solo con criteri "presuntivo-
valutativi"629; l'impossibilità dell’ufficio tributario di
par.5.16 per la rilevanza presuntiva delle movimentazioni bancarie.
628
Par.3.1 ss., dove più esattamente abbiamo rilevato che le
stesse organizzazioni sono incaricate, dalla legislazione fiscale,
di utilizzare i propri documenti contabili per un calcolo dei
tributi, dovuti anche dalle loro controparti, attive e passive.
629
) E’ uno dei punti di contatto, e di coordinamento, tra queste due modalità di
determinazione della ricchezza, che ci accompagnano dal par.1.11. Dapprima
una serie di incassi, pagamenti, fatture e altri documenti appaiono in
contraddizione tra loro, e quindi, essendo impossibile la quadratura contabile, si

357 di 704
ricostruire in modo ragionieristico quanto
l'imprenditore voleva nascondere è del tutto
naturale se si pensa alla complessità, per gli stessi
contabili dell'azienda di organizzare e classificare i
dati da dichiarare 630. L'accertamento analitico resta
quindi limitato a rare integrazioni specifiche, al
disconoscimento di alcuni costi, perché non
sufficientemente documentati o non inerenti
(par.7.9) e agli altri rilievi sull'inquadramento
giuridico di quanto registrato (par.3.9 ss).
Tassazione
immediata del
reddito per le
imprese individuali
Su questa premessa è facile capire che l'idea stessa
di "accertamento contabile” dei piccoli operatori al
consumo finale, da parte degli uffici tributari, è
velleitaria631. E' inimmaginabile che gli uffici tributari
possano diventare gigantesche macchine contabili
che sostituiscono commercialisti e direttori
amministrativi sulla ricchezza sfuggita alle aziende,
e dispersa tra milioni di piccole attività al consumo
finale. Verrebbe in questo modo perduta, a tacer
d'altro, qualsiasi sistematicità dell'ìntervento
amministrativo, idonea a spingere questi operatori a
una autotassazione verosimile (632).
effettua una rettifica fiscale presuntiva, sulla base della miglior interpretazione
(probabilistica, come detto al paragrafo precedente) delle prove disponibili, alla
luce delle circostanze.
630
Ecco perché l'idea stessa di accertamento contabile” dei
piccoli operatori al consumo finale, da parte degli uffici
tributari, appare velleitaria, benchè normativamente
presupposta, come vedremo al par.5.12 (sull'illusione della
"ragionierizzazione" vedi par.3.13 e 4.5 ove ulteriori rinvii a un
filo conduttore del testo).
631
Anche sotto questo aspetto va quindi ridimensionata l'illusione
dell'accertamento contabile", che emerge dalla velleitaria
normativa di cui al par.5.12, e che smentisce i preconcetti
dell'onnipotenza legislativa (par.2.1). .
632
) Sull’obiettivo dei controlli di spingere a una verosimile
autodeterminazione, sopra par.5.7.

358 di 704
Paralisi della
funzione valutativa
Questi equivoci hanno alimentato preconcetti e
stereotipi contro stime e presunzioni, e paralizzato la
funzione istituzionale di determinazione dei tributi,
almeno sulla ricchezza non determinata attraverso
le organizzazioni. Si è così alimentata la
deresponsabilizzazione verso stime e presunzioni,
una tendenza degli uffici tributari al cauto
legalismo, e al comodo diversivo delle
contestazioni interpretative su vicende palesi
(633).
La tradizionale stima, per ordine di grandezza, della
ricchezza non registrata, di cui pure si vedevano gli
indizi, si è svalutata, diventando un'eccezione e un
motivo di imbarazzo634. Invece di fare i conti col
probabilismo e l'empirismo delle questioni di
fatto635, le si è esorcizzate, demandandole ad
esempio alle parametrazioni astratte che vedremo al
par.5.13 per gli studi di settore. Si è autoprodotta
cioè, nella latitanza di spiegazioni d'insieme della
determinazione dei tributi (cap.4) una tendenza
subculturale 636 ; l'esito è sottrarre agli uffici tributari
la responsabilità della valutazione per ordine di
grandezza della materia imponibile non determinata
contabilmente attraverso le organizzazioni aziendali.
Necessità di
riposizionare la
valutazione
Le stime e le valutazioni radicate nella tradizione
millenaria del fisco (par.1.3) non sono state quindi
adattate al nuovo contesto di autodeterminazione
633
Le uniche compatibili con specifici elementi reddituali
documentalmente identificati dallo stesso contribuente.
634
) Vedi in proposito par.5.11 sulla corruzione.
635
) Empirismo e probabilismo spiegati al paragrafo precedente.
636
La definisco “subculturale", in quanto non si esplicitava in
costruzioni concettuali di senso compiuto e di ampio respiro,
ma in ammiccamenti, giri di parole e frasi di circostanza (la c.d.
"scientificità esteriore" di cui al par.4.3).

359 di 704
dei tributi; in esso, come indicato al par.5.7, le
valutazioni avrebbero dovuto diventare uno
strumento per controllare la credibilità dell'ordine di
grandezza di quanto autodeterminato dai
contribuenti. L'intervento valutativo degli uffici
avrebbe cioè dovuto trasformarsi da strumento per
acquisire direttamente gettito a strumento per
indurre i lavoratori indipendenti e le piccole
organizzazioni a una autodeterminazione credibile
(par.5.7).
L’inserimento delle
valutazioni in un
contesto contabile
La determinazione valutativa della ricchezza
avrebbe dovuto anche essere adeguata al nuovo
contesto contabile, con cui anche i lavoratori
indipendenti e le piccole organizzazioni flessibili
comunque interagiscono. E' un contesto in cui ai
precedenti indizi materiali ed esteriori sulla
determinazione della ricchezza 637, si affiancano i c.d.
"indizi contabili e documentali" sopravvenuti con
la produzione di serie e la società industriale. Un
esempio classico di questi indizi contabili sono
proprio quelli su cui si sarebbe dovuto fondare il
fantomatico "accertamento contabile", cioè appunti,
ricevute, persino contratti, tracce finanziarie (par.
5.16), liste di crediti e debiti, tenuti per memoria dei
rapporti con le controparti, e quindi rapidamente
distrutti, non appena il credito viene riscosso, o il
debito pagato638.
Indizi finanziari e
mito della
tracciabilità

637
Come le dimensioni ed ubicazione dell’esercizio, ai prezzi
notoriamente praticati per prestazione, la resa delle materie
prime, etc..
638
In questi indizi si concretizza il mito della contabilità nera ,
che non è mai la versione occulta della contabilità bianca, ma
un arcipelago di annotazioni frammentarie volutamente scarne
per impedire a terzi di utilizzarle.

360 di 704
Ci sono anche ulteriori indizi “contabili” palesi,
sottintesi nel diffuso aggettivo "tracciabilità
"(par.5.16) come i versamenti bancari, i ricavi
acquisiti con bancomat o assegni, i salari ai
dipendenti, spese di energia, la distribuzione degli
scontrini nell’arco del mese, le somme scontrinate in
un giorno in cui il locale era piantonato dai finanzieri,
i ricavi soggetti a ritenuta, a contrasto di interessi
(par.4.5 e 9.3).
La metamorfosi
presuntiva dei
documenti
Da elementi contabili di un calcolo ragionieristico,
queste informazioni cambiano natura, e si calano in
un ragionamento presuntivo, che contribuisce alle
valutazioni per ordine di grandezza di quanto è stato
evaso639.
Queste “tracce contabili” sono intrecciate con la
tradizionale e secolare stima indiziaria della
ricchezza e la rendono più complessa; le variabili
da gestire nella stima aumentano, e rendono
necessaria la consapevolezza delle modalità e
dell'oggetto dell'evasione.

Reciproca
tolleranza di una
piccola accademia
Per usare proficuamente questi indizi si sarebbe
dovuto capire che l'accertamento della
ricchezza non registrata è strutturalmente
presuntivo, ma con oggetto diverso; esso spazia,
come indicato al par.3.7 e 3.13640, da presunzioni
riguardanti specifici corrispettivi omessi o
registrati per somme inferiori, o costi gonfiati,
639
Questi “indizi contabili” derivano dall'interazione
di
grandi e piccole organizzazioni con lavoratori indipendenti e
delle tracce contabili e informative che ne restano.
640
) A questi paragrafi corrisponde, dal punto di vista del controllo degli uffici
tributari, il par.5.13.

361 di 704
fino a presunzioni su masse di operazioni non
registrate, come quelle del piccolo commerciante al
dettaglio, con le percentuali di ricarico di cui al par.
5.13.
Trascuratezza per
le valutazioni e
fallimento
dell’anagrafe
tributaria contabile
Questa aggiunta di ulteriori indizi a quelli tradizionali
del passato non è stata accompagnata da un
affinamento della cultura della stima,
esorcizzata dalla subcultura del contabilismo, che
ha improntato la c.d. "anagrafe tributaria", cioè la
raccolta presso banche dati dell'Agenzia delle
Entrate, della maggior parte dei suddetti "indizi
contabili"; il risultato è stato deludente proprio per
l'illusorio presupposto di una utilizzazione "a colpo
sicuro", cioè "contabile" di queste varie tipologie di
indizi; basta pensare a quanto essi coesistano, con
intensità diversa, presso uno stesso operatore
economico, per rendersi conto dell'impossibilità di
una loro utilizzazione meccanicamente contabile. Si
tratta piuttosto di elementi presuntivi , da inserire
nella determinazione valutativa ("stima") basata
anche sulle caratteristiche delle varie attività
economiche. Vedremo al par.5.7 la necessità di
costruire una banca dati strumentale alla
determinazione valutativa dei risultati economici
rilevanti ai fini tributari. Invece questa stima è stata
esorcizzata anche culturalmente, come vedremo al
prossimo paragrafo.

5.10. Determinazione valutativa della ricchezza,


allocazione delle risorse e “discrezionalità”

L’emarginazione
della valutatività
nel diritto
giurisdizionale e

362 di 704
La ritrosia degli uffici tributari verso la valutazione
della ricchezza641 deriva anche da equivoci
provenienti dal diritto giurisdizionale; come abbiamo
detto a suo tempo (par.1.3, 2.1, 4.3, etc.) la
funzione di giustizia è condizionata dal modello un
po’ meccanicistico, un po’ comodo e un po’ ipocrita,
di giudice vincolato a regole generali, almeno per
quanto riguarda l'apprezzamento o la
disapprovazione valoriale di quanto risultante dal
giudizio di fatto642.
Diritto
giurisdizionale e
consumo di risorse
scarse
La particolarità della funzione istituzionale di
risoluzione delle controversie (il diritto
giurisdizionale) consentiva di fingere di non vedere,
o comunque di trascurare, una caratteristica di tutte
le attività umane, in altri casi eclatante, e intuitiva,
soprattutto nell'organizzazione economica dei
rapporti sociali. Mi riferisco al consumo di risorse
scarse, evidente per quanto riguarda invece le altre
istituzioni giuridiche, preposte però a funzioni non
giurisdizionali.
Unanime
consapevolezza
teorica della
valutatività del
diritto
I giuristi che si sono posti dalla prospettiva delle
scienze sociali (par.4.3) condividono, con varie
sfumature, i margini di valutazione presenti anche
nel diritto giurisdizionale, persino nella fase di
mediazione dei principi e degli interessi643.
641
) Che ogettivamente crea sperequazioni a seconda che le manifestazioni
economiche siano determinabili attraverso le aziende oppure no.
642
) Quest’ultimo è invece ispirato ai criteri empirici di cui al
precedente paragrafo 5.8.
643
) Le citazioni sono superflue, anche perché sarebbero eccessive, sia pure
limitandosi ai giuristi più conosciuti e autorevoli. Purtroppo però anche questo
profilo conferma una caratteristica della scienze sociali, cioè quella secondo cui

363 di 704
Ricordiamo, già nel diritto giurisdizionale, la
valutatività connessa alla comparazione degli
argomenti interpretativi (644), l'empirismo
probabilistico delle questioni di fatto (par.5.8), cui
vanno aggiunte le misure cautelari e la conduzione
del processo (645).
Convenienze
pratiche a
nascondere la
valutatività
Tuttavia, nella tradizionale interlocuzione tecnico-
forense del diritto, molte convenienze spingono a
generalizzare la relativa '"onnipotenza legislativa",
descritta al par.1.3, 2.1, 4.3 etc. per la fase decisoria
(646) del diritto giurisdizionale. Al giudice conviene,
come rilevato al par.4.3, spostare le responsabilità
sul legislatore, presentandosi come un meccanico
applicatore di regole; presentarsi come una specie di
"bocca della legge", che formula decisioni
"vincolate", consente di motivare le sentenze con
rinvii alla legislazione, che poi sono i giudici stessi a
far parlare; come indicato al par.4.4. Calcare la
mano su una fantomatica "vincolatezza" snellisce il
lavoro dei giudici e li ripara, con la massima buona
fede, da un controllo sociale che imporrebbe una
maggiore razionalizzazione delle decisioni, di cui
abbiamo visto la complessità647 . Il legislatore è
lusingato da questo atteggiamento, che

i concetti esistono nella misura in cui si diffondono nella società, vi si radicano


in modo duraturo.
644
Si ricordi la c.d. "discrezionalità interpretativa" di cui al
par.3.9
Escussione delle prove, attribuzioni di consulenze
645

etc.
646
Vedasi par.1.3 e 2.1 sull'influenza della legislazione nella
mediazione giurisdizionale tra gli interessi in conflitto.
647
) Si ricordi che un tempo le sentenze non erano motivate, o lo erano con
formule di rito, evitando un faticoso lavoro di contestualizzazione e
scomposizione del ragionamento (par.4.4.).

364 di 704
apparentemente ribadisce una sorta di primato della
politica verso i propri delegati giuridici. I pratici, gli
avvocati, possono così concentrarsi sulla
professione, accantonanando, grazie al preconcetto
della vincolatezza, gli interrogativi su quali siano i
margini di valutazione disponibili per le varie
istituzioni648. Queste convenienze hanno trovato
alimento teorico anche nel positivismo giuridico, e
nei fraintendimenti del medesimo, indicati al par.4.3.
Inconvenienti sulle
funzioni giuridiche
non giurisdizionali
La generale convergenza degli studiosi sociali
giuristi sulla valutatività dello stesso diritto
giurisdizionale è stata così messa in sordina, con
inconvenienti prima di tutto sul diritto in generale 649.
Le disfunzioni hanno riguardato però soprattutto le
funzioni giuridiche non giurisdizionali, dove non
occorre giudicare, ma "agire" distribuendo risorse
scarse secondo le circostanze. La ineliminabile
necessità di graduare le risorse, i costi e i benefici, in
relazione alle particolarità dei casi concreti da
gestire, nei più diversi settori dell'intervento
pubblico, è stata ostacolata dalla tracimazione delle
suddette rigidità provenienti dalla funzione
giurisdizionale; ne è derivato un notevole impulso
all'immobilismo e all'inefficienza delle istituzioni
giuridiche non giurisdizionali, specialmente dopo che
il loro "modello militare" è stato scalzato dal
malinteso modello aziendale, come indicato al
par.5.3; ne sono derivate non solo
deresponsabilizzazioni e paralisi, da parte di chi
cercava di non decidere, ma anche abusi da parte di
648
) Agli avvocati la legge sembrava ingenuamente uno strumento per
prevedere gli atteggiamenti dei giudici, che invece la usavano per
deresponsabilizzarsi, mentre i politici erano solleticati dalla pretesa onnipotenza
della legislazione che producevano, come indicato al par.2.4.
Con i disorientamenti, le confusioni, le ipocrisie di
649

cui al par.4.3.

365 di 704
chi faceva parlare la legge per avere vantaggi, o
peggio ancora commettere abusi.
La trascuratezza
per i margini
effettivi di
valutazione
La discussione astratta sull'assenza o la presenza di
margini di valutazione, cioè di discrezionalità,
distoglie infatti dalla ricerca di quali valutazioni
siano in concreto affidate all'istituzione procedente,
nel nostro caso gli uffici tributari; la preoccupazione
di "rispettare la legge", di "essere a posto", ha
messo in secondo piano il perseguimento delle
funzioni istituzionali. Ne ha risentito, come indicato
al par.4.3, anche la riflessione su quali fossero
queste funzioni; nel nostro caso si trattava della
valutazione della ricchezza non determinata
attraverso le organizzazioni amministrative, in
funzione di indurre ad una credibile
autodeterminazione dei tributi, come indicato al
par.5.7650.
Varieta’ di prrofili
valutativi
Si ricordi la necessità di valutare la credibilità delle
cifre dichiarate in relazione alle caratteristiche
economico strutturali del singolo contribuente,
all'affidabilità nei suoi confronti della tassazione
attraverso le aziende, alla posizione relativa rispetto
a contribuenti similari, alle prospettive
dell'intervento non tanto in termini di risultato , ma
di impulso all'autotassazione, alle risorse disponibili
per l'ufficio tributario in relazione a tutte le suddette
priorità.

E' stata quindi ostacolata la riflessione sul vero


650

punto da approfondire, cioè quali valutazioni


fossero demandate alle varie istituzioni, viste le
funzioni di ciascuna, contribuendo a far perdere di
vista, nel nostro settore, il problema della
determinazione dei tributi.

366 di 704
Informazioni,
rapidità,
prospettive, effetti
Vista l'esiguità delle risorse rispetto al numero di
operatori economici coinvolti, l'intervento degli
uffici tributari sul territorio non può essere
prestabilito in astratto legislativamente; esso va
piuttosto personalizzato in concreto sulle varie aree
economiche in relazione alle diverse risorse di
uomini, capacità, di tecnologie e di informazioni.
Sono le premesse per perseguire gli obiettivi di
perequazione tributaria, sull'insieme dei contribuenti
nei modi indicati al par.5.7.
Disfunzioni
progettuali sulle
istituzioni
Non aver contestualizzato, e compreso, gli inevitabili
margini di discrezionalità connessi a quanto sopra
ha fortemente ostacolato lo svolgimento della
funzione tributaria; sono state infatti omesse le
valutazioni di opportunità sull'uso delle risorse
disponibili, per gli uffici tributari, dove non arriva la
tassazione attraverso le aziende.
Si è omesso di valutare comparativamente,
riferendoli alle situazioni da gestire in concreto, una
serie di profili dell'azione amministrativa, come la
precisione, la rapidità, la proficuità, la semplicità, e
gli altri indicati al par.1.2. Non si è parlato di
valutazioni di "credibilità relativa" del
dichiarato651, svolta su una base ampia di
contribuenti, per allocare le risorse amministrative in
modo da massimizzare il tasso di adempimento dei

Una credibilità riferita alle caratteristiche


651

esteriori dell'attività, considerando innanzitutto le


caratteristiche economiche e le altre informazioni
acquisite permanentemente "a sistema", come il
dichiarato di chi esercita attività simili, da
organizzare nello schedario personale permanente di
cui al par.5.7.

367 di 704
privati; sono a maggior ragione mancati i passaggi
successivi connessi a questo "screening"
(delibazione) iniziale, ovviamente valutativo652
La “vincolatezza”
come alibi per la
paralisi
Queste scelte di opportunità esistono nei fatti653, ma
non se ne discute nelle istituzioni, e a maggior
ragione nella classe dirigente e tra la pubblica
opinione; questa mancata interlocuzione
deresponsabilizza e paralizza la funzione
tributaria; l'idea di "assenza di discrezionalità"
(vincolatezza) offre una sponda teorica a varie forme
di convenienza, consapevole o inconsapevole. C'è il
desiderio di quieto vivere latente in tutte le
amministrazioni pubbliche, nonché il desiderio di
contenzioso tipico degli avvocati, e le vischiosità del
dirittogiurisdizionale, secondo cui le istituzioni si
esauriscono nel giudice. La vincolatezza si
trasforma cioè in uno strumento di “comodità
istituzional-professionale”; si è autoalimentata
così una scientificità esteriore (par.4.3) attorno ai
preconcetti dell’indisponibilità del credito
tributario (infra), la mancanza di discrezionalità,
la vincolatezza, etc.; è un riflesso della già indicata
(par.5.3) tendenza di tutte le burocrazie ad "essere a
posto", anziché esporsi per svolgere al meglio la
propria funzione.
Autodeterminazione
e attività
interpretativa dei
privati

) Sono gli approfondimenti successivi su un numero sempre più


652

ristretto di posizioni, indicati al par.5.7. A tal fine


andrebbero a loro volta valutate le reazioni dei contribuenti, nei modi indicati al
par.5.7 (si pensi all’invito di elevare il dichiarato negli anni successivi, di
rendersi “credibili” etc., che anch’esso fa parte del “governo della
determinazione dei tributi” o “governo della fiscalità”).
653
) Nei fatti inevitabili e –nella misura in cui non sono effettuate
consapevolmente-- decise dal caso fortuito.

368 di 704
L'enfasi con cui l'accademia, senza mai parlare della
determinazione dei tributi, ripeteva stereotipi sulla
legalità, la vincolatezza, e la fantomatica
indisponibilità del credito tributario654 ha alimentato
il disorientamento e la deresponsabilizzazione degli
uffici tributari, portandoli oltre i livelli di guardia. In
questo modo la funzione tributaria è stata
allontanata dal pubblico interesse, indirizzata verso
le coperture e le auto protezioni di cui alla parte
finale del par. 5.3655. Anche operazioni che
potrebbero essere svolte serenamente , come la
654
L’"indisponibilità" di un "credito tributario" ancora
tutto da determinare, secondo stime e valutazoni, è
un giro di parole prive di un reale filo logico, ma utile
ad avvocati desiderosi di cause, funzionari
desiderosi di disporre delle pratiche o un misto dei
due.
Chi enfaticamente parla di vincolatezza della
funzione tributaria dovrebbe riflettere su uno spunto
di Giannini MS Diritto amministrativo, Milano, 1970,
I, 485, che critica le teorie secondo cui la
vincolatezza dovrebbe essere la normalità
dell’azione amministrativa, mentre “è vero il
contrario la normalità è la discrezionalità per i
provvedimenti amministrativi e il principio di legalità
ha diversa portata..mentre a ben guardare la
vincolatezza è una semplice astrazione verbale
introdotta solo per la propensione alle simmetrie
concettuali, propria del formalismo giuridico, perché
la potestà discrezionale ha sempre momenti
vincolati , anche quando è amplissima.. In effetti,
non ci sono vincoli talmente rigidi da non presentare
margini almeno nel quomodo, mentre anche i valori
più generici, in una certa misura, vincolano sempre.
Non c’è quindi attività vincolata o attività
discrezionale, ma varia intensità di necessarie
valutazioni.

369 di 704
stima di un ordine di grandezza credibile dei ricavi di
un piccolo commerciante o di un artigiano,
diventano un dramma, privo di riscontri all'estero; i
relativi sistemi fiscali non sono diversi dai nostri, ma
spingono le amministrazioni a valutazioni
ragionevoli, secondo buonsenso, senza esorcizzare
le proprie scelte; l'idea stessa di valutare con una
assunzione di responsabilità, all'estero del tutto
normale, viene da noi vista come una oscura
minaccia. Nell’insieme, una serie di fattori culturali
(o meglio subculturali) trattengono i funzionari dallo
svolgimento della propria funzione, cioè la stima
della ricchezza non determinata dalle aziende.
Su questi presupposti, la necessità di compiere
valutazioni o di prendere iniziative di buonsenso, ma
senza "copertura legislativa", sembra aprire
interrogativi angosciosi656.
L’uso torbido della
vincolatezza
La fantomatica "vincolatezza" diventa anche uno
strumento di potere, perché l'immobilismo e il
legalismo che ne conseguono creano
oggettivamente ostacoli a una serena gestione delle
pratiche; si crea un ambiente opaco , dov'è possibile
trasformare i diritti in favori; è quindi così possibile
irrigidirsi strumentalmente con controparti
"scomode", alimentare schermaglie di ufficio per
acquisire “peso specifico”, tra colleghi, nella
gestione dei rapporti interni e con altre istituzioni 657.
Rinvii
655
Paragonando ad altre funzioni pubbliche il timore degli uffici
tributari per queste valutazioni, sarebbe come se i medici
fossero spaventati dai malati, i maestri dagli alunni, i netturbini
dai cassonetti, i giudici dalle cause, i carabinieri dagli
scippatori, i vigili urbani dal traffico.
656
Una specie di "horror vacui", dove si discetta di arbitrarietà,
fantomatici favoritismi o discriminazioni non appena debbano
essere compiute delle scelte.
657
La preoccupazione di presentarsi come "telecomandati dalla
legge" asseconda, anziché attenuarle, le possibilità di

370 di 704
Vedremo specifici sprechi di attività amministrativa
nello sbilanciamento sulle questioni di diritto
(par.5.19), perdita di controllo del territorio e di
sistematicità (par. 5.13), enormi dispersioni di
energie (par.6.10), lungaggini decisionali che
rendono defatiganti le pratiche professionali
(par.3.16), etc.
Le valutazioni
irrilevanti per la
funzione tributaria
Una volta spazzati via i suddetti stereotipi, bisogna
costruttivamente evitare astratte discussioni
nominalistiche pro o contro la "discrezionalità". Si
tratta piuttosto di riferire alla determinazione dei
tributi la strutturale valutatività del diritto658; si tratta
cioè di comprendere quali profili devono valutare gli
uffici tributari e quali profili devono invece
considerare irrilevanti. Cerchiamo di capire cosa
devono valutare gli uffici tributari e quali profili
devono invece considerare irrilevanti, nelle
questioni di fatto e di diritto sulla determinazione del
tributo, regolate dal “diritto tributario sostanziale”
( par.2.3). Un punto fermo è la non spettanza agli
uffici tributari, di valutazioni sull’impatto
economico-sociale659 dei tributi che sono incaricati
di determinare. Sono profili importanti, ma
successivi alla determinazione dei tributi, e quindi
estranei alla funzione tributaria; ciò
paradossalmente perché (come dicevamo al
par.2.1sulla riserva di legge) "troppo importanti per
gli uffici tributari"660. Alcune condizioni,
corruzione, di cui diremo al prossimo paragrafo.
658
Presente cioè in tutte le funzioni istituzionali, come abbiamo iniziato a
capire dal paragrafo 1.3.
659
Per "impatto economico-sociale" intendo gli effetti del
tributo, indicati al par.1.7
660
Essi riguardano infatti l'autorità politica nel suo complesso,
come le agevolazioni o le penalizzazioni, oppure altri settori
della macchina pubblica, ad esempio sanitari, di sviluppo
economico, di ricerca, cultura etc ; sono parimenti irrilevanti gli

371 di 704
apparentemente soggettive, del contribuente, vanno
considerati tra le modalità di perseguire la funzione,
in quanto si inseriscono nella (auto)determinazione
del tributo; molti di essi derivano da principi
generali, qualche volta oggetto di riscontri normativi
(in realtà anche superflui), come buona fede,
affidamento (par.5.4 per le interpretazioni
amministrative) o anche forza maggiore.
Profili personali estranei alla determinazione del
tributo possono essere recuperati nel successivo e
distinto momento logico della riscossione, in cui
possono essere concesse le rateazioni di cui diremo
al par.6.11661.
I diversi profili per
svolgere la propria
funzione
Restano invece margini per contemperare i diversi
profili sotto cui rileva un'unica "funzione
tributaria", soprattutto nella determinazione della
ricchezza che sfugge alle organizzazioni aziendali, e
all'impatto sull'autotassazione (662). Non si tratta di
scelte tra diversi interessi pubblici e privati, ma di
contemperamenti tra principi diversi663 sotto cui
effetti sul gettito, l'attività produttiva, i livelli dei prezzi, la
coesione sociale, la meritevolezza della situazione personale e
familiare del contribuente, e simili.
661
Le prospettive di riscossione sono un logicamente
distinte, anche se qualche volta vengono tenute
presenti "di fatto", in un innocente "corto circuito",
dove si tiene conto, in adesione (par.6.5), anche
della potenziale fruttuosità di una riscossione
coattiva. Queste prospettiva di riscossione rilevano
anche per l'indirizzo dell'azione amministrativa, che
è inutile verso soggetti in partenza "non solvibili".
662
Va ricordato che l'obiettivo della funzione pubblica di
determinazione del tributo è sempre più indurre i contribuenti,
soprattutto nella misura in cui non sono tassati attraverso le
aziende, ad una corretta autotassazione.
663
) Mi riferisco alla precisione, alla semplicità, all’economicità e al buon
andamento dell’azione amministrativa di determinazione dei tributi.

372 di 704
viene in considerazione un unico interesse pubblico,
cioè quello a una perequata determinazione dei
tributi. Si tratta delle risorse, dei tempi,
dell'univocità delle informazioni, dell'impatto dei
comportamenti sull'autodeterminazione dei tributi
(par.5.7); il tutto è filtrato anche dalle direttive
provenienti dal governo alle istituzioni tributarie, e
da quelle che, a cascata, le istituzioni medesime
rivolgono ai relativi uffici in cui si articolano.
Una facilitazione
nelle scelte degli
uffici
Impostare il discorso in questo modo pone le
premesse per la serenità operativa degli uffici ed un
trasparente rapporto coi contribuenti, che
ritroveremo al capitolo sesto, a proposito del
contenzioso amministrativo, della gestione delle liti,
della riscossione e di vari altri profili. Un compito dei
giuristi, come studiosi delle istituzioni pubbliche, è
proprio di aiutare gli uffici a superare l'imbarazzo e
le convenienze di quei titolari di pubblici poteri che,
come rilevato al par.4.4, si trincerano dietro
un’astratta "vincolatezza" per sottrarsi a qualunque
controllo su come gli ineliminabili margini di
valutazione suddetti sono stati esercitati. Una
trasparenza sulle valutazioni è anche il miglior modo
per superare le patologie corruttive, ed i connessi
immobilismi, cui è dedicato il prossimo paragrafo.

5.11. Segue. Sospetti di connivenza e negligenza


come ostacolo all’esercizio della funzione tributaria

I timori connessi
alla
determinazione
valutativa della
ricchezza

373 di 704
Il desiderio di copertura individuale, mostrato al
par.5.3, col timore di essere considerato negligente
o corrotto, aumenta per via degli oggettivi margini di
valutazione mostrati al par.5.9 per la stima della
ricchezza fiscalmente non registrata. Il rischio di
corruzione, esistente per qualsiasi incaricato della
cura di interessi altrui, aumenta infatti davanti ai
profili squisitamente valutativi della stima della
ricchezza non registrata.
Imbarazzo e
oggettiva omertà
E' un fenomeno più universalmente deprecato, a
parole, che analizzato nella sostanza. Sembra quasi
che le istituzioni, intese come pubblici uffici,
avessero imbarazzo a parlarne, considerandolo
nocivo alla loro immagine pubblica, secondo quanto
indicato al par.5.3. Ne emerge una sorta di oggettiva
e involontaria omertà , che indirettamente agevola i
corrotti, e mortifica un efficiente controllo sociale del
fenomeno.
Ruolo dei
controinteressati
La corruzione della funzione giurisdizionale è ad
esempio ostacolata dal controllo della
controparte, corrispondente a quello dei c.d.
"controinteressati" di numerosi comparti del diritto
amministrativo (tra quelli ad alta esposizione
corruttiva citiamo urbanistica o appalti, dove i “contro
interessati” possono notare, e denunziare, anomalie, favoritismi e
sospetti). Tali controinteressati mancano invece
per definizione nella determinazione dei tributi
mentre sono un classico, da parte degli imprenditori
che hanno nascosto ricchezza al fisco, i tentativi di
cavarsela attraverso la corruzione (664).
Paralisi valutative
e timori di
corruzione

664
Basta cercare su youtube un film dedicato al tema, denominato “I tartassati”,
con Totò e Aldo Fabrizi.

374 di 704
SI spiega così il timore dei funzionari di essere
considerati corrotti, o negligenti, per determinazioni
“ragionevoli”, dove la ragionevolezza è considerata
sinonimo di "collusione". I funzionari tendono infatti
ad "autoproteggersi", “non scoprirsi”, attestandosi
nella fascia elevata dell’ordine di grandezza della
possibile stima di evasione accertabile; questa
cautela li spinge poi a concentrarsi sulle questioni di
diritto, dove ci si può riportare alla legge (665). La
rigidità, la pignoleria, il fiscalismo, persino l’ottusità
diventano così un esorcismo per allontanare i
sospetti di collusione; si sospetta infatti che chi ha
nascosto ricchezza al fisco ne offra parte al
funzionario degli uffici tributari, in cambio di una
riduzione dell'importo accertabile, il che è per molti
versi compatibile con i margini di valutazione per
ordine di grandezza.
Controlli seriali su
piccoli contribuenti
e corruzione
Esorcizzare in modo moralistico queste eventualità
contribuisce a un clima di sospetto, che
drammatizza le valutazioni, nuocendo agli obiettivi
indicati al par. 5.7 per la funzione tributaria. Viene
insomma intralciata la sistematicità della
valutazione della ricchezza non raggiunta dalle
aziende. Rischi di "corruzione/concussione" si
presentano soprattutto nelle pratiche valutative
da svolgere, in modo massivo per un gran numero
di lavoratori indipendenti al consumo finale
(par.3.13-3.14), ciascuna delle quali va svolta in
poco tempo, con un gran numero di pratiche
individualmente brevi ed elevati margini di stima
(666). E' inevitabile, per questi contribuenti, un
intervento breve dei funzionari, conforme alle
665
Anche quando una corruzione nascosta ne influenza
l'interpretazione.
666
Ricordiamo dal par.4.1 che è l'area dove si addensa, la
maggior parte degli imponibili fiscalmente non registrati.

375 di 704
strategie di cui al par.5.7. il monitoraggio
sistematico per ordine di grandezza, indicato al
par.5.7, impone infatti di valutare come
"ragionevoli" situazioni in cui comunque un po’ di
probabile evasione sussiste, invitando casomai ad
aumenti del dichiarato, da rettificare solo nei casi
più clamorosi.
Danni collaterali
della paralisi
Questa griglia di valutazioni finisce per prestarsi a
corruzioni e a sospetti, impedendo lo svolgimento
efficiente dalla funzione tributaria.
C'è quasi timore ad avere contatti con questi
contribuenti, come se si temesse che la
ragionevolezza possa poi diventare motivo, da parte
di colleghi o superiori, per sospettare favoritismi.
Nascono così timori che spostano i controlli sulle
contestazioni interpretative (“di diritto”, come
indicato al par. 5.17 ss.), spingendo a creare “prove
legali” e “ragionierizzazioni delle stime”(par.4.5 ove
ulteriori rinvii), che alleggeriscono le assunzioni di
responsabilità nel valutare la ricchezza non
registrata667.
Un brodo di
coltura per la
corruzione
Questo clima è paradossalmente favorevole
proprio per i corrotti, trasformando i diritti in favori
e consentendo maggiori occasioni ed opportunità di
corruzione. I corrotti sono infatti i primi a servirsi
delle affermazioni stereotipe in tema di vincolatezza
e di fantomatica carenza di “discrezionalità”, su cui
paragrafo 5.10, essendo intransigentissimi fino
all'ottusità verso chi "non paga"668. I corrotti sono
667
La corruzione è quindi dannosa non tanto in sé, quanto per
la paralisi che provoca negli uffici, con deresponsabilizzazioni,
lungaggini nei controlli, paura di decidere, eccessivo rinvio al
giudice, forte litigiosità, formalismo auto-protettivo.
668
In questo modo i corrotti (come nel film “Il moralista” del 1959, con Alberto
Sordi) tendono a sviare i sospetti di corruzione, allontanandoli da sé stessi. Con

376 di 704
sempre intransigenti e vessatori , per non apparire
incoerenti, ma spesso possono evitare o annacquare
i controlli in altro modo. Questa "intransigenza di
facciata", da parte dei corrotti, crea un clima di
sospetto e drammatizzazione all'interno degli uffici,
che aumenta le occasioni di corruzione; in questo
modo i diritti diventano "favori", con la possibilità di
chiedere tangenti impensabili in un ambiente
sereno. Alla fine paradossalmente l'enfasi
anticorruzione giova solo a pochi veri corrotti,
mentre l’attività degli uffici è fortemente ostacolata
dai tentativi degli altri di “proteggersi” dal sospetto.
Alla ricerca della
trasparenza
Ai corrotti giova un modesto numero di controlli,
potenzialmente vessatori, che possono diventare
“ragionevoli a pagamento”. Il miglior antidoto
contro la corruzione è quindi la serena sistematicità
dei controlli, e la loro ripercorribilità, che genera
“prassi comportamentali”, accessibili dai
contribuenti esercenti attività similari.
La lotta alla
corruzione
Verso la corruzione sarebbe il caso di parlare di
"lotta", a differenza di quanto abbiamo detto a
proposito dell'evasione669; esiste invece una
timidezza amministrativa, un imbarazzo delle
istituzioni ad affrontare serenamente un tema che
pregiudica l'immagine esterna delle istituzioni 670;

la loro intransigenza creano paradossalmente un clima in cui è necessario


“chiedere favori” . Ne fanno parte le allusioni verso i colleghi che, non
essendo corrotti, sono ragionevoli gratis, il che agli occhi dei
corrotti è una grave sciocchezza, come regalare merce che si
potrebbe vendere.
669
) In cui “la lotta” come rilevato al par.4.6 consiste nell’efficiente
determinazione dei tributi sulla ricchezza non tassata attraverso le aziende.
670
) Se si critica enfaticamente la corruzione in astratto, poi la si esorcizza con
la formula delle “mele marce”, in una sorta di “politica dello struzzo”, che
nuoce alla determinazione valutativa della ricchezza evasa e -ome vedremo-
finisce per giovare ai corrotti..

377 di 704
inoltre c'è sempre il rischio di un "effetto domino",
dove il corrotto individuato sminuisce le proprie
responsabilità chiamando in causa i colleghi671.
Ragioni della
politica dello
struzzo
Questo provoca tensioni tra i dipendenti, spinti
perciò a far finta di non vedere, anche davanti ai
tentativi di corruzione; con la massima buona fede
questo serve a non creare "una grana", cui si
collegherebbero travisamenti, verità contrapposte,
perturbamenti ambientali interni agli uffici, etc..
L’importanza dei
“controinteressati”
A questo scopo occorre smettere di utilizzare le
modalità di svolgimento di singole pratiche come
indizio di corruzione e smettere di combatterla per
legge (peggio ancora se leggi manifesto nel senso di
cui al par.2.4).
Denunce e
whistleblowing
Il punto di partenza più utile contro la corruzione
sono invece le denunce dei soggetti coinvolti, a
partire dai concussi, cui funzionari degli uffici
indirizzano richieste di tangenti e che dovrebbero
essere incentivati a denunciarli. Inversamente,
anche i funzionari cui i contribuenti fanno proposte
in tal senso dovrebbero essere incentivati ad
aderire, in modo da acquisire prove inconfutabili
verso il corruttore.
Controllo sociale
delle valutazioni
amministrative
Andrebbe poi incentivata la segnalazione, se si
preferisce "delazione" di casi del genere, in
contropartita dell'impunità ovvero, come avviene
negli Stati Uniti in modo un po’ spregiudicato, con un

671
) E’ la strategia del tutti colpevoli nessun colpevole, basata spesso su vere e
proprie calunnie, preoccupanti però per i vertici degli uffici, in termini di
immagine istituzionale (par.5.3).

378 di 704
premio commisurato al maltolto recuperato (è il già
menzionato c.d. whistleblowing).
I "controinteressati" andrebbero individuati negli
esercenti “attività economiche comparabili”, che in
qualche modo dovrebbero poter accedere alle
valutazioni dei redditi “in adesione” di attività
similari, come indicato al par.6.5.
Il diversivo della
responsabilità alla
corte dei conti
La deresponsabilizzazione viene spesso sostenuta
col timore di responsabilità per negligenza
(danno erariale) davanti alla corte dei conti,
preposta tra l’altro al recupero dei danni provocati
alle casse statali da pubblici dipendenti, per colpa o
dolo. Il numero irrilevante di casi concreti, sulla
determinazione dei tributi, conferma che la
responsabilità contabile è un pretesto per
giustificare un imbarazzo ambientale, un clima di
sospetto verso superiori e colleghi, dove i corrotti
sono in prima fila nell'insinuare sospetti di
corruzione contro chi è semplicemente ragionevole.
La responsabilità contabile riguarda infatti la
gestione di diritti ormai nel patrimonio pubblico,
suscettibili di essere ordinatamente amministrati.
Non si vede invece quale senso abbia considerare la
ricchezza ancora da determinare, non ancora
acquisita al bilancio pubblico, e soggetta a tutte le
valutazioni di opportunità indicate al par. 5.10,
come un bene o un credito di cui i funzionari
possono proceduralizzare la gestione. Comunque , a
ulteriore cautela, nel 2010 tale responsabilità fu
legislativamente esclusa per le valutazioni effettuate
in sede di contenzioso amministrativo (par. 6.4 e
seguenti), salvo l'ovvio caso di dolo.

379 di 704
5.12. Ambiguità delle formule normative
sull’accertamento tributario (induttivo, contabile, etc.)
I velleitari
preconcetti
legislativi
Le disposizioni originarie sul contenuto degli
accertamenti tributari672 sembrano influenzate
anch'esse dall’illusione, esposta ai paragrafi 3.13 e
5.9, che gli uffici possano determinare in modo
contabile la ricchezza non registrata; gli artt.39 del
decreto sull'accertamento e 54 del decreto sull'IVA
contrastano con la natura delle cose a proposito
della funzione tributaria, cioè della determinazione
della ricchezza, ai fini del calcolo delle imposte, della
visibilità degli eventi economici (par.1.11), in
relazione alla logica empirica del giudizio di fatto,
indicata al par.5.8.
Astrattezza e
ingenuità
normativa
Nelle disposizioni suddette troviamo lunghe
elencazioni di stereotipe e tautologiche
casistiche in cui l’ufficio “procede alla rettifica o
all’accertamento”. Alcune di tali ipotesi di rettifica
sono inverosimili, altre ovvie o ingenue come la
mancata corrispondenza tra elementi dichiarati e
indicati nel conto dei profitti e delle perdite. Ci sono
indicazioni palesemente pleonastiche in quanto
non serve un articolo di legge per consentire
l’accertamento “quando risultano” “attività non
dichiarate”. È altrettanto ovvio che quando non
risultano esattamente applicate le regole di
inquadramento giuridico della ricchezza registrata,
l’ufficio effettui le relative correzioni673.

672
) Mi riferisco a quelle introdotte con la riforma tributaria, ancora oggi in
vigore per la generalità dei contribuenti, mentre ai lavoratori indipendenti e alle
piccole organizzazioni si applicano gli “studi di settore” di cui al par.5.13.
673
) Applicando la qualificazione giuridica corretta, anziché quella, in genere
più conveniente per il contribuente, che quest’ultimo aveva utilizzato.

380 di 704
Stereotipi di un
legislatore
imbarazzato
Le suddette disposizioni sulle rettifiche confermano
che anche la legislazione, quando serve, ricorre a
stereotipi e frasi di circostanza per gestire
situazioni in cui avverte un imbarazzo di fondo 674.
Nessuna consapevolezza risulta invece
dell'empirismo del giudizio di fatto, della sua
generale portata probabilistica, e della natura
strutturalmente valutativa della determinazione
della ricchezza estranea alla tassazione attraverso le
aziende.
Carenze
conoscitive
Dietro questi giri di parole mancano invece idonee
indicazioni sulle ipotesi di rettifica in cui la
determinazione contabilistica dovrebbe coordinarsi
con quella valutativa della ricchezza non
registrata; la normativa sembra inconsapevole
delle caratteristiche di determinabilità su cui ci
siamo soffermati ai par.3.7 e 3.13 dal punto di vista
del contribuente, e al par.5.9 , ripreso ai successivi
parr.5.13-5.15, dal punto di vista degli uffici.
Le disposizioni suddette trascurano gli aspetti che
sostanzialmente influenzano la mancata
registrazione della ricchezza, cioè le dimensioni
aziendali, la relativa flessibilità, la tipologia della
clientela, le prestazioni rese, l'assetto proprietario,
etc.. Non è quindi una questione di scelte politiche
di penalizzazione o di favore675, ma scarsa di
comprensione dei fenomeni sociali alla base della
determinazione dei tributi;del resto, neppure gli
studiosi avevano colto il problema della

674
) Una cortina fumogena di espressioni genericamente in tema funge un po’
da “excusatio non petita”; qualcosa di simile avviene per la scientificità
esteriore, e la praticità esteriore, della pubblicistica, esaminate al par.4.3 e 4.4.
675
) Ricordiamo gli stereotipi del partito degli evasori e quelli , opposti, della
“lotta all’evasione” come nuova versione della lotta di classe.

381 di 704
determinazione della ricchezza676 come problema
giuridico-istituzionale, e quindi era difficile lo
cogliessero la politica e la legislazione.
Inconvenienti di
legiferare in
merito
Aver legiferato su questi temi ha addirittura
peggiorato la situazione rispetto a quanto sarebbe
accaduto lasciando operare i consueti criteri empirici
del giudizio di fatto, indicati al par. 5.8-5.9,
incanalandola i relativi margini di valutazione.
Trattandosi di disposizioni superflue, come tutte
quelle in materia di questioni empiriche, in loro
assenza ci sarebbero stati meno equivoci, meno
immobilismi e più riflessione.
Inutili giri di
parole sulla
regolarità formale
delle scritture
Le disposizioni suddette si dilungano sterilmente
sulla regolarità formale delle scritture contabili,
trascurando l’affidabilità dell’organizzazione, le
sue rigidità, la credibilità economica del
dichiarato, e tutti gli altri aspetti, indicati al capitolo
terzo e al par.5.7, che rendono presumibile la
mancata registrazione della ricchezza ai fini tributari.
Tatticismi
professionali di
corto respiro
Questa velleitaria enfasi normativa sulla regolarità o
irregolarità delle scritture contabili si presta a
contingenti tatticismi professionali, accertativi,
avvocateschi e simili; queste convenienze
praticistiche inquinano la sistematizzazione
concettuale delle riflessioni (paragrafi 4.3-4.7),
avvantaggiando alla fine l'"evasore ordinato", ed
esponendo a penalizzazioni il contribuente
sostanzialmente corretto e soprattutto

Si tratta, ripetiamo, della necessità di coordinare la “tradizionale”


676

determinazione valutativa della ricchezza attraverso gli uffici,


con la “nuova” determinazione contabile attraverso le aziende.

382 di 704
economicamente credibile, ma formalmente
disordinato.
Dilatazione
temporale dei
controlli
Ovviamente questa attenzione ad aspetti esteriori
allunga i tempi dei controlli, li rende meno sereni, e
fornisce ai funzionari legittimi pretesti per "farseli
durare", secondo quanto indicato al par.5.7, o
peggio (par.5.11 sulla corruzione).
Vent’anni di equivoci, e di polemiche sterili,
confermano che sarebbe stato meglio lasciar
valutare caso per caso, anziché indicare, con
formule inevitabilmente vaghe, il grado di
probabilità astratto che le argomentazioni degli uffici
dovevano raggiungere.
Inutili steccati tra
tipologie
accertative
Dall'inutile e confusionario balletto legislativo
indicato sopra sono emersi gli inutili steccati tra il
c.d. accertamento “analitico” e quello
“induttivo o extracontabile”, presentati come se
fossero due compartimenti stagni, mentre la
determinazione della ricchezza comporta ininterrotte
sfumature intermedie.
Il riferimento all’ analiticità riguarda singole operazioni, e si
addice al le contestazioni interpretative sul regime
della ricchezza registrata, come da par.3.9 ss. e 5.17
ss.. Sulla ricchezza non registrata l’accertamento
“analitico”
può riguardare, come indicato al par.5.9, casi
particolari in cui emerge la prova specifica di un
ricavo non registrato, o per un costo non
documentato, non inerente etc..
graduali sfumature
tra accertamento
analitico e
induttivo
Quanto più però l'ufficio tributario si allontana da
“singoli ricavi” rideterminando presuntivamente

383 di 704
“gruppi di operazioni”, tanto più l’accertamento
«analitico», si avvicina, secondo il consueto
gradualismo delle scienze sociali, all'accertamento
induttivo o extracontabile(art.39 comma 2 del
decreto sull'accertamento, corrispondente all'art.55
dell'IVA). La rideterminazione complessiva dei
ricavi, in base a indizi tipicamente estimativi,
disattende la contabilità nella sua affidabilità di
base. e quindi andrebbe inclusa nel c.d.
accertamento “induttivo extracontabile”; la
valenza di queste presunzioni dovrebbe quindi
essere così intensa da privare l'impianto contabile
delle proprie garanzie generali; la giurisprudenza,
per sostenere questi rilievi, li inquadra
nell’accertamento “analitico induttivo”, affermando
che viene rettificato solo l’importo dei ricavi. E' una
scorciatoia per rigettare comunque le obiezioni ,
sopra indicate, di chi cerca di farsi scudo con
contabilità formalmente regolari, asserendo che il
fisco dovrebbe previamente scardinare l’impianto
contabile. Invece di stare a discutere sull’idoneità a
questo scopo della rettifica, i giudici tagliano corto,
inserendola nell’accertamento contabile (art. 39
comma 1 e art. 54 dell’IVA ).
Portata presuntiva
dell’accertamento
induttivo
Induttivo significa “presuntivo” , essendo per
definizione impossibile rideterminare con prove
documentali i ricavi nel loro complesso; l'aggettivo
“extracontabile” definisce la stessa realtà dal
diverso punto di vista dell'inattendibilità complessiva
delle scritture contabili, ferma restando
l'utilizzazione di singoli documenti come fonte di
presunzione (677).

) Si tratta dei c.d. "indizi contabili" secondo un filo conduttore


677

del testo di cui al par.5.9.

384 di 704
E' insomma una rideterminazione globale dell'ordine
di grandezza dei ricavi complessivi, in base sia a
elementi "fisico-economici", ovvero alla più volte
indicata "visibilità materiale" della ricchezza,
combinata con gli eventuali più volte citati "indizi
contabili".
Irregolarità
formali e
accertamento
induttivo
L'accertamento induttivo sarebbe applicabile
anche solo per alcuni "presupposti formali", come
la mancata tenuta di un registro contabile, ma sono
casi limite sostanzialmente assenti quando
l’organizzazione è di notevoli dimensioni678. Al
contrario, anche quando non ne sussistono i
presupposti formali, la valutazione complessiva per
ordine di grandezza dei ricavi, spesso
sottodimensionati, per le note ragioni di cui al
par.3.14, appare come l'unica modalità sensata di
intervento.
Il problema è proprio quello delle contabilità
formalmente regolari, ma economicamente non
verosimili, contestabili con presunzioni basate su
caratteristiche esteriori dell’azienda, quali la
capacità produttiva dei macchinari, la resa delle
materie prime o il rendimento degli addetti (ne
vedremo esempi ai paragrafi successivi).
Rilevanza
simultanea
ricchezza non
registrata
I ricavi non registrati rilevano in genere
simultaneamente, per definizione, sia ai fini delle
Qualche volta gli uffici hanno strumentalizzato le irregolarità
678

formali suddette per sottoporre ad accertamento induttivo


attività con risultati economici abbastanza verosimili. Più
spesso però i contribuenti si sono spesso fatti scudo della
regolarità formale delle scritture per difendere risultati
economicamente non verosimili rispetto alle caratteristiche
dell'attività.

385 di 704
imposte sui redditi sia ai fini dell’IVA. Si tratta di un
riflesso sistematico dell’oggetto economico del
diritto tributario, dove l’IVA e i redditi tassano due
facce della stessa medaglia, cioè il consumo del
cliente il reddito del fornitore. Anche gli elementi
negativi fittizi comportano in genere una indebita
detrazione di IVA , e sono anch’essi rilevanti ai fini
dei due tributi.
Le questioni di “riqualificazione giuridica del
dichiarato” (cioè le contestazioni interpretative di cui
al par.3.10) , rilevano separatamente per ciascuno
dei due tributi.

5.13. Valutazione amministrativa della ricchezza


non registrata, tra indizi fisico-economico-contabili
e studi di settore
Valutazione della
ricchezza non
registrata
:individui e
organizzazioni
Vediamo ora la ricchezza non registrata dal punto di
vista degli uffici tributari , che hanno a disposizione,
per contestarla, argomentazioni essenzialmente
presuntive, come indicato al par.5.9. Anche qui
ritroviamo la differenza tra valutazione della
ricchezza prodotta da "individui" ovvero da
"organizzazioni"; i primi sostengono la loro vita
privata col risultato dell'attività, ed è quindi
inverosimile un risultato in perdita, concepibile
invece man mano che si profila un'organizzazione
pluripersonale, produttrice di valore aggiunto e di un
avviamento (679).

679
Si tratta di un filo conduttore del testo, collegato alla riflessione secondo cui
l’azienda non è una persona, ma un’organizzazione, provvista di un proprio
valore intrinseco, esistente anche quando il reddito è negativo, ma esiste un
valore aggiunto rispetto ai fattori produttivi (vedi questo filo conduttore dal
par.3.1 al par.7.13 , sull'avviamento).

386 di 704
La credibilità delle
organizzazioni
Le organizzazioni non hanno motivi propri per
occultare ricchezza al fisco, ma possono essere uno
strumento di evasione per il titolare o per chi può
comunque controllarle. Tuttavia la stima esteriore
della ricchezza relativa alle organizzazioni
pluripersonali, anche composte da qualche decina di
addetti, diventa rapidamente difficile, come indicato
al par.3.7. Occorre riflettere sulla presenza di un
"valore aggiunto", a beneficio di tanti addetti, di
un'organizzazione con un avviamento da
salvaguardare, e di una divisione del lavoro che non
coinvolge direttamente il titolare, come invece per il
piccolo commercio e artigianato. Per questo la
"credibilità esteriore" è compatibile, per le
organizzazioni, con quote significative di ricchezza
fiscalmente non registrata.

Rinvio alle
eventuali frodi dei
titolari
La valutazione di queste evasioni, nascoste
all'interno di una documentazione complessa, deve
necessariamente seguire gli indizi personalizzati
presenti nella singola realtà organizzativa.
L'evasione da scavalcamento delle procedure
aziendali, perpetrata dal titolare nei modi di cui al
par.3.7, è difficilmente presumibile confrontando le
dichiarazioni fiscali con le caratteristiche esteriori
dell'attività, come per il lavoro indipendente al
consumo finale; la scoperta di quest'evasione
presuppone infatti indagini personalizzate di
coerenza interna all'organizzazione. Per questo non
riteniamo di aggiungere, in questa sede, ulteriori
riflessioni a quelle indicate al par.3.7, sui modi in cui
queste evasioni possono verificarsi.
Rarità della
scoperta di “grandi
evasioni”

387 di 704
Stando alle cronache, le criticità per le stime e le
valutazioni, tipiche degli uffici tributari verso il
piccolo commercio e l'artigianato, si ingigantiscono
addirittura quando c'è di mezzo il titolare di
un'organizzazione. Casi simili non sono emersi certo
in casi di ordinarie verifiche tributarie, ma hanno
rappresentato il riflesso fortuito di liti societarie
interne al capitalismo familiare680, di inchieste penali
su personaggi pubblicamente esposti o come "coda"
di inchieste di altro tipo681.
Trascuratezza per
un monitoraggio
che non fa budget
Nel capitalismo familiare italiano è invece verosimile
che piccole organizzazioni pluripersonali, pur
tassando consumatori e dipendenti, abbiano
difficoltà nel tassare i titolari, i quali hanno autorità
sufficiente per scavalcare le procedure
amministrative a proprio beneficio; se però gli uffici
tributari sono spaventati dalla valutazione di
credibilità dei ricavi di piccoli commercianti e
artigiani, è intuibile l'imbarazzo connesso ad
analoghe valutazioni nella cornice di aziende di una
certa dimensione682.
680
Stefania Capitani, RL, Capitalismo familiare e Fisco: nessun «tesoro
nascosto» ne «L’importanza di chiamarsi Agnelli», in Dialoghi tributari, 2012,
n.4.
681
) Si pensi alla condanna penale per frode fiscale “da interposizione” (par.3.7)
a Silvio Berlusconi, che era politicamente esposto, oppure ai sequestri penali
sulla famiglia Riva, connessi ad evasioni e ammanchi scoperti in relazione alle
indagini sull’inquinamento ambientale a Taranto.
682
) I timori sono infatti molteplici, a partire da quello di non trovare nulla, non
facendo risultato di servizio, e quindi –magari per una delazione, una lite
societaria o un fallimento- veder emergere un’evasione clamorosa, rispetto alla
quale sarebbero esposti ad accuse di connivenza o peggio di corruzione
(par.5.11). C’è anche il timore di trovare indizi, ma non sufficientemente solidi,
finendo quindi in una situazione di stallo, oppure di trovare filoni proficui, ed
essere esposti alle richieste corruttive degli interessati e ai sospetti dei colleghi.
La tendenza è quindi quella , comprensibilissima, di cavarsi di impaccio col
diversivo delle contestazioni interpretative (par.5.17 ss.), inutili, ma comode. Ci
si trova infatti davanti a situazioni esteriormente “credibili”, dove le frodi sono

388 di 704
L’omessa
registrazione di
ricavi
Si presta molto di più ad essere generalizzata
l'omessa registrazione dei ricavi, ricorrente
soprattutto per i lavoratori indipendenti al consumo
finale, e per le piccole organizzazioni; tale mancata
registrazione683 non lascia tracce particolari
all'interno della contabilità, né richiede una
contabilità occulta da scoprire. Gli indizi dei ricavi
non registrati si trovano soprattutto all'interno dei
costi registrati, secondo il filo conduttore delle tasse
che "si pagano sui costi", a loro volta rivelatori di
ricavi, come abbiamo indicato al par.3.12.
Deficit delle
vendite rispetto agli
acquisti
Indizi contabili di incoerenza dei ricavi, registrati in
misura troppo modesta, sussistono in primo luogo
rispetto all'annotazione degli acquisti. Esiste infatti
una tendenza, ispirata al desiderio di mantenere il
controllo dell'attività, oltre che a dedurre i costi684, a
una registrazione degli acquisti più completa di
quella delle vendite.
Le percentuali di
ricarico
Queste sproporzioni consentono, in capo ai
commercianti al dettaglio, di presumere la possibile
rivendita "in nero" delle merci; esaminando le merci
esposte, in base al prezzo indicato al pubblico è
possibile risalire attraverso la documentazione degli

meramente ipotetiche. Un’indagine su questi aspetti potrebbe venire solo con


una serena distinzione tra ricchezza non registrata e contestazioni interpretative,
ed una comprensione dell’utilità, in termini di risultato di servizio, di
monitorare i passaggi amministrativi “forzabili” dalla proprietà aziendale senza
esporsi eccessivamente ai sospetti dei dipendenti. E’ qui che si dovrebbe
indirizzare “il tutoraggio” delle organizzazioni di una certa dimensione, senza
logorarsi sulle contestazioni interpretative di cui diremo al par.5.19.
683
) Dove si “toglie ricchezza da sopra”, secondo la metafora ricorrente in
questo testo.
684
) Registrando altresì IVA in detrazione, come indicato al par.7.2.

389 di 704
acquisti e tenendo conto delle rimanenze (par.7.16),
al valore teorico delle vendite; il relativo
procedimento passa attraverso il calcolo della
“percentuale di ricarico” delle vendite sugli
acquisti, applicata poi ai costi di acquisto registrati.
E' possibile così stimare un ordine di grandezza
dei ricavi, da confrontare con quelli dichiarati;
l'esigenza di precisione indurrebbe a tener conto dei
diversi margini di ricarico per le varie merci, delle
liquidazioni, delle stagionalità, dei deperimenti, etc...
Quando queste spiegazioni non sono credibili, una
percentuale di ricarico bassa spinge a presumere
la vendita in nero di parte delle merci acquistate
"in bianco".
Stima dei servizi
resi in relazione
agli acquisti
Lo stesso ragionamento è adattabile alle imprese di
servizi (albergatori, baristi, autoriparatori,
parrucchieri, ecc.) trovando il peso di un singolo
fattore produttivo rispetto alle prestazioni
effettivamente rese685. Sono insomma vari
ragionamenti presuntivi, di plausibilità economica,
che occorre coordinare nel caso concreto.
la combinazione di
indizi materiali e
contabili
La collocazione della stima in un contesto contabile,
consente di utilizzare anche gli indizi documentali e
finanziari indicati al par. 5.9, come i canoni di
locazione degli immobili, i consumi di energia
risultanti dai fornitori di utenze, i versamenti
bancari, gli incassi con carte di credito, gli scontrini

685
Ad esempio il consumo di farina può fare da guida per la
stima della produzione di un panettiere, il consumo di
elettricità per la produzione di una lavanderia, il consumo di
vernice per un carrozziere, il consumo di carne per un
ristorante, la fattura del lavaggio delle lenzuola per la ricettività
effettiva di un albergo e via enumerando.

390 di 704
emessi, le retribuzioni del commesso, gli acquisti
fatturati di merci.
Dalle perplessità
rispetto alle
valutazioni…
Queste valutazioni per ordine di grandezza
appaiono a prima vista anomale in un contesto
contabile-documentale che non ha sistematizzato i
problemi teorici della determinazione dei tributi686.
Anche gli uffici tributari, nel loro desiderio di
certezze e di indicazioni dietro cui coprirsi,
gradiscono "parametrazioni" e lo stesso vale per
consentire ai consulenti (par.3.16), di dare
indicazioni su redditi "accettabili" ai loro clienti,
piccoli commercianti e artigiani di cui tengono la
"contabilità fiscale".
retroterra storico
degli studi di
settore
Per questo, anche nel quadro della tendenza alla
"ragionierizzazione delle stime” (par. 4.5 e 5.9),
sono stati elaborati, a partire dal 1989, strumenti
parametrici sfociati, dopo varie effimere evoluzioni,
nei c.d. «studi di settore». E' un meccanismo,
tipicamente italiano, tendente a oggettivizzare stime
empiriche sull'ordine di grandezza di ricavi ,
connesso a determinate caratteristiche delle attività
di piccolo commercio e artigianali.
Schema indiziario
degli studi
Gli studi ripercorrono, formalizzandole
numericamente, e irrigidendole in formule

686
Le determinazioni presuntivo-valutative, sul lavoro
indipendente al consumo finale, da effettuare tipicamente per
ordine di grandezza, andrebbero coordinate con la precisione
della tassazione attraverso le aziende; occorre cioè una
riflessione per accettare socialmente, in quanto senza
alternative, lo sfasamento di queste determinazioni,
inevitabilmente "al ribasso" rispetto alla realtà, rispetto a
quella ragionieristica, attraverso le organizzazioni, del reddito
di un impiegato o di un operaio.

391 di 704
prestabilite, le già indicate stime dei ricavi, in base
alle caratteristiche economico-strutturali dell’attività.
Le stime per ordine di grandezza, in molti paesi
effettuate contribuente per contribuente, sono
invece state da noi cristallizzate in correlazioni
numerico-statistiche che individuano, per ciascun
operatore economico con ricavi inferiori a una certa
soglia (687), una serie di caratteristiche economico
strutturali in base alle quali presumere le
operazioni attive (ricavi) ai fini delle imposte sui
redditi e dell’IVA.
L’improponibilità
di una
catastizzazione
Questo "valore indicativo" degli studi, come
espediente per fronteggiare un imbarazzo culturale
verso le valutazioni per ordine di grandezza, è un
compromesso rispetto a una loro improponibile
formalizzazione come una sorta di catasto (par.8.2)
di piccoli commercianti e artigiani.
I contribuenti possono quindi difendersi dagli
studi adducendo qualsiasi circostanza, anche
presuntiva, che renda più credibile un imponibile
minore, come pure gli uffici possono valorizzare
presunzioni che, nel caso specifico, portano a un
imponibile maggiore.
Rischi di tassazione
di ricchezza fittizia
o di
“appiattimento”?
Non regge quindi l'obiezione secondo cui gli studi
portano alla tassazione di ricchezza fittizia;
l'esperienza comune, del resto, esclude che
qualcuno registri ricchezza che non possiede solo
per essere congruo e coerente con gli studi di
settore. C'è invece il rischio di appiattimento, cioè
la possibilità che soggetti con ricavi superiori a
quelli risultanti dagli studi di settore, ma con una
certa visibilità contabile, ad esempio per la
687
In concreto 5,160 milioni di euro circa, già eccessiva.

392 di 704
documentazione richiesta dai clienti, tendano ad
“appiattirsi sugli studi”, utilizzandoli come una
sorta di catasto, di forfetizzazione
dell’imponibile.
Cristallizzazione
statistica delle
valutazioni
Gli studi di settore cercano di considerare
simultaneamente le variabili che influenzano la
stima di credibilità dei ricavi registrati: si tratta di
una serie di dati ((ubicazione, attività, addetti, costi,
attrezzature, etc.), da cui emerge un “intervallo di
confidenza” (tipico dei ragionamenti per ordine di
grandezza), in cui collocare i ricavi. Gli studi
risentono quindi delle già indicate diverse modalità
per stimare i ricavi, basandosi al tempo stesso su
vari indizi, basati sulle materie prime, sulle
suddette percentuali di ricarico, sui macchinari,
sull’energia elettrica, sugli addetti, sulla
remunerazione figurativa del titolare.
Appiattimento
forzato e
aprioristico di tutti
i profili di stima
Ciascun elemento indiziante, di stima, porta ad un
ricavo presunto, e tra tutti i ricavi presunti
occorrerebbe calcolare un “ricavo medio”, tenendo
conto della più intensa portata indiziante di alcuni
parametri nel caso di specie. Non c’è traccia di come
gli studi di settore, nelle loro formalizzazioni,
effettuino questa ponderazione tra indizi. Non
sembra però che gli studi consentano di scegliere
quale sia il dato nel caso di specie più significativo,
in concreto. Ogni indizio viene cioè
metodologicamente ponderato, nel suo rapporto con
gli altri, in astratto, benchè in concreto sia

393 di 704
irrilevante, o all'opposto decisivo, assorbente di
tutti gli altri688.
Estraneità culturali
e freddezze
Questi concetti economico statistici sono estranei
alla cultura sia degli uomini di legge sia degli
uomini di azienda, per i quali espressioni come
regressione lineare multipla, reti neurali, cluster,
intervalli di confidenza, ma anche “congruità”,
“coerenza”, indicatori di normalità economica, si
colorano di strano esoterismo (basta pensare al
difficile concetto di “soggetti congrui, ma non
coerenti”).. Ne è derivata una forte diffidenza per
gli studi di settore nell’ambiente avvocatesco-
ragionieristico , incapace di ripercorrerne il
funzionamento.
Valutazione di
credibilità
“inversa”
Essi spesso sono valutati “partendo dalla fine”, cioè
chiedendosi se il risultato dello studio appare più o
meno credibile delle cifre dichiarate, a prescindere
dalla comprensione della metodologia sottostante.
Se i ricavi dichiarati sono bassi, e dagli studi emerge
un importo più verosimile, alla luce delle
caratteristiche dell'attività, questo è sufficiente a
preferirlo, anche senza razionalizzare il criterio di
determinazione.
Scorciatoie
giurisprudenziali
sulla portata degli
studi
La spiegazione di questi confronti è spesso
intellettualmente complessa, e quindi i giudici
preferiscono la scorciatoia argomentativa astratta
sulla sufficienza o meno dello studio alla rettifica; se
quindi il risultato è "convincente in concreto" gli
Un paradosso metodologico è quello secondo cui,
688

aggiungendo un certo ammontare di acquisti ad una azienda


con elevata percentuale di ricarico, secondo gli studi i ricavi
aumentino poco più che i maggiori acquisti inseriti nel modello.

394 di 704
studi vengono promossi "in astratto", oppure il
contrario, con una apparente schizofrenia che
riconferma i limiti della giurisprudenza nella
sistematizzazione dei concetti689.
Rigidità delle soglie
Gli studi sono applicabili verso tutti i
contribuenti con ricavi inferiori alla suddetta
soglia, compresi irragionevolmente quelli
operanti verso aziende o enti pubblici, magari
anche assoggettati a ritenuta, dove i pagamenti in
nero sono semplicemente “inverosimili”.
Trascuratezza per
la
clientela:operazion
i b2b
E' una grossolana presunzione di evasione per
chiunque abbia ricavi inferiori a una certa cifra,
indipendentemente dalla tipologia di clientela e
quindi dalla possibilità di ricchezza non registrata. Lo
si vede clamorosamente nell'avvilente
assoggettamento agli studi dei lavoratori
indipendenti che non operano al consumo finale,
bensì verso organizzazioni che pretendono fattura e
magari effettuano ritenute alla fonte690.
Carenze degli studi
rispetto alla
determinazione
della ricchezza
Sono molte le grossolanità degli studi rispetto ai
principi della determinazione della ricchezza ai fini
tributari. Possono esserci anche aziende con
fatturato inferiore a 5 milioni, ma alto valore
aggiunto, magari appartenenti a gruppi

689
) Si ritrova, anche a proposito degli studi di settore, il filo conduttore del
presente volume, secondo cui “le istituzioni non spiegano”: anche a proposito
delle stime in esame la giurisprudenza “prima decide”, istintivamente, e poi
costruisce la motivazione.
690
) Si pensi ai rappresentanti di commercio, e a tutte le partite IVA
“monocliente” (sostanzialmente lavoratori dipendenti) che sarebbero soggetti
agli studi di settore senza alcuna possibilità, per ragioni di tempo e/o di
competenze professionali, si svolgere prestazioni “in nero” a consumatori finali.

395 di 704
multinazionali rigidamente organizzati, o a enti
pubblici, teoricamente soggette agli studi di settore
senza avere margini per occultare corrispettivi.
Anche l’applicazione degli studi ad attività
economiche (691), che si prestano a una verifica
presuntiva personalizzata in base al valore di
mercato degli immobili venduti, appare priva di
senso economico.
Mancanza di
relazioni con la
tracciabilità
Gli studi neppure valorizzano i casi in cui i ricavi
sono inverosimili non in assoluto, ma in quanto
sbilanciati verso clienti che possono
“scaricare”, mentre l'esperienza comune
lascerebbe presumere ricavi anche verso
consumatori finali (692). Analogo ragionamento
riguarda inspiegabili la sproporzione tra ricavi
incassati in modo "tracciabile"(assegni bonifici o
carte di credito) rispetto a quelli incassati in
contanti693. Manca insomma un coordinamento degli
studi con la c.d. "tracciabilità", altra linea di
intervento sulla determinazione della ricchezza,
descritta al par.5.16. Più in generale, la
ragionierizzazione delle stime, espressa dagli
studi va coordinata anche con quella “analitica, degli
scontrini, delle altre certificazioni dei corrispettivi,
delle segnalazioni (indizi contabili par.5.9).
Studi e lavoro
intellettuale
L’obiezione secondo cui gli studi di settore non
possono considerare le diverse abilità e attitudini è
particolarmente calzante per il lavoro
intellettuale; mi riferisco soprattutto
691
) Ad esempio quelle di costruzioni edilizie.
692
In questo caso l'omessa fatturazione dei ricavi veri verso
consumatori finali si accompagna a ricavi fittizi verso clienti
impresa che avevano bisogno di costi, di cui avranno pagato
"in nero" solo una quota.
693
) Che verosimilmente non sono stati registrati.

396 di 704
alle libere professioni (avvocato, o chirurgo), dove la
prestazione è meno fungibile di quella di un tassista
o di un parrucchiere. L’applicazione degli studi ai
professionisti,
pur dettata da esigenze di uniformità “politico-
comunicazionale”, deve quindi fare i conti la minore
omogeneità delle relative prestazioni, e soprattutto
la possibile diversa intensità lavorativa.
richiamo
all’impulso dei
consulenti
all’adeguamento
L’adeguamento agli studi di settore è sollecitato
soprattutto dai commercialisti, che in questo
modo si cautelano rispetto a future lamentele dei
clienti nel (remoto) caso di controllo; è quindi un
caso di “tassazione attraverso i professionisti” (par.
3.16); questo anche andando contro l’interesse reale
del cliente, basato invece su una razionale
valutazione del rischio di controllo, spesso
presentato in misura superiore a quella effettiva dal
commercialista, per le sue suddette ragioni di
cautela.
Pregi e difetti degli
studi: riepilogo
Gli studi di settore sono sicuramente preferibili
all'inutile contabilità dei lavoratori indipendenti
(par.3.13) e potrebbero essere un primo passo per
un affinamento graduale della sensibilità valutativa
degli uffici. Gli studi garantiscono un primo livello
di credibilità e sono adatti per una prima richiesta
“adeguatamente sistematica”, cioè diffusa, con
istruttoria snella, e senza pregiudizio per
ulteriori stime personalizzate.
Segue: controllo in
due momenti
Dopo aver quindi profittato della suddetta
“tassazione attraverso i commercialisti”, si potrebbe
svolgere il controllo valutativo del territorio da parte
degli uffici, di cui al par. 5.7, col confronto

397 di 704
personalizzato di credibilità esteriore, tra quanto
dichiarato e le caratteristiche dell’attività. L’area di
“franchigia fiscale” connessa alla difficoltà di
determinazione dei redditi di queste categorie,
sarebbe finalmente gestita in modo valutativo, e non
scaramanticamente ignorata. Senza un’impossibile
determinazione “al centesimo” su pochi lavoratori
indipendenti, l’obiettivo sarebbe una credibilità
complessiva dell’insieme delle attività dove le
aziende non arrivano. È questo (paragrafo 5.7) il
vero “tutoraggio fiscale” amministrativo, in cui va
inquadrata anche l’utilizzazione della spesa
personale (redditometro) di cui diremo al
prossimo paragrafo.

5.14. Tenore di vita e spesa “privata” come indizio di


ricchezza non registrata (accertamenti “sintetico-
redditometrici”)
Sussidiarietà della
determinazione dei
tributi in base al
tenore di vita
Oltre che in base alla produzione, la ricchezza può
essere anche determinata in base alla spesa, cioè al
tenore di vita, considerato come un indizio di redditi.
Lo abbiamo già visto alla fine del par.1.3 per gli
antichi c.d. "sistemi a ripartizione"; questi ultimi con
l'attenuarsi delle relazioni di vicinato hanno perduto
rilevanza694, e anche la determinazione dei tributi in
base al tenore di vita, molto meno precisa di quanto
sia la determinazione del reddito alla produzione.

Nell’era agricolo-artigianale la tassazione


694

reddituale
alla produzione riguardava solo i redditi agricoli e veniva
integrata con tassazioni basate sul tenore di vita, come i
sistemi a ripartizione, di cui al par.1.3, basati sulla conoscenza
reciproca delle piccole comunità, dove ci si teneva d'occhio
reciprocamente per quanto riguarda il tenore di vita.

398 di 704
Basta pensare che si guadagna in un modo
soltanto, o al massimo due, mentre si spende in
tanti modi diversi, per capire che la
determinazione del reddito in base al tenore di vita è
una soluzione di ripiego, utile soprattutto quando
le fonti di reddito non sono chiare o valutabili.
L’accertamento
sintetico
La rilevanza del tenore di vita, sussistente fino al
1973, con la c.d. ’imposta di famiglia, si spostò nella
riforma fiscale del 1973 (forse per inerzia) verso
l'accertamento c.d. "sintetico" , basato su alcune
tipologie di beni posseduti e di consumi; Risalire al
reddito in base ai tenore di vita è macchinoso, e vale
la pena di farlo solo quando gli indizi derivanti
dall’attività sono molto deboli, o collocabili in una
“forchetta” di valori molto vasta.
Il riferimento a
spese ad alta
visibilità
L'accertamento in base al tenore di vita ha per
questo fatto riferimento, per anni, solo a spese “ad
alta visibilità”, come il mantenimento di autovetture,
di residenze secondarie, di imbarcazioni da diporto,
investimenti patrimoniali, come la sottoscrizione di
capitale societario o l’acquisto di beni di valore.
le quantificazioni
regolamentari: il
“redditometro”
Regolamenti applicativi si innestavano quindi sulle
spese “visibili” indicate sopra, per esprimere le
spese ulteriori di “minimo vitale” non rilevabili
specificamente, come
alimentazione, vestiario, etc...
Anche qui si tratta di valutazioni per ordine di
grandezza, con cui gli uffici hanno scarsa familiarità
e che si è cercato di forzare nella in una
predeterminazione automatico-statistica, simile a
quella già incontrata al paragrafo 5.13 per gli studi
di settore, e qui denominata “redditometro”. Anche

399 di 704
questa è una ipotesi di "formalizzazione
matematica" delle stime, secondo la tendenza
generale indicata al par.4.5, e già esaminata per gli
studi di settore.
Tenore di vita come
diversivo politico
mediatico
E' un diversivo politico davanti alle lacerazioni sociali
tra soggetti diversamente esposti alla tassazione
attraverso le aziende. Il tenore di vita mette in
secondo piano le differenze, sul piano della
determinazione degli imponibili, tra piccoli
commercianti, artigiani, dipendenti e professionisti;
l'accertamento sintetico è quindi un modo per lenire
le recriminazioni e le lacerazioni sociali tra lavoratori
dipendenti e indipendenti al consumo finale.
Scarsa
“sindacalizzazione
” dei consumatori
Queste distinzioni sono spiazzate dal fatto che tutti
sono uguali davanti alla spesa, e alle sue
conseguenze sul piano dell'accertamento tributario;
inoltre le categorie produttive sono molto meno
“sindacalizzate” sul punto rispetto ai consumatori, il
che crea meno imbarazzi politici.
Quest’utilizzazione “politico-mediatica”
dell’accertamento sintetico è stata riproposta nel
2010, con un effetto di annuncio, in cui si è girato a
vuoto per circa quattro anni con inutili discussioni,
chiacchiere e polemiche, relative anche alla privacy,
che confermano l’arretratezza, in Italia, della
riflessione sulla determinazione della ricchezza ai fini
tributari.
L’occasione
perduta per un uso
integrativo rispetto
alle stime “alla
produzione”
La spesa potrebbe essere invece un'utile soluzione
di ripiego quando gli indizi “alla produzione”
sono pochi; si ciò accade soprattutto per attività ad

400 di 704
intensità variabile nel tempo,potenzialmente
discontinue, come indicato ai paragrafi 3.15, 5.13 e
5.15. Man mano che sbiadiscono le informazioni
provenienti dalla fonte produttiva della ricchezza,
il tenore di vita acquista importanza.
Questo coordinamento tra argomenti “alla
produzione” e “al consumo” sarebbe possibile
anche “a legislazione vigente”. Nell’empirismo del
giudizio di fatto (par. 5.8) è del resto del tutto logico
utilizzare la villa al mare dell’idraulico per
rettificarne gli incassi lavorativi, sia ai fini IVA sia ai
fini delle imposte sui redditi. La possibile
utilizzazione combinata di argomentazioni
riguardanti l'attività economica e la spesa personale
non è stata portata avanti, forse intimiditi dalla
diversità dei riferimenti normativi .
Utilizzo combinato
di indizi produttivi
e personali
Nell’empirismo del giudizio di fatto (par. 5.8) è del
tutto logico utilizzare la villa al mare dell’idraulico
per rettificarne
gli incassi lavorativi, sia ai fini IVA sia ai fini delle
imposte sui redditi. Lo stesso vale per le spese
personali di parecchi industrialotti, magari con un
reddito dichiarato “rispettabile”, ma che acquistano
di continuo auto di lusso, natanti, gioielli e servizi
costosi, incompatibili cui redditi dichiarati negli anni,
e il finanziamento verosimilmente proviene dalla
ricchezza non registrata presso l’azienda.
la ritrosia a
combinare
produzione e tenore
di vita
Questa rigidità, e ritrosia verso le valutazioni,
ostacolano anche la determinazione, in base agli
incrementi patrimoniali, della ricchezza ricevuta per
successioni e donazioni, soprattutto quelle
“informali”, come vedremo al paragrafo 10.5.
Il finanziamento
con somme

401 di 704
fiscalmente
irrilevanti
La determinazione dei redditi al consumo deve però
considerare l’eventuale finanziamento delle spese
con somme non costituenti reddito imponibile, prima
di tutto per erogazioni di altri soggetti, come genitori
o coniugi, o redditi esenti o soggetti a imposta
sostitutiva, smobilizzi patrimoniali o prestiti. Di tutte
queste forme “alternative” di finanziamento è
ovviamente possibile dare la prova, neutralizzando
queste rettifiche, ma con notevoli dispersioni di
tempo per uffici e contribuenti695.
Il contribuente può spiegare la sproporzione del
tenore di vita rispetto al reddito dichiarato con
l’eventuale finanziamento delle spese con
somme non costituenti reddito imponibile, per
redditi esenti, soggetti a imposta sostitutiva,
smobilizzi patrimoniali o prestiti nonché erogazioni
liberali da genitori o coniugi (sul collegamento con
l'imposta sulle donazioni par.10.5).

5.15. Rischi di perdita di controllo amministrativo del


territorio su manifestazioni di ricchezza collaterali e
sfuggenti
Richiami alle
attività
indipendenti senza
sede fissa
Vediamo ora i riflessi accertativi sulle forme di
ricchezza “poco visibili e sfuggenti”, indicate al par.
3.15. Ricordiamo che si tratta di operatori economici
senza sede fissa, dell’utilizzazione di cespiti molto
frammentati sul territorio (ad es. fitti e subaffitti non
dichiarati al fisco), di lavoro discontinuo, precario e
saltuario.

695
) Queste inefficienze confermano l’utilità dello strumento solo come
soluzione di ripiego, quando le informazioni sulla produzione dei redditi sono
insufficienti.

402 di 704
Ci sono poi, sul piano dei redditi di fonte
patrimoniale, le plusvalenze occasionali e i redditi di
capitale da prestito, spesso tra ristretti circuiti di
conoscenti.

Decrescita e lavori
precari
In tutti questi casi manca un'attività economica
con una stabile visibilità, nello spazio e nel tempo,
legata ad una sede fissa. Con la
deindustrializzazione , dovuta alla chiusura di molte
grandi fabbriche696, si verifica oggettivamente una
perdita di controllo tributario del territorio; si crea
infatti una frammentazione economica di ritorno,
fatta di piccoli scambi, in un certo senso di
autoconsumo, spostato però in una società al tempo
stesso postindustriale, deindustrializzata e
disorganizzata.
Per gestire questa situazione non è sufficiente
qualche comunicato stampa, in cui si esaltano poche
azioni simboliche e sporadiche.
Per questo gli interventi amministrativi sono di fatto
rarissimi, ed è sorprendente la cifra annua di
meno di 10 mila evasori totali
individuati, quando davanti alle bancarelle della
periferia di Roma si vede materialmente un
probabile evasore totale ogni cinque metri697.
696
) Dovuta, oltre che alla concorrenza di paesi più competitivi, anche a cause
interne, come la mancanza, attorno alle aziende, di un’intelaiatura di istituzioni
efficienti (ne vedremo degli esempi al par.5.17 ss, col dissennato transfert sulle
aziende di una fantomatica grande evasione).
697
Sono sintomi dell’imbarazzo delle istituzioni verso una illegalità diffusa, in
cui l’evasione fiscale si affianca al commercio illegale, all’accattonaggio
aggressivo, alla microcriminalità di massa, alle varie forme di abusivismo. Sono
fenomeni più facili da ignorare che da gestire, per le istituzioni, con difficoltà
di interazione, di riscossione ed altri ostruzionismi che suscitano anche il
pietismo buonista “politicamente corretto” dell’evasione di sopravvivenza
(par.4.2). Il formalismo della legge “uguale per tutti” crea meno problemi per
chi ha timore della legge, e qualcosa da perdere, come vedremo al par.6.14 per
le sanzioni penali tributarie, temute solo dalle persone perbene sulle

403 di 704
visibilità
relazionale
indiretta
Accanto a questa visibilità “fisica” sul territorio, che
pone solo problemi di stima, c’è una visibilità che
potremmo definire “pubblicitaria”, soprattutto per i
prestatori di
servizi a domicilio, dall’assistenza, alla
manutenzione, a varie forme di servizi personali.
Spesso trasmissioni televisive di giornalismo di
inchiesta rispondono a inserzioni che pubblicizzano,
magari su internet o mediante volantini, lavori a
domicilio, manutenzioni elettriche, idriche, etc.,
informandosi sulla fattura e registrando le risposte
negative, o guardinghe; anche queste attività, se
non operano attraverso un ristretto giro di
conoscenze personali, hanno infatti bisogno di
rendersi visibili, a costo di esporsi agli occhi del
fisco. I cui uffici potrebbero consentire
un’identificazione di chi propone questi servizi,
agevolando la redazione dei “fascicoli informativi
permanenti” di cui abbiamo detto al par. 5.7.
In questi casi riemerge l’importanza del tenore di
vita, indicata al paragrafo precedente, ai fini della

contestazioni interpretative. E’ lo sfondo delle irrisorie scoperte di lavoratori


“in nero” e di operatori economici senza partita IVA (evasori totali) rispetto
alla percezione sociale diffusissima di questi fenomeni; come indicato nel testo,
basta infatti passeggiare sulla via Tuscolana di Roma, dalla Metro di Anagnina
alla salita del Quadraro per vedere più “nero” e presumibili “evasori totali” di
quelli riportati sui rendiconti annuali delle istituzioni. Si conferma che una
illegalità diffusa, ma lieve, suscita una sorta di impunità, anche se da qui, come
indicato al par.4.2, viene una buona fetta dei famosi 120 miliardi di evasione. .
Si conferma anche la tendenza delle istituzioni al quieto vivere, e la riluttanza a
sforzi di controllo del territorio, esposti a continui cavilli legali. Alla fine si
crea così una nicchia di impunità tollerata, semplicemente per pigrizia rispetto
ai fastidi che un intervento comporterebbe. Il nesso tra trascuratezza
istituzionale , confusione sociale (par.1.6) , appiattimento del diritto sui
materiali e paralisi del pensiero dovrebbe essere approfondito , anche
guardando alla materia tributaria, in tesi di laurea o dottorato (il legalismo e la
deresponsabilizzazione sono tra i motivi della perdita di controllo del territorio
da parte delle istituzioni, di cui l’evasione fiscale è solo un riflesso parziale).

404 di 704
determinazione della ricchezza. In quel caso le spese
personali, di consumo o patrimoniali, rappresentano
uno strumento per comprendere l’attività svolta, e
quindi mettere a fuoco la già indicata valutazione
mista tra consumi personali e attività produttiva.
Richiamo alle
attività sfuggenti e
discontinue
Le difficoltà di
determinazione
Se il controllo valutativo sul territorio, da parte del
fisco, è già difficile per le attività “visibili”, come
quelle di commercio e servizi “tradizionali”, dotate di
una struttura esterna, figuriamoci per queste
situazioni. Non soltanto sono attività materialmente
"poco visibili", ma i relativi introiti sono spesso
aggiuntivi rispetto a quelli di una attività fiscalmente
visibile, di lavoro dipendente o di pensione698. Sono
fenomeni che i sistemi tributari tendono
giustamente a trascurare, finchè riguardano pochi
contribuenti; man mano che queste situazioni si
estendono è però più opportuno un qualche
intervento valutativo degli uffici tributari, per
mantenere un sufficiente controllo del territorio
(par.5.7).
insufficienza degli
interventi sporadici
al recupero del
controllo
Sembra infatti crescente la fascia di popolazione
che “si arrangia”, con attività che sfuggono sia alla
tassazione attraverso le aziende sia a quella
valutativa attraverso il fisco699.
698
) Ciò finisce quindi per “sviare possibili sospetti” sulla fonte di
sopravvivenza economica di questi individui. Sono sospetti che gli interessati
ipotizzano da parte del fisco, ma che verosimilmente neppure sussistono, visto
lo scarsissimo controllo del territorio di cui al 5.7 e la mancanza dell’archivio
permanente personaliizzato di cui al par.5.6-5.7.
Non mi voglio qui dilungare sul probabile circolo
699

vizioso secondo cui la povertà moderna dipende da


carenze organizzative, prima della macchina

405 di 704
Più la ricchezza è frammentata, più l’attività
valutativa deve essere sistematica, e quindi rapida,
efficiente e con pochi strascichi, gestendo i tempi, le
risorse e i risultati nei modi
indicati al par. 5.10 sulla discrezionalità nella
determinazione della ricchezza.
Sarebbe un primo strumento per evitare milioni di
"sconosciuti fiscali", com'è accaduto a forza di
appiattirsi sulla tassazione attraverso le aziende,
trascurando quanto è estraneo ai suoi circuiti
contabili700.
L’ausilio alla
responsabilizzazion
e al controllo del
territorio
La consapevolezza di questa conoscenza
spingerebbe molti contribuenti rientranti in
quest’area ad una autotassazione quantomeno più
verosimile (par.5.7). Si potrebbero così aiutare gli uffici
a svolgere la loro funzione tributaria, cioè gestire
serenamente le valutazioni per ordine di grandezza,
superando la paralisi indotta dall'appiattimento sulla
determinazione da parte delle aziende, e sulla
deresponsabilizzante idea di “vincolatezza”
(par.5.10).
Censimento
tributario
Emerge anche sotto questo profilo l’insufficienza
delle attuali “banche dati” e la necessità di un
supporto permanente valutativo delle singole
attività economiche, ricordato anche al par. 5.7

pubblica, che poi si estendono alle aziende private


(rinviando a vari post su
www.organizzazionesociale.com, e per i tributi ai
paragrafi 5.17 ss. di questo testo).
Questa necessità di “anagrafe tributaria” emerge anche nelle
700

confusioni della pubblica opinione, che scambia le dichiarazioni


dei redditi per un archivio patrimoniale sulla ricchezza
individuale, di cui invece in Italia non c’è traccia.

406 di 704
come profilatura tributaria individuale dei
contribuenti701, con agganci alle fonti di
sussistenza, compresa la situazione familiare.
Questa “schedatura fiscale” sarebbe per certi versi
una riedizione degli antichi catasti descritti al
par.1.3, reinterpretati e adeguati al contesto
economico moderno.
La necessità di una
rilevazione
conoscitiva
Sarebbe un primo strumento per fronteggiare una
situazione in cui milioni di persone e famiglie
diventano tributariamente un “oggetto
misterioso”, come è accaduto a forza di appiattirsi
sulla tassazione attraverso le aziende, trascurando
quanto è estraneo ai suoi circuiti contabili; quando si
riducono gli spazi per la tassazione attraverso le
aziende, non si capisce dalle statistiche delle
dichiarazioni come facciano a vivere milioni di
persone.
Anche ai fini dei
sussidi
Non è insomma questione di “tassare”, ma
semplicemente di “conoscere” milioni di individui
che, come i gigli dei campi, non seminano, non
raccolgono, eppure il signore li nutre nel senso che
sopravvivono, talvolta meglio di lavoratori
dipendenti con redditi tassati dall'erogante fino
all'ultimo centesimo. Il problema è quindi di
conoscenza, anche ai fini dei pubblici sussidi,

701
) Oggi nella dichiarazione si indicano “i redditi” soggetti a tassazione
progressiva IRPEF e non quelli soggetti a imposte sostitutive, né quelli
forfetizzati, né le catene di solidarietà familiare che consentono di aiutarsi.
Passando dalla dichiarazione allo schedario economico-descrittivo, sarebbe
possibile avere una idea, controllabile(anche ai fini dell’accertamento basato sul
tenore di vita, par.5.14) di come gli individui dichiarano di mantenersi (il fisco
dovrebbe porre insomma domande simili a quelle formulate da Nanni Moretti
alla sua ragazza nel film Ecce Bombo, nella scena reperibile su Youtube
digitando “Vedo gente, faccio cose”.

407 di 704
generali o specifici, come l'esonero dai tickets
sanitari.
Possibili
spiegazioni
Il censimento indicato poco sopra sarebbe il primo
passo per capire in quale misura si tratta di veri
poveri, finti poveri o titolari di redditi soggetti a
tassazione forfettarie (agricoltura par. 8.1) o
sostitutive (rendite finanziarie di cui al par. 8.5). C'è
chi vive a carico di altri, chi possiede fonti di
sostentamento patrimoniali, da non indicare in
dichiarazione e chi opera in nero. La risposta a
questa domanda è però fuori dal controllo degli
uffici tributari; è uno dei tanti riflessi della paralisi
indotta dall'appiattimento sulla determinazione da
parte delle aziende, e sulla deresponsabilizzante
idea di “vincolatezza” (par.5.10) sulle contestazioni
interpretative etc..
Una ripresa del
controllo del
territorio
Un monitoraggio di queste aree sociali sarebbe
anche l'occasione per collegare tra di loro,
puntualizzandole su singoli contribuenti, le
innumerevoli banche dati costruite negli anni
(par. 5.5 e 5.16); serve infatti una loro
utilizzazione valutativa, smettendo di inseguire
l'illusione che esse possano sostituire la stima
della ricchezza non raggiunta dalle aziende,
producendo ragionieristicamente "numeri magici" da
accertare in automatico; torneremo su queste
illusioni anche al prossimo paragrafo, qui collocato in
quanto riguarda ogni tipo di ricchezza non registrata
ai fini tributari, anche non riguardante gli operatori
economici in senso stretto, di cui al par.5.13.
.

408 di 704
5.16. Potenzialità e mitologie di banche dati ,
tracciabilità e altri “indizi contabili”

L’idea della
“tracciabilità senza
organizzazioni”
La strisciante illusione, già indicata al par.5.9, di
"ragionierizzare le stime" (par.4.5) si accompagna
spesso a proposte di valorizzare le tracce
documentali di varia natura, lasciate dai rapporti
contrattuali e finanziari tipici dell'era aziendal
tecnologico-telematica, secondo il concetto di
"tracciabilità fiscale". Si tratta certo di "indizi
contabili" (nel senso di cui al par.5.9) con una
qualche visibilità, ma che non sono aggregati a fini
tributari, ma bancari,assicurativi, di rapporti con
utenti di servizi pubblici, di gestione del territorio, di
pubblica sicurezza, etc.
Eterogeneità e
difficile
riposizionamento
tributario dei
“dati”
Mentre l'azienda riesce agevolmente a riposizionare
ai fini tributari i propri flussi in entrata e in uscita
(702), usare le appena indicate informazioni per una
702
Come indicato al par.3.2 ss. le documentazioni dei
contratti, delle prestazioni e dei pagamenti sono
organizzate e archiviate costantemente da appositi
uffici, che le riadattano in chiave tributaria,
conformemente ai concetti di reddito e di
patrimonio. Vedremo invece che una banca non ha
la minima certezza legale del motivo per cui, sui
conti dei clienti, transitano somme in entrata e in
uscita; analogamente, un fornitore di gas o energia
elettrica non ha la minima idea dell'attività
commerciale in cui sono impiegate queste forniture,
e delle relative dichiarazioni tributarie. Quanto
precede si puntualizza a proposito degli indizi

409 di 704
determinazione dei tributi adeguatamente
sistematica da parte di pubblici uffici appare arduo.
La difficoltà non sta nella acquisizione dei dati,
ma appunto in questa loro riconversione ad una
funzione tributaria originariamente non prevista.
Ammessa la possibilità degli uffici tributari di
accedere a tutti i dati suddetti, la relativa
utilizzazione potrebbe essere soltanto presuntiva,
come "indizi contabili", secondo quanto indicato al
par.5.9. Quasi mai le informazioni accumulate nelle
banche dati del fisco potrebbero insomma essere
sono utilizzabili "a colpo sicuro", per una rettifica
come quelle basate sugli incroci dei dati raccolti già
a fini tributari703.
Rischio di paralisi
da sovrabbondanza
di fonti presuntive
Vista la nota ritrosia degli uffici tributari per le
valutazioni704, l'abbondanza di informazioni , e la
difficoltà di effettuarne un dosaggio, valutando il
peso di ciascuna rispetto alle altre rischia
finanziari, i più direttamente collegati alla
determinazione della ricchezza, ma che per loro
natura sono aggregati con obiettivi diversi, non
tributari. Si tratta non solo dei "dati bancari" , ma
anche delle altre informazioni derivanti dalla moneta
elettronica, dalle carte di credito, dalla riduzione
della circolazione del “contante” , e dagli altri
fenomeni riassunti con la c.d. "tracciabilità fiscale"
dei pagamenti.
703
Si pensi invece ai c.d. "incroci", concepibili per i proventi
indicati dal sostituto d'imposta e non dichiarati dal beneficiario
(par. 3.5), o per i canoni di affitto non dichiarati dal
proprietario, a fronte di contratti registrati; queste correzioni
sono però marginali rispetto alla ricchezza fiscalmente non
registrata, stimata al par. 4.1.
704
) Ritrosia non certo “immanente” negli uffici, ma causata dalla
deresponsabilizzazione “legalistica” di cui al par.5.10 e 5.3 (cfr. la scientificità
esteriore avvocatesca, di cui al par.4.3).

410 di 704
paradossalmente di intralciare l'attività
amministrativa in una sorta di paralisi da analisi.
Le numerosissime informazioni raccolte, anche
attraverso il codice fiscale, nelle “banche dati" del
fisco non si prestano ad una determinazione
ragionieristica "di massa" della ricchezza sfuggita ai
circuiti aziendali.

La questione del
contante
La "tracciabilità" è certamente preferibile ai
"contanti", ma è solo uno dei tanti elementi di
valutazione presuntiva, inidoneo a una
determinazione contabile, analoga a quella
effettuata presso le aziende (par.5.7 e 5.9). Il limite
alla circolazione del contante è nato contro il
riciclaggio,ed episodi circoscritti di criminalità
mafiosa e terrorismo, soprattutto per evitare che
denari di provenienza illecita fossero impiegati in
attività immobiliari o imprenditoriali. I lavoratori
indipendenti al consumo finale sono però molto più
numerosi e innocui rispetto alla criminalità
organizzata; il limite alla circolazione del contante
contrasta l'evasione in modo molto indiretto, in
quanto impedisce di impiegare gli "incassi neri" in
acquisti immobiliari705 o verso altri fornitori
organizzati, cui si vieta di accettare i contanti706. Si
tratta intuitivamente solo di effetto molto debole, in
quanto nell'evasione diretta al sostentamento
(par.4.2) il contante evaso non viene investito, ma
impiegato in piccole spese707. Va segnalata poi

705
) In quanto negli atti di acquisto devono essere inseriti gli estremi dei mezzi
di pagamento, anche se con l’uso delle cambiali o degli assegni una qualche
forma di anonimato è ancora possibile (il compratore, dopo l’atto, riprende
l’assegno o la cambiale e versa il contante).
706
) I piccoli fornitori, lavoratori indipendenti o titolari di piccole
organizzazioni, non hanno invece alcun problema ad accettare contanti in
misura ben superiore alle soglie.

411 di 704
l’impossibilità di abolire del tutto il contante708, e
anche la possibilità di utilizzare monete parallele di
vicinato, o al limite nuove forme di baratto.
Quanto sopra è confermato dalla diffusione
dell'evasione anche in paesi in cui la moneta
cartacea è stata pressoché abbandonata.
Frammentazione
delle informazioni
bancarie
La tracciabilità e le indagini bancarie dovrebbero
essere, da parte degli uffici, un innesco delle
tipiche, tradizionali, valutazioni presuntive per
ordine di grandezza. Anche i conti bancari su cui
indirizzare i proventi possono essere numerosi; su
di essi è possibile far transitare versamenti,
prelevare per poi rapidamente chiudere i conti,
oppure intestarli a familiari o prestanome, ovvero
ancora collocarli all’estero. A milioni di
contribuenti corrisponderebbero miliardi di
operazioni da controllare e interpretare.
Le difficoltà di
individuazione dei
conti
I problemi di collegamento informatico "di massa"
risultano anche dal tempo che è stato necessario in
Italia (oltre 20 anni) per elaborare un sistema
informatico, la c.d. anagrafe generale dei conti
bancari. Quest'ultima consente
all’amministrazione finanziaria di conoscere in
tempo reale dove il contribuente intrattiene i
conti, e anche quanto sono stati movimentati, in

707
) Anche la richiesta di pagamenti in contanti per spese “straordinarie” di
elevato importo, come riparazioni auto e lavori edilizi, è facilmente gestibile
nonostante i limiti legislativi, tranquillamente ignorati nel rapporto tra
lavoratore indipendente e clienti privati (salvo il contrasto di interessi di cui al
par. 9.3.
708
) Il contante tende a sparire secondo un processo sociale proprio, graduale,
con la diffusione degli strumenti di pagamento elettronici e dei conti bancari,
che non può essere accelerato inseguendo “illusioni antievasione”.

412 di 704
modo da poter chiedere solo i dettagli rilevanti alla
singola banca interessata.
Le vessatorie
presunzioni legali

E' inoltre difficile stabilire (709) se dietro a


innumerevoli operazioni effettuate con bancomat,
assegni o bonifici c'é una erogazione di reddito o
una percezione di spese per consumi. Questa
difficoltà di riutilizzare i dati bancari ai fini della
determinazione dei tributi, ha indotto a prendere
scorciatoie legislative, ormai vigenti da vent'anni,
secondo cui tutti i versamenti e i prelevamenti
non spiegati dal contribuente, si considerano
come ricavi o compensi non registrati (710).
La rilevanza reddituale dei versamenti è conforme a
nozioni di esperienza comune711, mentre quella dei
prelevamenti è invece per molti versi irrazionale,
contronatura sul piano della determinazione della
ricchezza. Queste presunzioni assecondano la solita
deresponsabilizzata tendenza degli uffici di “non
valutare”, lasciando che il contribuente si tragga
d’impaccio in sede giurisdizionale, cosa molto
difficile vista la sbrigatività del processo tributario.
La consapevolezza, da parte degli uffici, della
vessatorietà di queste presunzioni "contronatura"
(soprattutto quella sui prelevamenti) finisce per
frenare spesso, indirettamente, l'uso stesso delle
indagini bancarie (712).
709
) Abbiamo già detto che lo ignora persino la banca.
710
Art. 51 comma 2 decreto IVA e art. 32 n. 2 decreto 600.
711
E' inoltre da chiedersi in questo caso se i versamenti non
registrati fiscalmente debbano essere maggiorati dell'IVA,o
essa vi si consideri immanente. Per le prestazioni al consumo
finale questa è senz'altro la soluzione corretta, in quanto le due
cifre sono cumulate. Così dovrebbe ritenersi anche per le
prestazioni in cui sussiste l'obbligo di fatturazione, ma qui vi è
possibilità di ritenere che l'IVA non è stata pagata.
E' un caso in cui il “rigore normativo” diventa
712

controproducente, in quanto provoca un'azione

413 di 704
Le illusorie
determinazioni
contabili senza
organizzazioni
Le tendenze indicate in questo paragrafo avvertono
istintivamente la necessità di conciliare le due
determinazioni della ricchezza che si alternano in
questo libro, cioè quella contabile, esternalizzata
sulle aziende, e quella valutativa, che dovrebbe
essere effettuata dagli uffici. Dietro la "tracciabilità",
di cui al presente paragrafo, c'è l'illusione di
determinare in modo contabile gli imponibili che non
transitano attraverso un'organizzazione, come
accade appunto per i lavoratori indipendenti al
consumo finale. L'utilizzazione presuntiva, come
indizi contabili, delle suddette tracce finanziarie,
potrebbe anche essere utile per istituzioni tributarie
disponibili a gestire le stime, e che non ne vengono
impaurite. Se però neppure si incrociano le
dichiarazioni fiscali con le caratteristiche fisico
economiche dell'attività, riassunte in uno schedario
personalizzato, come suggerito al par. 5.7, gli indizi
contabili derivanti dalla "tracciabilità" appaiono fumo
negli occhi, diretto a far pensare ai contribuenti di
essere più controllabili.

5.17. Organizzazioni aziendali come capro espiatorio dei


malesseri creati dalla “tassazione attraverso le aziende”

amministrativa contraria al senso comune, dalla


quale gli uffici finiscono per astenersi (con un
ulteriore motivo di paralisi dell'azione
amministrativa).

414 di 704
Bisogno di capri
espiatori
Abbiamo più volte rilevato il bisogno di scaricare,
come fosse l'energia di un temporale, i malesseri
sociali e le tensioni, connesse alla determinazione
dei tributi, indicate al capitolo 4 (spec.te par. 4.6).
Una serie di motivi politico sociali713 spingono a
scaricare paradossalmente le tensioni suddette
proprio sulle organizzazioni aziendali; queste ultime
diventano i capri espiatori per la ricchezza non
registrata da lavoratori indipendenti e titolari di
aziende (par.3.7). Le omissioni (le presunte colpe)
di milioni di lavoratori indipendenti al consumo finale
e di titolari di piccole organizzazioni si scaricano
sulle organizzazioni714.
Aziende e
spiegazioni
antropomorfiche
Per molti versi questo bisogno di capri espiatori
deriva dalla spiegazione dell'evasione in termini di
onestà e disonestà, senso civico etc, di cui al
par.4.5. Benchè le aziende, come organizzazioni,
non siano né "oneste" né "disoneste", in quanto
sfuggono a categorizzazioni antropomorfiche, è
comodo confondere la loro normale mancanza di
umanità, con una imprecisata disonestà. Su
questa equivoca premessa, è comodo per molti
(imprenditori evasori compresi) etichettare le
aziende come “grandi evasori”, ancorchè come
abbiamo visto al par.3.1 e 3.8 esse siano piuttosto i
"grandi esattori" del sistema e lo strumento per
l'evasione di altri.
Aziende come
ottimo colpevole

713
Come la base familiare del capitalismo italiano (par.3.1),
uniti alle carenze formative di cui al par.1.6.
714
Benchè le organizzazioni siano prive di bisogni personali che
spingono a nascondere ricchezza al fisco, e tutt'al più
strumenti dei titolari per non registrare quote di ricchezza a
loro personale beneficio (sopra paragrafi 3.7-3.8).

415 di 704
Le aziende hanno però tutte le caratteristiche
per un ruolo di capro espiatorio: sono grandi,
impersonali, viste in modo antropomorfico(715),
poco numerose (quindi insignificanti
elettoralmente), misteriose nei loro meccanismi
contabili, coi bilanci sempre in pareggio al
centesimo, quando anche l’uomo della strada
smarrisce con indifferenza cifre molto superiori, e
neppure si china a raccogliere una moneta da meno
di un euro. La pubblica opinione non conosce
certo la partita doppia (716) né capisce che la
rigidità organizzativa è il punto forte della
tassazione attraverso le aziende.

Fastidi degli stessi


dipendenti verso le
aziende
Per molti versi le aziende non sono amate neppure
dai loro dipendenti, che avvertono, l'alienazione
diffusa all'interno di questi gruppi sociali, di cui non
ci si sente "parte", anche per via del deficit di
bagaglio culturale di cui al par.1.6.
La spersonalizzazione amministrativa, che è la
chiave di volta dell'utilizzazione delle aziende per la
determinazione tributaristica della ricchezza, viene
letta paradossalmente come un motivo di “asocialità
aziendale” (717) .
Immagine sociale
negativa delle
aziende
L'immaginario collettivo vede le aziende come
“omoni” dediti al profitto, che sfruttano i
dipendenti, li lasciano morire con indifferenza negli

715
Cioè come una sorta di "omoni" dediti al profitto, secondo
quanto indicato al par.3.1.
716
Molti forse pensano che sia un gioco di carte con la rivincita.

Dall'essere giustamente "non umane", come le aziende, a


717

diventare "criminali" passando per "disumane" il passo è


breve.

416 di 704
infortuni sul lavoro, inquinano l’ambiente718,
suggestionano i consumatori, truffano i
risparmiatori, corrompono i pubblici ufficiali e chi
più ne ha più ne metta. Se quindi l'adempimento e
l'evasione dipendono dal senso civico (par.4.5) il
minimo che ci si puà aspettare dall'azienda è che
essa "rubi" e chiunque spieghi la tassazione
attraverso le aziende sia stato comprato (719).
Loro mancata
percezione
Le aziende intese come gruppi di persone, e i loro
quadri dirigenti, persi dietro ai rispettivi
prodotti(par.4.4) pensano sbrigativamente che il
problema sia legislativo. Il problema invece è
culturale, o meglio è l'aspetto culturale a rendere
insolubile quello legislativo. Riprendiamo qui quanto
già rilevato al par.4.4 sull'incapacità delle
aziende, in quanto gruppi sociali aggregati dalla
produzione (par.3.1), di accreditare una propria
immagine sociale complessiva; proprio per questo
le aziende sono grandi incassatrici, senza protestare
mai, ognuna ripiegata sul proprio business.
Le contestazioni
interpretative
La mancanza di motivi delle aziende, come tali, a
nascondere ricchezza al fisco (par.3.8), spinge ad
adottare verso di loro le consuete contestazioni
interpretative, cioè riqualificazioni della
ricchezza registrata;come indicato al par.3.10 è un
diversivo che evita comodamente la più
imbarazzante ricerca di ricchezza nascosta. Sono
quindi rettifiche "di diritto" (par.3.9 ss.) dove gli
uffici tributari reinterpretano leggi, circolari,
sentenze e altri materiali normativi senza assumersi

718
) Dai, potrebbe dirmi il solito sapientone rivestito di senso pratico, vuoi che
se la volkswagen ha truccato i software per le emissioni, non abbia venduto in
nero qualche migliaio di Golf?
719
Scatta cioè la sindrome del chi ti paga?, in funzione
sospettosamente denigratoria.

417 di 704
le responsabilità connesse alla valutazione "in fatto"
della ricchezza non registrata720.
Comodità di
indagare sulle
organizzazioni
Inoltre, queste rettifiche sono comode in quanto ci
si confronta con organizzazioni collaborative,
dove non si sospetta ricchezza non registrata (721),
interloquendo con primari studi professionali,
in un ambiente serio e rispettoso, in cui ci si sente
un po’ professori, e si formulano erudite e
tortuose divagazioni come quelle della
pubblicistica di cui ai par.4.3 e 4.4. Attraverso
queste contestazioni interpretative alle aziende gli
uffici realizzano anche più facilmente gli
obiettivi monetari dell'attività di controllo, indicati
al par.5.7, facendo risultato di servizio.
Comodità
professionale e
giornalistica
D'altra parte tali contestazioni sono graditissime
ai consulenti, tra cui la parte intellettualmente più
vivace degli esponenti dell'accademia, come
indicato al par.4.3. Queste contestazioni consentono
ai settori antiaziendali e scandalistici della
pubblica opinione di alimentare, a danno delle
aziende, il sensazionalismo mediatico sui "grandi
evasori", come indicato al par. 4.6.
Convenienze per
gli eventuali
imprenditori
evasori
Attrarre i controlli sull'azienda conviene però
anche a quei titolari che occultano ricchezza al
fisco a proprio beneficio, commettendo quella che al
paragrafo 3.7 abbiamo chiamato "l'evasione del
padrone"; pensando male, le contestazioni
720
Possono considerarsi "interpretative" anche questioni
valutative di fatto, alla luce del sole, come il transfer pricing o
l'esterovestizione.
721
O si può fingere di non vederla.

418 di 704
interpretative sono quindi un diversivo gradito a
quella parte di capitalismo familiare italiano,
soprattutto piccolo, che ancora forse riesce a gestire
le evasioni personali suddette.
Danni sociali di
questo diversivo
Quest'insieme di miopi e generalizzati vantaggi
settoriali avvia un percorso socialmente
dannosissimo, già anticipato in altri paragrafi del
volume, sulla personificazione delle aziende,
scaricando su di loro i peccati degli uomini a prezzo
di renderne difficile la sopravvivenza e la crescita722.
Questo ipotetico "contrasto alla grande evasione",
sembra un diversivo rispetto alla ricerca di
ricchezza non registrata, contribuendo alla perdita
di controllo del territorio da parte del fisco.
Sua irrilevanza
macroeconomica
Queste contestazioni interpretative non sono
neppure quantificate nelle stime dell'evasione di
cui al par.4.1, costituite da ricchezza non registrata.
Vediamo ora meglio in cosa consistono queste
contestazioni interpretative, prima di ribadirne
l'inutilità e la portata socialmente distruttiva,
rispetto persino al fuorviante obiettivo della "lotta
all'evasione".

722
Ricordiamo dal par.3.10 che in un clima
drammatizzato le contestazioni tributarie
interpretative sono un comodo diversivo per darsi
tono, mostrando di avere fatto qualcosa; la ricerca
del capro espiatorio è una tendenza generale di
istituzioni disorientate , come in questo divertente
sketch di Guzzanti, visibile digitando su youtube
Aniene 2 Supereroi https://www.youtube.com/watch?
v=U_WJzhmRAVE.

419 di 704
5.18. Segue. contestazioni interpretative come giri di
parole apparentemente in tema (l’inferno del dichiarato e
le difficili difese).
Le forzature
interpretative
:richiami
Per le principali contestazioni interpretative, sul
regime di ricchezza registrata o comunque palese,
rinviamo ad altri paragrafi del testo per evitare
duplicazioni; richiamiamo
le forzature sull’“abuso del diritto” di cui al
paragrafo 3.10, le divergenze sulla tempistica di
imputazione della ricchezza, di cui al paragrafo 7.12,
la ripartizione dei flussi di ricchezza palese sui
prezzi di trasferimento di cui al paragrafo 7.19, la
collocazione territoriale del contribuente nei rilievi
sulla residenza e le stabili organizzazioni (par.
7.18).
pretestuosità nella
creazione di
materia imponibile
Queste contestazioni spesso creano materia
imponibile dal nulla, forzando le correlazioni
concettuali della tassazione attraverso le aziende
(par 3.11), con rilievi asimmetrici nelle operazioni
"business to business", dove viene disconosciuto il
costo per l'acquirente, tenendo fermo il ricavo per il
venditore.
Accanimento su
comportamenti
innocui
Si trascura cioè che tante operazioni intermedie tra
operatori economici “si elidono” a vicenda, e
dovrebbero essere considerate simultaneamente,
come indicato al par.3.9 sulle continuità e le
simmetrie della determinazione della ricchezza. Le
contestazioni in esame vengono spesso formulate
anche quando manca qualsiasi convenienza

420 di 704
tributaria o risparmio di imposta (c.d. "danno
erariale").

Rottura delle
logiche
simmetriche
La rottura delle simmetrie si ha ad esempio quando
inopinatamente, basandosi su inconcludenti
stereotipi genericamente in tema (723), o divagazioni
civilistiche irrilevanti, si disconosce alla società la
deduzione del compenso all’amministratore, da lui
regolarmente dichiarato. Lo stesso quando si
presumono interessi su finanziamenti, accertando
interessi attivi in capo al creditore, senza
riconoscerli in deduzione al debitore.
Segue:gli
equilibrismi tra
forma e sostanza
I rilievi si esibiscono in acrobatiche combinazioni
tra forma giuridica e sostanza economica, in modo
da massimizzare la contestazione in danno del
contribuente. All'ufficio basta adottare, a corrente
alternata, un criterio sostanzialistico ovvero
formalistico per sconfessare l'operato dell'azienda:
se questa ha seguito la forma giuridica, la rettifica
avviene in base alla sostanza economica, e
viceversa (basta pensare alla deduzione di costi
obbligatori contrattualmente, ma di dubbia
convenienza economico gestionale).
La tendenziosità
Non si tratta certo di affermazioni materialmente
false, ma la realtà materiale viene distorta in modo
ugualmente capzioso e tendenzioso. Si pensi alla
presunta antieconomicità (par.3.12), viene
sindacata la convenienza gestionale di
comportamenti dove non c'è neppure l'ombra di
ricchezza non registrata. Eppure vengono
etichettati con l’infamante definizione di “omessi
ricavi”, i diritti che formalmente l’azienda poteva far
723
) Analoghi alla scientificità esteriore di cui al par.4.3.

421 di 704
valere verso sue controparti, quando se ne è
astenuta per convenienza economica o di relazioni
commerciali724.

L’uso forzato e
combinato di
“forma e sostanza”
Gli aspetti formali e quelli sostanziali sono
combinati in modo da massimizzare il carico
tributario, non perché le cifre coinvolte siano
rilevanti per le casse dello stato (par. 5.7), ma per
massimizzare la rendicontazione del servizio
del’istituzione, come indicato al par. 5.3.
Col progressivo abbandono delle pratiche elusive da
parte delle aziende (par.3.10), sono diminuite le
occasioni complessive per contestazioni
interpretative; tuttavia la drammatizzazione
mediatica dell’evasione fiscale, l’equivocata
mitologia dei “grandi evasori”, le diffidenze della
pubblica opinione verso le aziende come
organizzazioni
(par. 5.17), spingono ad almanaccare
contestazioni interpretative senza un vero e
proprio filo conduttore, basate su voluminosi giri di
parole solo apparentemente in tema, richiami a
disposizioni legislative, precedenti giurisprudenziali
decontestualizzati, vicende fattuali in sé vere, ma
esposte in modo ammiccante e selettivo.
La strategia del
disorientamento
Sono spesso cortine fumogene di espressioni prive
di effettivo senso compiuto, cioè senza un vero e
proprio filo logico, cioè la sensatezza di cui
abbiamo parlato al par.4.7 come prerequisito del
discorso umanistico sociale. La tendenziosità è
724
Vengono ad esempio disconosciuti i costi sostenuti a fronte
di un interesse commerciale, senza formali obblighi giuridici, ad
esempio riparazioni di prodotti non più in garanzia, sconti,
piccoli omaggi, fornitura di beni strumentali in comodato a
clienti, che vi allocano le merci aziendali.

422 di 704
quella di esporre questioni innocue in modo
insinuante e selettivo, calcando la mano su quegli
aspetti della situazione che possono disorientare
l'interlocutore, facendo balenare sullo sfondo
chissà quali sospetti di vantaggi fiscali indebiti.
L’insidiosità della
carenza di filo
logico
La mancanza di reale senso compiuto di questi
rilievi finisce per costituirne un punto di forza ,
come indicato al par.4.4, essendo impossibile
smentire quanto non si comprende o sconfessare
totalmente un discorso ingarbugliato proveniente
da un pubblico potere. Ricordiamo dal par.4.4. che i
discorsi privi di filo conduttore, ma apparentemente
in tema, sono, per le istituzioni, uno strumento di
potere. Proprio in quanto sfuggente questo discorso
si sottrae infatti a una critica nel merito, disorienta
l’interlocutore, e consente di aggiustare il tiro
successivamente.
La difficoltà di
difendersi
Nel contesto del contenzioso tributario è
difficilissimo smascherare quest'inconsistenza,
facendo svanire nei giudici il timore di annullare una
pretesa potenzialmente fondata; a tal fine l’unica
possibilità è quindi «scomporre» la contestazione,
destrutturarla, con tutto il rispetto per le istituzioni,
confortando la sensazione di inconsistenza che il
lettore prova leggendo questi scritti. .

5.19. conclusioni: Il “tutoraggio” delle grandi aziende


come diversivo controproducente per il fisco e per
l’economia
Sprechi di controlli
e carenze formative
Le tendenze indicate al paragrafo precedente
comportano uno spreco di controlli
amministrativi, e di energie aziendali,

423 di 704
professionali e giurisdizionali. Al di là di
occasionali e inconsapevoli convenienze725, si tratta
di un autolesionismo collettivo, indotto dalla
concezione antropomorfica delle organizzazioni, sia
aziende sia istituzioni, indicata al par.3.1726. E' un
autolesionismo bipartisan connesso alla carenza di
formazione economico-sociale indicata al par.1.6,
dove si conferma l'antico aforisma secondo cui quos
perdere vult deus dementat . E' però eccessivo
pretendere che un bagaglio culturale in cui non
rientrano le organizzazioni pluripersonali, capisca la
tassazione attraverso le aziende e il ruolo delle
istituzioni dove esse non riescono a determinare i
tributi.
Inutili controlli
obbligatori dei
grandi contribuenti
Queste diffidenze, ispirate al desiderio di scaricare
le tensioni sociali connesse alle spiegazioni
dell'evasione in termini di senso civico (par.4.5) si
sono addirittura tradotte in legge nel 2000, con
l’obbligo di controllo annuale per le aziende con più
di 50 milioni di euro di giro d’affari; nacque così
l'equivoca idea del "tutoraggio fiscale" delle
grandi aziende, lanciato da un governo di centro
sinistra, ma ripreso e sviluppato da governi di
centro destra, tecnici, e di ogni sfumatura727.

725
Sono convenienze fruite, ma non razionalizzate, neppure da chi ne
beneficia . Mi riferisco alla già indicata comodità amministrativa per le
contestazioni interpretative, alla sostanziale impunità per la mancata
registrazione della ricchezza, dovuta alla mancata ricerca delle frodi di cui al
par.3.7, ai vantaggi economici di pochi professionisti “di nicchia”, ai teoremi
politici sui “grandi evasori”.
726
) Invece di rendersi conto che le aziende, e le istituzioni pubbliche,
costituiscono “corpi sociali” intermedi, se ne cerca di interpretare il
comportamento con schemi analoghi a quelli utilizzati per gli individui in carne
e ossa.
727
Ciò conferma l'impermeabilità della nostra pubblica opinione
rispetto al concetto di azienda, come organismo pluripersonale,
privo di bisogni personali per cui evadere, relativi casomai ai

424 di 704
L’ineffabile
controllo del
rischio fiscale
Il tutoraggio si è risolto in verifiche tributarie con
contestazioni interpretative a ripetizione sulle
organizzazioni aziendali, relative al modo in cui
sono stati inquadrati eventi registrati, sia in punto di
diritto (par.3.9 ss.) sia per "fatti valutativi" 728,. La
consapevolezza della loro sostanziale inutilità e del
loro formalismo si intreccia con l'assenza di
alternative729, per la mancanza di spiegazioni
d'insieme della determinazione dei tributi. L'intreccio
di scoordinate intuizioni, accompagnate dai soliti
appelli alla politica (par.2.4) ha provocato un circolo
vizioso di equivoci, giunto alla fantomatica analisi
del rischio tributario delle organizzazioni, cui fa
riferimento la delega fiscale del 2015730. per le
grandi aziende. Non si comprende se, ed in quale
modo, il controllo del rischio fiscale si riferisca alle
procedure contabili interne, in funzione di un
possibile loro scavalcamento da parte della proprietà
aziendale731 o all'inquadramento giuridico della

suoi titolari o amministratori (par.3.1).


728
) Sul concetto di “fatto valutativo” par. 5.8. Si pensi alle operazioni
palesi con parti correlate e soci, come indicato ai par. 3.11 e
7.19, reinterpretate giuridicamente nel modo più oneroso, come indicato al
par.3.10.
729
) Descritte invece al paragrafo 5.7, ma che richiedono uno studio sociale
della funzione istituzionale di determinazione dei tributi.
730
) E’ uno dei tanti casi che confermano una riflessione generale sulla
legislazione, intesa come cristallizzazione dei valori e dei principi in regole.
Quando i principi e i valori sono confusi, la legislazione non può che riflettere il
relativo disorientamento. Dalla legislazione ci si può aspettare un certo grado di
“ordine”, non spiegazione e formazione. Da sempre, ed anche a proposito della
determinazione dei tributi, la legislazione riflette la spiegazione che la pubblica
opinione si dà delle vita sociale. La "gestione del rischio fiscale"
insomma, è uno dei casi, descritti al par.2.4, in cui la
legislazione usa formule prive di senso, cui far dire, a seconda
dei casi, ciò che è più conveniente per la coesione sociale.
731
) Per nascondere ricchezza al fisco nei modi già indicatI al par.
3.7, richiamati al par.5.13 a proposito dei controlli.

425 di 704
ricchezza registrata; non ci si deve illudere che
l'astrazione chiamata "legislatore" lo sapesse, in
quanto cercava solo di dare ad una società confusa
le risposte indicate al par.2.4. La prima
interpretazione è paradossale, in quanto lo
scavalcamento delle procedure amministrative da
parte dei dirigenti o della proprietà dipende dal peso
che essi hanno nell'azienda come organizzazione
pluripersonale. Se esistono efficienti "contropoteri"
all'interno di queste organizzazioni, essi sono già
organizzati per frenare quelle che dopotutto sono
forme di appropriazione indebita a danno dei soci in
generale, suscettibili anche di mettere a rischio la
solidità patrimoniale a garanzia dei creditori732.
Riduzione a
sceneggiata
dell’attività
amministrativa
E' verosimile quindi che questa "non spiegazione"
faccia perpetuare la prassi in cui i controlli tributari
si sprecano sulle contestazioni interpretative, verso
aziende usate come capri espiatori di colpe collettive
(comprese quelle rappresentate dal sospetto di
ricchezza non registrata in capo ai relativi titolari).
Le energie amministrative, già insufficienti, vengono
in buona parte deviate sulla reinterpretazione del
dichiarato, filo conduttore che lega i controlli, da
quelli sui grandi contribuenti 733, passando per le
imprese di medie dimensioni fino alla liquidazione
delle dichiarazioni delle persone fisiche (par.5.5).
Tendenza dei rilievi
a vivere di vita
propria

732
Se si tratta di aziende con forti ingerenze padronali, è
inverosimile che un presidio tributario interno contro queste
appropriazioni possa funzionare.
733
) Numericamente scarsi , in quanto i grandi contribuenti sono relativamente
pochi, ma che assorbono unitariamente molte energie amministrative (si ricordi
il paragrafo 5.2, sulla geografia dei controlli tributari. Verso questi
controlli sono poi indirizzati un buon numero di funzionari del
fisco, in genere i più brillanti.

426 di 704
I relativi controlli vivono di vita propria, perché il
singolo, e le istituzioni periferiche, vogliono "essere
a posto" rispetto al quadro generale descritto sopra;
per questo raramente tali controlli si possono
chiudere senza rilievi; ovviamente, rappresentazioni
distorte della ricchezza non si trovano, anche perché
in genere non ci sono, e fioccano le note
“contestazioni interpretative”; come rilevato al
par.5.7 esse hanno il vantaggio di creare facile
risultato di servizio e di essere coperte sempre da un
ombrello normativo734. Esse quindi si
autoalimentano, per coerenza istituzionale, nelle
successive fasi amministrative e contenziose (735).
Mancate reazioni
“di gruppo”

A questa mancata comprensione dell'azienda


come organizzazione (par.3.1), e quindi della
tassazione attraverso le aziende, non possono
paradossalmente porre rimedio le aziende, esse
infatti sono, come indicato in vari passaggi del testo,
gruppi pluripersonali aggregati dal prodotto, quindi
incapaci di valorizzare il proprio ruolo generale
nella società, compresa la loro stessa esternalità
positiva nella determinazione dei tributi736. Per farlo
servirebbe un'“autocoscienza” che travalica le
singole aziende, promuovendo l'idea generale di
azienda come gruppo sociale a vocazione
economica, secondo quanto indicato al par.3.1737.
734
) Le questioni di diritto, anche quando completamente strampalate, o
totalmente prive di filo conduttore, sono sempre “riportabili alla legge”.
735
Magari anche penal-tributarie, come vedremo al par. 6.14.
736
) La possibilità di determinare la ricchezza attraverso la documentazione
aziendale è una classica “esternalità positiva” delle aziende. Che le medesime
non riescono a valorizzare.
737
) Vedi quanto indicato al par.4.4 sull’incapacità delle associazioni di
categoria delle aziende di elaborare e promuovere l’idea di tassazione attraverso
le aziende (e di fare formazione sociale in genere). Per ulteriori riflessioni
sull’incapacità delle aziende di fare gruppo davanti alla situazione descritta in
questi paragrafi Lupi, Aziende in ordine sparso al macello, in

427 di 704
Invece, secondo uno dei fili conduttori del testo, le
aziende, in quanto “astrazioni”, non hanno
sentimenti, ed emozioni umane, né soprattutto
bagagli culturali da trasmettere. Anche se lavorare
nelle aziende innestasse, sul bagaglio culturale
generale di cui al par.1.6, la consapevolezza che
l'azienda è una organizzazione, questa evoluzione
formativa viene compiuta da un numero troppo
modesto di individui rispetto a quelli necessari a
influenzare, tramite la pubblica opinione, il
comportamento delle istituzioni.
Smarrimento
singole aziende
Senza questa consapevolezza diffusa sul ruolo delle
aziende in generale, la singola azienda deve
fronteggiare per proprio conto il clima che porta alle
contestazioni di cui al paragrafo precedente. Ognuna
è costretta ad arrangiarsi per proprio conto,
utilizzando il bagaglio culturale generale sulle
istituzioni, ed il proprio retroterra di rapporti
commerciali738 e professionali. Si intrecciano
utilizzazioni di costose macchine da soldi
professionali (739)sopra par.4.4) e tentativi di
www.fondazionestuditributari.com.
738
) Sulle contestazioni tributarie vengono replicate riunioni
strategiche, coi consulenti, analoghe a quelle che pongono in
essere per strategie, di produzione o di marketing, che
rientrano molto di più nella rispettiva sfera di controllo
aziendale.
739
) Che per definizione pensano, come indicato al par.4.4, allo sfruttamento
professionale del caso, anche a danno del cliente (basta pensare al terrorismo
degli avvocati penalisti sui reati tributari, di cui diremo al par.6.14), e che
spingono i clienti a non “alzare i toni”, il che è giusto sul caso specifico, ma
invece è la sola via d’uscita, come vedremo, in generale. E’ un altro riflesso
della prevalenza, nel mondo del diritto, dell’avvocato rispetto al giurista, inteso
come studioso delle istituzioni; quest’ultimo nel nostro caso potrebbe produrre
spiegazioni d'insieme sulla tassazione attraverso le aziende,
che potrebbero sdrammatizzare le disfunzioni ambientali da
cui viene molto lavoro professionale (socialmente inutile) per
gli avvocati. Non si possono certo biasimare gli avvocati,
dando loro la responsabilità di liti familiari, cause condominiali,

428 di 704
sensibilizzazione politica (740). Entrambi sono
destinati all'insuccesso finchè riguardano gli
immediati tecnicismi di dettaglio in cui consistono i
rilievi; L'analisi tecnica conta fino a un certo punto,
per istituzioni che si sentono esposte al giudizio della
pubblica opinione . Sono comportamenti
abbastanza elementari e istintivi, normali presso
organizzazioni che producono merci, non luoghi di
riflessione sul funzionamento della società; ogni
azienda pensa quindi a se stessa, e al proprio
problema specifico, senza capire l'importanza per le
istituzioni della consapevolezza diffusa sulla
tassazione attraverso le aziende. In questo modo le
aziende trovano più difficile far valere le proprie
ragioni, dovendo affrontare contenziosi incerti o
subire le onerose definizioni amministrative di cui al
par.6.5.
Necessità di
spiegazione
sdrammatizzazione
Riflessi negativi
sulle
organizzazioni
aziendali
I riflessi sociali di questo disorientamento generale
sono negativi per tutti (741), per la coesione sociale,
le aziende, l'occupazione, il benessere del paese e
-paradossalmente- la determinazione dei tributi742.
Qui vediamo gli effetti sulle aziende, i cui processi

contratti non rispettati, e altre devianze sociali da cui derivano


le cause. Per questo il loro lavoro , in tali casi, è utile ne cives
ad arma ruant. Nel nostro caso però le disfunzioni provengono
dalla carenza di spiegazioni sociali di una funzione istituzionale,
su cui c'è una confusione che i giuristi dovrebbero chiarire.
740
) O ancora tentativi di presa di posizione “mediatica” , inevitabilmente
destinati a non avere appigli visto che il bagaglio culturale generale è sguarnito
di una spiegazione d’insieme della determinazione dei tributi.
741
Senza spiegazione d'insieme il sistema si paralizza e diventa
una colossale perdita di tempo, parcelle professionali a parte.
742
) Cioè quella che , in modo enfatico e controproducente (come indicato al
par.4.6), viene chiamata “lotta all’evasione fiscale”

429 di 704
decisionali sono compiuti da esseri umani, che
avvertono anche l'atteggiamento degli altri gruppi
sociali, e della pubblica opinione. Le contestazioni
interpretative in esame,che trasformano le aziende
in un capro espiatorio per lacerazioni e mancate
spiegazioni della determianzione dei tributi sono
vissute, negli ambienti suddetti, come segni di
disaffezione di un paese verso le aziende743.
Riflessi sul
capitalismo
familiare
Gli effetti sono diversi, ma ugualmente negativi, per
gli investitori esteri e il c.d. "capitalismo familiare".
Per quest'ultimo le contestazioni interpretative
suddette sono un segnale che i controlli fiscali non
vanno alla ricerca delle frodi descritte al par. 3.7744.
A parità degli altri fattori è una indicazione che
conferma le tendenze a mantenere le aziende
abbastanza piccole per consentirne il controllo
personal-familiare, facendo a meno di nuovi soci,
con cui condividere il potere; in questo modo si
perderebbero anche le suddette possibilità di
nascondere ricchezza al fisco, mentre ci si
esporrebbe a contestazioni interpretative,
generatrici anche di frizioni con gli altri
stakeholders..
Esasperazione
delle

743
Che nel lungo termine si traduce in disaffezione delle aziende
verso il paese, inteso come ambiente in cui operano.
744
Se possibile, l'insistenza dei controlli su questioni di diritto
induce in tentazione gli imprenditori che hanno ancora margini
per scavalcare le proprie procedure amministrative nei modi di
cui al par.3.7. Mi riferisco alle alterazioni procedurali con cui
l'imprenditore scavalca, a proprio personale beneficio, gli stessi
controlli interni della propria azienda. Le contestazioni
interpretative dirottano sulla qualificazione giuridica di ciò che
l'azienda dichiara, indagini fiscali che potrebbero scoprire
quanto il suo titolare nasconde. Si ricordi infatti quanto rilevato al
par.3.7 sull’utilità marginale decrescente del denaro e dell’onestà fiscale come
“lusso per ricchi”.

430 di 704
organizzazioni
estere e a base non
padronale
Agli investitori esteri, per definizione aziende
istituzionalizzate, abituate ad interagire con
istituzioni che si assumono responsabilità, queste
contestazioni appaiono come defatiganti sofismi; c'è
sopportazione, finchè esistono motivi di opportunità
per mantenere l'azienda in Italia, ma le decisioni su
dove collocare nuovi insediamenti produttivo o
chiuderne uno già esistente sono inconsciamente
influenzate dalle contestazioni suddette (in Italia
solo per le vacanze).Lo stesso accade per le poche
aziende italiane che sono riuscite a
"istituzionalizzarsi", con un effettivo pluralismo tra
soci e management, sempre più esasperate da inutili
fastidi, che anch'essi spingono ad cogliere le
occasioni per allentare i legami con l'Italia.
Un masochismo
sociale
Anche in materia tributaria si vedono i riflessi della
carenza di formazione sociale italiana (par.1.6) e del
grossolano sensazionalismo antiaziendale che vi si
connette745.
Invece di determinare valutativamente la ricchezza
che sfugge alle aziende, questa tendenza
indebolisce proprio le organizzazioni aziendali,
alimentando la frammentazione produttiva dove
si annida la ricchezza non registrata. In buona
sostanza il fisco, seguendo il disorientamento
della pubblica opinione, sta segando il ramo su cui
sta seduto. Se infatti una azienda chiude, non solo
si perdono posti di lavoro, ma si spingono parte
degli “ex addetti” a sopravvivere con attività
Ciò spiega l'incapacità di darsi un “capitalismo renano”,
745

come è denominato quello tedesco, riuscendo solo (quando va


bene) a salvaguardare il sistema produttivo “nano” del
capitalismo familiare. Cui si accompagna la personificazione
delle aziende (come "omoni") e uno sterile nichilismo della
pubblica opinione, esaminato al par.4.6.

431 di 704
indipendenti al consumo finale, totalmente o
parzialmente nascoste al fisco, per le ragioni ormai
note ai lettori del testo746.
Negatività sociali
delle disfunzioni
istituzionali
Anche le disfunzioni tributaristiche in esame rivelano
un circolo vizioso dove la carenza di formazione
impedisce il controllo sociale delle istituzioni
pubbliche, la cui paralisi danneggia il sistema
produttivo privato. E' un circolo vizioso, dove oggi
il settore tributario sembra essere avanti sulla
strada di una disgregazione dovuta alla mancanza
di spiegazione di insieme; il circolo vizioso può
invertirsi solo nel quadro di una formazione sociale
generale, sul ruolo di aziende e istituzioni nella
determinazione dei tributi.
Necessità di una
crescita culturale
Su questa premessa culturale, le contestazioni
interrpetative alle aziende, una specie di inferno
della ricchezza registrata, si risolveranno da sole, in
quell’auspicabile rasserenamento culturale di cui
dicevamo al par. 4.7. Il primo passo, anziché tante
normettine "sulla crescita"747, è culturale, cioè un
riconoscimento di ruolo delle aziende come
organizzazioni pluripersonali, anche sulla
determinazione dei tributi. Ne consegue, in modo
quasi automatico, la spiegazione del ruolo delle
istituzioni, giuridiche, ma non giurisdizionali,

746
Il rischio è la graduale polarizzazione della società
tra un enorme apparato pubblico improduttivo
perché paralizzato dal deresponsabilizzante
legalismo (par 5.3), ed un operoso insieme di
lavoratori indipendenti e titolari di piccole
organizzazioni, povere di investimenti,
di ricerca e con una fortissima evasione.
747
) Le agevolazioni per i “nuovi investimenti”, la Dit , l’ACE, il “patent box”,
gli ammortamenti maggiorati e tante altre iniziative costose e di breve respiro.

432 di 704
preposte alla determinazione della ricchezza non
intercettata dalle aziende. Fatte le spiegazioni
sociali, le istituzioni seguono.

5.20. Il condono come ultima frontiera


dell’autodeterminazione e dell’“amministrazione
per legge”
Condono come
“abbuono di
debiti”
Il capitolo sull'azione amministrativa deve chiudersi
con un istituto generale della determinazione dei
tributi, come condoni e sanatorie. Nella storia si
parla di “condono fiscale” anche in una accezione
più ampia, riferita a quando le imposte erano
chieste dagli uffici tributari, e il condono
abbatteva pretese tributarie già determinate, in
una sorta di "remissione dei debiti", di abbuono,
dovuto a circostanze politiche fortunate, desideri del
vertice politico di ingraziarsi il popolo o alcune
categorie di esso. Il condono era anche un rimedio
alla scarsa effettività delle istituzioni tributarie, in
termini di riscossione coattiva, come quando si
condonava una parte del debito a chi ne pagasse
spontaneamente l'altra.
Condono e
autodeterminazion
e dei tributi
In un contesto di autotassazione, il condono offre
invece ai contribuenti un'ulteriore possibilità di
evitare, con un pagamento tardivo, rischi di
controlli e sanzioni. I condoni attuali, succedutisi
negli ultimi quarant’anni, trovano origine nella
difficile valutazione della ricchezza non
determinabile attraverso le aziende, e quindi dei
relativi tributi. Il condono è cioè di un estremo
tentativo di determinare tributariamente i tributi
non emersi in autotassazione.

433 di 704
Logica tecnico
politica del
condono
Dietro questi moderni condoni ci sono alcune
intuizioni di una classe dirigente, istituzionale e
politica, con un orizzonte estremamente breve, che
comprendevano le difficoltà di avviare, nel breve
arco del proprio mandato governativo, il circolo
virtuoso di cui al par. 5.7 di questo testo. Davanti
alla difficoltà di stimare, in modo sufficientemente
sistematico, la ricchezza non registrata, ed
all’assurdità (esattamente intuita) di criminalizzare
gli organizzatori di buona parte dell’economia
italiana, il condono appariva come una miope
compromesso.
Un espediente di
breve periodo
Col condono la politica profittava delle stesse
asimmetrie informative grazie alle quali i “lavoratori
indipendenti” nel complesso sovrastimano le
capacità di intervento dei pubblici uffici nella
determinazione della ricchezza (paragrafo 4.2). Il
condono era cioè un espediente per costruire
manovre finanziarie di breve periodo, dando un
gettito annuale superiore a quello dei controlli fiscali,
che poi avrebbero dovuto svolgersi, per essere
efficienti, nel modo valutativo indicato al par.5.7.
questi vantaggi immediati dei condoni
apparivano quindi preferibili ai loro inconvenienti,
differiti al futuro. La politica cercava di profittare
della consapevolezza di tanti operatori di aver
occultato una quota cospicua di ricchezza, e del loro
timore di essere controllati, eccedente le
possibilità effettive di credibile controllo valutativo
da parte degli uffici.
Condono come
strumento di
tassazione
La politica, attenta al consenso e alla coesione
sociale, era incline ai condoni, in quanto più sensibile

434 di 704
ai loro vantaggi immediati in termini di gettito e
confezionamento delle manovre di bilancio; davanti
alle laceranti spiegazioni "criminalistiche"
dell'evasione (par.4.5) soprattutto le forze politiche
di "centro destra" vedevano il condono come un
buon compromesso in termini di acquisizione di un
po’ di gettito senza colpevolizzare il bacino
elettorale dei lavoratori indipendenti;
Il condono moderno è quindi uno strumento
integrativo di tassazione, che è riduttivo spiegare
come “favore agli evasori, che avrebbero preferito
evitarne il relativo costo. Lo confermano le frequenti
affermazioni di molti lavoratori indipendenti, che
dichiarano di non aver mai pagato tante imposte
come nel periodo del condono. Il gettito dei controlli,
derivante dalla scoperta di ricchezza non registrata (
par. 5.7) è infatti di gran lunga inferiore a quello dei
condoni; questi ultimi inoltre si presentano bene, sul
piano della gestione del consenso, come “imposte
volontarie”, evitando gli attacchi politici collegati
all’introduzione di nuovi tributi, o all’inasprimento di
quelli esistenti.
Il prezzo del
condono
La suddetta tranquillità, a vantaggio del
contribuente, non è gratis , ed esiste un “prezzo del
condono”, che è anche strumento di gettito. Tale
contropartita può essere variamente costruita, in
base al dichiarato o ad altri parametri.
Base di
commisurazione
I primi condoni chiedevano una maggiorazione
dell’imposta a suo tempo pagata, il che premiava
irrazionalmente chi dichiarava di meno748. I
condoni successivi, ciclicamente succedutisi fino al
2002, hanno introdotto dei correttivi, col tentativo
di calcolare imponibili “standard” con cui
Il condono del 1982 arrivava alla possibilità estrema di
748

definire anche le omesse dichiarazioni, con una cifra forfettaria.

435 di 704
confrontare il dichiarato, anche in base alla
“coerenza e congruità” rispetto agli studi di settore
(paragrafo 5.13); come sempre, questa maggiore
equità, comportava maggiori complessità.
Condoni e perdita
d’immagine
istituzionale
Questo lato oscuro dei condoni non era tanto la
rinuncia alle possibilità di controllo effettive,
generatrici di un gettito di gran lunga inferiore, ma
la sensazione di debolezza dell'apparato preposto
alla richiesta delle imposte. Era pregiudicato non
tanto il controllo “sul passato”, ma la credibilità
dei controlli futuri, rafforzando a parità degli altri
fattori la tendenza a non registrare la ricchezza ai
fini tributari.
Alla lunga, quindi, la suddetta tassazione per
condono non può funzionare, perché i contribuenti
semplicemente “mangiano la foglia”, e non sono più
disposti a pagare per mettersi al riparo da un
controllo che vedono sempre meno probabile; per
questo condoni troppo frequenti cannibalizzano se
stessi, vanificando l’effetto dissuasivo
dei controlli, e incoraggiando per il futuro la mancata
registrazione fiscale della ricchezza749.
scudi fiscali e
voluntary
disclosure
Tra i condoni possono annoverarsi anche i vari
“scudi fiscali”, introdotti a fronte dell'evasione
internazionale, di cui al par.3.11. Il relativo costo era
congruo a fronte dell'evasione degli interessi, ma
eccessivamente vantaggioso rispetto alla sanatoria
anche dei capitali esteri formati all'estero con redditi
evasi; su tali capitali lo scudo fiscale era un condono
praticamente regalato, in quanto non comportava
costi aggiuntivi rispetto a chi doveva solo sanare la

749
) Invece che dall’amnistia, ai fini penaltributari, come spesso avviene, il
condono dovrebbe essere stat accompagnato da una “amnesia”.

436 di 704
mancata dichiarazione degli interessi, su patrimoni
non costituiti con evasione di imposta.
La disposizione sull'emersione volontaria del 2015
(c.d. "voluntary disclosure") presuppone invece il
pagamento delle imposte non solo sui frutti, ma
anche su eventuali capitali esteri costituiti con
redditi evasi, e ancora accertabili. Si tratta
concettualmente di una sorta di rimessione in
termini per la dichiarazione delle imposte a suo
tempo evase.
Altre forme di
condono
Gli "scudi fiscali" provocarono forti recriminazioni
sociali verso i condoni; essi quindi sembrano
passati di moda presso la classe dirigente e la
pubblica opinione. Ne segnaliamo però variazioni sul
tema, col "ravvedimento operoso" (par.3.4 in fine),
la "riapertura dei termini" , con possibilità di
corrispondere imposte e sanzioni ridotte, la
rottamazione dei ruoli a proposito di "evasione da
riscossione" (par.6.11).
Condoni e mancate
spiegazioni della
determinazione dei
tributi
L’espediente dei condoni rifletteva il consueto
disorientamento collettivo sulla determinazione della
ricchezza ai fini tributari. Era questo disorientamento
a
provocare i condoni, e non viceversa. Tuttavia il
disorientamento sulla determinazione dei tributi
rimarrà finchè non saremo capaci di gestire
culturalmente la diversa determinabilità della
ricchezza ai fini tributari. I condoni passati erano
un effetto, non una causa della mancanza di
spiegazione d'insieme sulla determinazione dei
tributi750;
750
Una nuova spiegazione sociale della determinazione dei
tributi potrebbe essere quasi sugellata da un condono "di
transito" sugli anni aperti, per raggiungere l'assetto di cui al

437 di 704
Capitolo 6 IL PUNTO DI VISTA DELLE
CONTROVERSIE: CONTENZIOSO
AMMINISTRATIVO E GIURISDIZIONALE.
RISCOSSIONE E SANZIONI

Sintesi. Nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato la


determinazione dei tributi dal punto di vista della legislazione, dei
privati, della società e delle istituzioni. In questo capitolo
tratteremo l’incontro tra questi punti di vista, i corti circuiti che
creano contenzioso tra contribuenti e istituzioni amministrative.
Queste ultime rideterminano i tributi con atti amministrativi, come
tali in grado di imporsi unilateralmente al destinatario, da
motivare in modo che quest’ultimo possa attivare il contenzioso
amministrativo e giurisdizionale.
Il contenzioso amministrativo rappresenta il possibile passaggio
preliminare di tutto il diritto non giurisdizionale. Esso può
intervenire con lo stesso ente che ha emanato l’atto, o con sue
articolazioni specifiche. Questa forma di tutela è stata messa in
secondo piano per decenni , in Italia, rispetto al processo
tributario. La paralizzante concezione ragionieristico-processuale
della tassazione era così radicata da accogliere con sospetto la
rideterminazione valutativa, in adesione, delle imposte. Gli istituti
ancora oggi equivocamente denominati “strumenti deflativi del
contenzioso” sono molto timidi, e sbilanciati paradossalmente
sulle contestazioni interpretative verso le aziende; quando si tratta
di ricchezza non registrata, anche con rilievi valutativi, la
deresponsabilizzazione spinge verso il processo giurisdizionale,
specie se gli importi sono piccoli. Il processo è strutturalmente
impugnatorio nel senso che non si discute se un’imposta sia o
meno dovuta , ma se la sua determinazione, da parte dell’ufficio,
sia corretta. E’ quindi un processo amministrativo calato nelle
forme del rito civile, il quale è invece estraneo alla determinazione

par.5.7, con un monitoraggio sistematico, i controlli puntati in


prima battuta al futuro e una “rottamazione del’evasione
passata".

438 di 704
amministrativa della ricchezza ai fini tributari . Ne risultano una
serie di equivoci sul ruolo del giudice, sull’onere della prova, la
riscossione e le sanzioni.

6.1. Provvedimenti amministrativi nella


determinazione dei tributi: autoritatività, termini,
competenza, partecipazione del privato.

Provvedimenti
d’imposizione
come espressione
di pubblico potere
I tributi sono stati da sempre chiesti con
provvedimenti amministrativi, espressione di un
pubblico potere , giuridico ma non giurisdizionale
(751). E' l'applicazione alla funzione tributaria, che
impone le imposte, di una prerogativa generale
dei pubblici poteri, in qualsiasi settore operino, come
difesa, sicurezza, urbanistica, ambiente, salute
pubblica, istruzione, giustizia, cultura, etc..
Sua natura
amministrativa
Questo potere preesiste all’eventuale sindacato
giurisdizionale sugli atti con cui viene esercitato, che
anzi potrebbe anche mancare, come è
frequentemente avvenuto in molti tempi e luoghi. La
pubblica autorità agisce infatti normalmente in
modo unilaterale, secondo la c.d. “autotutela
amministrativa”752.
Rigore formale: la
notifica per la
conoscenza legale
751
) Sulla differenza tra istituzioni giuridiche con funzioni giurisdizionali e con
altre funzioni, come la determinazione dei tributi, par.1.3.
752
Saranno casomai i destinatari dei provvedimenti
amministrativi, che non concordino col loro contenuto, a doverli
impugnare tempestivamente davanti a un giudice, a pena di
decadenza, salvo avviare il contenzioso
amministrativo/giurisdizionale di cui ai paragrafi 6.4 e seguenti.

439 di 704
Questo carattere “provvedimentale” impone agli
atti in questione una certa solennità, e un certo
rigore. I relativi atti sono portati a conoscenza dei
destinatari mediante formale notifica, cui gli uffici
tributari possono anche procedere direttamente, in
quanto pubbliche autorità. La notifica va effettuata
da messi con la qualità di
pubblici ufficiali, anche mediante particolari modalità
di utilizzo dei servizi postali753.
ufficio competente
e termini
La competenza territoriale dell’ufficio è individuata
in modo formale, in genere in relazione al domicilio
fiscale del contribuente al momento di
presentazione della dichiarazione754. Esistono
anche dei termini entro i quali il potere
amministrativo deve essere esercitato nel tempo, in
modo da non lasciare i contribuenti esposti a tempo
indeterminato a richieste di tributi, su cui dopo
lunghi anni neppure saprebbero come interloquire.
Ci sono quindi termini di decadenza per la notifica,
che ad esempio, per
le rettifiche delle dichiarazioni dei redditi e dell’IVA ,
deve avvenire entro il quarto anno successivo a
quello in cui è stata presentata la dichiarazione755.
pluralità di
accertamenti

753
La conoscenza informale dell'atto impositivo, in linea di
mero fatto, è irrilevante ai fini del ricorso, a differenza di
quanto accade in diritto amministrativo, dove la conoscenza di
fatto, degli atti è rilevante, purchè di volta in volta
l'amministrazione riesca a darne prova.
754
) L’ufficio in questo modo individuato rimane sempre competente alle
rettifiche e ai controlli, anche in caso di successive variazioni anagrafiche del
contribuente.
755
) La decadenza dall’azione dell’amministrazione finanziaria è
profondamente radicata nelle epoche della c.d. “determinazione valutativa dei
tributi attraverso gli uffici”. Vedi più avanti nel testo alcune riflessioni sulla sua
contestualizzazione, a proposito dei “vizi formali”.

440 di 704
Nella tassazione attraverso le aziende e
nell’autotassazione passa in secondo piano la
vecchia globalità della determinazione valutativa
della ricchezza, effettuata attraverso gli uffici
tributari e può esserci una pluralità di interventi
successivi, in relazione a profili e dati diversi; per
questo l’accertamento può sempre essere
“parziale”, cioè limitato agli elementi di cui l’ufficio
tributario in quel momento dispone. L’unica cautela
è non consentire agli uffici di spingere i contribuenti
ad accettare i rilievi utilizzando potenziali
accertamenti futuri come arma di pressione. È però
più uno scrupolo che un problema reale,
nell’esperienza concreta dei controlli e quindi può
ritenersi sostanzialmente superata la disposizione
che consentiva ulteriori accertamenti solo per
sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi
(756).
Riflessi liquidatori
intersoggettivi o
intertemporali
dell’atto impositivo
Non necessariamente l'atto impositivo comporta la
richiesta del pagamento di un tributo, in quanto può
rettificare in diminuzione un credito chiesto a
rimborso dal contribuente; ove ci fossero un credito
o una perdita riportati ai periodi di imposta
successivi l'ufficio non potrà certo rettificarli
direttamente (757). Rinviamo ad altri paragrafi per
quanto riguarda altri riflessi dell'atto impositivo su

756
C.d. «accertamento integrativo» di cui agli artt. 43, d.P.R. n.
600 e 57, comma 3, decreto IVA.
757
) Nei periodi di imposta successivi è semplicemente stato ripreso il risultato
“a credito” o “in perdita” della dichiarazione del periodo di imposta precedente.
Anzi, per i crediti riportati si è consolidata una tendenza
amministrativa a chiederne il pagamento per l'anno in cui
erano stati indebitamente esposti, lasciandone impregiudicato
il riporto agli anni successivi.

441 di 704
altri contribuenti758 o su altri periodi di imposta,
secondo le "simmetrie fiscali" di cui al par.3.12759.
Trascuratezza per
il contraddittorio e
il procedimento
amministrativo
Benchè espressione di potere amministrativo
l'atto di imposizione è stato sempre guardato in
un'ottica eccessivamente processuale760 ,
svalutando quindi la fase precedente, come quella
del contenzioso amministrativo con gli uffici di cui
diremo al par.6.5, il contraddittorio amministrativo
etc. Il diritto tributario si è così trasformato in un
corpo estraneo, un oggetto misterioso rispetto al
resto delle pubbliche funzioni, visto come tale dagli
stessi studiosi del diritto amministrativo.
Legge generale sul
procedimento
Da ciò deriva l’inapplicabilità espressa al nostro
settore di molte disposizioni della legge generale sui
procedimenti amministrativi (L. n. 241 del 1990).
Molte disposizioni della suddetta legge 241 si
addicono anche alla funzione tributaria come
quelle sul contraddittorio e l’accesso agli atti. Tale
diritto di accesso, sancito, dall’art. 22 della legge
generale
suddetta viene consentito solo dopo il termine delle
indagini e l’emanazione dell’atto impositivo,

758
) Si pensi ad esempio ai vari soci di società di persone e alla stessa società,
oppure ai condebitori solidali di cui al par.3.5 e 6.3.
759
) Ne riparleremo al par.3.14 per le contestazioni
sull'imputazione a periodo e per i c.d. “redditi sfuggiti a tassazione”,
riguardanti invece ricchezza non registrata.
760
) Per decenni è stata diffusa, anche se non prevalente, l’equivoca ed ambigua
formula che considerava l’atto impositivo come “provocatio ad opponendum”,
svalutando il ruolo della motivazione e consentendo una confusionaria
determinazione del tributo in sede processuale, con un ruolo attivo sia degli
uffici tributari sia del giudice. Indichiamo, per approfondimento, che si trattava
di un retaggio della determinazione valutativa dei tributi attraverso gli uffici, a
contenuto amministrativo-contenzioso, come indicato ai par. 5.7 e 5.13.

442 di 704
adducendo ostacoli, per accessi effettuati prima, allo
svolgimento ulteriore
delle indagini. Anche dopo tale data, il diritto di
accesso del contribuente agli atti degli uffici, e alle
corrispondenze tra gli uffici e con altre istituzioni,
riflette i doveri di imparzialità delle amministrazioni,
cui non si addicono le sfere di riservatezza esistenti
per i privati.
confusione sul
contraddittorio
Nella più generale carenza di spiegazioni di insieme
della determinazione dei tributi, manca anche la
sistematizzazione, prima di tutto concettuale, del
contraddittorio amministrativo con gli uffici
tributari. Ci sono ancora molte possibilità che un atto
impositivo sia emesso senza neppure aver invitato
previamente il destinatario a dare indicazioni o
chiarimenti761, e un contraddittorio successivo ha
senso per le richieste seriali, generate
informaticamente verso grandi masse di
contribuenti. Il contraddittorio sarebbe invece
necessario in caso di richieste specifiche e
personalizzate, dove l’interlocuzione con gli uffici
761
Gli inconvenienti sono di fatto limitati perché
nella pratica, il destinatario dell’atto di imposizione
si trova ad essere in concreto informato della
vicenda sottostante perché, in genere, i poteri
istruttori si svolgono nei suoi confronti. Quando
invece le indagini si svolgono presso terzi, ed il
contribuente non è oggetto di richieste
d’informazioni, può ricevere una richiesta di tributi
senza alcuna previa informazione. Qui subentra
l'utilità del principio comunitario sul diritto di
essere ascoltati prima di essere destinatari di un
provvedimento amministrativo
tributario, o in genere restrittivo, anche in materia
sanzionatoria, previdenziale, urbanistica,etc..

443 di 704
dovrebbe precedere l’emanazione dell’atto
amministrativo; anche qui però il contraddittorio si
riduce a un vuoto rito se non si valorizza il
comportamento tenuto in tale sede ai fini del
successivo contenzioso amministrativo e
giurisdizionale762. Ciononostante la giurisprudenza
sta intravedendo distinzioni tra le impugnative
strumentali, dove il contraddittorio preventivo è
sostanzialmente inutile (763), oppure non ha alcuna
conseguenza sulla successiva fase processuale (764)
oppure bisognerebbe redigere in ogni caso un PVC
(anche senza verifica) per dar modo al contribuente
di presentare le deduzioni previste in caso di
verbale.
Svalutazione
sostanziale del
contraddittorio
Parallelamente a questi balletti formalistici, la
deresponsabilizzazione amministrativa riduce il
contraddittorio ad una farsa per molte questioni
complesse, dove sarebbe sostanzialmente utile (si
pensi al caso delle indagini bancarie, di cui al par.
5.16).
Esempio di vizi
formali e ipotesi di
soluzione
Il mancato contraddittorio è un esempio di "vizio
formale" di determinazioni di tributi che possono,
per altri versi, apparire "prima facie" abbastanza
convincenti, in fatto e in diritto, per vanificarle per
ragioni di rito. Questa oggettiva vanificazione
dipende dalla rilevazione del "vizio formale" dopo la
762
Di questi aspetti non si parla, in una dottrina avvocatesco-
processuale (par.4.3) che valorizza oggi il contraddittorio in
modo strumentale all'annullamento degli atti impositivi.
763
) Come negli atti emessi in serie, c.d. “computer generated” , ad alto livello
di precisione, dove è più efficiente, nel suo complesso, un contraddittorio
successivo.
764
Si pensi al formalismo avvocatesco secondo cui sarebbero
nulli gli accertamenti prematuri (cioè notificati prima del
termine di 60 giorni dal PVC per le deduzioni di cui al par.5.6.

444 di 704
suddetta scadenza del termine per l'accertamento;
al di là delle soluzioni "equilibristiche", tendenti a
svalutare il vizio formale per salvare accertamenti
fondati, la soluzione è la rimessione in termini degli
uffici, ferma restando la motivazione
dell'accertamento (765).Sembra il miglior compromesso tra
vanificare l’azione amministrativa oppure vanificare
l’adempimento omesso, con soluzione troppo lassista e favorevole
agli uffici766.

Motivazione degli
atti impositivi
Su queste premesse amministrativistiche si
comprende bene l’importanza della motivazione
degli atti di accertamento, presupposto per
comprenderne il
contenuto ed esercitare il diritto di difesa. La
motivazione si comprende solo in una cornice
amministrativistica della tassazione, considerando
l'accertamento come atto autoritativo unilaterale,
non giurisdizionale, giungendo da una istituzione
imparziale, ma non indipendente, nel senso indicato
per il giudice al paragrafo 2.1767. Quest’importanza
della motivazione è confermata dalla normativa,
che assoggetta i più importanti atti impositivi, ad
una motivazione a pena di nullità, concetto da
intendere nel consueto senso amministrativistico,
secondo cui il difetto di motivazione va eccepito
impugnando tempestivamente l’atto cui si riferisce.
ruolo informativo
della motivazione

765
) Cioè l’elemento di ricchezza accertato e la ragione giuridica
dell’accertamento (in termini processuali il “petitum” e la “causa petendi”).
766
Questa sorta di interruzione della decadenza è un tema da approfondire, su
cui vedi Silvestri, RL, , Dialoghi tributari, 2013, n.5.
767
La motivazione appare invece difficilmente inquadrabile fino
a che si spiegano i tributi attraverso fantomatici rapporti di
credito debito tra fisco e contribuente, equiparati a “due privati
in lite”, tra i quali il giudice decide a chi dare ragione.

445 di 704
La motivazione ha l'evidente funzione di
individuare quali elementi dell’imponibile sono
stati rettificati, nonché le ragioni di fatto e di
diritto per cui tale rettifica è avvenuta. Ad
esempio l’accertamento di un certo importo di
maggiori ricavi potrebbe essere fondato su una
molteplicità di ragioni, ed anche la deduzione dei
costi può essere disconosciuta per le ragioni più
varie, come la mancanza di documentazione,
l’estraneità all’attività dell’impresa (mancanza di
inerenza), l’imputazione a un periodo d’imposta
sbagliato ecc. In entrambi i casi il contribuente, per
valutare se e come difendersi, deve essere
informato sulle ragioni di fatto e di diritto della
contestazione, cui si dirigerà l’eventuale processo. Il
ruolo informativo della motivazione può anche
comporsi di “allegazioni”, cioè indicazioni di fatti e
circostanze, ivi comprese risultanze istruttorie o
circostanze comunque non contestate (documenti,
ammissioni, verbali di ispezione, ecc.).
sua delimitazione
della materia del
contendere
Ne consegue che la motivazione delimita la
materia del contendere del successivo eventuale
processo giurisdizionale (par. 6.7): in esso l’ufficio
non potrà perciò far valere altre possibili ragioni di
rettifica e si discuterà solo degli elementi cui si
riferisce l’atto impugnato, nell’ambito
delle ragioni di fatto e di diritto indicate nell’atto
stesso. Non si discuterà quindi se la maggiore
imposta accertata sia dovuta per una ragione
qualsiasi, ma se sia dovuta
per le ragioni indicate nell’atto: nell’ambito così
delimitato l’ufficio potrà portare prove, svolgere
ulteriori illustrazioni del proprio punto di vista, ecc.
motivazione in
diritto

446 di 704
Quanto sopra vale concettualmente anche per la c.d.
"motivazione in diritto", essendo l'ufficio vincolato
anche all'inquadramento giuridico della pretesa
formulato nell'atto impositivo, che qualche volta i
giudici confusamente scavalcano, in base al principio
civilistico "iura novit curia". E' uno dei tanti
inconvenienti dell'impostazione processualistica del
diritto tributario768.
motivazione per
rinvio
La motivazione può anche consistere in un
rinvio ad altri atti già in possesso del contribuente,
come ad esempio i processi verbali di constatazione
di cui abbiamo detto al
par. 5.6 ; questa c.d. “motivazione per relationem” o
per rinvio, rispetta il diritto di difesa, qualora tali atti
non siano in possesso del contribuente, a patto che
ne riporti in modo esauriente il contenuto.
contenuto della
motivazione
L’adeguatezza della motivazione dipende dal
contenuto sostanziale della pretesa dell'ufficio,
ed anche sulle prove adducibili nel relativo
potenziale successivo contenzioso. Se il fondamento
è documentale, occorrerà menzionarlo, o descrivere
dettagliatamente quanto il documento riferisce; Se il
fondamento è presuntivo – come avviene spesso –
occorrerà indicare i relativi fatti indizianti ed i
passaggi
argomentativi che da essi prendono le mosse.
I collegamenti tra motivazione (amministrativa) e
prova (processuale) saranno indicati al prossimo
paragrafo, richiamando le riflessioni di cui al par.5.8,
sul giudizio di fatto.
768
La svalutazione della motivazione in diritto è un equivoco
tratto dal processo civile, dove l'inquadramento giuridico di
una pretesa di un privato verso un altro privato non vincola né
la sua successiva citazione a giudizio, né la sentenza del
giudice, in base al principio "iura novit curia", citato nel testo.

447 di 704
6.2. Segue: diversità tra motivazione e prova degli
accertamenti tributari
Funzione
informativa della
motivazione e
rapporti con la
prova
Abbiamo visto al paragrafo precedente che la
motivazione serve a informare il destinatario degli
atti degli uffici tributari, consentendogli di
comprendere e di
valutare la pretesa769. A tal fine la motivazione deve
descrivere i passaggi logico giuridici su cui si
fonda la richiesta del tributo, spiegare, informare,
descrivere, ma
non ha l’obbligo di dimostrare definitivamente,
anche sul piano probatorio, l’effettiva
fondatezza di quanto l’ufficio afferma.
È una prospettiva informativa parzialmente diversa
da quella della prova, indicata al par. 5.8 sul giudizio
di fatto.
Sono quindi concepibili, come confermato dalla
giurisprudenza, accertamenti motivati, ma
successivamente annullati perché non provati in
sede contenziosa.
Travisamenti dei
richiami all’onere
della prova
E' quasi quasi banale, lapalissiano, che debba essere
l’ufficio tributario a dare una convincente
dimostrazione dei propri assunti fattuali, non
potendo certo il contribuente dimostrare il contrario
di quanto l’ufficio meramente afferma.
Da questa evidente constatazione sono però nati
alcuni travisamenti che trapiantano
meccanicamente, in un contesto amministrativistico,
769
Per utilizzare una formula sintetica, si potrebbe
dire che la motivazione deve «descrivere la determinazione
della ricchezza da parte dell’ufficio, e l’inquadramento giuridico
alla base della maggiore imposta».

448 di 704
gli schemi di ragionamento del diritto privato sulla
spettanza dell'"onere della prova". Nella riduttiva
cornice dove Fisco contribuente sono visti come due
parti in lite davanti al giudice, vengono
meccanicamente trasferiti schemi processuali in cui
la "prova" dei maggiori ricavi sarebbe a carico del
fisco, e la prova dei costi, delle esenzioni, e delle
richieste di rimborso, sarebbe a carico del
contribuente770.
disponibilità verso
le prove presuntive
degli uffici
L’onere della prova, a carico del fisco per quanto
riguarda i maggiori ricavi accertati, viene infatti
considerato assolto dai giudici secondo criteri di
normalità economica, di “id quod plerumqe accidit”;
i giudici tendono infatti a considerare
presuntivamente affidabili le stime degli uffici in
quanto “parti pubbliche”, che non hanno bisogno di
mentire sull’andamento dei “fatti materiali".
Diffidenza verso
prove di deduzioni,
detrazioni,
esenzioni etc.
Quando si tratta di costi, detrazioni IVA, oneri
deducibili, presupposti per le esenzioni e richieste
di rimborso in genere, lo schema dell’onere della
prova viene applicato in modo rigoroso , perché non
si tratta di una "parte pubblica" e perché i giudici
presuppongono che il contribuente abbia chissà
quali possibilità di documentazione, come se non si
dedicasse a una attività economica, ma a una
attività di documentazione tributaria (par.3.3).

770
E' un altro profilo dove la concezione
processualistica del diritto tributario, caldeggiata
dagli accademici-avvocati, si è rivoltata contro di
loro come professionisti, spingendo alla
deresponsabilizzazione gli uffici e la funzione
tributaria.

449 di 704
Motivi
dell’atteggiamento
asimmetrico dei
giudici
L'atteggiamento dei giudici è quindi asimmetrico,
dove la fiducia nelle allegazioni di normalità
economica degli uffici tributari, si accompagna a una
fiducia molto minore quando i contribuenti fanno
valere i ragionamenti di "normalità aziendale" di cui
alla fine del par. 3.3. Non è che ci sia sfiducia "in
se", per i contribuenti, ma i giudici rimangono
disorientati dalle sospettose e avvocatesche litanie
con cui gli uffici tributari si sono adeguati alla
fuorviante spiegazione processualistica della
determinazione dei tributi. I giudici si trovano
disorientati davanti a una amministrazione che non
si dichiara convinta dell'assolvimento, da parte del
contribuente, dell'onere della prova, lanciando una
prolissa cortina fumogena di sospetti , tendenziosi e
insinuanti.
Dalla parità
formale delle parti
alla disparità
sostanziale
Anche sotto questo profilo, l'equivoco
processualistico, con la sua fantomatica parità
delle parti, ha provocato, in un contesto
amministrativistico, una oggettiva disparità; nella
confusione, gli uffici tributari si considerano e
vengono considerati “parte” o “autorità pubblica” a
seconda delle convenienze contingenti, con una
sostanziale disparità, a danno del contribuente.
Quest'ultimo nel processo deve "convincere",
mentre all’ufficio è sufficiente “confondere” ,
disorientare il giudice, paralizzando così il ricorso del
contribuente, e avendo molte possibilità di
prevalere771.
Il suddetto meccanicismo dell'onere della prova è
771

quindi un frettoloso abbaglio, in un contesto


amministrativistico, dove una “parte pubblica”

450 di 704
Carenze probatorie
come vizio
dell’atto
L’insufficiente dimostrazione fattuale della ricchezza
è invece più semplicemente un “vizio dell’atto”,
tipico del nostro naturale contesto
amministrativistico. Su queste premesse è più
corretto affermare che il contribuente deve
assumere un atteggiamento attivo, tipico di un
processo impugnatorio, e far rilevare la mancanza di
convincenti
elementi di prova, alla base dell’atto di imposizione,
indipendentemente dal fatto che si tratti di maggiori
ricavi o di minori costi. Il contribuente deve quindi
addurre (tecnicamente “allegare”), in questa logica
amministrativistica, la carenza di fondamento
fattuale, come vizio dell’atto, dandone quei riscontri
che gli si possono ragionevolmente richiedere nel
caso specifico772.

6.3. Provvedimenti degli uffici tributari verso


coobbligati solidali e contribuenti di fatto
Riflessi procedurali
della pluralità di
contribuenti
I provvedimenti di imposizione possono essere
spesso rivolti, da parte degli uffici tributari, ad una
pluralità di destinatari, come anticipato ai paragrafi
3.5-3.6, sulla pluralità di soggetti passivi coinvolti
nell'applicazione dei tributi, in base alle varie forme

agisce in autotutela, prima del processo, e non ha


motivo di affermare circostanze false.
772
Questo riporta ad unità la prova dei costi, dei ricavi, delle
esenzioni e delle liti di rimborso, perché in tutti i casi viene in
considerazione la coerenza e la ragionevolezza dell'azione
amministrativa rispetto alle circostanze da dimostrare, e
all'insieme del quadro indiziario, indipendentemente dal
contingente elemento economico oggetto di giudizio.

451 di 704
di coobbligazione solidale indicate nei paragrafi
suddetti (richiamo le parti di un contratto per
l’imposta di registro, i coeredi o i garanti di debiti
tributari di terzi).
Uso di atti
amministrativi
Secondo la matrice amministrativa del diritto
tributario, gli uffici, in quanto pubbliche autorità,
possono agire unilateralmente, in autotutela
amministrativa, utilizzando gli atti impositivi di cui
al par.6.1 anche quando il condebitore è tale per
contratto o per norma civilistica.
tutela processuale
del coobbligato
Tuttavia anche nel nostro contesto
amministrativistico vale l'elementare diritto di
difesa secondo cui l’atto notificato solo ad
alcuni debitori solidali, non pregiudica gli altri,
che non lo abbiano ricevuto, secondo i principi logici
di cui all'art.1306 c.c.. L'unica conseguenza
pregiudizievole, indirettamente, è che l'attivismo
dell'ufficio tributario nei confronti di un coobbligato,
può evitare la decadenza amministrativa, secondo
una tendenza giurisprudenziale che applica
(impropriamente) i principi della prescrizione
civilistica.
Qualora più condebitori ricevano l'atto, ed uno solo
lo impugni, ottenendo un giudicato favorevole, la
giurisprudenza applica, anche qui impropriamente,
l’art. 1306 c.c., secondo cui possono giovarsene
anche i condebitori rimasti inerti, nonostante la
definitività dell'atto d'imposizione nei loro confronti
(773) .
Diretta notifica
degli atti di
riscossione

773
In una prospettiva amministrativistica, invece,
l'impugnazione vittoriosa, da parte di un condebitore, non
giova a quelli che, rimanendo inerti, hanno fatto acquiescenza
all'atto.

452 di 704
Sul piano procedurale segnaliamo la tendenza a
notificare ai responsabili d'imposta direttamente
gli atti della riscossione di cui al paragrafo 6.11,
omettendo nei suoi confronti la notifica di un atto
impositivo motivato. Formalmente il diritto di
difesa di tali soggetti è salvaguardato, in quanto
resta ferma la loro possibilità di far valere, tramite
l'ordinaria impugnazione alle commissioni tributarie,
ogni vizio della pretesa tributaria,
indipendentemente dal comportamento del debitore
principale. Tuttavia essi sono costretti a contestare
atti di mera riscossione privi di motivazione, e
perdono il beneficio della «riscossione frazionata
» in caso di ricorso (paragrafo 6.12).
Eredi e soci di
società estinte
L'azione di accertamento per i debiti tributari di
soggetti deceduti o di società estinte si svolge nei
confronti degli eredi o dei soci che abbiano ricevuto
beni a seguito della liquidazione della società. E' un
riflesso della regola generale civilistica, secondo cui
in caso di due o più eredi, ognuno risponde solo in
proporzione alla sua quota. Solo per le imposte sui
redditi, in virtù di specifica disposizione espressa
(art. 65, d.P.R. n. 600) sussiste la coobbligazione
solidale tra i coeredi, in deroga al suddetto criterio
generale.
Privilegi a favore
del fisco
Anche a favore del fisco esistono “privilegi”, cioè
diritti del creditore di soddisfarsi prioritariamente su
alcuni beni, chiunque ne sia il proprietario;
quest'ultimo risponde solo con questo bene, e quindi
non è un coobbligato solidale. Ciononostante, anche
a questo soggetto la giurisprudenza, ha consentito,
più recentemente, di contestare nel merito la
richiesta del tributo.
Tendenziale
irresponsabilità del
consumatore

453 di 704
Per le imposte sui consumi, e in linea di principio per
i "contribuenti di fatto", come il consumatore finale
IVA, non c'è alcuna responsabilità verso il fisco.
Quest'ultima è stata introdotta di recente nei casi
particolari in cui il cliente è identificato, in modo da
consentire anche la rivalsa successiva del fornitore,
per l'IVA pagata in sede di accertamento774.
Rinvio all’azione di
regresso
Una volta soddisfatto il credito del fisco, il
coobbligato solidale può agire in via di regresso,
cioè rivolgersi agli altri coobbligati per ottenere la
loro “quota parte” di
debito, secondo i principi già indicati, per le
imposte pagate in autotassazione, al par.3.5 (775).
Anche qui i convenuti potranno far valere, in sede
civilistica, eventuali tesi secondo cui il tributo non
era invece dovuto, ed è stato avventatamente
pagato da chi agisce in rivalsa verso di loro.

6.4. Il contenzioso amministrativo: accertamento con


adesione, conciliazione giudiziale, “mediazione” e
prospettive
Antica
determinazione
contenziosa dei
tributi
La tradizionale tassazione valutativa attraverso
gli uffici, basata per sua natura su stime e
presunzioni (par.1.3),
era strutturalmente contenziosa; il contribuente era
infatti una parte produttiva della società, un meritevole
774
Si pensi ad esempio al consumatore, che ad esempio occulta in
parte il prezzo di immobili. E' uno dei rari casi in cui, vista
anche la scarsa sistematicità dell'azione accertativa degli uffici
tributari, questo istituto , introdotto nel 2012 per motivi di
immagine ("di bandiera"), può avere effetti pratici.
775
Si pensi ai coeredi o ai soci di società di persone, che hanno
pagato debiti della società, intendendo rivalersene nei
confronti degli altri soci.

454 di 704
creatore di ricchezza, cui il potere politico ha sempre
prestato una qualche attenzione; i vertici politici cercavano
quindi di dare un qualche ascolto alle rimostranze dei
contribuenti sul modo in cui erano stati determinati i tributi.
Nella tassazione valutativa tradizionale la determinazione
dei tributi era una funzione pubblica strutturalmente
“contenziosa”, con reclami dei contribuenti, naturale
implicazione delle stime per ordine di grandezza con
cui essi venivano determinati; erano cioè normali gli
errori , le obiezioni e le controproposte dei
contribuenti, tendenti a una rideterminazione a loro
avviso più verosimile, e più conveniente; non è la
“richiesta di uno sconto” sull’imposta, ma una
determinazione "partecipata" dell'imposta,
socialmente perequata (776). La sede naturale e
più elementare di questa dialettica era quella di un
contenzioso amministrativo "ante litteram", in cui
discutere le rimostranze dei contribuenti.
tutela gerarchico-
politica
La naturale modalità per questa tutela era quella
gerarchico politica, indirizzando le proprie
rimostranze all'autorità amministrativa777. In
generale questi reclami potevano essere indirizzati
allo stesso ufficio tributario, come accade oggi in
Italia secondo quanto indicato infra e con gli
inconvenienti di cui al par.6.5. I destinatari
potevano essere anche altri organi pubblici,
comunque privi dell' “indipendenza dei giudici”, ma
esperti nella valutazione della ricchezza ai fini
tributari, ed imparziali quanto bastava per dare

776
Nel senso che il contribuente si oppone anche alla richiesta
di imposte su ricchezza effettiva, quando si vede discriminato
rispetto ad altri contribuenti in simile situazione.
777
)Su questa gestione amministrativa dei reclami sulla determinazione del
tributo , tipicamente “contenziosa”, ma non giurisdizionale vedi il mio video
apposito digitando su youtube il video dal titolo “contenzioso tributario 1” (il
link è https://www.youtube.com/watch?v=cqZfZriJ_fo).

455 di 704
soddisfazione agli interessati, trattando in modo
organico le relative richieste.
Necessaria
gestione sociale dei
reclami
Per la coesione sociale era infatti importante, al di là
dell’esito, la possibilità di “avere ascolto”, esprimere
le proprie ragioni, di essere presi in considerazione,
di capire quali interessi, diversi dai nostri, hanno
provocato una decisione, anche negativa,
dell'autorità tributaria.
Agli amministrati non serviva un “giudice
indipendente”, come nelle liti tra privati, ma un
riesame, competente e imparziale, di un organo
che desse ascolto a chi riteneva di aver subito un
torto dai funzionari di grado inferiore.
Generalità del
contenzioso
amministrativo
La determinazione dei tributi, come prima area di
giuridicità non giurisdizionale diffusa (par.1.3)
potenzialmente creatrice di malcontento, diede
luogo agli esempi più antichi di “amministrazione
contenziosa”; in altri settori dell’attività pubblica,
meno capillari, il controllo sull’amministrazione,
attraverso organi superiori o autorità politiche,
poteva essere più empirico, improntato a valutazioni
caso per caso, politico-paternalistiche, solo
successivamente formalizzatesi nel “diritto
amministrativo”. Tutti gli stati, caratterizzati da una
certa articolazione, anche se non democratici come
li immaginiamo oggi, cercavano di gestire in qualche
modo le rimostranze tipiche del settore778. Anche in

I detentori del potere politico, sapendo di interagire col


778

gruppo sociale, in una certa misura si preoccupavano di


avere una amministrazione “credibile”; che cioè non
incrinasse consenso politico e coesione sociale, con abusi di
potere, sperequazioni e negligenze; ciò avrebbe potuto infatti
causare cali di consenso, malcontento, rimostranze,
disaffezioni, proteste e infine rivolte, pericolose per la stessa

456 di 704
materia di tributi vale infatti la regola generale del
diritto amministrativo, secondo cui la forma più
diretta di giustizia è interna alla stessa
amministrazione779, e dove l’intervento dei giudici
è residuale, chiudendo il sistema nei paesi più
garantisti e raffinati (par.6.7).
Residualità
dell’intervento del
giudice
In questo modo, con passaggi successivi di
contraddittorio amministrativo contenzioso, si
giunge, nella maggior parte dei paesi sviluppati, a
una valutazione condivisa della ricchezza, e
quindi del tributo. Questa strutturale dialettica tra
istituzioni e contribuenti ha sempre caratterizzato la
determinazione valutativa dei tributi, con rispettose
proteste alle autorità di grado superiore,
eventualmente anche politiche.
Squilibri indotti
dalla tassazione
attraverso le
aziende
La determinazione contabile dei tributi, attraverso
le aziende, con le sue determinazioni documentali,
caratterizzate da cifre puntuali, ha inciso
profondamente con quanto sopra. La stima per
ordine di grandezza è a prima vista incompatibile
con la contabilità, e l’interlocuzione con gli uffici

autorità politica.
779
) La necessità di una giustizia indipendente rispetto all’amministrazione
nasce nella misura in cui l’attività di riesame è influenzata da un malinteso
desiderio di coerenza istituzionale, cioè di non sconfessare le precedenti
determinazioni di organi facenti comunque capo alla stessa istituzione. E’ un
riflesso, da approfondire in tesi di laurea o dottorato, che si ritrova nella stessa
rimostranza alla politica , la quale ha una certa tendenza a coprire i propri
incaricati fiduciari . La tendenza a rendere giustizia verso gli abusi va quindi
contemperata con quella ad evitare imbarazzi tra politica e istituzioni e
all’interno delle istituzioni. Nell’immediato, la via della giurisdizione
indipendente sulle istituzioni, sembra quella più comoda, ma alla lunga porta
alla paralisi (come accaduto in materia tributaria), perché non si può
amministrare né per legge né per sentenza.

457 di 704
descritta sopra, appariva contraddittoria rispetto alla
determinazione ragionieristico documentale.
Il quadro precedente restava però valido per la
ricchezza che non si presta a essere contabilmente
determinata attraverso le aziende; per il lavoro
indipendente al consumo finale e le piccole
organizzazioni c'era bisogno, secondo il filo
conduttore di cui ai par.3.14, 5.7, 5.13 etc., di stime
e valutazioni.
Abolizione del
contenzioso
amministrativo
Sul tema la riforma tributaria del 1973 mostrò la
stessa frettolosa sbrigatività esaminata al
par.3.13 sulla contabilità del lavoro indipendente,
fingendo che il problema non ci fosse. Quindi,
nell’illusione di determinare ragionieristicamente
ogni forma di ricchezza (paragrafo 3.13) fu
avventatamente abolito il contenzioso
amministrativo, all’epoca denominato
correntemente “concordato fiscale”, sbilanciando
così sul processo la determinazione tributaristica
della ricchezza.
Paralisi e
reintroduzione
Seguirono decenni di deresponsabilizzazione,
indebolimento della capacità valutativa degli uffici,
permanenza di corruzione780, moltiplicazione dei
processi, spreco di energie amministrative ed altre
disfunzioni diffuse ancor oggi (ne riparleremo al par.
6.10). Solo nel 1994 si iniziarono a reintrodurre
contenziosi amministrativi,
oggi regolati dal Dlgs 218 del 1997,
sull’accertamento con adesione e la conciliazione
giudiziale.
successo e cautela
Il grande successo di queste procedure, benché
ancora timide, conferma il contenzioso

780
) Come indicato al par.5.11.

458 di 704
amministrativo come primo rimedio per le
controversie nella determinazione dei tributi,
smentendo le sovrastrutture avvocatesco-
processuali; queste ultime sono però tuttora
talmente radicate da far definire gli istituti suddetti
come “strumenti
deflativi del contenzioso”, come se la naturale
definizione delle controversie sulla determinazione
tributaristica della ricchezza sia davanti a un giudice,
ma la si debba abbandonare a malincuore solo per
“deflazionare il contenzioso giurisdizionale”.
regola o eccezione?
È un modo invertito di ragionare che scambia la
regola con l'eccezione: la patologia processuale
diventa la fisiologia, mentre la naturale definizione
amministrativa viene presentata come una
soluzione di ripiego; la dialettica con uffici
tributari è infatti, soprattutto nei paesi con una
amministrazione più responsabile e attenta alla
tutela dei privati, il primo strumento per gestire le
loro lamentele, conformemente alla già indicata
funzione di giustizia delle pubbliche amministrazioni,
e con un numero di processi giurisdizionali centinaia
di volte inferiore a quello italiano.
Contenzioso sulla
determinazione del
tributo
Accertamento con adesione e conciliazione
giudiziale sono rideterminazioni amministrative
cui il contribuente presta acquiescenza, e che
vengono redatte in un certo modo proprio in
funzione della manifestata disponibilità del
contribuente ad accettare una certa determinazione
del tributo, passando per la determinazione della
ricchezza e il relativo inquadramento giuridico.
La dialettica tra le parti non riguarda quindi la
somma da pagare, ma le questioni di fatto e di
diritto che portano al relativo risultato.

459 di 704
Differenze rispetto
alla transazione
E' ovviamente fuori luogo spiegare le suddette
procedure facendo riferimento all’istituto di diritto
privato della transazione. Possono esserci
somiglianze esteriori, soprattutto quando la
transazione è effettuata nell’interesse di terzi, e
quindi deve essere motivata.
Profili da
contemperare
Nel nostro contesto di diritto amministrativo i profili
da contemperare (discrezionalmente nel senso di
cui al par. 5.10) sono il grado di fondatezza delle
rispettive tesi, le prospettive del contenzioso, le
energie amministrative per la sua gestione, gli
eventuali precedenti, l’ammontare dell’imposta in
discussione rispetto ai costi di gestione della lite, la
costituzione di un precedente su altri contribuenti, in
relazione all’omogeneità dell’azione amministrativa.
Ripetiamo che la valutazione comparativa tra
questi profili comporta una ipotesi tra quelle che al
paragrafo 5.10 abbiamo ricondotto al concetto di
“discrezionalità amministrativa in materia
tributaria”.
Irrilevanza degli
aspetti economico-
esattivi
Sono invece irrilevanti, secondo quanto indicato al
par. 5.10 sulla discrezionalità, profili economico
industriali, di correttezza nel comportamento
fiscale, ed altri aspetti relativi alle condizioni
personali e familiari.
La diversa questione della solvibilità del
contribuente, ai fini della riscossione, è un aspetto
concettualmente distinto dalla determinazione
del tributo, non considerabile in questa sede dagli
uffici; il profilo esattivo sopravviene in un secondo
momento rispetto alla determinazione del tributo , e
ne parleremo per la “transazione fiscale” ai paragrafi
6.11 e 7.21.

460 di 704
Definibilità astratta
di questioni di
diritto
A rigore mancano limiti formali alle controversie
definibili in via amministrativa e quindi sarebbero
definibili persino questioni di diritto isolate,
traducendo in una decurtazione dell’imponibile
accertato i margini di incertezza sull'esito di una
controversia giurisdizionale781. Si prestano meglio a
essere definite le stime e le valutazioni
marcatamente presuntive, come il valore di un
immobile o l’ammontare dei ricavi di artigiani,
commercianti. Vedremo al prossimo paragrafo per
quali motivi proprio sulla stima della ricchezza non
registrata, per pratiche di piccolo importo, il
funzionamento delle procedure conciliative è
relativamente meno brillante.
Grossolanità della
procedura
La procedura dell’accertamento con adesione,
introdotto con istanza allo stesso ufficio, è
scarsamente disciplinata normativamente,
essendo materia più appropriata per circolari o
regolamenti, questi ultimi peraltro oggi mancanti.
Segnaliamo che il funzionamento dell'istituto è
intralciato dalla condizione normativa superlfua e
contingente
di “definizione intergale” della pretesa tributaria.
Il decreto 218 prevede una istanza del contribuente,
destinata allo stesso ufficio che ha emesso l’atto

781
) Anche questo conferma la diversità della funzione tributaria rispetto a
quella di risoluzione delle controversie in base a regole (funzione
giurisdizionale). Le questioni di qualificazione giuridica indicate ai par.3.9 e
3.10 possono avere insomma soluzioni diverse a seconda del contesto
accertativo in cui sono inserite, da valutare nel suo complesso in relazione alla
funzione di determinazione dei tributi, di cui al par.5.7 , coi profili di
discrezionalità di cui al par.5.10. Una vera funzione nomofilattica , in materia
tributaria, è svolta più dalle interpretazioni amministrative (pr.5.4), che dalla
cassazione (come del resto è giusto che sia in un diritto non giurisdizionale).

461 di 704
impugnato, una sua audizione ed una
verbalizzazione
dei relativi colloqui; si tratta di previsioni insite nella
natura dell’istituto, che nel complesso rappresenta
un
embrione di procedimento amministrativo, dove
le valutazioni dovrebbero essere accompagnate da
una compiuta motivazione, che dia atto delle
controdeduzioni del contribuente.
tempistica della
definizione
amministrativa
L’adesione è ammessa fino al primo grado di
giudizio, nelle forme dell’accertamento con
adesione, prima del ricorso. Successivamente è
ammessa nelle forme della
conciliazione giudiziale per molto tempo solo prima
della sentenza della commissione tributaria
provinciale, e a partire dal 2015 anche nel processo
di appello (in precedenza si ricorreva in tal caso alla
c.d. "autotutela condivisa" senza riduzione delle
sanzioni). In entrambi i casi suddetti, alla definizione
amministrativa si accompagna una
riduzione delle sanzioni (per cui rinvio al paragrafo
6.13, in materia di sanzioni).

6.5. Segue. Inadeguatezze del ricorso in opposizione e


necessità di ulteriori livelli di responsabilità: prospettive
della “mediazione tributaria”
I

Difetti
dell’interlocuzione
con lo stesso ufficio
Gli istituti descritti al paragrafo precedente si
ispirano al ricorso amministrativo “in
opposizione”, indirizzato allo stesso ufficio che
aveva emesso l’atto impugnato,
di solito allo stesso funzionario. Quest’ultimo,
avendo già deciso, incontrerà i consueti imbarazzi,

462 di 704
derivanti anche dalle possibili insinuazioni di
negligenza o corruzione, indicate al par. 5.11. Anche
per questo, nonostante il supporto fornito dai vertici
dell’agenzia delle entrate agli istituti in esame, e
nonostante la loro ampia diffusione, rispondente a
schemi
di buonsenso, essi non esplicano ancora appieno le
loro potenzialità782. Sulla massa dei contenziosi
valutativi di piccoli contribuenti, il funzionario, senza
poter condividere con altri uffici o altri addetti le "ri-
valutazioni" della determinazione del tributo, su
istanza del contribuente, tende ad applicare
deresponsabilizzanti "abbattimenti
predeterminati",oppure a "far decidere il giudice", se
il contribuente cerca di andare oltre.
successo (inutile)
sulle contestazioni
interpretative
Il maggiore successo dei ricorsi amministrativi in
esame riguarda i casi in cui la responsabilità può
essere condivisa; si tratta paradossalmente delle
note contestazioni interpretative sui “grandi
contribuenti” indicate ai
paragrafi 3-11, 5.17, 5.18; l'importanza di queste
singole pratiche, in termini monetari (par.5.7),
consente il coinvolgimento di varie articolazioni
degli uffici tributari, cioè con capi ufficio, dirigenti,
direzioni regionali e centrali (par.5.2), in diverse
vesti formali. Si innesca così il frazionamento delle
responsabilità 783, e pian piano la vicenda “si
risolve da sola”; come le patate bollenti, la pratica
transita di mano in mano, finché si raffredda e
l’“esposizione” di ciascuno è compatibile col
desiderio di “copertura” delle nostre pubbliche
782
Vedrmeo infatti che il contenzioso tributario giurisdizionale,
pur non aumentando, neppure diminuisce rispetto ai livelli
patologici di cui diremo al par. 6.10.
783
) Ognuno può presentare la pratica come “decisa da altri”, in una sorta di
decisione collegiale, che mette al riparo da critiche e sospetti.

463 di 704
amministrazioni, indicato al par. 5.3. Inoltre, si tratta
in genere di questioni di diritto, ed il contribuente è
un'organizzazione i cui funzionari non maneggiano
ricchezza nascosta al fisco, cui si collegano i soliti
sospetti di corruzione (par.5.11). Inoltre le aziende,
come organizzazioni, sono disposte, pur di evitare le
incertezze di un contenzioso inadeguato (par.6.10) a
sobbarcarsi oneri anche non dovuti784 Per il privato,
trattandosi in genere del regime di “ricchezza
registrata” l’onere della definizione è spesso in parte
recuperabile in altri periodi di imposta o su
controparti in vario modo correlate, secondo le note
“simmetrie” di cui al par. 3.12785.
insuccesso e
difficoltà
sull’evasione di
massa
Il contenzioso amministrativo sarebbe invece più
utile, per la stima della ricchezza non
intercettata dalle aziende, dispersa in genere tra
moltissime pratiche di piccolo importo
(par.5.13), dove mancano i presupposti per la
suddetta “condivisione di responsabilità”, tra
funzionari e uffici diversi. Il contenzioso
amministrativo diventa quindi paradossalmente
troppo rigido proprio dove sarebbe più
necessario a massimizzare il controllo valutativo
del territorio, secondo quanto indicato al par.5.7;
queste pratiche, individualmente di modesto
ammontare, impongono infatti valutazioni più
personalizzate della ricchezza; tali "rivalutazioni"
sono però individualmente troppo modeste per
essere condivise con colleghi, superiori e altri uffici,
784
) Che potremmo chiamare metaforicamente “estorsioni di stato”, dovute alle
drammatizzazioni ambientali di cui ai par.4.6 ss e 5.17 ss.
785
Proprio questo riposizionamento su altri contribuenti e su
altri periodi di imposta (c.d. "aggiustamenti correlativi") , delle
stesse vicende materiali, a rendere agevoli accordi su
“questioni di diritto”, che in genere non dovrebbero consentire
compromessi.

464 di 704
e ricadono sulle spalle del funzionario che ha redatto
l'accertamento.
Tendenza ad
abbattimenti
percentuali
predeterminati
Anche se il contribuente adduce circostanze
verosimili, il funzionario non ha tempo per svolgere
adeguati riscontri, visto il gran numero di posizioni di
importo relativamente piccolo786. Ne deriva una
rigidità “autoprotettiva”, dipendente anche dalla
sfiducia verso i contribuenti, e quindi dal timore che
circostanze sopravvenute facciano apparire
“eccessivamente benevole” determinazioni a suo
tempo ritenute, in tutta la buona fede, “ragionevoli”.
Dovendo agire, visto il numero dei contribuenti, con
informazioni limitate, gli uffici tendono a “non
fidarsi”, utilizzando abbattimenti "standard" uguali
per tutti, in funzione "autoprotettiva" 787.
Inconvenienti della
scarsa
personalizzazione
Ciò va a scapito della perequazione tributaria e
dell’interesse generale, perché diminuisce la
sistematicità dell'intervento amministrativo sulla
ricchezza non intercettata dalle aziende, assorbendo
tempi ed energie maggiori su un minor numero di
pratiche. Il contenzioso amministrativo si
inceppa insomma dove sarebbe più utile, in quanto

786
Questa valutazione di ricchezza sfuggente comporta quindi
un costante sospetto di non avere informazioni sufficienti,
anche per la mancanza di quel dossier valutativo permanente
indicato al paragrafo 5.7.
787
Su queste pratiche numerose e di piccolo importo gli uffici
cercano di standardizzare i propri comportamenti,
affermando improbabili divieti di ridurre oltre importi
prestabiliti le somme accertate. Nel dubbio sulla stima della
ricchezza, essere rigidi, e utilizzare percentuali
"predeterminate" di definizione, mette al riparo da critiche e
sospetti.

465 di 704
il problema tributario italiano(788) non sono le
contestazioni interpretative alle organizzazioni
pluripersonali, bensì la mancata sistematicità nella
stima della ricchezza che sfugge ai loro circuiti.
Le percentuali di abbattimento predeterminate
qualche volta avvantaggiano chi ha evaso
sfacciatamente, e qualche volta puniscono chi, in
proporzione, ha evaso molto meno. L'attività
amministrativa, invece di una sensazione di
uniformità, genera quindi una sensazione di favori e
dispetti casuali, indotti dalla confusione della
pubblica opinione, e quindi degli uffici, sulla
determinazione della ricchezza. L'adesione è quindi
conveniente per chi ha evaso di più, ed è stato
accertato relativamente meno, mentre chi ha evaso
relativamente meno, ed è stato accertato di più,
andrà in contenzioso, con spreco di energie
amministrative; se infatti il contribuente non
aderisce agli abbattimenti predeterminati, e ne
vuole di maggiori, gli uffici sono ben contenti di
rinviare la decisione al giudice. Questa copertura
individuale crea una inefficienza complessiva, col
contenzioso giurisdizionale numericamente
stabilizzato, ma non diminuito, come vedremo al
par.6.10.
Mediazione
tributaria come
ricorso gerarchico
improprio
Per snellire queste determinazioni si è cercato di
abbandonare lo schema del “ricorso
amministrativo in opposizione”, cioè allo stesso
ufficio redattore dell’accertamento; le richieste di
riesame, in via sperimentale e per le pratiche di
minore ammontare ((fino
a 20 mila euro) sono state infatti indirizzate ad un
diverso ufficio dell’agenzia delle entrate, ispirandosi
al ricorso gerarchico improprio.
788
Come indicato al par.4.1.

466 di 704
il ruolo dell’ufficio
legale della
direzione
provinciale
Si tratta della c.d.“mediazione tributaria”,
impropria denominazione di un ricorso
amministrativo ad un diverso organo della stessa
amministrazione, precisamente il servizio legale
della direzione provinciale, mentre l'accertamento è
redatto dall'ufficio controlli; l'ufficio legale, non
essendo condizionato da proprie precedenti
valutazioni, dovrebbe rendere sistematiche le
condivisioni di responsabilità descritte sopra per i
“grandi contribuenti”.
I primi risultati sono stati molto lusinghieri per
riabituare gli uffici a decidere, e potrebbero essere
oggetto di approfondimenti specifici. Si tratta di un
passo ulteriore per la deprocessualizzazione della
determinazione
dei tributi, superando il fallimento della “via
giurisdizionale”,
trattato al par. 6.10.
possibile “arbitrato
tributario”
Andrebbe approfondito l' ulteriore passaggio dell’
arbitrato tributario, con la partecipazione di un
funzionario “edotto” della pratica, a titolo di
continuità, di un esperto designato dal contribuente,
e di un terzo da enti esterni, ad esempio la
commissione tributaria, o scelto di comune accordo;
si potrebbe così avere interlocuzione, con un minimo
di approfondimento e terzietà, adatti soprattutto per
le questioni valutative ed estimative (par.5.13-
5.14).
Importanza della
trasparenza delle
determinazioni
Sarebbe anche opportuna una qualche
accessibilità da parte di terzi, soprattutto
contribuenti in condizioni similari, alle
determinazioni in adesione , come strumento di

467 di 704
controllo sociale sulla reciproca coerenza economica
di tali definizioni, nel ruolo anticorruzione della
vigilanza reciproca, indicato al par. 5.11. I
contribuenti non sono infatti interessati solo alla
perequazione individuale delle somme accertate
rispetto alla ricchezza effettiva, ma sono interessati
anche all'omogeneità del comportamento
amministrativo. Si è cioè anche disposti ad essere
tassati su somme che si avvicinano a quelle
effettive, a condizione però di non essere mosche
bianche o, come si dice in Italia, gli unici fessi 789.

6.6. Il ritiro degli atti in autotutela, tra correzione,


riduzione e definitivo abbandono
Autotutela in
genere e come
eliminazione di atti
illegittimi
Il potere amministrativo di autotutela in senso
ampio, con cui le istituzioni, autoritativamente,
curano gli interessi pubblici loro affidati790 senza la
mediazione del giudice, contiene a maggior ragione
quello cui è dedicato questo paragrafo; si tratta del
potere generale di ’annullamento unilaterale,
totale o parziale, di atti riconosciuti illegittimi e
infondati.
Ammissione di un
errore?

789
La messa a disposizione del dato agli esercenti di attività
comparabili (oltre ad essere reciproca) potrebbe fermarsi ai
ricavi, visto che l'evasione di questi soggetti toglie ricchezza da
sopra e soprattutto i ricavi sono esteriormente comparabili. I
redditi di ciascuno , invece, differiscono in relazione alla qualità
e quantità dei collaboratori, anche familiari, come pure alla
proprietà o meno delle mura, risparmiando il canone di
locazione, e quindi aumentando il reddito.
790
)Tale potere è una caratteristica della giuridicità come azione delle istituzioni
in generale, di cui quelle giurisdizionali sono solo una parte, come indicato a
partire dal par.1.3.

468 di 704
In ultima analisi l'autotutela amministrativa, se può
incidere unilateralmente, in senso peggiorativo,
nella sfera giuridica del destinatario, può compiere a
maggior ragione atti di rinuncia791, di ammissione
di errori792, definiti in materia tributaria come
"autotutela" in senso stretto.
Autotutela
sostitutiva:peggiora
tiva per il
contribuente
Questa eliminazione unilaterale , totale o
parziale, di atti autoritativi, può anche essere sia
finalizzata alla loro integrazione motivazionale
oppure alla eliminazione di
vizi formali e procedurali. Questa è una autotutela
potenzialmente peggiorativa per il contribuente, in
quanto gli toglie una possibilità di far annullare l’atto
in
sede giurisdizionale; quindi l'autotutela "sostitutiva"
deve essere esercitata nei termini di decadenza
dell’azione amministrativa (793) e giustificata da
elementi oggettivi.
autotutela come
definitiva
eliminazione
dell’atto
Al contribuente giova invece l’autotutela destinata
alla totale eliminazione della pretesa fiscale. A tal
fine l’ufficio deve solo contemperare l’esigenza di
certezza dei rapporti (cioè di mantenere ferme le
situazioni giuridiche definite) con quella di
salvaguardare situazioni meritevoli di tutela. In

791
) Trattandosi però di istituzioni pubbliche, che esercitano prerogative
sottratte all’autonomia privata dei propri dirigenti, la rinuncia non è libera come
per i diritti disponibili del diritto privato. L’istituzione deve quindi avere
ragionevole evidenza dell’errore presente nell’atto ritirato.
792
) Oppure di fatti sopravvenuti , o non conosciuti, di cui l’amministrazione,
nell’emanare l’atto, non aveva potuto, con l’ordinaria diligenza amministrativa ,
tenere conto.
793
Salvo che, per vizi formali di atti tempestivamente emessi,
sia ipotizzabile una remissione in termini dell'ufficio.

469 di 704
questi casi l’ufficio dovrà chiedersi se l’illegittimità
dell’atto (o la spettanza del rimborso) sia talmente
grave ed evidente da giustificarne l’annullamento
d’ufficio. Solo in concreto potrà stabilirsi se ad un
vizio debbano essere riconosciute queste
caratteristiche, che è improduttivo tentare di fissare
una volta per tutte in una formula astratta, da
applicare poi meccanicamente, anche se è possibile
dare alcune indicazioni al riguardo.
limitazione a casi
particolari di
invalidità evidenti
Limitare l’autotutela a queste gravi patologie
consente di non trasformarla in una
indiscriminata scappatoia per riproporre
qualsiasi eccezione dalla quale i contribuenti siano
decaduti. L’autotutela è quindi esperibile anche
quando i contribuenti si siano lasciati sfuggire i
termini per ricorrere o chiedere il rimborso.
Mancata autotutela
e sindacato
giurisdizionale
Sono però incerti, in caso di richiesta di autotutela
contro atti definitivi, gli strumenti di tutela
giurisdizionale qualora l’amministrazione resti inerte;
la giurisprudenza tende a negare un sindacato
processuale, adducendo una pretesa duplicazione di
tutela rispetto al contribuente che ha lasciato
scadere i termini di impugnazione dell’atto. Il punto,
che riprende le tendenze del diritto amministrativo
generale, è tuttavia ancora abbastanza indefinito.

6.7. Controllo giurisdizionale delle istituzioni: un


processo di impugnazione
La particolarità di
un giudice delle
istituzioni

470 di 704
Qualora il privato non abbia avuto soddisfazione dai
rimedi gerarchico-politici794 del contenzioso
amministrativo, alcuni paesi evoluti, consentono di
rivolgersi a un giudice delle istituzioni
amministrative. Questo ricorso giurisdizionale
contro le istituzioni non è sempre presente, nel
tempo e nello spazio, come invece la funzione
giurisdizionale nelle liti tra privati,795. Il “giudice
del potere” , cui ricorrere contro le stesse
istituzioni pubbliche, è una figura recente e tipica di
organizzazioni sociali complesse; è un'ultima tutela
"politico-sociale", molto raffinata, contro abusi e
negligenze, dell’autorità amministrativa e della
stessa politica796. Il controllo sociale sulla macchina
pubblica, prima di tutto sociale (par.5.3) e
gerarchico-politico, assume quindi anche una
veste giurisdizionale, in paesi evoluti797.
La matrice politica
Anche il controllo giurisdizionale delle istituzioni,
come tutte le funzioni giuridiche, promana dalla
politica. Non a caso i primi “consigli di stato”, furono
organi “di staff ” del principe, per istruire i reclami

794
) Cioè dal sistema di contenzioso amministrativo di cui ai paragrafi
precedenti, ma che esiste per definizione in qualsiasi assetto sociale, sia pure
nell’embrione del rispettoso reclamo.
795
La funzione giurisdizionale per risolvere le liti all'interno del
gruppo esiste sin dalle più antiche civiltà, mentre la funzione
giurisdizionale rispetto ai pubblici uffici è una raffinatezza
moderna.
796
) Ricordiamo l’ulteriore raffinatezza sociale delle corti costituzionali, del
“giudice delle leggi”, descritto al par.2.5.
797
) Tuttavia bisogna ricordare che questo controllo giurisdizionale è efficiente
nella misura in cui la società è consapevole del ruolo delle istituzioni pubbliche
nei vari settori, come indicato al par.5.3. Nessun giudice amministrativo può
sostituire la consapevolezza della pubblica opinione su un determinato settore.
Anzi, se questa consapevolezza manca, il giudice amministrativo diventa
ulteriore motivo di confusione (non a caso tanti politici hanno istintivamente e
motivatamente invocato l’abolizione del TAR del Lazio). Senza formazione
sociale di settore, cioè, la giurisdizione innesca la paralisi di cui diremo in
materia tributaria.

471 di 704
verso i funzionari regi, indirizzati al monarca dai
sudditi verso scorrettezze798 dei funzionari; anche in
tale contesto799, c'erano problemi di coordinamento
tra le funzioni pubbliche; anche negli "stati di
diritto", caratterizzati da un equilibrio di poteri, il
controllo giurisdizionale è pervaso di opportunità
politica e circondato di cautele (800).
La residualità
La giurisdizione amministrativa è sotto un certo
profilo "eccezionale" (residuale) rispetto a quella
civile, in quanto ci si aspetta che, di norma, le
istituzioni funzionino ed i reclami seri verso il loro
comportamento siano episodici801. Non si può infatti
esercitare con ordine una funzione pubblica,
sanitaria, educativa, infrastrutturale, ambientale o
culturale che sia, sostituendo i pubblici uffici di volta
in volta competenti con la giustizia amministrativa.
Giurisdizione
generale di
annilamento
Questa riflessione è confermata dal rapporto, tra
istituzioni pubbliche e relativo giudice, pacifico

798
) Magari corredate da abusi di potere per fini personali, ma non
necessariamente.
799
) Dove si intravedono i germi dell'interesse legittimo.
800
Anche in Italia, prima della creazione dei TAR, i rimedi
giurisdizionali al potere amministrativo erano molto limitati
801
Mentre il processo civile costituisce un rimedio
giuridico a inconvenienti sociali (ad es. contratti non
rispettati, danneggiamenti,, etc.) il giudice del
potere rimedia a inconvenienti giuridici di una
funzione pubblica nel nostro caso quella tributaria. Il
cattivo funzionamento dell’istituzione
amministrativa è quindi già una disfunzione
giuridica, benchè non giurisdizionale; in materia
amministrativistica (cioè nel diritto delle funzioni
pubbliche "non giurisdizionali" par.1.3), il processo è
un danno in sé, un campanello di allarme anche
giuridico.

472 di 704
nell'ordinamento italiano802, con l'impossibilità del
giudice di sostituirsi alle amministrazioni, limitandosi
ad annullarne gli atti. Il relativo giudizio, in generale,
è infatti "di impugnazione-annullamento"; ciò
soddisfa l'interesse del ricorrente 803 quando si tratta
di atti "punitivi", e anche di imposizione, come
vedremo più avanti per la determinazione dei tributi.
Per altre funzioni amministrative, invece, la sentenza
di annullamento dell'atto non basta a soddisfare
l'interesse del privato; quest'ultimo ha infatti
bisogno di un nuovo atto, conforme alle sue
aspettative e che potrebbe essere invece immune
dal vizio censurato, ma ancora difforme da quanto il
privato si aspetta; quando la situazione è chiara per
il giudice, questo può incaricare un "commissario ad
acta" di applicare i principi formulati in sentenza al
resto del contesto in cui occorre deliberare (804).
Particolarità
tributarie: margini
del giudice per
rideterminare il
tributo
Lo scenario che precede muta in parte in materia
tributaria, per una serie di motivi strutturali, a
partire dall'interesse meramente oppositivo del
contribuente all'azione degli uffici tributari805; alla
particolarità si aggiunge la tradizione, e la
persistente necessità806 di una fase di valutazione
amministrativa, in base a stime, della ricchezza non
determinabile in modo contabile. La tradizione, ed

802
) E in molti altri, per ragioni elementari di ordine istituzionale.
803
) In questi casi si usa dire che il semplice annullamento dell’atto è
“satisfattivo” per l’interesse del privato che si rivolge al giudice.
804
La nomina di un commissario ad acta è il massimo che il
giudice può fare, vista la sua estraneità alla gestione delle
diversissime funzioni istituzionali coinvolte.
805
) Cui si possono riportare, come vedremo , anche le azioni di rimborso di
tributi non dovuti.
806
) Già indicata ai paragrafi precedenti per molte forme di ricchezza, non
determinabili attraverso le aziende.

473 di 704
anche la logica, degli organi di contenzioso
amministrativo, in materia tributaria, era anche
quella di rideterminare il tributo807; questa
rideterminazione era insomma meno macchinosa
che rinviare l'iniziativa all'ufficio tributario, secondo
il modello amministrativo, con possibilità di una
nuova impugnazione. quanto tali rideterminavano
anche il tributo.
dall’”impugnazione
annullamento”
all’impugnazione
merito”
E' questa la cornice in cui si radica la presente
giurisdizione speciale tributaria, definita di
"impugnazione-merito" per distinguerla da quella
amministrativa generale sopra descritta come
"impugnazione-annullamento". L'annullamento,
previsto dalla giurisdizione amministrativa, si
completa a ben vedere con la possibilità di un
"annullamento parziale" dell'atto impugnato; è
una possibilità perfettamente compatibile con la
natura impugnatoria del processo, che avrebbe
potuto essere definito, con meno equivoci, come "di
annullamento anche parziale" 808.
La sentenza ridetermina l'imposta, in relazione
all'atto, ma non si sostituisce all'atto, altrimenti il
giudice svolgerebbe una attività di amministrazione
attiva, muovendosi invece "nei limiti" dell'atto,
807
Ricordiamo infatti che la funzione tributaria , prima della
tassazione attraverso le aziende, era infatti strutturalmente
contenziosa, in quanto la determinazione estimativa della
ricchezza comportava divergenze fisiologiche, per cui era
indispensabile un sistema di riesame amministrativo. La
rideterminazione dei tributi davanti a organi di contenzioso
amministrativo fa quasi parte della normalità della valutazione
della ricchezza, con organi contenziosi preposti alla
rideterminazione estimativa di valori immobiliari, tenori di vita,
piccole attività commerciali e professionali, fondi agricoli e via
enumerando.
808
) Usando l’espressione “annullamento parziale” ci si sarebbe quindi
mantenuti in linea con quanto accade in generale nel processo amministrativo.

474 di 704
secondo i criteri generali dell'(eventuale) intervento
giurisdizionale nel diritto delle funzioni pubbliche
non giurisdizionali (809). In tutti i processi di
annullamento, tuttavia, il giudice può fornire
all'istituzione che ha emesso l'atto impugnato alcuni
principi cui conformarsi; è una tendenza sempre più
diffusa anche nel diritto amministrativo, con le
sentenze che offrono "programmi di azione" cui le
amministrazioni convenute dovrebbero
conformarsi810. Tuttavia non si amministra per
sentenza,
Ampiezza dei casi
di “impugnazione
annullamento”
Il processo si ferma all'annullamento qualora
esistano gravi vizi formali oppure il fondamento della
pretesa sia del tutto insufficiente, o sprovvisto di
riscontri probatori (carenza di motivazione o di
prova).Il "merito", tuttavia, si limita -come vedremo
ampiamente tra poco- alla possibilità di
rideterminare il tributo nell'ambito quantitativo
richiesto dall'ufficio e soprattutto delle ragioni di
diritto e di fatto cui l'amministrazione si riferiva811.
809
) Si ricordi che mentre il giudice indipendente dalle parti è presente
necessariamente in qualsiasi collettività , per quanto attiene alla soluzione delle
controversie private (Par.1.3, 2.1 etc.), la tutela contro il cattivo esercizio di
una funzione istituzionale può essere, ed è spesso stata, anche in paesi
democratici, solo “gerarchico-politica”.
810
) Si parla in proposito di atti “conformativi” , con espressione di dubbia
precisione, ma ricorrente anche in materia tributaria. Spesso infatti il giudice
descrive la soluzione da adottare, ne indica i principi (sempre latenti nella
materia del conendere) e rimanda all’ufficio tributario per la relativa
applicazione, specie quando si tratta di effettuare distinzioni troppo complesse
rispetto alla struttura del processo. Tuttavia anche questo conferma che non si
amministra per sentenza. .
811
I poteri istruttori del giudice, retaggio della vecchia
natura amministrativa delle commissioni, e raramente
esercitati, sono inutilizzabili per dare all’accertamento base
diversa da quella indicata nella relativa motivazione, o per
accogliere il ricorso per motivi non indicati dal ricorrente
(paragrafo 6.2 sulla motivazione); il “principio della

475 di 704
“impugnazione
merito” come
“annullamento
parziale
La formula Impugnazione-merito indica solo la
possibilità di "annullamento parziale" della pretesa
da parte del giudice tributario, ma non implica
-ripetiamo- alcuna sua sostituzione
all'amministrazione finanziaria.
L'atto che viene parzialmente confermato,
eseguito, e casomai portato ad esecuzione
coattiva (paragrafo 6.11), non è infatti la sentenza,
ma l'atto impugnato, che resta in vita a seguito
del rigetto, talvolta totale o anche parziale, del
ricorso.
Radici
terminologici
L'espressione "merito" può giustificarsi in quanto,
per verificare i motivi di impugnazione dell'atto, il
giudice deve entrare nel merito di come è stata
determinata la pretesa del fisco; all'interno della
materia del contendere così come definita dall'atto
di accertamento e dai motivi del ricorso, il giudice
potrà confermare l'atto impositivo, nei limiti della
relativa motivazione e delle relative prove per
il minor importo che ritiene fondato.
Rilevanza dei
motivi e della causa
petendi
L’oggetto del processo tributario non quindi è
l’imposta dovuta, ma ’imposta dovuta per una
determinata contestazione adeguatamente motivata
in fatto e in diritto; solo in questo ambito è ammessa
la rideterminazione da parte del giudice, secondo lo
schema della c.d. "impugnazione -merito".
Questo ruolo "parzialmente attivo" dei giudici è
messo alla prova da casistiche complesse, dove il
giudice capisce l'illegittimità dell'accertamento, ma
domanda”, con la necessità di indicare i motivi di invalidità
dell’atto impugnato, è quindi perfettamente conciliabile con la
natura oggettivamente amministrativa del processo.

476 di 704
senza essere in grado di svolgere il
ridimensionamento suddetto. Immaginiamo
valutazioni complesse, come i vari profili per
stimare i ricavi non registrati, par. 5.13 ss.; qui un
intervento attivo del giudice, nel rispetto del
principio del contradditorio, può estendersi a questi
aspetti, che restano all’interno della materia del
contendere, senza stravolgere i ruoli delle parti o
ipotizzare fantomatiche modifiche della materia del
contendere ; essa resta la medesima anche quando,
nel rispetto del principio del contraddittorio e senza
decisioni a sorpresa, cambiano alcuni profili di stima
della ricchezza.

6.8. Segue: Impostazione, reclutamento ed eterogeneità di


un giudice sspeciale “part time”
Indifferenza
originaria per le
stime
L'improvvisazione della riforma del 1973812 verso la
ricchezza non determinabile ragionieristicamente
emerge anche nel contenzioso giurisdizionale.
L'errore, come ricordato al par. 6.4, fu quello di
abrogare il contenzioso amministrativo presso gli
uffici , che sarebbe stato un fondamentale
cuscinetto per la stima degli imponibili non
determinati attraverso le organizzazioni, soprattutto
aziende (par.3.1).
impacciata
ispirazione al
processo civile
Al formalismo contabile della determinazione del
reddito si accompagnò il formalismo giuridico del
processo giurisdizionale. Il modello ispiratore fu il
processo civile, anche perché non esisteva un
modello amministrativo diffuso e sperimentato cui
812
) Già indicata al par.5.13 per il contabilismo del lavoro indipendente , e al
par.5.12 per la normativa sugli accertamenti.

477 di 704
fare riferimento per una dialettica fisiologica e di
massa tra uffici tributari e contribuenti. Restò però
ferma la sbrigatività del processo e l'estemporanea
selezione di giudici "part time", di cui riparleremo
oltre.
Indipendenza, e
autogoverno
Fu certamente conquistato il requisito
dell'indipendenza Il requisito dell’indipendenza,
rispetto alle parti in conflitto; oggi tale requisito è
salvaguardato da un organo elettivo di
autogoverno (il «consiglio superiore della giustizia
tributaria»); la dipendenza delle dotazioni logistiche
e del personale tecnico delle segreterie dal ministero
dell’Economia sono inidonee a compromettere
l'indipendenza suddetta, presidiata anche da
incompatibilità di cui diremo ed ordinari obblighi di
astensione.
Insufficienza del
requisito
dell’indipendenza
L'indipendenza del giudice non lo trasforma però
miracolosamente in giudice adeguato,
qualitativamente e quantitativamente, sotto il profilo
delle conoscenze, dello status e della
remunerazione, alle controversie affidategli.
Vedremo in quale misura questo giudice speciale,
nel senso di “specifico per le controversie
tributarie”, sia però tutt’altro che “speciale” sotto
altri profili, soprattutto della qualità del giudizio,
gravemente insoddisfacente rispetto al modello
civilistico e alla nuova fiscalità della tassazione
attraverso le aziende.
Formalismo nel
reclutamento e
irrilevanza di
preparazione
tributaria
Ai fini del reclutamento dei giudici tributari, sono
sufficienti titoli di studio economico-giuridici e altre
qualifiche formali, prestabilite dalla legge, in

478 di 704
relazione soprattutto all’anzianità di servizio in
pubblici uffici e assimilati.
Non è richiesta alcuna preparazione in materia
tributaria e troviamo nel migliore dei casi le
sensibilità giuridico generaliste dei magistrati
ordinari (cd.
membri togati), nonché di altri professionisti
(avvocati, etc.), dirigenti e funzionari di enti o
amministrazioni pubbliche.
incompatibilità
Non si può neppure contare sull’esperienza di una
qualche attività tributaristica collaterale, in quanto
rigide incompatibilità escludono dalle
commissioni chi svolge una qualche attività
professionale nel settore; lo scopo dichiarato è
salvaguardare l'indipendenza dei giudici, ma il giro
di vite sulle incompatibilità fu ispirato al timore di un
eccessivo "favor" per i contribuenti, da parte di chi
operava in materia tributaria. Abbiamo quindi un
giudice speciale, ma non specializzato, anche
perché il 50 percento di giudici professionisti ,
estratti dalla magistratura ordinaria, amministrativa
o contabile, sono ordinariamente professionisti di
altre questioni , come incidenti stradali, sfratti,
fallimenti, cause di lavoro, indagini penali etc.
Eterogenità di
formazione e
retroterra di
esperienze
Al percorso di reclutamento e di carriera comune
non corrisponde una esperienza condivisa, che
rende quindi eterogenei i giudici, ostacolando la
previsione del loro atteggiamento e della loro
sensibilità; la presenza di bagagli culturali , percorsi
di carriera, attività principali divergenti, rende
difficile per le parti adottare strategie processuali
omogenee; si accentuano gli inconvenienti delle
carenze di istruttoria e di contraddittorio di cui
diremo. Questa eterogeneità di estrazione e di

479 di 704
cultura rende più difficile omogeneizzare lo
strutturale personalismo, latente nei giudici,
tendenti a filtrare individualmente, puntualizzandolo
nel caso di specie813, il sistema di valori e di regole
esistenti nella società, come rilevato già al par.1.3814.
Remunerazione a
cottimo
La remunerazione è simbolica, collegata al
numero delle sentenze redatte dai singoli giudici e
dal collegio; l’impegno è incentrato attorno alle
udienze, in genere ogni due settimane, più la
redazione delle sentenze, effettuata a domicilio,
ciascuno per conto proprio, dopo che il dispositivo è
stato concordato con gli altri giudici; su questa
premessa, è comprensibile che una importante
preoccupazione del giudice sia smaltire le sentenze.
Rispetto a questa remunerazione, molti giudici si
impegnano lodevolmente, visto il già indicato
compenso simbolico, e i risultati sono apprezzabili
soprattutto per le controversie indicate al par.6.10
(liquidazioni, stime “valutative” alla portata della
sensibilità giuridico-economica comune); nel
complesso però la mole di contenzioso, anche
specialistico, su una magistratura “part time” e
senza selezione tecnica, provoca una intollerabile
imprevedibilità del processo, più nociva di
sentenze sbagliate, ma omogenee.
Inadeguatezza alla
sostanza di molte
controversie
Un giudice “generalista” ed “onorario”, deve
avventurarsi, nel corso di riti progettati per essere
sbrigativi e senza contraddittorio formale, su
813
) Il giudice esprime la funzione pubblica meno istituzionalizzata, co meno
controllo reciproco e maggiori margini per “farsi interpreti delle istruzioni
ricevute”, come arbitro in terra del bene e del male. E’ una posizione che si
concilia con la tendenza italiana a sentirsi “salvatori della patria a tempo perso”
(par.1.6) finchè se ne ha voglia, tagliando poi corto con generici giri di parole
quando l’entusiasmo passa.
814
) In un settore confusionario e drammatizzato come quello dei tributi,

480 di 704
vicende ormai numerosissime e remote nel tempo,
filtrate da resoconti di parte facili da equivocare e
spesso volutamente disorientanti; si accentua così la
tendenza latente nella giurisdizione, a decidere
-magari correttamente- ma per intuizioni troppo
impegnative e sfuggenti per essere generalizzate ed
espresse in modo organico, rifugiandosi quindi, in
tutto o in parte, sui giri di parole vagamente in tema
indicati al par.4.4, come possibile scappatoia
motivazionale di tutte le istituzioni. La già indicata
scarsa familiarità sulla tassazione attraverso le
aziende, assieme alla sbrigatività della tempistica
processuale, lascia infatti molto a desiderare, e
rende frequenti le sentenze casuali. Magari non in sé
sbagliate, ma imprevedibilmente divergenti, per la
suddetta varietà di estrazione ed esperienza dei
giudici.
L’avvicinabilità da
parte degli uffici
La carenza di dialettica processuale spinge spesso a
costruire una dialettica parallela e relazionale ,
talvolta utile solo per capire e talaltra carica di
sospetti; la "parte" per cui è più agevole un contatto
istituzionale alla luce del sole col giudice è quella
pubblica, cioè l'amministrazione finanziaria;
l'agenzia delle entrate può informarsi a testa alta
sull'orientamento delle commissioni tributarie a
proposito di determinate questioni di diritto e
torneremo al par.6.10 sulle tipologie di controversie
in cui scatta un favoritismo “pro fisco”; l'attenzione
dei giudici verso gli uffici in pratiche importanti e
“visibili”, costituisce una “lecita” moneta di scambio
per un trattamento amministrativo di favore su
pratiche “minori” e “segnalate”, direttamente o
indirettamente dal giudice.
Degenerazioni
corruttive
I margini di manovra, tuttora elevati in istituzioni
molto personalizzate, come quelle giurisdizionali,

481 di 704
consentono innocenti “interessamenti”, che
travalicano gli episodi di corruzione balzati di tanto
in tanto agli onori della cronaca.
Vedremo un bilancio del sistema al par.6.10, dopo
averne descritto il funzionamento al paragrafo
seguente.

6.9. Rito processuale: l’intreccio tra sostanza


impugnatoria e modello processualcivilistico
Ambito applicativo
alla generalità dei
tributi
La giurisdizione speciale tributaria riguarda ogni
tributo, identificato nei modi di cui al termine del
par.5.1; segnaliamo al riguardo la tendenza
giurisprudenziale ad ampliare la nozione di
tributo815, ed altre entrate caratterizzate da una
imprecisata “coattività”. Quest’ultima viene riferita
anche a casi dove manca una amministrazione
pubblica, ed un atto autoritativo, come le suddette
quote di iscrizione ad albi professionali e le tasse di
imbarco816.
Il fuorviante
modello civilistico
Benchè si tratti di un processo di impugnazione di
atti amministrativi, il modello di riferimento
utilizzato è il processo civile, cui si ispira il d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546 sul rito processuale
tributario; fino a questa disposizione il processo era
sbrigativo nella sostanza, ma quantomeno snello

815
Vi sono stati inseriti anche contributi a consorzi, quote di
iscrizione ad albi professionali, diritti aeroportuali di imbarco
dovuti dalle compagnie aeree alle società di gestione degli
aeroporti, operanti in regime di concessione, le quote di
iscrizione alla camera di commercio.
816
) Dove il percettore è il concessionario gestore dell’aeroporto, a carico della
linea aerea, il che spingerebbe –per coerenza- a considerare tributi anche i
pedaggi autostradali, classificati invece tra le tariffe (par.5.1): Si vede anche
sotto questo profilo che la giurisprudenza, come tutte le istituzioni, non
“insegna”, non sistematizza, ma ha il compito di gestire la casistica.

482 di 704
nelle forme; queste ultime furono inutilmente
appesantite imitando il rito processualcivilistico
nelle complessità esteriore. Dopo la riforma del 1992
rimase quindi la sbrigatività del giudizio e tutti gli
altri già rilevati difetti della giurisdizione speciale
tributaria; rimane la
difficoltà di interlocuzione, specialmente davanti a
pratiche complesse.
introduzione del
processo
Visto il contesto amministrativistico è normale sia
il privato a rivolgersi al giudice, in quanto
l’ufficio tributario non ne ha bisogno, incidendo di
propria iniziativa nella sfera del privato con gli atti
unilaterali di cui al par. 6.1. Questa inevitabile
"unidirezionalità" dell'introduzione del processo è già
una prima manifesta deviazione dal modello
civilistico del "processo di parti", prive di poteri
pubblicistici 817.
Gli atti impugnabili
Il ricorso è ammesso contro atti di
determinazione del tributo o di sanzioni (atti
impugnabili), individuati normativamente, come
l’avviso di accertamento, l’avviso di liquidazione
delle imposte indirette, l’iscrizione a ruolo,
l’irrogazione di sanzioni818. Per altri atti, o meri
comportamenti, l’impugnazione è differita a
quando daranno luogo ad atti impositivi, in quanto è
ritenuta “prematura”, come nel caso dei “verbali di
constatazione” (paragrafo 5.6). Per alcuni
817
) Ed una conferma dell’opportunità di adottare schemi del processo
amministrativo, che nel 1992 erano già abbastanza messi a fuoco, a differenza
di quanto accadeva nel 1972, all’avvio della riforma del contenzioso , nel
quadro della generale riforma tributaria di quel periodo.
818
) Anche quest’introduzione , permessa solo con l’impugnazione di atti,
rivela l’oggettiva natura impugnatorio-amministrativistica del processo
tributario, al di là dei paludamenti esteriori ispirati al processo civile. Più che
parlare di divieto civilistico di “accertamento preventivo”, tale
divieto si spiega con la natura “endoprocedimentale” dei
relativi atti (interni a un procedimento ancora da definire).

483 di 704
comportamenti degli uffici, come quelli istruttori,
non è prevista tutela, come indicato al par. 5.6,
mentre di alcuni atti cautelari parleremo più avanti.
Atti non notificati e
conoscenza di fatto
Qualche volta la pretesa tributaria viene presentata
con atti meno formali, come la fattura ai fini del
tributo sulla raccolta dei rifiuti (par. 10.10), i c.d.
“avvisi bonari” non notificati (par. 5.5) o atti
interpretativi personalizzati. Tali atti, quantunque
tipologicamente diversi dagli atti impositivi, indicano
in modo compiuto una pretesa tributaria.
Per i suddetti atti non notificati si delinea una
“impugnazione facoltativa”, in punto di fatto, nel
senso che l’impugnazione è ammessa, ma il
contribuente potrà sempre impugnare l’atto
successivo, potendo sempre addurre una sua
mancanza di conoscenza legale di quello
precedente819.
Imitazione della
notifica civilistica
Il ricorrente deve prima notificare, presentare o
spedire via posta il ricorso all’ufficio finanziario,
ricalcando le modalità del codice di procedura civile.
È consentita, sul modello civilistico, anche la notifica
a mezzo ufficiale giudiziario, più formale e costosa,e
in questo
caso è superflua, in quanto la controparte è una
amministrazione pubblica, che rilascia formale
ricevuta (nei poteri di certazione amministrativa di
cui al par.5.6).
impugnazione e
definitività dell’atto
819
) La conoscenza legale sussiste però quando, in atti facenti fede (ad esempio
perché raccolti da pubblico ufficiale) il contribuente ammette la data in cui ha
ricevuto l’atto non formalmente notificato, o comunque dichiara, in quel
momento, di esserne a conoscenza. A questo punto ha senso considerare
iniziato, almeno dal momento dell’ammissione, il termine di cui diremo oltre,
per effettuare l’impugnazione. Gli schemi sono molto simili a quelli della c.d.
“conoscenza di fatto” del diritto amministrativo.

484 di 704
Questa presentazione deve avvenire nel termine di
decadenza di 60 giorni dalla notifica dell’atto
impugnato, che -come indicato al par.6.1- è
espressione di autotutela amministrativa, e si rende
definitivo se non oggetto di ricorso.
Il doppio termine
tra mittente e
destinatario
Secondo le regole generali – in caso di spedizione a
mezzo posta- il rispetto del termine di 60 giorni
sussiste anche se in tale lasso temporale avviene la
spedizione del ricorso; si crea quindi, il solito “doppio
termine”, col limbo costituito dagli imprecisati tempi
tecnici della posta, tra la spedizione del ricorso e la
sua ricezione da parte del destinatario.
Costituzione in
giudizio
Entro l'ulteriore termine perentorio di trenta giorni
da quello di invio all'ufficio, il ricorso va depositato
o spedito alla segreteria della commissione (artt.
21 e
22 d.lgs. n. 546); la perentorietà di questa
costituzione in giudizio si giustifica in quanto solo
con questo deposito (denominato, riprendendo
un’espressione del processo
civile, «costituzione in giudizio del ricorrente») la
commissione viene investita formalmente della
controversia (cfr. art. 22).
In tale sede il ricorrente deve depositare, in allegato
al ricorso, la copia dell’atto impugnato e i documenti
che produce, pagando altresì il contributo
unificato, tributo variabile in relazione alla fascia di
valore in cui si colloca la lite (il mancato pagamento
non comporta peraltro decadenza dall'azione, ma
espone alla riscossione coattiva).
Atti presupposti e
litispendenza
Spesso si tratta di atti emessi in sequenza (ad
esempio l’avviso di accertamento precede
l’iscrizione a ruolo), e quindi gli atti successivi non

485 di 704
sono impugnabili per la parte riproduttiva di un atto
precedente in modo da non vanificare i termini per
impugnare quest’ultimo o gli esiti del processo
pendente su di esso (art. 19 comma 3).
Contenuto del
ricorso e materia
del contendere
Il ricorso deve contenere, oltre a una serie di dati
identificativi del ricorrente, della controparte e
dell'atto impugnato (art. 15) i «motivi del
ricorso»; si tratta dei vari vizi per cui si chiede
l'annullamento totale o parziale dell'atto
impugnato (od il rimborso dell’imposta). Tali
motivi, assieme alla motivazione dell’atto
impositivo, delimitano la materia del
contendere», in
un processo strutturalmente impugnatorio (820).
l’erronea
determinazione del
tributo come vizio
dell’atto
Gli errori e le omissioni nella determinazione del
tributo diventano altrettanti vizi logici o giuridici
dell’atto impugnato; sotto questo profilo, quindi,
rilevano, come vizi dell'atto, anche la carenza di
motivazione o di prova (821). Il giudice tributario,
come tutti i giudici amministrativi, non si trova
davanti un privato che richiede a un altro privato un
bene della vita, ma a un privato che lamenta il
cattivo funzionamento di una istituzione pubblica. Il
punto centrale della questione, per il giudice,
dovrebbe quindi essere capire se, e dove,
l'istituzione che ha emesso l'atto ha sbagliato.

820
Il processo resta impugnatorio, non tanto di un atto quanto di
un comportamento, anche nel caso delle liti di rimborso, come
vedremo tra poco.
821
Al precedente par. 6.2 abbiamo visto che , al di là del
meccanicismo tra "prova e controprova", l'insufficiente
fondamento probatorio della determinazione del tributo diventa
un vizio dell'atto amministrativo di accertamento.

486 di 704
Adempimenti del
resistente ed effetti
della sua inerzia
Proseguendo col rito, la parte contro cui il ricorso è
proposto (c.d. «parte resistente»), cioè (in primo
grado) l’ufficio finanziario, l’ente locale o il
concessionario per la riscossione) ha 60 giorni
di tempo per “costituirsi in giudizio”, cioè
prendere posizione sul ricorso con un atto di
controdeduzioni. L’inerzia del resistente non
comporta alcuna sua automatica sconfitta, già nel
processo civile; il giudice ben potrebbe infatti
respingere il ricorso, in quanto non fondato in fatto o
in diritto, anche se il resistente non ha partecipato al
giudizio; la mancata costituzione comporta solo
pregiudizi di rito, come il mancato invio dell’avviso di
udienza (art. 31) o la mancata comunicazione della
sentenza (art. 37),
riservate alle parti costituite.
esame preliminare
Il ricorso è soggetto a un esame preliminare, per
verificarne alcune caratteristiche formali: a tale
scopo viene assegnato a una delle sezioni giudicanti
di cui si compone la commissione, che individua i
ricorsi palesemente inammissibili (artt. 27 ss.),
per tardività, per mancata sottoscrizione, per
tardiva costituzione del ricorrente, ecc.. Contro tali
provvedimenti le parti possono presentare reclamo
alla commissione (cioè al collegio), che conferma
l’inammissibilità con sentenza impugnabile, ovvero
accoglie il reclamo, e dispone con ordinanza la
prosecuzione del processo.
Comunicazione
udienza e memorie
Viene fissata la data di trattazione (udienza),
comunicata al contribuente e all’ufficio, se
costituitosi (art. 31). E' possibile presentare
documenti e «memorie illustrative» dei motivi già

487 di 704
fatti valere, nei termini di dieci giorni prima
dell’udienza (per le memorie) e di 20
giorni per i documenti, presentati in segreteria (con
una copia per la controparte, che potrà ritirarla).
sommarietà
dell’udienza
L’attuale processo tributario prevede l’udienza
pubblica solo se una delle parti la richiede,
altrimenti la controversia viene decisa in camera di
consiglio, alla presenza cioè dei soli giudici e del
segretario.
Nella pubblica udienza, cui possono partecipare il
contribuente e il rappresentante dell’ufficio
finanziario, il componente della commissione che
funge da relatore illustra la questione, in genere in
modo molto asettico.
Difficoltà di
interlocuzione
A questo punto le parti sono ammesse alla
discussione; essa consiste in realtà di brevi
illustrazioni di quanto già scritto, una per parte e a
compartimenti stagni, con difficoltà di
interlocuzione e scarsa dialettica processuale. La
durata dell'udienza varia a seconda delle questioni
da discutere, ma in media si aggira in un quarto
d'ora, durante il quale è difficile interloquire,
precisare punti specifici, chiarire dubbi, replicare.
Carenze di
interlocuzione e
divieto di prova
testimoniale
La grossolanità del rito è confermata dalla
mancanza di attività preparatoria, in contraddittorio,
per mettere a fuoco i punti salienti della questione
(c.d. "precisazione delle conclusioni" del rito civile).
Manca una istruttoria formale, con
interlocuzioni sull'orientamento del giudice, a
proposito degli aspetti della controversia che gli
sembrano rilevanti; non si chiariscono
gradualmente, nel contraddittorio delle parti, i punti

488 di 704
che il giudice ritiene importanti. Non si riesce quindi
a prevedere come si sta formando il convincimento,
quale interpretazione sta seguendo il giudice, in
quali equivoci magari sta cadendo.
La dialettica tra i giudici e coi giudici è quindi ben
minore di quella coi funzionari e tra funzionari di uno
stesso ufficio, che si frequentano stabilmente; ciò
ostacola ulteriormente il superamento delle
eterogeneità di partenza indicate al par.6.7.
In questa sbrigatività del processo tributario si
inserisce anche il divieto di prova testimoniale,
confermando la sommarietà del rito822, in cui si
mortificano quei principi dell’oralità, del
contraddittorio e della formazione giudiziale della
prova cui è stata data addirittura rilevanza
costituzionale.
Raro esercizio
poteri istruttori
Dopo l'udienza la causa viene messa subito in
decisione, e le ulteriori richieste istruttorie, come
l'ordine di presentare atti e documenti destinati a
confermare la veridicità di alcune affermazioni di
parte, sono molto rare. Ricordiamo dal par.6.7
l'impossibilità di utilizzare questi poteri per
un'attività sostitutiva, da parte del giudice, di quella
svolta dall'ufficio.
Indeterminatezza
nella tempistica
della decisione
Dopo l’udienza i giudici non hanno un termine
preciso entro il quale i giudici debbano
comunicare l’esito del giudizio e depositare le
motivazioni della sentenza in segreteria.

Questa sommarietà avvantaggia oltremisura gli


822

uffici tributari, che nelle indagini possono


acquisire dichiarazioni di terzi, per poi utilizzarle nel
processo, con una valenza pratica di prova
testimoniale.

489 di 704
spese di giudizio e
conoscenza legale
La sentenza decide anche sul rimborso delle spese
processuali; da alcuni anni è stata infatti introdotta
la condanna del soccombente al rimborso delle
spese processuali (art. 15, D.lgs. n. 546/1992),
sempreché la commissione non ritenga di
compensarle tra le parti per la particolare
complessità della controversia.
Una volta depositata la sentenza, se ne può ottenere
copia e la parte vittoriosa può notificarla, facendo
scattare il termine “breve” di 60 giorni per l’appello
(art.
51). Senza tale notifica subentra il «termine lungo»
di cui all’art. 327 c.p.c., secondo cui la sentenza
passa comunque in giudicato se non impugnata
entro sei mesi dal suddetto deposito.
appello alla
commissione
regionale
La presentazione dell’appello avviene secondo gli
stessi criteri previsti per il ricorso (art. 53, comma 2,
che rinvia all’art. 20). La segreteria della
commissione regionale,
destinataria dell’appello, richiederà quindi alla
commissione provinciale il fascicolo contenente il
resto della documentazione (sentenza, ricorso
introduttivo, controdeduzioni, memorie, documenti
ecc.).
iniziativa
dell’appello e
richiamo di regole
procedurali
Essendo possibile che il contribuente abbia vinto il
processo di primo grado, l’appello può provenire
anche dall'ufficio. La parte che presenta l’appello
per seconda, perché anche lei ha motivi di chiedere
un secondo giudizio, deve farlo con l’appello
incidentale (art. 54), proposto nelle già indicate
forme della costituzione in giudizio, cioè senza
notificazione alla controparte, ma con deposito alla

490 di 704
segreteria della commissione. L'appello segue le
stesse regole procedurali indicate sopra per il
giudizio di primo grado (fissazione dell’udienza, le
memorie, discussione, notificazione della sentenza,
etc.).
Appello come
nuovo giudizio
L’appello non è un rimedio "Impugnatorio", cioè non
passa attraverso specifici vizi logico-giuridici della
sentenza appellata (come l'impugnazione di
cassazione) ma costituisce un nuovo giudizio, nei
limiti definiti in primo grado ed in quelli –
eventualmente più ristretti – definiti dai motivi di
appello. Occorrono tuttavia i «motivi specifici
dell'appello»,consistenti nelle ragioni per cui
l’appellante chiede un secondo, e possibilmente
diverso, giudizio.
Ricorso per
cassazione
Le sentenze delle commissioni sono impugnabili
per cassazione (artt. 62 e ss.), per vizi di
legittimità (violazione di legge, questioni di diritto),
ed anche carenza
dell’appena citata motivazione. Si tratta del tipico
rimedio «impugnatorio», articolato su “motivi di
ricorso”; ove la cassazione ritenga sussistente il
vizio, potrà decidere direttamente ove non
occorrano ulteriori accertamenti di fatto, altrimenti
rinvierà a una diversa sezione del giudice «a quo»,
che dovrà rinnovare il giudizio, seguendo se del caso
il principio di diritto fissato dalla cassazione.
particolarità in un
giudizio
impugnatorio
La cassazione giudica insomma “sulla sentenza”
già nel processo civile e quindi a maggior ragione è
il giudice del giudice anche nel processo
tributario; senonchè il processo tributario serve al
controllo di una funzione tributaria, non di una
funzione giurisdizionale. Così come l'istruzione, la

491 di 704
sanità o l'ambiente non funzionano a colpi di
sentenze del TAR, neppure la funzione tributaria può
essere guidata dalle sentenze della cassazione,
essenzialmente perché è una funzione che, a
differenza di quella giurisdizionale, prescinde dal
processo.
Limiti oggettivi
delle motivazioni
per una spiegazione
d’insieme
Sarebbe quindi illusorio attendersi una spiegazione
d'insieme della determinazione dei tributi attraverso
l'obbligo dei giudici di motivare le sentenze;
quest'obbligo è previsto in omaggio ai criteri di
trasparenza della funzione giurisdizionale, anche
verso le parti (che potranno vedere come sono state
vagliate le rispettive tesi). La preoccupazione del
giudice è però di redigere una sentenza corretta,
di cui spesso avverte le ragioni, ma non riesce a
generalizzarle sentendosi al riparo da possibile
critiche; per uscirne è quindi normale la
commistione degli argomenti, magari condita dai
consueti stereotipi vagamente in tema, proprio per
questo meno criticabili, secondo gli schemi di
comodità istituzionale indicati al par.4.4 e ripresi
dalla pubblicistica di dottrina di cui al par.4.3. Per
questo, il massimo risultato che ci si può aspettare
da tutti i giudici, sono “sentenze corrette” nel caso
concreto. Gli “insegnamenti giurisprudenziali” sono
al massimo un utile sottoprodotto, frequente
soprattutto nel diritto dei privati, dove il giudice è
l’istituzione di riferimento; tali insegnamenti sono
invece molto più rari nel diritto dei pubblici poteri,
compreso quello tributario; il giudice non è del resto
preposto a svolgere quei compiti formativi, sulla
determinazione dei tributi, che spetterebbero alla
comunità scientifica, come visto ai par.4.3 e
seguenti.

492 di 704
L’involuzione
indotta dalla
massificazione del
rito tributario in
cassazione
L'insuccesso della via giurisdizionale al diritto
tributario è confermato anche dall'involuzione che
ha avuto il contributo della cassazione al
ragionamento nel settore; è una involuzione
percepibile, da quando, con l'abolizione della
commissione tributaria centrale, si è riversata sulla
neocostituita sezione tributaria della cassazione una
valanga di pratiche.
Intasamento della
cassazione
La pressione numerica, con un ingolfamento di circa
6000 ricorsi tributari l'anno su una sezione composta
da poco più di 20 magistrati823 , ha nuociuto
fortemente alla qualità delle sentenze rispetto a
quando, in precedenza, un numero molto minore di
liti tributarie veniva esaminato dalla prima sezione
civile della cassazione824.
Il disorientamento
La mole di lavoro ha reso più difficile conciliare il
legittimo scrupolo di una “sentenza corretta nel
caso concreto” con le indicazioni di principio (c.d.
"nomofilattiche") attese dalla cassazione. La
difficoltà di calarsi in innumerevoli pratiche sbiadite
dal tempo, da capire attraverso ricorsi prolissi e
avvocatesco-tendenziosi ha portato molte sentenze
a contraddizioni (spesso inconsapevoli), sfasamenti

823
) Un breve calcolo aritmetico consente di stimare la redazione di circa 300
sentenze l’anno a testa.
824
Si è così autoprodotto un effetto esattamente opposto
rispetto a quello che, al successivo paragrafo 6.10 , suggerisco
per la giurisdizione tributaria, cioè processare meno processare
meglio. La cassazione , ingolfata nel modo indicato nel testo, è
invece stata costretta a processare di più, inevitabilmente
processando peggio. L'abolizione della commissione tributaria
centrale è stata, anche sotto questo profilo, un'ulteriore mossa
avventata della "processualizzazione" del diritto tributario.

493 di 704
rispetto alla determinazione della ricchezza;
l'ulteriore fraintendimento di queste sentenze, da
parte della pubblicistica825, spinge a riflettere
sull'opportunità .
A favore del fisco
Davanti alla drammatizzazione sociale del problema
dell'evasione (capitolo 4) è normale che i giudici
(cassazione compresa) tendano, in caso di dubbio,
ad avallare gli atti impositivi. E' normale che ciò
avvenga quando l'organo di vertice del diritto
giurisdizionale dei privati, come la cassazione, è
investito dei reclami contro gli atti impositivi; questi
ultimi sono emessi da un potere amministrativo
rispetto al quale la cassazione, più che
"indipendente" è estraea826. Egli è in grado di
vanificare le determinazioni erronee dei tributi, ma
non è ovviamente in grado di effettuare le
determinazioni corrette; se quindi, con le migliori
intenzioni, vengono avallati atti impositivi forzati e
inutili (come quelli sulle contestazioni interpretative)
si finisce per assecondare tendenze sbagliate degli
uffici tributari, e quindi per alimentarne le
disfunzioni. E' un altro dei motivi che confermano,
sotto un ulteriore profilo, il fallimento della via
giurisdizionale al diritto tributario, di cui diremo
anche al prossimo paragrafo.
L’introduzione
amministrativa
anche delle cause di
rimborso

825
) Mi riferisco sia alla pubblicistica praticoide di cui al par.4.4 sia a quella
accademica di cui al par.4.3, la cui frequente scientificità esteriore tende a
individuare nelle sentenze razionalità arcane cui i giudici neppure avevano
pensato, restando quindi sempre al punto di partenza.
826
) Al diritto amministrativo dei tributi sarebbe più adatto un “giudice delle
amministrazioni”, solo che i processi davanti al consiglio di stato e al tar sono
irrisori rispetto a quelli tributari. Questo spinge alla creazione di un giudice di
vertice tributario “ad hoc” , che interagisca con l’organo amministrativo di
vertice preposto alla determinazione dei tributi, cioè l’agenzia delle entrate
(par.4.2).

494 di 704
Due considerazioni conclusive comuni a tutti i gradi
del processo tributario. In primo luogo, come
anticipato, esso può anche essere “di rimborso”,
senza atti dell’amministrazione, ma innestandosi
sulle istanze di rimborso827, presentate agli uffici
finanziari nei termini
previsti dalle singole leggi d’imposta ovvero, in base
all’art. 21, comma 2, entro due anni dal pagamento
o dal sopravvenuto diritto al rimborso. Il rifiuto
espresso dell’ufficio finanziario va impugnato
secondo le regole generali, ma in genere si verifica
un suo silenzio.
il silenzio
sull’istanza come
presupposto
processuale
La mancata risposta, dopo 90 giorni dalla
presentazione
dell’istanza di rimborso, è un presupposto per
ricorrere alla commissione tributaria, entro il termine
di prescrizione decennale (art. 21, comma 2). Il
silenzio non vale come provvedimento
amministrativo di implicito diniego di rimborso,
che costringerebbe a ricorrere tempestivamente,
anche quando la mancata risposta dell’ufficio è
dovuta solo ad inerzia, senza alcuna intenzione di
negare il rimborso. Considerare il silenzio come il
simulacro (la fictio iuris) di un atto impugnabile
contrasterebbe con le tendenze più recenti del
diritto amministrativo, in cui – casomai – il silenzio
vale sempre più spesso come “assenso”.

827
) Non sono invece processi “di rimborso” quelli relativi alle inerzie
dell’amministrazione nel rimborsare le eccedenze a credito risultanti dalle
dichiarazioni dei contribuenti (par.3.4), non contestate dagli uffici tributari.
Qui infatti il fondamento del diritto al rimborso deriva dalla dichiarazione, e
può essere disconosciuto da un’azione amministrativa attiva, che passa per la
richiesta dei documenti contabili sottostanti. Il tipico processo di rimborso è
invece quello per imposte “autodeterminate in eccesso”, per errore o per
consapevole cautela, con successiva istanza di restituzione.

495 di 704
processo di
rimborso come
d’“impugnazione”
In queste liti di rimborso si tende ad attribuire al
contribuente la posizione di attore in senso
sostanziale, trascurando che ci si trova pur sempre
in un contesto
amministrativistico, e si sta esaminando il
comportamento di una istituzione pubblica rispetto a
una istanza del privato; ciò dovrebbe trattenere da
applicazioni troppo meccaniche, a carico del
contribuente, del criterio dell’onere della prova.
inadeguatezza del
processo per gli atti
diversi dalla
determinazione del
tributo
La disciplina processuale fu dall'inizio progettata
per gli atti di determinazione del tributo, e risulta
totalmente inadeguata quando si tratta di atti
diversi, collocati in una fase precedente o
successiva; si pensi ai provvedimenti cautelari,
sequestri e ipoteche, atti istruttori illegittimi, rifiuti di
esercitare l’autotutela (paragrafo 9.6), risposte
negative ad interpelli «autorizzatori» (ad esempio in
tema di società controllate in paradisi fiscali, o in
tema di «ruling internazionale »), etc...
procedure cautelari
In un processo orientato solo alla determinazione del
tributo mancarono per anni tutele cautelari
giurisdizionali; la loro introduzione non fu
generale, ma riguardò casi singoli, regolati in modo
episodico, a cominciare dalla sospensione della
riscossione delle somme accertate in pendenza di
ricorso, di cui diremo al par.6.12828.
828
Altre tutele cautelari assegnate in ordine sparso, e
specificamente, alle commissioni, riguardano il fermo degli
autoveicoli (c.d. “ganasce fiscali”) e le ipoteche sugli immobili,
da parte del concessionario per la riscossione. Alla giurisdizione
tributaria spetta anche il reclamo contro i provvedimenti di
sequestro cautelare contenuti nel decreto legislativo sulle

496 di 704
Tutela generale
contro atti
istruttori: ipotesi
Non appena ci si trova fuori dalle previsioni
casistiche, come quelle indicate sopra, riemerge la
carenza di una tutela generale del contribuente
rispetto ad attività amministrative, diverse dalla
determinazione del tributo; possono essere attività
istruttorie o di cautela patrimoniale amministrativa,
rispetto alla futura esecuzione fiscale. Una tutela del
giudice amministrativo o di quello civile
frammenterebbe la competenza tra giudici diversi,
contrariamente alla tendenza verso una giurisdizione
esclusiva «per materia», affidata ad un unico
giudice, senza distinguere le questioni di diritto
soggettivo da quelle di interesse legittimo829.

6.10. Geografia del contenzioso per tipologie di


controversie e complessivo insuccesso della “via
giurisdizionale” alla determinazione dei tributi

Valutazione
negativa non
razionalizzata del
contenzioso

sanzioni.
829
Per avvalorare la giurisdizione tributaria e
attribuire una tutela, si potrebbe sostenere anche
una interpretazione restrittiva dell’elenco degli atti
impugnabili, di cui all’art. 19,riferendone la
tassatività solo agli atti di determinazione del
tributo; questo dovrebbe attrarre, “per materia”, alle
commissioni tributarie tutte le liti del settore,
persino quelle
sull’accesso agli atti, di cui avevamo detto al
paragrafo 6.1.

497 di 704
Benchè gli addetti ai lavori del settore abbiano una
valutazione molto negativa della giurisdizione
tributaria, faticano spiegarne i motivi alla pubblica
opinione richiederebbe quella spiegazione d'insieme
della determinazione dei tributi che invece manca,
come indicato al cap.4. La carenza di diagnosi
spiega la difficoltà di suggerire terapie e il
perpetuarsi di una situazione insoddisfacente nel
suo complesso. Vedremo però che il giudizio sul
contenzioso giurisdizionale tributario va articolato
secondo le tipologie di controversie di cui diremo qui
di seguito.
Analisi della
relativa
composizione
Nell'ambito delle circa 500 mila controversie giacenti
nelle commissioni tributarie (830), si possono
individuare alcuni gruppi omogenei, cui si addicono
valutazioni diverse. Ciò sia per la natura delle
controversie, sia per la loro familiarità al bagaglio
culturale dei giudici, sia per la necessità o meno di
una complessa istruttoria in punto di fatto.
Pratiche seriali di
liquidazione
La maggior efficienza complessiva della
giurisdizione tributaria riguarda le controversie
innescate da pratiche di liquidazione (par.5.5),
ripetitive e facilmente inquadrabili831; spesso si
tratta infatti di contenziosi innescati dalla gestione
spersonalizzata, informatica, di grandi masse di
dati, da parte degli uffici; i quali spesso riconoscono
nelle vie brevi che il contribuente ha ragione,
adducendo però che "la procedura" impedisce loro di
dargliela. Il giudice, senza le sudditanze burocratiche
che vincolano gli uffici, supera queste pastoie e
830
Numero abnorme rispetto agli altri paesi europei
831
) Si pensi ad esempio alle esclusioni della deducibilità degli oneri e spese
personali, di cui abbiamo detto al par.5.5, alle detrazioni per l’edilizia, agli
accertamenti di redditi fondiari in base ai contratti di locazione, alle
contestazioni sulla tempestività dei versamenti in acconto e a saldo.

498 di 704
queste diffidenze, anche perché si tratta di questioni
abbastanza facili da ricostruire in giudizio.

Valutazioni alla
portata del senso
comune, ma da
personalizzare
Questa indipendenza del giudice è utile anche per i
contenziosi valutativi dove occorre ragionare per
ordine di grandezza, per operatori economici
individuali; mi riferisco agli accertamenti induttivi di
cui al par. 5.13(832); lo stesso accade per gli
accertamenti in base al tenore di vita833 o al valore
corrente di terreni, fabbricati o aziende834, nonché
per le valutazioni delle rendite catastali835. , Anche
per queste controversie viene in gioco il bagaglio di
esperienza comune della pubblica opinione e delle
classi dirigenti, condiviso dai giudici tributari,
qualunque sia la loro estrazione, tra quelle indicate
al par. 6.8.
Del tutto inutili sono le pratiche seriali da rimborso,
che ogni tanto si materializzano, come quelle da
IRAP su soggetti non organizzati (par.9.6), quelle sul
rimborso delle ritenute sul TFR, quelle per
incostituzionalità sospetta di qualche tributo.
Contestazioni
valutative e
interpretative
specialistiche
Man mano che la stima si fa complessa, che gli indizi
da considerare, anche contabili, aumentano, il
processo si fa sempre meno soddisfacente.

832
) Si pensi ad esempio ai lavoratori indipendenti “monocliente” , senza i
presupposti per incassi in nero, come rappresentanti di commercio o autori
televisivi, raggiunti da accertamenti in base agli studi di settore di cui i
presupposti sostanziali, nel caso di specie e per i motivi suddetti, mancano del
tutto.
833
) Sopra par.5.14, a proposito del c.d. “redditometro”.
834
) Paragrafo 10.2 sulla base imponibile del tributo di registro.
835
) Vedasi infra par. 8.2 per i terreni e 8.4 per i fabbricati.

499 di 704
Lo si vede per le contestazioni interpretative
specialistiche di cui ai par.3.9 e 3.10 sull'elusione
fiscale. In questa misura il giudice, per via della
struttura stessa del processo, della sua tempistica, si
sente sempre più disorientato dalla questione; la
meccanica tipica di qualsiasi processo
amministrativo, spinge a pronunciarsi in favore
dell'amministrazione.
Riflessi pro fisco
dell’imbarazzo del
giudice
Ripetiamo qui che in ogni processo contro una
istituzione, se il giudice non si sente in grado di
decidere, rispondendo alla domanda se
l'amministrazione ha sbagliato, è naturale
respinga il ricorso. In mancanza di meglio, per il
giudice è istintivo far affidamento, se la questione
è complessa, su altre istituzioni. Per questo,
respingere il ricorso diventa la soluzione più agevole,
agevolata dai condizionamenti mediatici
sull’evasione fiscale e i fraintendimenti sui “grandi
evasori”, di cui ai paragrafi 4.6 e 5.17-5.19. Gli uffici
tributari hanno quindi buon gioco a far scattare nel
giudice questi meccanismi mentali, con
ammiccamenti tendenziosi, insinuanti e
disorientanti. Del resto la spiegazione
processualistica della tassazione avalla questi
tatticismi avvocateschi degli uffici, spingendoli
troppo spesso a mettere in secondo piano i doveri di
imparzialità delle istituzioni pubbliche. Del resto è
del tutto legittimo che funzionari remunerati meno
di duemila euro al mese usino litanie
apparentemente in tema, come quelle descritte
al par.4.3 per la pubblicistica accademica, come
tattica processuale. Le cortine fumogene
vagamente in tema di cui abbiamo parlato al par.4.3
sono usate avvocatescamente dagli uffici,
consapevoli che -in uno schema impugnatorio-

500 di 704
“giudice frastornato ricorso rigettato”. Lo conferma
la relativa frequenza, su questi temi, di udienze
imbarazzanti, dove si deve spiegare a giudici
disorientati perché le istituzioni amministrative
alzano le suddette cortine fumogene. Anche qui, la
mancata comprensione della tassazione attraverso
le aziende si ritorce sulle aziende, che neppure si
rendono conto di non avere “un giudice a Berlino”
sul regime di quello che esse dichiarano, rispetto
alle contestazioni interpretative di cui ai par.5.17 ss.
Criteri di
valutazione degli
esiti
Non a caso, mentre i dati globali vedono un
sostanziale equilibrio di vittorie e di sconfitte tra
uffici tributari e contribuenti, le controversie
specialistiche sono vinte più spesso dal fisco. Parte
così dalla fiscalità di impresa, una sensazione di
inadeguatezza della giustizia, che la delegittima
nel suo complesso, anche in base a una cospicua
minoranza di sentenze. Anche se le sentenze
corrette sono numerose, quelle risolte con
stereotipi e giri di parole, da giudici disorientati
sono sufficienti a rendere inaffidabile, su questioni
specialistiche, l'intero sistema del contenzioso.
L’insuccesso
giurisdizionale e la
paralisi degli uffici
Al di là delle piccole, immediate, convenienze
settoriali di breve periodo, il contenzioso tributario
esprime un bilancio fallimentare per l'interesse
generale. Assistiamo infatti a uno sbilanciamento
sulla giurisdizione, che spinge gli uffici a “non
decidere” , rimettendo le valutazioni al giudice,
secondo la celebre espressione “lei ha ragione, ma faccia
ricorso”. La funzione tributaria in questo modo si
paralizza, e coltiva le controversie fino ad
esaurimento, per preconcetta coerenza
istituzionale.

501 di 704
L’aumento della
deresponsabilizzazi
one
L'idea del processo come “sede naturale" della
determinazione della ricchezza finisce
oggettivamente per snaturarlo, e per nuocere ai
contribuenti rispetto alle negligenze degli uffici;
queste ultime vengono anzi alimentate dalla via
processuale al diritto tributario col suo palleggio,
tipicamente italiano, dove ogni organo coinvolto
dice la sua, per darsi un contegno, ma non
padroneggia la questione e non decide.
Una sentenza per
tutte le stagioni
Pullula quindi una grande varietà di massime,
apparentemente più contrastanti di quanto siano in
realtà, una volta contestualizzate. Solo che i vari
soggetti coinvolti in una confusione che si
autoproduce, per la mancanza di spiegazioni di
insieme della funzione tributaria, guardano alle
sentenze in grado di avallare la tesi che si trovano
a dover sostenere, e che si trascina quindi fino a
consunzione, in quella che è diventata un'oggettiva
sceneggiata. Cui si addice la provocazione che
segue.
Abolire il
contenzioso
giurisdizionale:una
provocazione
La trasfigurazione del processo, passato da
eccezione a regola, con deresponsabilizzazione
dell'attività amministrativa "a monte" renderebbe
preferibile, rispetto alla situazione attuale, persino
una abolizione secca della giurisdizione tributaria,
lasciando solo la tutela amministrativa, e la protesta
politica; gli uffici si sentirebbero così “senza rete” e
dovrebbero esporsi, facendola finita col comodo
“Facciamo decidere ai giudici” oppure ribattendo
alle assurdità con un beh hanno deciso così i giudici.
Si perderebbe un giudice indipendente, che non è
un valore assoluto, ma si smetterebbero di pagare

502 di 704
prezzi inaccettabili in termini di superficialità nella
trattazione delle cause, di possibilità di
interlocuzione, di sensibilità tecnica nel settore, di
omogeneità nel retroterra culturale tra i membri
giudicanti.
Il necessario
rilancio del
contenzioso
amministrativo
Al di là di questa provocazione, Tuttavia la natura
strutturalmente contenziosa della
determinazione valutativa della ricchezza
andrebbe fronteggiata prima di tutto in sede
amministrativa, come indicato al par.6.5. La tutela
giurisdizionale dovrebbe essere una valvola di
sfogo per casi particolari in cui la determinazione
dei tributi da parte delle aziende o degli uffici giunge
a una situazione di stallo. Vanno quindi potenziati i
ricorsi amministrativi (par. 6.5) e l'attività degli uffici
va spostata verso il monitoraggio la prevenzione e la
dissuasione, come indicato al par. 5.7.
Processare meno
processare meglio
Il rimedio sta nell'incisiva formula "processare
meno processare meglio"836. Diminuendo il
numero dei processi, ne sarà possibile una
maggiore accuratezza, a parità di impegno dei
giudici, secondo la già indicata formula processare
meno processare meglio. Anche questa
deprocessualizzazione si inquadra nella necessità di
sdrammatizzare, rasserenare e normalizzare il
settore, gestendo in via amministrativa e valutativa
le numerosissime posizioni “medio – piccole”, dei
lavoratori indipendenti (par.5.7).

836
La determinazione dei tributi è una funzione pubblica, non
affidabile al giudice, così come non gli si può affidare la cura
dei malati, l'insegnamento agli scolari, lo smaltimento dei
rifiuti, la caccia ai delinquenti, il reclutamento dei docenti
universitari e via enumerando.

503 di 704
Il rimedio alle disfunzioni processuali è quindi fuori
e prima del processo, e presuppone le adeguate
spiegazioni sociali della determinazione dei tributi,
indicate al capitolo 4, da parte della classe dirigente,
della pubblica opinione e soprattutto degli studiosi.

6.11. Evasione da riscossione e riscossione coattiva da


parte di una diversa autorità amministrativa (Equitalia)

“evasione da
riscossione” su
somme accertate
All'evasione da determinazione del tributo si
accompagna, in parallelo, per ogni possibile fase
determinativa del tributo, la c.d. evasione da
riscossione. Il collegamento istintivo è alle
maggiori imposte accertate in sede di controllo, cui
potrebbe non corrispondere liquidità in capo al
contribuente, che già potrebbe aver speso le relative
somme, a suo tempo evase, restando con un
patrimonio incapiente rispetto alle richieste, anche
sanzionatorie, del fisco837.
Ragioni del
mancato
versamento di
somme dichiarate
Il mancato versamento può però riguardare anche le
imposte dichiarate, perché il contribuente
potrebbe essere privo della liquidità necessaria,
per difficoltà finanziaria, oppure perché ha già speso
le somme corrispondenti alle imposte da pagare per

837
Si pensi infatti al lasso temporale tra la
manifestazione della ricchezza evasa, il controllo,
l'accertamento e l'eventuale contenzioso. A questo
punto il contribuente potrebbe essere infatti
sprovvisto di beni patrimoniali visibili, in quanto la
ricchezza fiscalmente non registrata potrebbe essere
stata spesa o potrebbe investita in modo non visibile
dagli uffici tributari.

504 di 704
altre finalità, soprattutto mantenimento personale e
familiare (838).Spesso i lavoratori indipendenti si
accorgono di dover pagare le imposte proprie, a
maggio dell’anno successivo, quando hanno già
impiegato le relative risorse finanziarie in altri
aspetti dell’attività produttiva o per consumi
personali839. In questi casi è frequente dichiarare e
riservarsi di versare successivamente; a prima vista
sembra contraddittorio, ma c'è la consapevolezza
della propria visibilità al fisco e la già avvenuta
registrazione documentale delle operazioni da cui
derivano i debiti di imposta, cui corrispondono le
fatture emesse e registrate dagli acquirenti, i loro
pagamenti tracciabili. Anche quando non si intende
pagare affatto, neppure in futuro, la dichiarazione
serve a dare legittimità al proprio comportamento
passato, anche agli occhi delle controparti, ed a
prendere tempo rispetto all'intervento del fisco,
dandosi anche una apparenza di correttezza
esteriore.
In un periodo di stretta creditizia, si tratta anche di
un tentativo di finanziarsi a carico del creditore
fisco, magari perché non sono disponibili crediti
bancari o d'altro genere. Il comportamento del
contribuente può essere quello di dichiarare e non
versare, attendendo gli avvisi di cui al par.5.5, sia
rateizzare da subito i versamenti; non ci
soffermiamo sui dettagli normativi, ma si può
arrivare a un arco temporale di alcuni anni, con
pagamento di interessi.
La dichiarazione di
chi progetta di non
pagare mai

838
) Par.4.2 sul rapporto tra evasione e tenore di vita (evasione c.d. “di
sopravvivenza).
839
) Un motivo tecnico potrebbe essere anche la rilevanza
tributaria di ricchezza “non liquida” come vedremo al
paragrafo 7.12, sul momento impositivo.

505 di 704
Tra chi intende rinviare il pagamento, e chi sin
dall’origine progetta di non pagare mai, possono
esserci varie sfumature intermedie, di chi è in
difficoltà finanziarie e aspetta gli eventi. Il
comportamento di chi intende rendersi fiscalmente
insolvente, cioè non pagare mai può tendere sia a
rendersi nullatenente per sempre, sia a creare
società debitrici di comodo, intestate a prestanome
senza nulla da perdere, ma attraverso cui passano
prestazioni effettive, e quindi deduzioni e detrazioni
per le controparti effettive (840). Ne vedremo più
avanti i riflessi sanzionatori, amministrativi e penali,
al par.6.13-6.14.
Gestione in proprio
o affidamento della
riscossione a terzi
Torniamo ora alla riscossione coattiva delle somme
dichiarate o accertate, che potrebbe in teoria
avvenire anche a cura dello stesso ente ufficio
tributario; sarebbe la procedura più logica quando i
debiti sono pochi e di importo rilevante 841. Man
mano che i crediti da riscuotere aumentano, ha
senso la specializzazione della relativa gestione,
affidando i crediti ad istituzioni apposite, anche
esterne a quella incaricata di gestire il tributo, come
vedremo subito per la nota struttura oggi
denominata "Equitalia".
L’uso
indiscriminato di un
esattore
esterno:equitalia
(origini storiche)

840
E' il caso delle frodi IVA di cui al par.7.2 o delle cooperative
di comodo in cui concentrare i dipendenti, par.3.8. E' anche
concepibile che soggetti inizialmente intenzionati a differire il
pagamento, in un secondo tempo decidano poi di ometterlo,
anche per mancanza di risorse finanziarie.
841
) Cioè si tratta di pochi contribuenti con debiti relativamente elevati, dove
l’internalizzazione (cioè la gestione in proprio della riscossione da parte
dell’ente creditore) è più efficiente rispetto ai costi di trasmissione della pratica
a un’istituzione specializzata in riscossioni.

506 di 704
Per la riscossione coattiva si utilizza infatti
l’Agente della riscossione, oggi denominato
“Equitalia spa”, o semplicemente “esattore”, come
lo chiameremo nel prosieguo.
Si tratta di un organo che deriva dagli antichi
esattori ((appaltatori delle imposte par.1.3) , che
avevano una funzione finanziaria, in quanto
anticipavano le imposte per poi rivalersi sui
contribuenti842, con poteri autoritativi delegati dallo
stato.
Lo svuotamento
della funzione
Col passaggio all'autodeterminazione dei tributi
questa funzione finanziaria è stata gradualmente
depotenziata; tuttavia la tendenza italiana a
perpetuare le istituzioni, a costo di una elevata
frammentazione, comportò la ricerca affannosa di
nuove attribuzioni per le aziende esattoriali,
all'epoca ormai emanazioni di istituti bancari con
numeroso personale, circa diecimila unità.
L’accorpamento in
Equitalia
Nei primi anni duemila tali aziende furono
acquisite da una società pubblica, la suddetta
Equitalia spa, denominata "agente per la
riscossione", controllata pariteticamente dall’agenzia
delle entrate e dall’INPS843. La mancata fusione tra
Equitalia e gli altri enti impositori fu dovuta sia a
motivi sindacali, in quanto i dipendenti delle
esattorie rientravano nel settore privato del credito,

842
) Solo sul piano storico rileviamo l’esistenza di un obbligo degli esattori di
versare comunque le somme chieste dagli uffici, ove non dimostrassero lo
svolgimento infruttuoso delle procedure esattive (c.d. non riscosso per
riscosso).
843
Equitalia è quindi sostanzialmente incardinata nel sistema
degli enti pubblici, pur avendo la forma giuridica di società di
diritto privato. Il gruppo Equitalia è articolato in società
territoriali , per area geografica, e in una holding capogruppo
per servizi e problematiche comuni.

507 di 704
sia alla pluralità dei possibili clienti della struttura
(844).
Efficienza e
polemiche
Nel complesso, l’impostazione aziendalistica di
Equitalia ha portato ad una maggiore efficienza della
riscossione coattiva. Tuttavia proprio
quest'efficienza, da parte di un ente estraneo a
quello che amministrava il tributo, ha
spersonalizzato la riscossione, con comportamenti
percepiti come "vessatori" dai destinatari e che in
realtà erano solo efficientemente burocratici; questa
apparente scarsa umanità ha dato luogo a reazioni
sociali diffuse, anche collegate all'utilizzo di poteri
parasanzionatori, come il fermo della circolazione
dei veicoli (“ganasce fiscali”) e l’iscrizione di
ipoteche su immobili, in caso di mancato
pagamento. Equitalia, responsabile dell'esecuzione
coattiva di crediti di altri enti, è quindi divenuta un
simbolo del malessere generale verso il fisco, specie
in periodi di crisi economica. Ne sono derivate
iniziative legislative e campagne di immagine
tendenti a una ricomposizione del rapporto tra
Equitalia e pubblica opinione, obiettivo in parte
raggiunto 845.
Rischi di
scoordinamenti nel
passaggio delle
pratiche

844
Agenzia Entrate, Agenzia Dogane, Inps, enti locali, casse
previdenziali di categoria etc..Nulla avrebbe vietato però che
un organo di riscossione incardinato nell'ente con competenza
più ampia svolgesse servizi esattivi anche per gli altri.
845
) La tensione era tale, nel 2012-2014, che ci furono anche attentati
dimostrativi (pacchi bomba) ad uffici di Equitalia, di valore prevalentemente
simbolico, ma con funzionari leggermente feriti. E’ un riflesso della
“personificazione delle istituzioni”, incapace di capire che funzionari
sostanzialmente pubblici non hanno motivo di essere vessatori, né convenienze
personali ad accanirsi verso i debitori.

508 di 704
La distinzione giuridico-aziendale tra ente creditore
ed "esattore" comporta i consueti rischi di
scoordinamento tra istituzioni diverse846.
Lo scoordinamento tra Equitalia ed enti impositori
può dar luogo a inconvenienti di segno opposto, cioè
precauzioni
inutili e invasive verso contribuenti solvibili, a fronte
di crediti fiscali contestati nel merito (cfr il prossimo
paragrafo); possono verificarsi all'opposto difetti di
vigilanza e di indagini verso situazioni di elevata
pericolosità per la riscossione, su crediti fiscali
indiscutibili, in quanto addirittura dichiarati dagli
interessati847.
Queste difficoltà di coordinamento rendono
frequenti, nella massima buona fede, tentativi di
riscossione di crediti già pagati, prescritti, etc, . Sono
disfunzioni dovute al numero elevatissimo di
pratiche e di informazioni da gestire848.

Poteri investigativi
dell’esattore
Per evitare insolvenze sono stati concessi
all'esattore , per cercare beni da aggredire, degli
stessi poteri degli uffici tributari (par.5.6). Ad
esempio è concesso di indagare nel sistema
dell’anagrafe tributaria, e indagare sui conti bancari;
vi è persino l’obbligo per gli enti pubblici debitori di
imposta, prima di pagare forniture, di verificare che
il beneficiario del pagamento non abbia debiti verso
Equitalia.
L’aggio esattoriale
come tributo?

846
Ricordiamo che i rischi sulla solvibilità del contribuente
sono più facilmente valutabili dall’ufficio che lo ha conosciuto,
avendone determinato il debito d'imposta.
847
) Che però cercano, come indicato sopra, di sottrarsi al pagamento.
848
È una confusione di cui si avvantaggiano gli insolventi di
professione, più accorti e previdenti.

509 di 704
Anche Equitalia ha dei costi di struttura che invece
di far ricadere sulla fiscalità generale si è cercato di
mettere a carico dei debitori delle somme da lei
riscosse , con una remunerazione obbligatoria
percentuale, fissata normativamente, e denominata
“aggio
esattoriale”. Il suo importo è determinato in
relazione ai costi per la riscossione, e non è
insignificante in quanto può andare all’incirca dal 5
al 9 percento delle somme richieste (849). L'aggio
esattoriale è a carico dell'ente impositore per le
somme da dichiarare e riscuotere mediante ruolo,
mentre negli altri casi è a carico del contribuente.
riscossione coattiva
amministrativa:il
ruolo di riscossione
Nella procedura di riscossione coattiva si
mescolano il diritto amministrativo e il diritto civile.
L’esattore (Equitalia) riceve elenchi formati dagli
uffici tributari (c.d. “ruoli”) e notifica a ciascun
contribuente ivi indicato una cartella di
pagamento, cioè quella parte del ruolo che lo
riguarda. la cartella di pagamento, come abbiamo
visto al par.5.5, può anche essere il primo atto
impositivo ricevuto dal contribuente, anche se si
vanno sempre più diffondendo i previ “avvisi bonari” 850.
Dal ruolo al
pignoramento
Dopo la scadenza del termine per il pagamento del
ruolo, l’esattore non ha bisogno di notificare alcun
ulteriore atto di intimazione per procedere con
l’esecuzione coattiva.
La procedura esecutiva esattoriale ricalca quella
civilistica, per pignorare beni del debitore e
849
Si potrebbe persino ipotizzare una natura tributaria di questo
pagamento, come altro "tributo di scopo", con cui si mettono a
carico degli inadempienti i costi della struttura resa necessaria
dall'inadempienza diffusa nella società.
850
) In nome del rispetto del principio del contraddittorio amministrativo di cui
al par.6.1,

510 di 704
convertirli in denaro, vendendoli all’asta,
soddisfacendo col ricavato
il credito tributario nonché altri eventuali creditori
(muniti di titolo esecutivo) intervenuti nella
procedura.
somiglianza con
l’esecuzione
ordinaria
Queste operazioni, simili a quelle dell’esecuzione
ordinaria,
sono svolte però da funzionari esattoriali sotto la
vigilanza del giudice dell’esecuzione, cui sono
demandate le contestazioni che possono sorgere,
nelle fasi di pignoramento e vendita dei beni. Per
tutti questi aspetti, se non direttamente disciplinati
dalla norma fiscale, si fa riferimento alla parte del
codice di procedura civile dedicata al «processo di
esecuzione» (art. 49 del d.P.R. n. 602/1973).
la transazione
fiscale (rinvio)
Gli accordi concernenti la determinazione della
ricchezza ai fini tributari, indicati al par. 6.5, non
sono estensibili alla diversa ipotesi in cui il
contribuente sia sprovvisto
delle risorse per pagare una imposta ormai già
determinata. Sono ammissibili in questo caso piani
di decurtazione e rateazione del debito tributario,
denominati “transazione
fiscale”, da svolgere secondo le procedure del
diritto fallimentare, coinvolgendo l'ente creditore
dell'imposta851, in genere sotto la sorveglianza del
magistrato fallimentare competente, e previa
verifica dell’esistenza di altri creditori,
che devono poter partecipare alle decisioni852.
851
) Ad esempio l’Agenzia delle Entrate.
L’inserimento di questi accordi col fisco nel quadro
852

delle procedure concorsuali finisce però per


escluderli per i contribuenti che non falliscono, come
privati o enti non commerciali. Inoltre, spesso,

511 di 704
6.12. Riscossione in pendenza di ricorso come diversivo
rispetto alla certezza della riscossione

L’interesse passato
alla rapidità
dell’incasso
Nella tradizionale tassazione valutativa, quando il
gettito dipendeva direttamente dall’attività degli
uffici (paragrafo 1.3), la celere riscossione delle
imposte determinate dagli uffici era fondamentale.
Per questo veniva velocizzata, come indicato al
paragrafo precedente, dall'intervento finanziario
degli "esattori", che ne anticipavano l'importo,
rivalendosi poi sui debitori. Oggi invece, come
rilevato in tutto il volume (par. 5.7), le entrate
conseguenti all’attività di controllo sono
insignificanti rispetto al gettito “autoliquidato”.
La riscossione
sicura come
deterrenza
E' quindi più importante, per non vanificare la
deterrenza dell'azione amministrativa (853) la
“sicura riscossione” , mentre la “pronta
riscossione” appare secondaria. Invece di
affannarsi per riscuotere una quota del tributo prima
che esso sia esattamente determinato, ci si
dovrebbe assicurare di riscuotere in prospettiva il
dovuto. A questo punto si potrebbe tranquillamente
differire l’incasso al termine dell’iter contenzioso.
La riscossione
provvisoria

quando Equitalia è l’unico creditore e non c’è


problema di “par condicio” dei creditori, la necessità
di avventurarsi nelle procedure fallimentari complica
ulteriormente la riscossione dei crediti erariali.
Al par.1.5 abbiamo infatti visto che la fedeltà
853

dell'autodeterminazione delle imposte è funzione di aliquote,


sanzioni e controlli, frustrati in caso di mancata riscossione.

512 di 704
Ancora oggi, tuttavia, il ricorso del contribuente
contro l’atto impositivo non ferma la riscossione,
che procede in attesa della sentenza del giudice, con
le seguenti riduzioni per le somme dovute in base ad
avvisi di accertamento. Le imposte risultanti da atti
di accertamento impugnati devono essere infatti
versate per un terzo in caso di ricorso, fino alla
sentenza di primo grado, salvo che il giudice accordi
la sospensione cautelare della riscossione.
Il ricorso contro il ruolo (paragrafo precedente),
primo atto impositivo per le somme dichiarate e non
versate, oppure dovute a seguito dei controlli formali
della dichiarazione, indicati al par.5.5, non comporta
alcuna sospensione automatica della riscossione,
neppure parziale.
Come relitto del
passato
Quest'anticipazione della riscossione è uno dei tanti
relitti del passato che si trascinano per forza
d’inerzia. Forse la riscossione provvisoria viene
mantenuta perché costituisce un pungolo, uno
strumento di pressione per indurre il contribuente
a definire e pagare il debito, senza attendere l'esito
del ricorso. Fatto sta che l'istituto consuma
Ingenti risorse, soprattutto umane nel “vai e vieni”
di riscossioni e restituzioni provvisorie, nonché nelle
“sospensioni” (amministrative e giurisdizionali) di cui
diremo subito.
Il conguaglio
rispetto al
contenzioso
La somma da pagare viene poi conguagliata
rispetto a quanto dovuto in base all'atto impositivo,
totalmente o parzialmente annullato dalle sentenze
“di merito” del giudice, ancorché impugnate, con
successivi ricalcoli man mano che il giudizio procede
(art. 68, d.lgs. n. 546/1992). Le sanzioni connesse a
tali imposte sono riscosse dopo la sentenza di primo

513 di 704
grado, nello stesso ammontare previsto per la
riscossione del tributo.
L’accertamento
esecutivo senza
bisogno di ruoli
Tradizionalmente, per la riscossione provvisoria
occorreva un’iscrizione a ruolo, che si aggiungeva al
precedente atto di accertamento, con una inutile
duplicazione, eliminata
con una disposizione del 2010, col c.d.
accertamento “esecutivo”. In base a quest’ultimo
il contribuente deve pagare di propria iniziativa, o
chiedere al giudice la sospensione dell’efficacia
dell’atto impugnato, altrimenti scatterà, senza
bisogno di ulteriori intimazioni, la riscossione
coattiva da parte di Equitalia.
sospensione della
riscossione
provvisoria
Chi vuole sospendere il pagamento in attesa della
sentenza deve richiederlo in via amministrativa o
giurisdizionale.
Un primo rimedio cautelare contro la riscossione
provvisoria in pendenza di ricorso, è la possibilità
delle commissioni tributarie provinciali di
sospendere la riscossione prima di decidere la causa
(854).
A tal fine le commissioni devono valutare il pericolo
di danno «grave ed irreparabile» (c.d. periculum in
mora), ivi compreso il danno economico, quando
l’anticipazione sottragga le risorse necessarie al
proseguimento dell’attività produttiva e magari
esponga al rischio di fallimento, o di dover svendere
beni per un prezzo irrisorio. Questi rischi vanno
valutati alla luce delle probabilità d’accoglimento
del ricorso (il c.d. fumus boni iuris), con la
possibilità di subordinare la sospensione a idonea
854
La sospensione è prevista dall’art. 47 del decreto sul contenzioso
tributario, già esaminato come esempio di "azione cautelare"
nel precedente par.6.9, sul contenzioso giurisdizionale.

514 di 704
garanzia, in un giudizio discrezionale in senso
proprio (par. 5.10), in quanto vengono contemperati
interessi diversi (855).
Le sospensioni nei
gradi successivi di
giudizio
La sospensione suddetta operava fino alla
sentenza di primo grado, ma si aprirono presto
spiragli, ormai recepiti nel decreto sul contenzioso
tributario, ad una sospensione anche da parte del
giudice di appello, dopo il rigetto del ricorso da parte
del giudice di primo grado. Successivamente è
divenuto possibile sospendere la sentenza di
appello, quando il processo pende in cassazione856.
Sospensione
amministrativa e
rateazione
A questa sospensione giurisdizionale, si affianca
sempre, vista la matrice amministrativistica della
nostra materia, le possibilità di sospensione , per
motivi eccezionali, cui fa riferimento l’art. 19 del
decreto n. 602, e di rateazione; quest'ultima è
prevista, oltre che per somme definitivamente
dovute, anche per somme ancora in contestazione,
ma per le quali la sospensione sia stata negata (857).
Specifico pericolo
per la riscossione
L’anticipazione della riscossione mediante il c.d.
“ruolo straordinario”, consente al fisco di mettere
in riscossione l’intero importo per la cui esazione, in
prospettiva, sussista un “fondato pericolo”, inteso
come rischio che il contribuente approfitti dei tempi
tecnici del processo per rendersi insolvente

855
Non è una eccezione, ma una soluzione tipica per tutte le
decisioni cautelari.
856
Non mi dilungo su tecnicismi di rinvio al codice di procedura
civile, sulle richieste di cauzione e sulle argomentazioni con cui
il diritto vivente riflette sul tema.
857
Questa rateazione può anche essere concessa dall'esattore
Equitalia

515 di 704
nascondendo i beni su cui il fisco, una volta
vittorioso, potrebbe soddisfarsi.

6.13. Insufficienza delle sanzioni a compensare l’inadeguata


valutazione amministrativa della ricchezza.

Punizioni contro le
resistenze alla
richiesta dei tributi
Tutte le funzioni pubbliche, esercitate da istituzioni
dotate di poteri coercitivi, sono assistite da sanzioni.
In senso ampio sono infatti "sanzioni" sia
l'esecuzione coattiva delle sentenze civili, sia le
omissioni di doveri pubblicistici, come quelli
tributari, sanzionati come vedremo in via penale e
amministrativa. Nella fiscalità preindustriale, dove i
tributi erano richiesti da pubbliche autorità (par.1.3)
le sanzioni punitive, anche molto gravi (di solito
criminali) si dirigevano prevalentemente a
resistenze attive ai funzionari del fisco, istigazioni
alle disobbedienze, frodi come il contrabbando.
Utilità delle
sanzioni
nell’autodeterminaz
ione
Nell’autotassazione, dove le istituzioni intervengono
indirettamente, le sanzioni sono più necessarie.
Se infatti si recuperasse, in sede di controllo, solo
l’imposta e gli interessi, la razionalità indurrebbe a
restare inerti, confidando di non ricevere alcuna
richiesta degli uffici, e di potersela cavare, in caso di
controllo, pagando quanto si sarebbe pagato in ogni
caso. Finché sono le aziende a determinare
contabilmente la ricchezza, le sanzioni servono a
poco perché le aziende, secondo un filo conduttore
del testo, non hanno bisogno di nascondere
ricchezza al fisco, commettendo al più le "violazioni

516 di 704
interpretative" di cui ai parr.3.10 ss..Le sanzioni
sono più utili nell’autotassazione, sulla ricchezza non
raggiunta dalle aziende, e dove individui, con bisogni
personali, devono decidere se privarsi di una parte
di risorse per pagare i tributi858, riducendo il proprio
tenore di vita (par.4.2) o patrimonio personale.
l’insufficienza delle
sanzioni come
surrogato dei
controlli
Le sanzioni sono quindi necessarie, senza però la
tentazione di usarle come scorciatoia per
risparmiare le energie necessarie all'intervento degli
uffici tributari nella stima della ricchezza non
registrata859. A prima vista sembra infatti comodo

858
) Si ricordino dal par.1.5 i parametri che influenzano l’adempimento
tributario, a parità degli altri fattori, cioè aliquote, sanzioni e controlli.
859
) Si tratta di una tendenza generale, prelogica, che si autoalimenta davanti
alla progressiva disorganizzazione legalistico-pretestuosa della macchina
pubblica complessiva, con relativa perdita, del controllo del territorio in materia
di sicurezza, di ambiente, di sanità, di trasporti, di gestione di flussi migratori,
di smaltimento dei rifiuti, di educazione, di ricerca , di determinazione dei
tributi e via enumerando. Torna comodo in questi casi prevedere sanzioni
rigorose, applicate poi solo su qualche malcapitato, oggetto di casi fortuiti o
dispetti personali, in un contesto di disapplicazione generale. Abbiamo visto
prescrizioni di ogni tipo, assistite da sanzioni velleitarie, dal microchip per cani
e gatti, alla inutilissima privacy, al divieto di gettare carta per terra, alle cinture
di sicurezza e al telefonino in macchina, al bollino blu per i gas di scarico
(abolito perché del tutto inutile), al divieto di vendere benzina in contenitori
perché si temevano le bottiglie molotov, al divieto di coprirsi il volto come
facevano i manifestanti, alle certificazioni energetiche per mettere gli annunci
di compravendita immobiliare, all’antiriciclaggio indiscriminato anche per la
consulenza tributaria, al certificato antimafia anche per una conferenza in
prefettura, all’anticorruzione per le prestazioni gratuite, ai registri di fabbricato,
al giacchetto fluorescente in auto, e innumerevoli altre diavolerie fuori dalle
possibilità di controllo di qualsiasi istituzione. Sono grida manzoniane dalle
sanzioni velleitarie, applicate solo ai suddetti malcapitati, che servono solo
come omaggio al feticcio dell’onnipotenza legislativa. La macchina pubblica ,
assorbendo la metà del PIL, si ritiene in dovere di contraccambiare con fastidi e
scocciature, per segnare il territorio e ribadire la propria presenza con sanzioni
puramente “virtuali”. Ritorna così l’incertezza del diritto di ritorno dove
l’Italia è il paese dalle mille leggi temperate da una generale inosservanza;
naturalmente , su questo presupposto nascono nuove forme di arbitrio ipocrita,

517 di 704
per tutti, davanti alle difficoltà di stima della
ricchezza non registrata, indicate ai parr. 5.3 e 5.10
ss., aumentare le sanzioni, la cui previsione
legislativa non costa nulla860, diminuendo i controlli,
dove si devono svolgere le note sfuggenti
valutazioni, assumendosi la relativa responsabilità.
Contrarietà al
principio di
effettività
dell’abuso delle
sanzioni
Puntare troppo sulla severità delle sanzioni
avrebbe effetti casuali, in quanto la pena non
dipenderebbe dall’insidiosità del comportamento,
bensì dalla casualità di essere individuati.
Sarebbe così screditato il principio di effettività
dell’azione amministrativa; la punizione non
dipende infatti più dalla gravità oggettiva del
fatto, ma dalla casualità del suo accertamento,
come le grida di manzoniana memoria. E' più
dissuasiva, rispetto alle trasgressioni, una
sanzione più leggera, ma più probabile, di una
sanzione gravissima con controlli casuali.
Il vecchio motto, “colpirne uno per educarne
cento”, passato dagli slogan delle brigate rosse a
quello della c.d. "lotta all'evasione", poteva forse
andar bene per fantomatici nemici del
proletariato, ma non per il rapporto tributario degli

ed i margini di manovra per chi è titolare di qualsiasi forma di potere


paradossalmente aumentano; nella stessa misura, quindi, i “diritti” diventano
“favori" (ne deriva quell’aumento della comodità operativa delle istituzioni, e
delle loro possibilità di arbitrio, indicato attorno alla metà del lungo par.4.4).
860
) Al limite non ci sono ostacoli persino a scrivere sulla gazzetta ufficiale che
è previsto l’ergastolo per la mancata emissione di uno scontrino. Tra le reazioni
istintive della pubblica opinione davanti all’evasione tributaria, esaminate al
par. 4.5, c’è anche l’istintiva e “giustizialistica” idea di supplire con le sanzioni
alla mancanza di sistematicità nei controlli ; è un altro riflesso dell’illusione
dell’”onnipotenza legislativa”, di cui al par.2.4 ; è una illusione presente
soprattutto tra i giudici, che “si sentono” manovrabili attraverso la legge,
essendo portati a ritenere che, analogamente, la legge possa manovrare anche
tutto il resto.

518 di 704
operatori economici di un paese moderno. Lo
confermano le tendenze della pubblica opinione,
indicate al par. 4.6, di crescente ostilità all'apparato
repressivo tributario861.
Il ruolo equilibrato
della sanzione nel
sistema
La sanzione tributaria va quindi inserita in un
circolo virtuoso, di cui fanno parte anche i
controlli, nello spirito di cui ai parr.1.5 e 5.7. con
l’ufficio tributario che si “fa vedere”, presidia il
territorio, guadagna credito con l'autorevolezza della
propria azione, cerca di far rientrare i
comportamenti insidiosi e li sanziona anche
gravemente per i contribuenti che perseverano. Le
devianze diventano gravi solo dopo l'intervento
amministrativo, e possono essere punite con
durezza, come avviene negli Stati Uniti, dove
si segue questo percorso fino alla sanzione penale
(par. successivo).
la funzione
complementare
delle sanzioni
Le sanzioni non sostituiscono insomma una
sensata determinazione dei tributi, ma la
integrano.
Le manifestazioni di ricchezza indicano
indirettamente la misura massima della sanzione, in
modo che imposte e sanzioni vi trovino spazio. Oltre
questo limite si perde il contatto con la ricchezza
non registrata e si aggrediscono altre forme di
ricchezza del contribuente, che tra l’altro potrebbero
mancare.
Provvedimenti
amministrativi
sanzionatori

Punendo solo qualche malcapitato, che incappa in


861

contestazioni interpretative, si spaventa chi dichiara, mentre


chi altera la rappresentazione della realtà conta di non essere
individuato, e che comunque "se tutti sono delinquenti nessuno
è delinquente".

519 di 704
La matrice amministrativistica del diritto tributario è
confermata dall’ irrogazione delle sanzioni con
atti autoritativi suscettibili di diventare definitivi
se non impugnati, come quelli di applicazione del
tributo (par. 6.1). Le sanzioni collegate al tributo
sono in genere inflitte con
lo stesso atto impositivo con cui viene richiesto il
tributo, e quindi un avviso di accertamento o
un’iscrizione a ruolo (art. 17, D.lgs. n. 472); tale atto
deve essere motivato (par.6.2) anche in relazione ai
criteri di individuazione della violazione e di
determinazione della sanzione.
Quando si tratta di sanzioni non collegate al tributo
la procedura è più complessa, con un atto motivato
di contestazione che tende a convertirsi (862) in atto
impositivo
impugnabile di fronte alle commissioni tributarie.
saznioni
proporzionali al
tributo e fisse
La particolarità delle sanzioni amministrative
tributarie è la proporzionalità rispetto al tributo
non dichiarato o non versato, di solito prevista tra
un minimo e un
massimo, in percentuale, del tributo medesimo.
Per le imposte sui redditi e l’IVA l’ordine di
grandezza tipico delle sanzioni è da una a due
volte l’imposta, ed è riducibile in base agli
strumenti “adesivi” (di contenzioso amministrativo)
indicati ai precedenti paragrafi 6.4-6.5 .
Massimi e minimi prestabiliti, in cifra assoluta,
sussistono invece per le violazioni di obblighi
formali, indipendenti da una evasione; si pensi ad
esempio all’omessa comunicazione dati, all’omessa
risposta alle richieste di informazioni del fisco
(par.5.6), etc..

Dopo eventuali deduzioni del contribuente (art.16 dpr 472


862

del 1997)

520 di 704
La
personalizzazione
delle sanzioni
Tra i suddetti limiti massimi e minimi, assoluti o
percentuali al tributo, l’ufficio finanziario dovrebbe
personalizzare
la pena nel caso concreto, valutando alcuni
parametri come la gravità della violazione, la
personalità del reo, le violazioni commesse in anni
precedenti etc.; questa determinazione valutativa
della sanzione contrasta la
consueta ritrosia degli uffici tributari verso le
valutazioni dei casi concreti, e con la loro
preferenza per gli automatismi legalistici. Non si
distingue quindi tra sanzioni per “maggiore imposta
accertata” dovuta a contestazioni interpretative 863e
ovvero alla scoperta di ricchezza non registrata; ne
deriva un eccesso punitivo per la contestazione
interpretativa, oppure un deficit punitivo per la
ricchezza non registrata.
sanzioni da
dichiarazioni e da
versamento
Il sistema distingue strutturalmente sanzioni per
omesso versamento di imposte determinate
correttamente o con errori formali, facilmente
rilevabili (par.5.5) , ed imposte determinate in modo
insufficiente. Nel primo caso la sanzione è meno
grave, pena pecuniaria del 30 percento dell’imposta
non versata, come indicato al par. 3.4, ridotta per
"ritardi brevi".
Riduzioni da
acquiescenza
Su questo sfondo si inseriscono riduzioni delle
sanzioni per acquiescenza agli atti impositivi,

Le sanzioni su questioni di diritto (cioè su ricchezza registrata


863

o comunque palese) possono essere escluse in caso di


obiettiva incertezza dell'interpretazione normativa sottostante
(questo principio di ragionevolezza è oggi contenuto nell’art. 6
comma 2 decreto 472-1997).

521 di 704
con riduzione inizialmente a un quarto del minimo,
poi a una percentuale
superiore, fino alla conciliazione giudiziale (864).
Rinviamo invece al par. 3.4 sulla riduzione delle
sanzioni in caso di c.d “ravvedimento” unilaterale
del contribuente, prima di un atto formale di
accertamento.
Sanzioni e società
Invece di seguire i criteri generali del diritto
amministrativo, dove si punisce, secondo il modello
penalistico, la persona fisica autrice della violazione
e non la società di capitali o l'ente cui la
violazione si riferisce, la sanzione amministrativa
tributaria è diretta a tali enti. Questa deroga è
giustificata in quanto sarebbero assurde sanzioni
proporzionali al tributo a individui che non avevano
avuto alcun vantaggio personale dall'evasione
stessa. Quando invece si tratta di ricchezza non
registrata (par.3.7) l'individuazione dei beneficiari
è difficile, e quindi è più snello per gli uffici tributari
sanzionare comunque la società (865).
Concorso di
persone
Il principio del concorso di persone (art. 9 del
decreto n. 472/1997) riguarda chi coopera in
violazioni commesse da altri, essendone stato ad
esempio l’istigatore, il consigliere o il partecipe. Può
trattarsi ad esempio dei soci di maggioranza , che si

864
Si tratta delle procedure trattate al par. 6.4. Qualora
l’imposta dovuta sia calcolata in modo corretto, o
addirittura sia sottostimata rispetto all’evasione
effettiva, queste indiscriminate riduzioni possono
rendere conveniente, considerata la scarsa
probabilità di accertamento, un qualche maggior
rischio fiscale.
865
Ferma restando l'imputazione dell'evasione ai beneficiari,
ove risultino, nei modi di cui al paragrafo 7.17 sugli "utili extra
bilancio".

522 di 704
appropriano delle somme evase, del consulenti,
autori di meccanismi evasivi particolarmente
insidiosi (par.3.16), ma l'applicazione del concorso di
persone nelle violazioni amministrative è molto rara.
eredi
Le sanzioni amministrative non sono trasmissibili
agli eredi conformemente alla personalità della
sanzione afflittiva, sul modello penalistico.
Cumulo e
contunuazione
Quando un unico comportamento, anche ripetuto nel
tempo, dà luogo a più violazioni, il loro cumulo
materiale viene attenuato, per evitare che una
violazione
lieve, ripetuta tante volte, sia punita più
severamente di violazioni molto più gravi. Si passa
quindi dal cumulo materiale al “cumulo
giuridico”, con una sanzione
unica basata su un aumento della sanzione per la
violazione più grave (866); tale principio si applica
anche per violazioni relative a tributi diversi, ipotesi
frequente per omessa dichiarazione di corrispettivi
ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA , anche per
più periodi di imposta. Il calcolo del cumulo è
demandato all'ufficio, e quindi questa mitigazione
non si applica per le autodeterminazioni delle
sanzioni in sede di "ravvedimento operoso", da parte
del contribuente, di cui al par.3.4.

6.14. Segue: 2 Il palliativo penaltributario tra ricchezza


non registrata e contestazioni interpretative
Antiche reazioni
penali a resistenze
e ostruzionismi
Le sanzioni penali appartengono alla tradizione del
diritto tributario, che le ricorda per la repressione del
contrabbando, dell'ostruzionismo agli esattori, di
866
Art. 12 comma 1 d.lgs. 472.

523 di 704
alcune forme insidiose di frode , come il conio di
monete false867 . Nella tassazione basata
sull’iniziativa dei pubblici uffici (par.1.2) non
servivano punizioni criminali, che hanno invece una
qualche giustificazione, nei limiti che vedremo, nella
tassazione attraverso le aziende e
nell’autotassazione.
Reati comuni e
determinazione dei
tributi
Già le ordinarie sanzioni penali, in materia di falso e
di truffa, potrebbero essere usate per reprimere
molti comportamenti di forte insidiosità, soprattutto
quelli descritti al par. 3.7 per la ricchezza non
registrata dagli imprenditori attraverso le aziende868.
Tuttavia la tendenza generalizzata, non solo italiana,
è quella di utilizzare specifici reati tributari, anche
quando nascondere ricchezza al fisco induce a
comportamenti che, se commessi ad altri fini,
darebbero luogo a reati comuni.
Uso di reati
tributari
Anche le sanzioni penali sembrano cioè far parte
dell'interazione tra sistema politico, uffici tributari e
contribuenti, con una forte valenza simbolica. Da
una parte esse tendono a mostrare "fermezza
istituzionale"869, assecondando tendenze giustizial-
populiste della pubblica opinione, indicate al par.4.6,
e tutelando però dai reati comuni chi agisce solo per
finalità tributarie. La confusione tributaria, dovuta

867
) Per cui era prevista addirittura la pena di morte.
868
Anche senza applicare meccanicamente queste disposizioni,
sarebbe possibile mantenerle come cornice di riferimento,
personalizzandole poi al contesto amministrativistico della
tassazione.
869
) Il potere politico usa spesso la sanzione penale in funzione delle esigenze di
comunicazione e di immagine indicate al par.2.4; sbandierate a una pubblica
opinione ignara del fatto che la prescrizione costituisce la modalità di gran
lunga prevalente di smaltimento dei reati per cui viene aperto un fascicolo dalle
procure della repubblica.

524 di 704
alla mancanza di una spiegazione d'insieme della
determinazione dei tributi, si è riflessa sui reati
tributari.
Mancata
sistematizzazione
In assenza di una cornice concettuale della
determinazione dei tributi870 è stata inevitabilmente
trascurata la funzione "integrativa" che su di essa
possono avere le sanzioni penali. Nel
disorientamento generale, anche settori della
magistratura penale si sono immaginati nel ruolo di
salvatori della patria, ignorando le caratteristiche
dell'evasione fiscale, indicate ai par.4.1-4.2871.
Funzione
complementare
Anche per le sanzioni penali vale, a maggior ragione,
quanto rilevato al paragrafo precedente per le
sanzioni amministrative, cioè l’impossibilità di
sostituire, con la punizione, la sistematicità della
funzione istituzionale di determinazione dei tributi.
Soprattutto in un paese in cui occorre
periodicamente "svuotare le carceri" , non ha senso
proporre di riempirle di creatori di reddito, che
dovrebbero stare in negozio, al laboratorio o in
azienda 872.
Instabilità
normativa
870
) Mi riferisco a quella che viene definita, in questo testo, “spiegazione di
insieme” della funzione tributaria.
871
E' comunque del tutto legittimo che, nel contesto culturale
italiano descritto al par.1.6, ogni categoria, magistrati
compresi, si illuda a tratti di poter rimediare, con qualche
iniziativa spontaneistica, alle inefficienze di altre istituzioni, nel
nostro caso quella tributaria, provocata dalle note carenze
formative descritte in tutto questo testo. Al di là di questi
slanci, la maggioranza dei PM è ben consapevole che le
sanzioni penali contro l'evasione fiscale, anche negli Stati Uniti
o in Germania, si inseriscono, completandone gli effetti, su un
sistematico intervento degli uffici amministrativi (si vedano
anche le dichiarazioni espresse di alcuni tra i PM più impegnati
sul tema dell'evasione, come Piercamillo Davigo e Francesco
Greco).

525 di 704
Questo retroterra confusionario ha dato luogo ad
apparati sanzionatori penal-tributari di mera
facciata, instabili nel tempo, e soprattutto legati a
contingenze propagandistiche in varia direzione, ad
occasioni di condoni.
Di un sistema
relativo solo a
imposte sui redditi
e IVA
Il riferimento del diritto penale tributario
esclusivamente alle imposte sui redditi e
all’IVA873. induce a ritenere irrilevante l'evasione di
altri tributi; tuttavia essa può teoricamente dar luogo
a reati comuni, ad esempio per l'alterazione di
documenti. Si vede quindi come le sanzioni penali
tributarie finiscano per difendere i trasgressori
dall'applicazione dei già citati reati comuni, come di
falso, di appropriazione indebita o di truffa. Restano
poi le sanzioni specifiche tradizionali da sempre
previste per i reati di contrabbando in materia
doganale (par. 10.6 ss.).
Sistema
sanzionatorio
Le violazioni in materia di imposte dirette e di IVA
sono contenute nel d.lgs. n. 74/2000; per le imposte
non dichiarate sono previsti delitti punibili a titolo di
dolo specifico, con lo specifico fine di ridurre cioè
il carico tributario (dolo specifico). C’è una

872
Con buona pace dei discorsi, peraltro di senso compiuto, dei
giornalisti secondo cui "In America gli evasori li mettono in
galera". L'affermazione andrebbe corretta precisando che la
repressione penale, anche negli USA, è una specie di ciliegina
sulla torta, rappresentata dall'attività degli uffici; la
ciliegina sulla torta è però efficace solo se esiste la torta su
cui appoggiarla. Se invece quest'ultima, per le note carenze di
spiegazioni d'insieme sulla determinazione dei tributi, è
insufficiente, è illusorio pensare che le sanzioni penali possano
sostituirla.
873
) Anche questo parallelismo conferma che imposte sui redditi e IVA sono
due facce di un sistema unico di tassazione attraverso le aziende, come vedremo
al capitolo 7, trattandole unitariamente.

526 di 704
rilevanza dei documenti fittizi, emessi o ricevuti, che
spesso sono prodromici alla “dichiarazione infedele”.
Quest’ultima è punita, indipendentemente
dall’importo evaso, quando si basa su documenti
alterati o fittizi (art. 2), ed oltre soglie di ammontare
relativamente modesto quando si basa su artifici
diversi dal documento fittizio (art. 3), mentre è
punita oltre soglie di ammontare elevato nelle altre
ipotesi (art. 4).
Per la mera ricchezza non registrata "tolta da sopra"
occultando ricavi, tipica di lavoratori indipendenti,
non ci sono procedure amministrative “scavalcate”
per nascondere ricchezza al fisco. Hanno quindi più
senso reati tributari specifici, per comportamenti
sostanzialmente “omissivi”, ma la soglia
relativamente elevata riduce l'impatto su queste
numerose (anche elettoralmente) categorie di
contribuenti.
Riflessi penali delle
contestazioni
interpretative
La confusione sul concetto stesso di evasione fiscale
si è riverberata sulla normativa penaltributaria,
oggetto di ricorrenti e pasticciati cambiamenti. E'
sfuggita la differenza tra ricchezza non registrata,
rappresentazione alterata dei fatti e loro
inquadramento giuridico (874par.3.10). La "grande
evasione", in termini di ricchezza non registrata dai
titolari delle aziende non è stata infatti aggredita
minimamente; le sanzioni penali sono state
applicate, per i titolari di grandi organizzazioni,
soprattutto per le contestazioni interpretative,
su ricchezza palese o persino dichiarata; in questo
modo si spaventa inutilmente chi non ha nascosto
nulla (875).

874
)E’ la dialettica, tipica di tutto il testo, tra le “questioni di fatto” sulla
ricchezza non indicata al fisco, e le questioni di diritto sulla sua qualificazione
giuridica.

527 di 704
Peggioramenti sulle
sanzioni
interpretative
Il disorientamento sulle sanzioni penali tributarie si
riflette nelle modificazioni normative876, La
normativa vigente dal 2000 al 2015 fu meno
consapevole, rispetto alla precedente (in vigore dal
1982 al 2000) della distinzione tra “mancata
registrazione della ricchezza” ed “evasione
interpretativa” (par. 3.9 e 3.10). Le sanzioni penali
vigenti dal 1982 al 2000 miravano molto più
opportunamente alla ricchezza sfuggita al circuito
delle aziende, in una supplenza penale impossibile,
ma almeno diretta nella direzione giusta, cioè della
ricchezza non registrata, pur spingendo sulle
procure molte pratiche di piccolo importo, di piccole
attività economiche.
La riforma del 2000 intendeva dirigersi a fattispecie
più “serie” identificate con la falsità dei documenti e
la quantità di imposta “evasa”, dove però la
supplenza penale è ancora più difficile, vista la
difficoltà di scoprire la ricchezza non registrata
all'interno delle aziende, a beneficio dei titolari. La
via di uscita è stata quella di far leva sulla
“maggiore imposta dovuta”, criminalizzando le
situazioni irrilevanti o innocue di evasione
interpretativa, e quindi trasformando in misura
analoga le sanzioni penali tributarie in una
controproducente sceneggiata su ricchezza
dichiarata o palese.
Soglie di rilevanza
Le soglie di rilevanza penale furono gestite con la
superficialità mediatica di cui al par.2.4, senza di

875
In genere persone perbene e soprattutto aziende. presso le
quali è stata rafforzata la convinzione che l'Italia sia un paese
inaffidabile sul piano delle istituzioni tributarie.
876
) Anch’esse confermano che quanto più la pubblica opinione è confusa su un
certo tema, tanto più la legge crea i problemi anziché risolverli (par.4.3 sul
positivismo giuridico).

528 di 704
soglie minime per le contraffazioni o alterazioni di
documenti, e teorica punibilità di violazioni
assolutamente trascurabili, ad esempio sulle carte
carburanti, le ricevute taxi o le note spese dei
dipendenti.
Le soglie comunque elevate di punibilità per le
"altri comportamenti fraudolenti" e ricchezza
genericamente non registrata (infedele
dichiarazione) comportano invece la mancata
punizione anche di chi emette fatture per decine
di migliaia di euro e poi “dimentica” di
registrarle, confidando nella loro difficile
individuazione in sede di controllo. Lo stesso per la
mancata registrazione di scontrini emessi, o di
versamenti bancari ricevuti.
Incubo e confusione
sull’evasione
interpretativa
La già indicata ipotetica punizione dell'"evasione
interpretativa" e dell'elusione fiscale (par.3.),
hanno portato ad inutili drammatizzazioni e tensioni
proprio sulle aziende (par. 5.19), con intromissioni
penali in sofisticate questioni di fiscalità specialistica
sul regime giuridico di vicende comunque
rappresentate nei documenti, nei conti, nei bilanci e
nelle dichiarazioni877.
Riflessi del
disorientamento
tributario
Se il concetto di evasione come ricchezza non
registrata fosse stato chiaro, sarebbe bastata la
necessità del dolo specifico per escludere
sanzioni penali su contestazioni interpretative sul
regime di ricchezza palese o registrata. La
confusione diffusa nell'ambiente tributario e i difetti
di percezione da parte della classe dirigente e dei
mezzi di informazione, la deresponsabilizzazione
degli uffici tributari, con tendenza a presentare

877

529 di 704
rapporti penali anche per contestazioni
interpretative, hanno fatto il resto, innescando la
tendenza di qualche magistrato, in buona fede, a
una velleitaria supplenza sociale, mentre molti
erano disorientati da una materia estranea al loro
bagaglio culturale e molti infastiditi da un carico di
lavoro atipico (878). Un qualche argine si è trovato
nel buonsenso di molte procure della repubblica, e
nella ragionevolezza di magistrati privi di
condizionamenti gerarchici e quindi in grado di
decidere e assumersi le proprie responsabilità;
spesso le situazioni sono quindi state gestibili,
valorizzando nell’insieme le differenze tra evasione
interpretativa e ricchezza non registrata.
Terrorismi
profesisonali
Più dannoso è stato il terrorismo penaltributario di
molti professionisti, sia penalisti che tributaristi,
proprio nei confronti delle organizzazioni aziendali e
in relazione alle contestazioni interpretative879.
Questo diversivo sociale, come indicato al par.3.10,
ha attecchito anche in materia penale, con un
effetto controproducente, che ha danneggiato solo le
persone perbene880, ed indirettamente l'intero
paese, in coerenza con quanto rilevato ai par.5.17
ss881:
878
Si tenga presente, come detto al par.1.3 che le istituzioni
giurisdizionali lasciano ancora molto spazio alle singole
individualità
879
L'avvocato penalista riesce molto spesso a essere il contrario
del giurista, come studioso sociale, il che è del tutto legittimo
fino a che non cerca di presentarsi come giurista, usando la
scientificità esteriore (par. 4.3) per accreditarsi meglio come
avvocato.
880
)Che cercavano di applicare le regole tributarie nel modo più conveniente
senza nascondere ricchezza al fisco.
881
Attoniti amministratori delegati di società multinazionali si
sono trovati sotto inchiesta penale per questioni di puro diritto,
di cui era stata loro assicurata la totale legittimità dai più
stimati professionisti e studiosi. A questo punto, non succede

530 di 704
Ulteriore correttivo
del 2015
La rilevanza penale dell'evasione interpretativa,
ammesso che fosse configurabile, è comunque
stata fortemente ridotta dalla riforma del 2015
(delega fiscale) che ha escluso esplicitamente la
punibilità penale dell'elusione (par.3.10).
L'opinione pubblica istintivamente condivide882, ma
si sente frastornata da questi continui cambiamenti
di sistema punitivo, da cui emerge un
disorientamento di fondo degli addetti ai lavori e
della politica.
Evasione da
riscossione e reati
A proposito dell’evasione da riscossione (883) il
decreto legislativo 74 puniva originariamente solo
chi “occultava” il patrimonio per sottrarlo
all’esecuzione
forzata, posteriore ai controlli; erano invece escluse
sanzioni penali per chi dichiarava e non
versava884. Sull'onda delle frodi carosello, e degli

nulla nell'immediato, ma appena c'è da chiudere una fabbrica o


aprirne una scatta il refrain in Italia solo per le vacanze.
882
Anche perché istintivamente intuisce che le
sanzioni penali tributarie hanno invece dato inutile
fastidio a chi non aveva nascosto nulla, senza
contrastare la ricchezza non registrata. Si intuisce
l'autogol sociale, dettato dall'improvvisazione, che
ha contribuito a far etichettare l'Italia come un
paese di istituzioni impazzite (par. 5.19). La
pubblica opinione ha anche inteso correttamente
che la ricchezza non registrata , invece, non è stata
sostanzialmente scalfita dalle sanzioni penali ; anche
su di lei, del resto, l’interesse generale è quello di
avere le imposte pagate e le fabbriche aperte, non
imprenditori in carcere e fabbriche chiuse.
883
Esaminata al precedente paragrafo 6.11.

531 di 704
omessi versamenti di ritenute885, sono invece state
introdotte, nel 2005, sanzioni penali a carico di
"contribuenti di diritto"886, tenuti a tassare
manifestazioni economiche relative a terzi, senza poi
versare le relative somme al fisco.
una sostanziale
appropriazione
indebita
Sarebbe stato più opportuno punire per
appropriazione indebita il contribuente di diritto, che
addebitava IVA o effettuava ritenute per poi
rendersi irreperibile senza versarle. L'uso di reati
tributari, stabiliti in modo rigido, ha invece
inconsapevolmente criminalizzato tutti i tardivi
versamenti, compresi quelli svolti da aziende con
sostanza economica, in semplice difficoltà
finanziaria, e intenzionate solo a finanziarsi
momentaneamente a carico del fisco, come
indicato al par.6.11. Sono nati quindi orientamenti
giurisprudenziali tesi a distinguere, in modo
abbastanza confusionario, queste due ipotesi,
escludendo le sanzioni penali per la seconda.
Richiami penalistici
La disciplina penaltributaria sopra descritta
segue ovviamente i criteri generali del diritto
penale, quanto a identificazione del reato in base
alla pena, alla dialettica
tra pubblico ministero e giudice, all’irretroattività ed
all’applicazione della legge successiva più
favorevole al reo, al concorso di reati ed alla
punibilità del rappresentante delle persone
884
) La ragione della mancanza di sanzioni penali stava nel fatto che il
trasgressore si rivelava al fisco, esponendosi alla riscossione coattiva. Veniva
trascurato il caso della dichiarazione strumentale, preordinata alla definitiva
omissione del pagamento, per i motivi indicati al par.6.11.
885
) Fenomeni entrambi descritti al par.3.8, a proposito della cosiddetta
“evasione aziendale”.
886
) Le sanzioni penali relative all’omesso versamento non si riferiscono infatti
a “tributi propri”, ma a esattori su manifestazioni di ricchezza altrui.

532 di 704
giuridiche, alla prescrizione, al rapporto tra giudicato
penale e processo tributario; in quest’ultima sede
non c’è alcuna automatica valenza di prova legale di
quanto
accertato in sede penale, che comunque il giudice
può tenere in considerazione nella formazione del
proprio convincimento.
segue perseguibilità
d’ufficio e obbligo
di rapporto
I reati tributari sono perseguibili d'ufficio, ed il
rapporto penale alla Procura della Repubblica
è un frequente strascico, come rilevato sopra,
persino delle contestazioni interpretative sul regime
giuridico del dichiarato.
Il sistema penaltributario risente inevitabilmente
di tutti gli inconvenienti della mancata
sistematizzazione della tassazione attraverso le
aziende, e le sdrammatizzazioni di cui al par. 4.7
sono un presupposto per rasserenarlo887.

PARTE SECONDA . IL PUNTO DI VISTA DELLA


PRECISAZIONE GIURIDICA DEI CONCETTI
ECONOMICI CUI SI RIFERISCONO I TRIBUTI
(REDDITI , CONSUMI E PATRIMONIO).

887
Forse, per una vera “lotta all’evasione” (o meglio per una
organica "funzione tributaria") bisognerebbe abolire le
disposizioni sulle “manette agli evasori”, anch’esse frutto
avvelenato dell’illusoria onnipotenza legislativa descritta al
par. 2.4, usando o adattando i reati comuni (truffa, falso,
insolvenza fraudolenta) in modo da colpire comportamenti
fraudolenti posti in essere a fini tributari.

533 di 704
CAPITOLO 7 LA DETERMINAZIONE SIMULTANEA
DI CONSUMI E REDDITI ATTRAVERSO LE AZIENDE
Sintesi: La prima parte del testo guarda ai tributi dal punto di vista
delle persone, delle organizzazioni (tra cui le aziende), delle
istituzioni, amministrative e giurisdizionali, coinvolte nella loro
applicazione. Questa seconda parte presuppone invece l’avvenuta
determinazione della ricchezza, ed è dedicata al suo
inquadramento giuridico. E’ un inquadramento “normativo”,
dedicato al modo in cui sono cristallizzati ai fini tributari regole e
principi (precisione, semplicità, certezza, etc.) che ruotano attorno
ai concetti di reddito, consumo, patrimonio. Questa
puntualizzazione normativa di concetti economici avviene anche
in relazione a esigenze di semplicità di rilevazione, controllabilità
amministrativa, cautela fiscale diretta ad evitare stratagemmi. E’
un insieme di profili riguardanti soprattutto le aziende, in cui la
ricchezza si produce e da cui partiremo, tenendo presente che
l’attività economica rileva al tempo stesso, saltando i passaggi
intermedi e guardando le prestazioni al consumo, come reddito
per il fornitore e consumo per il cliente. Per questo tratteremo in
parallelo le imposte sui redditi e l’IVA, entrambe “differenziali”
in quanto, nei passaggi intermedi tra operatori economici, la
ricchezza è ancora allo stato latente, finchè non arriva al
consumo, pubblico o privato, di beni durevoli, merci
immediatamente consumabili o servizi, oppure all’esportazione.
Questa depurazione dei passaggi intermedi è più complessa e
raffinata nell’IVA , in cui bisogna sterilizzare (neutralizzare) i
passaggi tra operatori economici, il che può avvenire con le
tecniche della detrazione o della non imponibilità, il cui
coordinamento è trattato ai par. 7.2-7.4. Dal paragrafo 7.5 si torna
a trattare in parallelo i due tributi a proposito dell’amplissima
definizione di “impresa tributaria”, dove si mescolano aziende
pluripersonali e lavoratori indipendenti, già anticipata ai
paragrafi 3.1 e 3.9 sulla superflua “contabilità fiscale”. Seguono
altri punti di contatto concettuali (riferimento ai corrispettivi par.
7.6), documentali (fatture e registrazioni degli incassi al dettaglio
par. 7.7 e 7.8) tra imposte sui redditi ed IVA, accomunate anche
dalla necessità di distinguere “costi e consumi”(par.7.9
sull’inerenza). Il par. 7.10 è invece più diretto a simmetrie

534 di 704
generali tipiche delle imposte sui redditi, dove occorre evitare
sfasamenti di regime tra costi deducibili e ricavi esenti. Il par.7.11
sull’imputazione a periodo è unitario per l’IVA e le imposte sui
redditi, introducendo anche tematiche specifiche alle imposte sui
redditi, in tema di valori fiscalmente riconosciuti (cfr. par. 3.9, su
simmetrie, continuità, neutralità etc.) “valutazioni di bilancio”
(ammortamenti, rimanenze, accantonamenti etc.). Le simmetrie,
i coordinamenti tra soggetti diversi, le continuità e le discontinuità
concettuali (sempre in un coordinamento tra precisione e
semplicità), ispirano anche i successivi paragrafi sul
coordinamento “società – soci”, tassazione internazionale,
operazioni straordinarie “aziendal-societarie”(cessioni d’azienda,
fusioni, scissioni etc..) e liquidazione (ordinaria o concorsuale)
delle attività economiche.

7.1. diritto tributario sostanziale e determinazione


unitaria di consumi e redditi attraverso le aziende: Iva e
imposte dirette
In questo paragrafo ci occupiamo dei numerosissimi ed elementari
tributi, di antica origine, su ricchezza non intercettata dalle
aziende, ma visibile attraverso le sue caratteristiche esteriori,
materialmente percepibili, oppure attraverso gli atti giuridici (in
genere solenni) che la accompagnano. Molti di questi antichi
tributi si sono adattati ad una applicazione massiva, seriale, gestita
attraverso le organizzazioni aziendali. Anche l’antica visibilità
materiale della ricchezza, tipica delle imposte doganali e delle
cosiddette accise, si è parzialmente scollegata dalla sorveglianza
fisica delle merci, collegandosi ai relativi documenti di
accompagnamento , ormai fisiologici nell’organizzazione
aziendale e nel commercio internazionale. Meno modifiche ci
sono state sulla visibilità giuridica, collegata ai contratti solenni,
annotati in pubblici registri (registro, successioni e ipocatastali),
oppure a documenti elementari, però emessi o ricevuti da soggetti
fiscalmente affidabili (imposta di bollo, dove invece la rigidità
amministrativa dei pubblici uffici o delle aziende è importante ai
fini del pagamento del tributo. Sugli immobili, o i mobili
registrati, queste forme di visibilità della ricchezza ricorrono
entrambe , congiuntamente e sotto profili diversi, che dovranno

535 di 704
essere coordinati per quanto riguarda la forma di tassazione più
difficile da realizzare attraverso le aziende, cioè quella sui
patrimoni degli individui , che raramente hanno a che fare, come
tali , col circuito amministrativo aziendale di acquisizione dei
consumi e di erogazione dei redditi. Questi problemi di
determinazione della ricchezza si moltiplicano poi per le imposte
amministrate da enti territoriali , comuni, province e regioni,
spiazzati dalla tassazione attraverso le aziende, come vedremo
all’ultimo paragrafo, dedicato al federalismo fiscale.Questa
seconda parte riguarda l'inquadramento giuridico
tributario della ricchezza che, in virtù delle varie
forme di visibilità indicate a partire dal paragrafo
1.11, i contribuenti decidono di dichiarare, e devono
quindi inquadrare nelle regole tributarie; lo abbiamo
già indicato ai paragrafi 3.9-3.11, 5.4, 5.17 ss. della
prima parte.
Richiami al diritto
tributario
sostanziale
La distinzione tra questioni di individuazione
materiale della ricchezza (888) e sue questioni di
inquadramento giuridico, cui è dedicato il diritto
tributario sostanziale (par.2.3) dovrebbe essere
chiara. In questa seconda parte ci occuperemo
delle questioni di inquadramento giuridico in
funzione dei vari tributi che specificano i
concetti generali di ricchezza 1.8889. Questo
"diritto tributario sostanziale" coincide con la
c.d. "parte speciale" di molti manuali sul tema.
888
Questioni di fatto, par.5.8
889
Collocheremo quindi la determinazione della ricchezza nelle
sue componenti (deduzione dei costi) , nei tempi per quanto
riguarda il momento impositivo (imputazione a periodo), nello
spazio, tra Italia ed estero (cfr. par. 7.18-7.19 sulla determinabilità della
ricchezza parzialmente ubicata all’estero) , nell’imputazione soggettiva
(par.7.17). Ne fanno parte anche gli elementi successivi per
arrivare all'imposta, come il riporto delle perdite, le deduzioni
per spese personali, le aliquote di imposta, compresi tutti i
regimi, premiali e talvolta punitivi, tendenti a dare effetti
economici, soprattutto agevolativi, ai tributi (par.1.7).

536 di 704
La sua importanza
tecnico
professionale, più
che sociale
Questa "parte speciale" ha un peso relativamente
minore in questo volume, per ragioni metodologiche
precise, trovandoci a un livello di "spiegazione
d'insieme" della determinazione dei tributi,
Il presente manuale è “istituzionale” nel senso che spiega le
funzioni istituzionali tributarie nella società890. L'interlocuzione
tecnico professionale riguarda un passaggio
successivo, che -senza questo fondamento- è
costruito sulla sabbia. Ricordiamo in proposito i due
livelli di interlocuzione dei giuristi indicati al par.4.3,
come studiosi delle istituzioni pubbliche (giuristi) e
come professionisti di singole pratiche (avvocati).
Intreccio tra
interlocuzione
sociale e
professionale
Dilungarsi sulla parte speciale, rilevante per la
spiegazione professionale, rischia di ostacolare la
fase precedente, di spiegazione sociale, il cui
successo serve anche alla serenità dell'attività
professionale, come indicato al par.4.3 e 4.7 sugli
intrecci tra questi livelli di interlocuzione. Nel primo
livello,i tecnicismi professionali della parte speciale
dovevano avere necessariamente meno spazio891.
non solo gran parte della casistica professionale è
secondaria rispetto alla spiegazione sociale generale

890
) Nell’appiattimento del diritto sui “materiali normativi”, descritto al par.4.3,
l’aggettivo “istituzionale” è invece riferito alla “normativa di base” alla
legislazione elementare, una prima fase dell’autosterilizzazione mentale in cui,
come indicato al par.4.3, il normativismo spesso riduce gli studi giuridici.
891
La fase di inquadramento giuridico è, a questo livello di
spiegazione, relativamente semplice in quanto le casistiche
controverse, ricorrenti nella pratica professionale "di lusso", e
che per i professionisti sembrano il centro del mondo, hanno
una valenza nel complesso modesta sul piano della spiegazione
d'insieme dei tributi.

537 di 704
del fenomeno, ma rischia di essere inquinante,
disorientante, confusionaria (892).
Rinvii e
collegamenti
Quindi riserviamo ad ulteriori volumi, diretti
maggiormente all'operatività professionale del
settore, ulteriori approfondimenti sulla "parte
speciale". Il collegamento tra parte generale e parte
speciale è che nella prima partivamo da persone,
organizzazioni aziendali e istituzioni, per arrivare alla
ricchezza, mentre qui -nella parte speciale-
partiremo dai concetti economici in cui si
esprime la ricchezza (par.1.8) per vedere come si
specificano giuridicamente.
La ricchezza come
nuovo punto di
osservazione della
determinazione dei
tributi
L'oggetto del volume, insomma, rimane lo stesso,
ma cambia il punto di osservazione, e l'impegno -per
gli studenti- non cresce rispetto al numero delle
pagine.
Il nucleo più importante del diritto tributario
sostanziale riguarda la determinazione contabile
della ricchezza attraverso le aziende, e può
essere esaminato simultaneamente per i redditi
e i consumi, costituenti due facce della stessa
medaglia (par.1.8).
Operatori
economici come
filtro della
ricchezza (b2b e
b2c)
Ricordiamo infatti che l’insieme degli operatori
economici (893) tolti i passaggi intermedi tra loro (c.d.
“business to business”), percepiscono consumi ed
erogano redditi, nel circuito unitario indicato varie
892
Benchè professionalmente fruttuosa per taluni professionisti,
come indicato anche al par.3.16.
893
Intendendo per tali sia i lavoratori indipendenti sia le organizzazioni
aziendali.

538 di 704
volte, tra cui al par. 1.8. Il corrispettivo del fornitore
al consumatore finale (ricavo) costituisce sia il
parametro per tassare l'acquirente sul consumo (894),
sia il punto di partenza per determinare i redditi del
fornitore, dopo la deduzione dei costi (par.7.9).
Se invece il cliente agisce come operatore
economico (operazioni to business) , abbiamo un
passaggio intermedio e anziché il consumo del
cliente finale abbiamo il costo di un altro operatore
commerciale, secondo il solito filo conduttore del
testo, di cui già al par. 1.8.
Colpita in modo
coordinato da IVA
e imposte sui
redditi
I flussi economici appena indicati sono colpiti da IVA
e imposte sui redditi, come due aspetti di un sistema
unitario di determinazione della ricchezza. Pur
disciplinate da testi normativi diversi, IVA e imposte
dirette compongono infatti un unico apparato
“analitico documentale” con cui le aziende,
determinano contabilmente la ricchezza reddituale e
qualla manifestata dal consumo (895).
La posizione tributaria di tutti gli operatori economici
“non agricoli” è infatti unitaria, con un criterio
uguale per IVA e imposte sui redditi.
Ragioni di una
trattazione unitaria
IVA-imposte sui
redditi
E' facile quindi capire le sinergie di una trattazione
unitaria tra IVA e imposte sui redditi. Analoghi si
presentano infatti i criteri identificativi degli
operatori economici (par. 7.5), i presupposti
oggettivi (cessioni di beni e prestazioni di servizi),
come pure il volume dei ricavi (volume d’affari, par.
894
operazioni business to consumer dove in ultima analisi,
aggiungendo le esportazioni nette, si misura il reddito
nazionale.
895
si ricordi che gli operatori economici, nel loro insieme,
ricevono consumi ed erogano redditi.

539 di 704
7.6), il momento impositivo (par. 7.12), l’inerenza
(par. 7.9) e le scritture contabili (par. 7.7-7.8).
Visibilità unitaria
della ricchezza
È infatti inconcepibile che un corrispettivo sia
registrato per le imposte sui redditi e nascosto per
l’IVA, o viceversa. La registrazione o l'evasione simul
stabunt simul cadent ai fini dei due tributi. Partendo
dalla stessa documentazione aziendale, i due tributi
guardano la stessa ricchezza da due punti di vista
diversi, cioè il ricavo per il fornitore, e il consumo (o
il costo) per l’acquirente.
Unitarietà della
posizione del
contribuente iva e
imposte dirette
Anche la gestione anagrafico-amministrativa dei
contribuenti, da parte dell’autorità fiscale, è unica,
come indicato ai par.5.12 e ss.. In tale sede abbiamo
infatti indicato che le attività fiscalmente di impresa
e professionali sono infatti censite unitariamente ai
fini dell’IVA e delle imposte sui redditi. Questo
inquadramento rileva unitariamente, ai fini
dell’individuazione dell’ufficio tributario competente
per territorio896 e per tipologia di contribuente, della
classificazione in un “codice di attività economica”,
anche ai fini degli studi di settore (par. 5.13).
Inizio unitario
dell’attività: la
partita IVA
Tutto parte con la comunicazione del
contribuente di intraprendere una attività
d’impresa o professionale. A seguito di questa
comunicazione si riceve un numero di partita
IVA, indispensabile per procedere alla fatturazione
e adempiere altri obblighi formali.
Benché la documentazione contabile, cui fanno
riferimento IVA e imposte sui redditi, sia la stessa, la

896
) Si tratta attualmente delle direzioni provinciali delle entrate, con le
competenze descritte al par.5.2.

540 di 704
loro diversità di oggetto economico (consumo
rispetto a reddito) comporta differenze nella
procedura di determinazione.
Richiami alla
distinzione tra
reddito e consumo
Le grandezze economiche di riferimento di entrambi
i tributi sono indicate a partire dal par.1.8. Il reddito
è il concetto più semplice, come incremento di
patrimonio rappresentato dalla differenza tra
componenti positive (ricavi) e negative (costi)
dell’attività economica897.
Il reddito di un operatore economico è quindi incerto
fino al termine dell’unità di tempo cui è riferito, in
quanto consiste nella somma algebrica di elementi
positivi e negativi, molti dei quali valutativi e
convenzionali (paragrafi 7.14/7.16 su rimanenze,
ammortamenti, etc.). Solo i redditi di chi non svolge
attività di operatore economico, non avendo il
riconoscimento dei costi, possono essere determinati
in modo isolato, senza essere riferiti a un periodo di
tempo. Il consumo riguarda invece masse di
operazioni che, una volta poste in essere, sono
indifferenti rispetto alle vicende successive, coi
riflessi sulle dichiarazioni fiscali, individuati al
paragrafo 3.4. Le imposte sui consumi rendono però
necessario, per motivi di precisione molto sentiti in
un'economia complessa, evitare doppie imposizioni
e ciò comporta le particolarità concettuali cui sono

L'idea di reddito individuale”, relativo a singoli operatori,


897

segue uno schema logico molto intuitivo, schematizzato


persino alle scuole elementari, dove il guadagno (“reddito”)
è dato da “incassi meno spese”. Sottrarre le spese dagli
incassi esprime la natura intrinsecamente differenziale del
reddito degli operatori economici, per cui è logicamente
necessario considerare i costi di produzione, ad esempio le
materie prime, l’energia, i costi pluriennali etc. (lo vedremo più
avanti meglio al par. 7.9 a proposito dei costi inerenti).

541 di 704
dedicati i prossimi 3 paragrafi. La trattazione
unitaria di redditi e consumi riprenderà al par.7.5898.

7.2. Imposte sui consumi: dalla visibilità materiale delle


merci a quella contabile del “valore aggiunto” (l’IVA)
Tradizione antica
dei tributi sui
consumi
La tassazione delle merci, economicamente diretta
al consumo (par.1.8) risale ai tempi remoti della
tassazione dei redditi agricoli, mentre la tassazione
dei redditi derivanti dal altre attività (c.d. "mobiliari")
è molto posteriore, essendosi generalizzata solo
nell'ottocento (par.1.3).
Le tradizionali imposte sui consumi, già
anticipate al paragrafo 1.3 si basavano sulla
visibilità materiale delle merci, colpendo le loro
quantità fisiche, senza complessi
calcoli sul loro valore o sui corrispettivi della loro
vendita, e soprattutto senza distinguere la
destinazione al consumo o alla produzione.
Veniva in questo modo evitata la distinzione, che ci
accompagnerà nei prossimi paragrafi, tra prestazioni
ad altri operatori economici (business to business
abbreviato come noto in B2B) ovvero al consumo
(business to consumer). Dedicheremo i prossimi
paragrafi (par. 7.2- 7.4) alle tecniche utilizzabili per
"sterilizzare" , nella tassazione dei consumi, i
passaggi tra operatori economici, per poi riprendere
dal par. 7.5 in poi la trattazione unitaria della

898
Anche se il concetto di reddito è presente, per differenza,
anche nei prossimi paragrafi dedicati al consumo, in quanto
-come indicato al par.1.8- in senso economico tutte le imposte
si pagano con redditi, anche quando riguardano il patrimonio o
il consumo (entrambi anch'essi manifestazione di una attività
umana denominata "reddito", in quanto diretta al
soddisfacimento di bisogni, propri o altrui).

542 di 704
determinazione di redditi e consumi “attraverso le
aziende”.
Inconvenienti della
tassazione “fisica”
delle merci
Collegare la tassazione dei consumi alle
movimentazioni delle merci colpiva i consumi di
servizi solo limitatamente alle merci consumate per
effettuarli (ad esempio i consumi presso un oste
pagavano solo sui relativi cibi e bevande). Questa
tassazione a quantità neppure considerava il diverso
valore di merci tipologicamente omogenee.
Questa tassazione “per natura” , benchè semplice,
divenne grossolana con la produzione industriale,
dove diventava macroscopica la duplicazione di
prelievo sui passaggi di beni e servizi destinati alla
produzione, e non al consumo899.
Dalle merci ai
documenti
commerciali come
visibilità dei
consumi
La diffusione delle organizzazioni aziendali, e dei loro
uffici amministrativi, spinse a elaborare tassazione
sui consumi non più collegata alla visibilità fisica
delle merci, ma alla loro documentazione contabile,
e quindi, finalmente, ai corrispettivi contrattuali tra
fornitore e cliente. La tassazione attraverso le
aziende arrivava così alle imposte sui consumi; in
particolare, la tradizionale visibilità fisica delle merci
899
Più le merci “circolavano” prima di arrivare al
consumo finale, più cresceva irrazionalmente
l’imposizione sui consumi, a meno di non
contrassegnare in qualche modo le merci già
assoggettate all'imposta, facendole poi circolare
liberamente (si dice che l'etimologia della parola
"accisa" richiami le incisioni praticate sui prodotti
per dimostrare che oramai avevano scontato il
tributo)

543 di 704
poteva essere sostituita dalla visibilità contabile, che
quindi tassava anche i consumi di servizi e poteva
distinguere, grazie al diverso corrispettivo, i consumi
popolari dai consumi più ricercati di tipologie di beni
per altri versi omogenee (vestiario, cibo, mobili,
etc.).
Ampliamento ai
servizi della sfera
impositiva
Basandosi sui corrispettivi, anziché sui passaggi
materiali di beni, l’imposizione sui consumi
amplia enormemente la propria area
applicativa , anche le prestazioni di servizi, ivi
compresi quelli bancari o assicurativi, oppure quelli
socialmente meritevoli", come didattici e sanitari; ciò
spiega l'introduzione delle "operazioni esenti"
in cui l'imposta non viene addebitata al consumatore
finale, ma limitazioni al recupero dell''IVA sugli
acquisti , con meccanismi indicati al par.7.10.
l’imposta generale
sull’entrata
Un primo esperimento di questa “tassazione
ragionieristica dei consumi” fu l’imposta generale
sull’entrata (IGE), riiferita ai corrispettivi
contrattuali e non più alle merci, colpendo quindi
anche i servizi e diversificando la tassazione in base
al diverso corrispettivo. Questo tributo era stabilito
con aliquota modesta (4%) proprio per risolvere in
questo modo i suddetti problemi di "cumulo", che
veniva mantenuto, riducendone tuttavia l'impatto
per la bassa aliquota. L'IGE colpiva infatti ogni stadio
della produzione, dando luogo alla già indicata
tassazione cumulativa, discriminatoria
all'aumento dei passaggi di beni e servizi “a
monte” del consumo.
L’IVA come tributo
neutrale
Era un criterio troppo grossolano per essere
accettato in sede europea, dove si progettò l'attuale
imposta sul valore aggiunto. A tal fine le tecniche

544 di 704
per evitare le suddette duplicazioni potevano
basarsi sulla applicazione dell'imposta solo sulle
operazioni al consumo e non a quelle verso altri
operatori economici. Il fornitore, su cui ricade (come
contribuente di diritto par.3.5) l'applicazione o meno
del tributo, qualche volta possiede informazioni
sufficienti a decidere, mentre qualche volta ne è
privo.
Le tecniche della
detrazione e della
non
imponibilità:rinvio
Quando il fornitore possiede queste informazioni, la
soluzione più semplice per evitare le suddette
duplicazioni è non applicare affatto il tributo; quando
invece queste informazioni mancano, la soluzione
più semplice è applicare il tributo (900), consentendo
però all'acquirente imprenditore di scomputarlo da
quello sulle sue vendite, ed eventualmente di
chiedere il rimborso della differenza, col sistema
della detrazione dall’imposta relativa agli acquisti
degli “operatori economici” da quella relativa alle
loro vendite. I pregi e i difetti di queste due
tecniche , e i modi per coordinarle, saranno indicati
al prossimo paragrafo.
L’obiettivo comune
del consumo
(finale)
Qui ribadiamo che in questo modo, sottraendo l'IVA
a credito sugli acquisti e quella a debito sulle vendite
si tassano solo “i consumi finali”901; queste
900
Facendolo "in automatico", di default, perché la tassazione
attraverso le aziende non può che essere rapida e
proceduralizzata, come l'amministrazione aziendale, senza
poter aprire discussioni su ogni documento da emettere o da
ricevere.
901
) A ben vedere l’aggettivo “finale” , aggiunto a consumo, è pleonastico, e
ricorda un po’ il frequente rafforzativo, usato dal mondo mediatico con
l’espressione “reato penale”. Tuttavia nel nostro caso il rafforzativo ha il senso
di distinguere il consumo dei privati da quello con cui operatori economici
consumano materie prime o servizi per le loro produzioni (ad es. energia).

545 di 704
duplicazioni sono inferiori a quelle da eliminare,
come indicato sopra, per il calcolo del reddito. Non
tutti i costi dell'operatore economico sono infatti
gravati da IVA, ma solo quelli provenienti da altri
operatori economici. Non sono ad esempio gravati
da IVA i costi di lavoro dipendente, o i canoni di
locazione corrisposti a privati902, come pure gli
interessi passivi, sia corrisposti a obbligazionisti sia
corrisposti a banche (903).
Concetto di “valore
aggiunto” al
consumo finale
Il consumo soggetto a IVA esprime quindi un “valore
aggiunto economico”, e sotto questo profilo l’IVA,
universalmente e correttamente considerata sui
consumi, è riferita anche “al valore aggiunto”904.
Qualunque tra i suddetti due criteri 905 si scelta per
sterilizzare le "operazioni intermedie" (b2b) l'IVA
colpisce il valore aggiunto dal punto di vista del
consumo. Per arrivare dal “valore aggiunto” tipo
consumo (paragrafi 7.6, 9.5 sull’IRAP) al consumo
bisogna solo eliminare le esportazioni, dove c’è
produzione e non consumo, ed aggiungere le
importazioni, dove c’è consumo senza
produzione (906). Il valore aggiunto, quale che ne
sia la versione (consumo o reddito) riflette l’insieme
902
) Sono esclusi da IVA anche gli acquisti presso privati non operatori
economici.
903
) Vedremo al par.7.10 che gli interessi attivi sono operazioni esenti da IVA,
anche quando percepiti da un operatore economico, come la banca. L’interesse,
infatti, non esprime un consumo, neppure il consumo di un servizio, ma il
relativo finanziamento.
904
) Il concetto di valore aggiunto è economico, non “finanziario” e quindi ha
ben poco a che fare con l’EBITDA, che è al netto del costo del lavoro, al lordo
dell’ammortamento e delle imposte sul reddito. L’unico elemento di
coincidenza tra valore aggiunto ed Ebitda è rappresentato dagli interessi passivi.
905
) Quello della detrazione o della non imponibilità, entrambi menzionati sopra
e ripresi al prossimo paragrafo.
906
Vedremo al par. 9.6, sull’IRAP, che il valore aggiunto "tipo reddito"
fa invece l'opposto, includendo le esportazioni e escludendo le
importazioni.

546 di 704
dei redditi che, attraverso l'attività, sono erogati a
chi vi prende parte, cioè anche lavoratori,
finanziatori e altri soggetti che non sono operatori
economici907.
Definire “ad alto valore aggiunto” una attività
economica vuol dire, in prima approssimazione che
essa è “molto redditizia”, ponendosi però dal punto
di vista dell’attività
e non del titolare. Ad esempio un’azienda di pulizie,
rispetto a un supermercato, è “a maggior valore
aggiunto” perché richiede, a parità di giro d’affari,
pochi costi per materie
prime, merci e altri acquisti verso operatori
economici, ed un forte costo del lavoro, incluso nel
"valore aggiunto".
consumi durevoli
L’insieme della ricchezza riferibile a lavoratori,
risparmiatori, imprenditori, titolari di immobili, cioè
alle persone fisiche e alle organizzazioni non
economiche (enti pubblici) è astrattamente
suscettibile di essere "consumata”, anche in beni
durevoli. Anche questi consumi durevoli 908sono
correttamente soggetti a IVA, perché l'imposta non
riguarda la materiale consumabilità del bene, ma
l'acquisto da un operatore economico da parte di un
consumatore.
dal valore aggiunto
al reddito
Una parte del valore aggiunto è il reddito,
dipendente da circostanze di mercato e dal grado di
impegno –personale e patrimoniale – del titolare909. A
seconda che si impieghino immobili propri, anziché
altrui, lavoro proprio, anziché di terzi, o capitali
907
) Quindi, per dirla grossolanamente, non hanno la partita iva.
908
Come ad esempio auto, elettrodomestici, abitazioni, etc.
909
) La differenza tra valore aggiunto e reddito è stata già indicata al par.3.1,
parlando dell’importanza relativamente secondaria del profitto per le
organizzazioni, rispetto al lavoratore indipendente, che col profitto deve
sostentare il proprio tenore di vita.

547 di 704
propri, anziché di debito, una parte maggiore del
valore aggiunto sarà anche reddito910. impiegato per
pagare gli interessi passivi.
Il reddito è la parte del valore aggiunto che residua
dopo aver remunerato i suddetti dipendenti,
finanziatori, percettori di rendite fondiarie etc... Si
tratta di coloro che traggono sostentamento
dall’attività economica, senza essere essi stessi
operatori economici911.
Confronto per
masse tra iva sulle
vendite e sugli
acquisti
Il confronto tra IVA sulle vendite e IVA sugli acquisti
avviene ovviamente "per masse" ; l'insieme dell'IVA
detraibile sugli acquisti viene detratta dall'insieme
dell'IVA a debito sulle vendite912, Si crea così una
specie di conto corrente di crediti e debiti, che
procede con confronti periodici (le liquidazioni IVA di
cui al par. 7.8). La dichiarazione IVA e' solo un
riepilogo di questi rapporti, come indicato al par.3.4,
e non contiene uno specifico calcolo dell'imposta,

910
) Nella proporzione inversa, il valore aggiunto sarà invece speso per pagare
canoni di locazione, interessi passivi o salari. Se si assume un direttore
generale, il relativo stipendio assorbirà una quota di valore
aggiunto che, altrimenti, sarebbe profitto. Se le mura dei locali
sono di proprietà, la rendita fondiaria confluirà nel reddito. (vedi
par.9.6 sull’IRAP, come imposta sul valore aggiunto in versione reddito).
911
In un certo senso, ricollegandosi a quanto rilevato
al par.1.8 sul pagamento di tutte le imposte
utilizzando redditi, l'IVA guarda ai “redditi spendibili
per consumi”, cioè che ritornano verso gli individui
in veste di privati consumatori, in buona parte sotto
forma di salari, profitti e interessi.
912
) Sarebbe infatti economicamente assurdo imputare l'IVA a credito
sugli acquisti relativi a una determinata vendita, alla specifica
IVA a debito. Per la detrazione dell'IVA sugli acquisti basta
quindi la riferibilità all'attività d'impresa, come vedremo per
l'inerenza al par.7.9, purchè non ci siano gli specifici riferimenti
a operazioni esenti, come vedremo al par.7.10.

548 di 704
con gli elementi valutativi tipici del bilancio ai fini
delle imposte sui redditi, indicati ai par. 7.14 ss..
L'IVA non è quindi un'imposta "di periodo", e non ha
le continuità di valori fiscalmente riconosciuti (913).
Confronti di base
imponibile
La detrazione dell’IVA è simile alla deduzione dei
costi nelle imposte sui redditi, tenendo conto che
però non sono gravati da IVA i costi che esprimono
"valore aggiunto", cioè le retribuzioni ai dipendenti,
gli interessi passivi, molte locazioni e in genere
quanto spettante a altri privati non operatori
economici.
Reddito zero e
debito IVA
Per questo motivo un pareggio tra costi e ricavi ai
fini delle imposte sui redditi, o persino una perdita,
comportano quindi normalmente un debito di
IVA, in quanto una impresa in minimo equilibrio
economico, anche se in perdita, è normalmente in
grado di remunerare il costo del lavoro e parte degli
interessi passivi. Per questo, come rilevato all'inizio
del par.3.12 le fatture attive, necessarie alla
copertura dei costi "visibili"(914), tendono a essere
indirizzate a soggetti che hanno titolo di detrarre la
relativa IVA.
Possibili
spiegazioni di
crediti IVA
Un sistematico credito IVA è perciò a prima vista
anomalo, spiegabile ad esempio con significative
913
Cfr par.7.13. In generale l'IVA ha molte meno "simmetrie"
delle imposte sui redditi (par.3.12), tra cui quelle indicate al
par.7.10 per l'indetraibilità di iva relativa a operazioni esenti,
nonché ovviamente quella che trasmette i crediti IVA da un
anno all'altro.
914
) Si ricordi dal par.3.12 l’aforisma secondo cui “le tasse si pagano sui costi”
nel senso che la visibilità esteriore delle attrezzature e dei dipendenti aziendali
rende necessaria la registrazione dei relativi costi, che a loro volta rendono
necessaria una corrispondente registrazione di ricavi, per ovvi motivi di
equilibrio.

549 di 704
esportazioni, su cui l'IVA non è dovuta, (vedi infra
paragrafo 7.4); un credito IVA potrebbe essere
dovuto a una aliquota IVA sulle vendite molto
inferiore a quella applicabile sugli acquisti, oppure
(occasionalmente) a rimanenze ed investimenti,
dove l’IVA viene detratta immediatamente, senza
seguire l’eventuale ammortamento di cui diremo al
par.7.15 per le imposte sui redditi.

7.3. Segue: Tecniche IVA per raggiungere il


consumo tra detrazione, “non imponibilità” aliquote
ed esenzioni

Iva come imposta


armonizzata
europea
L’obiettivo di tassare il consumo facendo leva sul
"valore aggiunto tipo consumo", come indicato al
paragrafo precedente, fu realizzato con l’IVA;
l'imposta è regolata da norme nazionali (in Italia il
decreto 633 del 1972), condizionate da uno schema
base analogo in tutti gli stati dell’Unione Europea.
Esso è contenuto in direttive comunitarie915, che
costituiscono un ausilio per interpretare la norma
nazionale, o anche per disapplicarla916 .
Variazioni
consentite agli stati
membri
Su questo schema base comunitario917, agli stati
membri sono consentite “variazioni sul tema”

915
) Su questa tipologia normativa par.2.6.
916
) Si vedano anche qui le riflessioni di cui al par.2.6, sui
condizionamenti comunitari alla potestà normativa tributaria.
917
)E’ in linea di principio vietato far parte dell’unione senza introdurre l’IVA
ed avendo tributi sui consumi diversi; si potrebbe approfondire la possibilità di
appartenere all’unione senza avere affatto tributi sui consumi, e quindi neppure
l’IVA.

550 di 704
per determinati settori918, tipologie di operazioni919,
categorie di contribuenti (920); il tributo ha infatti uno
spettro applicativo così ampio, basandosi sul
concetto di "corrispettivo", da richiedere
adattamenti ai modi in cui la ricchezza si forma nei
vari settori, ed all'effettiva presenza, in essi di
"consumatori finali"921.
Margini di scelta
sull’aliquota
Le normative europee consentono infine “agli stati
membri di scegliere tra "forchette” di aliquote
minime e massime.” L’aliquota generale, applicata
al corrispettivo contrattuale nei modi indicati alla
postilla precedente, è del 22 per cento, ma
esistono aliquote ridotte speciali (4 e 10),
previste, per categorie merceologiche
estremamente dettagliate, nelle tabelle allegate al
decreto IVA.
tecniche per evitare
duplicazioni:non
imponibilità e
detrazione
Vediamo come, in concreto, la normativa
comunitaria, obbligatoria sul punto per quella
interna, ha mediato tra le già indicate modalità per
evitare duplicazioni d'imposta nelle operazioni "a
monte" del consumo finale. In proposito siamo da
circa vent'anni in presenza di una combinazione tra
detrazione e non imponibilità.
Iniziale prevalenza
della detrazione
918
) Ad esempio agricoltura, spettacoli, trasporti pubblici urbani, agenzie di
viaggio, immobili (dove la distinzione tra consumo e investimento è spesso
difficile).
919
) Ad esempio beni usati, trasferimenti in conto vendita, vendite con
distributori automatici al pubblico.
920
ad esempio quelli di piccole dimensioni, che possono essere
esonerati dall'IVA ed equiparati a consumatori finali.
921
) Teniamo presente infatti che l’IVA giunge al consumo finale attraverso i
corrispettivi contrattuali , esistenti anche in fasi molto anteriori rispetto al
consumo finale. Vedi anche quanto diremo al par. 7.6 sull’ampiezza del
concetto di “cessione di beni”, nell’IVA.

551 di 704
La tecnica originaria di contrasto alla duplicazione
impositiva, ancora molto diffusa e più agevole per le
piccole operazioni, era la detrazione dell’imposta
sugli acquisti da quella dovuta sulle vendite. Prima
di esporre il diverso (e per certi versi
proceduralmente più semplice) criterio della non
imponibilità, vediamo gli articolati passaggi
"fornitore-cliente-stato", tipici del criterio della
detrazione.
Fasi liquidative
dell’imposta
Il fornitore addebita l’IVA al cliente, e la registra
tra i propri debiti verso il fisco: se il cliente però
agisce come imprenditore o professionista, registra
anch'esso l'imposta sui propri acquisti in detrazione
da quella dovuta sulle vendite922, con un credito per
le eventuali eccedenze923.
Il fornitore si rivale sul cliente per l’importo
dell’imposta (art. 18), e quindi nei rapporti
economici, è a priori è noto che:
1) negli acquisti da dettaglianti il prezzo esposto o
pattuito è comprensivo di IVA;
2) negli acquisti da altri soggetti-IVA il corrispettivo
deve essere maggiorato dell’imposta.
In base a queste previsioni, il cliente dovrà
corrispondere l’IVA in aggiunta al corrispettivo

Il cliente consumatore finale invece paga e basta,senza


922

effettuare detrazioni; anche se egli ignorasse l'esistenza


dell'IVA, come tutti i contribuenti di fatto (par.3.5), il tributo
giungerebbe comunque alla sua naturale destinazione del
consumo.
923
Anche qui ritornano i concetti indicati al par. 3.5
sul contribuente di diritto, cioè il fornitore, che
intrattiene i rapporti col fisco. Il contribuente di fatto,
il consumatore finale, non ha rapporti con gli uffici
fiscali, e sopporta (magari senza saperlo) il peso
economico del tributo.

552 di 704
pattuito, mentre il commerciante al minuto non ha
alcun diritto di imporre
maggiorazioni di prezzo a chi richiedesse la fattura,
in quanto l'IVA è compresa nel prezzo esposto al
dettaglio.
richiamo alla
liquidazione
dell’IVA “per
masse”
La differenza tra IVA attiva, dovuta sulle vendite, e
IVA passiva, cioè detraibile sugli acquisti, viene
calcolata a scadenze periodiche (in genere mensili,
par. 3.4 e 7.8 sulla c.d. "liquidazione dell'IVA"). Si
instaura così una specie di conto corrente
permanente tra operatori economici ed erario,
dove confluiscono le masse di iva in detrazione sugli
acquisti e quelle di iva a debito sulle vendite; è
intuitivo che le eccedenze a debito devono essere
versate entro lo stesso termine, al netto ovviamente
di eventuali crediti di liquidazioni passate.
Abolizione delle
dogane interne e
crisi della
detrazione
Nella prima fase di applicazione dell'IVA, fino
all'abolizione delle dogane interne all'Unione
Europea924, la detrazione spiegata sopra fu il
metodo dominante contro le duplicazioni. Con
l'abolizione, nel 1993, delle dogane interne, fu
inevitabile adottare la non imponibilità nei
rapporti tra operatori economici residenti in
paesi comunitari diversi (925). Successivamente, la
tecnica della non imponibilità si è estesa in una serie
di scambi interni, per ragioni antievasive contro il già

924
) Sull’iva intracomunitaria vedi il successivo par.7.4.
925
Vedremo infatti infra, al par. 7.4 sull'iva intracomunitaria, che la
detrazione di IVA di altri paesi comunitari, cioè la detrazione
transfrontaliera, è amministrativamente troppo macchinosa
per essere praticabile.

553 di 704
indicato mancato versamento dell’IVA da parte del
fornitore,cioè le c.d. “frodi carosello”926.
frodi carosello
IVA:un caso di
asimmetria
Le frodi carosello si collegano all'impossibilità del
cliente di controllare il versamento dell'IVA da parte
del fornitore, visto che l'IVA può solo essere
liquidata “per masse”, non operazione per
operazione927. Il cliente che detrae non può quindi
avere la certezza legale del versamento da parte del
fornitore dell’IVA che gli è stata addebitata;
quest’ultimo potrebbe infatti avere altre detrazioni
su cui il cliente non può indagare. sono operazioni
denominate frodi carosello per la pluralità di
società interposte rispetto a quella che detrae l'IVA.
Ne deriva il rischio che l’IVA incassata dal fornitore
non sia versata al fisco, senza responsabilità
dell’acquirente, salva la prova di una sua connivenza
col fornitore; questa connivenza è presumibile
quando l’acquisto avviene a un prezzo inferiore a
quello corrente, nel qual caso l’unica spiegazione del
comportamento del venditore è l’intenzione di
intascare l’IVA928.
Contro le frodi in esame si potrebbe perseguire un
maggiore utilizzo, anziché della detrazione, del già
indicato sistema della “non imponibilità”, che rende
926
) Delle quali abbiamo già parlato come “evasione d’impresa” al par.3.8, tra
le simmetrie fiscali e gli arbitraggi di cui al par.3.12, e come evasione da
riscossione al par.6.11.
Non esiste quindi, da parte del fornitore, un
927

versamento specifico dell’IVA addebitata al cliente,


che questo possa essere incaricato di controllare
prima di detrarre la relativa imposta.
928
In questi casi scatta una responsabilità solidale del
compratore per l’imposta non versata dal venditore (art. 60-bis
decreto IVA ). Tuttavia la modalità più diffusa di contrastare
queste operazioni è stato il disconoscimento della detrazione ,
in quanto "operazione soggettivamente inesistente"
all'acquirente.

554 di 704
irrilevanti ai fini IVA i "passaggi intermedi" tra
operatori economici; è una tecnica praticabile,
ricordando che il fornitore non conosce i propri
clienti (par.3.2) soprattutto quando le
caratteristiche della prestazione fanno escludere
che possa rivolgersi a consumatori finali, come
le vendite all'ingrosso929.
Combinazione
detrazione non
imponibilità
Una prima combinazione tra i punti forti di
entrambi i sistemi consiste nella detrazione per gli
acquisti “al dettaglio” e la non imponibilità
nelle fasi all'ingrosso.
In questo modo, per gli acquisti di piccolo importo,
nelle fasi del dettaglio, l'IVA sarebbe applicata in
automatico, esonerando il fornitore dal verificare la
veridicità delle asserzioni con cui l'acquirente si
qualifica operatore IVA per evitare il tributo; va
tenuto presente, come anticipato al par3.2 che il
fornitore non è in grado di indagare sulle generalità
effettive del cliente, essendo interessato ad
approfondire solo la solidità dei suoi mezzi di
pagamento.
Non imponibilità ed
evasione al
dettaglio
Questa sistemazione funzionerebbe egregiamente
nella misura in cui le vendite al dettaglio fossero
effettuate da organizzazioni affidabili. Quanto più
fossero diffusi piccoli commercianti , eventualmente
ambulanti, senza sede fissa, intenzionati ad
occultare le vendite, occorrerebbe contrastare la
loro tendenza ad acquistare senza IVA, in modo da
rivendere egualmente senza IVA al consumo finale.
Un eccessivo e indiscriminato uso della “non
929
La “non imponibilità” tra operatori economici, è affidabile
solo per grandi forniture, le cui caratteristiche escludono che
l’acquirente possa essere un consumatore finale che si dichiara
imprenditore per evitare l’IVA .

555 di 704
imponibilità” potrebbe far arrivare all'ultimo stadio
della distribuzione, non adeguatamente affidabile ai
fini tributari, grossi quantitativi di merci930.

7.4. L’IVA nei rapporti internazionali e


intracomunitari

Sistema delle
dogane e iva nei
rapporti extra UE
I rapporti con clienti e fornitori estranei
all'unione europea sono facilmente inseribili
nel meccanismo dell'IVA grazie al sistema
delle dogane (931). L'esportazione dei beni
verso paesi extracomunitari è certificata
dalla dogana italiana di uscita ed
ovviamente non sconta alcun tributo. Al
contrario le importazioni sono tassate
con IVA in dogana, e l'imposta in questo
modo pagata sostituisce quella
mancante, per ovvi motivi, nella fattura
dal fornitore estero932.
Estraneità delle
esportazioni al
valore aggiunto
tipo consumo

930
Vedremo al prossimo paragrafo che già oggi questo problema si
pone, col controllo dell'effettiva spedizione all'estero dei beni
oggetto di cessione intracomunitaria e per gli acquisti senza iva
da falsi esportatori abituali.
931
Istituito a presidio, anche commerciale, dei confini, nei modi indicati al
par.10.7. Esso consente di certificare le esportazioni e di
tassare con IVA le importazioni avviando il meccanismo di
detrazione/addebito indicato al paragrafo precedente.
932
) Basta infatti riflettere un attimo per capire che il fornitore estero non può
applicare imposte relative al paese del cliente. Sono a certe condizioni, in
un’area economica omogenea, e dopo aver superato un importo minimo di
vendite a distanza al dettaglio, il fornitore estero può doversi registrare, come
vedremo tra un attimo, per l’IVA intracomunitaria.

556 di 704
Le esportazioni verso paesi extracomunitari
sono «non imponibili» IVA, con detrazione
dell’imposta sui correlativi acquisti, ed
eventuale rimborso delle eccedenze, per via
dei principi generali delle imposte sui
consumi. Queste ultime seguono infatti
l’elementare criterio di territorialità del
paese del compratore-consumatore
finale. Se il consumo avviene all'estero
un'imposta sui consumi in Italia non è
dovuta , a prescindere dall'esistenza o meno
di un'imposta sui consumi nel paese in cui i
beni sono destinati, evento che riguarda solo
lo stato estero ed i suoi contribuenti, e non
deve interessare al paese del fornitore. Sono
quindi del tutto conformi a una logica
determinazione della ricchezza, senza alcuna
portata agevolativa, le eccedenze dell’IVA
sugli acquisti rispetto a quella sulle vendite
di tali soggetti, e la loro posizione di credito.
Possibilità di
acquistare senza
IVA
Per evitare i tempi burocratici richiesti per il
rimborso dei crediti IVA è consentito
acquistare beni e servizi «senza applicazione
dell’imposta» fino a concorrenza delle
esportazioni dirette dell’anno precedente933.

Il rischio è che, non essendoci alcuna


933

possibilità di trasformare il fornitore in


investigatore sulla correttezza della
posizione globale IVA del proprio cliente,
vengano utilizzate partite IVA reali, ma “di

557 di 704
Problemi connessi
alla mancanza di
dogane interne
I rapporti economici tra operatori di stati
appartenenti all’unione sono invece caratterizzati
dall’assenza di una dogana, che a sua volta si
inquadra nelle aspirazioni politiche alla creazione di
un mercato unico dei paesi dell’Unione, che superi i
confini nazionali.
Tassazione del
934
consumo nel
paese del cliente da
parte del fornitore
estero
Tuttavia, al di là di una modesta franchigia (935) il
fornitore comunitario a consumatori finali di un
altro paese comunitario, è tenuto a nominare un
rappresentante per versare l’imposta allo
stato dove risiedono i consumatori. Resta quindi
ferma, nonostante l'abolizione delle dogane, la
tassazione IVA nel paese comunitario dove avviene il
consumo936.
Abolizione delle
dogane e rapporti

comodo”, da parte di chi non è affatto


esportatore, ma vuole semplicemente
acquistare i beni senza IVA per rivenderli “in
nero” sul mercato nazionale, in una delle
frodi indicate al termine del precedente
paragrafo 7.3.
934
935
Pari ad alcune decine di migliaia di euro.
936
) E’ un altro caso di “tassazione attraverso le organizzazioni aziendali”, che
si sostituiscono alle dogane, eliminate dai confini UE, ed applicano l’imposta
sui consumatori di un altro stato. Sarebbe da chiedersi in quale misura è
possibile, in assenza di organizzazioni rigide, vendere a distanza da un paese
all’altro nascondendo i relativi incassi al fisco di entrambi. Bisognerebbe cioè
chiedersi in quale misura l’apertura delle frontiere, passando dall’istituzione
doganale all’autodeterminazione del tributo, abbia agevolato la mancata
registrazione della ricchezza ai fini tributari.

558 di 704
tra operatori
economici
Il suddetto venir meno delle dogane interne ha
reso impraticabile il sistema della detrazione, per
neutralizzare ai fini IVA le operazioni intermedie, ed
ha costretto a utilizzare il già commentato criterio
della "non imponibilità937. Ripetiamo infatti che la
detrazione IVA intracomunitaria è ingestibile, in
quanto richiederebbe una complicatissima stanza di
compensazione tra tutti i paesi comunitari938. In
luogo della detrazione è quindi inevitabile usare il
criterio della “non imponibilità”939; il cliente
comunicherà quindi al fornitore dell’altro stato U.E.
la propria partita IVA (che funge da “codice di
identificazione”), acquistando senza applicazione
dell’imposta.
Rischi di frodi
(rinvio)
Anche qui c’è il rischio, già rilevato al termine del
par.7.3 che utilizzate partite IVA estere,
formalmente "attive"940, siano usate per
“mascherare” cessioni senza IVA a chi smisterà la

937
) Come anticipato al precedente par.7.3 il criterio della non imponibilità è
stato rilanciato dall’abolizione delle dogane. Anche se il problema esisteva da
prima dell’abolizione delle dogane, essa ha reso disponibili con maggiore
frequenza merci non gravate da IVA a monte.
938
La detrazione intracomunitaria era stata progettata, ma è
stata di fatto rinviata a tempo indeterminato per le intuitive
difficoltà gestionali indicate nel testo.
939
Recepito da tutti i paesi comunitari e regolato in Italia dalla legge 427
del 2003.
940
Non è infatti sufficiente il controllo informatico sull’effettività
della partita IVA del cliente cui viene richiesto di intestare la
fattura. Anche se il trasporto avvenisse a cura del venditore,
questi non sarebbe in grado di controllare l’effettiva
destinazione dei beni. Un indizio rilevante della buona fede del
cedente è la provenienza del pagamento dall'estero. Nulla
vieta comunque che un'organizzazione italiana acquisti merci
in sede intracomunitaria, con una partita IVA attiva, per
rivenderle in nero sul territorio italiano. Sono argomenti che
meriterebbero approfondimenti in tesi di laurea o dottorato.

559 di 704
merce a dettaglianti che sistematicamente
nascondono gli incassi941;

7.5. Esposizione parallela della tassazione diretta e


indiretta attraverso le aziende: panoramica degli
operatori economici
L’accorpamento di
lavoratori
indipendenti e
organizzazioni
nell”’impresa
fiscale”
Dopo le particolarità di cui ai paragrafi precedenti,
relative alla sola IVA942, iniziamo la trattazione
unitaria (ai fini IVA e delle imposte sui redditi) del
regime della ricchezza registrata
nell'autotassazione.
Sul piano soggettivo ritroviamo l'esagerato
ampliamento degli "imprenditori fiscali",
indicato al par.3.13, in cui le imprese
"monoaddetto"943 si confondono con le
organizzazioni pluripersonali (art. 4 IVA e art. 55

941
) Si ricordi l’impossibilità di trasformare il fornitore in investigatore
sulla correttezza della posizione globale IVA del proprio cliente
(par.3.2),
942
) La quale, dirigendosi ai consumi, anziché al reddito, pone problemi
maggiori sulla “sterilizzazione” delle operazioni tra operatori economici
“business to business”, rispetto alle imposte sui redditi, che possono facilmente
procedere “base da base”, cioè sottraendo dagli elementi positivi di reddito
quelli negativi. Le imposte dirette vedono invece la loro complessità al termine
del periodo di imposta, con le valutazioni di cui al par.7.14 ss, assenti invece
nell’IVA , per la sua stessa natura di imposta sul consumo.
943
) Eventualmente corredate di un insieme di beni e rapporti giuridici
definibile, come indicato al par.3.1, “azienda in senso materiale”. Come se non
bastasse sono imprenditori in senso tributario persino soggetti privi di
un’azienda in senso materiale, ma che svolgono prestazioni prive di contenuto
intellettuale, come pulizie o giardinaggio (tanto è vero che le organizzazioni
aziendali, per un certo periodo, si chiedevano come classificare gli “addetti
autonomi” alle pulizie e forse anche per questo sono prosperate le imprese di
pulizia pluripersonali, che risolvevano il problema).

560 di 704
TUIR944). Gli operatori economici individuali danno
quindi fiscalmente luogo a un'impresa quando
svolgono in modo "abituale"945, attività
indipendente a contenuto "materiale"946, fosse
anche quella di taxista, parrucchiere o agente di
commercio.
Mettere in secondo piano l’organizzazione,
accomunando i prestatori di lavoro proprio e gli
organizzatori di lavoro altrui, ha accomunato poche
migliaia di aziende pluripersonali e milioni di
operatori economici individuali, operanti da soli o
con un collaboratore al massimo. In questo modo
l’espressione “impresa” è diventata generica,
praticamente inservibile, costringendo a precisare
ogni volta se si sta parlando del bottegaio o
dell’industriale 947.
944
) Tali disposizioni considerano d’impresa le attività elencate nell’art.2195
del codice civile, prescindendo esplicitamente dalla loro “organizzazione in
forma di impresa”.
945
Non rilevano quindi ai fini tributari gli atti occasionali, privi di una
continuità temporale, irrilevanti ai fini IVA , e inquadrati nelle
imposte sui redditi nella categoria residuale dei “redditi
diversi” (paragrafo 8.6).
946
Danno invece luogo a lavoro autonomo”, esaminato al par.
8.1. le attività di lavoro indipendente in cui la componente
“intellettuale" prevale rispetto a quella "materiale".
947
Si ricordi dal par.3.1 che oltre il 90 percento delle
“imprese” (si fa per dire) italiane sono
“monoaddetto”, compreso il titolare. L' espediente
legislativo di trasformare in "impresa fiscale" il
lavoro indipendente (par.3.13) ha generato
confusione sociale e incomprensioni col resto degli
studiosi e delle classi dirigenti, che in questo caso
tendono di solito a parlare di “lavoro indipendente”,
o genericamente “autonomo”. E' stato un altro
motivo di confusionaria frammentazione tra attività
di lavoro, diversamente qualificate -per forma e per
sostanza- tra subordinazione, impresa e lavoro
professionale. Sul piano comunitario invece il lavoro

561 di 704
Sono gli aberranti risultati di aver messo in secondo
piano l’organizzazione, accomunando i prestatori di
lavoro proprio e gli organizzatori di lavoro altrui.
Il concetto di "imprenditore" ai fin fiscali si è
quindi annebbiato, richiedendo la costante
precisazione se si tratti di un individuo o di una
organizzazione pluripersonale.
confini
dell’impresa fiscale
Questo concetto di impresa fiscale, amplissimo e
variegato, esclude solo le imprese agricole
(paragrafo 8.2), gli investimenti di capitale
finanziario a titolo di partecipazione o prestito
(paragrafo 8.5), le già indicate attività libero
professionali e assimilate, determinate, come già
anticipato, con criteri differenziali molto simili a
quelli d’impresa.
Società come
“imprese fiscali”
La proliferazione formale degli “imprenditori
fiscali”, in assenza di aziende, dipende anche
dall’inserimento in tale categoria di tutte le
società commerciali”, di capitali
e di persone, a prescindere dall’attività in
concreto svolta. Il relativo reddito è imputato ai
soci nei modi di cui al paragrafo 7.17 per le società
di persone e soggetto alla tassazione in due tempi,
ivi descritta, per le società di capitali.
Società come
“imprese fiscali”
Quest’inserimento delle società tra le “imprese
fiscali”, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA , in
virtù della loro mera forma giuridica, ha
ulteriormente moltiplicato i soggetti che ricadono in
questo regime; le poche decine di migliaia di

“sul mercato” , con rischio di impresa, si distingue e


quello inserito nell’ambito di altre organizzazioni,
dove tale rischio manca, senza enfatizzare la distinzione tra
impresa e lavoro “professionale” di cui al par.8.1.

562 di 704
aziende pluripersonali operative sono
numericamente irrilevanti rispetto a circa un milione
di società senza impresa. Spesso si tratta di società
prive di contenuto, in attesa di un possibile futuro
utilizzo. Altre volte si tratta di società intestatarie di
beni immobili, partecipazioni , imbarcazioni, etc, in
modo da spersonalizzare la ricchezza rispetto alla
diretta detenzione personale, sostituendo istituti
come la fondazione di famiglia o il trust948.
società non
operative: una
normativa
mediatica
Da queste finalità, tutto sommato extrafiscali, o
fiscalmente innocue949, sono nati equivoci di ogni
tipo; come il pluridecennale regime delle società
c.d. “di comodo” (tecnicamente “non operative”).
Sul piano della determinazione della ricchezza si
tratta di un assurdo, consiste nel presumere un
reddito proprio in base all'inattività (“non
operatività”) della società950. Sono disposizioni
varate con finalità mediatiche (par.2.4), rispetto alle
quali nessuno osa alzare la voce, in quanto “le
società di comodo” non sono organizzate
sindacalmente;
nessuno fa quindi valere questa assurdità per ragioni
di principio, ed il problema non diventa pressante,
fortunatamente, solo perché le società in esame
sono in
un cono d’ombra dell’attività di accertamento (951).

948
) istituto anglosassone che solo di recente ha una qualche utilizzazione in
Italia.
949
) A parte la tendenza, secondaria, a scaricare spese personali non inerenti
(par.7.9) su alcune di queste società, soprattutto quelle che percepiscono fitti
attivi di beni immobili.
950
La tassazione presuntiva in chiave reddituale fu un
espediente per raggiungere gli effetti di una tassazione
patrimoniale sull'esistenza della società, ritenuta contraria ai
principi comunitari.

563 di 704
La tassazione
finale degli enti
non societari
Anche enti non societari possono essere operatori
economici, esercitando in modo abituale attività
commerciali “collaterali” a quella istituzionale, di
ente pubblico o
privato (ad esempio ente religioso), organizzando
scuole private, prestazioni di ospitalità simile a
quella alberghiera o di ristorazione. Sono prestazioni
che assumono rilevanza
IVA , se “abituali”, a prescindere dal “fine di lucro”,
in quanto l’IVA colpisce i consumi, e non i redditi.
Gli enti in esame sono tassati in modo “finale”
nell’Ires, in quanto non esistono “partecipanti o soci”
cui effettuare una distribuzione (lo stesso vale per i
trusts).
Associazioni non
riconosciute
Le associazioni sportive, politiche, ricreative,
culturali, etc. esprimono una sorta di “consumo
collettivo”, finanziandosi coi contributi dei soci
(quote associative) e senza essere “commerciali”, in
quanto appunto consumatrici finali; l’associazione, di
norma, è quindi gravata di IVA per i propri acquisti,
mentre non deve applicare l’IVA sulle
quote associative e altri “rimborsi spese specifiche”
ricevuti dagli associati; è un consumo collettivo
simile a quello esistente nel condominio degli edifici,
e che può evolversi
verso il mercato (quindi la commercialità e
l’assoggettabilità ad IVA ), man mano che si opera
951
Sono situazioni troppo particolari per gli
accertamenti in base agli studi di settore e troppo
piccole per il tutoraggio delle grandi aziende, come
indicato al par. 5.7 sulla distribuzione dei controlli
fiscali. Su una simile farsa si sono imperniate persino
manovre di bilancio, come quelle del 1994, del 2006
e del 2011.

564 di 704
indiscriminatamente verso “non soci”; le cautele,
esistenti ed ipotizzabili, per evitare imprese
mascherate da associazioni si basano sul “diritto di
voto” in assemblea e sui criteri di determinazione
della quota associativa, tendenzialmente orientati al
rimborso dei costi di struttura. Per le associazioni
definibili “democratiche”, secondo i parametri
suddetti, sono escluse da IVA anche le somme
erogate a fronte di servizi
specifici resi al socio, come una consumazione al bar
di un circolo sportivo.
assenza del fine di
lucro e diversità
IVA –imposte sui
redditi
Le attività rivolte al mercato, invece, devono
scontare l’IVA sui corrispettivi, anche se sono
rese per finalità benefiche e socio assistenziali,
altrimenti verrebbe falsata la concorrenza rispetto
alla generalità degli operatori economici. Nelle
imposte sui redditi, invece, operare in modo
volontaristico, tendendo solo alla copertura dei costi,
fa venir meno in prima battuta un reddito
imponibile; la mancanza di scopo di lucro, in prima
approssimazione, si vede nella tendenziale parità tra
entrate e uscite, e nella gratuità del lavoro
organizzativo (spesso promosso da associazioni
religiose, politiche, sportive o ambientalistiche).

7.6. Operazioni attive “tipiche” (“cessioni di beni” e


“prestazioni di servizi”) e determinazione in base ai
corrispettivi.

corrispettivi e
qualificazione delle
operazioni
sottostanti
La determinazione del reddito e del valore aggiunto
(per l'IVA) attraverso le aziende è basata sui
corrispettivi, attivi e passivi (ad es. ricavi e costi)

565 di 704
risultanti dai supporti documentali già esposti al
par.3.3 e approfonditi al successivo par.7.7. I
corrispettivi contrattuali, risultanti dai documenti
giustificativi suddetti, rendono irrilevante il valore
normale delle prestazioni rese e ricevute, che
rileva nei rari casi di prestazioni con corrispettivo
in natura952, come elemento indiziario di falsità del
corrispettivo registrato (par.3.7953) o nel caso dei
corrispettivi intragruppo (c.d. transfer price) di cui al
par.3.11 e 7.19. Il medesimo corrispettivo,
simmetricamente, dà luogo sia al ricavo per il
fornitore, ed anche al costo per l'acquirente, ovvero
al valore fiscalmente riconosciuto di cui par. 7.13 per
i beni registrati con criterio patrimoniale.
Ricavi e volume
d’affari come
indice
dimensionale
I corrispettivi attivi sono essere ulteriormente
distinti tra quelli relativi alle operazioni tipiche,
oggetto della normale attività dell'impresa verso la
propria clientela, e che costituiscono ricavi ai fini
delle imposte sui redditi e "volume d'affari" ai fini
IVA954; questo aggregato, in genere senza
grandissime oscillazioni nel tempo, è l'indicatore
utilizzato per le dimensioni e la classificazione
tributaria delle imprese tra grandi contribuenti
(par.5.19), medie e piccole , soggette agli studi di
settore (paragrafo 5.2 sulla competenza degli uffici
tributari e 5.13 sugli studi di settore).
952
I corrispettivi in natura vanno convertiti in denaro,
stimandone il valore normale , secondo i criteri di cui all'art.9
del TUIR.
953
) La falsità sarà per difetto quanto parte del corrispettivo è stato incassato di
nascosto (in nero) oppure per eccesso a proposito dei costi in tutto o in parte
fittizi.
954
) Nella prassi aziendalistica denominato anche “fatturato” , intendendo come
tale in senso ampio sia quanto registrato con emissione di fatture sia quanto
incassato da consumatori finali, e quindi oggetto di annotazione riepilogativa,
come indicato già al par. 3.3 e ripreso al par.7.7.

566 di 704
Ricavi e valore
aggiunto (rinvio)
Un ulteriore indice, per raffinare le indicazioni
provenienti dai ricavi, è il valore aggiunto
economico (il “plusvalore”), rispetto alle materie
prime e ai servizi di impresa consumati nella
produzione, già descritto al par. 7.2. A parità di
ricavi, una azienda ad alto valore aggiunto, crea
molta più ricchezza per i lavoratori, i risparmiatori, i
fornitori (il c.d. “indotto”), i soci; un rivenditore di
merci ha, ad esempio, un valore aggiunto molto
inferiore rispetto a quello di un artigiano, sempre a
parità di giro d'affari.
Altre componenti
positive
Dai ricavi si distinguono i corrispettivi occasionali,
come quelli per la vendita di un bene strumentale, di
un terreno, di un'azienda, di un brevetto, o di altri
che non rientrano nell'abituale oggetto dell'attività;
questa loro atipicità induce ad escluderli ai fini della
suddetta classificazione dell'impresa, fermo
restando ovviamente il loro assoggettamento a IVA o
imposte sui redditi. Si tratta normalmente di
corrispettivi per cessione di beni registrati con
criterio patrimoniale , con un loro valore di
riferimento fiscalmente riconosciuto (par.7.13) e
rispetto al quale la cessione comporta componenti
reddituali denominate plusvalenze o
minusvalenze, a seconda che il corrispettivo
ecceda il suddetto valore fiscalmente riconosciuto955.
Tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA influenzano
anche il reddito956,mentre non accade il contrario;
955
) Il concetto di plusvalenze o minusvalenze è tipico delle imposte dirette,
tendenti a calcolare un risultato di periodo, mentre è fuori luogo per un’imposta
sul consumo come l’IVA, dove il concetto di volere fiscalmente riconosciuto
non è di alcuna utilità.
956
) Può esserci al massimo uno sfasamento temporale, in quanto ad esempio gli
acconti , o le prestazioni di servizi eseguite, ma in attesa di fatturazione,
rilevano diversamente, nel tempo, per i due tributi, come indicato al par. 7.12,
sulla c.d. “imputazione a periodo”.

567 di 704
costituiscono infatti componenti positive del reddito
anche entrate irrilevanti ai fini IVA , perché non
costituenti corrispettivi in senso tecnico, o non
riconducibili a cessioni di beni o prestazioni di
servizi, come sovvenzioni pubbliche generiche,
incentivi, risarcimenti di danni, indennizzi, interessi
moratori, etc..
Cessioni di beni e
prestazioni di
servizi
Ai fini di entrambi i tributi gli scambi con terzi,
superando le ben più articolate qualificazioni
contrattuali del diritto civile, vanno qualificati in
due categorie elementari, cioè:
– cessioni di beni, cui corrispondono obbligazioni di
“dare”, ad esempio di trasferire la titolarità giuridica
di beni (proprietà o altro diritto reale);
– prestazioni di servizi aventi in genere ad
oggetto un obbligo di fare, sempre dietro
corrispettivo.
rilevanza
La distinzione è codificata sotto una pluralità di
profili, riguardanti soprattutto il momento
impositivo957, le operazioni senza corrispettivo, la
territorialità, etc. Non basta che esista una cessione
di beni, ma occorre anche un corrispettivo: non
rilevano quindi quei passaggi di proprietà di beni
fungibili destinati ad essere restituiti, come nei
rapporti di mutuo o di deposito, di denaro, merci,
titoli, etc958.
Onnicomprensività
e principio di

957
Cioè quello in cui emettere le fatture o registrare i corrispettivi
in corso d'anno, come vedremo al par.7.12, imputando al
periodo d'imposta i relativi elementi ai fini dei tributi sui redditi.
958
) In questo contesto alcune disposizioni, come quella sull’irrilevanza IVA
delle cessioni di denaro sono pleonastiche, essendo il denaro la misura del
corrispettivo di una diversa prestazione, e potendo avvenire la sua cessione
senza corrispettivo (mutuo gratuito) o a fronte del corrispettivo dell’interesse,
cui si limita l’eventuale rilevanza IVA.

568 di 704
attrazione nel
reddito d’impresa
Anche proventi redditualmente irrilevanti, se
conseguiti da chi non è imprenditore, concorrono a
formare il reddito se da lui percepiti; si pensi ad
esempio a risarcimenti danni, interessi moratori,
plusvalenze non costituenti redditi diversi (959).
Anche i proventi che oggettivamente costituirebbero
redditi di capitale (par.8.5), di fabbricati (par.8.4),
etc., diventano d'impresa quando sono percepiti
nell'esercizio di attività commerciali960.

7.7. Supporti documentali (richiamo e integrazione del


par. 3.3 su registrazioni, fatture, scontrini, note di
credito)
Mancata
identificazione
consumatore finale
Ricordiamo dal par.3.3 che le operazioni al
consumo finale, verso persone fisiche che non
hanno alcun interesse a documentare l’operazione,
non sono accompagnate da documenti identificativi
del cliente; l'azienda non ha infatti motivi di
conoscerne l’identità (par.3.2), una volta garantita
del pagamento.

Lo scontrino come
documento
aziendale
Le grandi aziende operanti al dettaglio non
identificano il cliente, ma emettono al massimo un
documento anonimo che identifica l’operazione, cioè
uno “scontrino”; la registrazione della singola
operazione di vendita viene quindi “saltata”, e –
anche quando viene emesso uno scontrino – non ne

959
Ad esempio le plusvalenze irrilevanti, su mobili e gioielli,
come vedremo al par.8.6 sui redditi diversi, lo diventano se
conseguite da imprese.
960
Si tratta del c.d. principio di attrazione del reddito d'impresa.

569 di 704
viene effettuata alcuna registrazione contabile
singola961.
Registrazione
globale
corrispettivi
giornalieri
L’adempimento aziendale tipico, in questi casi, è
solo la diretta registrazione contabile
dell’ammontare cumulativo giornaliero delle
vendite, in genere distinto per punto vendita. Molti
settori economici specifici documentano le
prestazioni rese nei modi più conformi alla loro
operatività aziendale; ad esempio le società di
trasporti emettono i biglietti, le assicurazioni le
polizze, mentre le banche inseriscono i corrispettivi
per servizi alla clientela nelle documentazioni
periodiche inviate ai clienti (962).
La fattura al
dettaglio
Si emette fattura, al dettaglio, solo qualora il
cliente ne faccia richiesta, cui è tenuto ai fini IVA
in quanto operatore economico. La normativa
fiscale, che esclude l’obbligo di fatturazione per
le imprese, grandi e piccole, operanti al
dettaglio, salvo appunto (art.24 decreto IVA)che il
cliente la richieda963.Non si tratta solo di beni con
modesto prezzo unitario, ma di tutte le
prestazioni a consumatori finali, anche quelle
che trattano beni di apprezzabile valore unitario,
come arredamento, veicoli, elettronica, gioielleria di
lusso. La normativa fiscale ricalca la prassi
961
) Tutti gli scontrini giornalieri finiscono contabilizzati come somma globale
dei corrispettivi del giorno, come indicato subito nel testo.
962
Anche qui ovviamente la registrazione sui libri contabili è
cumulativa, non avviene documento per documento.
963
Il compratore sarebbe teoricamente obbligato a chiedere la
fattura ai commercianti al dettaglio quando è un imprenditore
che acquista beni oggetto dell’attività dell’impresa, ma è
facilissimo acquistare senza fattura, da tali soggetti, che non
hanno alcun obbligo di informarsi sulla qualità soggettiva della
loro controparte.

570 di 704
aziendale, e si spiega non tanto per il ridotto importo
dei corrispettivi, ma perché in queste attività di
solito l’acquirente è un consumatore finale.

Scontrini e ricevute
fiscali
Contro la mancata registrazione fiscale della
ricchezza, attraverso l’omessa registrazione di parte
degli incassi (par. 3.14) sono previste le c.d.
«ricevute fiscali» e gli
«scontrini fiscali». Sono strumenti, tutti italiani,
per contrastare l’evasione da occultamento dei
corrispettivi, ma con un buon rapporto “costi
benefici”, ovviamente a patto che il fisco svolga
frequenti verifiche sul campo (c.d. “piantonamenti di
cassa”). Scontrino e ricevuta erano circondati da
cautele amministrative, tendenti ad assicurare la
tracciabilità delle rilevazioni grazie a cautele formali
sugli acquisti di ricevute fiscali o da caratteristiche
elettroniche dei registratori di cassa. Quest'ultimo
dovrebbe mantenere traccia indelebile delle relative
operazioni, permettendo così il riscontro con quelle
indicate nelle dichiarazioni.
Questi documenti sono il risvolto più sensato
dell’applicazione della tassazione attraverso le
aziende a piccoli commercianti e artigiani, dove
manca l’organizzazione, ma si vede la bottega, col
suo afflusso di clientela964. Anche per questo, da
alcuni anni, e dopo titoli di giornale su sanzioni
inflitte a bambini e turisti che compravano caramelle
o tramezzini senza scontrino, le sanzioni in capo al
cliente sono state eliminate (è un altro aspetto dello
Tuttavia si tratta pur sempre di elementi presuntivi, rilevanti
964

nei modi indicati al par. 5.9; senza sistematici controlli sul


territorio, quest'apparato formale serve solo a provocare
occasionali sanzioni su qualche malcapitato, con pochissimo
peso reale sui comportamenti di massa dei soggetti in esame
(dove è pure probabile che molti scontrini emessi non siano poi
registrati).

571 di 704
psicodramma italico sull'evasione fiscale, di cui ai
paragrafi 4.4 e seguenti).
L'esonero dagli scontrini per la grande distribuzione
è uno dei rari punti di emersione legislativa della
tassazione attraverso le aziende.

Fattura(rinvio)
La fattura , come indicato già al par.3.3, è un
documento personalizzato col dettaglio della
prestazione resa, idoneo ad effettuare la detrazione
IVA. La fattura è invece un tipico documento
commerciale riutilizzato e integrato ai fini tributari,
come indicato al par.3.3 , e che ai fini IVA non
serve tanto alla documentazione del ricavo del
fornitore, ma alla detrazione dell'imposta per
l'acquirente, cui fornisce una "base
documentale". Questa è una delle ragioni della
distinzione tipologica tra "operazioni al dettaglio"
(normalmente B2C) dove la fattura non è
obbligatoria, e operazioni normalmente tra
soggetti IVA dove la fattura deve essere
emessa "in automatico". Sono regole standard
per agevolare la proceduralizzazione documentale,
ed evitare indagini, volta per volta, della natura
dell'acquirente, con le solite affermazioni
difficilmente controllabili.
Registrazioni e
versamenti
Le registrazioni contabili seguono l'emissione
dei relativi documenti, e presentano lo
sfasamento temporale indicato al par.3.3 tra
emissione e registrazione; la normativa tributaria
pone dei termini sia per l'emissione delle fatture
attive e la registrazione dei corrispettivi, in genere
collegati ai momenti impositivi di cui al par. 7.12;
sono eventi che in genere devono essere considerati
con riferimento alle liquidazioni IVA del mese in cui
si verificano. Lo stesso accade per le ritenute alla

572 di 704
fonte, con riferimento al mese di pagamento, come
indicato al par.3.6. La detrazione dell'IVA sugli
acquisti segue invece il ricevimento delle fatture
passive, ma -trattandosi di una riduzione della
somma da versare- può essere anche rinviata dal
contribuente fino a un biennio.
Rettiifche di
fatture:note credito
Le stesse regole della fatturazione sono applicabili
per la sopravvenuta correzione del
corrispettivo, quando esso per vari motivi, come le
integrazioni sopravvenute di prezzo, viene ad
aumentare. Quando una operazione viene meno,
perché fatturata erroneamente o perché il
corrispettivo pattuito era inferiore a quello
erroneamente fatturato, la correzione
documentale della precedente fatturazione è
denominata nella prassi aziendale “nota di
credito” (965).
Facoltatività
variazioni in
diminuzione
Dare rilevanza ai fini IVA a tale variazione in
diminuzione è facoltativo, perché non comporta mai
aumenti di gettito per lo stato e può provocarne – al
contrario – una riduzione quando il cliente era un
consumatore finale. Il noto meccanismo trilaterale
su cui si fonda l’IVA si svolge
infatti in questo caso all’inverso: il venditore
restituisce l’importo dell’IVA all’acquirente,
recuperandolo dallo Stato mediante una
corrispondente riduzione dell’IVA a debito; il cliente,
se consumatore finale, tratterrà l’IVA restituitagli dal
fornitore, mentre il cliente soggetto IVA dovrà
riversare tale importo all’Erario, in rettifica della
detrazione a suo tempo effettuata. Alla fine di

La fattura comporta infatti, nella contabilità del fornitore, un


965

addebito al cliente, cui si dà invece “credito” annullando la


fattura.

573 di 704
queste correlazioni intersoggettive, tipiche della
tassazione attraverso le aziende, solo il consumatore
finale sarà avvantaggiato dall’annullamento
dell’operazione, comprensiva dell’imposta, così
come era stato inciso dalla sua fatturazione. Questa
convenienza per il contribuente spiega perché l’art.
26 del dpr. IVA circondi di alcuni limiti le variazioni in
diminuzione, vietandole, qualora dipendano da un
sopravvenuto accordo tra le parti, dopo un anno
dall’operazione cui si riferiscono.
regolarizzazione
del mancato
ricevimento della
fattura
L’acquirente operatore economico, che acquista
senza ricevere fattura entro un determinato periodo
di tempo (quattro mesi) è obbligato a denunziare
all’ufficio tributario il fornitore che non la
emette, sotto pena di sanzioni amministrative in
proprio. Non è un "obbligo di delazione", ma un
tentativo di salvaguardare il meccanismo di
"imponibilità-detrazione" in caso di inerzia del
fornitore.

7.8. Segue: dai documenti ai libri contabili (richiami e


integrazioni rispetto ai paragrafi 3.3-3.4)

Tassazione
contabile solo coi
documenti
La tassazione attraverso le aziende ha in genere
una base documentale e contabile. Per chi non è
operatore economico, cioè titolare di partita IVA, la
tassazione attraverso le aziende si ferma ai
documenti, emessi dalle organizzazioni aziendali
(966), dalle controparti (967), banche per gli estratti
Ad esempio in qualità di datori di lavoro
966

fornitori come nel caso di oneri deducibili di cui al par.9.3,


967

compresi gli scontrini delle farmacie ad esempio

574 di 704
conto; la documentazione degli oneri deducibili
viene semplicemente conservata, in attesa degli
eventuali controlli di cui al par.5.5. Questa
"determinazione analitica senza libri contabili" ,
basata sul semplice confronto tra elementi positivi e
negativi, già espressi dai documenti, è
concettualmente possibile, ed è oggi prevista dal
c.d. "regime dei minimi". E' questa la base
documentale per redigere direttamente la
dichiarazione fiscale, senza la mediazione di
scritture contabili.
Scritture
obbligatorie
Queste ultime sono invece previste per gli operatori
economici , come indicato al par. 3.13 a proposito
dell’inutile contabilità dei lavoratori indipendenti; in
essa occorre registrare anche documenti che
potrebbero essere conservati comodamente in
qualche cartellina, e mostrati all’ufficio in sede di
controllo, in una determinazione analitica senza
contabilità.

Funzione
riepilogativa e di
ordine dei libri
contabili
I registri contabili diventano infatti
oggettivamente necessari solo quando i documenti
diventano numerosi ed è più pratico organizzarli e
classificarli in supporti chiamati “libri contabili”, su
cui sono annotati i dati necessari a rintracciare il
documento. I conti raggruppano i documenti in
funzione della praticità nel relativo reperimento,
raggruppandoli in categorie omogenee, da esporre
nel bilancio, come vedremo al paragrafo 7.14.
La registrazione contabile non aggiunge nulla, sul
piano probatorio, alla credibilità dei documenti
giustificativi, ma si limita a ordinarli per gruppi

575 di 704
omogenei, secondo le suddette varie aggregazioni
tipologiche e cronologiche.
Superamento dei
conti come
supporto manuale
Un tempo i conti servivano come "supporto" di
calcolo, per l'aggregazione tipologica delle varie
spese, sommandone gli importi : in un certo senso,
prima della macchine contabili, i conti servivano
davvero a "fare i conti". Questi ultimo oggi sono
effettuati dai computers, e l'intervento umano
riguarda solo la classificazione dei documenti e
il loro raggruppamento.
Tipologie di conti
Questo avviene per tipologia omogenea cioè conti
relativi alle astrazioni economiche di cui al par.
1.8, come “ricavi”, “acquisti di materie prime”,
“salari e stipendi”, “spese di manutenzione” oppure
ad elementi patrimoniali reali, come ""crediti",
"debiti", "attrezzature", etc.. In questo modo i conti
di contabilità generale esprimono aggregazioni
da cui si può risalire ai singoli documenti
giustificativi, esaminati in precedenza e al par.3.2
cioè le distinte degli incassi giornalieri, le fatture
attive , quelle passive etc.
Libertà di forme
Tutte le scritture sono oggi effettuabili su carta
libera, essendo stati aboliti da alcuni anni i residui e
anacronistici obblighi di vidimazione e bollatura
iniziale, fino al 2001 previsti per alcune di esse.
Anche sotto questo profilo si conferma quindi che la
garanzia per il fisco non è l’inalterabilità del
documento, ma la rigidità dell’organizzazione
aziendale, come
rilevato ai parr. 3.2, 5.17 etc... Se si adottano alcuni
accorgimenti tecnici per impedire la manipolazione
successiva, è consentito omettere, o distruggere, la
copia «cartacea» della documentazione e delle

576 di 704
scritture contabili, a favore di una versione
esclusivamente “digitale”.
richiami a scritture
civilistiche e loro
inutilità
La contabilità ordinaria rende obbligatorie anche
ai fini tributari le scritture contabili previste dal
codice civile, come il libro giornale e il libro degli
inventari. Il primo è sostanzialmente inutile, ai fini
non solo del controllo, ma anche della ordinaria
pratica aziendale: il c.d. " libro degli inventari" non
solo è di scarsissima utilità ai fini dell’analisi delle
operazioni, ma è anche difficile rendersi conto di
quale debba essere sostanzialmente il suo
contenuto. Eppure ogni azienda continua a tenere
questi adempimenti, che si perpetuano per forza di
inerzia, e sono “pratici” nel senso più deteriore del
termine, perché non servono a nulla, ma la loro
mancanza può essere fonte di insidiose
contestazioni del fisco.
Uso conti di
contabilità generale
La gestione aziendale concreta, e anche le
verifiche tributarie, avvengono utilizzando i conti
di contabilità generale, in cui sono raggruppati
per natura costi, ricavi, attività e passività , come
indicati sopra. Ci sono qui sia gli elementi del
reddito (ricavi/costi) sia gli elementi del
patrimonio (attività/passività).
Partita doppia e
registri magazzino
E' una esposizione che riprende la logica della
partita doppia, destinata a confluire nel bilancio,
di cui al par.7.14.; le rimanenze finali dei beni
oggetto dell'attività dell'impresa e delle materie
prime,su cui par.7-13 e 7.16 sono seguite grazie alle
scritture di magazzino, tenute a quantità. In
sintesi, i livelli di aggregazione contabile sono
progressivamente “documenti – libri IVA e conti di
contabilità generale – bilancio”.

577 di 704
Contabilità
semplificata
.soggetti ammessi
La contabilità elementare prevista ai fini dell’IVA,
con la registrazione delle operazioni attive e degli
acquisti, integrata con le entrate e le spese non
soggette a IVA (ad esempio retribuzioni, fitti passivi,
oneri tributari, etc.) costituisce la contabilità
semplificata consentita alle imprese minori, anche
ai fini delle imposte sui redditi. Tale contabilità è
consentita per le imprese individuali e società di
persone con ricavi inferiori a 309 mila euro se
l’oggetto dell’impresa è la prestazione di servizi
oppure a 516 mila euro negli altri casi. La contabilità
dei professionisti (par.8.1) è sostanzialmente
analoga, senza la componente patrimoniale.
Mancanza dello
stato patrimoniale
Essa è priva, rispetto alla contabilità ordinaria, degli
aspetti patrimoniali dell’attività, cioè il
pagamento dei debiti, l’incasso dei crediti, il
patrimonio netto, i fondi di ammortamento, i crediti
e i debiti verso le banche.

7.9. L’inerenza nelle imposte sui redditi e nell’IVA: 1) la


distinzione tra costi e consumi
Consumi e costi
Riprendiamo, calandole nei vigenti sistemi di
tassazione dei redditi e dei consumi, le distinzioni
già indicate al paragrafo 1.8 tra “consumo”,
estraneo all'attività economica e necessario invece
alla sfera personale o istituzionale dell'acquirente, e
costo; quest'ultimo è invece necessario all'attività
economica, e quindi in ipotesi deducibile per la
determinazione del reddito968. La deduzione dei costi
serve a neutralizzare le "operazioni intermedie",
business to business cioè gli acquisti non destinati a
968
) E rilevante al tempo stesso, tramite la detrazione sugli acquisti, anche ai
fini dell’IVA.

578 di 704
un consumo, ma alla ulteriore produzione di beni e
servizi; ciò serve sia a determinare il reddito, al
netto dei costi, sia il consumo, anch’esso al netto dei
“consumi intermedi”, come chiarito al par.7.2 per
l’IVA.
L due
determinazioni
differenziali
Ai fini dei redditi è necessario eliminare tutti i costi,
mentre ai fini IVA è necessario solo evitare le
duplicazioni di tributo rispetto all'applicazione al
consumo. Le duplicazioni sono possibili solo per i
costi gravati da IVA , e quindi non per i salari dei
dipendenti o per i canoni di locazione erogati a
privati, deducibili solo ai fini del tributo sul reddito.
L’IVA, come tutte le imposte sui consumi, deve
sterilizzare solo le sue precedenti eventuali
applicazioni, mentre
il reddito deve dedurre tutti i costi,
indipendentemente dall’assoggettamento a un
determinato tributo.
indeducibilità delle
imposte
Le imposte sui redditi sono indeducibili perché
logicamente successive alla determinazione
dell’imponibile; tali imposte non sono un costo di
produzione, ma una quota del profitto. Altre
imposte, ad esempio di bollo, registro, doganali,
concessioni governative, etc., sono costi deducibili
come tutti gli altri.
Remunerazioni
dell’imprenditore
La “remunerazione” dell’imprenditore
individuale, come pure dei suoi familiari, contrasta
con l’immedesimazione fiscale (oltre che civilistica)
tra i due soggetti, ed è quindi indeducibile, ferma
restandone l'intassabilità, per ovvie ragioni di
simmetria (par.3.9) in capo ai percettori. La
deduzione dei compensi agli amministratori di
società, ancorché soci, ha invece senso economico

579 di 704
ed è ammessa, in quanto qui non c’è
immedesimazione, e la deduzione in capo alla
società erogante è accompagnata dalla
tassazione in capo al percipiente (anche qui per
le suddette simmetrie).
Mancanza
indicazioni
Non servono indicazioni legislative per distinguere le
spese personali da quelle imprenditoriali, tra cui
possono esserci zone grigie, con varie sfumature, in
relazione alle quali occorre orientarsi nei vari casi
concreti.
Casistica
La casistica più ricorrente dell'inerenza riguarda
comunque la distinzione rispetto alle spese per
il consumo personale o familiare del
contribuente, di suoi familiari, amici, etc.. Si
tratta di spese concettualmente estranee ai
componenti negativi della tassazione ragionieristica
attraverso le aziende, in quanto consumi e non
“costi”.
Criteri distintivi
La normativa delle imposte sui redditi non contiene
indicazioni generali per distinguere le spese
personali da quelle imprenditoriali, in quanto l’art. 109
comma 5 del TUIR, quando sembra parlare di questo tema, si
riferisce al diverso problema dei costi relativi a elementi positivi
di reddito esclusi da tassazione su cui paragrafo successivo. Anche
le disposizioni in materia di IVA danno definizioni molto di
principio, senza cercare di distinguere la sfera dei consumi da
quella dei costi.
Relativismo del
concetto
Questa mancata definizione legislativa dell'inerenza
è tutto sommato opportuna, conforme al relativismo
di questo concetto, e dei concetti in genere;
l’inerenza di una spesa è concetto eminentemente
relativo, che dipende dalla specifica attività svolta,
dalle sue dimensioni, dalla sua organizzazione, dalle
sue esigenze promozionali , etc.

580 di 704
Intreccio di bisogni
aziendali e
personali
Possono esserci zone grigie composte da spese che
astrattamente potrebbero anche avere una utilità
per l’impresa, come spese di vitto e alloggio (di cui il
contribuente afferma la necessità in relazione a
viaggi d’affari), di trasporto e per autoveicoli, di
rappresentanza etc
Il controllo dell’inerenza da parte del fisco non
può interferire nel merito delle scelte
imprenditoriali969. Per negare l’inerenza di un costo
non basta insomma che l’impresa potesse farne a
meno, ma deve risultare – in positivo – che il costo
stesso rispondeva a una finalità personale o
comunque extraimprenditoriale970.
Inerenza tra
questioni di fatto e
di diritto
L'inerenza si colloca in una posizione intermedia tra
le questioni interpretative, esaminate ai par.3,9 ss.,
e quelle di fatto, cioè di prova, esaminate al par.5.8
ss. Anche se si tratta di spese provate
documentalmente, come avviene per alberghi,
viaggi, etc., il documento è sufficiente a provare la
spesa, ma il suo collegamento con l'impresa va
valutato presuntivamente in relazione alle
circostanze in cui il costo è stato sostenuto; si
possono fare solo delle congetture sulle date e sui
luoghi di sostenimento di certe spese, ma le
spiegazioni sono controllabili in quella via
fortemente probabilistica in cui gli uffici tributari
temono di addentrarsi per la nota ritrosia a gestire le
valutazioni per ordini di grandezza (par.5.9-5.14); si
969
Ad esempio non si può disconoscere l'inerenza
dell'arredamento di un ufficio, affermando che ne esistevano
altri più a buon mercato.
970
Ricordiamo in proposito quanto rilevato al paragrafo 3.12
sull'evanescente concetto di "antieconomicità", che proprio in
quanto generico è ottimo per inserirsi in motivazioni stereotipe.

581 di 704
pensi anche ai casi in cui si tratta di una molteplicità
di documenti di trascurabile importo unitario, come
ricevute di ristorante, biglietti aerei, taxi, etc...
Queste valutazioni sono in prima battuta "di fatto",
in quanto tendono ad immaginare le circostanze di
una serie di eventi, per poi valutarne, in diritto, i
rapporti con l'attività di impresa. In altri casi, invece,
la questione di fatto è individuata in modo completo,
e si discute sul collegamento con l'attività
imprenditoriale; si pensi per esempio alle spese di
rappresentanza, l'organizzazione di eventi i cui
partecipanti sono noti, e ci si chiede solo in quale
misura abbiano ricadute sull'azienda. Può accadere
poi che questi profili di fatto e di diritto addirittura si
intreccino.
Predeterminazioni
normative
Davanti a queste incertezze si sono quindi fatti
strada criteri legislativi predeterminati, in un
malinteso desiderio di certezza, che lega uffici e
contribuenti per avere punti fermi. Il legislatore vi
intravide in passato uno strumento di gettito, e
nacquero così disposizioni limitatrici della deduzione
ai fini delle imposte sui redditi e della detrazione IVA
di alcune spese sospettate di uso personale971.
Indeducibilità
sanzioni
Finalità repressivo-moralizzatrici, anziché
possibili deduzioni di costi personali, ispirano la
tendenza amministrativa e giurisprudenziale
sull’indeducibilità delle sanzioni
amministrative, deroga al già citato principio di
971
Si ricordano gli esempi di spese relative ad autovetture,
telefonia, ristorazione, alberghi, biglietti di viaggio. In una
prima fase, queste disposizioni erano simmetriche, tra imposte
dirette ed IVA, dopodichè una serie di censure comunitarie,
applicabili come noto solo a questo tributo (par.2.6) hanno
condotto a spostare le limitazioni sulle imposte dirette; è una
chiara distorsione della determinazione della ricchezza con una
finalità di gettito, come indicato al par. 1.9.

582 di 704
onnicomprensività del reddito d’impresa (par. 7.11)
per ragioni in un certo senso di ordine pubblico e di
correttezza gestionale. Sono indeducibili, per
disposizione di legge, anche i c.d. “costi da
reato”, di cui al comma 4-bis dell’art.14 della legge
n. 537/1993, sostenuti cioè per ottenere un ricavo
lecito con modalità penalmente illecite (ad es.
corruzione, spionaggio industriale, sabotaggio di
concorrenti, etc.).

7.10. Segue: 2) Inerenza e simmetria rispetto ad


operazioni attive non soggette tributo (esenzioni IVA e
deduzione interessi passivi nelle imposte sui redditi)

Simmetrie
deduzioni e
detrazioni
Un diverso tipo di limitazioni alla deducibilità, e alla
detrazione IVA, discende invece dalle simmetrie
della tassazione attraverso le aziende, cioè dalla
correlazione tra elementi positivi e negativi del
reddito e tra operazioni attive e acquisti ai fini IVA; si
tratta di un'applicazione delle simmetrie di cui al
par. 3.9.
Possibili sfasamenti
e relative
giustificazioni
Può accadere infatti che ci siano elementi attivi che
non concorrono, per varie ragioni, a formare l'
imponibile coi criteri ordinari, che sono forfettizzati o
esenti. In alcuni casi, come la non imponibilità delle
esportazioni IVA, l'asimmetria è giustificata dalla
logica del tributo, indicata al par.7.4;
Operazioni esenti
IVA
Le operazioni "esenti da IVA" riguardano sia i settori
bancari, finanziari, assicurativi, di borsa, nonché
settori socialmente meritevoli, come quelli sanitari,
scolastici o delle locazioni (art.10 decreto IVA). Per
queste operazioni la mancata applicazione del

583 di 704
tributo sulle operazioni attive è accompagnata da un
proporzionale divieto di detrazione dell'IVA sugli
acquisti. La detrazione di IVA su acquisti
specificamente relativi a operazioni esenti è stata
vietata, mentre in caso di acquisti promiscui essa è
ammessa in misura proporzionale al rapporto tra
operazioni attive imponibili e operazioni attive totali,
comprese le esenti (art. 19-bis). Tale rapporto è
correntemente indicato con l’espressione pro rata e
la percentuale da esso derivante sarà applicata
all’IVA sugli acquisti, ottenendo così l’ammontare di
IVA detraibile.
Il rischio di
arbitraggi

Rischio di
arbitraggi nelle
imposte sui redditi
Quando c'è una correlazione tra due operazioni,
positive o negative, in quanto economicamente si
giustificano a vicenda, in quanto l'una rappresenta la
contropartita dell'altra, una asimmetria di regime
fiscale può provocare un "arbitraggio fiscale" , come
indicato al par.3.12. Il caso limite è quello in cui un
costo e un ricavo simmetricamente si equivalgono,
ma il ricavo è esente, e quindi, se il costo fosse
deducibile, si avrebbe un risparmio fiscale netto
giustificato solo da una asimmetria di trattamento;
nella fattispecie, i costi relativi a un ricavo escluso
da tassazione, graverebbero sul resto dei ricavi
imponibili, riducendoli ingiustificatamente972.

A tal fine esiste una disposizione generale secondo cui , in


972

caso di elementi positivi di reddito esenti da imposizione sui


redditi, i relativi costi sono indeducibili. L'applicazione di tale
disposizione si è però molto ridotta da quando gli elementi
positivi di reddito esenti sono divenuti rarissimi (l'applicazione
fu invece frequente fino a quando furono in circolazione titoli di
stato con interessi attivi esenti anche per le società e le
imprese).

584 di 704
Questi correttivi sono fuori luogo quando la non
imponibilità del ricavo non dipende da agevolazioni,
ma è conforme alla logica del tributo, sul piano della
determinazione della ricchezza è quello che accade
per i dividendi intersocietari e le plusvalenze su
partecipazioni
sociali, la cui mancata tassazione non ha finalità
agevolative, ma dipende da tassazioni in capo ad
altri soggetti, come indicato al par.7.17973.
esenzioni redditi
netti o forfettari
Il suddetto problema delle asimmetrie non si pone
invece per le “esenzioni di redditi netti”, o per le
determinazioni forfettarie (agricole, par. 8.2); in
entrambi i casi infatti sia i costi sia i ricavi rientrano
nello stesso regime, e quindi non creano squilibri da
correggere.

Correttezza della
piena deduzione
degli interessi
passivi
Nella tassazione ragionieristica attraverso le aziende
la deduzione degli interessi passivi è in linea di
principio resa necessaria (per una delle simmetrie di
cui al par. 3.9) dalla scelta di tassare gli interessi
attivi in capo al percettore974. La pretesa
discriminazione tra deducibilità fiscale degli interessi
e l'ovvia indeducibilità dei dividendi, non considera
che gli interessi sono pienamente imponibili in capo
a chi li percepisce; il carico fiscale è analogo 975,
salva l'eventuale imposta sostitutiva sulle rendite
973
E’ un’altra asimmetria conforme alla “logica del tributo”, come quella
indicata sopra, per l’IVA, a proposito delle operazioni non imponibili
all'esportazione.
974
Tuttavia gli interessi, come i salari ed i profitti, fanno parte
del “valore aggiunto”, cioè della ricchezza oggettivamente
prodotta dall’azienda e in questo non sono sostenuti presso
altri operatori economici, come quelli per materie prime,
energia, servizi di impresa, etc., ma sono “ripartizioni di valore
aggiunto” (lo vedremo al par.9.6 per l'imposta IRAP).

585 di 704
finanziarie, indicata al par.8.5, per i finanziatori
persone fisiche976.
Sospetti e limiti
Tuttavia c'è il sospetto che, tramite l'interesse
passivo, il flusso reddituale venga distolto dalla
tassazione societaria italiana e dirottato in paesi a
bassa fiscalità, attraverso una catena di creditori e
debitori977; non è un sospetto talmente verosimile e
generalizzato da giustificare limitazioni
indiscriminate della deduzione degli interessi
passivi978. Oggi la deduzione degli interessi passivi
per le società di capitali e assimilate è limitata a una
quota percentuale della differenza tra costi e ricavi
(Margine operativo lordo); il resto non viene
"perduto", ma deve essere riportato agli anni
successivi. È una limitazione che non scatta, già per
legge, quando l’indebitamento deriva da una
capacità di credito propria della società debitrice,
come nel caso di fabbricati destinati alla locazione.
Tuttavia non è una sistemazione concettuale
soddisfacente, e verosimilmente non rimarrà stabile
nel lungo periodo.

7.11. Principali elementi rilevanti ai fini della dell’IVA e


principio di onnicomprensività delle imposte sui redditi

975
) In pratica, la tassazione dell’utile in capo alla società che lo produce , e del
dividendo in capo al socio che lo percepisce, sommate tra loro, uguagliano la
tassazione ordinaria in capo al percettore dell’interesse attivo, corrispondente a
quello passivo, dedotto dalla società erogante.
976
) Non si vede per quale motivo escludere tale imposta sostitutiva quando un
imprenditore finanzia la propria azienda, applicandola invece quando acquista
obbligazioni di altre aziende o di banche.
977
) Il primo percettore potrebbe essere una banca italiana, che poi ha ricevuto
garanzie o finanziamenti da una banca estera, in una catena in cui –alla fine- di
fatto c’è il titolare dell’azienda.
978
) Una prima limitazione generale riguardò la c.d. “capitalizzazione
sottile”, praticamente ingestibile, vigente dal 2004 al 2007.

586 di 704
Rilevanza
simultanea IVA-
redditi di cessioni e
prestazioni
Tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi
riconducibili all’impresa, siano esse ordinarie o
occasionali rilevano simultaneamente ai fini delle
imposte sui redditi e
dell’IVA . Anche la vendita di un bene strumentale,
estranea all’oggetto tipico dell’attività della specifica
impresa, o un servizio collaterale, sono rilevanti ai
fini IVA
e delle imposte sui redditi.
elementi reddituali
irrilevanti ai fini
IVA
Come già anticipato al par.7.6 la determinazione del
reddito è più articolata di quella dell'IVA. Il reddito
dell'impresa può infatti essere influenzato da
elementi molto più numerosi di quelli rilevanti ai fini
IVA. Ci sono cessioni di beni e prestazioni di servizi
estranee al consumo finale, e rilevanti ai fini del
reddito, come pure elementi di reddito non
riconducibili alle categorie suddette, come
risarcimenti danni, contributi pubblici e privati,
perdite da furto o danneggiamento, indennizzi, e
varie altre entrate e uscite fortuite. La sfera
applicativa del reddito d’impresa è quindi più vasta
di quella IVA, con una “onnicomprensività”
del reddito di impresa, rispetto all’IVA; a questa
caratteristica faremo riferimento anche al par.7.7.13
per il regime dei beni di impresa ed il valore
fiscalmente riconosciuto.
attrazione al
reddito di impresa
di redditi di altra
natura
Anche redditi non tassabili in altre categorie (come
le plusvalenze immobiliari) confluiscono nel reddito
di impresa se l'immobile è inserito nel patrimonio
aziendale; lo stesso per i redditi finanziari (par.8.5)

587 di 704
realizzati nell'esercizio dell'impresa, che sfuggono
alle specifiche imposte sostitutive e ricadono nella
regola generale.
Sopravvenienze
Le «sopravvenienze» rilevano solo ai fini delle
imposte sui redditi, modificando operazioni già
contabilizzate in precedenti periodi d’imposta; sono
sopravvenienze “attive”
se la modifica è «in meglio e «passive» in caso
contrario. E' una categoria concettuale importante,
in cui si inseriscono le perdite su crediti, o i proventi
per remissioni di debiti, e tutti gli aggiustamenti
necessari a riportare simmetria rispetto ai valori
fiscalmente riconosciuti, come vedremo al par. 7.13.

7.12. Il momento impositivo nella tassazione attraverso le


aziende (cassa, competenza, irrilevanza delle mere
valutazioni: rinvio alle operazioni straordinarie)
Riferimento a
manifestazioni di
ricchezza “non
liquida”
La manifestazione di ricchezza cui si riferiscono le
imposte può anche essere "illiquida", in modo che se
ne possa prelevare una parte e pagare il tributo; lo
conferma la frequenza con cui, nella storia, tributi si
sono riferiti a manifestazioni economicamente
valutabili, come il possesso di una casa, o di una
carrozza979, che però non fornivano da sole le risorse
per il pagamento; esse erano utilizzate come
riferimento del tributo (c.d. "presupposto")
semplicemente come indizio della condizione
patrimoniale generale del soggetto 980.
979
) Si pensi oggi alla tassa di possesso delle auto, di cui al par.10.10. Gli
antichi tributi capitari, come il testatico o il focatico di cui al termine del
par.1.3, si basavano sulla presunzione che l’esistenza in vita consentisse di
pagare un qualche minimo tributo.
Questo accade per moltissime imposte, da quelle
980

patrimoniali sul valore degli immobili, come l'IMU

588 di 704
L’esigenza di
liquidità e il
principio di cassa
Quando però le imposte si riferiscono alle note
astrazioni di sintesi, indicate al par. 1.8, come il
reddito ed anche il consumo, l’esigenza di liquidità è
maggiore; si tende cioè a non costringere il
contribuente ad indebitarsi, o impegnare il resto del
suo patrimonio, per pagare le imposte981. Questo è il
motivo della tendenziale adozione del principio di
cassa, secondo cui le imposte si pagano, salvo
eccezioni, quando si dispone delle risorse
economiche per farlo.

Inconvenienti della
tassazione “per
maturazione”
Una tassazione basata sulla maturazione economica
degli elementi reddituali, anziché sulla loro
realizzazione, tasserebbe redditi potenziali, con
continui “alti e bassi” tra redditi potenziali e perdite
potenziali, che occorrerebbe seguire fiscalmente,
con incertezze e inutili controversie.
Asimmetrietempora
li del criterio di
cassa
Per le attività complesse, soprattutto per le grandi
aziende, le manifestazioni di cassa delle entrate e
delle spese hanno però spesso una manifestazione
sfasata nel tempo; se si guardasse, per le attività
complesse, solo al pagamento delle spese e
all'incasso dei corrispettivi, potrebbero essere
registrate perdite solo perché l'azienda spende per
effettuare investimenti, in impianti, merci , ricerca ,
marketing, o crediti alla clientela. Al contrario si
(par.10.9) a quelle giù menzionate sugli autoveicoli,
a quella di bollo etc..
981
) vedremo tra un attimo che , ad esempio, il momento impositivo tipico della
tassazione sui consumi, cioè l’acquisto da parte dell’acquirente consumatore
finale, si accompagna di solito alla disponibilità delle relative risorse
finanziarie.

589 di 704
realizzerebbero redditi imponibili quando gli
investimenti suddetti vengono monetizzati.
Aziende e principio
di competenza
Anche la tendenza a determinare il reddito fiscale
usando la documentazione aziendale spinge quindi
ad abbandonare, per l'impresa, il principio di cassa a
favore di quello di competenza982. Il c.d. principio di
"competenza", di cui diremo ora, rileva soprattutto
nella determinazione dei redditi delle aziende, dove
il semplice principio di cassa porterebbe a una
distribuzione troppo imprecisa degli imponibili,
anche rispetto agli ordinari criteri di gestione delle
attività, ed alla precisione economico-contabile.

Competenza e
rilevanza di crediti
e debiti
Il principio di competenza guarda non già
all'incasso, ma al sorgere dei diritti di credito, o di
debito, verso le controparti983. La competenza,
insomma, passa dall'incasso/pagamento al "realizzo"
di costi e ricavi, cioè alla nascita dei crediti e dei
debiti, secondo una tempistica di cui diremo tra un
attimo, a seconda dei tipi di operazioni.
inconvenienti
Tuttavia il principio di competenza è più
complicato, per la gestione di operazioni di piccolo
importo, soprattutto ricorrenti nel tempo, e può
provocare crisi di liquidità quando ai ricavi
982
) La cassa sarebbe cioè troppo grossolana per la determinazione del reddito
di impresa, salvo adottare correttivi come il riporto in avanti e indietro delle
perdite e una tassazione comunque “proporzionale” e non progressiva (il che
già oggi sussiste per le società).
Questo conferma che la competenza non è una
983

scelta di cautela fiscale, a vantaggio delle “ragioni


del fisco”, tanto è vero che la deroga al principio di
cassa consente anche di dedurre costi e detrarre
importi di IVA non ancora pagati ai fornitori.

590 di 704
corrispondono crediti verso debitori molto lenti nella
tempistica di pagamento (enti pubblici) oppure
morosi. Questi inconvenienti sussistono anche
quando le correlazioni concettuali della tassazione
attraverso le aziende, indicate al par. 3.11, rendono
opportuna una tassazione senza monetizzazione.
Momento
impositivo per le
cessioni di beni
Per le cessioni di beni, nelle imposte sui redditi e
nell’IVA , si segue, prescindendo dal pagamento, il
criterio della consegna del bene o della stipula
dell’atto, se si
tratta di beni immobili. Quando alla consegna non si
accompagna il passaggio della proprietà, per
condizioni o termini, il momento impositivo è
differito a quando questi eventi si verificano.
e le prestazioni di
servizi
Per le prestazioni di servizi si guarda
all’ultimazione nelle imposte sui redditi, ma
quando il corrispettivo si distribuisce
proporzionalmente al passare del tempo, come per
gli interessi, i canoni di locazione e i premi
assicurativi, l'imputazione a periodo avviene in
proporzione alla quota in esso maturata (ratei e
risconti). Per le prestazioni di servizi, ai fini
dell’IVA, si torna invece al principio di cassa,
Un criterio di
chiusura a fine
anno
In corso d'anno le registrazioni contabili seguono
l'emissione e il ricevimento dei documenti
sottostanti (par.7.7) ed i criteri appena indicati
subentrano per la determinazione del reddito fiscale,
seguendo il bilancio, come indicato al par.7.14; a
fine anno bisogna cioè registrare le operazioni in
corso, per le quali il documento non è ancora redatto
o pervenuto, col principio di competenza; si pensi
ad esempio alle fatture da ricevere e da emettere a

591 di 704
fronte di prestazioni economicamente già ricevute o
rese.
Operazioni prive di
momenti impositivi
I suddetti momenti specifici di competenza, sono
dettati solo per le cessioni di beni o le prestazioni di
servizi, coprendo completamente l’area dell’IVA
(dove non esistono
operazioni diverse da cessioni e prestazioni). Nel
reddito d’impresa restano invece senza regole
precise gli altri elementi reddituali. Il criterio
tendenziale è quello della “maturazione” e della
certezza giuridica, anche se spesso per esigenze di
sicurezza operativa la normativa fa riferimento al
buon vecchio “principio di cassa” (come per i
dividendi).
anticipazioni di IVA
e inconvenienti
finanziari
La suddetta applicazione dell’IVA “per competenza”,
su operazioni non ancora pagate dal cliente,
ripropone al fornitore i già indicati ei problemi di
liquidità; d’altra parte il cliente potrà detrarre la
relativa imposta anche se non l’ha pagata. Questi
problemi aumentano anche in quanto l'IVA è dovuta,
anche se non incassata, qualora la fattura sia
emessa prima dei suddetti momenti impositivi.
Quest’anticipazione all’Erario di IVA che il fornitore
deve ancora riscuotere è da sempre oggetto di una
deroga
quando i clienti sono enti pubblici e assimilati,
notoriamente pagatori “tardivi” (regime di IVA ad
esigibilità differita).
Negli ultimi anni (2012) sono stati introdotti
correttivi
tendenti alla cosiddetta “IVA per cassa”, con riflessi
anche in capo alla detrazione per il cliente e varie
complesse condizioni 984
984
per cui è preferibile rinviare ai siti di riferimento

592 di 704
investimenti e
detrazione IVA
La detrazione IVA , a differenza della deduzione dei
costi pluriennali nelle imposte sui redditi, spetta
immediatamente anche per acquisti con utilizzabilità
pluriennale, come pure per i beni ancora in giacenza
(rimanenze finali). È una soluzione conforme alla
natura dell’IVA come imposta sui consumi, dove la
detrazione ha semplicemente lo scopo di
“neutralizzare” l’IVA sulle operazioni che non
rappresentano consumi, ma costi; non c’è quindi
motivo per distinguere tra detrazione IVA su materie
prime e servizi rispetto a beni strumentali.
rinvio alle
valutazioni di
bilancio
(competenza
interna)
Il momento impositivo non rileva solo nei casi
suddetti di rapporti con controparti esterne,
acquirenti o fornitori di beni o servizi; in senso ampio
si parla anche di competenza interna, solo per le
di questo testo (nello specifico
www.fondazionestuditributari.com). Il pagamento
può essere anticipato, rispetto alla maturazione
economica della prestazione, con acconti, irrilevanti
ai fini delle imposte sui redditi, ma che rilevano
invece ai fini dell’IVA , riferita al consumo; nell'IVA
persino la fatturazione anticipata rispetto ai
momenti impositivi suddetti, beninteso
limitatamente all’importo fatturato o pagato, per
simmetria (par.3.11) rispetto alla potenziale
detrazione sugli acquisti, spettante al destinatario
della fattura. Naturalmente, se poi l’operazione non
va a buon fine, la formalizzazione IVA
dell’anticipazione sarà corretta (in gergo contabile
“stornata”) mediante le note di credito descritte al
par. 7.7.

593 di 704
imposte sui redditi, influenzate dalle valutazioni di
elementi patrimoniali attivi e passivi, come gli
accantonamenti, gli ammortamenti, le rimanenze, e
altre questioni di “valutazione di bilancio" che
esporremo al paragrafo 7.15.
correzioni di
dimenticanze ed
errori
Può accadere che, per dimenticanza o altre sviste, il
contribuente dimentichi la rilevazione di un
elemento positivo o negativo di reddito, nel qual
caso si potrebbe astrattamente correggere l'errore
quando viene rilevato, oppure modificare la
dichiarazione originaria, effettuando una
integrazione o chiedendo un rimborso. La procedura
interpretativamente indicata dall'Agenzia delle
Entrate è la seconda, accompagnata però da una
serie di dichiarazioni rettificative che consentono
l'"autoliquidazione" dell'errore; ciò corrispondendo
se del caso anche le sanzioni, col sistema del
"ravvedimento operoso" (par.3.4) qualora l'errore
fosse a danno del fisco.

7.13. Il valore fiscalmente riconosciuto e l’esposizione in bilancio dei


beni di impresa, tra criteri patrimoniali e reddituali

Determinazione
differenziale del
reddito
Mentre la determinazione differenziale dell'IVA
avviene confrontando l'imposta relativa alle vendite
e quella relativa agli acquisti, la determinazione
differenziale delle imposte sui redditi confronta gli
elementi di ricavo e di costo, rilevanti per formare
l'imponibile. Vengono quindi confrontati ricavi, costi
e altri elementi rilevanti, in positivo e in negativo,
per determinare il reddito.
Rilevanza
immediata e
differita dei costi: il
valore fiscale

594 di 704
Il reddito annuale è quindi influenzato prima di
tutto dai corrispettivi incassi e spese di periodo, ma
non solo. Ci sono infatti anche una serie di valori,
soprattutto costi storici di impianti e
immobilizzazioni, con deduzione non immediata, ma
differita per ragioni simili a quelle indicate al
paragrafo precedente a proposito della competenza
temporale 985. Generalizzando quest'esempio di costi
storici, maturati e ormai in attesa di deduzione986,
introduciamo il valore di riferimento delle attività e
passività patrimoniali dell'azienda, denominato
“valore fiscalmente riconosciuto”.
Esempi di valore
fiscale delle attività
Questo “costo fiscale” dei beni può essere, a
seconda delle tipologie, ammortizzato987, consumato
per la produzione988, o usato al momento della
vendita del bene, per contrapporlo al relativo prezzo,
riducendo la plusvalenza o aumentando la
minusvalenza realizzata.
determinazione del
valore fiscale in
base al costo e
accessori
Tale valore “fiscalmente riconosciuto” è
determinato in base al costo, a partire dal sul
corrispettivo di acquisto, indicato al par. 7.6,
maggiorato di eventuali costi incrementativi, come il

985
Ad esempio una spesa promozionale di notevole importo può
essere inerente per un grande istituto di credito e non per un
parrucchiere; l’acquisto di un fuoristrada sarà senz’altro
inerente per un’impresa mineraria, e non lo sarà per un
ristorante di città.
Sono costi che potremmo chiamare “ a rilascio differito”, in quanto riguardano
utilità distribuite nel tempo (par. 7.15 sugli ammortamenti).
986
) Cioè di confronto con i ricavi e gli altri elementi positivi di
reddito.
987
Oppure oggetto delle altre valutazioni di cui ai paragrafi
7.14 ss.
988
) Come avviene per le rimanenze di materie prime e di merci, di cui al
par.7.16.

595 di 704
trasporto, l'installazione le provvigioni passive, e
altri di diretta imputazione989. Il valore fiscale è
invece diminuito per gli ammortamenti e le
svalutazioni fiscalmente deducibili (par.7.15),
secondo le note simmetrie di cui al par.3.12. Questo
valore fiscalmente riconosciuto è facilmente
individuabile per i beni esposti, nelle scritture
contabili e nel bilancio, con un criterio
patrimoniale, come i beni “strumentali” ad utilità
pluriennale, ad esempio gli impianti, i fabbricati, gli
automezzi; essi sono infatti valorizzati in base al
costo , seguendo poi le già indicate variazioni per
incrementi e migliorie,etc. Per i beni merce
l'esposizione patrimoniale sarebbe troppo
complessa, e si trascura quindi, al momento
dell'acquisto e della vendita, il rispettivo aumento e
diminuzione patrimoniale, usando il criterio c.d. "a
costi ricavi e rimanenze", di cui al paragrafo 7.16990.
Continuità dei
valori fiscali
Questo valore fiscale si trasmette e si modifica
da un periodo d’imposta all’altro, con i

989
Apposite disposizioni normative di “tassazione volontaria”
consentono di dare rilevanza fiscale a rivalutazioni a fronte di
una imposta sostitutiva, aumentando i costi fiscali di
riferimento.
990
Vedremo in tale paragrafo che per i beni di magazzino, ad
elevato tasso di sostituzione e gestiti in modo “seriale”,
ripetitivo, di massa (con continui "carichi" per
acquisto e "scarichi" per vendite) la rilevazione delle
consistenze patrimoniali è rinviata alla fine
dell'anno, con le rimanenze finali, esaminate al par.
7.16. In tale sede vedremo anche che la quantità di
tali beni è seguita attraverso la contabilità “di
magazzino” e la loro valorizzazione avviene
attraverso la contabilità industriale. Qui ribadiamo
solo che, in senso logico, anche le rimanenze finali
esprimono un "valore fiscalmente riconosciuto".

596 di 704
meccanismi delle “valutazioni di bilancio” (7.14 ss.);
variazioni
di rimanenze, ammortamenti e accantonamenti,
secondo l’intuitiva continuità temporale della
tassazione attraverso le aziende e dei collegamenti
tra i diversi periodi di imposta, secondo le simmetrie
temporali di cui al già citato paragrafo 3.12.
Lo scopo di questa continuità di valori , secondo
quanto indicato al par.3.12 e al par.7.20 sulle
operazioni straordinarie, è di evitare sia doppie
imposizioni sia «i salti d’imposta», cioè
l’acquisizione “in franchigia fiscale” di maggiori
valori senza realizzare componenti positive di
reddito991.
Avviamento e
valore fiscalmente
riconosciuto
Se guardiamo alla possibilità di vendere sul mercato
dei beni usati i singoli cespiti aziendali, i relativi
valori sarebbero di solito inattendibili, ma
l’esposizione al costo ne sottintende il recupero
“attraverso l’attività”. L’insieme dei costi sostenuti
esprime quindi il valore dell’avviamento
aziendale, ripartito sulle singole voci di bilancio,
dagli immobili, agli impianti, alle attrezzature. Una
evidenziazione autonoma dell’avviamento si ha
quando l’azienda viene acquistata nel suo
complesso da chi paga un prezzo superiore
all’insieme dei costi storici dei beni aziendali (par.
7.20). Questo valore viene definito di solito, nel
bilancio dell’acquirente, come «avviamento», perché
non ha riscontro nei singoli valori dei beni, già a loro
volta influenzati dalla suddetta componente
intrinseca di “avviamento”. Quest’ultimo, più che
prospettive di redditività futura, esprime la vitalità
dell’azienda, la “possibilità

991
Se il debito non sarà pagato,neppure in parte, diventera'
integralmente elemento positivo di reddito.

597 di 704
di stare sul mercato”, e di essere acquisita da
qualche operatore del settore, anche se
permanentemente in pareggio o perdita.

Valore fiscale dei


debiti
Anche le passività (debiti) hanno un “valore fiscale”,
e la loro estinzione per una cifra inferiore diventa
imponibile per la differenza; anche le ordinarie
remissioni di debito, per sconti e abbuoni992 danno
luogo, a sopravvenienze attive rispetto al valore
fiscale del debito, come indicato al par. 7.11.
E dei fondi di
bilancio, a seconda
della deduzione
fiscale dei relativi
accantonamenti
La stessa logica si applica ai fondi di bilancio
corrispondenti ad accantonamenti e
ammortamenti fiscalmente dedotti (par.7.15); in
questa misura i relativi fondi diventano tassabili se
destinati a finalità diverse da quelle per cui furono
costituiti.
Se invece il fondo nasce con accantonamenti non
dedotti, è liberamente disponibile ai fini fiscali e
viene chiamato “fondo tassato”.
Netto e fondi in
sospensione di
imposta
Le voci di patrimonio netto sono fiscalmente
franche, in quanto derivano da apporti, da utili
tassati o non tassabili, salvo il caso dei fondi in
sospensione d’imposta, a fronte dei quali non c'è un
debito, ma un ricavo, o una rivalutazione dell'attivo,
fiscalmente riconosciuta. E' uno strumento tecnico
con cui il legislatore sceglie di differire la tassazione,
a fronte di condizioni variabili, come l'effettuazione
di nuovi investimenti, o il mantenimento in bilancio,
senza distribuzione ai soci.
992
) Come per pagamenti “pronta cassa” o per “premi fedeltà” o per risoluzione
transattiva di potenziali controversie sulla qualità della merce.

598 di 704
7.14. Valutazioni fiscali di fine esercizio e rapporti col
bilancio
Bilancio come
prospetto distinto
dai libri contabili
Il bilancio è un prospetto riepilogativo, dov'è
esposta la situazione patrimoniale e reddituale
dell’azienda; non si tratta di un libro contabile, in cui
avviene la registrazione dettagliata di singoli
documenti, ma è piuttosto un riepilogo delle
registrazioni effettuate nei libri contabili di cui al
par.7.8.
Elementi
patrimoniali del
bilancio
Riprendendo il raggruppamento dei conti, come
anticipato in quest'ultimo paragrafo, il bilancio
riassume reddito e patrimonio aziendale in
quattro sezioni; le "attività" patrimoniali (denaro,
crediti etc.) si trovano nella sezione sinistra dello
stato patrimoniale (attivo); i debiti e assimilati
(c.d."passività") e il patrimonio netto si trovano
invece nella sezione destra (c.d. "passivo in senso
ampio").
E reddituali
Gli elementi positivi e negativi del reddito si
trovano invece nel conto dei profitti e delle perdite
(detto anche per brevità "conto economico": Proprio
il risultato del conto economico (utile o perdita di
esercizio) è il punto di partenza per determinare il
reddito fiscale di impresa.
Ruolo civilistico del
bilancio e “bilancio
fiscale”
Non esiste quindi un "bilancio fiscale", ma una
riutilizzazione fiscale del bilancio civilistico993 .
Quest'ultimo tuttavia è un documento che per le
imprese individuali e le società di persone non ha
993
) E’ una riutilizzazione simile a quella che abbiamo visto al par.3.2, in cui i
documenti contabili sono riutilizzati e integrati ai fini tributari.

599 di 704
neppure una rilevanza esterna, e una modalità di
pubblicazione. In questi casi994 il bilancio avrà una
rilevanza solo tributaria. Anche per le società di
capitali, per cui è prevista la pubblicità del bilancio,
in quanto a responsabilità limitata, la relativa
omissione è civilisticamente e penalmente
sanzionata solo in caso di fallimento995. Appare
quindi chiaro che in genere la principale
preoccupazione nella redazione del bilancio,
sopratutto per le piccole organizzazioni a base
padronale, è quella tributaria996.
Unicità dei
documenti e
possibile pluralità
di bilanci
Per questo, spesso, nella maggior parte dei bilanci,
saranno utilizzati direttamente i criteri di
imputazione di costi e di ricavi previsti ai fini
tributari, come vedremo tra un attimo per elementi
reddituali "valutativi"997. Tuttavia alcune minime
divergenze tra bilancio e determinazione tributaria
994
) Potremmo trovarci davanti ad aziende in contabilità ordinaria , in quanto
con ricavi eccedenti i limiti di ricavi di cui al par. 7.8, che però resterebbero
piccole imprese ai fini civilistici, senza alcun obbligo civilistico di redazione
del bilancio, e sottratte alle procedure fallimentari, in quanto “piccole imprese”:
Anche imprese individuali e società di persone organizzate in prevalenza col
lavoro altrui avrebbero solo l’obbligo di redigere il bilancio, peraltro
rilevante , ai fini civilistici, solo in caso di fallimento, senza obblighi di
deposito e di pubblicità.
995
)Attraverso l’impossibilità di utilizzare istituti vagamente premiali come il
concordato preventivo. La mancata redazione del bilancio può altresì
determinare , in tali casi, il reato di bancarotta. Negli altri casi, un’omissione
pluriennale del deposito del bilancio può teoricamente innescare una
liquidazione d’ufficio della società, dipendente però dai tempi delle camere di
commercio, e comunque sanabile con un tardivo deposito del bilancio. Si tratta
quindi più di un “onere” per la limitazione della responsabilità che di un
obbligo oggetto di sanzioni afflittive.
996
) Notevole può essere, in parallelo, la preoccupazione per gli affidamenti
bancari, che però non avvengono verso istituzioni pubbliche, ma sul mercato, in
genere con la presentazione di ben altre garanzie che non il bilancio.
997
come ammortamenti, accantonamenti, ratei, risconti,
rimanenze e altre operazioni in corso a fine anno.

600 di 704
del reddito sono inevitabili, ad esempio perché le
imposte sui redditi sono indeducibili per loro natura
(par.7.9) come pure i compensi erogati
all'imprenditore individuale e ai suoi familiari
(par.7.9); all'opposto, alcuni elementi positivi di
reddito possono essere fiscalmente irrilevanti per
ragioni tecniche (998) o per esenzioni tributarie.
Le variazioni fiscali
al risultato di
bilancio
Quantomeno per queste voci occorrerà apportare
correzioni al risultato di bilancio (utile o perdita),
da effettuare nella dichiarazione dei redditi
(par.3.4) e denominate "variazioni"; ciascuna potrà,
a parità degli altri fattori, aumentare il reddito
fiscale rispetto al risultato civilistico999, nel qual caso
si parla di «variazioni in aumento», ovvero
inversamente diminuirlo (c.d. variazioni in
diminuzione).
Le variazioni
“valutative” e
temporanee
A parte le già indicate variazioni "permanenti", altre
riguardano invece le valutazioni di bilancio,
riguardanti cioè ammortamenti, accantonamenti,
rimanenze, operazioni in corso di cui ai par.7.15 ss..
Sono modi parzialmente diversi del diritto
tributario di distribuire gli elementi reddituali
nel tempo in base ai concetti di competenza,
indicati al par.7.12. Non ci sono quindi "doppie
verità" civilistiche e tributarie, ma diverse
mediazioni, nella tempistica delle valutazioni di

998
) Ad esempio per il coordinamento impositivo tra società e soci, di cui al
par.7.17.
999
) Caso classico è la “variazione in aumento” per l’indeducibilità delle
imposte sui redditi, imputate nel conto economico, come indicato sopra nel
testo.

601 di 704
bilancio1000, tra le stesse esigenze di precisione,
semplicità, certezza dei
rapporti (par.1.2). Queste valutazioni riguardano
semplicemente il momento impositivo di elementi
reddituali che prima o poi emergeranno nei
rapporti con i terzi1001.
Il diversivo di
utilizzarle per le
rettifiche(rinvio)
A queste diversità di valutazioni non si
accompagnano, differenze definitive di carico
tributario, ma solo anticipazioni o differimenti tra
un periodo di imposta e l'altro. E' una situazione
molto diversa, sostanzialmente innocua, rispetto
alla massa della ricchezza non registrata di cui ai
par.3.7 e 3.13-3.141002.
Verso la
sdrammatizzazione
Negli ultimi anni, la comprensione di quanto sopra si
è fatta strada, ed è stata ammessa la possibilità di
chiedere un ricalcolo delle somme dovute per i

1000
Per decenni si è fatto confusione tra bilancio censurabile per
questioni valutative e bilancio censurabile perchè falso, stante
la registrazione di costi fittizi o l'omessa registrazione di ricavi
(è una confusione che probabilmente giovava a chi realizzava
queste ultime tipologie di frodi).
1001
Le valutazioni di bilancio riguardano infatti la tempistica
sull'imputazione a periodo di ricchezza che emergerà
comunque (certus an incertus quando).
1002
Le valutazioni sulla congruità dei ricavi, cristallizzatesi
negli studi di settore riguardano la ricchezza non registrata, il
c.d. "nero", cioè il vero problema della determinazione dei
tributi. Rispetto a quest'ultima, gli accertamenti
sull'imputazione a periodo e le valutazioni di bilancio furono un
enorme diversivo, con controlli rendicontabili, come risultato di
servizio, in termini di “maggiore imposta accertata”, anche
quando si trattava di “accertamenti di imposte già pagate”, nei
casi in cui il contribuente aveva anticipato i ricavi o posticipato
i costi rispetto ai periodi di imposta considerati corretti
dall'ufficio tributario (vicende surreali su cui paragrafo 5.18,
comprensibili solo per la confusione d'insieme dilagante in
materia di determinazione dei tributi, su cui cap.4).

602 di 704
diversi periodi di imposta cui l’elemento reddituale
era stato imputato (par.7.12); la tendenza a
considerare queste violazioni come “formali” , ai fini
sanzionatori, ne sta diminuendo gradualmente il
numero1003..
Criteri valutativi
civilistici e fiscali
I criteri valutativi civilistici e fiscali sono tuttora
sfasati, in quanto il diritto civile può indulgere di più
a criteri di ragionevolezza caso per caso, mentre in
materia tributaria si avverte maggiormente
l'esigenza di certezza, connessa a criteri prestabiliti.
Si è quindi cercato per decenni di rendere le
disposizioni fiscali più precise, con margini di
valutazione minimi e massimi al cui interno il
contribuente poteva regolarsi senza ulteriori
condizioni, ma non poteva superare.
Possibilità di più
criteri valutativi per
la stessa azienda
Oggi si sta capendo che la diversità di criteri
valutativi attiene alle stime di situazioni in corso e
sono quindi comprensibili bilanci redatti secondo
criteri valutativi parzialmente diversi, ad
esempio per la capogruppo straniera, per gli organi
di vigilanza, per le istituzioni finanziarie. Da alcuni
anni sembrano intravedersi, in un clima di
confusione, aperture alla rilevanza fiscale delle
valutazioni fatte ai fini civilistici dalle società quotate
In questo caso è stata interpretativamente
1003

ammessa, dall'amministrazione finanziaria, una serie


di dichiarazioni rettificative "autoliquidate", in modo
da redistribuire correttamente nel tempo gli
elementi reddituali coinvolti. Queste dichiarazioni
rettificative sono anche previste per correggere gli
errori compiuti dal contribuente nella rilevazione
degli elementi reddituali e anche nell'imputazione a
periodo, rilevati dopo la presentazione della
dichiarazione.

603 di 704
in borsa, dalle banche o dalle assicurazioni tenute ad
applicare i cd. principi contabili internazionali 1004.
Divieto di dedurre
“costi valutativi”
solo in sede fiscale
Resiste ancora, per la generalità delle aziende,
l'anacronistico divieto di dedurre costi valutativi,
benchè fiscalmente ammessi, attraverso "variazioni
in diminuzione"; si richiede cioè l'imputazione di tali
costi anche al bilancio civilistico , benchè
civilisticamente siano ingiustificati; ne derivano i c.d.
"inquinamenti del bilancio civilistico" per motivi
tributari1005.

7.15. Le valutazioni del patrimonio ai fini del bilancio 1)


ammortamenti e accantonamenti

La competenza
nella distribuzione
temporale dei costi
Abbiamo già parlato al paragrafo 7.12 della
“competenza esterna”, cioè dell’imputazione a

1004
Le società utilizzatrici di questi criteri sono infatti affidabili sia
perché spersonalizzate (par.3.1 ss.), ma anche perché
i dirigenti che le conducono sono valutati dal
mercato in base al bilancio, e preferiscono rinunciare
a una modesta convenienza tributaria piuttosto che
peggiorare la loro immagine di bilancio.

Per le aziende del capitalismo familiare il vincolo


1005

indicato nel testo è sostanzialmente indifferente,


mentre costringe le grandi strutture amministrative,
ad esempio quotate in borsa, a scegliere tra la
convenienza fiscale e una corretta esposizione in
bilancio degli elementi valutativi. È un ulteriore
inutile stress, a danno dell’istituzionalizzazione delle
aziende, di un ambiente sociale economicamente
arretrato (par.5.19).

604 di 704
periodo degli elementi reddituali relativi ai rapporti
giuridici con terzi, acquirenti o fornitori di beni o
servizi. Nelle imposte sui reddito bisogna però anche
valutare gli elementi patrimoniali attivi e passivi
derivanti dalla valutazione del patrimonio
aziendale”; si tratta della ripartizione tra i periodi di
imposta dei valori fiscalmente riconosciuti,
denominata anche "competenza interna" (senza
rapporti con terzi).
ammortamento
La tecnica degli ammortamenti era già stata
anticipata come esempio classico di utilizzazione del
valore fiscalmente riconosciuto (par.7.13). Il
costo dei beni patrimoniali “strumentali”, come gli
impianti e i macchinari, aumentato dei costi
accessori costituisce la "base ammortizzabile", su
cui applicare aliquote percentuali, stabilite con
regolamento per settore economico e tipo di bene.
Eventuali quote di ammortamento eccedenti quelle
appena indicate sono da recuperare a tassazione
secondo la già indicata tecnica delle variazioni in
aumento; ad esse corrisponderà poi una variazione
in diminuzione quando, col passare degli anni, si
maturano le condizioni temporali per la deduzione.
Inversamente, il minor ammortamento derivante
dall’adozione di un’aliquota inferiore può essere
recuperato, conformemente al principio di continuità
dei valori fiscali, alla fine del periodo di
ammortamento corrispondente alle aliquote
ordinarie.
Raggruppamento
cespiti e
“deminimis”
Le quote d’ammortamento sono calcolate cespite
per cespite per gli immobili o i mobili iscritti in
pubblici registri, mentre gli altri beni sono
raggruppati per categorie
omogenee in base all’anno di acquisizione e
all’aliquota applicabile. I compromessi tra precisione

605 di 704
e semplicità si vedono anche con la facoltà di
dedurre immediatamente, senza ammortamento, le
spese per acquistare beni di costo unitario non
superiore a 516 euro.
beni immateriali e
costi pluriennali
I beni immateriali, come i diritti di brevetto, di
marchio, etc., sono invece ammortizzabili in base
alla durata di utilizzazione prevista dalla legge
(brevetti) o dal contratto
(art. 103 TUIR).
I costi pluriennali si distinguono dai beni
immateriali perché a fronte di essi non esiste alcun
bene o diritto provvisto di un proprio valore di
mercato e quindi suscettibile di essere alienato a
terzi1006.
Spese di
manutenzione
Le spese di manutenzione possono rendere difficile,
cioè poco univoca, la distinzione tra quelle
"incrementative" della vita utile del bene cui si
riferiscono1007 e quelle ordinarie. Per evitare
complesse distinzioni esiste un criterio forfettario
secondo cui la deduzione immediata è ammessa
sino a una percentuale del costo complessivo dei
beni ammortizzabili, con l'eccedenza deducibile in 5
anni. Resta salva la possibilità di aggiungerle al
costo del bene cui si riferiscono (c.d.
patrimonializzazione), aumentandone ovviamente il
valore fiscalmente riconosciuto (par.7.13), anche ai
fini degli ammortamenti.
accantonamenti
Gli accantonamenti riguardano l’anticipazione al
periodo di imposta di costi destinati a manifestarsi in
futuro, dando luogo ai "fondi dedotti" di cui al
1006
E' un costo pluriennale l'avviamento (par.7.13) ed anche le
spese di pubblicità, di ricerca e sviluppo, di formazione del
personale che è consentito “suddividere” , deducendole
nell’arco di una pluralità di esercizi.
1007
) C.d. “manutenzione straordinaria”.

606 di 704
par.7.13. Il funzionamento contabile degli
accantonamenti è il medesimo già mostrato a
proposito dell’ammortamento: la quota di
accantonamento
costituisce una componente negativa del reddito e il
fondo di accantonamento viene costituito tra i conti
del patrimonio. Alla base dell’accantonamento c’è un
elemento previsionale e fortemente opinabile,
perché si riferisce a costi ancora da sostenere, a
differenza dell’ammortamento, riferito invece a costi
già sostenuti.; c’è quindi una certa diffidenza del
fisco verso gli accantonamenti, fiscalmente
deducibili solo in casi tassativi ed in percentuali
limitate, come per le perdite su crediti (art. 106),
ovvero quando sostanzialmente dietro di essi c’è un
debito già maturato1008, anche se non esigibile, come
accade per il TFR dei dipendenti (art. 105 TUIR), o
una prestazione da svolgere in futuro, come per le
“riserve tecniche” delle imprese di assicurazioni.

7.16. Le valutazioni del patrimonio ai fini del bilancio: 2)


rimanenze di beni e servizi

Beni merce:
esposizione
contabile e di
bilancio.
Abbiamo già rilevato al paragrafo 7.13 che beni ad
elevato tasso di sostituzione, acquistati e consumati
in modo ripetitivo(1009), non si prestano ad essere
1008
)Quello che in gergo contabile viene chiamato “accantonamento per fatture
da ricevere” non è un accantonamento, ma un costo già sostenuto e
quantificato, per il quale il fornitore deve ancora inviare la fattura. Ricordiamo
infatti che la gestione amministrativo-contabile dell’azienda segue
tendenzialmente i documenti redatti o spediti dalle controparti (par.3.2), non il
momento di effettuazione delle operazioni (par.7.12), rilevante una tantum, solo
per il bilancio.
1009
Cioè con continui "carichi" di magazzino per acquisti e
"scarichi" per vendite. Ciò induce ad esprimere il valore
fiscalmente riconosciuto (par.7.13) di questa parte del

607 di 704
esposti nella contabilità e nel bilancio secondo il
criterio patrimoniale tipico degli impianti e degli
immobili. Le materie prime e le merci, destinate ad
essere vendute o consumate nella produzione, sono
quindi esposte, in un primo momento, trascurando
l'entrata nel patrimonio di quanto è stato acquistato,
o l'uscita di quanto è stato ceduto, secondo il criterio
contabile denominato "a costi ricavi e
rimanenze"1010.
La contabilità di
magazzino
La quantità di tali beni, molto importanti ai fini
gestionali1011, è seguita attraverso la contabilità “di
magazzino”, una registrazione cronologica, tenuta a
quantità (non a valore), fiscalmente obbligatoria
per tutte le imprese di una certa dimensione 1012 ;
questa contabilità registra i “carichi” e gli
“scarichi” di merce, ad esempio per vendite o
prelievi destinati alla produzione.
Inventario
contabile e
inventario fisico
Tale contabilità esprime, durante tutto il corso
dell’anno, una “giacenza teorica di magazzino“,
chiamata anche “inventario contabile”; consultando
patrimonio aziendale nei modi indicati nel testo.
1010
Quando i beni sono acquistati si registra solo il costo, senza rilevare
l’incremento patrimoniale, quando sono venduti solo il ricavo , senza rilevare il
decremento patrimoniale. L’assestamento patrimoniale, nella contabilità
generale, viene riportato alla redazione del bilancio, valorizzando le rimanenze.
1011
La mancata registrazione nella contabilità generale , in corso d’anno, dei
beni di magazzino non deriva dalla loro irrilevanza, ma dalla loro
importanza, e dalla frequenza delle relative movimentazioni.
1012
) I limiti sono molto elevati in quanto l’obbligo scatta oltre 5,16 milioni di
euro di fatturato e 1 milione di euro di rimanenze (convertendo i precedenti
limiti in miliardi di lire, previsti dal DPR 695/1996). Anche al di sotto dei
suddetti limiti le rimanenze di magazzino sono rilevanti per la determinazione
del reddito, e devono essere indicate a fine anno in quantità e valore, secondo
un supporto esplicativo delle cifre utilizzate per la determinazione del reddito.
Una frequente tendenza , soprattutto di chi è titolare di piccole organizzazioni,
che acquistano in bianco e vendono “In nero” è far apparire come rimanenze
finali materie prime in realtà utilizzate per produrre “ricavi non registrati”.

608 di 704
la contabilità di magazzino si rinviene cioè la
disponibilità teorica delle relative merci; a tali
rilevazioni potrebbero però essere sfuggite
distruzioni, dimenticanze1013 o persino furti, Per
questo le risultanze dell'inventario contabile sono
oggetto di verifiche aziendali a campione
attraverso «inventari fisici», cioè materiali conteggi
di tipologie di merci in giacenza, e confronto con
quanto risulta dalla contabilità di magazzino. È un
monitoraggio che si può svolgere in corso
d’anno, anche se concentrarlo verso la fine
esercizio, per la valorizzazione in bilancio delle
rimanenze, rende meno probabile l'accumulazione
di successivi errori nelle registrazioni di magazzino
1014
.
Rilevanza delle
rimanenze ai fini
del reddito
A fine esercizio occorre valorizzare le quantità di
beni in rimanenza ed esprimerle in bilancio, Le
rimanenze rettificano, a fine esercizio, le
registrazioni dei ricavi e dei
costi relativi ai beni in esame, chiudendo il ciclo
della registrazione secondo la già indicata formula
"a costi ricavi e rimanenze". Senza questo
aggiustamento, il reddito dei periodi in cui si
accumulano le rimanenze verrebbe depresso a
favore del reddito dei periodi in cui i beni vengono
venduti1015.
1013
) Cioè carichi o scarichi a magazzino non registrati per
dimenticanza.
1014
) Un inventario fisico fatto il 15 dicembre , per valorizzare poi le merci a
fine anno, può essere inesatto solo per errori nei carichi e negli scarichi di
magazzino registrati nei pochi giorni che mancano alla fine del periodo di
imposta.
1015
L'imprecisione sarebbe irrilevante per piccoli commercianti o
artigiani, dove il calcolo delle rimanenze è spesso secondario, e
finalizzato soprattutto a verificare la credibilità dei ricavi
registrati. Col crescere delle dimensioni aziendali, e quindi delle
rimanenze, la loro valutazione corretta diventa importante ai

609 di 704
raggruppamento e
valorizzazione dei
beni in rimanenza
Visto che le rimanenze sono gestite in modo
ripetitivo, in serie e per masse, vanno di solito
raggruppate concettualmente in “categorie
omogenee”, cioè formate da beni con
caratteristiche e valori comparabili 1016. Ad ogni unità
di prodotto deve essere poi attribuito un valore, il
che in genere avviene secondo medie statistiche,
dividendo il costo complessivo, determinato nella
"contabilità industriale" per la quantità acquistata o
prodotta1017. Questa divisione e la determinazione di
un costo medio viene effettuata per ogni periodo di
imposta, dando un "costo medio per anno di
acquisizione dei beni.
Gli elementi del
costo
Il calcolo del costo di prodotto tiene conto dei costi
diretti, come materie prime consumate e tempi di
lavoro tecnico, energia, ammortamento dei
macchinari industriali e altri elementi tenuti in
considerazione dalla suddetta "contabilità
industriale", detta anche "contabilità dei costi", e
che ogni azienda personalizza a seconda dei beni o
servizi che produce1018.
Riferimenti
temporali delle
giacenze

fini dell’utile di esercizio e dell’imponibile fiscale.


1016
Ad esempio i litri di latte o di alcool necessari alla
produzione di un'industria dolciaria, oppure le lavatrici
prodotte da una industria di elettrodomestici, distinte rispetto
agli asciugacapelli prodotti dalla stessa azienda.
1017
Per beni beni acquistati o prodotti in serie, in modo
continuativo, con un ricambio continuo e costi variabili, non è
rilevato né è sensato determinare il costo specifico dei singoli
beni in magazzino (questo ha invece senso solo per gli immobili
delle imprese di costruzione).
1018
) Esistono infatti anche le “rimanenze di servizi”, come diremo più avanti in
questo stesso paragrafo.

610 di 704
Manca in questo modo una valorizzazione degli
specifici beni fisicamente in rimanenza e a questo
fine la convenzione più precisa sarebbe valorizzare
le merci in rimanenza secondo i costi medi
dell'ultimo anno (metodo c.d. FIFO). Un diverso
criterio, più prudenziale in periodi di inflazione, è
invece quello di valorizzare le merci ai costi più
vecchi (c.d. “LIFO”1019). C'è insomma la convenzione
di mantenere la valorizzazione delle rimanenze,
anche se fisicamente i beni sono cambiati, secondo i
costi medi ricevuti all'inizio dell'esercizio,
valorizzando solo eventuali eccedenze ai costi medi
dell'anno1020. Si formano così stratificazioni di
valori per anni di formazione, cui -in periodi di
inflazione- corrisponde una inferiorità del valore
contabile delle rimanenze rispetto al valore di
acquisto in quello stesso periodo1021.
Svalutazioni delle
rimanenze
La svalutazione delle rimanenze è ammessa
quando il prezzo di mercato scende al di sotto del
costo; in questo caso l’intera categoria omogenea
può essere valutata in
base al prezzo di mercato, comprese le
stratificazioni annuali per cui ciò dovesse

1019
) Le espressioni FIFO e LIFO sono inutilmente macchinose, perché
costringono a un passaggio logico in più, in quanto non devono essere
valorizzati i beni usciti dalle rimanenze, cioè andati “out” rispetto al magazzino,
ma quelli rimasti (“in”). La valutazione si dovrebbe quindi indirizzare a quello
che resta, e quindi il FIFO si dovrebbe chiamare LILO, nel senso che si
dovrebbe valutare l’ultimo entrato, e il LIFO si dovrebbe chiamare FILO, nel
senso che viene valutato il primo entrato. Anche qui emerge la tendenza di
molti aziendalisti, incapaci di spiegare l’azienda come corpo sociale (par.3.1),
a complicare le questioni semplici.
1020
) Persino il metodo FIFO può essere inteso nel senso di lasciare le
valorizzazioni delle rimanenze iniziali, se sono rimaste immutate,
distinguendosi solo per l’imputazione delle merci esistenti alle voci annuali più
recenti, in caso di diminuzione quantitativa (con conseguente eliminazione delle
voci annuali più remote, fino a concorrenza del decremento).
1021
) Si tratta dei c.d. “plusvalori latenti” di magazzino.

611 di 704
comportare una rivalutazione, anziché una
svalutazione.
rimanenze di servizi
Si valutano in base al costo anche i servizi in
corso di esecuzione al termine dell’esercizio, (si
pensi
a servizi di manutenzione, ristrutturazione, etc.)
sono valutati in base ai costi sostenuti (1022).
Se invece la prestazione ha un tempo di
esecuzione ultrannuale (grandi appalti) la
valutazione avviene al prezzo contrattuale, e deve
essere effettuata (art. 93 TUIR) in base alla quota
parte di corrispettivi pattuiti proporzionale ai lavori
già svolti. Per questi servizi ultrannuali, quindi, la
quota di profitto connessa al servizio stesso viene
imputata, pro quota, a ciascun esercizio in
proporzione della quota di lavori in esso svolta,
senza attendere l'ultimazione dell'opera.

7.17. Coordinamento tra tassazione delle società e


dei soci
Tassazione
immediata del
reddito per le
imprese individuali
L’impresa individuale contiene prevalentemente
attività di “lavoro indipendente”1023 Per questo il
reddito delle imprese individuali è in genere tassato
immediatamente in capo al relativo titolare, anche
per la parte eventualmente non distribuita, peraltro
rara, vista la situazione; sarebbe infatti troppo
complesso, ed antieconomico sui presupposti in
1022
art. 92 comma 6 tuir. In questo modo la registrazione della
quota di profitto conseguente alla prestazione del servizio
viene rinviata al periodo di imposta in cui il servizio stesso è
completato.
1023
Al massimo con alcuni collaboratori, e costituisce uno
strumento di sussistenza per il titolare e la sua famiglia, come
indicato al par.3.13 e ss., nonché a proposito dell'evasione
fiscale al consumo finale.

612 di 704
precedenza indicati, considerare la possibilità di
"mancata distribuzione del reddito" per attività di
piccolo commercio al dettaglio e artigianali, dove
prevale la figura del titolare. Il possibile sfasamento
tra "produzione del reddito" secondo i criteri di cui al
par.7.12, e sua distribuzione al titolare, non sembra
insomma talmente rilevante da giustificare
l'impianto documentale necessario per distinguere
queste due fasi1024.
Diversità soggettiva
tra soci e società
Questa immedesimazione non sussiste però tra soci
e società, al cui interno si collocano la maggior parte
delle aziende, intese come organizzazioni
pluripersonali complesse, nel senso di cui al par.3.1;
solitamente si tratta di società “di capitali”, più
raramente “di persone”. In questi casi manca, tra
società e soci, la suddetta immedesimazione
soggettiva tra imprenditore individuale e impresa.

Necessità di
coordinamento
Occorre quindi decidere in quale momento tassare i
relativi flussi reddituali, ferma restando l'assurdità
economica, e anche giuridica1025, di un aggravio
1024
) In omaggio a questa distinzione teorica, e a un malinteso concetto di
neutralità fiscale delle forme giuridiche, fa tuttavia capolino da anni , senza mai
essere realizzata, una tassazione dei soli redditi distribuiti dall’impresa
individuale al relativo titolare; si tratterebbe comunque di una misura
facoltativa , su cui vedasi i post su www.fondazionestuditributari.com relativi ai
“dividendi del pasticcere”.
1025
) E' economicamente irrazionale aggravare la tassazione
dando rilevanza a un profilo esclusivamente giuridico-formale,
come l’esercizio dell’attività in forma individuale o societaria (si
pensi alla possibilità di soci intermedi prima di quelli "finali").Si
tratterebbe di una discriminazione probabilmente irrazionale, in quanto tale,
incostituzionale, anche a prescindere dal principio di capacità contributiva, di
cui al par.2.2. Naturalmente il coordinamento impositivo tra società e soci, che
comporta mediazioni tra una serie di esigenze di precisione, semplicità,
controllabilità, etc. (par.1.2) può comportare, in concreto, alcune differenze di
carico tributario rispetto a quello applicabile a un imprenditore individuale.

613 di 704
fiscale per il solo fatto che essi sono prodotti in
forma societaria anziché in forma personale. Questo
principio di neutralità della tassazione rispetto
alle forme giuridiche, impone un coordinamento,
basato anch'esso sulle simmetrie concettuali tra
posizioni tributarie diverse, indicate al par.3.12.
Imputazione per
trasparenza per le
società personali
Per le società di persone, il coordinamento avviene
ispirandosi a quanto descritto sopra per le imprese
individuali, cioè tramite l’imputazione diretta ai
soci del reddito della società, indipendentemente
dalla sua effettiva distribuzione; i soci di società di
persone sono insomma trattati, ripetiamo,
“saltando” la società, e imputandone il reddito "pro
quota" ai vari soci. Mentre per l'imprenditore
individuale questa imputazione avviene per l'intero,
qui si seguono le percentuali di partecipazione1026,
indipendentemente dall’effettiva distribuzione; nella
stessa proporzione si imputano le perdite, le ritenute
d’acconto, etc. (art. 5 TUIR). Naturalmente poi
l’effettiva percezione dei dividendi è fiscalmente
irrilevante in quanto la tassazione era già avvenuta
in precedenza.
E le imprese
familiari
Lo stesso criterio opera per i redditi attribuiti ai
collaboratori familiari di imprese individuali: la
tassazione di tali redditi è quindi trasferita
dall’imprenditore al “parente collaboratore”1027.

L’importante è che una serie di simmetrie di sistema (par.3.12) tendano a una


omogeneizzazione tra i due regimi.
1026
) Le percentuali adottate sono quelle esistenti alla fine del periodo di
imposta: chi sia socio in questo momento dovrà dichiarare l’intero reddito del
periodo, senza frazionamenti proporzionali al periodo di possesso della
partecipazione (è una scelta di semplicità e controllabilità).
1027
Di ciò occorre tener conto prima di considerare irrisori i
redditi di impresa dichiarati da piccoli commercianti e artigiani
(par.4.2).

614 di 704
Tassazione in due
tempi dei redditi di
società di capitali
“Saltare la società” è invece più difficile per le
società di capitali, dove al massimo è stato
consentito, in via opzionale, qualora i soci siano
pochi. In genere il coordinamento si basa su due
livelli di tassazione, la cui somma dovrebbe
grossomodo corrispondere alla tassazione della
persona fisica, con le aliquote IRPEF più elevate (par.
9.4). Una prima tassazione avviene in capo alla
società, alla produzione del reddito, con
l'imposta "IRES", ed una seconda sul “socio
finale” (di solito una persona fisica) al momento
della distribuzione. I dividendi tra società sono
sostanzialmente neutri (1028), in quanto si tratta di un
passaggio intermedio verso il percettore finale. .
Carico tributario
complessivo
La somma delle due tassazioni tende rapidamente
all’aliquota massima dell’imposta personale (IRPEF) ,
cui si giunge abbastanza presto col nostro sistema di
aliquote progressive (par.9.4).
All'’imposta sulle società (1029) si aggiunge l’IRPEF in
capo ai soci, applicata solo sulla metà del dividendo,
per tener conto della precedente tassazione in capo
alla società. Se la percentuale di partecipazione è
piccola, si applica l’imposta sostitutiva del 26
percento su tutto il dividendo1030.

1028
Per la precisione sono imponibili nella misura simbolica del 5 percento, che
forfetizza i costi di amministrazione della partecipazione, deducibili
integralmente.
1029
IRES del 27,5 percento, come indicato al par. 9.1.
1030
) Ne discende, a seguito dell’aumento al 26 percento dell’imposta sostitutiva
sui redditi finanziari, una modesta “doppia imposizione” perché il carico fiscale
complessivo sale al 46 percento circa; è un effetto casuale dell’applicazione ai
dividendi di un regime elaborato per gli interessi, come indicato ai par.7.10, in
fine su deduzione interessi passivi e 8.5 sui redditi finanziari (cui rinvio per
ulteriori considerazioni).

615 di 704
In sede di accertamento di ricchezza non
registrata, acquisita direttamente dai soci
(par.3.7 e 6.13 sulle sanzioni) il criterio è diverso, e
si basa sullo scomputo dell’imposta accertata e
pagata dalla società dal reddito accertato in capo ai
soci a titolo di utili extra bilancio (1031).

Plus-minus valenze
su partecipazioni.
Non c'è però solo il flusso, sopra descritto, degli utili
derivanti direttamente dal reddito della società, in
quanto possono esserci anche utili o perdite da
cessione della partecipazione (plusvalenze o
minusvalenze). Anche per queste ultime sussistono
le suddette esigenze di coordinamento in base
alle quali le plusvalenze/ minusvalenze su
partecipazioni sono anch'esse in generale
fiscalmente irrilevanti ove realizzate da società.
Minusvalenze e plusvalenze sono quindi fiscalmente
indeducibili e intassabili (art. 87 TUIR). In questo
modo si impedisce la trasmissione di costi dai
soci (magari persone fisiche o società non residenti,
quindi a bassa fiscalità) alle società, con connessi
arbitraggi fiscali (è un caso di corrispondenze
intersoggettive di cui al paragrafo 3.12).
Partecipazioni
speculative e altre
eccezioni
Esiste però l’eccezione di regimi paralleli, per
alcune categorie di partecipazioni, giustificati da
vari motivi; uno riguarda le partecipazioni acquistate
per la rivendita, cioè per il c.d. "trading"1032 come
fossero titoli di altro genere (ad es. obbligazionari);
qui le plusvalenze sono imponibili e le minusvalenze
sono deducibili, inversamente rispetto alla regola

1031
Art. 67 del decreto sull’accertamento delle imposte sui
redditi.
1032
) In genere in borsa. Tali azioni sono equiparate a “beni merce” nel senso di
cui al precedente paragrafo 7.16.

616 di 704
generale. Lo stesso per le partecipazioni detenute
per breve periodo (meno di un anno), o in società
senza impresa; questa sorta di doppio regime di
circolazione delle partecipazioni, concettualmente
ambizioso, rischia di innescare arbitraggi elusivi
(par. o indebite penalizzazioni sulle cui complessità
non ci possiamo dilungare in questa sede.
trasmissione delle
perdite intregruppo
La deduzione delle perdite di una società da parte
della sua controllante verrebbe meno, per effetto
dell'indeducibilità delle minusvalenze su
partecipazioni. Vi sarebbe così una distorsione, nella
determinazione della ricchezza, a seconda che tutte
le attività economiche fossero concentrate in una
stessa società1033, oppure frammentate tra società
diverse1034, ma appartenenti al medesimo gruppo
(1035). In quest'ultimo caso svanirebbe senza motivo
la possibilità di sommare algebricamente redditi e
perdite all'interno del gruppo. In sostituzione della
deducibilità delle minusvalenze su partecipazioni è
stato previsto il c.d. “consolidato fiscale” ,
attraverso cui le perdite delle società controllate
possono essere attribuite alla società
controllante1036.
1033
) Nel qual caso vi sarebbe una compensabilità piena dei redditi con le
perdite.
1034
) Il che viene spesso fatto per l’obiettivo extratributario di dividere le
competenze dirigenziali, nonché limitare i rischi e le responsabilità.
1035
) E’ il c.d. “gruppo di società”, di cui abbiamo parlato al par.7.19 a
proposito del controllo a valore normale dei prezzi tra società del gruppo
(transfer pricing).
Non è un bilancio consolidato vero e proprio, ma
1036

la possibilità di compensare algebricamente redditi e


di perdite delle società del gruppo, ciascuna delle
quali determina in autonomia il proprio risultato e
poi lo trasferisce alla controllante, che calcola
un’unica base imponibile di gruppo, versando
un’unica imposta.

617 di 704
Dove manca il controllo, analogo trasferimento delle
perdite è possibile attraverso la c.d. “trasparenza
fiscale” delle società di capitali, analoga a quella
descritta sopra per le società di persone.

7.18. Collegamento dei redditi al territorio nazionale:


criterio della produzione, della residenza e relativo
coordinamento contro doppie imposizioni

Collegamento della
ricchezza al
territorio ai fini
delle imposte
Abbiamo già visto che le imposte sono una
manifestazione di sovranità, di un pubblico potere,
normalmente collegato a un territorio1037. Ai fini di
qualsiasi imposta serve quindi un collegamento tra
ricchezza e territorio statale, secondo criteri previsti
dalla relativa legislazione, denominati appunto
"criteri di collegamento"1038.
Criterio della
produzione del
reddito
Per le imposte sui redditi, il criterio di collegamento
territoriale di partenza sarebbe concettualmente il
luogo di produzione del reddito. L’esempio più
frequente per gli operatori economici è il luogo di
esercizio di una attività.
Da quando è stato possibile l'investimento estero, è
diventata tuttavia abbastanza frequente la titolarità
di redditi di fonte estera, soprattutto per gli
imprenditori e i ceti più abbienti, residenti di uno
stato con redditi in un altro.
1037
) al par.3.11 e 5.6 Sarebbe da approfondire, in tesi di laurea o dottorato,
in quale misura possano esserci tributi imposti da pubblici poteri non collegati a
un territorio e non legittimati da un pubblico potere collegato a un territorio.
1038
Si pensi al luogo di effettuazione del consumo, per l’IVA (par.
7.4) o le imposte di fabbricazione, o all’ubicazione di un
immobile per una imposta fondiaria, o al luogo di redazione di
un contratto per una imposta sugli atti giuridici.

618 di 704
Criteri di
collegamento e
stabile
organizzazione
I criteri di collegamento per i redditi dei non
residenti dipendono dal tipo di cespite (ad esempio
l’ubicazione di un immobile affittato), il luogo di
svolgimento di una prestazione lavorativa, il
soggetto che eroga un interesse attivo, etc.
Stabile
organizzazione
Per le attività d'impresa, basato in tutto il mondo
sulla tassazione dei redditi di impresa derivanti da
una sede secondaria, una c.d. “stabile
organizzazione” nel territorio di uno stato; la stabile
organizzazione è una articolazione dell'azienda, una
struttura di fatto, giuridicamente appartenente allo
stesso soggetto estero, che determina
separatamente il suo reddito per lo stato in cui si
colloca, come se fosse un terzo rispetto al resto
dell’azienda; la sua configurabilità va esaminata
caso per caso in base ai beni materiali, al personale
e ai rapporti giuridici con cui l’impresa non residente
esercita l’attività in Italia. Senza enormi, e inutili,
parentesi non configura stabile organizzazione la
mera vendita di beni in Italia o la prestazione di
servizi, che non richiedano installazioni durevoli1039.
La stabile organizzazione è diversa dalla società
controllata, invece, è un soggetto autonomo, che
determina distintamente il proprio reddito nel paese
dove è ubicata, e distribuisce poi dividendi ai soci
(vedi par.7.19 sul transfer pricing nelle prestazioni
intragruppo).

Forse il concetto va adattato all'economia digitale , che


1039

rende possibile una vetrina informatica e una vendita anche in


altri paesi, come pure una visibilità pubblicitaria sui computers
degli individui. Invece di fantomatiche "web tax" basta
adattare i suddetti criteri di collegamento.

619 di 704
Integrato dal
criterio della
residenza
Al criterio "reale" del luogo di produzione del reddito
è stato affiancato quello, personale, della residenza
del titolare, denominato correntemente «Worldwide
income taxation». Si tratta della tassazione dei
residenti per i redditi ovunque prodotti, mentre i non
residenti restano invece tassati solo per i già indicati
redditi prodotti nel territorio statale.
Esterovestizione tra
questione di fatto e
abuso del diritto
La c.d. esterovestizione è balzata agli onori delle
cronache per la tendenza, da parte di sportivi,
attori, cantanti, scrittori e altri percettori di redditi
di fonte estera, ad assumere residenze fittizie in
stati a bassa fiscalità, in modo da evitare la forte
tassazione nel paese di residenza dei redditi di fonte
estera. Anche questo caso oscilla tra enunciazioni
non veritiere, enunciazioni veritiere in funzione di
vantaggi tributari ed esigenze economico-
sostanziali effettive (1040). Per le persone fisiche è
facile controllare contraddizioni tra iscrizioni
anagrafiche e situazione reale, anche se la
mobilità effettiva delle persone, in una società
globalizzata, pone problemi effettivi di
inquadramento giuridico 1041. Per le società, che
comunque sono “entità legali”, “persone
giuridiche, riconosciute dalle leggi di un

1040
) Nel primo caso abbiamo evasione in senso materiale, intesa come
questione di fatto, nel secondo evasione interpretativa. La base reale, la fittizietà
e la realtà strumentale possono essere compresenti in concreto, secondo diverse
combinazioni, variamente intrecciate tra di loro.
1041
) I problemi interpretativi riguardano soprattutto le persone che, per motivi
contingenti, come opportunità lavorative, si trasferiscono effettivamente
all’estero, mantenendo però legami di vario tipo con la madrepatria (si pensi a
scienziati o tecnici che si recano all’estero per periodi di lavoro, magari
all’interno di gruppi multinazionali). Aggiungiamo anche i pensionati che si
recano in paesi con minor costo della vita e servizi pubblici migliori.

620 di 704
determinato stato1042, la residenza viene contestata
spesso spostando la residenza dove si trovano i soci,
cui viene attribuito un ruolo economicistico di
direzione effettiva. In realtà il disconoscimento di
eventuali vantaggi fiscali indebiti, collegati
all’utilizzazione di società estere effettive, dovrebbe
basarsi sull'elusione (par.3.10). L'imputazione diretta
della ricchezza al socio è invece praticabile quando
la società è solo un interposto fittizio, come accade
per tante società di paradisi fiscali che praticamente
si acquistano su internet.
Rischi di doppie
imposizioni e
rimedi
Il criterio di tassazione dei redditi esteri basato sulla
residenza del titolare si affianca a quello basato sulla
produzione del reddito. Pertanto, la tassazione
potrebbe avvenire sia nello stato di produzione
del reddito, sia nello stato della residenza, con un
distorsivo cumulo di tassazione. Le norme interne
e i trattati internazionali cercano di evitarlo. Il
criterio tipico è quello della detrazione, nello stato
della residenza, delle imposte estere pagate nel
paese di produzione del reddito.
Il credito di
imposta come
detrazione
Le imposte pagate nel paese della produzione del
reddito vengono detratte da quelle dovute nel paese
della residenza del percettore; benchè chiamata
"credito di imposta", si tratta in sostanza di una
detrazione, in quanto al massimo può azzerare la
tassazione del paese della residenza. Ne deriva un
livello complessivo di tassazione pari al più elevato
1042
) Le società non hanno i legami affettivi, con persone e luoghi, che
caratterizzano le persone fisiche e provocano i problemi di cui alla nota
precedente. D’altra parte, in una impostazione puramente economicistico-
sostanzialistica, la società in sé viene vista come una sorta di “artificio” rispetto
alla realtà sostanziale, su cui fanno leva numerose contestazioni interpretative,
che appiattiscono la residenza della società su quella del socio.

621 di 704
dei due paesi coinvolti; il paese della residenza non
rimborsa certo l'eccedenza tributaria dovuta ad
aliquote maggiori esistenti nel paese della
produzione del reddito denominato "paese della
fonte".
Dall’eliminazione
della doppia
imposizione alla
doppia esenzione
In base ad alcune convenzioni bilaterali, contro le
doppie imposizioni, queste ultime sono eliminate con
criterio dell’esenzione , anziché del credito di
imposta. Qui l’intreccio tra gli strumenti per evitare
la doppia imposizione può sortire l’effetto contrario,
conducendo a sostanziali mancanze di tassazione;
può trattarsi cioè di una oggettiva "doppia
esenzione", spesso dovuta alla diversa definizione
dei flussi di reddito nei due paesi; ad esempio il
paese della fonte del reddito lo considera
"interesse", e non lo tassa, mentre il paese dov'è
residente il percettore non lo tassa neppure lui,
considerandolo "dividendo"; l'asimmetria di
qualificazione potrebbe anche portare a una "doppia
tassazione". Di quest'ultima però i contribuenti si
lamenterebbero, mentre della doppia esenzione
nessuno si lagna, in una situazione caratterizzata da
notevoli dosi di ipocrisia (1043).

7.19. Segue: simmetrie fiscali e rapporti internazionali,


concorrenza fiscale dannosa, transfer price, cfc.

Operazioni
intermedie,
simmetrie e
controparti estere

1043
E' uno dei casi indicati al par.1.9 e 3.12, in cui la
determinazione del tributo viene usata per ridurre il peso del
tributo stesso.

622 di 704
I principi sulle operazioni intermedie tra operatori
economici, indicati in tutto il testo 1044, valgono
anche quando la controparte del soggetto italiano è
un operatore economico estero. In altri termini, le
correlazioni tra soggetti diversi indicate al
paragrafo 3.12 (1045) valgono, in prima battuta
anche rispetto a controparti estere, che altrimenti
sarebbero irragionevolmente discriminate, anche in
relazione ai principi comunitari di cui al par.2.6.
Quindi, ad esempio, i costi ed i valori fiscali di cui al
par.7.13 devono essere riconosciuti, per l'azienda
acquirente, anche se ad essi corrisponde un ricavo
di fornitore estero.
Cautele contro
abusi
Tutti i paesi contengono però cautele contro l’abuso
di queste differenze di regime fiscale per
delocalizzare gli imponibili ed evitare ogni
tassazione. Ricordiamo che le merci, i capitali, le
imprese e le persone circolano con una facilità molto
maggiore di quella con cui possono circolare i
controlli (par.5.6); c'è quindi il rischio che siano
"allocati costi" a società di paesi con aliquota
fiscale maggiore, da parte di società del gruppo
ubicate in paesi con aliquota fiscale minore (1046).
Prezzi di
trasferimento
I gruppi multinazionali spersonalizzati e
managerializzati si considerano articolazioni diverse
di una stessa impresa, idealmente stabili
1044
) Che abbiamo cominciato a indicare al par.1.8, per riprenderli poi nel corso
di tutto il volume.
1045
Le simmetrie della tassazione attraverso le aziende.
1046
O con aliquote equivalenti, ma che offrono indirettamente
vantaggi con criteri forfettari di determinazione dell'imponibile,
giocando sull'equivoco indicato al par.1.9 e 3.12. Non si tratta
infatti solo di "paradisi fiscali", ma anche di paesi con
pesante tassazione, che però pragmaticamente ritagliano
nicchie di favore per categorie di non residenti, come
l'Olanda o la Gran Bretagna.

623 di 704
organizzazioni (par. precedente) e costituite in forma
di società solo per praticità operativa (1047).
Su questa premessa, i corrispettivi per beni e servizi
tra società del gruppo possono essere determinati
anche in funzione di una logica di gruppo,
diversamente da quanto accadrebbe tra imprese
indipendenti1048.
La correzione a
valore normale
Nulla viene quindi presentato in modo
materialmente falso, ma il corrispettivo tra queste
società non esprime un genuino contrasto di
interessi, e la normativa di tutti i paesi
sviluppati prevede quindi che i rapporti con
società estere dello stesso gruppo siano
valorizzati non già in base a tale corrispettivo,
ma al valore normale della prestazione
sottostante. È una disposizione di cautela fiscale,
che scatta anche quando l’adozione di un
corrispettivo diverso dal valore normale è dettata da
ragioni
finanziarie, commerciali o comunque extrafiscali, ed
anche quando la controparte risiede in un paese con
aliquote fiscali maggiori delle nostre (1049); il
corrispettivo potrebbe essere così determinato non
per vantaggi tributari, ma per indirizzare gli utili o le

1047
L’impresa multinazionale, indipendentemente dalle società
formalmente indipendenti di cui si compone, considera se
stessa come “un'unica azienda sovranazionale”, trascurando i
formalismi di diversità societaria.
1048
Ciò ovviamente in totale trasparenza, senza alcun occultamento di
corrispettivo. Queste organizzazioni effettuano pianificazioni fiscali alla
luce del sole, seguendo le tendenze, tipiche dell'azienda come
gruppo (par.3.10) alla minimizzazione legale del carico
tributario, compatibilmente con tutti gli altri obiettivi del
gruppo. .
1049
E quindi l’operazione, complessivamente
considerata, è priva di qualsiasi convenienza
tributaria

624 di 704
perdite dove conviene all'azienda multinazionale nel
suo complesso.
segue. Dissensi ed
accordi tra stati
Queste correzioni innescano anche conflitti tra uffici
tributari di stati diversi, competenti per società
diverse della stessa multinazionale: il calcolo del
valore normale da parte dell’ufficio tributario di una
nazione, può risultare eccessivo per l’ufficio
tributario dello stato dove ha sede la controparte. In
questi casi il contribuente può presentare istanza
perché gli stati concordino un prezzo che escluda
tassazioni della stessa ricchezza in paesi diversi.
Delocalizzazione
degli elementi
immateriali
Verso tali paesi possono essere delocalizzati gli
elementi patrimoniali meno legati al territorio, come
liquidità, brevetti, marchi e altra proprietà
intellettuale, come accade per le società ad alta
tecnologia (1050)
Sono tutte vicende alla luce del sole, tracciabili,
senza le falsità ideologico-documentali dei falsi
interposti del capitalismo familiare, indicati al
par.3.7, dove la controparte, apparentemente
indipendente, è "un compare" del titolare
dell'azienda (1051).
Pasticciate cautele
sui costi verso
paradisi fiscali
Più rigorose condizioni legislative per la deduzione
dei costi, anche fuori dai rapporti interni a gruppi
multinazionali e per tutti i tipi di fornitori, anche
indipendenti, sono previste quando la controparte
risiede in paesi a bassa fiscalità (1052). Il timore qui è
quello di una possibile parziale retrocessione
1050
Famosa in proposito l’audizione della Apple al senato degli
Stati Uniti.
1051
Il c.d. "cinese finto", cioè un prestanome interposto a
vantaggio della proprietà aziendale, di cui al già citatopar.3.7..

625 di 704
“in nero” del corrispettivo da parte del fornitore, e
per questo la deducibilità è consentita nei limiti del
"valore normale", generalizzando la regola appena
indicata sopra per i rapporti tra parti correlate1053.
concorrenza e
lealtà fiscale tra
stati manovre
generali sulle
aliquotei
Abbiamo già indicato al par.2.6 che la differenza di
regimi e di aliquote fiscali tra i paesi dell’unione,
grazie alla libertà di stabilimento, consente una
“concorrenza fiscale”, del tutto legittima se
basata su riduzioni generalizzate di imposte,
che riducano la combinazione generale tra "stato" e
"mercato".
E' d'altra parte vietato agli stati membri, in un
opposto dovere di lealtà fiscale, vanificare le
aliquote generali miti, presenti in un paese,
imponendo la tassazione degli stessi redditi nel
paese della capogruppo (1054).
Liceità e
convenienza di
interventi generali
al rialzo e al
ribasso
Qualche volta si costruiscono regimi generali, cioè
applicabili anche all’interno del paese, ma di fatto –
per il settore o la tipologia – prevalentemente
applicabili a soggetti non residenti, in quanto –ad
1052
) Si tratta di costi sostenuti verso fornitori residenti in paesi a regime fiscale
privilegiato, intendendo come tali anche quelli che, per ragioni economiche,
possono fare a meno dei tributi (un tempo li si denominava paesi “black list”).
1053
La precedente disposizione creava invece inutili grattacapi
su situazioni innocue, specie quando il fornitore estero è
emanazione di una controparte effettiva, che vuole ridurre il
proprio carico fiscale.
1054
E’ un altro riflesso delle libertà di circolazione tra paesi comunitari, di cui al
par. 2.6. Cfr. Sentenza Cadbury Schweppes-2006, che ha limitato,
nei rapporti tra stati membri dell'Unione, le regole di
imputazione immediata (c.d. "cfc") allo stato della capogruppo
dei redditi di controllate estere, di cui diremo al termine di
questo paragrafo.

626 di 704
esempio – sul piano effettuale mancano aziende
residenti; per Lussemburgo, Malta o Cipro, la perdita
di gettito di una mitigazione generale dell’imposta
sulle società è ben poca cosa rispetto all’attrazione
di investimenti esteri, anche se diversi dagli
stabilimenti industriali. Per paesi di maggiori
dimensioni, con attività industriali (ad esempio
Olanda), la tassazione può essere spostata dalla
società ai soci, chiamati a pagare se residenti,
imposte personali elevate. Il risultato netto sarebbe
però quello di attrarre
investitori esteri, esclusi dal prelievo al momento
della distribuzione dei dividendi, in quanto residenti
all’estero (par. 7.17 sul coordinamento società-soci).
concorrenza fiscale
dannosa come
distorsione nella
determinazione
della ricchezza
L’obiettivo di attrarre i contribuenti “mobili”, senza
perdere gettito da quelli “stanziali”, può anche
essere perseguito in modo sleale, o meglio un po’
ipocrita; l'ipocrisia sta nel salvare le apparenze e
quindi non agendo sulle aliquote, mantenute alte1055,
ma piuttosto distorcendo i criteri di determinazione
dell'imponibile, in funzione agevolativa, come
indicato al par.1.9. Questa concorrenza si muove, in
modo un po’ ipocrita, nelle aree sfuggenti della
determinazione della ricchezza, l'espediente è quello
di agire sulla base imponibile, apparentemente in
funzione di semplicità e forfettizzazioni, ma in realtà
in funzione agevolativa, come indicato al par.1.9; si

) Ridurre le aliquote solo per chi si trasferisce nel paese


1055

sarebbe evidentemente contrario ai trattati, tra cui quelli


europei, come indicato al par.2.6 (sarebbe concorrenza fiscale
sleale e forse anche "aiuti di stato"). La slealtà della
concorrenza tra stati deriva dal fatto che i contribuenti esteri
non sono attratti con l'efficienza del paese, ma con la riduzione
del carico fiscale anche rispetto ai residenti del paese "sleale".

627 di 704
consentono così gli arbitraggi fiscali di cui al
paragrafo 3.12.
La sleale ipocrisia
di alcuni accordi
personalizzati sulla
determinazione
dell’imponibile
Lo strumento tecnico non è la modifica legislativa,
che dovrebbe riguardare tutti i contribuenti, e non
potrebbe quindi avere utiizzazione "mirata", ma
l'accordo personalizzato su elementi sfuggenti ,
marcatamente valutativi; è uno dei tanti casi
esemplificati al par.1.9, in cui (un po’ ipocritamente)
si agisce sulla determinazione della ricchezza per
modificare il carico tributario; era quanto avveniva
coi c.d. “ruling” olandesi o lussemburghesi (c..d
luxleaks); spesso è lo stesso fisco del paese cui
viene sottratta sovranità fiscale (1056) a tollerare
questo processo per aziende ritenute meritevoli di
una agevolazione, permanente o temporanea1057; è
una specie di "gioco delle parti", in cui il paese di
residenza del gruppo multinazionale "tollera" per
ragioni di economia industriale, che una parte di
ricchezza gli sfugga, a favore di un fisco estero1058.
Società controllate
non residenti
Sempre sul piano della “ricchezza registrata” si pone
l’imputazione “per trasparenza” al socio
italiano dei redditi di società da lui controllate,
situate in paesi a regime fiscale privilegiato (paradisi
fiscali), infrangendo lo schermo societario (articoli
167 e 168 del TUIR); concettualmente il tema
1056
) Cioè il paese di residenza della società capogruppo dell’impresa
multinazionale.
1057
) In quanto le imposte del paese della casa madre vengono comunque pagate
al momento in cuiquest’ultima percepisce i dividendi esteri che non hanno
scontato imposte nel paese in cui sono stati prodotti.
1058
Per quest'ultimo, trattandosi di piccoli paesi, con minori
esigenze di finanza pubblica, anche quote modeste di imposte,
sottratte ad altri stati (spesso con la loro tacita connivenza)
sono più che sufficienti.

628 di 704
riguarda tutti i gruppi multinazionali, articolati in una
pluralità di società giuridicamente autonome, ma
con coordinamento centralizzato1059. La tendenza è
quella di consentire al gruppo di scontare le imposte
degli stati dove sono residenti le società che ne
fanno parte, applicando le imposte del paese della
casa madre solo quando essa riceve i dividendi.
Solo per i redditi “passivi”, cioè facilmente
delocalizzabili, ad esempio interessi, dividendi,
canoni di licenza commerciale, ed altri facilmente
“mobili”, molti paesi (tra cui l'Italia) impongono
l'imputazione immediata alla capo gruppo1060.

7.20. Realizzo e neutralità nelle operazioni straordinarie


d’impresa.
Operazioni
straordinarie tra
realizzo e consumo
Le cessioni e i conferimenti d’azienda, di
partecipazioni di controllo, le fusioni, le scissioni etc.,
sono accomunate solo dall'essere considerate
operazioni straordinarie, ma sono diversissime
tra loro sul piano della determinazione dei tributi e
della ricchezza. Esse possono comportare un
arricchimento sul piano dei redditi, come la cessione
di azienda, ma per definizione esse non esprimono
mai "un consumo", e sono quindi concettualmente
irrilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto1061.
In molti casi manca persino un acquirente in senso

1059
) Sono sempre i gruppi indicati sopra a proposito del cosiddetto “transfer
pricing” in materia di controlli dei corrispettivi in base al valore normale della
prestazione sottostante.
1060
) E’ il cosiddetto regime CFC (acronimo per
controlled foreign companies). Si tiene conto, in
detrazione, delle imposte eventualmente applicate dagli
stati esteri in cui risiedono le società controllate.
1061
) Salva l’irrealistica ipotesi da fumetto del miliardario stravagante che,
invece di pagare un pranzo, compra tutto il ristorante.

629 di 704
tecnico, come per fusioni, scissioni e conferimenti in
società.
Realizzo reddituale
senza
consumo:cessione
d’azienda
La più emblematica operazione straordinaria è la
cessione di azienda dietro corrispettivo, classica
operazione "business to business" , visto che l'
acquirente e il venditore di un'azienda sono infatti
per definizione operatori economici. Il corrispettivo
dovuto al venditore, esprime un "costo", per
l'acquirente, che lo userà per valorizzare i beni
dell’azienda acquisita, attribuendo loro un valore
fiscalmente riconosciuto1062). Lo stesso corrispettivo
sarà il punto di partenza per calcolare la plusvalenza
o la minusvalenza in capo al venditore, a seconda
della differenza tra prezzo di vendita e valore
fiscalmente riconosciuto (par.7.13) dei vari beni
costituenti l’azienda.
cessione
dell’azienda tramite
la società che la
contiene (rinvio)
Una azienda può essere ceduta anche trasferendo la
società che la possiede, realizzando anche qui un
arricchimento, una monetizzazione, soggetta ai
criteri descritti al paragrafo 7.17 sul coordinamento
tra tassazione dei soci e delle società (1063).
Assenza di realizzo
e consumo:la

I criteri per la distribuzione del prezzo sui beni


1062

dell'azienda sono ampiamente discrezionali, ma


spesso il compratore dell’azienda registrare una
parte del prezzo come “valore di avviamento ”, nei
termini indicati al par. 7.13 (dove abbiamo detto che
raramente i beni dell'azienda hanno valore
intrinseco isolatamente considerati, salvi
immobili abitativi e terreni edificabili, con un prezzo di mercato
per altre utilizzazioni
1063
Esenzione delle plusvalenze e indeducibilità minusvalenze.

630 di 704
continuità di
fusioni, scissioni etc
In caso di trasformazione, fusione o scissione,
manca persino un potenziale dualismo tra alienante
ed acquirente, ed è evidente che nessuno vende o
acquista nulla, in quanto l'operazione riguarda i
soggetti , e solo indirettamente i beni. La c.d.
neutralità di fusioni e scissioni è un normalissimo
riflesso delle esigenze concettuali sul c.d. "momento
impositivo", indicate al par. 7.12, che spingono ad
attendere tributariamente il “realizzo” dei redditi,
trascurando la loro mera potenzialità, connessa alla
“maturazione economica” degli avviamenti e dei
plusvalori1064.
Segue continuità
dei valori fiscali
Le varie società si uniscono, nella fusione, o si
dividono, nella scissione, in base ai vecchi valori
fiscali dei relativi patrimoni, che rimangono i
medesimi dopo l'operazione: che avviene appunto
“in neutralità”, come è ancora più ovvio nelle
trasformazioni (1065).
È un riflesso della possibilità degli enti diversi dalle
persone fisiche di unirsi o sdoppiarsi, a differenza
delle persone fisiche, cui queste prerogative sono
precluse per ovvi
motivi biologici (parallelismi eccessivi portano ai
soliti equivoci in cui si vedono i gruppi sociali, le
aziende o le società in termini antropomorfici, cfr.
par. 3.1 ss.).
Qualche volta ci sono dei "concambi" di
1064

partecipazioni tra i soci delle società coinvolte, ma la


sostituzione delle partecipazioni con altre
partecipazioni non comporta realizzo, perché sempre
di partecipazioni si tratta , mancando quindi quella
"commutazione" necessaria per la realizzatività
(sono ovviamente imponibili i conguagli in denaro).
Nelle trasformazioni non c'è neppure l'unione o separazione
1065

di soggetti, presente nelle fusioni o nelle scissioni

631 di 704
l’ibrido del
conferimento
II conferimento in natura è a prima vista "a mezza
strada" tra operazioni sui beni, come la cessione di
azienda o di partecipazioni, e operazioni sui soggetti,
come le fusioni e scissioni; colui che apporta beni in
società ne diviene socio, senza una contropartita
autonoma, in denaro o altro bene avente valore
intrinseco; in cambio dei beni conferiti si ricevono
infatti quote della società beneficiaria (c.d.
"conferitaria", che esprimono sotto altra forma gli
stessi beni conferiti e sono illiquide, né hanno altro
valore intrinseco (1066). Attualmente, per i
conferimenti di azienda è consentita una
“neutralità”, come fossero "fusioni", mentre i
conferimenti di beni singoli danno luogo a realizzo
(1067).

7.21. Determinazione dei tributi e procedure concorsuali

contraddizione
apparente tra
fallimento e
tassazione
Nell'ordinario modo di pensare, il fallimento e le altre
procedure concorsuali riguardano la distruzione della
ricchezza, e quindi dovrebbero essere estranee ai
tributi, commisurati agli eventi in cui -al contrario- la
ricchezza si manifesta.
Rilevanza per
ricchezza di terzi
Prima di tutto, anche se in una situazione di dissesto
, le aziende fallite sono pur sempre "organizzazioni"
chiamate a tassare altri soggetti1068, come
dipendenti, professionisti, consumatori e persino
1066
Il conferente insomma non riceve "soldi", ma "figurine"
rappresentative idealmente dei beni conferiti.
1067
E per questo generalmente nessuno li effettua.
1068
) In genere le entità fallite sono ex organizzazioni pluripersonali, in quanto i
lavoratori indipendenti, in quanto “piccoli imprenditori” sono esclusi da
fallimento.

632 di 704
risparmiatori. Per questo l'imprenditore in
concordato preventivo o gli organi del fallimento
devono continuare ad applicare l'IVA sulle
prestazioni rese e le ritenute sui compensi erogati.
Insolvenza e
consumo
Nell'IVA , l'insolvenza del consumatore e comunque
del cliente, non ricade, per quanto riguarda il tributo,
sul fornitore: anche se c'è stato consumo, ma non
pagamento, il fornitore può annullare la fattura
emessa, recuperando il tributo. Il fallimento del
cliente è quindi presupposto per annullare
l'operazione verso il fisco e recuperare , con una
nota di variazione (nota di credito di cui al par.7.7)
l'IVA in precedenza anticipata; il fallimento dovrebbe
registrare, in contropartita, un debito di IVA,
soggetto alle ordinarie decurtazioni dei crediti.
Chiusura del ciclo
reddituale proprio:
soluzione “criteri
generali”
Le procedure concorsuali servono anche a "chiudere
il ciclo" delle manifestazioni reddituali dell'impresa
(1069).
Anche secondo le regole ordinarie, le procedure
concorsuali non dovrebbero generare redditi
imponibili nella misura in l'insolvenza deriva da
perdite di esercizio provocate da costi fiscalmente
riconosciuti e deducibili. Tali perdite sarebbero per
definizione contabile sufficienti ad assorbire le
sopravvenienze attive (par.7.11) derivanti dal venir
meno dei debiti a causa dei possibili
"concordati"( preventivi o fallimentari); se invece il
fallimento derivasse da debiti fittizi, ammanchi e
distrazioni di attivo1070, l'imponibilità delle
1069
Si ricordino le simmetrie di cui al par.3.12, le continuità tra
valori fiscali e risultati di periodo(par.7.13), particolarmente
importanti anche per la chiusura del ciclo fiscale a seguito del
fallimento.
1070
) Bancarotta fraudolenta, per capirci.

633 di 704
plusvalenze da venir meno dei debiti darebbe luogo
a debiti tributari.
Deroghe:l’esclusio
ne di redditi nel
fallimento
L'imponibilità, come sopravvenienze attive, di tali
insussistenze di debiti, è però normativamente
esclusa; questo crea una asimmetria rispetto alla
piena deduzione fiscale delle corrispondenti perdite
in capo ai creditori. In questo modo, inevitabilmente,
compromesse, perché il creditore deduce
fiscalmente la perdita su crediti, mentre il debitore-
fallito non viene tassato sul “venir meno dei
debiti”1071.
Il fantomatico
“residuo attivo”
Anche il criterio di determinazione dei redditi della
procedura fallimentare rende questa procedura una
specie di "porto delle nebbie" tributario. Il reddito
imponibile del periodo fallimentare è infatti dato
dalla differenza tra l’eventuale residuo attivo
della procedura e il patrimonio netto risultante
dal «bilancio di apertura»; c'è quindi una
discontinuità tra bilancio di apertura e situazione
precedente, cioè valori fiscali dell'impresa anteriori
al fallimento. Potrebbero essere inseriti nel bilancio
di apertura crediti per ricavi mai dichiarati, o
potrebbero mancare attività iscritte nei precedenti
bilanci, e che andrebbero considerate
"autoconsumate" . Comunque un residuo attivo
rispetto al bilancio di apertura in pratica non
si verifica mai: quindi il periodo concorsuale non
comporta in genere redditi imponibili.
Una simile disciplina, che sacrifica fortemente la precisione
1071

in nome della semplicità, dovrebbe indurre a meditare


quantomeno sull’opportunità di introdurre norme antielusive
allo scopo di prevenire operazioni architettate ad arte, dove
talvolta creditori e debitore appartengono allo stesso gruppo di
società, allo scopo di beneficiare dei salti d’imposta che la
normativa indubbiamente permette.

634 di 704
Aspetti procedurali
Sul piano procedurale, oltre al passaggio
dell'amministrazione dei beni del fallito agli organi
della procedura, viene meno, a partire dalla
dichiarazione di fallimento,l’autonomia degli ordinari
periodi d’imposta annuali; tutta la fase concorsuale,
per lunga che sia, costituisce un unico periodo di
imposta, col suddetto reddito autonomo.
Crediti tributari e
transazione fiscale
Come anticipato in nota all'inizio del paragrafo, il
fisco è però anche un creditore, per debiti
tributari precedenti, dichiarati dal contribuente o
accertati dagli uffici, come indicato al par.6.11,
sull'evasione da riscossione. Il fallimento, in quanto
procedura pubblicistica di carattere autoritativo,
interrompe tutte le azioni esecutive individuali,
comprese quelle tributarie tramite Equitalia
(par.6.11).
Sarà anche possibile, in sede fallimentare, stabilire
decurtazioni o rateazioni dei debiti tributari sotto
la vigilanza della procedura, sentito anche il
parere dei creditori, tra cui la stessa agenzia delle
entrate1072.

CAPITOLO 8 OPERATORI ECONOMICI “NON


D’IMPRESA” E ALTRI REDDITIERI (PROFESSIONI
LIBERALI, AGRICOLTURA, IMMOBILI E
RISPARMIO)
Sintesi. Anche se in gran parte “emersa” attraverso le segnalazioni
delle aziende, la ricchezza di soggetti non organizzati presenta
aspetti concettuali già trattati per le aziende, risolti però in modo
più semplicistico in quanto riguardano “operatori economici”
meno organizzati o individui neppure considerabili tali . In alcuni
casi , come nel lavoro professionale, un contribuente generalmente

Ne avevamo già parlato al par.6.11 sulla c.d. "transazione


1072

fiscale", come è abitualmente chiamata tale procedura.

635 di 704
senza organizzazione deve ripercorrere alcuni passaggi
documental-contabili tipici delle aziende, essendo peraltro
segnalato dai clienti tramite la ritenuta d’acconto (par. 3.6);
questa differenza tra professionisti operanti verso aziende o altri
operatori economici, e quelli operanti verso privati consumatori
finali conferma l’importanza delle aziende nella determinazione
contabile di ricchezza altrui, e della necessità dell’intervento
valutativo degli uffici sulla ricchezza dove le aziende non
giungono.
L’agricoltura invece ha sempre fatto storia a sé, dai tempi remoti
in cui i redditi agricoli erano gli unici ad essere tassati dagli uffici,
secondo modalità valutative , cristallizzate nel catasto; ne vedremo
al par. 8.2 l’inserimento nella tassazione attraverso le aziende, in
gran parte caratterizzato da una determinazione della ricchezza in
chiave agevolativa. La tassazione del lavoro dipendente è invece
esternalizzata in gran parte sul datore di lavoro (par.8.3), quella
dei fabbricati su un insieme di catasto e segnalazioni degli
inquilini (par.8.4) e quella dei redditi finanziari totalmente su
banche e assimilati, senza che il percettore debba svolgere alcun
adempimento ulteriore. Terminiamo con l’arcipelago, eterogeneo,
degli eventi occasionali di produzione di ricchezza, anch’essi per
definizione rilevanti solo ai fini delle imposte sui redditi e non di
quelle sui consumi (come del resto redditi di lavoro dipendente e
redditi finanziari).

8.1. Le modeste specificità rispetto all’impresa del lavoro


autonomo “professionale”

Lavoro
indipendente a
contenuto
intellettuale
Il lavoro indipendente, considerato
tributariamente d'“impresa”, quando effettua
prestazioni a contenuto prevalentemente
materiale, diventa tributariamente "di lavoro
autonomo" quando ha carattere intellettuale o
artistico. I “liberi professionisti” sono quindi

636 di 704
fiscalmente considerati “lavoratori autonomi” anche
quando l’attività intellettuale può essere esercitata
senza iscrizione in albi, elenchi,
etc.,indipendentemente dall’organizzazione
sottostante.
Giustificazione
della ritenuta
d’acconto
I professionisti e gli artisti hanno in genere un
elevato valore aggiunto (par.7.3), e questo ne
spiega l'assoggettamento a ritenuta d'acconto
(par.3.6). Proprio questa alta intensità di lavoro
rende difficili le economie di scala connesse all'uso
di macchinari tecnologici (1073par.3.1), e quindi
comporta una scarsa ottimizzazione tecnologica e un
"intuitus personae" del prestatore; questo vale
anche nei grandi studi legali, d’ingegneria o notarili,
con milioni di euro di fatturato e numeroso personale
dipendente, non professionale e di supporto,
comunque sono ben più piccoli delle grandi
aziende.
Scarse differenze
del lavoro
autonomo rispetto
all’impresa
Essere tributariamente operatori economici come
"imprese" o come "lavoratori autonomi" , comporta
poche differenze , tra cui segnaliamo
l'assoggettamento degli incassi a ritenuta alla
fonte a titolo di acconto (paragrafo 3.6) , se
erogati da un sostituto di imposta, con segnalazione
al fisco (si ricordi che la ritenuta non è prevista
invece per i redditi di impresa, per i motivi di cui al
suddetto paragrafo 3.6).
Determinazione
differenziale per
cassa

1073
) Relativamente più importanti per studi di ingegneria o architettura,
mentre gli studi medici si avvalgono, per la diagnostica, di strutture separate di
servizio, che fiscalmente hanno natura di impresa.

637 di 704
Anche la determinazione dei redditi da
lavoro autonomo è differenziale (compensi meno
spese) come quella dei redditi di impresa, che però
segue, nell’imputazione a periodo, il principio di
cassa (paragrafo
7.12). Ai fini IVA le differenze tra queste due
tipologie di operatori sono in gran parte venute
meno, e segnaliamo solo che i professionisti sono
esclusi dagli esoneri dall’emissione della fattura per
i commercianti al minuto, con necessità di emettere
fattura indipendentemente dall'importo.
Contabilità
patrimonio e
tteritorialità
Anche questi soggetti sono tenuti alle scritture
contabili (in genere inutili, par. 3.13), e
all’effettuazione di ritenute alla fonte, come sostituti
di imposta.
Il regime dei beni dei lavoratori autonomi è stato di
recente equiparato, nella sostanza, a quello delle
imprese, con i suoi criteri di simmetria e
continuità (par. 7.13); in genere sono quindi
rilevanti anche plusvalenze e minusvalenze su beni
immobili strumentali, che però sono ben poca cosa e
rappresentano un fenomeno trascurabile rispetto al
problema della ricchezza non registrata.
Sul piano della territorialità (par. 7.18) sono
imponibili in Italia i redditi professionali derivanti da
attività ivi esercitate, anche in via occasionale, come
il concerto di un cantante; tuttavia la maggior parte
delle convenzioni internazionali contro le doppie
imposizioni richiedono anche una “base fissa”.

8.2. Ricchezza agricola tra catasto e IVA (tracce di


forfettizzazione nella tassazione attraverso le aziende?)

vecchia centralità
agricola e tributi

638 di 704
Fino alle aziende tecnologiche (par. 1.4 e 3.1)
l’agricoltura era l’attività produttiva più diffusa e
anche “più visibile”, in modo materiale, attraverso i
campi coltivati; che esponevano alle richieste del
potere tributario, nei termini indicati al par. 1.3.
Nonostante eventuali contabilità delle grandi
proprietà agricole 1074, i relativi risultati erano
facilmente stimabili basandosi su nozioni di
esperienza comune sull’andamento dei raccolti (
1075
).
Necessità di una
funzione
istituzionale
impositiva
Uffici tributari, cioè funzionari pubblici, dovevano
imporre le imposte alla massa di agricoltori,
proprietari, mezzadri, enfiteuti, etc.; ciò richiedeva
un'attività valutativa in questi contesti dove si.
produceva poco più del necessario al
sostentamento.
I catasti
La stima esteriore della redditività degli immobili
venne poi inserita negli elenchi di proprietà fondiarie
(di terreni e fabbricati), espressione di attività
amministrativa denominata “accatastamento” o
“catasto”, diretta a rilevare fiscalmente tutti gli
immobili esistenti in un determinato Stato.
Il catasto dei terreni, divenne "scientifico" e
metodico a partire dall'illuminismo, fronteggiando le
incertezze della stima diretta, suscettibile di
sperequazioni anche senza favoritismi e abusi. In un
certo senso il catasto rappresentava una di quelle
formalizzazioni con cui da sempre la pubblica
1074
Nel grande latifondo , una qualche forma di organizzazione
esisteva, ma essa non si prestava alla tassazione dei metodi
ragionieristico-contabili della tassazione attraverso le aziende.
1075
L’andamento dei raccolti può essere valutato in base alle condizioni
climatiche (piogge, calura, freddo, calamità, etc.) e già nell’antico
Egitto la tassazione considerava l’altezza delle piene del Nilo
(cfr. i cosiddetti "Nilometri").

639 di 704
opinione reagisce alle incertezze di una sistematica
e valutativa stima della ricchezza.

Contenuto dei
catasti
Il catasto contiene la descrizione topografica dei
terreni , con l’indicazione della loro appartenenza,
del tipo di coltivazione e del reddito medio annuo da
essa ritraibile. Tale reddito è forfettariamente
stimato “una tantum” dagli uffici catastali e si
sostituisce al reddito effettivo, rendendo irrilevanti i
reali ricavi della coltivazione, come pure le altre
componenti positive del reddito comunque connesse
all’attività agricola1076.
Limiti reddito
agricolo
La pura coltivazione, essendo in rapporto diretto
con il terreno, dà luogo comunque a reddito
catastale (agrario), anche se effettuata con
tecniche moderne o sofisticate come la coltivazione
in serra. Per le attività accessorie , come il
confezionamento o la trasformazione dei prodotti
(ad es. vino, marmellata, conserve) e di allevamento
esistono soglie quantitative rispetto alla produzione
del terreno ( 1077) . C'è anche una soglia
qualitativa , collegata al concetto di normalità
agricola, non rientrando ad esempio nel reddito
catastale la produzione di giacconi con le pelli dei
bovini di un allevatore.
Cambiamenti di
coltivazione
Al catasto vanno anche comunicate eventuali
variazioni della coltivazione praticata, ad es. da

1076
) Il reddito catastale è oggi diviso in due quote, una connessa alla proprietà
del terrenoe una alla coltivazione (reddito agrario); quindi, il locatore del
terreno agricolo avrà un reddito pari a quello catastale dominicale, con un
vantaggio se quello effettivo è superiore.
1077
E' consentito usare anche prodotti agricoli di terzi, per la
trasformazione , ma in una misura legata alla produttività del
terreno

640 di 704
seminativo a frutteto e lo stesso accade per
eventuali perdite per mancata coltivazione ed eventi
naturali(come siccità, inondazioni, incendi,
grandinate, etc.), nel qual caso – a seconda del tipo
di evento – il reddito fondiario viene eliminato o
ridotto.
Portata agevolativa
Le imprese sono ammesse al regime catastale
senza limiti dimensionali , comprese aziende
efficienti e di apprezzabili dimensioni che magari
utilizzano sistemi contabili per propri fini gestionali e
pagano poi le imposte su redditi catastali irrisori. La
difficoltà di gestire la distinzione tra imprese
ammesse e non ha provocato una ammissione
indiscriminata al regime in esame, persino di società
di capitali1078.
Forfettizzazione
agevolativa IVA
A questa forfetizzazione del reddito si accompagna
una forfetizzazione della detrazione dell’IVA sugli
acquisti, stabilita in misura pari all’imposta
applicata sulle vendite (art. 34 d.P.R. 633). Si
consente quindi all’agricoltore una rendita IVA
qualora – come in genere accade – l’imposta pagata
sugli acquisti effettivi sia inferiore a quella
determinata forfettariamente.
Sono “sostegni” all’agricoltura, attraverso
forfetizzazioni generose, erogate anche a chi non
avrebbe bisogno ed esempio classico di una
determinazione della ricchezza utilizzazione

In via astratta, invece, la determinazione


1078

catastale dovrebbe rimanere solo per attività di


piccole dimensioni, facili da stimare, dove la
contabilità sarebbe inaffidabile
e costosa (par. 3.13), mentre l’imprecisione
resterebbe poco rilevante, trattandosi di redditi
comunque modesti.

641 di 704
strumentale, indicata al par. 1.9, della
determinazione della ricchezza per fini agevolativi.

8.3. Tassazione ragionieristico-documentale del lavoro


dipendente

Prevalenza
numerica dei
dipendenti
Il lavoro dipendente, nell’era economica delle
aziende tecnologiche, è la categoria cui appartiene il
numero maggiore di contribuenti, cui per questo
corrisponde
l’ammontare maggiore di imponibile dichiarato1079.
rilevanza
dell’inquadramento
formale
L’inquadramento del reddito come "di lavoro
dipendente" dipende dalla qualificazione formale del
lavoro, anche se le mansioni sono di grande
complessità e svolte in grande autonomia, magari
pure da un direttore generale con mansioni simili a
quelle di un amministratore delegato. Persino le
remunerazioni erogate agli esponenti del capitalismo
familiare, in quanto amministratori delle loro società,
sono redditi di lavoro dipendente, sia pure
"assimilato"1080 .
Lavoro nero

1079
) Appaiono perciò strumentali alle polemiche di cui al par.4.6 le
affermazioni secondo cui sono in prevalenza i lavoratori dipendenti a pagare
l’IRPEF, in quanto la maggior parte dei lavoratori attivi hanno questa qualifica:
i dati dimostrano infatti che la proporzione del gettito IRPEF proveniente dai
lavoratori dipendenti è in linea col rapporto tra lavoratori dipendenti e
lavoratori totali.
1080
) SI ripropone la stranezza secondo cui fiscalmente gli
industriali non sono imprenditori, mentre lo sono artigiani e
piccoli commercianti (par.7.5). La forma prevale quindi rispetto
agli altri possibili inquadramenti di questo flusso di ricchezza ai
fini tributari.

642 di 704
Anche i lavoratori “non regolarizzati”, c.d. in nero,
sono perciò titolari di reddito di lavoro dipendente ed
il
datore di lavoro rischia, in caso di controllo, le
sanzioni per omissione delle ritenute alla fonte (e dei
contributi previdenziali).
inquadramento
Se rapporti oggettivamente di lavoro dipendente
sono formalmente inquadrati come lavoro
autonomo, o impresa (false partite IVA), per via delle
rigidità del mercato del lavoro,e per la crisi, si tratta
pur sempre di prestazioni fiscalmente “palesi”, che
non danno adito a contestazioni fiscali; anche se si
modificano i criteri di effettuazione della ritenuta alla
fonte, par.3.6 è un “peccato veniale” e questo
spiega la rarità di contestazioni.
Emersione del
lavoro e rigidità
aziendali
Al paragrafo 3.2 e soprattutto 3.8 sulle retribuzioni
“in nero” come forma di “evasione aziendale”,
abbiamo visto che il lavoro dipendente è il primo ad
essere regolarizzato, sia pure parzialmente , per
mettersi al riparo da pressioni, non appena le
dimensioni organizzative aziendali crescono.Quando
i dipendenti aumentano è infatti è infatti più difficile
mantenere quei rapporti paternalistici, informali, e
“in nero”, di quando titolare e pochi dipendenti
lavorano fianco a fianco. A questo punto l'azienda
come organizzazione comincia a “lavorare per il
fisco”, applicando le ritenute, i contributi etc.
scarsità di controlli
La scoperta di lavoro nero rendicontata nelle
statistiche degli organi di controllo appare molto
bassa in relazione all’esperienza comune, ma riflette
la tendenza delle istituzioni a essere suggestionate
dal comodo mito sociale dei "grandi evasori"
(par.5.17 ss.) e a non imbarcarsi in controlli

643 di 704
“scomodi”, in quanto riferiti a operatori non
collaborativi, e con ben poco da perdere.
Frequenza
rilevazioni lavoro
nero
Anche per questo il lavoro è frequentemente
irregolare, non appena viene meno l'organizzazione
aziendale. Si pensi a piccoli commercianti e artigiani,
in ambienti fortemente paternalistici, ad esempio nel
piccolo commercio, nei ristoranti per i camerieri,
etc.. Lo stesso accade quando il lavoro riguarda
periodi stagionali, come in agricoltura, soprattutto
per il raccolto, e per l’edilizia1081.
Lavoro fuori
dall’azienza
(domestico e a
domicilio)
Forti aree di evasione si trovano nel lavoro
dipendente domestico, dove riemerge
l'informalità, e il rapporto paternalistico 1082 . Col
lavoro domestico non bisogna confondere quello a
domicilio, senza vincoli di recarsi nel luogo di lavoro
del committente, di solito una azienda, e che

1081
) Rinviamo al par.3.8 a proposito dell’esternalizzazione di lavoro
organizzato su soggetti terzi rispetto all’azienda utilizzatrice : si veda in
proposito per un caso reale, abbastanza tipico, il post su
www.fondazionestuditributari.com dal titolo cooperative fasulle, il caso
gesconet al di là del sensazionalismo il link è
http://www.fondazionestuditributari.com/index.php?
option=com_content&view=article&id=541:cooperative-fasulle-come-il-
sensazionalismo-mediatico-travisa-il-caso-qgesconet-q&catid=30:a04frodi-
fiscali-&Itemid=75
1082
Dove magari parecchi esponenti dell'intellighenzia che
inveisce contro "la disonestà degli evasori" (par.4.6)pagano in
nero la colf, la baby sitter o la badante. Il motivo è
semplicemente lo stesso che induce piccoli commercianti o
artigiani a pagare in nero la cassiera o l'apprendista, rafforzato
dal fatto che Colf e Badanti, lavorando in un domicilio privato,
sono meno visibili al fisco di chi opera in locali aperti al
pubblico. Non è quindi una questione di onestà o disonestà, ma
di consapevolezza della visibilità, e di percezione
dell'intervento pubblico.

644 di 704
tenderà quindi 1083 a documentare il rapporto per le
consuete esigenze amministrative; in questo caso il
rinvio al diritto del lavoro serve ad aiutare l'azienda
cliente ad effettuare l'inquadramento giuridico di un
rapporto che tende comunque a "far emergere"1084.
Pensioni
Costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le
pensioni, anche se derivanti da precedenti attività
diverse dal lavoro dipendente, ad esempio di
commercio, artigianato o professioni; la loro
tassazione si giustifica perché i contributi
previdenziali a carico del dipendente e del datore di
lavoro, che finanziano il sistema pensionistico come
indicato al par.1.12, sono esclusi dal reddito1085.
Onnicomprensività
dell’imponibile e
costi
In via di principio, nel reddito di lavoro
dipendente sono inclusi tutti i compensi, anche
accessori e a titolo di liberalità. I redditi in esame
rilevano al lordo dei costi, presupponendo che se
li accolli il datore di lavoro. A quest'ultimo è
consentito, senza considerarlo reddito per i
dipendenti, pagare alcuni servizi collettivi e
controllabili, come la mensa, il trasporto collettivo
“casa lavoro”, ed alcuni “fringe benefits”, come ad
esempio l’auto aziendale, il telefono cellulare, il
collegamento a internet, assicurazioni sulla vita,
prestiti agevolati etc...
Reintegrazioni
patrimoniali

1083
) A parità degli altri fattori.
1084
) Il lavoro a domicilio pone infatti un problema di distinzione rispetto
all’attività di impresa, tipica dell’artigiano. A quest’ultimo il committente
fornisce materie prime o semilavorati di cui il lavoratore, per proprio conto,
effettua il montaggio. Qualcosa del genere accade per molti lavoratori
intellettuali nel campo dell’informazione, inquadrabili anche come
professionisti (par.8.1).
1085
) E la tassazione è , appunto, rinviata al momento in cui saranno erogate le
pensioni.

645 di 704
Restano fuori dal reddito le erogazioni destinate a
una reintegrazione patrimoniale, come il
risarcimento di un danno emergente subito dal
legislatore per un infortunio1086 ovvero le indennità
per spese di trasferte fuori dall’abituale sede di
lavoro; le trasferte infatti, a differenza dei costi per
recarsi in fabbrica o in ufficio, non riguardano il
dipendente, ma il datore di lavoro; tali costi, quindi,
in base a documentazione specifica o secondo
parametri forfettari1087, non costituiscono reddito.
Conferme di
sistema
Quest’esternalizzazione, sui datori di lavoro, della
gestione tributaria dei dipendenti, conferma la
determinazione della ricchezza attraverso le
aziende, filo conduttore di questo testo.

8.4. Redditi dei fabbricati e fiscalità immobiliare:


l’importanza delle segnalazioni dell’inquilino

Redditi dei
fabbricati e catasto
La visibilità materiale della ricchezza sussiste anche
per i fabbricati, e anch'essi, abitativi o d'impresa,
sono classificati in un catasto analogo a quello dei
terreni, denominato catasto fabbricati;
quest'ultimo ha un ruolo di identificazione e
"mappatura" della proprietà immobiliare , ma per la
stima dei redditi degli immobili, non ha la stessa
funzione centrale, e assorbente del catasto terreni,
descritta al par.8.2 sulla tassazione dell'agricoltura;
a differenza dell'uso produttivo dei terreni1088

1086
) Sul rapporto concettuale tra reddito e risarcimento danni vedasi il
par.1.8.
1087
) Espressi da una diaria giornaliera esente da tasse e contributi per spese di
vitto e alloggio. Il rimborso specifico delle spese sostenute per la trasferta viene
denominato, con espressione abbastanza autoesplicativa a piè di lista.
1088
) Che, in alternativa, restano non utilizzati “terre incolte”, ma fiscalmente
visibili come tali.

646 di 704
l'utilizzazione effettiva dei fabbricati è molto più
sfuggente; gran parte di essi è diretta a una
funzione abitativa degli stessi proprietari, come
indicato al par.10.9 per le "prime case" e le
"seconde case"; un'altra parte degli immobili, quelli
ad uso commerciale (negozi, laboratori, etc.) è
spesso direttamente utilizzata dal lavoratore
dipendente che ne è titolare, in proprio o tramite
familiari.
Difficoltà di
predeterminazioni
catastali reddituali
Gli immobili dati in locazione sono quindi una
minoranza, sia pure cospicua; inoltre, i canoni di
locazione non si prestano a stime di medietà
catastale, analoghe a quelle descritte al par.8.2 per
i terreni. Nelle locazioni immobiliari ritroviamo
invece i fili conduttori della tassazione
attraverso le aziende, basata cioè sulla rigidità
amministrativa di almeno una delle parti.
Importanza
dell’inquilino-
organizzato
Le locazioni sono infatti segnalate al fisco, senza
evasione, quando l’affittuario è un ente pubblico,
una società o un altro soggetto
amministrativamente rigido, oppure un lavoratore
indipendente intenzionato a dedurre il canone.
Quando invece la locazione avviene da persone
fisiche ad altre persone fisiche, l’occultamento al
fisco dei canoni di locazione è facile e diffuso; se ne
parla con la diffusa espressione di "affitti in nero".
Gli inconvenienti
dell’uso
dell’imposta di
registro
Non aiuta affatto l'emersione delle locazioni la
tendenza del sistema a fare leva sulla visibilità
giuridica della ricchezza, cioè sulla registrazione del
contratto di locazione ai fini dell'imposta di registro
(par.10.2); le parti private, per le locazioni abitative

647 di 704
non hanno infatti alcun interesse alla
formalizzazione giuridica solenne del loro
rapporto1089. Dal riferimento all'imposta di registro
derivano una serie di disguidi, come la necessità di
dichiarare il canone di locazione anche se
l'inquilino è inadempiente 1090,. Aggiungiamo poi
il fastidoso, anche se non particolarmente oneroso,
pagamento dell'imposta annua di registro del 3
percento del canone. Insomma, l'utilizzazione
dell'imposta di registro come perno per l'emersione
dei redditi immobiliari sembra addirittura dare
impulso alle locazioni in nero, anziché
contrastarle1091. La convergenza di interessi verso
l’evasione si rafforza poi in tutti i casi in cui
dall’affitto di immobili si passa all’affitto di stanze
(ad es. a studenti), al bed and breakfast, alle case
vacanza, e ad altre forme di rapporto transitorio,
occasionale, flessibile, etc., che ha basse probabilità
di dar luogo a controversie tra le parti o di essere
individuato dal fisco, vista la breve durata.

1089
) L’inquilino è infatti comunque tutelato dalla possibilità di provare la
locazione “di fatto”, dalla lunghezza delle cause di sfratto e dal favor della
magistratura civile verso quella che viene considerata una “parte debole”. Il
proprietario trae vantaggio dal contratto solo quando l’inquilino è
un’organizzazione solvibile, il che non avviene per le locazioni abitative.
1090
Per ottenere dal fisco il riconoscimento che i canoni, nel frattempo
dichiarati, non sono stati riscossi, occorre procedura defatigante,
subordinata a una sentenza della magistratura, che comporta
onerose spese di lite. Solo a quel punto i canoni dichiarati e
non riscossi possono essere considerati "oneri deducibili" dal
reddito complessivo (par.9.3). (se poi il reddito immobiliare è
l'unico posseduto, al momento della deduzione il contribuente
rischia anche di essere "incapiente", cioè di non avere altri
redditi da cui scomputare la somma deducibile). E' evidente
che il recupero di tributi economicamente indebiti diventa un
incubo, inducendo a nascondere tutto il rapporto al fisco.
1091
) Cio’ in quanto buona parte dei rapporti di locazione abitativa fronteggia
esienge mutevoli e transitorie, rispetto alle quali la rigidità del contratto di
locazione spinge verso l’informalità del “nero”.

648 di 704
Scarsità di
controllo del
territorio
Le locazioni “in nero” restano quindi molto diffuse,
anche per la percezione dello scarso “controllo del
territorio” da parte del fisco di fronte all’estrema
diffusione e frammentazione della proprietà
immobiliare; quando si tratta di piccoli proprietari di
uno/due immobili, spesso a basso reddito e per i
quali l’evasione ha una notevole utilità marginale, la
propensione al rischio è molto alta, anche per le
pastoie provocate dalla suddetta utilizzazione del
contratto registrato.
Pasticciate
contrapposizioni
tra inquilini e
proprietari
Il “contrasto di interessi” tra inquilino e
proprietario contro le locazioni “in nero”,
attribuiva all’inquilino un rapporto locatizio a
corrispettivo di favore, pari a tre volte la rendita
catastale dell’immobile; questa sanzione indiretta è
stata dichiarata illegittima dalla corte costituzionale
nel 2014, in questo interferiva troppo sui rapporti tra
le parti.
Spese e
territorialità
La deduzione forfettaria, in percentuale del canone
di locazione, delle spese di manutenzione per gli
immobili affittati è stata ridotta a una misura
simbolica del 5 percento del canone (1092).
Il criterio di collegamento territoriale, per i redditi
immobiliari, è intuitivamente la relativa ubicazione.

8.5. Tassazione attraverso le aziende di redditi di capitale


e plusvalenze finanziariei
Redditi “da
risparmio”

Anche se alcune spese possono usufruire della detrazione


1092

per lavori edilizi di cui al par.9.3.

649 di 704
L'altro possibile investimento "di massa", oltre
quello immobiliare, è quello finanziario, dal conto
bancario fruttifero di interessi, alle obbligazioni, alle
plusvalenze su azioni, ai fondi di investimento, alle
polizze assicurative, etc.
Si tratta di redditi derivanti "da capitali finanziari",
che è del tutto ragionevole tassare, anche quando il
capitale è formato con redditi già tassati. L'obiezione
secondo cui 'ia tassazione dei redditi di capitale
provocherebbe la c.d. doppia tassazione del
risparmio è un'illusione ottica, in quanto
l'interesse è un incremento di patrimonio, cioè
reddito, anche se il patrimonio che si incrementa è
stato formato con redditi tassati (1093).
Interessi e
plusvalenze
finanziarie
Danno luogo a redditi di capitale (art. 44 Tuir) i
"frutti dei prestiti”, ovvero gli interessi su conti
correnti e depositi bancari, oppure su titoli
obbligazionari, anche quotati sui mercati finanziari,
come pure dividendi1094. L'imposizione sostitutiva sui
redditi finanziari riguarda però anche la diversa loro
realizzazione, come plusvalenze da acquisto e
rivendita di azioni, obbligazioni etc., classificate
formalmente come "redditi diversi"1095.

1093
Inoltre l'obiezione prova troppo perché sarebbe valida per
qualsiasi investimento, anche fondiario o di impresa, effettuato
con patrimonio proveniente da redditi tassati.
1094
) Per i dividendi, come anticipato ai par.7.17, la tassazione sostitutiva dei
redditi finanziari non prevede, per disattenzioni contingenti, una riduzione di
aliquota che tenga conto della tassazione in capo alla società erogante. Ne
discende che il carico fiscale sui redditi societari spettanti a risparmiatori (soci
detentori di piccole partecipazioni) supera quello dei soci con percentuali
elevate, che inseriscono i redditi in Irpef, dove è previsto l’abbattimento
correttivo di cui al par. 7.17, in modo da non superare un carico fiscale pari
all’aliquota massima IRPEF.
1095
) E’ una distinzione che si riallaccia a quanto indicato al par.1.8 sulla
possibilità di realizzare i redditi anche come “differenze” (plusvalenze) tra
prezzo di acquisto e di rivendita di un bene.

650 di 704
L’imposta
sostitutiva tramite
banche
Si tratta di redditi soggetti a imposizione
sostitutiva, in forma di ritenuta definitiva a titolo
di imposta (come avevamo anticipato al par.3.6,
dedicato appunto alle ritenute) ovvero di autonoma
imposta sostitutiva dagli intermediari finanziari
(banche e simili); è un caso classico di “tassazione
attraverso le aziende” (filo conduttore di questo
libro), in quando questi proventi, non sarebbero
gestibili in massa nella base imponibile ordinaria
dell’imposta personale (Irpef). In genere, infatti, il
risparmiatore, non può investire da solo, ma ha
necessità di rivolgersi ad un intermediario qualificato
che svolge il
solito compito di “ausiliario del fisco".. La banca o la
società finanziaria è insomma un mandatario del
risparmiatore, e ne amministra gli investimenti:
trattandosi di una organizzazione amministrativa
complessa e “vigilata”, il fisco si inserisce facilmente
in questo rapporto e impone all’intermediario di
applicare le imposte sostitutive in esame.
Mentre però i redditi di capitale “da interessi” sono
sempre per definizione positivi, le negoziazioni di
titoli (acquisto e successiva rivendita) possono dare
luogo a risultati negativi: cioè minusvalenze,
scomputate dalle plusvalenze a cura degli
intermediari. Accanto alle "plusvalenze finanziarie"
indicate sopra, ci sono cioè anche le "minusvalenze
finanziarie", su azioni, obbligazioni etc..
Solo in via residuale, come ipotesi di chiusura, in
modo da non creare vuoti di imposta, è prevista
l’autodeterminazione dell’imposta sostitutiva nella
dichiarazione del contribuente.
In teoria il risparmiatore potrebbe anche cercare di
"saltare gli intemerdiari" o di usufruire di
intermediari esteri, ma di norma preferisce una

651 di 704
banca conosciuta e affidabile, potendo quindi
facilmente essere tassato nel modo suddetto.
Rapporto delle
aliquote con quelle
ordinarie
Le aliquote di queste imposte furono originariamente
molto basse, fissate per anni al 12,5 percento.
Questa originaria mitezza dell’aliquota non si spiega
né con un “favor” verso i redditi finanziari rispetto ai
redditi da lavoro, né con la preoccupazione di
prevenire le tentazioni di evadere “saltando gli
intermediari” e rivolgendosi a intermediari non
residenti, grazie alla mobilità dei capitali finanziari.
La mitezza delle aliquote era un modo impreciso
per tener conto dell'inflazione, cui sono esposti gli
"investimenti bancari ed obbligazionari; essendo
troppo complesso tenere conto tributariamente
dell'inflazione in modo diretto, come visto ai parr.1.8
e.7.13, si è cercato di compensarlo forfettariamente
con una aliquota modesta. Per arricchirsi con gli
investimenti in esame bisognerebbe rischiare molto,
cavalcando al meglio le onde dei ribassi e dei rialzi ,
mentre la massa dei risparmiatori cerca prima di
tutto di salvaguardare il capitale investito, ed è
esposta all'inflazione. Non a caso l'iniziale aliquota
del 12,5 percento è stata incrementata quando
l'inflazione è diminuita, venendo portata al 20
percento nel 2011, e poi ulteriormente al 26
percento a inizio 2014; sostanzialmente, per la parte
in cui l'imposta incide su redditi da inflazione, cioè
soltanto monetari, essa consiste in un'imposta
patrimoniale, anziché sul reddito1096.
Interessi “in nero”
1096
L'aliquota è invece ancora troppo modesta per le
plusvalenze su titoli, per le quali l'inflazione è irrilevante; qui
si tratta di redditi effettivi, il che legittimerebbe un
innalzamento dell'imposizione sostitutiva, con facoltà per il
percettore di trattarla come una "ritenuta d'acconto",
inserendo i redditi in dichiarazione e beneficiando delle
aliquote IRPEF; il che converrebbe a chi ha redditi modesti o a

652 di 704
Altri interessi verso privati non tenuti a segnalazioni
al fisco non sono praticamente mai dichiarati ai fini
della tassazione ordinaria irpef, stando alle
statistiche dei redditi dichiarati; quando il debitore è
un privato, un piccolo commerciante o un artigiano,
il prestito è gestito del tutto “in nero”.
Interessi su crediti
non da prestito
Esistono poi interessi su crediti sorti
accidentalmente, anche contro l'interesse del
creditore, che magari non ha ricevuto il pagamento
di un credito sorto per la cessione di un bene, una
prestazione professionale, il risarcimento di un
danno, stipendi arretrati, maturati e non pagati,
rimborsi di imposte, etc.. Si tratta di incrementi
patrimoniali "involontari" che dopo varie vicissitudini
normative1097 non sono imponibili, salvo che
maturino su un credito a sua volta costituente
reddito1098.

8.6. Le principali ipotesi residuali (“redditi diversi”)

Il ruolo delle
categorie di reddito
La categoria dei “redditi diversi” è utile per comprendere il senso
delle sei “categorie di reddito” previste dal TUIR , esaminate ai
paragrafi precedenti e costruite attorno ad attività o cespiti
produttivi di ricchezza. Anche se il concetto di reddito, come è
normale per i motivi indicati al par.1.8, non è definito
legislativamente, le suddette categorie di reddito contengono
chi vuol far valere perdite, oneri deducibili, detrazioni, etc.
1097
) Su cui mi sono soffermato in altre sedi, a proposito di interessi
compensativi, moratori, etc.. Darò indicazioni nella bibliografia, ma un discorso
appartenente più all’interlocuzione professionale, che a quella d’insieme,
secondo il rapporto tra tecnica e scienze sociali di cui al par.4.3-4.7.
1098
) In questa ipotesi l’interesse costituisce reddito della stessa categoria cui
appartiene il credito cui si riferisce; ad esempio un credito professionale o di
lavoro dipendente frutta interessi tassabili come reddito di lavoro dipendente, o
professionale (art.6 tuir).

653 di 704
previsioni assai ampie, che rendono immotivata la critica secondo
cui il reddito sarebbe individuato “in modo casistico”; sono quindi
relativamente pochi gli incrementi patrimoniali in grado di
sfuggire all'imposizione già in base alle previsioni delle singole
“categorie di reddito” (1099).

Redditi diversi
come chiusura
La categoria residuale dei redditi diversi ha
funzione di chiusura per una serie di eterogenei casi
limite. Il loro elemento comune non riguarda le
tipologie della ricchezza, ma la mancanza di alcune
condizioni per essere inclusi nella categoria di
reddito cui apparterrebbero per la loro natura
economica.
Redditi occasionali
di chi non è
operatore
economico
Sono tutti redditi non riferiti ad operatori
economici e quindi esclusi dal campo applicativo
dell'IVA. Si pensi alle attività “non abituali”, cioè
definibili –inversamente – “occasionali”; si ricorderà
infatti dal par.7.5 che le prestazioni isolate non
qualificano chi le svolge come soggetto IVA. Il
lavoro autonomo occasionale rappresenta il grosso
dei redditi diversi, confermando il fondamentale
ruolo segnaletico delle ritenute operate dal cliente
(1100).

1099
L’accusa di “definizione casistica” fu innescata dall’eliminazione della previsione
residuale sulla tassazione di « ogni altro reddito » (art. 80 del D.P.R. 597 del 1973), abolita
adducendo « esigenze di certezza », ma che comunque non era mai stata utilizzata per
affermare l'imponibilità di proventi univocamente esclusi dal reddito imponibile in base alle
norme sulle altre categorie di reddito: quando un certo provento, anche implicitamente, era
escluso da una certa categoria di reddito senza sottintenderne la tassabilità in altre categorie,
l'art. 80 non poteva essere invocato per tassarlo. Inoltre il soppresso articolo 80 non aveva di
fatto provocato controversie così numerose da giustificarne l'abrogazione: si trattava di una di
quelle disposizioni “indifferenti” sul piano istituzionale, sistematico e sociale. Di fatto, dopo
l’abolizione della disposizione, i pochi tentativi di sfuggire all’imposizione sui redditi facendo
leva sulla “tassatività” normativa sono stati miseramente frustrati. Confermando che lo
strumento principe se si vuole evitare la tassazione non è la sottigliezza giuridico
interpretativa su vicende dichiarate, ma l’evasione in senso materiale.

654 di 704
Clausola generale
su redditi da
obblighi di fare
Sono inclusi nei redditi diversi tutti i proventi
ricollegabili ad obblighi di «fare» o «tollerare» (art.
67 lett. l) , con ampia disposizione, che smentisce le
accuse secondo cui la ricchezza sarebbe definita in
modo "casistico"; ad essere casistica, casomai, è
solo l'imponibilità dei redditi da "plusvalenze" (1101),
realizzati da chi non è operatore economico. Sono
imponibili come redditi diversi, per espressa
disposizione, solo le plusvalenze su immobili non
destinati ad abitazione principale, ceduti prima
di 5 anni dall’acquisto (1102), quelle su titoli
finanziari (1103), quelle su terreni edificabili,
indipendentemente dal suddetto possesso
ultraquinquennale, in quanto ad elevato sospetto di
lottizzazione speculativa.
La mancata tassazione di quelle su “beni mobili”
(come gli oggetti d’arte o i metalli preziosi) si spiega
anche perché nel secondo caso la cessione è
“informale” senza la visibilità degli “atti solenni” di
acquisto e cessione, rilevante ai fini dell’imposta di
registro di cui al par. 10.2, che fornisce informazioni
anche per la tassazione sui redditi.
Altre ipotesi di
chiusura

1100
Vi rientrano mezzo milione di contribuenti mentre l’impresa
occasionale, dove la ritenuta non è prevista totalizza solo
20.000 contribuenti circa
1101
) Come abbiamo indicato già in generale al par. 1.8, riferendo poi il
concetto nel par. 7.6 ai redditi di impresa e nel par.8.5 ai redditi finanziari.
Nella dicotomia civilistica tra obblighi di fare e di dare, le plusvalenze
corrispondono alla seconda categoria, mentre i corrispettivi di obblighi di “fare,
non fare o permettere” sono comunque reddito ai fini tributari, come indicato
nel testo.
1102
) Le plusvalenze ultraquinquennali su fabbricati sono quindi
irrilevanti ai fini tributari, con una scelta dovuta evidentemente
alla difficoltà di determinazione, e ad altre ragioni su cui si
potrebbero scrivere tesi di laurea o dottorato.
1103
) Commentate tra i redditi di capitale al precedente par.8.5.

655 di 704
Altri redditi diversi hanno il già indicato ruolo “di
chiusura”, ma non sono frequenti, come i redditi dei
beni immobili situati all’estero, inseriti nei redditi
diversi in quanto non iscritti in catasto, per via della
loro collocazione territoriale.
Residuali sono anche i proventi conseguiti fuori
dall’esercizio d’impresa, per l’affitto o locazione di
veicoli, macchine e altri beni mobili e più in generale
per le c.d. “sublocazioni”. Sarebbero anche ipotesi
interessanti da approfondire, ma si disperdono nella
casistica di casi sottili con interesse
prevalentemente "professionale", in quell'accezione
tecnicistica commentata al par.4.4, nelle cui
tentazioni è meglio non cadere. Almeno in un testo
destinato alla spiegazione d'insieme della
determinazione dei tributi1104.

CAP 9 DAL RISULTATO DELL’ATTIVITÀ ALLE


IMPOSTE, REALI E PERSONALI

Sintesi Questo capitolo presuppone la determinazione della ricchezza, ed il suo


inquadramento giuridico, passando sostanzialmente “dagli imponibili ai tributi”. Ormai
la ricchezza, “a monte”, è stata determinata, ed i passaggi successivi servono a calcolare
le imposte. Per l’IVA, questi passaggi praticamente non si avvertono, in quanto
imponibili e imposte nascono assieme, per ogni operazione rilevante ai fini del tributo, e
le somme dovute scaturiscono semplicemente confrontando l’imposta “a monte”, sugli
acquisti, e “a valle” sulle vendite. L’IVA è una classica “imposta reale”, come
sostanzialmente è inevitabile per le imposte indirette sui consumi, progettate per una
applicazione “di massa” da parte di chi vende beni e servizi al dettaglio. Già alcune
imposte indirette sul patrimonio (come l’imposta di registro e la stessa IVA per alcune
operazioni immobiliari) riescono a considerare alcuni limitati aspetti personali del
contribuente, come avviene per la “prima casa” , mentre ulteriori aspetti personali
rilevano per l’imposta sul reddito delle persone fisiche e degli enti, societari e non
societari. Si collocano qui deduzioni e detrazioni, per spese socialmente rilevanti
(mediche, contributi sanitari), ovvero finalizzate a segnalare il fornitore al fisco
(contrasto di interessi par.9.3). Sono deduzioni e detrazioni ispirate a scelte
prevalentemente politiche, ma pur tuttavia razionalizzabili sul piano della
1104
) Che non si può frammentare in una casistica, anche stimolante, di casi
particolari, che fanno perdere la visione di insieme.

656 di 704
determinazione della ricchezza, con cui si collegano, come la progressività, cui è
dedicato il cap.9.4, unitamente ai correttivi per i redditi pluriennali. L’IRAP è stata
collocata in questo capitolo perché si inserisce sulla ricchezza rilevata ai fini delle
ordinarie imposte sui redditi, ma la riaggrega in un modo particolare , diretto alla
tassazione del valore aggiunto economico, nei modi indicati al par.9.5.

9.1. Dalla determinazione della ricchezza a quella delle


imposte: IRES, IRPEF e IRAP

I passaggi dalla determinazione della ricchezza a


quella dei tributi che vi fanno riferimento sono
relativamente semplici. Per l'IVA sono talmente
immediati che li abbiamo già esposti al par.7.3 ,
mentre sulla determinazione della ricchezza
reddituale possono innestarsi tributi diversi. I
tributi diretti più semplici sono quelli riferiti ai
singoli elementi reddituali, come le ritenute a titolo
di imposta (par.3.6) o le imposte sui redditi finanziari
delle persone fisiche, di cui al par. 8.5.
Abbastanza semplice è anche l'imposta sulle
società e gli enti diversi dalle persone fisiche (par.
7.5),come gli enti non societari (associazioni,
fondazioni etc.) che non sono operatori economici,
ma titolari di redditi fondiari,di capitale o di attività
marginali di impresa. I risultati di tali categorie di
reddito sono cumulati in capo alla società o ente, e
scontano l'IRES (imposta sui redditi societari con
aliquota 27,5%).
Scarsi elementi
personalità per enti
e società
Il passaggio dal reddito all'imposta è qui molto
semplice, in quanto sono molto meno rilevanti,
rispetto alle persone fisiche, gli elementi personali,
in quanto le società e gli enti non hanno "spese
mediche", mutui prima casa, coniugi e figli:
incidentalmente è un altro riflesso della distinzione

657 di 704
tra individui e organizzazioni, costituente un filo
conduttore del testo1105.
Riporto delle
perdite e
determinazione
della ricchezza
L'unico elemento significativo, prima del calcolo
dell'imposta di periodo, è il riporto delle perdite
d'impresa di anni precedenti; il riporto si colloca
all'interno alla determinazione della ricchezza, senza
alcun carattere agevolativo o extrafiscale; esso
costituisce un correttivo alla frammentazione, per
esigenze pratiche, della vita del contribuente in
"periodi di imposta", come indicato al par.7.12 sul
momento impositivo. Il riporto non ha limiti di
tempo, ma è soggetto a disposizioni antielusive per
evitare "commerci di perdite", tra soggetti
diversi1106 .
La
patrimonializzazion
e sugli enti non
societari
Per gli enti non societari 1107dopo la tassazione il
reddito diventa patrimonio come del resto
avviene per le persone fisiche. Solo il reddito delle
società, come indicato al par.7.17, è idealmente
soggetto a un doppio livello di tassazione "società-
soci", con i coordinamenti indicati al paragrafo 7.17.
Il motivo è che solo le società hanno dei partecipanti
in senso tecnico, cioè dei soggetti con diritti di
acquisire il relativo reddito. Qualora fossero previsti
1105
Gli oneri deducibili e le detrazioni (par.9.3) sono infatti
irrilevanti in quanto questi contribuenti sono privi di una sfera
personale o familiare, e può rilevare solo la riduzione di
aliquota per enti socialmente meritevoli.
1106
E’ un tema ampio, incardinato nel tema dell’elusione (par.3.10) ma che
divaga in un tecnicismo ulteriore rispetto alla spiegazione d’insieme cui è
destinato questo volume; fornirò alcune indicazioni nella bibliografia, come
indicato in premessa. .
1107
) Di cui abbiamo visto esempi al paragrafo 7.5 a proposito di associazioni e
fondazioni esercenti in via collaterale attività economiche. Più spesso le
fondazioni hanno invece redditi immobiliari o di capitale.

658 di 704
soggetti giuridici con l'obiettivo di creare redditi,
distribuendoli poi a beneficiari predeterminati,
limitare alle società il doppio livello di tassazione
suddetto sarebbe inadeguato1108. Qui non c'è
insomma "patrimonializzazione", finchè il reddito
non arriva ai soci, o svanisce, assorbito da
successive perdite.
Rinvio a
imposizione IRAP
sugli enti
Alcuni redditi sono soggetti, in parallelo, anche a una
ulteriore imposta reddituale, denominata IRAP
1109
sulla quale par.9.6. Ne discende quindi che il
"carico fiscale complessivo" su enti e società, per
redditi economicamente a loro riferibili, è circa del
32 percento.

9.2. Segue. Realità e personalità dei tributi: concetti


generali

“realità” delle
imposte come
richiamo del loro
riferimento alla
ricchezza.
Come anticipato al paragrafo precedente tutte le
imposte hanno una base "reale", riferendosi alla
ricchezza. La maggior parte delle imposte sono "solo
reali", guardando solo alla ricchezza, senza
considerare circostanze personali o familiari del
contribuente. T
Imposte (anche)
personali

1108
) L’immediata patrimonializzazione del reddito di tutti gli enti diversi dalle
società giunge a soluzioni insoddisfacenti, ad esempio, per il trust (dove il
primo livello di imposizione –cioè l’ires sul trust- sembra attualmente assorbire
tutto il carico tributario, senza alcun conguaglio in capo ai beneficiari).
1109
Vedremo che l’Irap è riferita al valore aggiunto già anticipato
al par.7.2 in versione "consumo", calcolato in una versione
reddituale, quindi parzialmente diversa.

659 di 704
Tali tributi sono definiti in sintesi "reali"1110, per
contrapporli alle pochissime imposte personali ;
queste ultime sono anch'esse (ovviamente) reali, ma
oltre a considerare la ricchezza, considerano anche
alcuni elementi ulteriori, “personali”, del soggetto
(1111).
Elementi di
personalità(rinvio)
Questi elementi di personalità, tipici dell’IRPEF,
di cui diremo al par.9.3, come gli oneri deducibili, le
detrazioni d’imposta per familiari a carico, gli
interessi passivi, le spese sanitarie, le assicurazioni
sulla vita sono estranei alla sfera di produzione della
ricchezza reddituale e della ricchezza in genere.
Tendenziale
“realità” delle
imposte sui consumi
Le imposte sui consumi e le altre imposte
indirette (cap.10) si prestano meno alla
personalità proprio perché applicabili solo
indifferentemente, per tipologia di consumo senza
poter distinguere, ad esempio, tra merci di diverso
pregio1112. Inoltre, secondo quanto indicato al par.3.2
è impraticabile utilizzare il fornitore per applicare
regimi differenziati in relazione alle condizioni
economiche degli acquirenti1113.

1110
Dal latino res che le riferisce alla ricchezza nella sua
oggettività.
1111
) Tuttavia, tra imposte personali e reali troviamo le consuete sfumature
intermedie dei concetti umanistici: talvolta, cioè elementi di personalità
emergono anche a proposito di tributi “reali”: si pensi all’IMU (par. 10.9) e
all'imposta di registro, che distinguono tra “prime case” e altri
immobili.
1112
A parità merceologica, come vini, cibi o abiti, è praticamente
impossibile graduare l'eventuale aliquota agevolata,
escludendola per beni di maggiore qualità e prezzo; l'unico
modo è distinguere in base a una qualità oggettiva del
prodotto, come ad esempio la seta rispetto al cotone.
1113
) I rari casi in cui si è tentata una simile responsabilizzazione, dimostrano
che essa è eccezionalmente limitata a beni di rilevante valore unitario (ad es.
IVA sulla c.d. “prima casa”.

660 di 704
Scarsa gestibilità
delle mitigazioni
tributarie come
sussidi
Visto che, come rileviamo in tutto il volume, la
determinazione della ricchezza è già abbastanza
difficoltosa 1114, utilizzare i tributi come strumento di
assistenza e sostegno sociale genera nuove
complicazioni; questo obiettivo richiede infatti un
elevato controllo del territorio e quindi una macchina
pubblica molto responsabilizzata1115. Forse è più
semplice, anziché intervenire sul disagio sociale
attraverso i tributi, erogare sussidi; naturalmente un
collegamento tra queste due funzioni istituzionali
esiste, in quanto la verifica delle condizioni
patrimoniali del destinatario(par.2.2) passa anche
attraverso informazioni tributarie.

9.3. La personalità dell’IRPEF: riporto perdite, oneri


deducibili, detrazioni e “contrasto di interessi”

Dalla realità alla


personalità
dell’Irpef
Anche l’ IRPEF, come tutte le imposte, parte dalla
ricchezza oggettivamente considerata, cioè dai vari
redditi di categoria (1116), cumulandoli in una unica
base imponibile, influenzata dagli elementi ulteriori
estranei alla determinazione della ricchezza e
relativi alla sfera personale e familiare del
contribuente.

Rarità delle perdite


Dalla somma dei redditi di categoria si deducono le
eventuali perdite di impresa o di lavoro
1114
) E procede “in affanno” dove non arrivano le organizzazioni aziendali,
secondo quanto rilevato in tutto il testo.
1115
E quindi una elevata consapevolezza sociale del settore presso la pubblica
opinione (par.1.1.6), che poi si riflette sulle istituzioni nei modi indicati al
par.5.3.
1116
) Sul ruolo delle “categorie di reddito” vedi il precedente paragrafo 8.6.

661 di 704
autonomo, già menzionate per l'IRES, ma molto più
rare per le attività "individuali", molto più flessibili
(1117).
Oneri deducibili
per ragioni di
simmetria
Alcuni oneri deducibili sono tali per ragioni di
simmetria (par.3.12) di determinazione dei tributi,
come i contributi previdenziali obbligatori per legge
e assimilati1118, gli assegni di mantenimento al
coniuge, i redditi restituiti all'erogante dopo esser
stati tassati, etc., in quanto vi corrispondono redditi
tassati su altri contribuenti (coniuge), in futuro
(pensioni) o in passato (1119). Tutte queste somme
continuano quindi a essere dedotte dall’imponibile
per ragioni tecnico-tributarie, senza subire le
limitazioni degli oneri deducibili per ragioni di
meritevolezza sociale.
Oneri deducibili
per meritevolezza
sociale
Gli altri oneri deducibili sono infatti estranei alla
determinazione della ricchezza, ma riguardano
alcune spese ritenute socialmente meritevoli, ma
pur sempre di consumo1120 o investimento personale
1117
) Abbiamo visto al par.3.7 e 3.13 che le perdite si addicono alle
organizzazioni, dove esiste un valore di avviamento, mentre le attività
indipendenti, finalizzate al sostentamento individuale di uno o al massimo due
addetti, vengono chiuse anche quando il reddito è insufficiente a tale scopo,
senza arrivare in perdita. Diventa quindi un tecnicismo contingente soffermarsi
in astratto sui modi in cui vengono considerate le perdite di questi soggetti.
Mentre il riporto delle perdite di società riguarda solo la determinazione della
ricchezza (par.9.1) la deduzione delle perdite degli imprenditori persone fisiche
dai redditi di altre categorie riflette la personalità del tributo, trattandosi di
attività eterogenee.
1118
) Abbiamo visto al paragrafo 8.4, sul lavoro dipendente, la logica del
“differimento” della tassazione all’atto della pensione, che ispira l’irrilevanza
tributaria di questi contributi.
1119
) Come esempio di redditi restituiti vedasi il par.8.4, sui redditi
da locazione dichiarati e non riscossi.
1120
) Comprensivo anche del consumo di beni durevoli nel tempo, nell'ampio
senso di cui al par.7.2.

662 di 704
o familiare, , ritenute meritevoli per discrezionalità
del legislatore; si tratta degli interessi passivi su
mutui per l’acquisto della prima casa, spese
mediche o educative e sportive, contributi sociali
personale domestico, elargizioni volontarie
meritevoli, come quelle ad enti caritatevoli, politico
culturali, assistenziali etc..
Rilevanza uguale
per tutti
trasformandoli in
detrazione
Questi oneri rilevano come detrazioni d’imposta
calcolate applicando (art. 15 TUIR) all’onere
deducibile un’aliquota uguale per tutti, attualmente
al 19%.
Tali oneri devono essere indicati nella dichiarazione
nel loro importo complessivo, senza indicare le
generalità dei percettori1121, e salvi i controlli a
campione di cui al par.5.51122.
Oneri deducibili
antievasione:contra
sto di interessi
Solo le detrazioni per i lavori edilizi sono una
realizzazione del contrasto di interessi in funzione
antievasione descritto al par.4.5; solo che anche qui
la detrazione è segnalata tramite uno speciale
bonifico bancario, è subordinata a una determinata
natura delle spese, ed è divisa in dieci anni, benchè
arrivi anche al 50 percento dell'importo della
spesa1123. E' una misura mediaticamente fortunata,

1121
) L’indicazione complessiva di questi oneri, senza le generalità
(quantomeno il codice fiscale) dei percettori, impedisce il loro uso per
l’identificazione dei percipienti, ed il controllo incrociato delle loro
dichiarazioni, secondo lo schema segnaletico svolto dalle ritenute alla fonte,
come indicato al termine del par.3.5.
1122
) Durante i quali viene richiesta l’esibizione dei documenti di spese
mediche, interessi, pagamenti al coniuge separato e altri documenti
comprovanti le spese deducibili, etc..
1123
) Col risultato di far partecipare lo stato alla ristrutturazione dell’attico del
facoltoso uomo d’affari per quasi la metà, mentre chi deve curarsi per proprio
conto, evitando le liste d’attesa delle ASL detrae solo il 19 percento della spesa

663 di 704
perché mescola il contrasto all'evasione con lo
stimolo all'edilizia, e alle riqualificazioni energetiche.
E' uno strumento adatto solo alle spese di rilevante
importo, e una sua generalizzazione rischia di
rendere deducibili i ricavi che il fornitore
dichiarerebbe in ogni caso , viste le altre forme di
sua visibilità ai fini tributari1124.

9.4. Segue. Redditi familiari, detrazioni dall’imposta


aliquote progressive

Detrazioni per
familiari a carico,
ed altre.
La personalità dell'irpef si vede anche nella
rilevanza dei carichi familiari, per coniuge, figli,
genitori, etc.. Tali detrazioni costituiscono un
sussidio erogato in forma di riduzione del tributo a
chi ha modesti redditi, in quanto le detrazioni
diminuiscono, fino ad azzerarsi, al crescere del
reddito. Ricordiamo le già menzionate detrazioni
per imposte su redditi prodotti all'estero (par.7.18) e
quelle per oneri deducibili trasformati in detrazioni,
di cui al paragrafo precedente.
L’imposta lorda e
le aliquote
progressive
Le detrazioni vanno confrontate con l'imposta lorda,
applicata commisurando al reddito, al netto dei già
indicati oneri deducibili dall'imponibile(par.
precedente), le aliquote progressive. La
progressività è ispirata al principio, già anticipato

medica.
1124
) Se un’impresa edilizia ha quattro operai, una sede e alcuni macchinari,
dovrà dichiarare per forza dei ricavi, tendendo a fatturare quelli dove il cliente
prende la detrazione, oppure è un operatore economico che deduce il costo. Ne
abbiamo parlato al par.5.13 sulla sproporzione tra corrispettivi di questo genere
e corrispettivi globali, come indizio di omessa registrazione di buona parte di
essi(è un po’ come l’ipotesi in cui un pasticcere avesse solo incassi acquisiti
con bancomat, par.5.16 sulla tracciabilità).

664 di 704
a proposito dell’art. 53 della costituzione (par. 2.2),
secondo cui, all’aumentare della ricchezza il
contribuente può privarsi con eguale sacrificio di una
quota proporzionalmente maggiore della medesima.
Le imposte personali (par.9.2) tendono anche ad
essere progressive, cioè con aliquote, ripetiamolo,
crescenti più che proporzionalmente
all’aumentare dell’imponibile.
Progressività per
scaglioni
La progressività nell’IRPEF, come tutte, è una
progressività per scaglioni di reddito, dove le
aliquote più elevate si applicano alla parte di reddito
inclusa negli scaglioni successivi, ferme restando le
aliquote applicate sugli scaglioni precedenti. Alla
progressività si contribuisce anche dando agli
imponibili più modesti una “detrazione” decrescente
al crescere del reddito (1125).
Una progressività esasperata rischia di diventare,
tenendo conto delle aree di ricchezza non raggiunte
dalle aziende, una progressività «di bandiera», che
tartassa i ricchi salvo poi accorgersi che i redditi
elevati – stando alle dichiarazioni – sono
pochissimi1126.
Rapida salita delle
aliquote
Inoltre l'attuale struttura delle aliquote è per
molti versi irrazionale, in quanto sale rapidamente ,
1125
Di questa detrazione decrescente abbiamo visto esempi poco sopra
a proposito delle detrazioni per familiari a carico, riassorbite al
crescere del reddito.
1126
Scorrendo la lista delle dichiarazioni con redditi più elevati,
si trovano in prevalenza lavoratori dipendenti e autonomi «di
lusso», ma pur sempre lavoratori, come attori, scrittori,
consulenti, avvocati, calciatori, alti dirigenti, i cui redditi IRPEF
sono spesso inferiori a quelli dei titolari delle società per cui i
medesimi lavorano. La responsabilità non è tanto dell'evasione,
ma della ricchezza assoggettata in genere alle imposte
sostitutive (par. 8.5), e quindi estranea alla progressività
dell’imposta personale.

665 di 704
arrivando al 38 percento oltre 28 mila euro, per poi
fermarsi al 43 percento fino all'infinito. Questa
progressività finisce così per far sentire la differenza
tra chi guadagna 40 mila euro e chi ne guadagna
100 mila, ma molto meno tra quest'ultimo e chi ne
guadagna 500 mila. Oltre il livello di
sopravvivenza dei 28 mila euro scatta insomma
una sorta di "flat tax" attorno al 40 percento
(dal 38 al 43). Sarebbe quindi razionale, visto che le
aliquote massime sono già elevate, non un loro
inasprimento, quanto una diminuzione di quelle sui
redditi intermedi.

Onnicomprensività
dell’imponibile e
costi
Anche la curva delle aliquote è quindi
condizionata dal retropensiero della ricchezza non
registrata e dal timore di concedere sgravi per
redditi bassi a finti poveri, con reddito maggiore ma
in parte evaso.

9.5. Limitata rilevanza della pluriennalità dei redditi e


tassazione separata come limite alla progressività
Irrilevanza fiscale
del tempo libero
I sistemi tributari non riescono a differenziare la
tassazione in relazione allo sforzo, al tempo e
all’impegno necessari a produrre il reddito; a parte
possibili inasprimenti sui redditi di fonte
patrimoniale1127, la diversa fruttuosità e penosità del
lavoro non riescono, per ragioni organizzative, a
trovare riscontro operativo tributario1128.

Al massimo si riesce a distinguere tra redditi da lavoro e di


1127

fonte patrimoniale, come vedremo al par.10.4, citando


l'abrogato inasprimento della tassazione sui redditi di fonte
patrimoniale, con l'imposta denominata "ILOR", soppressa nel
1997.

666 di 704
Irrilevanza
tributaria
dell’instabilità del
lavoro
Se è troppo complicato considerare la diversa
fatica di produrre i diversi redditi, è anche
complicato considerare il rischio di non riuscire a
“riprodurli in futuro”; ad esempio, è ben vero che il
cantante di successo, guadagna come un dirigente
lavorando poco tempo, ma le prospettive di
continuità lavorativa del dirigente nel tempo sono
maggiori di quelle del cantante1129. Qualche volta
questa precarietà è addirittura derivante da ragioni
fisiche, come accade per gli sportivi o per i lavori
usuranti. In sintesi, anche se l’impegno del cantante
è meno intenso, le sue prospettive di redditività
sono meno stabili, ma è difficile tradurre in norme
legislative soddisfacenti questi profili, soprattutto
oggi, quando diventano sempre più diffusi i redditi al
tempo stesso minimi e precari, come abbiamo visto
ai paragrafi 3.15 e 5.151130.
Convenienza di un
reddito ben
distribuito negli
anni
Anche sotto questo profilo la frammentazione dei
redditi, aggregati al massimo per anno di imposta,
trascurando l'impegno e l'incertezza,
smentiscono il fantomatico concetto di "capacità
contributiva globale", immaginato dietro l'art.53
della costituzione, come indicato al par.2.2.
1128
Immaginiamo, ad esempio, che un cantante di successo,
esibendosi anche solo dieci volte l’anno, guadagni come un
alto dirigente che lavora tutti i giorni.La tassazione sarà la
medesima, guardando al reddito in assoluto e trascurandone i
tempi e la fatica di produzione.
1129
) Il lavoro del cantante è insomma meno intenso, meno faticoso, ma più
precario, affidato alle incertezze delle mode.
1130
Per questo non si riesce a gestire normativamente, coordinandola con gli
altri progfili rilevanti, la sensata riflessione secondo cui una ricchezza
prospetticamente discontinua meriterebbe, a parità di importo,
un carico tributario inferiore.

667 di 704
Ne deriva un incentivo fiscale a un reddito
“sicuro”, non troppo alto, ma ben distribuito negli
anni; ciò non incentiva l’assunzione di rischio, ma in
un contesto
restio alle distinzioni, e propenso alle
predeterminazioni legislative, è il minimo che possa
accadere
Redditi pluriennali
e progressività
Se non si riesce a gestire legislativamente, in quanto
troppo incerta, la prospettiva che il reddito di oggi
non si riproduca domani, è possibile tener conto che
il reddito percepito oggi si è prodotto in un tempo
passato. Mentre il futuro è incerto, e non si possono
fare previsioni sulla "rinnovabilità" del reddito, il
passato è certo. Per questo le uniche situazioni in
cui si riesce a intervenire sono quelle in cui, al
momento della tassazione, si conosce che il reddito
si era prodotto in un arco pluriennale. .
Il correttivo della
tassazone separata
E' quindi possibile, in questi casi, tener conto che le
aliquote progressive IRPEF comportano una
tassazione più onerosa per i redditi maturati in un
arco pluriennale, ma percepiti successivamente, in
un unico periodo di imposta. Per i redditi «a
formazione pluriennale
», percepiti dopo un lungo periodo di
maturazione , la non ripetibilità è quindi
“certa". Per questo alcuni redditi pluriennali
sono sottratti all’ordinaria imposizione progressiva
IRPEF, e tassati con una aliquota media
(c.d.“tassazione separata”). Altrimenti, la consueta
imputazione a periodo col principio di cassa
(par.7.12) concentrando tutta la tassazione in un
solo anno, farebbe scattare aliquote progressive
troppo elevate, su un reddito destinato per
definizione a essere realizzato una sola volta.
esempi

668 di 704
Ne sono esempi molto frequenti il trattamento di
fine rapporto di lavoro dipendente e le
plusvalenze per la cessione e liquidazione di
aziende di imprenditori individuali (art. 17 lett. G
TUIR). In tutti questi casi il reddito deve essere
tassato, a cura dell'ufficio tributario, con una
aliquota particolare. pari alla media delle aliquote
marginali IRPEF applicabili nel periodo di
maturazione, o per semplicità, in un arco pluriennale
più breve, anteriore alla percezione del reddito.

9.6. L’IRAP e la tassazione attraverso le aziende del valore aggiunto


“tipo reddito”

Il valore aggiunto
economico come
presupposto di un
tributo
Il concetto di “valore aggiunto” già indicato in
molti passaggi di questo testo (par.7.2) serve a
capire l’IRAP (imposta regionale sulle attività
produttive). Il tributo colpisce presso l’impresa in
cui si produce, il valore aggiunto economico in
versione reddito, non in versione consumo come
indicato per l'IVA al par.7.2. Si tratta del “plusvalore”
rispetto alle materie prime e ai servizi provenienti da
altri operatori economici1131.
Differenze rispetto
al valore aggiunto
tipo consumo
Il valore aggiunto "tipo reddito", come principale
differenza rispetto a quello "tipo consumo"
(esaminato al par.7.2), include le esportazioni tra gli
elementi positivi e deduce le importazioni come
elementi negativi. ricchezza prodotta dall’impresa,
al netto di quella erogata ad altre imprese, tassabile
presso di loro, onde evitare duplicazioni , si

E' in prima battuta la differenza tra; i ricavi ed i costi "to


1131

business" , per riprendere la distinzione di cui al par. 1.8 tra


operazioni B2B e B2C.

669 di 704
distribuisce tra salari, interessi, rendite
immobiliari e profitti1132.
L’IRAP è tipica della tassazione ragionieristica
attraverso le aziende, perché fa leva
sull’organizzazione aziendale per colpire
moltepli percettori di compensi e interessi,
destinatari di un valore aggiunto che è incerto fino
al termine del periodo di imposta. Lavoratori e
finanziatori sono invece pagati in corso d’anno, e
questo sfasamento impedisce una rivalsa giuridica
(par. 3.5) su di loro a fronte dell’IRAP pagata
dall’azienda erogante.
mancato
inquadramento del
concetto di valore
aggiunto economico
Questa tassazione di ricchezza attribuita ad altri
dall'organizzazione presso cui si forma ha ingigantito
le incertezze e le polemiche sul tributo1133. Secondo
gli economisti è (giustamente) una imposta sul
reddito, mentre i legali formulano evanescenti
critiche di incostituzionalità, o immaginano un
altrettanto evanescente riferimento del tributo
all’organizzazione produttiva, espressa da un

1132
Si tratta di un concetto economico molto utilizzato, che però raramente è
stato assunto a base imponibile di uno specifico tributo, perché il valore
aggiunto “tipo reddito” , fluisce tra una serie di già indicati destinatari diversi,
come risparmiatori, lavoratori, etc. Il valore aggiunto “tipo reddito” non si
presta ad essere tassato applicando una aliquota al corrispettivo delle operazioni
economiche, come abbiamo visto nell’IVA. Esso presuppone invece un calcolo
finale del reddito, e quindi una determinazione a consuntivo, ostacolando le
rivalse economiche del contribuente di diritto rispetto a lavoratori,
risparmiatori, etc., che sarebbero “contribuenti di fatto” nei termini di cui al
par.3.5.
1133
Confermando la ridotta formazione economico-sociale di buona parte delle
classi dirigenti italiane (di cui al par.1.6), incapaci di collegare il tributo col
“valore aggiunto tipo reddito”, che abbiamo già distinto al paragrafo 7.2 dal
“valore aggiunto tipo consumo”, cui si riferisce l’IVA. Sarebbe stato
sufficiente, per capirlo, riflettere che il consumo dell’acquirente è sempre
reddito del fornitore.

670 di 704
fantomatico “potere sui fattori della produzione”. Di
fronte alla “apparente stranezza” dell’IRAP si
sospettò persino che essa duplicasse l’IVA1134.
Percezione
giurisprudenziale
della necessità di
un’organizzazione
Questa necessità di un’organizzazione si è
radicata nella giurisprudenza, anche a seguito di un
intervento della corte costituzionale. Si sta
affermando quindi l’esclusione da IRAP delle
piccole attività di lavoro autonomo “non
organizzate in forma di impresa”, cioè non
corredate di un nucleo minimo di beni
strumentali. Si intuisce così la suddetta
importanza dell’organizzazione amministrativa e
quindi l’assurdità di applicare l’IRAP agli operatori
indipendenti, piccoli commercianti e artigiani
operanti
verso consumatori finali, il cui valore aggiunto deriva
in massima parte da lavoro personale; in questi
casi l’IRAP si trasforma in una imposta aggiuntiva
sul reddito del titolare, e quindi ne viene meno la
necessità come imposta autonoma. Quando però gli
autonomi “non organizzati” vengono pagati da
un’organizzazione, la deduzione dei loro
corrispettivi, ai fini IRAP, da parte del cliente, crea
una asimmetria (par.3.12), rispetto all'esclusione da
IRAP del fornitore1135, che renderebbe necessario

1134
Da questa confusione derivò un procedimento di infrazione
cui la corte di giustizia dell’Unione Europea sembrava all’inizio
dare credito, tra lo sconcerto degli economisti, ma che alla fine
ha respinto (sentenza CGCE 3 ottobre 2006 c475-03).
1135
Si crea così un salto d'imposta, un vuoto d'irap che
comporta la detassazione integrale delle relative somme, che
invece sarebbero tassate se si trattasse di un dipendente (il cui
costo sarebbe indeducibile ai fini IRAP per l'erogante) o di un
soggetto organizzato, che pagherebbe IRAP in proprio; è una
violazione del principio di neutralità delle forme giuridiche
rispetto alla determinazione della ricchezza.

671 di 704
rendere indeducibili anche queste somme ai fini
della determinazione dell'IRAP.
L’assurda
indeducibilità dal
reddito di impresa
La parte d’imposta relativa al valore aggiunto di
pertinenza di terzi (lavoratori dipendenti e percettori
d’interessi) è stata inizialmente indeducibile dalle
altre imposte sui redditi, con scelta irrazionale sul
piano economico della determinazione della
ricchezza1136, corretta ad inizio 2012 con la
possibilità di deduzione analitica ai fini IRES.
Aliquota e
contingenza della
tassazione
regionale
L’aliquota è bassa, attorno al 5 percento, secondo
scelte della regione in cui ha sede l’impresa. Il
meccanismo tributario dell'IRAP ha una valenza
generale, e la sua attribuzione alle regioni è dovuta
a motivi politici contingenti; cioè l'introduzione
dell'IRAP al posto dell'ILOR e dei contributi sanitari,
destinati alle spese sanitarie, che sono gestite dalle
regioni.

CAP 10 ADATTAMENTO DEI “TRIBUTI MINORI”


ALLA TASSAZIONE ATTRAVERSO LE AZIENDE

Sommario In questo paragrafo ci occupiamo dei numerosissimi ed


elementari tributi, di antica origine, su ricchezza non intercettata
dalle aziende, ma visibile attraverso le sue caratteristiche esteriori,
materialmente percepibili, oppure attraverso gli atti giuridici (in
1136
) L’indeducibilità dell’IRAP per il valore aggiunto attribuibile a terzi (che
provocava una palese doppia imposizione economica) era ispirata all’idiozia
finanziaria , già indicata al par.7.9 sull’inerenza, secondo cui in questo modo la
politica tributaria regionale , variando le aliquote, avrebbe influenzato il gettito
statale. Dietro c’è l’assoluta mancanza di riflessioni sulla distinzione tra le
“imposte costo” (come qui l’irap) e le imposte “quote di reddito” , come è la
stessa irap per la parte di valore aggiunto spettante all’azienda.

672 di 704
genere solenni) che la accompagnano. Molti di questi antichi
tributi si sono adattati ad una applicazione massiva, seriale, gestita
attraverso le organizzazioni aziendali. Anche l’antica visibilità
materiale della ricchezza, tipica delle imposte doganali e delle
cosiddette accise, si è parzialmente scollegata dalla sorveglianza
fisica delle merci, collegandosi ai relativi documenti di
accompagnamento , ormai fisiologici nell’organizzazione
aziendale e nel commercio internazionale. Meno modifiche ci
sono state sulla visibilità giuridica, collegata ai contratti solenni,
annotati in pubblici registri (registro, successioni e ipocatastali),
oppure a documenti elementari, però emessi o ricevuti da soggetti
fiscalmente affidabili (imposta di bollo, dove invece la rigidità
amministrativa dei pubblici uffici o delle aziende è importante ai
fini del pagamento del tributo. Sugli immobili, o i mobili
registrati, queste forme di visibilità della ricchezza ricorrono
entrambe , congiuntamente e sotto profili diversi, che dovranno
essere coordinati per quanto riguarda la forma di tassazione più
difficile da realizzare attraverso le aziende, cioè quella sui
patrimoni degli individui , che raramente hanno a che fare, come
tali , col circuito amministrativo aziendale di acquisizione dei
consumi e di erogazione dei redditi. Questi problemi di
determinazione della ricchezza si moltiplicano poi per le imposte
amministrate da enti territoriali , comuni, province e regioni,
spiazzati dalla tassazione attraverso le aziende, come vedremo
all’ultimo paragrafo, dedicato al federalismo fiscale.

10.1. Una geografia dei “tributi minori”


Il retaggio dei
tributi
preindustriali
In questo paragrafo esamineremo i numerosissimi
tributi che, accanto alle poche grandi imposte
gestite attraverso le aziende, restano collegati alle
precedenti determinazioni materiali o giuridiche
della ricchezza, indicate al par.1.111137, adattate a
1137
) In genere si tratta di menifestazioni “puntuali” di ricchezza, o di contatti
puntuali con funzioni pubbliche, cui si collega una tassa che –come vedremo-
addirittura si è tentato di far passare come una “tariffa”. Siamo quindi più
lontani dai grandi aggregati di redditi o di consumi , esaminati ai capitoli

673 di 704
una società moderna; spesso anche questi tributi si
sono “esternalizzati” su particolari categorie di
organizzazioni (1138).

Facilità di
comprensione
d’insieme
La logica giuridico-economica dei tributi oggetto
di questo capitolo è abbastanza facile da
comprendere in base al bagaglio culturale della
pubblica opinione e della classe dirigente (par.1.6). I
meccanismi dei tributi tradizionali, puntuali e
circoscritti, sono una delle ragioni per cui li si
definiscono, nella prassi accademica, “tributi
minori”.
Facilità di passare
a una
interlocuzione
tecnica
E' un po’ come se -per questi tributi- si ripetesse il
tradizionale meccanismo del diritto giurisdizionale,
che passa subito ai tecnicismi specialistici di istituti
per cui la comprensione d'insieme già si trova nel
bagaglio culturale della società1139.
Campo di
applicazione
limitato, anche
professionale
Inoltre tali tributi non riguardano, in modo
necessario e sistematico, la generalità degli
operatori economici (come avviene per il sistema
dell’IVA e delle imposte sui redditi), oppure
riguardano tutti occasionalmente (imposta di
registro o di successione) oppure per importi
trascurabili (IMU, tasse auto, canone Rai). Un altro
precedenti.
Banche, società petrolifere, emittenti o destinatari
1138

di documenti in serie, notai e altri pubblici


ufficiali.
1139
) E’ insomma come se in questi settori non ci fosse bisogno
del giurista come studioso sociale, per la spiegazione d'insieme
indicata al par.4.3.

674 di 704
profilo per cui un tributo viene considerato "minore"
è la sua modesta rilevanza professionale, nella
cornice della fuorviante pseudo-
professionalizzazione di cui al par. 4.4; la loro
applicazione è pressoché proceduralizzata e
provocano raramente questioni che giustifichino le
spese di un parere professionale o di una
controversia giudiziaria..
Importanza
concettuale
Benchè siano tributi trascurati dai manuali, dai corsi
di formazione, dagli articoli della pubblicistica, la loro
importanza economico-sociale è spesso
notevolissima, anche sul piano del gettito assoluto,
come per le imposte di fabbricazione, o l'IMU. Sono
inoltre tributi spesso frequenti nella vita di tutti i
giorni e nel dibattito politico-economico, anche
con solida tradizione, di cui sono prive le imposte
della “tassazione attraverso le aziende”.
attenzione politica
modesta
Salvi pochi aspetti cui si collega attenzione
mediatico-politica1140 sono anche tributi trascurati
dalla discussione di massa, che si concentra sul
tema dell'adempimento e dell'evasione, riferito
essenzialmente ai tributi della tassazione attraverso
le organizzazioni aziendali, sulla ricchezza dove esse
non arrivano. Anche per questo le contraddizioni che
si sono stratificate, col tempo, e che hanno reso
anacronistici molti aspetti di questi tributi, non
vengono prese in considerazione dalla politica,
ammesso che ci siano studiosi sociali in grado di
segnalargliele.
Aspetti dei tributi
minori rilevanti per
una spiegazione
d’insieme

1140
) Si pensi alla questione del tributo comunale sulla “prima casa”, di cui
diremo al par. 10.9.

675 di 704
Alcuni aspetti dei "tributi minori" sono invece ottimi
punti di osservazione per la spiegazione di insieme
della funzione istituzionale di determinazione dei
tributi, oggetto di questo volume.I tributi minori ci
fanno comprendere l'uso, da parte delle istituzioni
tributarie, di indizi limitati di ricchezza, per una
tassazione basata sull'iniziativa di poteri pubblici 1141.
I tributi minori sono quindi un ottimo punto di
osservazione per capire come si assestano, nel
diritto come studio delle funzioni istituzionali, le
varie concause dei fenomeni sociali, con zone grigie
e sfumature.
Collegamento con i
concetti generali
dell’attività
aziendale,
istituzionale e
professionale
Privilegeremo quindi i collegamenti tra "tributi
minori" ed aspetti strutturali della funzione
tributaria, riferita a varie combinazioni tra
determinazione della ricchezza ed esercizio di altre
funzioni pubbliche giustificatrici dei tributi.
Eviteremo invece, come è doveroso a questo livello
di interlocuzione, di disperderci in contingenti
casistiche specialistico professionali1142.
Metodologia
espositiva

1141
) I grandi tributi su redditi e consumi sono determinati
attraverso le organizzazioni aziendali e la visibilità, attraverso
di esse, di grandi masse di ricchezza, debitamente classificate; questa
possibilità ha aperto la strada alle imposte generali , mentre in precedenza i
punti di emersione della ricchezza erano molto più circoscritti, come indicato al
par.1.11.
1142
) Si ricordi che, nelle scienze sociali, come avverte la stessa definizione,
l’aggettivo “specialistico” può anche possedere una valenza negativa. Si tenga
presente l’interazione continua tra la spiegazione d’insieme delle funzioni
istituzionali e la casistica professionale, dove la prima è il presupposto della
seconda. Quest’ultima è altrimenti destinata a girare a vuoto, naufragando nel
“praticismo senza contenuti” indicato al par. 4.4. (che poi è la “scientificità
esteriore”di cui al par.4.3 in versione “operativa”, ma ugualmente
incomprensibile)

676 di 704
Nei paragrafi successivi collegheremo quindi le
caratteristiche di tali tributi con alcune questioni
trattate nella prima parte, che ritroveremo spesso
intrecciate su un singolo "tributo minore", che
magari si giustifica un po’ con la ricchezza, un po’
col principio del beneficio, e un po’ come prodotto
stratificato anche di altre scelte politiche1143.

10.2. I tributi sugli atti giuridici solenni o visibili (imposta


di registro).
Visibilità tributaria
della ricchezza
attraverso atti
giuridici
Al par.1.3 abbiamo già ricordato, dal punto di vista
storico, che la ricchezza può essere manifestata
anche da atti giuridici “solenni”, che costituiscono
una facile occasione di tassazione. Il desiderio dei
contraenti di vedersi socialmente riconosciuto dal
pubblico potere il loro diritto1144, comporta una
visibilità formale degli atti giuridici su cui tale diritto
si fonda.
L’imposta di
registro
Si tratta di una "famiglia" di tributi molto antica, che
gravita attorno all’ imposta di registro1145, dove la
ricchezza non emerge nella sua visibilità
materiale1146, bensì da rapporti giuridici formalizzati

1143
Perché, anche nel diritto, come diceva Hegel, tutto ciò che è
reale è razionale, compresa forse la confusione, che inviluppa
la funzione istituzionale tributaria. Di cui però vale la pena di
occuparsi solo per capirne le cause, come abbiamo fatto al
par.4.3.
1144
) Si tenga presente che si possiede attraverso il gruppo sociale, che
riconosce i diritti e che in questa misura induce a considerare anche la
proprietà privata un fenomeno di diritto pubblico.
1145
) Comprendendo anche le imposte ipotecarie e catastali (immobiliari) e
l’imposta sulle successioni, tanto da far parlare anche di “imposte notarili”.
1146
) Rappresentata , per capirci , dai campi coltivati o dalle merci soggette a
imposta.

677 di 704
in varie tipologie di documenti1147. Proprio a
proposito dell'imposta di registro si verificarono
molte discussioni sull'interpretazione degli atti
solenni in senso economico, o in senso civilistico, ma
sul punto rinviamo al par.3.91148.
Formalità giuridica
come condizione di
imponibilità
Il tributo non si applica agli "atti informali" , ma solo
a tutti gli atti che – per motivi di certezza giuridica –
si decida di cristallizzare in atti giuridici “solenni”,
in genere redatti da pubblico ufficiale (notaio);
Gli atti formali, per cui una simile imposta è
“efficiente” sono in prevalenza quelli aventi ad
oggetto la ricchezza immobiliare. L'imposta
colpisce il patrimonio quando cambia titolare, il che
evita problemi di liquidità indicati al par.7.12, ma
rischia di ostacolare la circolazione dei beni,
soprattutto gli immobili1149.
Visibilità materiale
di atti informali
Solo per alcuni atti, come le cessioni di aziende o
le locazioni immobiliari, è prevista
l’assoggettabilità all’imposta anche senza requisiti
formali, in quanto il rapporto è visibile in altro
modo, per la sua durata nel tempo (locazioni) o
visibilità esteriore (cessione di aziende).
Atti scritti: limiti
della “solennità”

1147
) Abbiamo già anticipato che la determinazione della ricchezza
attraverso gli atti solenni ha anticipato, storicamente, la sua
attuale determinabilità attraverso la contabilità aziendale;
quest'ultima in definitiva consiste di una documentazione
continuativa di rapporti giuridici, come gli atti soggetti a
imposta di registro.
1148
Ai tempi della tassazione valutativa attraverso gli uffici, prima della
tassazione attraverso le aziende, l’imposta di registro era quella che comportava
più interpretazioni giuridiche, tanto da farle attribuire l’epiteto di “regina delle
imposte”.
1149
) Una serie di cessioni molto ravvicinate nel tempo rischia di dar luogo a un
prelievo complessivamente quasi espropriativo.

678 di 704
Dopo la solenne enunciazione secondo cui l’imposta
colpirebbe tutti gli atti scritti a contenuto
patrimoniale formati nel territorio dello Stato, la
sfera applicativa del tributo
si riduce, per l’ovvia esclusione degli atti formati per
corrispondenza, nel senso di “scambio di
dichiarazioni”1150, non altrimenti “visibili”; manca
chiaramente in questo caso quella "solennità
minima" che consente una gestibile effettività del
tributo.
alternatività con
l’IVA
Il tributo è comunque escluso per operazioni
soggette all’IVA, il che sottrae alla sua sfera
applicativa anche atti per i quali sussiste una forma
giuridica “solenne”; in tal caso l’imposta di registro è
dovuta in misura fissa (oggi 168 euro), non nella
misura proporzionale di cui diremo subito.
struttura del
tributo: la
tariffa
L’imposta di registro ha una struttura legislativa analoga ad altri
tributi sugli atti giuridici1151, con una parte comune e poi una “tariffa”,
composta di vari articoli riferiti a tipologie omogenee di atti giuridici,
raggruppati dal riferimento ad immobili, ad operazioni societarie, a
sentenze, ad atti automobilistici, etc.. Ciascun articolo della tariffa si
articola a sua volta, di solito, in numerose previsioni.
Tariffa per gli atti
immobiliari
I trasferimenti di diritti reali su beni immobili sono
soggetti ad aliquote elevate (7% per i fabbricati e
15% per i terreni), più le imposte ipotecarie e
catastali1152, applicate nella misura complessiva del

1150
) Non occorre certo il servizio postale per l’impiego di questa disposizione,
riferibile anche a scambio di messaggi telematici.
1151
) Imposta di bollo, imposte sulle concessioni governative, ma anche per
l’IVA avevamo visto, al par.7.3, una struttura concettualmente simile, con la
presenza di tabelle di beni e servizi soggetti ad aliquote diverse. .
1152
)Altre imposte applicate in relazione al trasferimento degli immobili, e
collegate alle formalità di annotazione.

679 di 704
3% (per la prima casa dell'acquirente le aliquote
suddette si riducono complessivamente del 3%).
altri articoli di
tariffa
Sono soggette ad imposta, in quanto atti solenni,
anche le sentenze, cercando di riprodurre il regime
applicabile ove una manifestazione economica
analoga fosse invece realizzata contrattualmente. La
voce prevista per gli "atti societari" si è
praticamente svuotata a seguito della detassazione
comunitaria delle operazioni di conferimento, fuione,
scissione etc. La voce prevista per le sentenze tiene
conto della possibilità che esse siano riformate o
annullate. Frequente è l'applicazione delle aliquote
speciali per le cessioni di autovetture (1153); alla
fine c'è una aliquota generale del 3 percento, per
ogni altro atto "formale" da registrare1154.
Ruolo dei pubblici
ufficiali e punti di
forza
L’imposta fa perno sui pubblici ufficiali (ad es.
notai), che devono chiedere la registrazione per gli
atti che redigono, ferma restando la responsabilità
delle parti, cui si riferisce la ricchezza. Il punto di
forza del tributo è l'interesse delle parti alla
trascrizione dell’atto immobiliare, mentre non c'è un
analogo interesse all’emersione del prezzo effettivo.
Corrispettivo e
valore normale
immobili
Per questo, a differenza di quanto avviene nella
tassazione attraverso le aziende, sarebbe quindi
troppo pericoloso, sul piano della cautela fiscale,
prevedere la tassazione solo in base ai corrispettivi
dichiarati. I valori immobiliari dichiarati in atto sono
quindi stati per anni soggetti ad accertamento da
1153
Anch'esse da cedere in forma notarile e quindi "solenne"
(art.7 tariffa)
1154
Art. 9 della tariffa. Un caso frequente di bene soggetto
all'aliquota del 3 percento è l'azienda, per la parte non
espressa da proprietà immobiliari.

680 di 704
parte degli uffici, in base al valore venale in comune
commercio.
Controversie sul
valore normale
Il gran numero di atti riguardanti beni immobili e
l’onerosità dell’aliquota applicabile provocarono
frequentissime controversie sulla determinazione del
valore venale di tali beni, stante anche l’opinabilità
della relativa valutazione, tanto da far introdurre un
criterio automatico (art. 52) basato sul valore
catastale del bene (par.8.2 e 8.4), nonostante le
frequenti sperequazioni rispetto al valore effettivo;
nelle compravendite immobiliari tra privati aventi ad
oggetto immobili ad uso abitativo, è infatti
consentito pagare il tributo di registro sul suddetto
valore catastale, pur evidenziando in atto il maggior
prezzo effettivo.

10.3. Istituzioni e organizzazioni nella tassazione dei


documenti giuridici (bollo e concessioni pubbliche)

Giustificazione
dell’imposta
L’imposta di bollo è tutt’altro che «minore» sul piano
sia della tradizione sia del gettito. La morfologia
dell'imposta è la stessa di quella di registro 1155, dalla
quale si distingue in quanto colpisce non tanto il
contenuto patrimoniale dell'atto giuridico, ma il
documento che ne costituisce il supporto
materiale1156. La giustificazione dell’imposta di bollo
in termini di ricchezza è più labile rispetto al tributo
di registro; non sempre l’atto sottostante esprime
un contenuto patrimoniale, e talvolta c’è solo un
collegamento generico con una pubblica funzione; in
questo caso il tributo potrebbe giustificarsi in termini
1155
) Basata su disposizioni generali, e poi una tariffa con tipologie di atti.
1156
) Cioè la vecchia “carta da bollo” o la “marca da bollo”, con cui viene la
carta normale viene assoggettata al tributo.

681 di 704
di “tassa”, par. 5.1 (1157). Il tributo è in genere fisso
salva l'eccezione delle cambiali, dove è
proporzionale all'importo del debito.
Punti
forti:l’applicazione
“seriale”
Anche l'imposta di bollo conferma l’importanza
delle strutture amministrative organizzate,
sostenuta in tutto il testo; stavolta si tratta delle
strutture che ricevono o emettono atti (1158),
controllando anche il pagamento dell’imposta;
analoga affidabilità hanno le grandi strutture
aziendali (1159), che non possono permettersi, per i
noti motivi gestionali, di sottrarsi sistematicamente
al pagamento.
Quando questi uffici non sono coinvolti, l’imposta
viene di solito evasa, come accade nei rapporti tra
privati e piccole realtà organizzative come un
condominio, una associazione privata, una piccola
azienda, un medico.
Antieconomicità
controlli
Del resto, quando non si tratta di grandi
organizzazioni che emettono o ricevono documenti
in serie, ma di singoli documenti polverizzati nel
tempo e nello spazio, anche il controllo fiscale si
rivela antieconomico, visto il modesto importo
unitario del tributo. Anche qui, insomma, è
importante la ripetitività, la serialità dell’emissione
di documenti soggetti al tributo.
Il bollo virtuale
L’acquisto e l’annullamento delle marche da bollo è
la modalità di pagamento per le applicazioni
occasionali del tributo, mentre i “grandi utenti” lo
corrispondono in modo c.d. «virtuale», cioè su

1157
Si pensi ad esempio al bollo sui certificati universitari e
scolastici
1158
Atti anagrafici, di pubblica sicurezza, giudiziari, etc.
1159
Banca, assicurazione, società immobiliare, etc.

682 di 704
dichiarazione periodica che indica il numero
complessivo dei documenti emessi.
Tributi sulle
concessioni
pubbliche
Lo stesso riferimento a pubbliche funzioni,
documenti amministrativi, autorizzazioni, certificati
etc., si ritrova nel tributo sulle concessioni
governative o di enti locali,
anch’esso più “tassa” che “imposta” (1160). Anche qui
sono gli uffici amministrativi che si occupano di
queste
materie ad assicurare, indirettamente, il gettito del
tributo.

10.4. “Tassazione sul patrimonio” come soluzione di


ripiego (di difficile gestione)

Composizione del
patrimonio
La ricchezza patrimoniale consiste, come indicato ai
par. 8.4 e 8.5, di immobili e risparmio, oltrechè del
valore patrimoniale delle aziende; la ricchezza si
produce nelle imprese, negli affari, e poi si rifugia
nel mattone, negli immobili o in altri affari, magari
più tranquilli1161.
L’unico patrimonio ulteriore è quello costituito “dalle
aziende”, in capo ai rispettivi titolari. Tuttavia,
trattandosi di patrimonio produttivo, illiquido
(par.1.7 sulla "redistribuzione") destinato a scontare
imposte sul reddito al momento di realizzazione
degli "avviamenti" (par.7.13), appare poco

1160
Si pensi a passaporti, patenti, autorizzazioni varie,libri
sociali, etc.
1161
Il precedente profitto d’impresa si trasforma in rendita
fondiaria o finanziaria, in speculazione immobiliare, in “affare
occasionale”.

683 di 704
opportuna l'anticipazione della tassazione in chiave
patrimoniale1162.

Imposte
patrimoniali e
simbologie sociali
A ben guardare, come precisato in altra sede, il
valore del patrimonio riflette quello del reddito dei
soggetti che intendono acquisirlo1163. Poca cosa, in
termini economici, esprimono invece i segmenti
patrimoniali costituiti da oggetti d'arte, gioielli e altri
beni rifugio. Spesso nella pubblica opinione si
affaccia l'idea della tassazione dei patrimoni di
lusso, talvolta cristallizzati in beni infruttiferi, senza
valore intrinseco e che non si rivalutano, come le
auto di lusso, le imbarcazioni da diporto etc. La
giustificazione in termini di ricchezza è indiretta, in
quanto tali beni rendono verosimile una condizione
economica florida in generale.
Estraneità del
patrimonio alla
tassazione
attraverso le
aziende
Il patrimonio come tale è estraneo al più volte
menzionato circuito dove le organizzazioni
“acquisiscono consumi" ed "erogano redditi”; in
questo circuito rientrano solo i redditi di fonte
patrimoniale, ad esempio i canoni di locazione e gli
1162
Quest'ultima è controproducente anche rispetto
all'esigenza aziendale di capitalizzazione, alla facilità
di tassarne i redditi ed all’esigenza di
istituzionalizzare le aziende. Anche sotto questo
profilo le istanze sociali in base alle quali si chiede
una imposta patrimoniale possono essere
soddisfatte dall'imposta aggiuntiva sui redditi di
fonte patrimoniale, di cui diremo nel testo (analoga
alla vecchia ILOR, per chi la ricorda).
1163
Sul fatto che i valori patrimoniali dipendano dai redditi, Lupi; Compendio di
scienza delle finanze, dike, 2105, par.7.4-7.6.

684 di 704
interessi (par.8.5). Il patrimonio come tale è però
fuori da questo circuito in quanto "ricchezza
statica", che le aziende possono individuare solo
occasionalmente.
Tassazione
patrimoniale come
soluzione di ripiego
Se si pensa al principio indicato al par.1.8, secondo
cui “tutte le imposte, anche se non colpiscono i
redditi, si pagano coi redditi”, come frutto
dell’attività umana produttiva di beni e di servizi
(par. 1.8), le imposte patrimoniali appaiono
come una soluzione di ripiego; il ripiego può
essere giustificato dalla mancanza di informazioni
(motivi di semplicità), dai passaggi di ricchezza
(successioni o donazioni di cui al successivo
par.10.5) o dalla correzione di precedenti squilibri .
Maggiore
precisione di una
tassazione sui
redditi del
patrimonio
Quando esistono le informazioni per gestirla, è
quindi preferibile una tassazione aggiuntiva sui
redditi di fonte patrimoniale , come nell'imposta
denominata "ILOR", abolita nel 1997, per alleviare il
carico fiscale sui redditi delle aziende organizzate,
che vi erano soggette, che non si sapeva come
distinguere dai redditi di "puro patrimonio" ed erano
socialmente meritevoli in quanto fonte di lavoro e
ricchezza.
Inconvenienti
“punitivi”
Man mano che si perde il controllo dei redditi,
soprattutto quelli non determinabili attraverso le
aziende, il patrimonio emerge come soluzione di
ripiego. La tassazione del patrimonio come tale
scatta infatti anche quando esso è infruttifero ,
diminuito di valore e magari illiquido (par.7.12).
La tassazione del patrimonio è quindi un
scorciatoia rispetto alla suddetta considerazione

685 di 704
più attenta dei redditi di fonte patrimoniale, sia in
termini di frutti che di plusvalenze1164.
Coordinamento con
tassazione
reddituale
Le aziende non riescono, a maggior ragione, a
coordinare ipotetiche tassazioni patrimoniali con
quelle reddituali, dando sfogo alla riflessione, di
senso comune, secondo
cui il patrimonio formato con redditi tassati
dovrebbe essere esentato, o comunque tassato con
aliquote più miti. Il fatto è che, con gli anni i redditi,
dichiarati, fiscalmente
irrilevanti o evasi, si patrimonializzano (par.9.1), si
stratificano e danno luogo a uno “stock”, che
passa di mano ormai lontano dalle ricostruzioni del
fisco.
difficoltà di
esternalizzazione
L’imposta sul patrimonio è quindi difficile da
esternalizzare, e va gestita in prima persona dalla
macchina fiscale, al massimo con un contributo
collaterale dalle aziende1165.
Questo è il vero ostacolo alla tassazione
patrimoniale generalizzata in Italia , prima
ancora di contrarietà "politico-ideologiche". Se il
fisco può “vedere”, in modo sufficientemente
sistematico solo la ricchezza risultante dai pubblici
registri (fabbricati e terreni), senza poter contare
sull'aiuto delle aziende, quest'imposta appare
subito velleitaria. Ne vedremo subito una riprova
per l'imposta sulle successioni e donazioni.
L’inadeguatezza nel progettare un monitoraggio
1164

di questi fenomeni spinge a ripiegare su rozze forme


di “patrimoniale”.
Anche quando il patrimonio si concretizza in ricchezza
1165

amministrativamente visibile, come depositi bancari,


investimenti finanziari, gestioni fiduciarie, le aziende possono
agire da esattori del fisco solo sui cespiti patrimoniali loro noti,
in quanto ad esempio in deposito.

686 di 704
10.5. Successioni e donazioni: un’imposta patrimoniale
da gestire attraverso gli uffici.

Lo svuotamento
dell’imposta sulle
successioni
Un esempio di quanto indicato al paragrafo
precedente, sulla difficoltà di adeguare le imposte
patrimoniali al nuovo contesto di ricchezza aziendale
e finanziaria si trova nel progressivo svuotamento
dell'imposta sulle successioni e donazioni, rispetto
all'importanza perequativa che dovrebbe rivestire .
Alternatività tra
reddito e liberalità
Già il concetto comune di reddito (dal latino
«reditus» cioè contropartita di una prestazione)
esclude gli incrementi di patrimonio derivanti da
successioni e donazioni; esse fanno infatti acquisire
un patrimonio
abbandonato da altri, senza contropartita, per
liberalità o per morte1166.

manifestazione di
ricchezza non
reddituale
Tuttavia ricevere ricchezza da altri, fosse pure la
propria famiglia, migliora la posizione economica, e
per questo quasi tutti i paesi assoggettano a
tassazione questi fenomeni. Soprattutto in società
mature, come quella attuale, occasioni di migliorare
la propria condizione sono scarse e le condizioni
economiche familiari sono determinanti. Per questo
un tributo successorio, o una imposta ordinaria sul
patrimonio, è presente nella maggior parte dei paesi
ad economia mista1167, il che conferma il

1166
) Appare quindi grossolano il ragionamento massimalista del tipo “se ha
preso i soldi allora ha un reddito”; tuttavia, come vedremo, i soldi ricevuti in
donazione rilevano sotto il profilo diverso indicato nel testo.
1167
Un ordine di grandezza del patrimonio complessivo delle
persone fisiche sarebbe inoltre utilissimo come indizio della

687 di 704
mantenimento, da parte di altre amministrazioni
fiscali, di una capacità valutativa della ricchezza che
da noi sta svanendo.
Difficoltà tecniche
di realizzazione
Pur così socialmente giustificato, il tributo
successorio incontra difficoltà sul piano della
determinazione della ricchezza e del
coordinamento coi tributi sui redditi 1168; è infatti
man mano diminuita la ricchezza fondiaria, visibile
attraverso pubblici elenchi, dove il beneficiario
(erede o donatario) ha bisogno di sostituirsi al
vecchio titolare, rendendo facile chiedere l'imposta
al subentrante.
Trasferibilità della
ricchezza con atti
non qualificati
Con la “finanziarizzazione” del patrimonio, e con
l’intestazione a società anche dei patrimoni
immobiliari più consistenti, l’imposta è diventata
inidonea a raggiungere i trasferimenti di ricchezza
finanziaria ed i passaggi di quote societarie. La
sufficienza di atti “informali” , non solenni, per
trasferire la ricchezza emergeva nelle “donazioni
indirette”, realizzate senza atto pubblico, ma
ugualmente valide, come la rinuncia a crediti, a
diritti di opzione, i pagamenti di debiti altrui etc. I
passaggi informali di ricchezza, soprattutto
all’interno dei nuclei familiari, non sono facilmente
qualificabili, in quanto si tratta di atti "neutri", dove

ricchezza non registrata, come indicato ai parr.5.13 e 5.14.


Basta pensare a quanto sarebbe utile all'imposta in esame,e
anche all'accertamento dei tributi sui redditi e i consumi, lo
schedario permanente della situazione patrimoniale indicato al
par.5.7.
1168
Ad esempio, quando riguarda patrimoni formati con redditi
tassati, questa tassazione si giustifica, anche se magari con
incidenza minore.

688 di 704
la ricchezza si trasferisce, ma se ne ignora il titolo
giuridico1169.
Vicende legislative
contingenti
Su questo sfondo si innestarono iniziative diverse, a
seconda dell'ispirazione politica, tra l'abolizione
e la razionalizzazione del tributo, accomunate
però dalla consapevolezza della sua crisi.
Diminuzione delle
aliquote e
tassazione delle
quote
Nel 2000 si cercò di rompere il collegamento
all’imposta di registro, abbassando le aliquote (non
superiori all’8%), aumentando le quote esenti ,
passando alla tassazione su quello che ciascun
beneficiario aveva ricevuto, mentre in
precedenza l'imposta era globale sull'insieme
dell'eredità, come entità unitaria, ricalcando la
successione civilistica, con testamento o ex lege.
Tentativi di
allargare la base
imponibile
Si cercò soprattutto di ampliare la base imponibile,
di recuperare anche i trasferimenti mobiliari, non
formalizzati in atti soggetti a registrazione; si fece
leva, a questo scopo, sull’accertamento della
condizione patrimoniale ai fini dell'accertamento in
base al tenore di vita nei tributi sui redditi. L'unico
strumento del fisco, previsto dall'attuale
legislazione, è quello di tassare la ricchezza che il
contribuente, per contrastare un accertamento
basato sulla spesa (par. 5.14), spiegasse con le
suddette liberalità “informali”.
Abrogazione
reintroduzione e
stasi
Dopo pochi mesi il governo di centrodestra, uscito
dalle elezioni del 2001, soppresse l'imposta,
sbaglierebbe infatti chi ritenesse giuridicamente
1169

"donazione" il trasferimento di somme mediante bonifico,


assegno, etc.

689 di 704
riesumata tale e quale dal breve governo di
centrosinistra del 2006, ma rimasta un ramo secco,
che crea più problemi che gettito. E' una delle tante
vittime della mancata spiegazione d'insieme della
determinazione della ricchezza ai fini tributari, e
sopratutto della sua componente valutativa da parte
degli uffici tributari.

10.6. Altri tributi speciali su consumi di determinati beni


e servizi (incluso accise e dogane)
Residui tributi “a
quantità”
La tradizione di colpire la ricchezza espressa dalle
quantità di merci (paragrafi 1.3 e 7.2) si è
mantenuta per poche imposte, relative a beni con
modalità di circolazione ancora fisicamente
controllabili dal fisco. A differenza dell’IVA , queste
imposte mantengono, l’antica tradizione (par.7.1) di
essere applicate alla quantità delle merci,
trascurandone il prezzo di vendita.
Istituzione
competente
Questa tradizione, e le particolari procedure
applicative, con specifiche tecniche oltre che
giuridico contabili, spiegano l'applicazione di molti di
questi tributi da parte dell'agenzia delle dogane
(1170). Al loro interno troviamo imposte sui prodotti
petroliferi, la cui importazione e distribuzione è facile
da controllare, anche fisicamente, visti gli impianti
necessari alla relativa lavorazione e distribuzione. Lo
stesso accade per le imposte sull’energia elettrica,
gas di città (c.d. «accise»). Tutti tributi di origine
molto antica si sono adattati facilmente alla
tassazione attraverso le aziende, come indicato al
par.10.1.
Esternalizzazione,
traslazione sul

Istituzione indicata al par.5.2, e di cui diremo al prossimo


1170

paragrafo per i diritti di confine.

690 di 704
consumo e
coesistenza con
l’IVA

Anche di questa tipologia di tributi sono rimasti solo


quelli ormai esternalizzati, applicati grazie a pochi
grandi soggetti, caratterizzati dalle note rigidità
amministrative, e quindi fiscalmente affidabili1171.
Si tratta senz’altro di imposte sui consumi, anche se
applicate (per ovvi motivi di semplicità) in capo al
produttore o all’importatore, il quale le riaddebita
poi ai propri clienti, comprendendole nel prezzo, fino
ad arrivare sul consumatore, contribuente "di fatto",
secondo i concetti di cui al par.3.51172. Sono quindi
imposte che coesistono (1173) con l’imposizione
generale sui consumi rappresentata dall’IVA , grazie
a specifiche autorizzazioni comunitarie1174.

Rilevanza
concentrazione
offerta

1171
Questa «famiglia» di tributi funziona tanto più
efficacemente quanto più la produzione o la
distribuzione sono concentrate in poche grandi
aziende. In questo caso è facile effettuare una vera e
propria vigilanza fisica, da parte degli uffici fiscali,
sulle fasi di lavorazione e movimentazione del
prodotto.
1172
Benché il contribuente di diritto (par.3.5) delle
imposte di fabbricazione sia il produttore, e
l’imposta sia dovuta in stadi
anteriori a quello in cui i beni sono immessi al
consumo, si tratta di tributi destinati ad essere
economicamente traslati sul consumatore finale,
dove la grande organizzazione
amministrativa fa sostanzialmente da esattore.
1173
E tendenzialmente si cumulano, visto che le imposte sui
prodotti petroliferi gonfiano il prezzo, che a loro volta è base
imponibile per l'IVA.
1174
) Cfr sopra, par.2.6 e all’inizio del par. 7.3.

691 di 704
L’efficienza di questi tributi diminuisce, man mano
che la produzione e distribuzione si frammenta,
diminuisce l'affidabilità delle organizzazioni e le
cautele fiscali, la vigilanza del fisco, sono costretti a
disperdersi su un elevato numero di piccole
posizioni. La valutazione di questi singoli tributi in
termini di equità ed efficienza cambia quindi a
seconda delle modalità di produzione e di
distribuzione del bene tassato (benzina, sigarette,
etc.), come vedremo più avanti1175.
Imposte sulle utenze
Sono sostanzialmente imposte di consumo
(«accise») quelle sull’energia elettrica, il cui
successo dipende anche qui dalla concentrazione
dell’offerta presso pochi soggetti
facilmente controllabili (ENEL, Aziende ex
municipalizzate, Italgas e simili), che riforniscono un
gran numero di consumatori, attraverso apposite
condutture, direttamente

1175
Sono altre conferme dell’importanza, ai fini della
valutazione di un tributo, delle modalità di
circolazione della ricchezza cui si riferisce.
Questo spiega il fallimento di alcune imposte di
fabbricazione, come quelle sui sacchetti di plastica,
facili da produrre in strutture di fortuna, con
macchinari abbastanza semplici. Insomma, le
raffinerie di petrolio clandestine non esistono per il
semplice
fatto che sarebbero in perdita, e che è più
conveniente pagare l’imposta. Analoghe
considerazioni
valgono per il contrabbando effettuato trasportando
fisicamente le merci oltrefrontiera: è conveniente
per le sigarette e sarebbe antieconomico per gli
idrocarburi.

692 di 704
nel domicilio degli utenti. Non c’è perciò un
problema di contrabbando e di controllo delle
movimentazioni
fisiche dei prodotti; è invece sufficiente imporre al
fornitore di applicare, nelle proprie fatture di
addebito (ad es. bolletta ENEL), anche il tributo; la
gestione di tali imposte è perciò
molto semplice: pochi “grandi fornitori” pagheranno
ed effettueranno la rivalsa sui clienti.
assicurazioni

Sul piano economico-funzionale, imposte sul


«consumo di servizi» sono anche quella sulle
assicurazioni, dove la società di assicurazione
addebita il tributo ai propri
assicurati, proporzionalmente al premio pattuito (si
ritorna perciò ad una imposta commisurata al
corrispettivo) e lo versa al fisco; in modo analogo,
cioè facendo leva sulla
struttura amministrativa del fornitore, funziona
anche la tassa di concessione governativa sui
telefoni cellulari “in abbonamento”.
rinvio ai monopoli
Alla categoria dei tributi sul consumo possono
essere ricondotte – sotto il profilo della funzione e
della struttura – anche le entrate pubbliche derivanti
dal monopolio (par. 5.1), come la distribuzione dei
tabacchi ed il lotto, lotterie e concorsi a premio.
Anche il sistema si basa su una prededuzione dal
denaro raccolto vendendo i biglietti: insomma,
“gratta gratta” lo Stato vince sempre e il resto
possono pure dividerselo i fortunati vincitori.

10.7. La metamorfosi contabile-comunitaria dei tributi


doganali
Antiche origini del
tributo
I tributi doganali hanno antichissime origini,
essendo un aspetto della sovranità statale sul

693 di 704
territorio1176, in quanto la vigilanza dei confini ha
funzioni di politica generale, di ordine pubblico,
sanitario, di sicurezza, di protezione delle produzioni
nazionali dalla concorrenza straniera, con
espressione che oggi, al tempo della "libera
circolazione" e della globalizzazione, sembra un po’
stonata.
Globalizzazione e
dogane
Una tendenza recente ha infatti messo in crisi le
barriere doganali sono entrate in crisi. Esse sono
state infatti abolite tra i paesi comunitari, come
indicato al par. 2.61177 e al par.7.4 a proposito
dell’IVA, ma ne è stata anche ridimensionata la
portata nei rapporti con paesi terzi, con una notevole
attenuazione delle imposte doganali, anche a
seguito di trattati internazionali di varia natura.
Dall’ispezione
fisica al controllo
documentale
In un contesto in cui le merci viaggiano sempre più
accompagnate da documenti di trasporto e
spedizione, assicurazione, certificati di origine etc.,
anche nei tributi doganali le vecchie ispezioni
fisiche sono state sostituite da controlli cartolari
e documentali; anche i tributi doganali si sono
insomma adeguati alle modalità contabili della
tassazione attraverso le aziende; l'intervento delle
autorità doganali resta comunque molto intenso, in
quanto riguarda comunque la totalità delle relative
pratiche di importazione ed esportazione, sia pure in
modo documentale, con pochissime ispezioni fisiche.
Dogane residue
come presidio
europeo

1176
) Come abbiamo visto al paragrafo 1.3.
1177
) In tale sede abbiamo infatti mostrato che l’eliminazione dei dazi doganali
interni è stata il primo obiettivo dell’unione europea (un tempo chiamata
mercato comune, acronimo MEC).

694 di 704
Le barriere doganali sono rimaste solo ai confini
terrestri con gli stati non appartenenti all’UE
(Svizzera), nei porti e negli aeroporti: questi
confini sono diventati non solo nazionali, ma confini
dell’unione europea, nel senso che, una volta
giunte in un paese dell’unione, le merci potranno
circolare in tutti i paesi membri, senza incontrare
altre barriere; accanto alla vigilanza fisica al confine
sono diventati perciò importanti i controlli sul
territorio, tendenti ad accertare la provenienza delle
merci.
Attribuzione
europea del gettito
Il gettito dei tributi doganali prelevati su merci di
provenienza estranea all’Unione Europea è acquisito
dalle autorità fiscali nazionali (la nostra Agenzia
delle Dogane),ma devoluto all’Unione Europea, al
netto di una quota di rimborso spese.
Quest’ultima emette altresì la normativa doganale
applicabile dalle amministrazioni nazionali; è il caso
più diffuso di utilizzazione di regolamenti
comunitari, direttamente esecutivi come indicato al
par.2.6.

10.8. Tributi locali tra tassazione attraverso le aziende e


attraverso gli uffici:aspetti tributari del “federalismo fiscale”

Antichi vantaggi
degli enti locali
come esattori di
imposte
Nella tradizione dei tributi determinati da pubblici
poteri (par.1.3), gli enti locali erano anche ottimi
acquisitori di imposte, il loro radicamento sul
territorio, le forti relazioni di vicinato dava agli
enti locali un vantaggio competitivo rispetto ai poteri
centrali, nell’acquisizione delle entrate, nella
tassazione valutativa di cui al par.1.3. Gli enti locali
erano anzi le collettività intermedie cui il potere
centrale indirizzava la richiesta dei tributi col

695 di 704
sistema a ripartizione. Questa intermediazione
degli enti locali è stata oggi in gran parte
rimpiazzata da quella delle aziende, nuovi corpi
sociali (par. 3.1) attraverso cui avviene non solo la
circolazione, ma anche la tassazione della ricchezza.
Autotassazione e
declino
Gli enti locali sono stati ben contenti di una
diminuzione del loro ruolo politicamente sgradito,
soprattutto in democrazia, di esattori dei tributi.
Questo declino stava in parte nelle cose, ma venne
formalizzato con la legislazione riformatrice del
1973.
Opportunità
perdute
Nell'assenza di spiegazioni e consapevolezze sociali
sulla determinazione dei tributi non si sono
coinvolti i comuni nella determinazione
valutativa della ricchezza, fortemente legata al
territorio, che sfugge alla tassazione attraverso
le aziende; i comuni interferiscono infatti
fortemente col lavoro indipendente al consumo
finale, le costruzioni, l'edilizia e le locazioni, da loro
valutabili per ordine di grandezza, meglio di quanto
possano fare le amministrazioni centrali (paragrafo
5.2).
Eccesso delle spese
rispetto ai tributi
Gli enti territoriali si sono trovati quindi ad essere
erogatori di spesa pubblica, finanziata da
trasferimenti del governo centrale. All'erogazione di
tali spese non ha fatto più riscontro una diretta
acquisizione delle entrate, con una
deresponsabilizzazione di enti locali ormai
finanziariamente non autosufficienti. Il risparmio
amministrativo, e l'oculata gestione del bilancio
degli enti locali, non sono state in questo modo
incentivate.
Recriminazioni e
federalismo fiscale

696 di 704
Questo squilibrio ha provocato anche lamentele da
parte delle regioni più sviluppate; ad avviso di
queste ultime,
infatti, i tributi statali raccolti sul loro territorio
andavano a finanziare non tanto i servizi pubblici,
quanto gli sprechi, delle aree meno sviluppate.
Ne sono nate, a partire dal 1993, discussioni politico
sociali genericamente indicate con l’espressione
“federalismo fiscale“, inteso come esigenza di
avvicinare le entrate
locali alle spese locali, garantendo i servizi essenziali
alle aree territoriali più deboli, ma stimolandone
l’efficienza amministrativa.
come problema
generale di finanza
locale
E' un problema complessivo di finanza
pubblica, che travalica l’aspetto puramente
tributario; ricordando il par.1.1 sulla differenza tra
tributi e fiscalità, potremmo dire che il federalismo
fiscale è solo in parte una questione tributaria.
Estranea alla determinazione dei tributi è la
tendenza a stimolare l'efficienza della spesa
locale attraverso la determinazione dei trasferimenti
statali in base a parametri di “costo standard”(per
sanità, scuola, assistenza), come da legge 42-2009.
Tributi locali come
appendici di tributi
statali
I tributi locali sono ormai agganciati molto alla
tassazione attraverso le aziende, soprattutto
attraverso le addizionali regionali e comunali
all'IRPEF per dare agli enti territoriali margini di
autogoverno su ricchezza determinata ai fini di
imposte statali. La scelta è efficiente in termini di
costi di determinazione e riscossione, in quanto si
utilizzano informazioni già presenti nella tassazione
attraverso le aziende; la tassazione statale va a
rimorchio delle aziende e la tassazione locale va a

697 di 704
rimorchio di quella statale. In questo modo però si
perde l'occasione di usare i poteri locali come
riequilibrio di una determinazione della ricchezza
sbilanciata sulle organizzazioni amministrative
pubbliche e private. La ricchezza esclusa, di diritto o
di fatto, dall’Irpef, non è soggetta alla tassazione
locale; anche la finanza regionale, basata sull'IRAP
(par.9.6), si aggancia alla determinazione della
ricchezza ai fini di tributi statali. La tassazione
locale autonoma è quella legata agli immobili di
cui al prossimo paragrafo, o beni mobili registrati
(tasse auto par.10.10), oppure a varie forme
intermedie tra “tasse” e “tariffe” (raccolta rifiuti,
par.10.10, occupazione suolo, servizi idrici e
depurazione acque, di alcuni dei quali si è detto al
par. 5.1).
Molti di questi tributi non sono difficilmente
gestibili, in quanto altamente frammentati su
numerosi contribuenti, ciascuno debitore di importi
modesti, e quindi con notevoli difficoltà gestionali di
determinazione della ricchezza e di riscossione. I
problemi da affrontare sono quelli tipici della
tassazione attraverso gli uffici, e si ritrovano in parte
a proposito dei tributi immobiliari, cui è dedicato il
prossimo paragrafo.

10.9. La tassazione patrimoniale locale sugli immobili


(sall’ICI all’IMU alla TASI)
Patrimoniale
immobiliare tra
principio del
beneficio e
ricchezza
Nella maggior parte dei paesi sviluppati,la
tassazione locale tiene conto degli immobili,
“visibili” e radicati al territorio, come luogo attorno
al quale si riuniscono persone che utilizzano i servizi

698 di 704
comunali1178, cioè l'ambiente, la viabilità, i giardini, la
pubblica illuminazione, etc.. Gli immobili abitativi
possono anche essere cioè un parametro indice della
fruizione di servizi pubblici, secondo il principio del
beneficio di cui al par.1.8.
Tormentate vicende
“prima casa”
Questa logica è stata travisata dal confuso tributo
locale patrimoniale immobiliare annuale, costruito
più come una imposta patrimoniale locale sui
valori immobiliari, ispirata cioè al principio della
rilevanza della ricchezza, non della forfettizzazione
nella funzione dei servizi pubblici.
Tassazione “prima
casa”
Ciò si verificò nel 1993, con l’imposta comunale sugli
immobili (ICI), applicata anche alla c.d. "prima casa",
poi esentata dal governo Berlusconi (a partire dal
2008), e nuovamente colpita dall'analoga imposta
IMU nel 20121179, poi sostituita dalla più mite TASI,
nel 2014. sull’onda della crisi finanziaria fu
sostituita, con la casualità e le contingenze tipiche
della comunicazione “politico mediatica” dall’IMU,
specialmente relativa alla c.d. “prima casa”.
Dall'intreccio di queste logiche, e delle polemiche
politiche, è nata una grande confusione, con la
reintroduzione dell'IMU prima casa con un diverso
tributo denominato “TA SI”, con aliquota inferiore,
1178
Gli immobili abitativi , in molti paesi, sono considerati "un
focolare" (si ricordi l'imposta capitaria medievale denominata
"focatico al termine del par.1.3), cioè un luogo attorno al quale
si riuniscono persone che utilizzano i servizi comunali (la
viabilità, i giardini, la pubblica illuminazione, etc.). Gli immobili
abitativi possono quindi essere un indice della fruizione di
servizi pubblici.
1179
) Il cambiamento di nome (ICI-IMU) fu dovuto proprio alle esigenze
d’immagine di trovare un pretesto per la reintroduzione del tributo sulla prima
casa. Parlare di introduzione di un nuovo tributo, che colpisce anche la prima
casa, suonava politicamente meglio che rimettere l’ICI sulla prima casa.
Analoghe motivazioni nominalistiche si trovano nella soppressione dell’IMU
prima casa e nella contestuale introduzione della TASI, nel 2013-2015.

699 di 704
poi abolito nel 2015, sempre sull'onda del consenso
politico.
Impostazione
strutturale del tema
prima casa
Accantonando un attimo il contingente profilo
politico-mediatico, nella logica del principio del
beneficio la "prima casa" non avrebbe meritato
particolari sgravi, proprio perché essa è indice della
fruizione dei servizi comunali,come utilizzazione di
strade, illuminazione, ambiente, giardini, etc.. E'
però logico che il principio del beneficio si mescoli
con quello della ricchezza, in quanto il valore
dell'immobile diventa un indice per ripartire sui più
benestanti il costo dei servizi comunali, in una logica
paracondominiale; cioè quella in cui chi ha la casa
più bella, assorbe anche una quota maggiore dei
costi comuni, sempre nel quadro del principio del
beneficio. Le prime case "di valore" avrebbero
potuto pagare più delle prime case "economiche",
ma la relativa tassazione sarebbe stata conforme al
principio che i costi dei servizi fruiti dai residenti
devono gravare su di essi. In una logica di
imposizione patrimoniale, invece, la prima casa
avrebbe meritato sgravi, in quanto non è "un
investimento", ma uno strumento per soddisfare
esigenze abitative1180.
Inconvenienti
generali delle
imposte
patrimoniali
L’IMU presenta tutti gli inconvenienti i delle imposte
patrimoniali ordinarie indicati al par.10.4 ,
soprattutto riferiti agli immobili privi di reddito e che
hanno subito diminuzioni di valore di mercato. In
questo caso nessun indizio di ricchezza giustifica il

La proprietà immobiliare è infatti economicamente bifronte


1180

anche in capo ai proprietari, in quanto da una parte è una


manifestazione di ricchezza, dall'altra uno strumento per
soddisfare bisogni personali.

700 di 704
prelievo, come accade per molti immobili
commerciali "capannoni" che nessuno vuole più,
terreni abbandonati o seconde case abbandonate da
famiglie che non fanno più "la villeggiatura"1181.
Determinazione del
valore e gettito
Le imposte in esame sono commisurate al valore
degli immobili determinato con i moltiplicatori della
rendita catastale previsti ai fini delle imposte
indirette (registro: paragrafo 10.2), con aliquota
stabilita annualmente da ciascun comune, e che può
variare fino a un massimo del 11 per mille circa del
suddetto valore, a seconda delle tipologie e della
destinazione (particolarmente penalizzati capannoni,
negozi e case di villeggiatura).
L’elevato gettito di quest’imposta smentisce ancora
una volta l’infedeltà fiscale degli italiani,
considerando anche le scarse possibilità reali di
controllo degli uffici comunali.
L’individuazione e determinazione della ricchezza
sono affidate alla rilevazione del patrimonio
immobiliare, senza l’aiuto di “strutture
amministrative intermedie”:

10.10. Aspetti concettuali di altri “tributi minori”, locali o


a destinazione speciale.

Tendenza a passare
da tributi a tariffe
Negli ultimi anni c'è stata una tendenza politico-
ideologica a trasformare i tributi in tariffe (paragrafo
5.1) ; ciò

1181
Può accadere che una famiglia con una prima casa signorile, che vale un
milione di euro, non paghi nulla, mentre chi vive in una casa da trecentomila
euro ed ha una casa di villeggiatura da centomila , paghi qualcosa, pur con un
valore patrimoniale di meno della metà.

701 di 704
consente di poter affermare di aver "ridotto le
tasse", di aver "privatizzato", e "liberalizzato";
concetti politicamente di moda.
esempi di
occupazione suoli e
pubblicità
Questa mutazione si è verificata per l’occupazione
del suolo pubblico, e la pubblicità effettuata
attraverso affissioni, insegne pubblicitarie, cartelloni,
striscioni etc. i relativi tributi sono stati trasformati in
canoni di concessione amministrativa, collocati tra le
entrate pubbliche ispirate al principio del “beneficio”
(par.1.8 e 5.1).
Tassa rifiuti
La trasformazione in tariffa è fallita per la c.d.
"tassa raccolta rifiuti solidi urbani", dove la
trasformazione è ostacolata dalla difficoltà di
organizzare il servizio in modo da subordinare
l'accettazione del materiale (i rifiuti) al pagamento d
el tributo. Resta solo una correlazione globale tra
costo generale del servizio e ammontare del tributo
è globale (1182).
E' rimasta quindi la proporzionalità tra dimensioni
dell’immobile, persone che può ospitare e quantità
di rifiuti presunta, considerando il numero di
occupanti. Questa personalizzazione del calcolo da
parte dei comuni rende necessaria la dichiarazione
dei contribuenti e la richiesta d’ufficio, perché
l'autodeterminazione sarebbe troppo complessa.
Tributi ambientali e
consorzi
obbligatori
recupero
Per affinità con la tariffa rifiuti accenniamo ai tributi
ambientali, che invece non fronteggiano una
specifica attività di smaltimento da parte dell'ente
pubblico, ma un "costo sociale generale" ,
rappresentato dalla degradazione del clima, delle
acque, dell'aria. Sarebbe auspicabile che le relative
1182
E' una caratteristica dei c.d. “tributi di scopo”.

702 di 704
attività fossero interrotte o rese meno inquinanti, ma
la loro tassazione, prevista all'estero con la c.d.
"carbon tax", o la tassazione delle emissioni
inquinanti è un compromesso con l'attività
economica. Si tratta dei contributi di smaltimento
per una serie di consorzi obbligatori (batterie
automobilistiche, olio di macchina, plastica, carta e
simili).
Tassa possesso
veicoli
Il difficile inquadramento concettuale dei tributi
secondari si ritrova per la tassa di possesso sui
veicoli, evoluzione della tassa di circolazione;
giustificata con le spese di costruzione e
manutenzione delle strade, Il tributo va ormai
pagato in “autotassazione” (paragrafo 1.5), ma le
regioni utilizzano il gestore dei registri
automobilistici per la richiesta coattiva in caso di
inadempimento. Il tributo è commisurato alla
potenza fiscale del veicolo, non al suo valore,
amministrativamente ingestibile. Ne deriva quindi,
soprattutto per le vecchie auto, un carico tributario
annuale
spesso fortissimo rispetto al valore commerciale del
veicolo, e al limite può addirittura eccederlo per
qualche vecchio rottame, senza i requisiti per essere
agevolato come “auto
d’epoca”.
canone RAI
I problemi concettuali appena indicati si si
ripresentano per il “canone RAI”, tributo
anacronistico sotto vari profili; sia in relazione alla
sua giustificazione economico sostanziale, superata
dall’offerta radiotelevisiva, sia in relazione alla
gestibilità amministrativa. È infatti impossibile ed
antieconomico gestire una anagrafe specifica dei
proprietari di apparecchi Radiotelevisivi. L’agenzia
delle Entrate di Torino, cui fa capo l’applicazione del

703 di 704
tributo, fa il possibile spedendo lettere “random” sul
presupposto dell’esistenza di un apparecchio
televisivo in ogni casa. Il tributo si trascina per forza
di inerzia, e il sorprendente gettito, ancorché aiutato
dal martellamento televisivo, smentisce
ulteriormente lo stereotipo degli italiani evasori
senza senso civico (par.4.5), confermando invece la
disorganizzazione nella progettazione e gestione
delle entrate tributarie.
Diritti camere
commercio
Analoghe considerazioni possono svolgersi per il
tributo connesso all’ iscrizione obbligatoria alle
camere di commercio, una forma di
“associazionismo vincolato”, la cui principale
funzione è la tenuta dei registri degli operatori
economici ubicati in un determinato territorio.

704 di 704

Potrebbero piacerti anche