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INTRODUZIONE

La resistenza del movimento giansenista iniziò nel 1713, anno di


promulgazione della bolla Unigenitus, e proseguì in questa veste fino al 1764,
anno di espulsione dei Gesuiti.
In questo periodo il giansenismo si trasformò e si adattò agli avvenimenti,
influenzandoli in maniera incisiva soprattutto nel momento della trasposizione
politica della resistenza.
I pilastri del movimento erano costituiti dal figurismo, una teologia della storia
che si basava sulla corrispondenza tra le Sacre Scritture e la storia
contemporanea e dalla dottrina della resistenza nella Chiesa, fondata sul
manifesto del giansenismo, l’opera “Témoignage de la vérité” di La Borde, alla
base dell’appello al giudizio dei fedeli. Gli illustri teologi del figurismo e
propagandisti di tale interpretazione furono Duguet e d’Etemare. Il discepolo di
Duguet, d’Etemare, riuscì a concretizzare come emblema il piccolo monastero
di Port Royal, che divenne lo stendardo della resistenza e accompagnò il
movimento nel corso degli avvenimenti. Port Royal diventò figura religiosa e
poi politica nella quale si identificarono i difensori della verità.
Il nemico, in contrapposizione a Port Royal, era la Compagnia di Gesù,
fantasma onnipotente e partito dell’errore che voleva influenzare le coscienze
ed alimentare il suo potere.
Il sistema concreto di propaganda giansenista attraverso il quale il partito
voleva aggiungere una nuova risorsa alla lotta, i laici, era la stampa
clandestina. Gli strumenti erano i libri giansenisti e il settimanale “Les
Nouvelles Ecclésiastiques” che venne stampato dal 1728 al 1803 e creò,
soprattutto nel primo periodo, l’illusione dell’esistenza di un’opinione pubblica
già formata e della quale il giornale era il mezzo di espressione.
Questo sistema venne interamente sostenuto dai giansenisti, i quali
realizzarono una struttura particolare di finanziamento che non conosceva
dispersioni, la “Boite à Perrette”.
Nel 1730 le conseguenze della propaganda figurista sfuggirono al controllo dei
suoi teologi e si manifestarono attraverso il fenomeno delle convulsioni, che in
questo periodo si intensificò. Le convulsioni diventarono la rappresentazione
fisica della potenza di Dio e un altro elemento della lotta contro la bolla
Unigenitus. I convulsionari furono all’origine della prima divisione all’interno del
partito fra sostenitori e detrattori.
Fra i partecipanti “all’opera delle convulsioni” vi furono i futuri autori della
trasposizione del figurismo nella politica: i magistrati e gli avvocati.
Tra questi ultimi vi era Le Paige, l’éminence grise, la figura che agiva dietro
alle quinte della scena parlamentare. Le Paige era un partigiano
dell’assolutismo e quindi intese agire nel quadro del sistema monarchico per
arrivare ad una conciliazione fra il re ed il Parlamento. Egli considerava il
Parlamento come il depositario delle leggi, quest’ultimo doveva resistere fino al
martirio, cercando di trasmettere al re, accecato da cattivi consiglieri, la verità.
Le Paige trasportava nell’ambito parlamentare i principi figuristi della
resistenza e della difesa della verità e delle leggi fondamentali di Dio, allo
stesso tempo trasferì la lotta fra giansenisti e complotto gesuita dalla Chiesa al
Parlamento. L’opera di Le Paige continuò dopo l’espulsione della Compagnia di
Gesù , nel 1764, e si focalizzò sui tentativi di riforma di Mapeou rivolti a
togliere al Parlamento le sue prerogative; fu l’ultimo intervento sulla scena
politica. Successivamente la Costituzione Civile del Clero generò una crisi che
si non si verificò più nel quadro ben definito della lotta contro la bolla
Unigenitus e generò un’ultima metamorfosi nella dinamica figurista. Il
gallicanesimo, soffocato dalla lotta giansenista, venne alla luce ma dividendosi
in due vie, il gallicanesimo politico che era incarnato da Le Paige ed il
gallicanesimo ecclesiastico che era incarnato da Maultrot. Entrambi erano
sviluppi del “richerismo”; il gallicanesimo politico tendeva ad affermare la
predominanza sul potere spirituale in genere, mentre il gallicanesimo
ecclesiastico predicava l’indipendenza della Chiesa sull’autorità monarchica e
papale oltre che episcopale. Vi fu un terzo sviluppo del “richerismo” incarnato
da Larrière, favorevole alle riforme, che venne definito laicismo o
“multitudinisme” e che tentò di dare una giustificazione teologica alla
Costituzione.
Il giansenismo si dissolse così in queste divisioni ma nella divulgazione del suo
pensiero religioso, nel corso degli anni, aveva disseminato il suo cammino di
dubbi sul rapporto fra monarchia e religione ed involontariamente contribuito
agli scossoni pre - rivoluzionari.

1. BASE STORICO RELIGIOSA DEL GIANSENISMO

1.1 L’enigma chiave del pensiero cristiano

L’enigma chiave del confronto fra grazia divina e libero arbitrio umano è stato il
focolaio del dibattito fra modernità e reazione, incarnati rispettivamente nel
XVII secolo dalle dottrine gesuita e giansenista .
I giansenisti si consideravano i “discepoli di S.Agostino” e affermavano di
ripetere l’insegnamento più tradizionale della Chiesa, conforme ai Vangeli e alla
teologia agostiniana. Invece accusavano i gesuiti o meglio la dottrina
“molinista” di essere una novità nella Chiesa cattolica che resuscitava la
pericolosa eresia del pelagianesimo. I gesuiti evitavano discussioni sull’autorità
di S.Agostino e legittimavano la loro teoria sulla grazia invocando il perfetto
accordo con l’insegnamento di S.Tommaso D’Aquino e attaccavano la dottrina
giansenista dichiarandola macchiata dagli orrori dell’eresia calvinista.
Esaminando il contenuto delle dottrine sulla grazia e al libero arbitrio, si
possono distinguere:

- le dottrine di S.Agostino e di Calvino che affermano che dopo la Caduta,


le creature umane non possono compiere senza aiuto alcun atto
moralmente buono (conforme alla legge divina).
Per essere buono, qualsiasi atto richiede la grazia che è accordata a certi
e rifiutata ad altri per il semplice potere di Dio, e non perchè certi la
meriterebbero più di altri ;
- l’insegnamento semi-pelagiano dei gesuiti, per il quale noi abbiamo
bisogno della grazia divina per fare del bene, ma la “grazia sufficiente” ci
è accordata e il nostro solo libero arbitrio basta a renderla efficace. Nella
misura in cui la grazia efficace è una condizione costante della nostra
vita, possiamo dire che la perfezione morale e la salvezza dipendono dai
nostri sforzi e dalla nostra volontà. Si distinguono la “grazia sufficiente” e
la “grazia efficace” perchè alla prima è possibile resistere in quanto non
racchiude il necessario per agire.

Gli Agostiniani dichiarano che la grazia efficace viene rifiutata a chi non trae
frutto dalla grazia sufficiente; questo argomento presenta delle affinità con la
dottrina molinista, così detestata dagli Agostiniani , secondo la quale la grazia
è conferita secondo i meriti.
Il legame della dottrina di S.Agostino con il giansenismo è però la
semplificazione di una realtà ben più complessa e contraddittoria.
S.Agostino aveva introdotto un fattore di rottura sotto forma di un insieme di
elementi quali la trascendenza di Dio, l’esteriorità di Dio in relazione all’ordine
delle cose e l’attestazione di Dio nell’intimo del credente.
Tutto ciò comportava l’allontanamento di Dio di fronte ad un mondo terrestre
che si affermava nella sua consistenza autonoma e dove la sua presenza si
rafforzava nella fede interiore. Ritroviamo anche la tematica della “fede sola” e
del “libero arbitrio”nella Riforma luterana dove si riafferma la separazione di
Dio e quindi la proibizione di qualsiasi mediazione se non quella di Dio
attraverso Cristo e le Scritture.
In entrambi i casi l’allontanamento del divino mette in discussione la funzione
mediatrice della Chiesa, perchè questa distanza rende poco plausibile una
mediazione sacrale come legame visibile fra cielo e terra.
Di conseguenza la Chiesa ridefinisce la funzione mediatrice come mediazione
pastorale ed ermeneutica ed il prete diventa guida della Parola e delle
coscienze, un altro Cristo sulla terra.
Questa ridefinizione della Chiesa e la volontà di mantenere un’identità distinta
dalla Riforma comporta una tensione e la sua espressione è il giansenismo.
I giansenisti sono i primi a difendere il sacerdozio o l’eucarestia contro i
“pretesi riformati”, ma questa ortodossia si accompagna ad un rigore riguardo
la necessità della grazia che non può che accomunarli agli avversari protestanti
agli occhi degli ortodossi.
Di fatto c’è un’importante somiglianza fra agostinismo e giansenismo, nelle
concezioni dell’uomo macchiato dal peccato originale e della grazia. Per
entrambi quest’ultima è un dono di Dio che l’uomo non può procurarsi in
alcuna maniera e per divenire efficace, non deve solo conferire alla volontà la
capacità d’agire, ma anche l’azione. La legge di amare Dio comporta l’obbligo
di rimettere a Lui tutte le nostre azioni.

Se poniamo in rilievo gli adepti anzichè le dottrine, tutta la somiglianza


scompare.
I giansenisti sono dei settari che malgrado le dichiarazioni reiterate contro lo
scisma, sono disposti a rompere, se necessario, i legami con la disciplina
ecclesiastica. Per proteggersi contro il pericolo di una condanna dei loro
principi, mettono dei limiti all’autorità della Chiesa e a quella del Papa.
Gli argomenti della grazia, della predestinazione, del libero arbitrio, e del ruolo
della volontà umana nella salvezza e dannazione dell’uomo sono al centro di
una letteratura immensa ed alcune fra queste opere vengono condannate dalle
bolle papali.
Fra i più importanti documenti ricordiamo:

- “Comma pianum” di Michel Baius che contiene 79 proposizioni


condannate con la bolla “Ex omnibus afflictionibus” del 1567
- “Augustinus” di Cornelius Jansenius che contiene 5 proposizioni
condannate con la bolla “Cum occasione” del 1653
- “Nouveau Testament en français accompagné de Réflexions morales” di
Pasquier Quesnel che contiene 101 proposizioni condannate con la bolla
“Unigenitus” del 1713.

L’importanza di questi documenti e delle bolle di condanna è legata al dibattito


teologico che ne scaturisce e alla controparte del dibattito, i giansenisti. All’
epoca della bolla di condanna dell’opera”Comma Pianum” di Baius non esiste

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