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Se qualcuno volesse mettere in fila (e mi pare che qualcuno l'abbia fatto) tutte
le superstizioni presenti nelle differenti culture umane, l'elenco sarebbe
lunghissimo. Ogni cosa, essere o evento, per l'irrazionale della nostra mente,
può portare fortuna, sfortuna oppure addirittura avere più specifici, positivi o
negativi, effetti. Il canto della civetta, il gatto nero che attraversa la strada, lo
specchio rotto, il passare sotto una scala, lo spargere sale... scrivo così, a ruota
libera, e si tratta, fin qui, di superstizioni tradizionali, semplici e circoscritte.
La superstizione, però, può divenire addirittura uno stile di vita perché, per
certe persone, può influenzare ogni scelta, ogni comportamento. Inoltre, può
proliferare. Ciascun essere umano, in tema di superstizioni, può dimostrarsi un
creativo. Ciascuno può, spontaneamente, crearne delle nuove e personali (che
so? un indumento che "porta bene") da aggiungere alle superstizioni antiche e
tradizionali, e dunque generalizzate e generiche come il fare le corna o il dire
"in bocca al lupo" con quel che segue.
Una vera superstizione nasce dunque così, come ci hanno insegnato quei
colombi. Associando, erroneamente, l'ottenimento del premio al
comportamento eseguito immediatamente prima, essi non facevano altro che
stabilire l'esistenza di un'illusoria, falsa relazione di causa-effetto tra due
eventi in realtà tra loro indipendenti. La superstizione, in definitiva, non è
altro che un errore di funzionamento all'interno di quel meccanismo rilevatore
di causalità che è presente, data la sua essenzialità, in ogni specie animale.
L'errore, cioè la confusione tra causalità e casualità, dipende dal fatto che
forte è la tendenza a badare alla presenza delle associazioni, dimenticando i
numerosissimi casi dell'assenza, quando cioè i due eventi avvengono
indipendentemente. A trarci in inganno è proprio il differente peso che si
attribuisce a presenza e ad assenza. Esempio: può capitarci mille volte di
assistere a un incidente senza che questo sia preceduto da un gatto nero che
attraversa la strada, può capitarci mille volte che un gatto nero attraversi la
strada senza che niente succeda; se però capita, una volta su duemila, che i
due eventi coincidano, ecco che subito l'associazione viene colta e viene letta
come rapporto di causa-effetto, e di conseguenza enfatizzata, raccontata a
destra e a manca. Già, raccontata, perché noi umani, tra l'altro, "trasmettiamo
culturalmente". Da qui, appunto, molti sviluppi e altrettante ricadute.
Sviluppi e ricadute
Se nei colombi, così come in altre specie animali, l'origine della superstizione
è sempre rinvenibile in un erroneo uso del condizionamento operante, per la
specie umana non è così. Chi sarà mai stato quello che per primo ha stabilito
che passare sotto un scala porta male? Probabilmente uno cui era caduto un
secchio di vernice in testa avendo inciampato sotto la scala di un imbianchino.
Quello sì che ha fatto come i colombi di Skinner. Ma da allora, lo sappiamo
bene, moltissimi individui, nello spazio e nel tempo, hanno evitato, evitano ed
eviteranno di passare sotto qualsiasi scala perché porta male. E non
possiedono, per quel "porta male", così come per tanti altri, alcuna esperienza
diretta, alcuna spiegazione. Il fatto è che l'uomo non apprende solo attraverso
la sua esperienza diretta, ma anche, e direi soprattutto, per trasmissione
culturale. La maggior parte di quelli che non passano sotto una scala per
superstizione lo fanno perché qualcuno gliel'ha detto. E non pensano a un
secchio che potrebbe cadergli in testa, perché altrimenti sarebbe semplice:
basterebbe guardare se c'è un secchio.
L'idea originale di Curio è stata quella di realizzare una vera struttura capace
di fabbricare le superstizioni. Ecco come. Immaginate tre voliere messe una
accanto all'altra. Le due voliere laterali non avevano niente di speciale e
contenevano ciascuna un merlo. La vera fabbrica delle superstizioni si trovava
nella voliera centrale, più piccola di quelle laterali perché i due merli
potessero vedersi, sentirsi, comunicare. La voliera centrale era centralmente
divisa, per il lato parallelo alle altre due, da una parete opaca, così che ciascun
merlo potesse vedere solo dalla sua parte. Curio poteva piazzare, dal lato di un
merlo, un uccello rapace (che solo quel merlo vedeva), mentre dall'altro lato,
nelle differenti serie sperimentali, metteva animali diversi oppure oggetti. Ma
sempre animali o oggetti totalmente nuovi, e dunque sconosciuti al merlo che
poteva vederli.
Ecco allora cosa succedeva. Il merlo dalla parte del predatore si metteva,
correttamente, in agitazione, e cominciava a lanciare i suoi segnali d'allarme.
Ciò attirava l'attenzione dell'altro merlo, il quale però, ingannato dal
marchingegno pensato da Curio, non vedeva il predatore, bensì un animale o
un oggetto sconosciuto. Così, sulla base dell'allarmante informazione, si
fabbricava l'errata associazione, in pratica la sua superstizione, che
quell'animale (si trattava di uccelli esotici non predatori) o quella cosa (per
esempio una bottiglia dipinta a righe trasversali) rappresentava una minaccia!
E così, nel futuro, quel merlo ogni volta che li incontrava lanciava segnali
allarmanti, trasmettendo la falsa informazione. Liberato in un ambiente dove
c'erano altri merli e, sparsi qua e là, quegli animali o quegli oggetti, era lui a
dare il via alla tradizione, ma presto altri si aggiungevano. Dopo un po' tutti i
merli erano diventati superstiziosi. E questo, senza dubbio, è quello che può
capitare, e che è capitato infinite volte, nella nostra specie.