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ISSN 0017-0089
GIORNALE CRITICO
DELLA
DA
GIOVANNI GENTILE
PUBBLICAZIONE QUADRIMESTRALE
€ 50,00
Direzione
Giovanni Bonacina, Carlo Borghero, Aldo Brancacci,
Massimo Ferrari, Sebastiano Gentile, Mauro Visentin
Comitato scientifico
Michele Ciliberto, Helmut Holzhey, Sir Geoffrey
E.R. Lloyd, Denis O’Brien, Dominic O’Meara,
Gianni Paganini, Renzo Ragghianti, Gennaro Sasso,
Loris Sturlese, Giuseppe Tognon
Redattore
Alessandro Savorelli
Redazione
Davide Bondì, Olivia Catanorchi, Andrea Ceccarelli, Ascanio Ciriaci,
Valerio Del Nero, Eva Del Soldato, Faustino Fabbianelli, Nadia Moro,
Alfonso Musci, Diego Pirillo, Cesare Preti, Oreste Trabucco, Stefano Zappoli
Pubblicazione quadrimestrale
ABBONAMENTO 2019
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GIORNALE CRITICO
DELLA
FILOSOFIA ITALIANA
FONDATO
DA
GIOVANNI GENTILE
FIRENZE
SOMMARIO DEL FASCICOLO
MAURO VISENTIN, Che cos’è ‘trascendentale’ nell’agire presente del soggetto 253
STEFANO ZAPPOLI, Klibansky e Calogero (1929-1937) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 272
Studi e ricerche:
«CARLOTTA CORDAY» (1896) DI ANTONIO LABRIOLA
a cura di Alessandro Savorelli
Discussioni e postille:
DIEGO ZUCCA, Tempo, coscienza ed essere in Aristotele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 439
FIORMICHELE BENIGNI, «Ogni atomo pensa». Una polemica sociniana, fra Gassendi
e Locke . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 447
MARGHERITA BELLI, Il barone Galluppi, l’abate Bonelli e l’eclisse della «filosofia
dell’esperienza» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 461
Note e notizie:
Sapienza peripatetica. Eimerico di Campo e i percorsi del tardo albertismo
(Andrea Colli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 480
The complex itinerary of Leibniz’s planetary theory (Danilo Capecchi) . . . . . . 482
Scienza e filosofia negli anni Trenta (Stefano Zappoli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 484
più riferita alla Notte che, in quanto ha consentito agli Achei di portare a com-
pimento la distruzione di Troia tramite l’inganno del Cavallo, si è rivelata per
loro amica ‘dispensatrice’ di grandi onori3. Una simile lettura – osserva De-
forge – parte dal pregiudizio secondo cui Eschilo non avrebbe mai potuto
concepire la parola κόσμος nel senso in cui la usarono i Presocratici, in par-
ticolare Anassimene4. E invece proprio in quel senso andrebbe inteso e tra-
dotto κόσμος nel passo dell’Agamennone, dove dunque il poeta farebbe rife-
rimento alla Notte amica (degli Achei) «che possiede» (nel senso che «rac-
chiude», e dunque su di essi «domina»: κτεάτειρα, da κτάομαι) i grandi «mon-
di» di cui si compone l’universo. L’interpretazione di Deforge, già adombra-
ta da Jean bollack nel suo poderoso commentario all’Agamennone (dove, pe-
raltro, si fa appello alla nozione empedoclea di κόσμος5), mi sembra piena-
mente condivisibile: tanto più che il suo sforzo di decifrare secondo il lessi-
co filosofico dei Presocratici la cosmologia eschilea non riduce mai quest’ul-
tima a mero ingranaggio ‘fisicistico’, ma ne lascia intatto il forte anelito sim-
bolico, sacrale e religioso, legata com’è ai concetti greci di ordine e bellezza
nonché, a mio giudizio, all’antica idea, tradizionalmente attribuita a Talete,
secondo cui il ‘cosmo’, in quanto Tutto, è animato e pieno di dèi (τὸν κόσμον
ἔμψυχον καὶ δαιμόνων λήρη)6. «Nous pouvons donc dire» – concludeva lo
studioso francese – «qu’Eschyle non seulement sait désigner les astres par le
mot κόσμοι (...), mais encore qu’à l’instar des philosophes il appréhende les
astres et le cosmos dans leur valeur spirituelle, religieuse et divine»7.
Proprio quest’ultimo, fondamentale aspetto non è stato quasi mai colto
dai numerosi saggi dedicati sporadicamente alla matrice ‘presocratica’ delle
tragedie di Eschilo. L’unico vero tentativo di analizzare, non soltanto in un’ot-
tica ‘fisicistica’ ma latamente ‘culturale’, i caratteri ‘presocratici’ della poesia
eschilea resta senz’altro il lavoro di Wolfgang Rösler del 1970, il quale da un
lato mostra di non credere ad una presenza sistematica dei Presocratici nel-
la poesia eschilea (lo studioso tedesco parla infatti di ‘riflessi’ più che di ‘in-
flussi’), dall’altro enfatizza il contributo, per molti aspetti autonomo, di Eschi-
lo al progresso della Wissenschaft e, più in generale, del Geist dei Greci, con-
3 Così intendono, fra gli altri, P. MAZON, Eschyle, 2 voll., Paris, Les belles Lettres 1921-
1925, II, ad loc. (qui nous as conquis de telles splendeurs) e E. FRAENKEL, Aeschylus. Agamem-
non, 3 vols., Oxford, Clarendon 1950, I, p. 113 (that hast won us possession of great glories)
e comm. ad loc. (II, pp. 187-188).
4 Si veda soprattutto 13 b 2 DK (= As 35 Wöhrle): οἶον ἡ ψυχή, φησίν, ἡ ἡμετέρα ἀὴρ
οὖσα συγκρατεῖ ἡμᾶς, καὶ ὅλον τὸν κόσμον νεῦμα καὶ ἀὴρ εριέχει. Lo stesso varrebbe per
Anassimandro: cfr. 12 A 10 DK (= Ar 101 Wöhrle); A 11 DK (= Ar 75 Wöhrle); A 14 DK
(= Ar 4 & 53 Wöhrle).
5 31 b 134, 5 DK. Cfr. J. bOLLACK - P. JUDET DE LA COMbE, Agamemnon, 3 part., Lille,
Publications de l’Université de Lille III-Editions de la Maison des Sciences de l’Homme 1981-
1982, II, pp. 382-383.
6 11 A 1 DK (= Th 237 Wöhrle) ap. DIOG. LAERT. I 27. Cfr. anche A 3 DK (= Th 578
Wöhrle) e A 23 DK (= Th 72 & 340 Wöhrle).
7 b. DEFORGE, op. cit., p. 54.
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2. Nella storiografia filosofica italiana tutta questa riflessione portò ben pre-
sto i suoi frutti, tanto che, nella sua Storia del pensiero presocratico, Enzo Pa-
ci fu l’unico, dopo Jaeger, e sulla scorta di Mario Untersteiner, a riservare ad
Eschilo il meritato ruolo di pensatore, capace di risolvere le aporie dell’esi-
stenzialismo greco in nome della fede in Dio e nella responsabilità dell’agire
umano o, se si vuole, della concreta speranza dell’incontro (sono espressioni
di Paci) dell’eternità della legge con la temporalità dell’evento, ossia dell’inve-
ramento dell’ideale nel reale. «Quando si dice che il principio fondamentale
del pensiero di Eschilo è che “mediante il soffrire” si acquista “un’assenna-
ta esperienza”» – osservava Paci – «si deve aggiungere che l’esperienza a cui
Eschilo pensa è una praxis che si deve attuare nella realtà della vita politica
e storica dell’uomo. (…) Solo Zeus concilia tutti gli opposti perché sa tutto.
Zeus conosce anche il perché della ribellione di Prometeo, (…). L’uomo non
sa mai tutto ed è per questo che la sua conoscenza non può raggiungere una
piena autonomia: ciò che gli è concesso non è la trasfigurazione del mondo
in conoscenza ma la trasformazione del mondo, e cioè della storia, per mez-
zo dell’azione politica»17.
Ebbene, in questo panorama, il volume di Luigia A. Stella dedicato al
rapporto di Eschilo con i Presocratici, e più in generale con gli esponenti più
significativi della cultura del suo tempo18, si distingue per una straordinaria
profondità di analisi, rafforzata da uno stile espositivo sobrio e penetrante,
e, soprattutto, per il perseguimento di un fine scientifico originale, che lo di-
stingue senz’altro dalla gran parte degli studi prima menzionati, ponendolo
in una continuità ideale con le intuizioni di Calogero. Intento dichiarato del-
l’autrice, infatti, non era quello di andare alla ricerca delle tracce di dottrine
presocratiche da più parti rilevate nei drammi eschilei, quanto piuttosto di
«indagare se e quanto la conoscenza sia pure parziale del pensiero contem-
poraneo abbia influito sulla concezione etico-religiosa di Eschilo»19. Sul pia-
of Ancient Greece. Identities and Transformations, Edinburgh, University Press 2010, pp. 422-
441, passim.
16 G. CALOGERO, ivi, p. 334.
17 E. PACI, Storia del pensiero presocratico, Torino, Edizioni Radio Italiana 1957, p. 185:
ai rapporti tra dramma e filosofia presocratica era dedicata quasi metà del volume. Cfr. W.
JAEGER, Paideia. La formazione dell’uomo greco, introduz. di G. REALE, traduz. di L. EMERy
e A. SETTI, indici di A. bELLANTI, Milano, bompiani 2003 (ediz. orig. Paideia. Die Formung
des griechischen Menschen, berlin-Leipzig, De Gruyter 1944), pp. 419-465.
18 L.A. STELLA Eschilo e la cultura del suo tempo, Alessandria, Edizioni dell’Orso 1994.
Si tratta dell’ultimo libro pubblicato dall’autrice, all’epoca ormai novantenne.
19 Ivi, p. VII.
382 christian vassallo
20 Sul punto, si vedano, tra gli altri, W. NESTLE, Die Religiosität des Aischylos, in H.
HOMMEL (hrsg. von), Wege zu Aischylos, 2 bde., Darmstadt, Wissenschaftliche buchgesell-
schaft 1974, I, pp. 251-264 (già in ID., Die griechische Religiosität in ihren Grundzügen und
Hauptvertretern von Homer bis Proklos, 3 bde., I: Griechische Religiosität von Homer bis Pin-
dar und Äschylos, berlin-Leipzig, De Gruyter 1930, pp. 117-132); H. LLOyD-JONES, Zeus in
Aeschylus, «Journal of Hellenic Studies», LXXVI, 1956, pp. 55-67, e G.M.A. GRUbE, Zeus
in Aeschylus, «American Journal of Philology», XCI, 1970, pp. 43-51 (questi ultimi due sag-
gi ristampati e tradotti in tedesco in H. HOMMEL, op. cit., I, pp. 265-311).
21 Cfr. L.A. STELLA, op. cit., pp. 5-7 e nn. 3-6.
22 TrGF III Test. C, 6-7 Radt.
23 L.A. STELLA, op. cit., p. 15.
eschilo e i presocratici 383
29 Sul punto, rinvio a CH. VASSALLO, Zeus unique, puissant, savant. Une note à Héracli-
te, fr. 84-85 Marcovich (= DK 22 B 32 et 41), «Philosophia. yearbook of the Research Cen-
ter for Greek Philosophy at the Academy of Athens», XLVII, 2017, pp. 17-20.
30 HERACLIT., 22 b 32 e 41 DK (= frr. 84-85 Marcovich) ~ EPICHARM., 23 b 4 DK (=
PCG, fr. 278 Kassel-Austin).
31 HERACLIT., 22 b 114 DK (= fr. 23 Marcovich) ~ EPICHARM., 23 b 23 DK (= PCG, fr.
255 Kassel-Austin).
32 CLEM. AL., Strom. V 100, 6: (...), ὁ μὲν Ἐίχαρμος (Πυθαγόρ<ε>ιος δὲ ἦν) λέγων·
κτλ. Ma non è da escludere si tratti di una glossa.
33 HERACLIT., 22 b 119 DK (= fr. 94 Marcovich) ~ EPICHARM., 23 b 17 DK (= PCG, fr.
266 Kassel-Austin).
34 EPICHARM., 23 b 2 DK (= PCG, fr. 276 Kassel-Austin) ~ HERACLIT., 22 b 91 DK (=
fr. 40 [c3] Marcovich).
35 ANON., In Plat. Theaet., PBerol. inv. 9782, col. LXXI 12-40 bastianini-Sedley. Secon-
do PLUTARCO (De comm. not. 44, 1083A), che indica il principio del mutamento come ragio-
namento (o paradosso) della crescita (ερὶ αὐξήσεως λόγος), già CRISIPPO (SVF II 762) ne
avrebbe assegnato la paternità ad Epicarmo, al quale si sarebbero poi ispirati i Sofisti nei lo-
ro discorsi eristici (PLUT., De sera num. vind. 15, 559A-b).
eschilo e i presocratici 385
a.C.)36, non poté non venire a conoscenza, oltre che del pensiero di Senofa-
ne, proprio di quello di Eraclito, la cui opera, in quel tempo, non si era anco-
ra diffusa ad Atene37. «La via di questa conoscenza,» – arguisce Stella – «ne-
gata o messa in dubbio anche in tempi recenti38, poteva passare per Siracu-
sa»39. L’ipotesi, a mio giudizio, è tanto più convincente se solo si approfondi-
sca la presenza di Eraclito nella ‘filosofia’ di Eschilo, più che nella sua ‘poe-
sia’: ossia se si segua, nella sostanza più che nella forma, il paradigma erme-
neutico che fa della questione religiosa la principale chiave di lettura dei dram-
mi eschilei. Ad averlo intuito, in realtà, fu già burkhard Gladigow in un sag-
gio dal titolo eloquente – Aischylos und Heraklit. Ein Vergleich religiöser Denk-
formen – che rappresenta tuttora quanto di meglio sia stato scritto in merito40.
Il terzo autorevole esponente del pensiero presocratico con cui Eschilo
entrò in contatto fu Anassagora. Se per Eraclito tale contatto fu legato esclu-
sivamente alla conoscenza delle sue dottrine, per Anassagora – come proba-
bilmente, in virtù delle ragioni sopra esposte, avvenne forse anche per Seno-
fane in Sicilia – l’incontro con Eschilo trova fondamenti molto più solidi. Se-
condo Stella, un primo contatto tra i due sarebbe avvenuto prima del viag-
gio compiuto da Anassagora nel Chersoneso Tracico: dunque, prima del 468-
467 a.C.41, e, più nello specifico, prima dello sdegnoso allontanamento di
Eschilo da Atene42 e dei suoi soggiorni sempre più frequenti in Sicilia. L’in-
teresse di Anassagora per i drammi di Eschilo, e in particolare per il suo spe-
36 Come nota L.A. STELLA, op. cit., pp. 17-18, «il particolare interesse destato da quel-
le rappresentazioni epicarmee in Eschilo, uomo di teatro egli stesso ed autore di applauditi
drammi satireschi, traspariva dalla inconsueta comparsa di uno “scarabeo gigante dell’Et-
na” in un dramma eschileo perduto: favolosa figura del folklore siciliano, presa in prestito
da Epicarmo». Cfr. AESCH., TrGF fr. 233 Radt; EPICHARM., PCG fr. 65 Kassel-Austin.
37 Da DIOGENE LAERZIO (IX 12) apprendiamo la notizia, tramandata da un non altri-
menti conosciuto Crotone, a sua volta riferita dal grammatico Seleuco (I sec. d.C.), secondo
cui fu un certo Cratete a diffondere per primo in Grecia il libro di Eraclito. STELLA (op. cit.,
App. b, pp. 127 sgg.) sostiene con forza che, sin dall’inizio del VI sec. a.C., le dottrine pre-
socratiche fossero state messe per iscritto, in versi o in prosa.
38 Si richiama (per smentirla) l’autorevole tesi di O. GIGON, Untersuchungen zu Hera-
klit, Leipzig, Dieterich’sche Verlagsbuchhandlung 1935, p. 45.
39 L.A. STELLA, op. cit., pp. 19-20.
40 In H. HOMMEL, op. cit., I, pp. 312-329 (già in «Archiv für Geschichte der Philoso-
phie», XLIV, 1962, pp. 225-239). Cfr. anche R. MONDOLFO - L. TARáN, Eraclito. Testimonian-
ze e imitazioni, Firenze, La Nuova Italia 1972, pp. LXXV-LXXVII. Utili anche alcuni paralleli,
ma di carattere esclusivamente fisiologico, evidenziati da J. MANSFELD, Heraclitus on the
Psychology and Physiology of Sleep and on Rivers, «Mnemosyne», s. IV, XX, 1967, pp. 1-29.
41 Le vicende biografiche di Anassagora sono inquadrate da STELLA (op. cit., p. 15, n.
21) secondo la cronologia alta stabilita per primo da A.E. TAyLOR, On the Date of the Trial
of Anaxagoras, «Classical Quarterly», XI, 1917, pp. 81-87, che colloca l’arrivo di Anassago-
ra ad Atene a ridosso delle Guerre Persiane. Per un aggiornato status quaestions, cfr. CH.
VASSALLO, Anaxagoras from Egypt to Herculaneum. A Contribution to the History of Ancient
‘Atheism’ (with a Foreword by D. SIDER), in ID. (ed. by), Presocratics and Papyological Tra-
dition. A Philosophical Reappraisal of the Sources, berlin-boston, De Gruyter 2019.
42 L’atteggiamento, secondo Stella, poté essere motivato o dall’amarezza provocata dal-
le accuse di aver rivelato i Misteri eleusini (cfr. infra, n. 59) oppure dalla clamorosa sconfit-
ta agli agoni drammatici del 468 a.C., vinti invece dall’esordiente Sofocle con il Trittolemo.
386 christian vassallo
dio dei rapporti tra Eschilo e i Presocratici. A ben guardare, l’idea di un «de-
mone vendicatore», potenzialmente interpretabile in chiave etico-religiosa, e
soprattutto quella di una Giustizia cosmica impossibile da infrangere, si tro-
vano già in Eraclito. Nel noto fr. 94 DK (= fr. 52 Marcovich) le Erinni sono
definite «ministre di Dike» (Δίκης ἐίκουροι), la cui azione, comunque la
s’intenda (anche in chiave meramente ‘fisicistica’)46, assicura, in qualche mo-
do, la ‘razionalità’ del reale. E non è un caso che questo frammento eracliteo
sia citato nell’assai discussa col. IV del Papiro di Derveni. Ciò contribuisce
ad apprezzare (ma, allo stesso tempo, a prefigurare gli ulteriori margini di ap-
profondimento di) tutti i tentativi che, di fronte alle anomalie sopra esposte,
Stella effettua per inquadrare I Persiani nella cultura filosofica dell’epoca. Se
si esclude l’ipotesi, già avanzata da Walter burkert, secondo cui dietro all’in-
vocazione del Coro ai vv. 623 ss. e alla successiva apparizione del fantasma
di Dario, potrebbe scorgersi l’influsso di dottrine escatologiche pitagoriche,
tutte le osservazioni di Stella si concentrano su elementi di carattere fisico-
cosmologico. Così avviene nella ῥῆσις del messaggero persiano a proposito
della disfatta di Salamina: ormai allo sbando, i soldati persiani si danno alla
fuga, imbattendosi nella corrente del fiume Strimone, inaspettatamente ghiac-
ciata per via di un gelo fuori stagione. Riuscirono a salvarsi soltanto coloro
che l’attraversarono prima che il Sole lo sciogliesse. È certamente possibile –
come notano Stella e altri prima di lei – che l’espressione ἡλίου κύκλος del v.
504 (la quale comparirà anche nel v. 91 del Prometeo incatenato) presuppo-
nesse la conoscenza di alcune teorie astronomiche intorno al disco solare: ad
esempio quella di Anassimandro, che verrà poi sviluppata da Anassagora e
Democrito47, cui aggiungerei anche quella, difficilmente ricostruibile, di Par-
menide, il quale, proprio nei versi che segnano il passaggio dall’Aletheia alla
Doxa nel suo poema, immagina la Dèa invitare il κοῦρος ad apprendere, tra
le altre cose, i movimenti della «pura fiamma solare» e le loro cause (28 b 10,
2-3: ... καθαρᾶς εὐαγέος ἠελίοιο / λαμάδος ἔργ’ ἀίδηλα καὶ ὁόθεν
ἐξεγένοντο). Ma non si può trascurare, a mio avviso, il contesto in cui quel-
la risonanza astronomica (e cosmogonica) ricade in Eschilo. Essa, infatti, se-
gue immediatamente una breve, ma significativa riflessione sul modo in cui
la gente comune intende il rapporto col divino, facendo della preghiera un
basso tentativo di accaparrarsi il favore degli dèi nel momento del bisogno,
anche allorché nel proprio intimo non vi creda affatto! Mi sembra si tratti di
un elemento da tenere in considerazione prima di abbandonare, per questa
54 Cfr. EMPED., 31 b 17, 31-35 (= Phys. I, PStrasb. gr. Inv. 1665-1666, a[i], 262-266 Mar-
tin-Primavesi); ANAXAG., 59 b 17 DK.
55 Cfr. AESCH., TrGF III F 138 e 266 Radt, rispettivamente dai Mirmidoni e dai Frigi.
56 AESCH., TrGF III F 255 Radt: ὦ θάνατε αιών, μή μ’ ἀτιμάσῃς μολεῖν· / μόνος <γὰρ>
εἶ σὺ τῶν ἀνηκέστων κακῶν / ἰατρός, ἄλγος δ’ οὐδὲν ἅτεται νεκροῦ. Cfr. L.A. STELLA, op.
cit., p. 27.
57 L.A. STELLA, op. cit., p. 10. Contra b. DEFORGE, op. cit., pp. 141-154.
58 L.A. STELLA, op. cit., p. 28. Tra gli altri esempi, la studiosa richiama il ruolo di Dike
nel frammento eschileo (appartenente forse alle Etnee) conservato in POxy. XX 2256, dove
si scorgono chiare reminiscenze orfiche (cfr. OF 33 bernabé = 1 b 14 DK). Sul punto resta
ancora valido il lavoro di M. bOCK, De Aeschylo poeta Orphico et Orpheopythagoreo, Diss.
Jena 1914, che Stella sembra però non prendere in considerazione.
59 In quest’ottica, a mio avviso, andrebbero inquadrate le notizie sulla colpa delle pre-
sunte rivelazioni dei Misteri di cui Eschilo si sarebbe macchiato (TrGF III T L.a. 93-94 Radt).
Non solo la famiglia di Eschilo non aveva mai avuto un legame accertabile con l’ambiente sa-
cro del demo di Eleusi, ma in quel tempo il Santuario, divenuto ormai panellenico, era pas-
sato sotto l’egida di Atene. Cf. K. CLINTON, The Sacred Officials of the Eleusinian Mysteries,
Philadelphia, American Philosophical Society 1974, pp. 84 sgg.; ID., Preliminary Initiation in
the Eleusinian Mysteria, in A.P. MATTHAIOU - I. POLINSKAyA (ed. by), Mikros Hieromnēmōn.
Studies in Memory of M.H. Jameson, Athens, Hellenic Epigraphic Society 2008, pp. 25-34.
390 christian vassallo
dagli Orfici). Non a torto, Stella suppone che, se mai Eschilo sia entrato in
contatto con la soteriologia e l’escatologica pitagoriche, ciò possa essere av-
venuto soltanto in una seconda fase della sua vita, quasi certamente in Sici-
lia60. Se così fosse, credo vi siano i margini per fare dei contatti col pitagori-
smo magno-greco una delle principali ragioni della svolta ‘esistenziale’ di
Eschilo, che sarà poi enigmaticamente definito da Cicerone non poeta solum
sed etiam Pythagoreus61.
60 L.A. STELLA, op. cit., pp. 27 e 44, in questo secondo caso con riferimento all’inven-
zione del numero nel Prometeo incatenato (v. 459).
61 CIC., Tusc. II 10, 23 (= AESCH., TrGF III T 159 Radt), dove compaiono considera-
zioni sulla figura di Prometeo quale simbolo di dolore e vengono tradotti dei versi del per-
duto Prometeo liberato.
62 Cfr. L.A. STELLA, op. cit., pp. 36-37.
63 AESCH., Pers. 242 (traduz. di C. CARENA, op. cit., p. 64).
64 AESCH., Pers. 591-594 (traduz. di C. CARENA, op. cit., p. 75).
65 b. MARZULLO, I sofismi di Prometeo, Firenze, La Nuova Italia 1993, che faceva del-
l’anonimo autore del dramma addirittura un intimo di Euripide (p. XII: «La collocazione
del Prometeo si prospetta almeno tre decenni dopo Eschilo. Il convergere di elementi for-
mali, concettuali, strutturali, il trionfo di ogni sofistica innovazione, lo pongono dopo Gor-
gia e l’Ippolito euripideo»). Cfr. M. GRIFFITH, The Authenticity of Prometheus bound, Cam-
bridge, Cambridge University Press 1977; M.L. WEST, Aeschyli Tragoediae cum incerti poe-
tae Prometheo, Stuttgart, Teubner 1990.
eschilo e i presocratici 391
va, ma ne faceva il segno tangibile di una crisi interiore del poeta, «tale da
scuotere le basi del suo credo religioso ed etico»66. Il nuovo paradigma er-
meneutico, che affronta in maniera diacronica il problema religioso in Eschi-
lo, trovava così le sue prime conferme nell’unica tragedia greca che vedeva
come protagonisti soltanto divinità. Stella mette bene in luce le significative
differenze del Prometeo eschileo rispetto a quello del mito, e, nello scanda-
gliare la presenza dei Presocratici nel dramma, riesce a dimostrare come non
vi possa essere indagine di carattere fisico-cosmologico o sociologico-politi-
co che non vada in qualche modo ricondotta al problema religioso. Innanzi-
tutto, la metamorfosi del personaggio: non più semplice elargitore del fuoco,
ma addirittura principio del ‘progresso’ umano attraverso il suo filantropico
insegnamento di tutte le τέχναι67. Indipendentemente dalla legittimità dell’u-
so di tale concetto per il pensiero greco anteriore alla metà del V secolo a.C.68,
sono pienamente d’accordo con Stella nel vedere nel Prometeo incatenato
«un primo abbozzo di storia dell’umanità, intesa come lenta graduale con-
quista della civiltà da parte degli uomini»69. Anzi, andando oltre ogni sugge-
stione, mi pare che ciò costituisca un ulteriore elemento a favore di un vivo
‘dialogo’ che il poeta dovette instaurare con Senofane, il quale, com’è noto,
sostenne che «non fin dal principio gli dèi rivelarono tutto ai mortali, / ma
questi col passar del tempo cercando trovano ciò che è meglio» (οὔτοι ἀ’
ἀρχῆς άντα θεοὶ θνητοῖσ’ ὑέδειξαν, / ἀλλὰ χρόνῳ ζετοῦντες ἐφευρίσκουσιν
ἄμεινον)70.
66 L.A. STELLA, op. cit., p. 39. Questa conclusione poteva anche poggiare sui validi ar-
gomenti già addotti da M.P. PATTONI, L’autenticità del Prometeo incatenato di Eschilo, Pisa,
Scuola Normale Superiore 1987.
67 Cfr. AESCH., Prom. 252-255 e 436-506.
68 Contra J. DE ROMILLy, Thucydide et l’idée de progrès, «Annali della Scuola Norma-
le di Pisa (Cl. di Lettere, Storia e Filosofia)», XXXV, 1966, pp. 143-191, spec. 148-149; M.J.
O’bRIEN, Xenophanes, Aeschylus, and the Doctrine of Primeval Brutishness, «Classical Quar-
terly», XXXV, 1985, pp. 264-277, spec. 264-266.
69 L.A. STELLA, op. cit., p. 40; cfr. la bibliografia ivi citata, n. 3, cui va senz’altro aggiun-
to il classico L. EDELSTEIN, The Idea of Progress in Classical Antiquity, baltimore, The Johns
Hopkins Press 1967, spec. pp. 21-56.
70 21 b 18 DK (= Xen 204 & 220 Strobel-Wöhrle) ap. Stob., Anth. I (Ecl.) 8, 2; III
(Flor.) 29, 41 Wachsmuth-Hense (traduz. di M. UNTERSTEINER, Senofane. Testimonianze e
frammenti, presentaz. di G. REALE, Firenze, La Nuova Italia 1956; Milano, bompiani 2008
[rist.], p. 133). A parte le tracce di questa visione che si riscontrano anche in SOFOCLE (An-
tig. 332-375: cfr. infra) e in EURIPIDE (Suppl. 201-210), sono numerosi gli altri poeti che of-
frono spunti sul tema, a partire da OMERO (Od. IX 105 sgg.): cfr. HES., Op. 109 sgg.; PHI-
LEM., PCG VII, Fab. Inc., fr. 135 Kassel-Austin; CHAEREM., TrGF I, Fab. inc., fr. 21 Snell (=
fr. 21 Nauck2); PS.-EPICHARM., PCG I, fr. 240 Kassel-Austin (= 23 b 56-57 DK). Se l’ipotesi
di un ‘dialogo’ diretto tra Eschilo e Senofane è fondata – a sostenerlo sono anche E.A. HA-
VELOCK, The Liberal Temper in Greek Politics, New Haven, yale University Press 1957, pp.
52 sgg.; W.K.CH. GUTHRIE, In the Beginning. Some Greek View on the Origins of Life and
the Early State of Man, London, Methuen 1957, pp. 83 sgg.; e in parte W. RöSLER, op. cit.,
pp. 10 sgg. –, dovremmo considerare, a mio avviso, la data del primo viaggio di Eschilo in
Sicilia come il dies post quem della composizione del Prometeo incatenato: STELLA (op. cit.,
App. A, pp. 110 sgg.), che lo considera un dramma a sé stante e non – come altri sostengo-
392 christian vassallo
no – parte di una trilogia costituita dal Prometeo liberato e dal Prometeo portatore del fuo-
co, propone di collocarlo tra il 470 e il 469 a.C.
71 AESCH., Prom. 545-552 (traduz. di C. CARENA, op. cit., p. 125).
72 L.A. STELLA, op. cit., p. 42, che si rifà in ciò a A. CAPIZZI, Eschilo e Parmenide. Del
circolo poetico siracusano e anche dei compartimenti stagni fra generi letterari, «Quaderni Ur-
binati di Cultura Classica», XII, 1982, pp. 117-133.
73 Si veda, ad esempio, EMPED., 31 b 124 DK: ὢ όοι, ὢ δειλὸν θνητῶν γένος, ὢ
δυσάνολβον, / τοίων ἔκ τ’ ἐρίδων ἔκ τε στοναχῶν ἐγένεσθε.
74 Ciò vale per PARMENIDE (28 b 6, 4-7 DK), ma anche, forse soprattutto, per ERACLI-
TO (22 b 1 DK [= fr. 1 Marcovich]; b 34 DK [= fr. 2 Marcovich]; b 73 DK [= fr. 1 (h1) Mar-
covich]). Cfr. L.A. STELLA, op. cit., p. 45 e n. 13.
75 L.A. STELLA, op. cit., p. 45 e n. 13.
76 Cfr. 28 b 8, 30-31; b 10, 6-7 DK.
eschilo e i presocratici 393
77 Cfr. C. DIANO, Edipo figlio della τύχη, «Dioniso», XV, 1952, pp. 56-89, spec. 70 sgg.;
ID., Il concetto della storia nella filosofia dei Greci, in Grande Antologia Filosofica, dir. da U.A.
PADOVANI, coord. da A.M. MOSCHETTI, 2 parti; parte I: Il pensiero classico, in 2 voll., Marzo-
rati, Milano, 1954, vol. II, pp. 207-404; ID., La data di pubblicazione della syngraphè di Anas-
sagora, in Anthemon. Scritti di archeologia e di antichità classiche in onore di C. Anti, Firen-
ze, Sansoni 1955, pp. 235-252 (= ID., Studi e saggi di filosofia antica, Padova, Antenore 1973,
pp. 189-209), spec. p. 249.
78 PLAT., Prot. 320c8 sgg. Cfr. G. CAMbIANO, Platone e le tecniche, Torino, Einaudi 1971;
bari-Roma, Laterza 19912, pp. 3-13; M.M. SASSI, Natura e storia in Platone, «Storia della Sto-
riografia», IX, 1986, pp. 104-128, spec. 110 sgg.
79 L.A. STELLA, op. cit., p. 42.
80 In particolare nel trattato Sull’antica medicina (1-2; ma cfr. anche De morb. sacr. 3).
Si vedano, al riguardo, le osservazioni di D. LANZA, op. cit., p. 251, che correggono la tesi di
DIANO.
81 Così, ad esempio, in ARCHELAO (60 A 4 DK), DEMOCRITO (68 b 5 DK, sebbene l’af-
fidabilità di DIODORO SICULO [I 8] per la ricostruzione dell’antropologia democritea non sia
questione pacifica), CRIZIA (88 b 25 DK) e ISOCRATE (Paneg. 32 e 38-39, su cui cfr. P. SHO-
REy, Notes on Xenophanes Fr. 18 (Diels) and Isocrates Panegyricus 32, «Classical Philology»,
VI, 1911, pp. 88-89. Questa linea di pensiero troverà la sua formulazione più chiara nell’an-
tropologia epicurea, ben espressa da Lucrezio nel libro V del suo poema.
394 christian vassallo
mica cosmologia eschilea. Ancora una volta, Stella riesce a correggere simile
tendenza e a dimostrare come anche qui si possano intravedere le tracce di
un dissidio religioso che, soprattutto nelle Supplici, rende ormai palese gli in-
flussi di Senofane e, per dirla con bonaventura, l’itinerarium mentis di Eschi-
lo verso un Dio del tutto nuovo nel mondo greco: assolutamente beato, im-
mobile, imperscrutabile, onnipotente a tal punto da annullare ogni diafram-
ma tra pensiero e azione87. Si è molto discusso se questi caratteri, attribuiti a
Zeus da un Eschilo ormai maturo, varchino, in qualche modo, le soglie del
monoteismo religioso. Stella, su questo punto, si mostra prudente, ma, allo
stesso tempo, riconosce nello Zeus delle Supplici non già un ritorno alla reli-
gione tradizionale dei Greci, bensì un suo vero e proprio superamento88.
È tuttavia nell’Orestea che tale superamento raggiunge la sua completa
realizzazione. Eschilo rappresenta questa grandiosa trilogia, l’unica a noi in-
tegralmente pervenuta, nel 458 a.C., due anni prima di morire. Stella non ha
dubbi sul fatto che Agamennone, Coefore ed Eumenidi siano la celebrazione
di un pensiero che ha trovato ormai nella ίστις la soluzione all’angoscia e al-
le apparenti contraddizioni dell’esistenza. Tutte le possibili letture, anche
quelle (legittime) di carattere politico (come la vittoria finale della legge po-
sitiva dell’Areopago sulla vendetta privata), vengono in secondo piano. Ciò
che invece emerge è «una fede passata attraverso crisi difficili, ma alla fine
accentrata sulla religione di Zeus»89, che poi nelle Coefore – per la prima vol-
ta nella poesia greca – verrà qualificato con i connotati filosofico-astratti di
θεῖον90. Lo spirito ribelle e iconoclasta del Prometeo è ormai lontano. Anzi,
nel primo stasimo dell’Agamennone il Coro si fa portavoce di un forte ana-
tema contro chi dubita della giustizia divina: ὁ δ’ οὐκ εὐσεβής91! La mia im-
pressione è che qui Eschilo non si scagli contro qualche filosofo del suo tem-
po, ma contro ciò che di sbagliato egli riconosce esservi stato in passato nel
suo pensiero. Con un raffinato mea culpa, dunque, il poeta ufficializza la sua
‘conversione’ e ‘purifica’ la sua filosofia. Lo fa attraverso l’arte, contraddicen-
do quanto Platone avrebbe di lì a poco detto di essa e anticipando, in un cer-
to senso, la ‘catarsi’ tragica di Aristotele!
87 Cfr. AESCH., Suppl. 86 sgg.; 524 sgg.; STELLA (op. cit., pp. 63-68, spec. pp. 66-67, nn.
12-13) richiama giustamente XENOPH., 21 b 23-26 DK (= Xen 116, 86 & 229 Strobel-Wöhr-
le) e, a proposito di b 25, dichiara di accogliere la congettura di Calogero prima citata (§ 1).
88 Va comunque ricordato come alla sensibilità greca appartenesse anche l’apertura ver-
so una divinità dai connotati diversi da quelli della tradizione, se è vero quanto apprendia-
mo nel Nuovo Testamento a proposito del Dio ignoto citato da Paolo nel suo discorso all’A-
reopago, dove, tra l’altro, ci si appella proprio all’autorità di alcuni poeti greci (At. 17, 23-
28). Cfr. E. NORDEN, Agnostos theos/Dio ignoto. Ricerche sulla storia della forma del discor-
so religioso, a cura di Ch.O. Tommasi Moreschini, brescia, Morcelliana 2002 (ediz. orig.
Agnostos theos. Untersuchungen zur Formengeschichte religiöser Rede, Leipzig-berlin, Teub-
ner 1913), pp. 261-296, spec. 263-264, n. 5, a proposito dell’Inno a Zeus nell’Agamennone
di Eschilo, su cui infra.
89 L.A. STELLA, op. cit., p. 89.
90 AESCH., Coeph. 958-960.
91 AESCH., Ag. 369-372.
396 christian vassallo
È in questa prospettiva che anche il celebre Inno a Zeus della parodo del-
l’Agamennone si arricchisce di significati nuovi, che non solo vanno al di là
della ricerca meramente fisica delle cause del cosmo, ma addiritura sublima-
no la questione religiosa, trasformandola da sentimento collettivo di un po-
polo a istanza individuale del soggetto – poeta o uomo comune. È un aspet-
to che nemmeno Rodolfo Mondolfo, nella sua acuta rivalutazione della sog-
gettività umana nello “spirito greco”, era riuscito a cogliere in Eschilo92. Un
aspetto che – come dicevo – emerge chiaramente nella sezione innodica del-
la parodo dell’Agamennone, se solo la si legga senza schemi ideologici e, so-
prattutto, senza disconoscerne il tono fortemente personale93. In quei versi,
specie nei primissimi, il rivolgersi fiducioso al divino (dargli un nome o un
altro poco importa) è dichiaratamente il rimedio per sgravarsi dell’intollera-
bile peso del nonsenso, specchio fedele della dissennatezza o di una saggez-
za non ancora conquistata. «Zeus, chiunque egli sia (Ζεὺς ὅστις οτ’ ἐστίν),
/ se gli è dolce questo nome / con esso a lui mi rivolgo. / Tutto ho pondera-
to; all’infuori di Zeus / altri non ho cui ricorrere / se questo peso d’un vano
timore / voglio scaricare davvero dall’anima. / (...) / Ma chi con tutto il cuo-
re canta epinici a Zeus, / otterrà la sapienza perfetta (τεύξεται φρενῶν τὸ
ᾶν). / (...) / ed anche in chi la rifiuta, saggezza s’insinua, / beneficio prepo-
tente dei numi / assisi sulla tolda del cielo»94. Le innumerevoli suggestioni,
gli annosi problemi che questi versi sollevano sono sostanzialmente ricondot-
ti da Stella a due temi: la natura di Dio e la cognizione umana dell’esistenza.
a) Sul primo punto, il nuovo Zeus di Eschilo è, volendo usare categorie pa-
scaliane, un «Dio della fede» che va oltre il «Dio dei filosofi» (ossia di Seno-
fane e di Eraclito, dei Pitagorici e di Anassagora, e forse anche di Empedo-
cle), e che consente al poeta di superare definitivamente la percepita inade-
guatezza della mitica figura dello Zeus Olimpio rispetto ai tratti rivoluziona-
ri, decisamente meta-umani, di quello dell’inno dell’Agamennone. Sotto que-
sto punto di vista, sebbene audace, conserva un suo fascino e una sua coeren-
za speculativa l’interpretazione offerta da Stella del άντ’ ἐισταθμώμενος del
v. 164: una sorta di dichiarazione, da parte del poeta, di aver accuratamente
‘soppesato’ tutte le «varie teorie filosofiche del suo tempo, che ponevano
principî o enti astratti come motori dell’intero cosmo e causa di ogni even-
to»95. b) Quanto alla cognizione umana dell’esistenza, il risonante άθει μάθος
simile lettura potrebbe sollevare, ma ne trova un supporto nel meditato riuso che di quei
versi eschilei avrebbe poi fatto EURIPIDE (ad esempio, nelle parole di Ecuba in Troad. 884-
888).
96 AESCH., Eum. 520-521: ξυμφέρει / σωφρονεῖν ὑὸ στένει. Cfr. E. SEVERINO, Il giogo.
Alle origini della ragione: Eschilo, Milano, Adelphi 1989; 20052, pp. 216-217.
97 L.A. STELLA, op. cit., p. 100.
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CHRISTIAN VASSALLO
FINITO DI STAMPARE
NEL MESE DI SETTEMBRE 2019
PER CONTO DI
EDITORIALE LE LETTERE
DALLA TIPOGRAFIA
BANDECCHI & VIVALDI
PONTEDERA (PI)
FASCICOLO II MAGGIO-AGOSTO 2019
ISSN 0017-0089
GIORNALE CRITICO
DELLA
DA
GIOVANNI GENTILE
PUBBLICAZIONE QUADRIMESTRALE
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