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MECCANICA ANALITICA – Dispensa 1

CAPITOLO 1
Equazioni di Lagrange

1.1 Spazio delle configurazioni e spazio delle fasi

Prendiamo in considerazione, nella Meccanica Newtoniana, un sistema di


N particelle di massa mα con α = 1, 2, ...., N , soggette a delle forze Fα =
(Fα1 , Fα2 , Fα3 ) e fissiamo l’origine O e una terna di vettori ortonormali
B = (e1 , e2 , e3 ). In questo sistema di riferimento (O, B), la posizione di
ogni particella sará descritta da un vettore rα = (rα1 , rα2 , rα3 ). Abbiamo,
cosı́, N equazioni del tipo:

mα r̈α = Fα

ognuna delle quali rappresenta l’equazione del moto per ogni singola par-
ticella.
Il primo passo della teoria Lagrangiana é l’introduzione dello spazio
delle configurazioni C a 3N dimensioni in cui la posizione dell’intero
sistema, cioé di tutte le particelle, é rappresentato da un unico punto
q = (q1 , q2 , . . . , q3N ) ∈ C, dove

q1 = r11 , q2 = r12 , q3 = r13 , q4 = r21 , ........., q3N = rN 3 ,

in cui il primo indice fa riferimento alla particella e il secondo indica la


coordinata.
Dunque, lo spazio delle configurazioni C = <3N é lo spazio di tutti i
possibili q ed é mediante questo spazio che rappresentiamo la posizione
di tutte le particelle del sistema.
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Introducendo le costanti
µ1 = m 1 , µ2 = m1 , µ 3 = m1 ,
µ4 = m 2 , µ5 = m2 , µ 6 = m2 ,
.. .. ..
. . .
µ3N −2 = mN , µ3N −1 = mN , µ3N = mN
le equazioni del moto assumono la forma

µi q̈i = Fi , i = 1, ......, 3N, (1.1.1)

ovvero si tratta di 3N equazioni del secondo ordine in cui

F1 = F11 , F2 = F12 , F3 = F13 , F4 = F21 , .........., F3N = FN 3 ;

sottolineando che il vettore F é dato da:

F = (F1 , F2 , F3 , F4 , ........, F3N ) = (F11 , F12 , F13 , F21 , ......, FN 3 ).

Per rappresentare la configurazione del sistema e le velocitá delle par-


ticelle bisogna assegnare i valori delle 6N variabili

q1 , q2 , ......, q3N , v1 , v2 , ......v3N ,

dove vk = q̇k . Si perviene, cosı́, al concetto di spazio delle fasi P , lo spazio


a 6N dimensioni in cui é possibile rappresentare mediante un unico punto

x = (q1 , q2 , ......, q3N , v1 , v2 , ......v3N )

il sistema di particelle o, piú precisamente, la posizione e la velocitá di


ogni particella.
Ogni singolo punto dello spazio delle fasi P corrisponde ad un particolare
”stato di moto”, ovvero la posizione e la velocitá dei punti del sistema
definiscono il suo stato di moto. Ad ogni posizione possono corrispondere
infiniti stati di moto.
Siano xi , i = 1, . . . , 6N , le componenti del vettore x e osserviamo
che le ultime 3N sono le derivate delle prime 3N , ovvero vi = q˙i i =
1, . . . , 3N o anche

x3N +i = ẋi , i = 1, . . . , 3N (1.1.2)


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che sono 3N equazioni del primo ordine.


Le 3N equazioni della forma (1.1.1), quindi, possono anche essere scritte
nel modo seguente:

Fi = µi q¨i = µi v̇i = µi ẋ3N +i i = 1, . . . , 3N.

Le 6N equazioni del primo ordine espresse da

Fi = µi ẋ3N +i i = 1, . . . , 3N

e da
x3N +i = ẋi i = 1, . . . , 3N

possono essere scritte in un unico modo. Infatti intoducendo il vettore f


di componenti ½
fi = µi vi = µi x3N +i
f3N +i = Fi
con i = 1, . . . , 3N
e sapendo che µ3N +i = µi , i = 1, . . . , 3N (in quanto xi e x3N +i i=
1, . . . , 3N si riferiscono alla stessa particella e quindi alla stessa massa),
si ha:
fi = µi ẋi i = 1, . . . , 6N. (1.1.3)

Quindi le equazioni del moto dell’intero sistema si possono scrivere come


6N equazioni del primo ordine. Per risolverle servono tutte le condizioni
iniziali:

x1 (0), x2 (0) ,..., x3N (0), x3N +1 (0) = v1 (0) ,..., x6N (0) = v3N .

Per ogni scelta di queste, esiste un’unica soluzione x(t) per le equazioni
(1.1.3). Tale soluzione esprime sia le posizioni che le velocitá delle par-
ticelle istante per istante e inoltre individua una curva orientata nello
spazio delle fasi detta orbita. Nello spazio delle fasi P , perció, passa solo
un’orbita per ogni punto. La famiglia delle orbite é definita ritratto di
fase.
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Consideriamo, adesso, l’esempio dell’oscillatore armonico in una di-


mensione spaziale.

Esempio (1.1.1)
La seconda legge della dinamica per un oscillatore armonico in una di-
mensione spaziale é data dall’equazione

mq̈ = −kq,

dove con q indichiamo l’unica coordinata dell’oscillatore armonico e con


k la costante elastica.
Essendo in questo caso lo spazio delle fasi a due dimensioni, abbiamo:

x = (q, v) = (x1 , x2 )

e l’equazione del moto nello spazio delle fasi é dato dal seguente sistema:
n
mẋ1 = mx2
(1.1.4)
mẋ2 = −kx1 .

Notiamo che la prima equazione del sistema si ottiene considerando fi =


µi ẋi per i = 1 e sapendo che ẋ1 = x2 ; la seconda si ottiene dall’equazione
dell’oscillatore mẋ2 = −kx1 .
Derivando la prima equazione del sistema (1.1.4), sostituendola nella
seconda e affiancando all’equazione cosı́ ottenuta la derivata della seconda,
otteniamo: ½
mẍ1 = −kx1
mẍ2 = −k ẋ1
ovvero ½
mẍ1 = −kx1
mẍ2 = −kx2
che ha soluzione:
 q p q
 x1 (t) = x1 (0) cos k t + x2 (0) m sin k t
qm qk qm
 x (t) = x (0) cos k t − x (0) k sin k t .
2 2 m 1 m m
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Tale soluzione puó essere cosı́ scritta:


 ³q ´
 x1 (t) = A1 cos k
t − ϕ 1
m
³q ´ (1.1.5)
 x (t) = A cos k
t − ϕ .
2 2 m 2

Calcolando le fasi (moltiplicando e dividendo per l’ampiezza A1 ), otte-


niamo che ϕ2 = ϕ1 + π2 , ovvero le fasi differiscono di π2 . Tale risultato ci
consente di scrivere la (1.1.5) cosı́:
 ³q ´
 x1 (t) = A1 cos k
t − ϕ1
m
³q ´
 x (t) = A sin k
t − ϕ
2 2 m 1 .

La traiettoria di questa soluzione nello spazio delle fasi é un’ellisse, infatti


x21 x22
A21
+ A22
= 1 é valida.
Dunque, l’orbita dell’oscillatore armonico é un’ellisse che ha come semiassi
A1 e A2 , dove
r
m
A1 = x21 (0) + x22 (0)
k
e r r r r
m k m k
A2 = x22 (0) + x21 (0) = x21 (0) + x22 (0) = A1 .
k m k m
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Possiamo osservare che A1 e A2qdipendono dalle condizioni iniziali, a dif-


ferenza del loro rapporto A2
A1
= mk
. Da qui ne segue che ellissi corrispon-
denti a diverse condizioni iniziali non si possono intersecare. Tale carat-
teristica é una proprietá generale che deriva dal fatto che esiste un’unica
soluzione per ogni equazione del tipo (1.1.3) in corrispondenza di una
data condizione iniziale x(0). D’altra parte se due traiettorie diverse si
intersecassero in un punto x, allora esisterebbero due diverse soluzioni
per il problema (1.1.3) in corrispondenza dell’unica condizione iniziale
x(0) = x, che non é possibile.
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1.2 Trasformazioni di coordinate

La configurazione di un sistema rappresentato dalle coordinate

q1 , q2 , . . . , qn

puó essere equivalentemente descritta da un diverso sistema di coordinate

q̃1 , q̃2 , . . . , q̃n ,

purché le funzioni

q̃1 (q, t), q̃2 (q, t) ,..., q̃n (q, t),

che definiscono la corrispondenza tra le coordinate q = (q1 , q2 , . . . , qn ) e le


coordinate q̃ = (q̃1 , q̃2 , . . . , q̃n ) al tempo t, stabiliscano una corrispondenza
biunivoca. Pertanto, per ogni n-pla di tali funzioni che soddisfano questa
condizione, q̃ = (q̃1 , q̃2 , . . . , q̃n ) costituisce un sistema di coordinate in
grado di descrivere la configurazione del sistema. Ci riferiamo ad esso
come ad un sistema di coordinate generalizzate.
Se lo stato di un sistema é descritto all’ istante t dal punto

(q1 , . . . , qn , v1 , . . . , vn ),

definendo un altro spazio delle fasi abbiamo

(q̃1 , . . . , q̃n , ṽ1 , . . . , ṽn ),

dove le ”nuove” coordinate sono funzioni delle ”vecchie” e del tempo,


q̃k = q̃k (q(t), t). Di conseguenza le velocitá generalizzate relative ad un
altro sistema di coordinate sono definite da:
dq̃k X ∂q̃k dqj ∂q̃k dt
ṽk = = + ,
dt j
∂q j dt ∂t dt

dt
dove dt
= 1.
In genere si indica anche la trasformazione del tempo (dal ”vecchio” al
”nuovo”) che comunque é banale: t̃ = t, ma é bene specificarlo, vista
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l’importanza di sottolineare come il ”nuovo” tempo dipende dal ”vecchio”


sistema. Dunque, il tempo puó essere considerato come un particolare
tipo di coordinata detta coordinata temporale.
Quindi, ricapitolando, passiamo dal sistema (q, v, t) al sistema (q̃, ṽ, t̃)
con la seguente trasformazione delle coordinate e delle velocitá:
(
q̃a = q̃P
a (q(t), t)
ṽa = c ∂q̃ a
v + ∂q̃
∂qc c ∂t
a

t̃ = t.
É questa una trasformazione da uno spazio delle fasi ad un altro.
Vediamo qualche esempio.

Esempio (1.2.1)
La configurazione di un punto in un piano puó essere descritta mediante
le coordinate generalizzate costituite dalle coordinate polari.
Poniamo n q = x,
1 q2 = y
q̃1 = r, q̃2 = ϕ .

Quindi, abbiamo:
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p
q̃1 (x, y) = r = x2 + y 2
 y
 arctan x se x > 0, y ≥ 0
q̃2 (x, y) = ϕ = π + arctan xy se x < 0
 2π + arctan y se x > 0, y < 0 .
x

In questo caso, vediamo facilmente che:


∂x
=0
∂y
∂x
= −r sin ϕ
∂ϕ
in quanto x = r cos ϕ.

Osservazione:
q̃, ṽ, t̃ sono tra loro indipendenti in quanto fanno parte dello stesso sistema
∂q̃a ∂q̃a
di variabili. Di conseguenza ∂ t̃
= 0, invece ∂t
6= 0 perché q̃a dipende da
t.

Esempio (1.2.2)
Se il sistema di riferimento Σ0 si muove rispetto a Σ con velocitá uniforme
u = (u, 0, 0) lungo la direzione x e all’istante t = 0 gli assi di Σ0 coincidono
con quelli di Σ, la configurazione di una particella rispetto a Σ0 é descritta
dalle coordinate:
x̃ = x̃(x, t) = x − ut
ỹ = y
z̃ = z .
Qui possiamo osservare che:
∂x̃ ∂x̃
∂t
= −u 6= 0, mentre ∂ t̃
= 0.
Dunque, anche se la trasformazione della coordinata temporale é quella
banale t̃ = t, le derivate rispetto a t e rispetto a t̃ sono diverse.
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1.3 Equazioni del moto in un sistema di coordinate generaliz-


zate

Teniamo presente che il nostro obiettivo é riscrivere l’equazione del moto


in termini di nuove coordinate, o meglio cercare una forma dell’equazione
del moto valida per ogni sistema di coordinate.
Il primo passo consiste nel considerare una funzione F : P T −→ < dove
P T = <2n × < (dove n é il numero delle coordinate) e quindi F dipende
da q̃, ṽ, t̃.
Andando a definire in corrispondenza di un valore fissato dell’indice a, la
seguente forma
d ∂F ∂F
− , (1.3.1)
dt ∂va ∂qa
possiamo osservare che si tratta ancora di una funzione definita sullo
spazio delle fasi.

Esempio (1.3.1)
Se F fosse l’energia cinetica di un punto che si muove nel piano e suppo-
nendo di scriverla rispetto alle coordinate cartesiane, avremmo F (q, v, t) =
1
2
m(v12 + v22 ).
Sapendo che disponiamo di n forme della (1.3.1) per ogni F , possiamo
scrivere la (1.3.1) nel modo seguente:

d ∂F ∂F ∂F
per a = 1 dt ∂v1
− ∂q1
= ma1 , in quanto ∂v1
= mv1 e inoltre l’energia
cinetica non dipende da q1 ;

d ∂F ∂F
per a = 2 dt ∂v2
− ∂q2
= ma2 .

Dunque, possiamo fare uso dei risultati ottenuti per scrivere l’equazione
del moto e, quindi, ottenere:
(
d ∂F ∂F
dt ∂v1
− ∂q1
= f1
d ∂F ∂F
dt ∂v2
− ∂q2
= f2 .
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Siamo, allora, giunti all’equazione del moto utilizzando le coordinate


cartesiane e la forma F .
Adesso usiamo le coordinate polari.
L’energia cinetica é F = 21 mṽ12 + 12 mq̃12 ṽ22 , con q̃1 = r, ṽ1 = ṙ, q̃2 = ϕ, ṽ2 =
ϕ̇. Per a = 1 abbiamo d ∂F − ∂F = mṽ˙ 1 −mq̃1 ṽ22 , che quindi risulta diversa
dt ∂ṽ1 ∂q̃1
da ma1 . Ció vuol dire che cambiando tipo di coordinate non arriviamo
alle equazioni del moto. Potremmo comunque arrivarci se trovassimo la
relazione tra la forma scritta in un sistema di coordinate qualunque e la
forma scritta in un altro sistema di coordinate. Trovare tale relazione é
appunto il primo passo che vogliamo esaminare. Il secondo passo consiste
nel determinare l’equazione del moto.
Per raggiungere il nostro obiettivo consideriamo il seguente:

Teorema (1.3.1)

d ∂F ∂F X ∂q̃b ³ d ∂F ∂F ´
− = −
dt ∂va ∂qa b
∂qa dt ∂ṽb ∂q̃b

Prima di dimostrare tale teorema osserviamo che:


Sia F = 12 mv2 , a = 1, mv̇1 e per il teorema:

∂q̃1 ³ d ∂F ∂F ´ ∂q̃2 ³ d ∂F ∂F ´
mv̇1 = − + − = f1
∂q1 dt ∂ṽ1 ∂q̃1 ∂q1 dt ∂ṽ2 ∂q̃2

in quanto sappiamo che mv̇1 = f1 .


Allo stesso modo per a = 2 abbiamo:

∂q̃1 ³ d ∂F ∂F ´ ∂q̃2 ³ d ∂F ∂F ´
mv̇2 = − + − = f2
∂q2 dt ∂ṽ1 ∂q̃1 ∂q2 dt ∂ṽ2 ∂q̃2

in quanto sappiamo che mv̇2 = f2 .


Dunque, possiamo dedurre che se sono note le forze abbiamo le due
equazioni del moto e allora abbiamo raggiunto, per questo particolare
caso, l’obiettivo di avere le due equazioni del moto in qualsiasi sistema di
coordinate.
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Per raggiungere in generale l’obiettivo serve la trasformazione tra le coor-


dinate cartesiane e quelle generalizzate.
Adesso dimostriamo il teorema:
Per qualsiasi funzione F e per qualsiasi sistema di coordinate cominciamo
∂F
a calcolare ∂qa
fissando un qualunque valore per a:
∂F X³ ∂F ∂q̃b ∂F ∂ṽb ´ ∂F ∂ t̃
= + + =
∂qa b
∂q̃b ∂qa ∂ṽb ∂qa ∂ t̃ ∂qa
X³ ∂F ∂q̃b (1.3.2)
∂F ∂ṽb ´
= +
b
∂q̃b ∂qa ∂ṽb ∂qa
∂ t̃
in quanto ∂qa
= 0.
P ∂q̃b
Inoltre, poiché ṽb = + ∂q̃
c ∂qc vc ∂t
b
da cui abbiamo
∂ṽb X ∂ 2 q̃b ∂ 2 q̃b
= vc + ,
∂qa c
∂qc ∂qa ∂qa ∂t
la (1.3.2) diventa:
Xh ∂F ∂q̃b ∂F ³X ∂ 2 q̃b ∂ 2 q̃b ´i
+ vc + .
b
∂q̃ b ∂qa ∂ṽ b c
∂q c ∂q a ∂q a ∂t
∂F
Adesso calcoliamo e poi facciamone la derivata temporale:
∂va
∂F X³ ∂F ∂q̃b ∂F ∂ṽb ´ ∂F ∂ t̃
= + + =
∂va b
∂q̃b ∂va ∂ṽb ∂va ∂ t̃ ∂va
X ∂F ∂ṽb
= =
b
∂ṽb ∂va
X ∂F ∂q̃b
=
b
∂ṽb ∂qa
in quanto osserviamo che:
∂q̃b
• q̃b dipende da q e da t e non da va =⇒ ∂va
= 0;
∂ t̃
• ∂va
= 0;
∂q̃b P a
• ∂ṽb
∂va
= ∂qa
, infatti: va = c ∂q ṽ + ∂q
∂q̃c c
a
∂ t̃
(
∂ ³ ∂qa ´
∂qa ∂ṽc
∂q̃c ∂ṽb
= 0 per c 6= b
ṽc = ∂q
∂ṽb ∂q̃c ∂q̃b
a
per c = b
∂va ∂ ³X ∂qa ∂qa ´ ∂qa ∂ ³ ∂qa ´ ∂qa
= ṽc + = + =
∂ṽb ∂ṽb c ∂q̃c ∂ t̃ ∂q̃b ∂ṽb ∂ t̃ ∂q̃b
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Quindi:

d ∂F d ³X ∂F ∂q̃b ´
= =
dt ∂va dt b ∂ṽb ∂qa
Xh³ d ∂F ´ ∂q̃b ∂F ³ d ∂q̃b ´i
= + =
b
dt ∂ṽb ∂qa ∂ṽb dt ∂qa
Xh³ d ∂F ´ ∂q̃b ∂F ³X ∂ 2 q̃b ∂ 2 q̃b ´i
= + vc + .
b
dt ∂ṽb ∂qa ∂ṽb c ∂qc ∂qa ∂qa ∂t

A questo punto, da questi risultati otteniamo:

d ∂F ∂F X h³ d ∂F ´ ∂q̃b ∂F ³X ∂ 2 q̃b ∂ 2 q̃b ´i


− = + vc + +
dt ∂va ∂qa b
dt ∂ṽb ∂qa ∂ṽb c ∂qc ∂qa ∂qa ∂t
X h ∂F ∂q̃b ∂F ³X ∂ 2 q̃b ∂ 2 q̃b ´i
− + vc + =
b
∂q̃b ∂qa ∂ṽb c ∂qc ∂qa ∂qa ∂t
X ³ d ∂F ´ ∂q̃b X ∂F ∂q̃b
= − =
b
dt ∂ṽb ∂qa b
∂q̃b ∂qa
X ∂q̃b ³ d ∂F ∂F ´
= − . c.v.d.
b
∂qa dt ∂ṽb ∂q̃b

Il teorema mostra che la combinazione di derivate


d ∂F ∂F

dt ∂va ∂qa

ha una regola di trasformazione molto semplice sotto un cambiamento di


d ∂F ∂F
coordinate, sebbene nessuno dei singoli termini dt ∂va
e ∂qa
si comporti in
un modo particolarmente semplice.
Siamo, ora, nelle condizioni di trasformare le equazioni del moto.
Adesso, definiamo un’osservabile come una funzione

G : P T −→ <
(q, v, t) 7−→ G(q, v, t) ∈ <

e consideriamo il caso in cui applichiamo il teorema appena esaminato ad


P
un’osservabile quale l’energia cinetica T = c 12 µc vc2 .
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Le equazioni del moto di Newton sono ma v̇a = Fa e tale espressione


possiamo ottenerla da T nel modo seguente:
∂T
1) Si deriva T rispetto a va : ∂va
= µa v a
∂T d ∂T
2) Si deriva ∂va
rispetto al tempo: dt ∂va
= µa v̇a = Fa .
Possiamo osservare che a questo punto abbiamo:
d ∂T ∂T
Fa = −
dt ∂va ∂qa
∂T
con ∂qa
= 0, in quanto l’energia cinetica T in coordinate cartesiane non
dipende da q. Dunque utilizzando il teorema ne deriva:
X ∂q̃b ³ d ∂T ∂T ´
− = Fa . (1.3.3)
b
∂qa dt ∂ṽb ∂q̃b

Si tratta di n equazioni del secondo ordine in t, che possono essere espli-


citamente scritte se si conoscono le forze Fa e le trasformazioni q̃b (q, t).
Inoltre possiamo scrivere le equazioni (1.3.3) anche moltiplicandole per
∂qa
∂q̃c
( che conosciamo se conosciamo le trasformazioni):
X ³ ∂q̃b ∂qa ´³ d ∂T ∂T ´ ∂qa
− = Fa .
b
∂q a ∂q̃c dt ∂ṽb ∂q̃b ∂q̃ c

Poiché di queste equazioni ne abbiamo una per ogni a, sommiamo su a:


X ³ ∂q̃b ∂qa ´³ d ∂T ∂T ´ X ∂qa
− = Fa .
b,a
∂q a ∂q̃c dt ∂ṽb ∂q̃ b a
∂q̃c

Aggiungiamo che, poiché vale


∂q̃b X ∂q̃b ∂qa ∂q̃b ∂t X ∂q̃b ∂qa
= + = ,
∂q̃c a
∂qa ∂q̃c ∂t ∂q̃c a
∂qa ∂q̃c
otteniamo:
X ∂q̃b ³ d ∂T ∂T ´ X ∂qa
− = Fa .
b
∂q̃c dt ∂ṽb ∂q̃ b a
∂q̃ c

∂q̃b
Ora, poniamo attenzione al fatto che ∂q̃c
= 0 sempre, tranne quando
b = c, infatti risulta uguale all’ unitá. Quindi:
X ∂qa d ∂T ∂T
Fa = − . (1.3.4)
a
∂q̃c dt ∂ṽc ∂q̃c
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Siamo, dunque, giunti ad ottenere n equazioni (abbiamo un’ equazione per


ogni c) equivalenti alle equazioni del moto, ma valide rispetto a qualunque
sistema di coordinate.

Esempio (1.3.2)
Consideriamo un sistema di particelle che si muove su un piano. Abbiamo
le coordinate cartesiane q1 = x, q2 = y. Supponiamo che le forze siano
F1 = Fx e F2 = Fy e che vogliamo scrivere l’equazione del moto nelle
p
coordinate polari. Quindi: q̃1 = r = q12 + q22 , q̃2 = ϕ, dove
n q = x = r cos ϕ
1
q2 = y = r sin ϕ
Per scrivere l’equazione del moto occorrono:
1) l’energia cinetica espressa in coordinate polari
1 1
T = m(ṽ12 + q̃12 ṽ22 ) = m(ṙ2 + r2 ϕ̇2 )
2 2
2) le derivate:
∂q1 ∂x ∂q2 ∂y
= = cos ϕ = cos q̃2 ; = = sin ϕ = sin q̃2 ;
∂q̃1 ∂r ∂q̃1 ∂r
∂q1 ∂x ∂q2 ∂y
= = −r sin ϕ = −q̃1 sin q̃2 ; = = r cos ϕ = q̃1 cos q̃2 ;
∂q̃2 ∂ϕ ∂q̃2 ∂ϕ
Allora l’equazione (1.3.4) per c = 1 diventa:
∂q1 ∂q2 d ∂T ∂T
F1 + F2 = − = mṽ˙ 1 − mq̃1 ṽ22
∂q̃1 ∂q̃1 dt ∂ṽ1 ∂q̃1
da cui otteniamo:
(cos ϕ)F1 + (sin ϕ)F2 = mr̈ − mrϕ̇2 .
Osserviamo che il primo membro risulta essere il prodotto scalare tra le
forze e il versore di r e inoltre la proiezione di F sul versore di r é la
componente radiale.
Per c = 2 abbiamo:
∂q1 ∂q2 d ∂T ∂T
F1 + F2 = − .
∂q̃2 ∂q̃2 dt ∂ṽ2 ∂q̃2
Da qui ricaviamo:
−r sin ϕF1 + r cos ϕF2 = mr2 ϕ̈
il cui primo membro é correlato alla componente normale della forza.
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1.4 Equazioni del moto nel caso di forze conservative:


le equazioni di Eulero-Lagrange

L’equazione del moto valida per ogni sistema di coordinate, fin’ora oggetto
del nostro discorso, assume una forma particolare e semplificata nel caso
in cui le forze agenti sul sistema sono conservative.
Una forza é conservativa quando il lavoro compiuto da q a q0 si puó
scrivere mediante una funzione U che dipende da q come Lq−→q0 = U (q)−
∂U
U (q0 ), dove U é detta funzione potenziale e tale che Fa = − ∂qa
.
Consideriamo una coppia (q, q0 ) , dove qc0 = qc se c 6= a e qa0 = qa + dqa
se c = a. Poiché q0 differisce da q solo per qa , allora tutti i dqc sono nulli
e quindi: Z
Lq−→q0 = Fdq = F · dq = Fa dqa .

Ma se la forza é conservativa, allora abbiamo:

Fa dqa = U (q) − U (q1 , q2 , . . . , qa + dqa , . . . , qn ).

Da qui:

U (q) − U (q1 , q2 , . . . , qa + dqa , . . . , qn ) ∂U


Fa = =− .
dqa ∂qa
∂U
Viceversa, se la forza lungo una direzione é pari a Fa = − ∂qa
, vediamo
che F é conservativa:
X X³ ∂U ´ h i
dL = Fa dqa = − dqa = −dU = − U (q + dq) − U (q) .
a a
∂qa

Dunque abbiamo una dipendenza da q e da q0 = q + dq e quindi si tratta


di forze conservative.
∂U
A questo punto, sostituiamo Fa = − ∂q a
nel primo membro dell’equazio-
ne del moto (1.3.4) valida per ogni sistema di coordinate e otteniamo:
X ∂qa ∂U ∂U
− =− .
a
∂q̃c ∂qa ∂q̃c
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Allora, l’equazione del moto valida per ogni sistema di coordinate diventa:

∂U d ∂T ∂T
− = − . (1.4.1)
∂q̃c dt ∂ṽc ∂q̃c

Osserviamo che quest’equazione dipende solo dalle coordinate e dalle


velocitá generalizzate. Quindi nel caso di forze conservative, abbiamo
l’equazione del moto senza alcun riferimento alle coordinate cartesiane.
Definendo, inoltre, la seguente osservabile L = T −U , possiamo esprimere
l’equazione del moto cosı́:

d ∂(T − U ) ∂(T − U )
− =0 (1.4.2)
dt ∂ṽc ∂q̃c

ovvero:
d ∂L ∂L
− = 0. (1.4.3)
dt ∂ṽc ∂q̃c
La funzione L = T − U é detta lagrangiana. Le equazioni (1.4.1), (1.4.2),
(1.4.3) sono equivalenti e sono le equazioni di Eulero-Lagrange.
Dunque, considerando forze conservative siamo giunti alle equazioni di
Eulero-Lagrange.
Abbiamo visto che se per tutte le curve nello spazio delle configu-
razioni C, il lavoro fatto nello spostare il sistema lungo la curva dipende
solo dai punti estremi della curva, allora le forze sono conservative. Allo
stesso modo, le forze sono conservative se il lavoro fatto nello spostare
il sistema intorno a tutte le curve chiuse svanisce. Da qui il termine
’conservativo’: per tali curve non c’é nessuna netta ”spesa” di energia.
Da questo possiamo dire che le forze gravitazionali e le forze elastiche sono
conservative: per esempio nessun netto lavoro viene fatto dalla gravitá nel
sollevare una particella e poi nel riportarla nella sua posizione iniziale; e
nessun netto lavoro viene fatto dalle forze elastiche nello stendere e poi
nel rilassare un filo perfettamente elastico.
Nei problemi che coinvolgono le forze gravitazionali o quelle elastiche, U
é l’energia potenziale.
18

Esempio (1.4.1)
Prendiamo in esame la forza gravitazionale. In tal caso l’energia poten-
ziale é: U = − αr .
L’energia cinetica espressa in coordinate polari é:
1 1
T = m(ṽ12 + q̃12 ṽ22 ) = m(ṙ2 + r2 ϕ̇2 )
2 2
dove q̃1 = r e q̃2 = ϕ.
Sappiamo che l’equazione di Eulero-Lagrange é:
∂U d ∂T ∂T
− = − .
∂q̃c dt ∂ṽc ∂q̃c
L’equazione del moto relativa a q̃1 é:
∂U
− = mṽ˙ 1 − mq̃1 ṽ22 = mr̈ − mrϕ̇2
∂q̃1
∂U α
e poiché ∂r
= r2
, abbiamo:
α
− = mr̈ − mrϕ̇2 .
r2
L’equazione del moto relativa a q̃2 é:
∂U d ∂T ∂T
− = − = mṽ˙ 2 = mϕ̈
∂q̃2 dt ∂ṽ2 ∂q̃2
∂U
e poiché ∂ϕ
= 0, allora abbiamo:

mϕ̈ = 0.

Esempio (1.4.2)
Consideriamo una forza elastica e tre gradi di libertá. Supponiamo di
avere una massa legata ad una molla con costante elastica k. La forza ha
espressione:
F = −kr = ma = mr̈.

Dobbiamo scrivere le tre equazioni corrispondenti ai tre gradi di libertá.


19

La lagrangiana é:
1 1
L = T − U = m(vx2 + vy2 + vz2 ) − k(x2 + y 2 + z 2 ).
2 2
Sappiamo che l’equazione di Eulero-Lagrange é:
d ∂L ∂L
− = 0.
dt ∂ṽc ∂q̃c
Scriviamola lungo x:
d
(mvx ) + kx = 0 =⇒ mv̇x + kx = 0 =⇒ mẍ = −kx.
dt
Equivalentemente lungo y:
d
(mvy ) + ky = 0 =⇒ mv̇y + ky = 0 =⇒ mÿ = −ky.
dt
E lungo z:
d
(mvz ) + kz = 0 =⇒ mv̇z + kz = 0 =⇒ mz̈ = −kz.
dt
Scegliamo, adesso, altre coordinate, ad esempio le coordinate sferiche:
r, ϕ, θ. Preso un punto, r é la sua distanza dall’origine, l’angolo ϕ é
l’anomalia e l’angolo θ é l’azimut. Vogliamo esprimere l’energia cinetica
in funzione di queste coordinate e delle loro derivate.
20

x =r sin θ cos ϕ
y =r sin θ sin ϕ
z =r cos θ
Consideriamo la sfera con raggio r e centro nell’origine e tracciamo il
meridiano che passa per il punto. Possiamo decomporre il vettore velocitá
del punto.
La componente radiale é vr = ṙ.
Dobbiamo trovare una seconda componente della velocitá. Scegliamo,
allora, come seconda direzione quella del parallelo che é perpendicolare a
quella radiale. La ciconferenza relativa a tale parallelo ha raggio r sin θ e
il punto si muove lungo tale circonferenza con velocitá angolare ϕ̇. Ogni
volta che un punto si muove su una circonferenza, la velocitá é uguale
al raggio per la velocitá angolare. Allora la seconda componente della
velocitá é v2 = r(sin θ)ϕ̇.
Per trovare la terza componente della velocitá, scegliamo la direzione del
meridiano. Quindi, quando il punto si muove lungo il meridiano, esso si
muove lungo una circonferenza di raggio r con velocitá angolare θ̇. Allora
ne risulta che la terza componente della velocitá é v3 = rθ̇.
A questo punto possiamo scrivere l’energia cinetica:
1 1 1
T = mv 2 = m(v12 + v22 + v32 ) = m(ṙ2 + r2 (sin2 θ)ϕ̇2 + r2 θ̇2 ).
2 2 2
L’energia potenziale é:
1
U = kr2 .
2
Di conseguenza otteniamo la lagrangiana:
1 1
L = T − U = m(ṙ2 + r2 (sin2 θ)ϕ̇2 + r2 θ̇2 ) − kr2 .
2 2
Vediamo, quindi, qual é l’equazione di Eulero-Lagrange
d ∂L ∂L
− =0
dt ∂ṽc ∂q̃c
corrispondente a tale lagrangiana.
21

Relativamente ad r, otteniamo:
d
(mṙ)−(mr(sin2 θ)ϕ̇2 +mrθ̇2 −kr) = 0 =⇒ mr̈−mr(sin2 θ)ϕ̇2 −mrθ̇2 +kr = 0.
dt
Relativamente a ϕ:
d
(mr2 (sin2 θ)ϕ̇) = 0 =⇒ 2mrṙ(sin2 θ)ϕ̇+mϕ̈r2 sin2 θ+2mr2 ϕ̇ sin θ(cos θ)θ̇ = 0.
dt
Relativamente a θ:
d
(mr2 θ̇)−mr2 sin θ(cos θ)ϕ̇2 = 0 =⇒ 2mrṙθ̇+mr2 θ̈−mr2 ϕ̇2 sin θ cos θ = 0.
dt
22

CAPITOLO 2
Sistemi vincolati

2.1 Vincoli olonomi

La grande potenza del metodo lagrangiano si apprezza nella dinamica dei


sistemi vincolati.
Con il termine ”vincolo” si intende una qualsiasi limitazione al moto
di uno o piú punti del sistema e le forze responsabili di tali limitazioni
sono le forze vincolari.
I vincoli vengono classificati a seconda delle variabili che sono coinvolte.
In particolare essi sono detti olonomi (ed é ad essi che ci limiteremo) se
coinvolgono le coordinate dei punti ed eventualmente il tempo, ma non le
velocitá; ovvero sono espressi con equazioni del tipo:

f (q) = 0

oppure
f (q, t) = 0.
Quando i vincoli olonomi non coinvolgono il tempo t sono detti scleronomi;
quando, invece, lo coinvolgono sono detti reonomi.
Esaminiamo alcuni esempi:

Esempio (2.1.1)
Consideriamo un corpo su un tavolo. La limitazione al moto, in questo
caso, viene espressa con una disequazione: z ≥ 0. In tal modo diciamo
che x e y possono essere qualsiasi, mentre z non puó essere negativa, cioé
c’é un vincolo che impedisce al punto di avere una quota minore di zero.

Esempio (2.1.2)
Pensiamo ad un punto che si deve muovere a causa di vincoli lungo un
anello. In tal caso, ci sono due equazioni che coinvolgono le coordinate e
23

che rappresentano le limitazioni al moto, ovvero i vincoli:

x2 + y 2 = r 2 , z = 0.

Esempio (2.1.3)
(a) Consideriamo una particella localizzata sulla superficie di una sfera
di raggio a. In queste condizioni la particella esaminata avrá sempre la
stessa distanza dal centro della sfera. Di conseguenza l’equazione che
rappresenta il vincolo é la seguente:

x2 + y 2 + z 2 = a 2 .

(b) Identificando la sfera del caso (a) con un pallone e supponendo di


gonfiare tale pallone, allora la distanza dal centro aumenta col passare
del tempo, ovvero aumenta il raggio: r(t) = αt, con α = velocitá
con cui viene gonfiato il pallone. In questo caso, allora, l’equazione che
esprime il vincolo coinvolge anche il tempo:

x2 + y 2 + z 2 = α 2 t 2

e tale tempo t deve essere compreso in un intervallo che precede il mo-


mento in cui il pallone scoppi.

Esempio (2.1.4)
Prendiamo, adesso, in esame una sfera che ruota su un piano orizzontale.
Il vettore che individua il punto di contatto é pari a r − r0 k, dove r0 é il
raggio della sfera, r é il vettore posizione del baricentro e k é il vettore
unitá normale al piano, e la velocitá del baricentro é un vettore che giace
su un piano orizzontale.
La condizione che dobbiamo considerare é il puro rotolamento e per
quest’ultimo la velocitá del punto di contatto sul pallone é uguale alla
velocitá del punto di contatto sul tavolo. Allora la velocitá del punto di
contatto deve essere nulla.
24

Quindi, imponiamo che tale velocitá sia nulla, cioé

ṙ + ω
~ ∧ (r0 (−k)) = 0

dove ω
~ é la velocitá angolare della sfera.
25

2.2 Sistema adattato ai vincoli

Supponiamo di considerare un sistema di N particelle soggette a n − m


vincoli della forma:

fk (q, t) = 0 k = 1, 2, . . . , n − m

dove qa sono coordinate generalizzate.


Le equazioni del moto sono:

d ∂T ∂T
− = Fa = Ea + Ka ,
dt ∂va ∂qa

dove Ea sono le componenti delle forze esterne e Ka sono le componenti


delle forze responsabili dei vincoli.
Per rendere manegevoli tali equazioni, introduciamo innanzi tutto il con-
cetto di gradi di libertá.

Definizione (2.2.1)
Il numero di gradi di libertá é il numero minimo di parametri necessari
ad individuare la posizione del sistema tenendo conto dei vincoli.

Ad esempio se n coordinate q1 , . . . , qn non sono necessarie per indi-


viduare la posizione, ma ne bastano n − 1, allora abbiamo n − 1 gradi di
libertá; o anche: se r é il numero dei vincoli olonomi indipendenti, allora
n − r é il numero di gradi di libertá.
Se i vincoli sono indipendenti, noi siamo in grado di determinare la
configurazione del sistema a partire dalle equazioni che caratterizzano
i vincoli, conoscendo t ed m relativi alle coordinate qa .

Proposizione (2.2.1)
I vincoli fk = 0 sono indipendenti se la matrice (n − m) × n con elementi
∂fk
∂qa
ha rango massimale in ogni punto.

Se i vincoli fk = 0 sono indipendenti, allora esiste un sistema di coordinate


26

generalizzate q̃a in cui si ha:


q̃m+1 = 0 , q̃m+2 = 0 ,..., q̃n = 0.
Il sistema di coordinate generalizzate in cui valgono tali equazioni é detto
sistema adattato ai vincoli.

Esempio (2.2.1)
Supponiamo di considerare una particella che é costretta a rimanere sulla
retta y = x; da cui z = 0.
Prendiamo, adesso, in esame un sistema di coordinate (x̃, ỹ, z̃) ottenuto
facendo ruotare di 45 gradi gli assi intorno all’asse z fino a far, quindi,
coincidere l’asse x̃ con la retta y = x.

Abbiamo, perció, il seguente cambiamento di coordinate:



π π 2
x −→ x̃ = x cos + y sin = (x + y)
4 4 2√
π π 2
y −→ ỹ = −x sin + y cos = (y − x)
4 4 2
z −→ z̃ = z
27

La particella rispetto al nuovo sistema avrá coordinate (x̃, 0, 0).


Siamo nel caso in cui i vincoli sono due e nel primo sistema di coordinate
sono: y = x e z = 0; ne segue che il grado di libertá é uno, da cui abbiamo
che nel nuovo sistema di coordinate i vincoli sono q̃2 = 0 e q̃3 = 0 e quindi:
z̃ = 0 e ỹ = 0.

Esempio (2.2.2)
Nel caso di una particella che si muove sulla superficie di una sfera, c’é
un solo vincolo espresso da: x2 + y 2 + z 2 = R2 . Considerate le coordi-
p
nate sferiche ϕ, θ, r, con r = x2 + y 2 + z 2 = R, scegliamo il sistema di
coordinate per il quale
q̃1 = ϕ
q̃2 = θ
q̃3 = r − R.
Questo é un sistema adattato ai vincoli, infatti nel primo sistema di
coordinate il vincolo é uno, ne segue che i gradi di libertá sono due e
quindi q̃3 = 0, che é vero in quanto r − R é nullo.

Esempio (2.2.3)
Prendiamo in esame il caso in cui una particella si muove nel piano lungo
una circonferenza di raggio R. Le due equazioni che esprimono i vincoli
sono z = 0 e x2 + y 2 = R2 e il grado di libertá é uno.
Cerchiamo un sistema adattato ai vincoli, ovvero un sistema di coordinate
tali che q̃2 = 0 e q̃3 = 0.
Lavorando con le coordinate sferiche ϕ, θ, r, osserviamo che l’anomalia ϕ
π
puó assumere qualsiasi valore; l’azimut θ deve essere pari a 2
in quanto
la particella sta nel piano e infine r deve essere uguale ad R. Quindi
prendendo:
q̃1 = ϕ
π
q̃2 = θ −
2
q̃3 = r − R
come sistema adattato ai vincoli, abbiamo che q̃2 = 0 e q̃3 = 0.
28

Generalizzando:
Siano fm (q, t) = 0 con m = k+1, . . . , n le equazioni che esprimono i vincoli
e sia k il numero di gradi di libertá. Per trovare un sistema adattato ai
vincoli si procede nel modo seguente:
¦ Si definiscono le ”nuove” coordinate in funzione delle ”vecchie”;
¦ Si pone q̃m (q, t) = fm (q, t) con m = k + 1, . . . , n;
¦ Si trovano le altre coordinate q̃1 (q, t), q̃2 (q, t), . . . , q̃k (q, t); in modo
tale che la trasformazione di coordinate da q a q̃ sia una trasformazione
biunivoca.

Esempio (2.2.4)
Consideriamo un punto su una circonferenza e due sistemi di coordinate.
Nel primo i vincoli sono espressi da:

f2 (x, y, z, t) = x2 + y 2 − R2 = 0
f3 (x, y, z, t) = z = 0;

nel secondo, abbiamo:

q̃2 (x, y, z, t) = x2 + y 2 − R2 = 0
q̃3 (x, y, z, t) = z = 0.

Per quanto riguarda q̃1 , dobbiamo sceglierlo in modo tale che la trasfor-
mazione sia biunivoca, ad esempio q̃1 = ϕ.
29

2.3 Forze vincolari e principio di d’Alembert

Consideriamo un sistema adattato ai vincoli

q̃1 , q̃2 ,..., q̃r , q̃r+1 = 0 ,..., q̃n = 0.

Osserviamo che non abbiamo bisogno di n equazioni del moto, ma di r


equazioni del moto, infatti da r + 1 ad n le coordinate sono nulle e di
conseguenza sono nulle anche le velocitá

ṽr+1 , . . . , ṽn .

Quindi, le equazioni del moto


d ∂T ∂T
− = F̃a = Ẽa + K̃a (2.3.1)
dt ∂ṽa ∂q̃a
sono equazioni in cui le uniche incognite sono:

q̃1 , q̃2 , . . . , q̃r , ṽ1 , . . . , ṽr .

L’unico problema é costituito dalle forze vincolari Ka , che non si


conoscono.
Una delle caratteristiche dei vincoli olonomi é quella di svolgere un lavoro
nullo; di conseguenza la sola assunzione che facciamo sulle forze vincolari
Ka é che svolgono un lavoro nullo.
Andiamo a specificare meglio tale concetto.
Immaginiamo che al tempo t, opportunamente fissato, venga fotografato
il sistema, cogliendo non solo le posizioni delle particelle, ma anche le
forze che agiscono su esse.
Immaginiamo, poi, di fare un piccolo cambiamento nella configurazione,
ovvero di considerarne uno spostamento, in cui

qa −→ qa + δqa ;

in altre parole, la particella α viene spostata dal punto con vettore po-
sizione rα al punto con vettore posizione rα + δrα .
30

L’assunzione fatta caratterizza il lavoro delle forze vincolari, consideran-


dolo nullo ogni volta che lo spostamento é compatibile con i vincoli. La
configurazione, quindi, deve soddisfare le equazioni vincolari al tempo
fissato t oltre che prima dello spostamento (fk (qa , t) = 0) anche dopo
(fk (qa + δqa , t) = 0). Uno spostamento di questo tipo si dice virtuale.
Riguardo tale assunzione introduciamo il

Principio di d’Alembert
Il lavoro compiuto dalle forze vincolari quando i vincoli sono olonomi per
ogni spostamento virtuale é nullo:
X
Ka δqa = δLk = 0.
a

Esprimiamo, adesso, il principio di d’Alembert nel sistema di coordi-


nate adattato ai vincoli:
X
δLk = K̃a δq̃a = 0.
a

Nel sistema adattato ai vincoli la condizione che lo spostamento sia com-


patibile ai vincoli é:

δq̃r+1 = 0 ,..., δq̃n = 0,

in quanto sappiamo che:


q̃r+1 = 0 ,..., q̃n = 0 e q̃r+1 + δq̃r+1 = 0.
Ne segue che
X
δLk = K̃a δq̃a = 0
a

equivale a
K̃1 δq̃1 + . . . + K̃r δq̃r = 0.

Consideriamo uno spostamento compatibile con i vincoli

δq̃ = (0, . . . , 0, δq̃b , 0, . . . , 0)


31

½
δq̃j = 0 con j 6= b
δq̃b 6= 0 con b ≤ r.
Poiché il principio di d’Alembert vale per ogni spostamento compatibile
con i vincoli, allora vale anche in questo caso. Cosı́ abbiamo K̃b δq̃b = 0.
Siccome δq̃b 6= 0, ne segue che K̃b = 0.
Quindi possiamo dire che le equazioni del moto (2.3.1) nel sistema adat-
tato ai vincoli diventano:
d ∂T ∂T
− = Ẽa (2.3.2)
dt ∂ṽa ∂q̃a
con a = 1, . . . , r.
Queste equazioni hanno la stessa forma in tutti i sistemi di coordinate.
La conoscenza delle forze esterne ci consente di scrivere le equazioni del
moto. Se le forze esterne sono conservative, allora c’é un potenziale U
tale che:
∂U
Ẽa = − a = 1, 2, . . . , r
∂q̃a
e quindi le equazioni (2.3.2) si riducono alla forma lagrangiana:
d ∂L ∂L
− =0
dt ∂ṽa ∂q̃a
dove L = T − U e a = 1, . . . , r e sono proprio le equazioni di Lagrange
che sono note come equazioni adattate ai vincoli.
Osservazione
Dal principio di d’Alembert arriviamo a dire che i primi r valori delle
forze vincolari K̃ sono nulli e quindi le forze vincolari generalizzate sono:

K̃1 = 0 , K̃2 = 0 ,..., K̃r = 0 , K̃r+1 ,..., K̃n

e per a = r + 1, . . . , n abbiamo le equazioni


d ∂T ∂T
− = Ẽa + K̃a .
dt ∂ṽa ∂q̃a
Da qui, se le forze esterne sono conservative, allora esiste U tale che
∂U
Ẽa = − ∂q̃a
e di conseguenza le equazioni possono essere scritte come:
d ∂L ∂L
− = K̃a .
dt ∂ṽa ∂q̃a
32

Tali equazioni sono del tipo:

˙ t̃) = K̃a .
G(q̃, ṽ, ṽ,

Da queste equazioni possiamo determinare gli ultimi n − r valori di K̃.


A questo punto precisiamo che per conoscere le forze vincolari dirette
dobbiamo fare opportune trasformazioni; piú precisamente dobbiamo in-
vertire la seguente relazione:
X ∂qc
K̃a = Kc .
c
∂q̃ a

∂q̃a
Quindi, moltiplichiamo per ∂qb
e sommiamo su a:
X ∂q̃a X³ ∂q̃a ∂qc ´ X
K̃a = Kc = δb,c Kc = Kb
a
∂qb c,a
∂qb ∂q̃a c

dove δb,c é il ”delta di Kroneker”.


Abbiamo, cosı́, ottenuto la relazione che ci consente di ottenere le
forze vincolari dirette.
33

2.4 Esempi

• Pendolo semplice
Un pendolo semplice consiste di una massa m all’estremitá di un filo o di
un’asta di lunghezza l privi di massa.
Se la massa m viene spostata lateralmente e quindi lasciata libera, il moto
ottenuto sará oscillatorio.

Determiniamo, quindi, il moto di un pendolo semplice di lunghezza


l e massa m supponendo piccole oscillazioni, nessuna forza resistente e
facendo uso della lagrangiana.
Innanzi tutto l’energia cinetica é:

1 1
T = mv 2 = ml2 ϕ̇2 ;
2 2

l’energia potenziale é:

U = mg(l − l cos ϕ) = mgl(1 − cos ϕ).


34

Dunque, la lagrangiana é
1
L = ml2 ϕ̇2 − mgl(1 − cos ϕ).
2
Perció le equazioni di Lagrange:
d ∂L ∂L
− =0
dt ∂ ϕ̇ ∂ϕ
diventano:
d
(ml2 ϕ̇) + mgl sin ϕ = 0 =⇒
dt
=⇒ml2 ϕ̈ + mgl sin ϕ = 0 =⇒
g
=⇒ϕ̈ + sin ϕ = 0
l
Risolvendole per piccole oscillazioni:
g ³r g ´
ϕ̈ + ϕ = 0 =⇒ ϕ = A cos t−ψ .
l l
• Pendolo doppio
Scriviamo le equazioni di Lagrange per un pendolo doppio caratterizzato
da due aste di lunghezza l1 ed l2 e da due masse m1 ed m2 vincolate a
muoversi in un piano.
Prendiamo come parametri ϕ1 e ϕ2 .
35

Osserviamo che:

x1 = l1 sin ϕ1 ; y1 = −l1 cos ϕ1

e che

x2 = l1 sin ϕ1 + l2 sin ϕ2 ; y2 = −l1 cos ϕ1 − l2 cos ϕ2 .

Deduciamo che si puó determinare univocamente la configurazione del


sistema se si conoscono ϕ1 e ϕ2 : un solo parametro non é sufficiente.
Dunque i gradi di libertá sono due.
L’energia cinetica é:
1 1
T = m1 (ẋ21 + ẏ12 ) + m2 (ẋ22 + ẏ22 ) =
2 2
1 1 h
= m1 l12 ϕ̇21 + m2 l12 ϕ̇21 cos2 ϕ1 + l22 ϕ̇22 cos2 ϕ2 + 2l1 l2 ϕ̇1 ϕ̇2 cos ϕ1 cos ϕ2 +
2 2 i
+ l12 ϕ̇21 sin2 ϕ1 + l22 ϕ̇22 sin2 ϕ2 + 2l1 l2 ϕ̇1 ϕ̇2 sin ϕ1 sin ϕ2 =
1 2 2 1 h2 2 2 2
i
= m1 l1 ϕ̇1 + m2 l1 ϕ̇1 + l2 ϕ̇2 + 2l1 l2 ϕ̇1 ϕ̇2 cos ϕ1 cos ϕ2 + 2l1 l2 ϕ̇1 ϕ̇2 sin ϕ1 sin ϕ2 .
2 2
L’energia potenziale é:

U = m1 gy1 + m2 gy2 = −m1 gl1 cos ϕ1 − m2 gl1 cos ϕ1 − m2 gl2 cos ϕ2 .

Esaminando un caso particolare in cui:

m1 = m2 = m e l1 = l2 = l,

abbiamo:
1 h i
T = ml2 ϕ̇21 + ϕ̇21 + ϕ̇22 + 2ϕ̇1 ϕ̇2 cos ϕ1 cos ϕ2 + 2ϕ̇1 ϕ̇2 sin ϕ1 sin ϕ2 =
2
1 h i
= ml2 2ϕ̇21 + ϕ̇22 + 2ϕ̇1 ϕ̇2 cos(ϕ2 − ϕ1 )
2
U = −2mlg cos ϕ1 − mlgϕ2 .

Dunque, la lagrangiana é
1 2h 2 2
i h i
L = ml 2ϕ̇1 + ϕ̇2 + 2ϕ̇1 ϕ̇2 cos(ϕ2 − ϕ1 ) + mlg 2 cos ϕ1 + cos ϕ2 .
2
36

Allora, determinando le equazioni di Lagrange


(
d ∂L ∂L
dt ∂ ϕ̇1
− ∂ϕ 1
=0
d ∂L ∂L
dt ∂ ϕ̇2
− ∂ϕ2 = 0,

abbiamo:
 h i
 d 2ml2 ϕ̇1 + ml2 ϕ̇2 cos(ϕ2 − ϕ1 ) − ml2 ϕ̇1 ϕ̇2 sin(ϕ2 − ϕ1 ) + mlg2 sin ϕ1 = 0
dt
h i
 d ml2 ϕ̇2 + ml2 ϕ̇1 cos(ϕ2 − ϕ1 ) + ml2 ϕ̇1 ϕ̇2 sin(ϕ2 − ϕ1 ) + mlg sin ϕ2 = 0
dt

Per piccole oscillazioni, ovvero approssimando

sin ϕ ≈ ϕ
cos ϕ ≈ 1
ϕ1 ϕ2 ≈ 0,

abbiamo:
½ ½
2ml2 ϕ̈1 + ml2 ϕ̈2 + 2mlgϕ1 = 0 2lϕ̈1 + lϕ̈2 + 2gϕ1 = 0
2 2 =⇒
ml ϕ̈2 + ml ϕ̈1 + mlgϕ2 = 0 lϕ̈2 + lϕ̈1 + gϕ2 = 0 .

Si tratta di un sistema di equazioni accoppiate ed é possibile disaccop-


piarle ed ottenere poi le soluzioni ϕ1 e ϕ2 .
In realtá si ricavano i due modi normali:
µ ¶
(1) √z1 cos(ω1 t − θ1 )
ϕ (t) =
~
2z1 cos(ω1 t − θ1 )
µ ¶
(2) √z2 cos(ω2 t − θ2 )
ϕ (t) =
~
− 2z2 cos(ω2 t − θ2 )

~ (1) (t) e
e la soluzione generale del sistema é una combinazione lineare di ϕ
~ (2) (t)
ϕ
½
ϕ1 (t) = c1 z√1 cos(ω1 t − θ1 ) + c2 z2 cos(ω
√ 2 t − θ2 )
ϕ2 (t) = c1 2z1 cos(ω1 t − θ1 ) − c2 2z2 cos(ω2 t − θ2 ).
37

CAPITOLO 3

Simmetrie e leggi di conservazione:il teorema


di Noether

L’obiettivo di questo capitolo é quello di far vedere che ad ogni sim-


metria dinamica di un sistema meccanico lagrangiano, cioé all’invarianza
della lagrangiana per una certa trasformazione invertibile di coordinate,
corrisponde una legge di conservazione.

3.1 Trasformazioni e campi vettoriali

Introduciamo, innanzi tutto, un campo vettoriale associato ad una trasfor-


mazione.
Consideriamo la trasformazione

q −→ q + εX,

dove le componenti Xa del campo vettoriale X dipendono dalla configu-


razione di tutte le particelle e dal tempo t, cioé Xa = Xa (q, t).
Se qa = xa (t) é l’equazione di una curva in CT rappresentante un
possibile moto del sistema di particelle, allora

q̂a = xa (t) + εXa (x(t), t)

é la curva ottenuta facendo i piccoli spostamenti associati ad X.


Estendendo il discorso a P T , abbiamo

v̂a = ẋa (t) + εWa (x(t), ẋ(t), t),


38

dove

dXa
Wa (q, v, t) = =
dt
X ∂Xa dqb ∂Xa dt
= + =
b
∂q b dt ∂t dt
X ∂Xa ∂Xa
= vb + .
b
∂q b ∂t

Cosı́ associamo ad X i piccoli spostamenti in P T per i quali (qa , va , t) é


mandato in (qa + εXa , va + εWa , t).

Esaminiamo alcuni esempi.

Esempio (3.1.1)

Consideriamo una rotazione di un angolo ε e determiniamo il campo vet-


toriale associato ad essa.
39

Di tale trasformazione r −→ r + δr determiniamo δr.


³ y x ´
δr = rε − p ,p =
x2 + y 2 x2 + y 2
p ³ y x ´
= x2 + y 2 ε − p ,p =
x2 + y 2 x2 + y 2
= ε(−y, x).

Sapendo che δr = εX, allora il campo vettoriale associato ad una ro-


tazione é:

X(x, y, t) = (X1 (x, y, t), X2 (x, y, t)) = (−y, x).

Esempio (3.1.2)
Prendendo in esame come trasformazione r −→ r + δr la traslazione
(x, y) −→ (x + ε, y), determiniamo il campo vettoriale ad essa associato.

Determiniamo δr e otteniamo:

δr = (ε, 0) = ε(1, 0).


40

Dunque, il campo vettoriale associato ad una traslazione lungo l’asse x é:

X(x, y, t) = (X1 (x, y, t), X2 (x, y, t)) = (1, 0).

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