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«Teologia» 41 (2016) 364-384

Saggi e Ricerche
Ciro De Florio

Onniscienza divina
e libertà umana

1. Premessa

E ra Pietro davvero libero di non rinnegare Cristo, la notte della


Passione? Che cosa sarebbe accaduto della profezia del Signore,
se egli non avesse mentito davanti al fuoco? Più astrattamente, com’è
possibile conciliare l’onniscienza di Dio con la libertà degli esseri
umani? In fondo, se Dio conosce fin dall’eternità l’esito della storia,
non è forse tutto già scritto, immutabile e quindi vana la nostra prete-
sa di essere protagonisti del nostro destino? Domande simili hanno
assillato teologi, filosofi e credenti di tutti i tempi – anche al di fuori
della fede cristiana. La questione è cruciale e tocca due cardini di
quella che, un po’ sbrigativamente, potremmo chiamare concezione
religiosa del mondo: l’esistenza di un’entità suprema che conosce ogni
cosa e la possibilità da parte degli esseri umani (ma anche di altre en-
tità personali) di autodeterminare le loro esistenze.
Scopo di questo lavoro è fornire una rassegna sintetica, ma ag-
giornata, circa le trattazioni filosofiche del problema dell’onniscienza
divina e della libertà umana.
Tuttavia, prima di iniziare con la trattazione vera e propria è bene
soffermarsi un istante su alcune questioni preliminari1. Innanzitutto,
delimitiamo il campo: in ciò che segue, ci riferiremo solo al dibattito
che è sorto nel seno della cosiddetta “filosofia analitica della religione”2.

1
Limitiamo volutamente le indica- questi dove sono riportate le indicazioni
zioni bibliografiche per non appesantire bibliografiche specifiche.
troppo l’esposizione. La stragrande 2
In italiano, segnaliamo C. HU-
maggioranza delle pubblicazioni in que- GHES, Filosofia della religione. La pro-
sto ambito è in lingua inglese. Esistono spettiva analitica, Laterza, Roma-Bari
però alcuni pregevoli lavori in italiano. 2006; vi sono ottime ragioni per non in-
364 Abbiamo perciò dato la precedenza a sistere sulla distinzione – più di moda
Onniscienza divina e libertà umana

La filosofia della religione (secondo questo approccio) prescinde,


dal punto di vista argomentativo, dal dato Rivelato, la cui fondazione
è appunto data anche attraverso l’atto di fede3. Ciò non significa, co-
m’è facile intuire, che la concezione del teismo classico che innerva
molte questioni di filosofia della religione non dipenda anche dalle va-
rie Rivelazioni: nel nostro caso, per esempio, l’attributo dell’onni-
scienza divina ha sicuramente anche una base scritturistica. Tuttavia
questa non è in alcun modo rilevante per la discussione – puramente
razionale – che riguarda la compatibilità tra questo attributo e la li-
bertà umana4. I partecipanti al dibattito condividono grossomodo una
sorta di pacato ottimismo circa le possibilità conoscitive della filoso-
fia, anche riguardo realtà ultime quali Dio e la Sua natura; benché in
maniera imperfetta e sicuramente fallibile non è preclusa, apriori,
una forma di conoscenza teologica.
In ciò che segue faremo riferimento a posizioni che si richiamano
esplicitamente a pensatori e correnti del passato: Agostino, Anselmo,
Boezio, Tommaso, Ockham, Leibniz e così via. È bene però conside-
rare che, quando il contesto è di riflessione teorica (e non storiografi-
ca), l’impiego di filosofi appartenenti al passato è spesso strumentale
per definire un certo framework concettuale; ad esempio, l’attuale dis-
cussione circa l’ockhamismo non conserva molto dell’Ockham storico
(anche se sono rinvenibili alcuni aspetti comuni); questo, tuttavia,
non è una debolezza della proposta teorica in questione data appunto
la strumentalità dell’etichetta storica impiegata5.
Infine, abbiamo deciso di limitare drasticamente le indicazioni bi-
bliografiche per non appesantire la lettura del teso. Rimandiamo alla
voce della Stanford Encyclopedia of Philosophy dedicata a Forekno-
wledge and Free Will la cui sezione bibliografica è costantemente ag-
giornata; abbiamo invece segnalato in nota i riferimenti rilevanti in
lingua italiana.

qualche anno fa che oggi – tra filosofia Ciò non significa però che l’approccio
“analitica” e filosofia “continentale”. In metodologico seguito nella filosofia
Italia segnò buona parte del dibattito il analitica della religione non possa esse-
fortunato volume di FRANCA D’AGOSTINI, re esportato anche alla riflessione teolo-
Analitici e Continentali, Cortina, Milano gica tout court. Si veda, per esempio,
1995; molto interessate è, poi, M. DUM- O.D. CRISP - M.C. REA (ed.), Analytical
METT, Origini della filosofia analitica, Ei- Theology, Oxford University Press, Ox-
naudi, Torino 2001. ford et al. 2009.
3
Basti pensare che alcuni esponen- 5
Questo non toglie che sia un cam-
ti di spicco del dibattito sono dichiara- po di estremo interesse il rinvenire le ra-
tamente atei. dici storiche di alcune soluzioni con-
4
Ciò distingue, in questo contesto, temporanee.
la filosofia della religione dalla teologia. 365
Ciro De Florio

Terminate queste battute introduttive passiamo, dunque, a illustra-


re lo schema del nostro lavoro: presenteremo innanzitutto una versio-
ne informale e intuitiva del dilemma secondo cui libertà umana e on-
niscienza divina sono incompatibili; quindi passeremo ad analizzare la
struttura dell’argomento, sottolineando tre passaggi cruciali. Nel terzo
paragrafo metteremo in relazione questo tema con la questione dei fu-
turi contingenti e accenneremo alla soluzione del dilemma difesa dal
cosiddetto open theism. A partire dal quarto paragrafo esamineremo i
tentativi di soluzione che sono stati offerti e che sono tuttora discussi.
La prima soluzione, che potremmo chiamare “drastica”, consiste nel
concedere parecchio all’argomento incompatibilista e rivedere profon-
damente il concetto di libertà in gioco. Ma molti studiosi sono persua-
si che siano a disposizione dei modelli esplicativi in grado di rendere
conto delle intuizioni di fondo: gli ultimi paragrafi del nostro lavoro
sono infatti dedicati a tentativi di conciliare la libertà umana e l’onni-
scienza divina. Si tratta delle prospettive ockhamiste, moliniste ed
eterniste. Chiude il lavoro una breve serie di riflessioni conclusive.

2. Il dilemma
Emma ha appena ricevuto un invito per una festa: domani sera a
casa di Laura. Emma è un po’ indecisa sul da farsi: aveva infatti una
mezza idea di concedersi una serata tranquilla, in compagnia di un
buon romanzo. Alla fine, decide che andrà alla festa, per il romanzo
c’è tempo. Ora, noi consideriamo Emma libera di andare alla festa;
ovviamente, ci possono essere un’infinità di fattori per cui Emma, pur
desiderando di andare alla festa, non riesca a realizzare il suo intento:
potrebbe rompersi l’auto, potrebbe ricevere una telefonata improvvi-
sa che la distolga dal suo progetto oppure, un po’ tragicamente, un
asteroide potrebbe distruggere la Terra. In ciò che segue, però non
considereremo mai questi fattori di potenziale disturbo o impedi-
mento dell’azione; in termine tecnico, diremo che le condizioni di non
impedimento sono sempre soddisfatte. Ebbene, torniamo a Emma e
alla sua libera scelta di andare alla festa. Dio, nella sua infinita cono-
scenza e saggezza, sa che cosa sta accadendo; più significativamente,
Dio conosce le intenzioni di Emma – ovvero che lei andrà alla festa –
non solo quando effettivamente l’evento sia accaduto, ma anche pri-
ma. Sembra cioè che un’entità onnisciente debba essere anche pre-
sciente, ovvero in grado di conoscere eventi che devono ancora acca-
366 dere. Ma se tutto questo è vero non è chiaro come Emma possa essere
Onniscienza divina e libertà umana

libera. Dio conosce fin dai tempi più antichi la sua decisione di do-
mani. Dal momento però che Dio è infallibile risulta che è già vero, fin
dai tempi più antichi, che cosa Emma, liberamente, sceglierà. Ma ciò
comporta che Emma non possa fare altrimenti, ovvero che vi sia, in
realtà, un’unica alternativa per le sue azioni, e cioè quella che consiste
nell’andare alla festa. Segue pertanto che se Dio è onnisciente, non ci
possono esseri casi di autentica libertà.
Prima di analizzare la struttura dell’argomento appena proposto è
importante chiarire la natura di due concetti importanti che sono sta-
ti impiegati: libertà e onniscienza.
Solitamente si ritiene6 che un agente (a) sia libero rispetto una
certa azione (S) quando sono soddisfatte due condizioni:

(i) l’agente deve essere la causa dell’accadere dell’azione. Questo


esclude che noi siamo liberi o meno rispetto a eventi di natura sponta-
nea o comunque non dipendenti metafisicamente dalla nostra volontà.

(ii) L’agente deve avere di fronte a sé delle genuine alternative; det-


to altrimenti, deve poter fare altrimenti. Questo requisito è spesso re-
so da una struttura ad albero: prima dell’azione, davanti all’agente si
diramano due o più possibili corsi di azione alternativi. Nel caso pre-
so in esame, almeno due: uno sviluppo del mondo in cui Emma deci-
de di andare alla festa e uno sviluppo del mondo in cui Emma se ne
sta a casa.

Ovviamente le condizioni (i) e (ii) non esauriscono l’analisi filoso-


fica del libero arbitrio, ma chi difende una concezione libertaria ritiene
che debbano essere perlomeno necessarie per avere un’azione libera.
Il concetto di onniscienza che viene preso in considerazione può
essere caratterizzato, almeno inizialmente, nel modo seguente:

(Omn) Un’entità e è onnisciente se e solo se per ogni proposizione


vera p, e conosce p.

È abbastanza facile rendersi conto che il principio (Omn), senza


ulteriori restrizioni, comporta anche la prescienza. Le proposizioni
possono essere infatti datate, come ad esempio:

6
La letteratura contemporanea sul liana, M. DE CARO, Il libero arbitrio:
concetto di libero arbitrio è sterminata; un’introduzione, Laterza, Roma-Bari
per un’ottima panoramica in lingua ita- 2004. 367
Ciro De Florio

(1) il 23 marzo del 2133 si inaugura la prima colonia umana su


Marte.

Se (1) è vera, allora un’entità onnisciente la conosce e la conosce


sempre, ovvero anche prima del 2133, quando la proposizione in que-
stione è una proposizione che riguarda il futuro. Vedremo in seguito
che le caratterizzazioni appena fornite di libertà e onniscienza sono
suscettibili di modifiche e che alcuni autori hanno cercato di ridefini-
re questi concetti in modo da renderli tra loro compatibili.
In maniera analoga a quanto detto per (1), Dio conosce da sempre,
per esempio, che Emma va alla festa il 12 maggio del 2018 (qualora ov-
viamente sia vero che Emma decida effettivamente di andare alla fe-
sta). Ma allora, l’11 maggio, ovvero il giorno prima della festa, è già in
un certo senso determinato se Emma andrà alla festa (oppure no). E
questo toglie la possibilità di fare altrimenti: Emma non può oggetti-
vamente fare diversamente da come farà. Ma questo, almeno secondo
la concezione libertaria, esclude che Emma sia autenticamente libera.

2.1. Il dilemma: analisi logica

Vediamo dunque la struttura logica del dilemma7. L’analisi è gene-


rale per cui si può sostituire a p qualunque proposizione, come per
esempio, quella riguardante Emma e la sua decisione di andare (o me-
no) alla festa di Laura.

1. Ieri Dio credeva infallibilmente che p [prescienza divina].


2. Se un evento e è accaduto nel passato, allora è accidentalmente
necessario che esso sia accaduto [necessità del passato].
3. Oggi è accidentalmente necessario che Dio ieri credeva infalli-
bilmente che p [1,2].
4. Necessariamente la credenza di Dio coincide con la verità8 [ne-
cessità dell’onniscienza].
5. Se s è accidentalmente necessario e se necessariamente s impli-
ca t, allora t è accidentalmente necessario [principio logico del trasfe-
rimento della necessità].
6. Oggi è accidentalmente necessario che p [3,4,5].

7
Seguendo la prassi, ogni riga nu- 8
Questo principio è del tutto plau-
merata è un passaggio argomentativo, sibile dal momento che stabilisce che
mentre ciò che è scritto fra parentesi l’onniscienza divina è una proprietà ne-
quadre indica da quali premesse segue cessaria: necessariamente, Dio reputa
368 la tesi o se si tratta di un’assunzione. vero p se e solo se p è vero.
Onniscienza divina e libertà umana

7. Se qualcosa è accidentalmente necessario, allora un agente a


non può fare diversamente [definizione di necessità].
8. Un agente non può fare diversamente da p [6,7].
9. Se un agente non può fare diversamente, non è libero [principio
delle possibilità alternative].
10. Quindi l’agente non è libero [8,9].

Alcune considerazioni sui princìpi che sono impiegati nell’argo-


mento fatalista. La prescienza divina è stata già trattata in preceden-
za come un “sottocaso” dell’onniscienza. Il punto (2) invece riguarda
una questione metafisica molto importante: normalmente si assume
che il passato sia immodificabile. Nemmeno Dio può far sì che il Tita-
nic – che è affondato nel 1912 – non sia in effetti affondato. Ovvia-
mente Dio avrebbe potuto arrangiare le cose in modo che la tragedia
non capitasse, ma, una volta che questa è avvenuta, è indelebilmente
scritta. Alcuni filosofi hanno messo in dubbio l’immutabilità del pas-
sato e, come vedremo in seguito, sulla scorta di questa intuizione è
stata sviluppata una risposta al dilemma tra onniscienza e libero ar-
bitrio. Il punto (4) è stato già brevemente commentato in una nota al
testo. Il punto (5) è invece un’istanza di un principio di logica modale
basilare; anche in questo caso si può decidere di non accettare questo
passaggio, ma le conseguenze sono molto controintuitive: l’analisi fi-
losofica di questa strada ci porterebbe fuori dall’intento di questo la-
voro. Infine (9) dipende, com’è facile vedere, dalla definizione di li-
bertà che abbiamo dato in precedenza: se un corso di azione è
necessario, allora non sono presenti corsi alternativi del mondo e lo
sviluppo di quest’ultimo è univocamente determinato. Quindi, in base
alla nostra definizione, la scelta dell’agente non è libera9.

3. Dal fatalismo teologico al fatalismo logico:


open theism
L’argomento che abbiamo appena presentato comporta, se corret-
to, una sorta di fatalismo teologico: l’onniscienza di Dio cancellereb-
be la libertà degli agenti (e in effetti l’indeterminazione della realtà).

9
In ciò che segue non prenderemo quindi come teismi quantomeno depo-
in esame quelle posizioni che, in un cer- tenziati – o, in alternativa, considerano
to senso, accettano completamente il di- gli esseri umani come fondamentalmen-
lemma, ovvero che ritrattano la credenza te privi del libero arbitrio e quindi prede-
in un’entità onnisciente – qualificandosi stinati. 369
Ciro De Florio

Tuttavia, la storia della filosofia ricorda un celebre argomento la cui


struttura è simile e che si trova esposto in maniera compiuta nel IX
capitolo del De Interpretatione di Aristotele. Il problema di Aristotele è
in un certo molto simile al nostro: al di là della conoscenza divina,
possiamo assumere abbastanza plausibilmente che le proposizioni
con cui descriviamo la realtà abbiano sempre un valore di verità defi-
nito, vero o falso. Questo principio semantico è detto di bivalenza ed
è al cuore della concezione classica della logica. Ebbene, se il princi-
pio di bivalenza vale, allora deve valere anche per proposizioni al fu-
turo, dipendenti dalla libera scelta di un agente. L’esempio, celebre, di
Aristotele è la futura battaglia navale. Ovviamente si tratta di un even-
to contingente (così come la partecipazione di Emma alla festa di
Laura). Tuttavia, se è già vero che ci sarà una battaglia navale, come
possiamo considerare libero il comandante di non muovere la flotta?
La discussione filosofica dei futuri contingenti ha avuto una
straordinaria fortuna e si è saldata, com’era facile prevedere, al tema
dell’onniscienza divina durante la stagione del Medioevo. Non ci inte-
ressa ripercorrere neppure per sommi capi le strategie di soluzione
proprie del problema dei futuri contingenti10, anche perché in alcuni
casi ricalcano esattamente quelle fornite dal dibattito sul fatalismo
teologico. Vi sono tuttavia differenze rilevanti e una merita di essere
menzionata qui. A differenza del fatalismo logico, nel caso dell’onni-
scienza non sembra essere disponibile una soluzione abbastanza na-
turale e cioè il rifiuto del principio di bivalenza: un ipotetico difenso-
re della libertà umana potrebbe, tutto sommato, rifiutare la validità
universale del principio di bivalenza. Non tutte le proposizioni sono
determinatamente vere o false; per esempio, quelle al futuro hanno un
valore di verità indeterminato, non sono cioè né vere né false, prima
che gli stati di cose che descrivono diventino in un certo senso reali.
Ovvero, non è né vero né falso che domani vi sarà una battaglia nava-
le; lo sarà domani, una volta che il comandante della flotta avrà preso
la sua decisione. Un attimo di riflessione mostra come questa soluzio-
ne sia molto più costosa nel caso del fatalismo teologico; se infatti le
proposizioni (contingenti) al futuro non sono vere né false, non pos-
sono essere conosciute da Dio (per definizione, infatti, si conosce so-
lo qualcosa di vero). Ma allora nemmeno Dio sa se Emma andrà alla

10
Per una rassegna in lingua italia- P. ØHRSTRØM - P. HASLE, Temporal logic:
na, si veda P. ØHRSTRØM, Futuri contin- from ancient ideas to artificial intelligen-
genti, Enciclopedia Filosofica, Bompia- ce, Kluwer, Dordrecht et al. 1995.
370 ni, Milano 2006, 4.519ss.; si veda anche
Onniscienza divina e libertà umana

festa, prima che ella decida in un senso o nell’altro. Si noti che questo
di per sé non confligge con la definizione formale di onniscienza: non
vi sono in effetti proposizioni vere che Dio non conosce. È difficile
non rimanere un po’ delusi da questo tipo di soluzione; esistono, tut-
tavia, filosofi che hanno deciso di abbracciare questa strada: propria-
mente Dio non conosce il futuro perché il futuro dev’essere ancora co-
stituito nei suoi elementi contingenti. Si tratta dell’open theism11, che,
come suggerisce il nome, sottolinea l’aspetto di apertura della realtà.
La libertà degli agenti è quindi salvata al prezzo di sacrificare una cer-
ta intuitività della nozione di onniscienza. Inoltre, è difficile trovare in
questo quadro teorico uno spazio al concetto di provvidenza e di pro-
gettualità tipiche della visione teista del mondo: un Dio che non sa –
perché non può sapere – come andrà a finire la storia, quale piega
prenderanno le nostre esistenze, difficilmente potrà essere concepito
come Signore assoluto del mondo; inoltre non vi sarebbe certezza,
nemmeno per Dio, che il Suo progetto si realizzerà e che il bene pre-
varrà sul male. I sostenitori dell’open theism rispondono, chiaramen-
te, che è possibile conciliare questa concezione di onniscienza divina
con una nozione plausibile di provvidenza. Rimane il fatto che, alme-
no da un punto di vista intuitivo, è difficile pensare a un’entità onni-
sciente che non riesca a conoscere che cosa liberamente decideremo
di fare nel futuro12.

4. Compatibilismo
Una possibile via d’uscita dal dilemma attinge a una risorsa con-
cettuale che è stata sviluppata in contesti teorici del tutto eterogenei
rispetto alla filosofia della religione o alla teologia; già nella filosofia
moderna, soprattutto nel contesto dell’empirismo, si era posta la que-
stione di fornire un quadro concettuale per cui si possa parlare di li-
bero arbitrio dato che l’universo fisico è deterministico. L’avvento del-

11
Si veda per esempio, W. HASKER, scelte degli uomini per preservarne la li-
God, Time and Knowledge, Cornell Uni- bertà (e quindi anche il valore morale).
versity Press, London 1989. Un punto che meriterebbe approfondi-
12
A. KREINER, nel suo Dio nel dolo- mento ha a che fare proprio con la mo-
re, Queriniana, Brescia 2000, affronta il dalità con cui gli attributi divini ineri-
tema della compatibilità tra onniscien- scono a Dio: può Dio decidere di non
za e libero arbitrio sullo sfondo del pro- essere onnisciente? O si tratta di un at-
blema del male. La soluzione prospetta- tributo che qualifica la Sua essenza ed è
ta da Kreiner è piuttosto inusuale: Dio quindi una sua qualità necessaria?
decide di non essere onnisciente circa le 371
Ciro De Florio

la scienza moderna aveva avvalorato la concezione della natura per


cui lo stato del mondo a un istante determina completamente tutti gli
stati successivi (e anche tutti gli stati precedenti). È chiaro che in que-
sto contesto non era metafisicamente ammissibile un modello di li-
bertà indeterministico in cui, cioè, fossero possibili più corsi di azio-
ne. Tuttavia, considerare i soggetti umani come fondamentalmente
privi di libero arbitrio ha costi teorici altissimi, soprattutto per la fon-
dazione di un’etica condivisa, della giustizia, della convivenza civile e
così via. Se infatti non siamo padroni delle nostre azioni, ma sempli-
ci conglomerati di materia che obbediscono alle leggi deterministiche
dell’universo – le stesse che governano le orbite dei pianeti –, quale
senso hanno l’amministrazione della giustizia, la punizione dei rei, la
tutela degli innocenti? Ebbene, una soluzione consiste nel ritenere
compatibile una nozione sufficientemente robusta di libero arbitrio
da poter fondare discipline come l’etica, la giurisprudenza e la politi-
ca, con un universo essenzialmente deterministico. Da qui, l’etichetta
di compatibilismo. La chiave di volta del compatibilismo è affermare
che si è liberi anche quando manca la seconda condizione che aveva-
mo enunciato, ovvero la possibilità di fare altrimenti. Un agente è li-
bero quando è lui a essere la causa dell’azione, ovvero non è eterodi-
retto. Naturalmente, per i compatibilisti, le ragioni della sua azione
potranno avere condizioni sufficienti legate a stati mentali, fisici o
quant’altro. L’agente quindi è, in un certo senso, determinato a com-
piere quell’azione anche se le cause dell’agire sono, per così dire, in-
terne a lui e non provenienti da fattori estrinseci13.
Se, come filosofi della religione, siamo disposti ad adottare il com-
patibilismo, allora la soluzione del dilemma è abbastanza semplice:
esiste un unico sviluppo possibile del mondo, un’unica storia che si
estende dall’inizio del tempo alla sua fine e Dio la conosce interamen-
te. Emma è determinata ad andare alla festa (o a starsene a casa), ma
è libera nella misura in cui questa decisione proviene da fattori inter-
ni a Emma e non da costrizioni estrinseche. Quindi, secondo questa
particolare accezione di libertà, possono esistere soggetti liberi ed en-
tità onniscienti.
Chi non accetta questa soluzione tendenzialmente bollerà come il-
lusoria la libertà degli agenti secondo l’approccio compatibilista; se,

13
Sono molto interessanti gli espe- che in assenza di possibilità alternative.
rimenti mentali messi a punto da Harry Cfr. H. FRANKFURT, Alternate Possibilities
Frankfurt per mostrare come sia del tut- and Moral Responsibility, «Journal of
to ragionevole – almeno a suo parere – Philosophy» 66 (1969) 829-839.
372 l’ascrizione di responsabilità morale an-
Onniscienza divina e libertà umana

in realtà, non si hanno alternative reali, se cioè il corso del mondo è


univocamente determinato, poco importa – continua la critica – se i
fattori scatenanti la scelta siano interni o esterni: la libertà è fatal-
mente compromessa. Esula dagli scopi di questo lavoro una valuta-
zione delle ragioni dei compatibilisti e degli incompatibilisti; in ogni
caso, se si riesce a fornire un resoconto sufficientemente esplicativo di
una concezione del libero arbitrio compatibilista e che riesca al con-
tempo a soddisfare alcune condizioni tipiche di un’antropologia reli-
giosa, allora il dilemma è dissolto.

5. Ockhamismo
Nella parte restante di questo lavoro prenderemo in esame tre po-
sizioni che, al contrario delle precedenti, tentano di mostrare come
sia ragionevole ammettere l’esistenza di un’entità onnisciente e di
agenti liberi. In questo paragrafo esporremo per sommi capi la pro-
posta ockhamista14. L’idea fondamentale dell’ockhamismo è quella di
futuro vero ma non necessario. Come si ricorderà da quanto detto in
precedenza, la scelta di un agente, per essere libera in senso libertario,
deve soddisfare – oltre la condizione di autodeterminazione – quella
delle possibilità alternative. Il quadro metafisico che si accorda me-
glio con questa concezione è quello del futuro ramificato (o bran-
ching): dato un istante t nella storia del mondo, esiste una sola storia
passata, ma un fascio di possibili storie future che si diramano da t
come tanti percorsi alternativi. Il mondo è indeterministico se, al tem-
po t, non è stabilito quale sia il percorso che il mondo intraprenderà.
È chiaro che, in questa concezione metafisica, sono anche gli agenti
umani che dirigono il corso della storia. Nel nostro caso, per esempio,
Emma decide di andare alla festa e quindi rende attuale un possibile
corso degli eventi (ovvero quello che prevede la sua partecipazione al-
la festa di Laura) e relega nelle possibilità scadute la storia alternativa
in cui se ne sta a casa in compagnia del suo romanzo15.

14
Come abbiamo già detto, non de- re a C. DE FLORIO - A. FRIGERIO, The Costs
ve trarre in inganno l’etichetta impiegata of Ockhamism, Axiomathes, Springer
per descrivere questa posizione teorica; i 2016, in particolare il paragrafo 1.2.
punti di contatto tra l’ockhamismo con- 15
La metafisica del futuro ramifica-
temporaneo e la filosofia di Guglielmo to è stata costante fonte di ispirazione
di Ockham sono francamente piuttosto per molte opere di fiction, per esempio il
esili. Esistono però delle radici comuni, bellissimo racconto di J.L. BORGES, Il
che non ci interessa approfondire in giardino dei sentieri che si biforcano, in
questa sede. Ci permettiamo di rimanda- Finzioni, Adelphi, Milano 2008. Altret- 373
Ciro De Florio

Gli ockhamisti ritengono che a ogni istante del tempo vi siano


molti corsi di azione possibili. Tuttavia, non tutte le storie che parto-
no da un punto hanno il medesimo statuto ontologico: ve n’è una, pri-
vilegiata, che è quella vera. Cioè, è il corso degli eventi che capiteran-
no. Nuel Belnap ha suggestivamente chiamato questa linea temporale
particolare, la sottile linea rossa (Thin Red Line, TRL)16. È già vero al
tempo t ciò che Emma farà l’indomani: perché esiste il futuro vero,
ovvero il futuro che si realizzerà. Nel nostro caso Emma andrà alla fe-
sta, con buona pace delle sue ottime letture. Dio, che è onnisciente, sa
fin dall’inizio dei tempi qual è il futuro vero del mondo; in particolare
sa quali saranno le (libere) scelte di Emma.
Ma in che senso Emma è libera? La posizione appena descritta, in-
fatti, rende conto adeguatamente dell’onniscienza di Dio; come garan-
tire la libertà degli agenti? Ebbene, la risposta degli ockhamisti è la se-
guente: Emma è libera perché la sua scelta non è necessitata. Non
esiste cioè un solo corso di azioni possibile, ma sono molti. Certo, pro-
seguono, Emma sceglierà di attualizzare una determinata storia, quel-
la vera. Ma ciò non comporta che Emma non sia libera di fare altri-
menti dal momento che ciò che effettivamente sceglierà non è un esito
necessario della storia del mondo. Quindi ricapitolando: Dio conosce
in ogni istante del tempo che cosa accadrà nel futuro perché Dio vede
l’intera estensione della TRL, ovvero del reale corso degli eventi. Tutta-
via, questo corso non è l’unico, e ciò lo rende non necessario. E questo
riconcilia l’onniscienza divina con la libertà umana.
Quali sono i costi teorici dell’ockhamismo? È una posizione filo-
sofica stabile e convincente? Vi sono numerose questioni aperte, una
delle cruciali riguarda proprio il concetto stesso di futuro vero. Se esi-
ste, già oggi, il futuro vero, ovvero ciò che accadrà domani, in che sen-
so siamo liberi? Certo, il domani che si attualizzerà non è l’unico do-
mani, nel senso che sono presenti altri corsi di azione possibili. Ma,
continua l’obiezione, se poi, alla fine, è quel domani ciò che si realiz-
zerà, le altre possibilità non sono solamente “decorazioni metafisi-
che”? Qui il tema è delicato perché vi sono in gioco tre nozioni di fu-
turo: una nozione di futuro totalmente indeterministica, secondo cui
prima della scelta di Emma (per stare al nostro esempio) letteralmen-
te non esiste un corso di azione privilegiato. Tutte le linee di mondo

tanto feconda è poi la riflessione filoso- 16


Cfr. N. BELNAP - M. PERLOFF - N.
fica: che ne è delle possibilità scadute? XU, Facing the future: agents and choices
Esistono delle storie convergenti, ovve- in our indeterminist world, Oxford Uni-
ro delle situazioni che sono metafisica- versity Press, New York et al. 2001.
374 mente inevitabili?
Onniscienza divina e libertà umana

sono ontologicamente alla pari ed è (anche) la libera scelta di Emma


che renderà attuale una storia rispetto alle altre; vi è poi una conce-
zione di futuro totalmente deterministica, secondo cui esiste solo una
storia del mondo ed è al massimo la nostra ignoranza che ci illude cir-
ca l’indeterminazione del futuro. Tutto è però già scritto perché è ne-
cessario. L’ockhamismo introduce una terza via, e cioè una terza con-
cezione di futuro: un futuro che è vero ma non è necessario. Riesce
questa mossa teorica a garantire onniscienza e libertà? Il difensore di
questa posizione risponderebbe molto probabilmente così: Emma è
libera perché è controfattualmente libera. Che cosa significa? Emma
deciderà di andare alla festa, e questo evento è presente nella TRL.
Tuttavia, se Emma scegliesse diversamente, se cioè optasse per la se-
rata a casa, allora la TRL sarebbe stata un’altra. E questo, a ben vede-
re, è ragionevole. Immaginiamo che al tempo t0 Emma decida di star-
sene a casa e non andare alla festa. Per la teoria del futuro vero, è già
vero a t-1 (per esempio il giorno prima, o due milioni di anni prima, è
del tutto indifferente) che Emma deciderà di non andare alla festa.
Quindi segue che la TRL è, in questo caso, una sequenza di eventi in
cui, a un certo istante, Emma non va alla festa e rimane a casa. L’a-
spetto importante per salvaguardare la libertà di Emma è che sia lei a
determinare le sue scelte: è infatti proprio Emma che decide se anda-
re alla festa o rimanere a casa.
Vediamo ora come tutto questo giochi un ruolo nel caso dell’onni-
scienza divina; avevamo accennato in precedenza che Dio conosce
tutto il futuro vero, ovvero tutta la TRL. Ma allo stesso tempo, abbia-
mo affermato che, al fine di garantire la libertà dell’agente, l’ockha-
mista deve sostenere che è la scelta di Emma effettuata in t0 a stabili-
re la TRL. Tutto questo ha una conseguenza piuttosto strana:
immaginiamo che Dio sappia fin dall’inizio dei tempi che Emma an-
drà alla festa. Tuttavia, Emma potrebbe non andare alla festa, in
quanto libera. Ma allora dobbiamo ammettere che Emma può (in un
senso che specificheremo in seguito) cambiare la TRL; ovvero, se Em-
ma avesse deciso diversamente allora anche il futuro sarebbe stato di-
verso. Ma la conoscenza di Dio è infallibile, per cui, se Emma deci-
desse, nel futuro, di non andare alla festa, ebbene, questo evento
determinerebbe le credenze passate di Dio.
Come si ricorderà, un principio che molti studiosi della filosofia
del tempo ritengono non negoziabile è quello della fissità del passato.
Il passato non è in senso assoluto necessario, ma una volta accaduto è
immodificabile. Tuttavia, l’ockhamismo sembra implicare qualcosa
del genere, almeno rispetto a determinati fatti che riguardano le cre- 375
Ciro De Florio

denze di Dio. Dio credeva – per esempio, un milione di anni fa – che


Emma sarebbe andata alla festa. Ma se Emma deciderà di non anda-
re, allora in un certo senso la credenza divina passata verrebbe deter-
minata dalla sua azione futura!
Alcuni studiosi hanno introdotto una categoria metafisica apposi-
ta per caratterizzare un fenomeno di questo tipo: accanto ai fatti stan-
dard (che costoro chiamano hard-facts) vi sono soft-facts, ovvero fatti
che dipendono, in un certo senso, da ciò che deve ancora accadere.
«Napoleone fu sconfitto a Waterloo nel 1815» è chiaramente un fatto
che appartiene al primo tipo: non è certamente necessario, ma, una
volta che è accaduto, ovvero dopo la data della sconfitta di Waterloo,
questa non è più modificabile. «Dio sa, oggi 18 luglio 2016, che il 23
gennaio del 2388 verranno inaugurate le prime colonie umane su
Marte» è invece un esempio di soft-fact. La conoscenza di Dio dipen-
de anche dal fatto futuro che riguarda la colonizzazione di Marte.
Quindi, se nel 2388 non vi saranno delle colonie sul pianeta rosso que-
sto dovrebbe in qualche modo influire sul fatto passato, ma soft, che
riguarda la conoscenza divina.
Non è questa la sede per un bilancio complessivo della prospetti-
va ockhamista. I concetti di Thin Red Line e di soft-fact sono risultati
a molti autori metafisicamente sospetti; per altri, invece, hanno un
costo teorico che è sopportabile alla luce della spiegazione della com-
possibilità tra libero arbitrio e onniscienza divina. In ciò che segue,
prenderemo in considerazione una posizione teorica che muove dal-
l’intuizione ockhamista, ma, in un certo senso, cerca di raffinarla. An-
che in questo caso, si fa riferimento a un “padre nobile”, non più fran-
cescano, ma gesuita: Louis de Molina.

6. Molinismo
Com’è noto, il molinismo sorge all’interno della disputa teologica
riguardante il libero arbitrio, la Grazia e la Salvezza, che infiamma
l’Europa nel XVII secolo. A differenza dell’ockhamismo, però, i soste-
nitori attuali del molinismo sono abbastanza fedeli con la serie di dot-
trine cui gli storici della teologia fanno solitamente riferimento.
Per comprendere la posizione molinista rispetto al dilemma tra
onniscienza divina e libero arbitrio è utile tenere in considerazione
ancora una volta il concetto di futuro vero o TRL. Come avevamo vi-
sto Emma decide di andare alla festa e questo evento fa parte della
376 TRL, del corso vero del mondo. Ma esiste anche un’altra storia, quella
Onniscienza divina e libertà umana

in cui Emma decide di non andare alla festa e se ne sta a casa. Ora, in
questo corso alternativo di eventi vi saranno delle biforcazioni, esat-
tamente come nella storia vera. Per esempio, Emma, leggendo il ro-
manzo, potrà decidere se bersi un caffè o un the. Avremo dunque due
storie, una in cui Emma, leggendo, beve un the e l’altra in cui beve un
caffè. Si noti che entrambe queste storie sono, per così dire, ipoteti-
che, nel senso che non fanno parte della TRL. Riflettiamo un attimo
su questo punto. Che cosa sarebbe accaduto se Emma avesse deciso di
rimanere a casa? Quale sarebbe stato, in quel caso, il futuro vero? In-
fatti, se l’idea di futuro vero è consistente, allora dev’esserlo in ogni
istante della struttura temporale; ciò significa che anche riguardo a
scelte meramente possibili, deve esistere (in un senso metafisico) la
scelta che Emma avrebbe preso se avesse precedentemente optato per
rimanere a casa. Detto altrimenti, la TRL non è un’unica storia, ma è
in realtà una pluralità di storie, ciascuna per ogni biforcazione nei ra-
mi temporali. Un altro modo di vedere la cosa è immaginare che a
ogni scelta di Emma vi sia una Emma possibile che compie l’altra
scelta17. Quindi avremo una Emma possibile (chiamiamola Emma*)
che se ne sta a casa a leggere il suo romanzo. Ma, di nuovo, cosa sor-
seggiare durante la lettura? Ecco che Emma* opta per un caffè, men-
tre Emma** desidera un the. E così via.
La ragione per cui i molinisti adottano questo tipo di approccio di-
pende dalla loro particolare interpretazione del libero arbitrio: un
agente a è libero di compiere una determinata azione sempre all’in-
terno di un certo contesto X. Nel contesto rientrano certamente alcu-
ni tratti della realtà esterna (per esempio le effettive possibilità dell’a-
gente) così come aspetti interni, legati alle motivazioni, ai desideri e
così via. Ebbene, Dio può prevedere infallibilmente ciò che l’agente li-
beramente farà perché ha una conoscenza perfetta del contesto in cui
l’agente opera. È istruttivo un confronto. Molto spesso anche noi es-
seri umani cerchiamo di prevedere, in base a una certa classe di in-
formazioni, che cosa le persone decideranno di fare. Sappiamo per
esempio che Emma è una tipa brillante, che alla festa ci sono suoi
amici, che quella sera è libera e così via e inferiamo che Emma andrà
alla festa. Naturalmente ci possiamo sbagliare: Emma potrebbe esse-
re giù di morale quella sera, potrebbe aver saputo che alla festa c’è

17
Come si sarà notato, stiamo pren- sono solo binari). Si tratta di una sem-
dendo in considerazione solo situazioni plificazione, ovviamente, ma il medesi-
con due esiti possibili (dal punto di vista mo ragionamento può poi essere esteso
logico, ciò è reso dal fatto che gli alberi a situazioni molto più complesse. 377
Ciro De Florio

quella persona sgradevole oppure, più drasticamente, Emma è stata


rapita dagli alieni. Ma ipotizziamo di fare centro e di aver previsto
correttamente che Emma sarebbe andata alla festa. Non per questo
abbiamo creduto che Emma non fosse libera di scegliere, cioè di fare
altrimenti. La conoscenza assoluta di Dio permette di prevedere con
certezza il futuro; Egli sa che cosa farà Emma dal momento che è in
grado di prendere in considerazione ogni aspetto della realtà che è ri-
levante per la sua decisione. Anche in questo caso ci possiamo chie-
dere se Emma sia effettivamente libera di andare alla festa; qualcuno
potrebbe obiettare che in realtà il contesto X determina completa-
mente la scelta di Emma e la libertà è solamente un’illusione che pro-
viene dalla nostra ignoranza.
Il molinismo estende quindi le perfette previsioni di Dio non solo
agli agenti esistenti ma a tutti gli agenti possibili: è l’analogo di quan-
to abbiamo detto a proposito di Emma*, Emma** e così via. Per ri-
manere all’esempio, Dio conosce perfettamente il contesto X* in cui
Emma* deve scegliere tra il caffè e il the e prevede che Emma* sce-
glierà il caffè. I molinisti credono che questa complicata architettura
metafisica non solo riesca a spiegare convincentemente la compre-
senza di libero arbitrio e onniscienza divina, ma permetta qualcosa in
più. Dio all’inizio dei tempi, infatti, ha di fronte a sé lo sviluppo di tut-
ti i possibili corsi di eventi. E quindi decide di creare quella storia nel-
la cui evoluzione è presente la minore quantità di male possibile. La
prospettiva molinista quindi riesce a fornire una descrizione del con-
cetto teologico di Provvidenza connesso al problema del male.

7. Eternismo
Chiamiamo eternismo l’ultima posizione teorica che prenderemo
in considerazione. A differenza dell’ockhamismo e della sua “varian-
te” molinista, l’eternismo mette in discussione una delle premesse del-
l’argomento del fatalismo teologico che abbiamo visto qualche pagina
fa. Come si ricorderà, la prima premessa, che caratterizzava la pre-
scienza divina è:

1. Ieri Dio credeva infallibilmente che p [prescienza divina].

Ebbene, l’intuizione alla base dell’eternismo è che Dio, benché on-


nisciente, non è propriamente presciente. E questo perché la cono-
378 scenza di Dio non è temporalmente collocata, ovvero Dio non conosce
Onniscienza divina e libertà umana

in un tempo t ma semplicemente conosce in maniera atemporale18. È


chiaro che se una delle premesse dell’argomento viene confutata, l’ar-
gomento perde la sua cogenza. In ciò che segue, perciò, svilupperemo
una posizione eternista che renda effettivamente conto di come sia
possibile conciliare onniscienza e libero arbitrio; quindi analizzeremo
i costi teorici di questo approccio.
Secondo l’eternismo, dicevamo, Dio non conosce in un tempo, ma
ha presente tutta la verità simul, in un unico atto eterno. Ciò significa
che Dio non sapeva che Emma compirà una determinata scelta; al
contrario, Dio sa (atemporalmente) ciò che Emma compie. Un modo
per rendere conto dell’eternità di Dio è impiegare la metafora di Boe-
zio (ripresa poi da Anselmo) secondo cui il rapporto tra tempo ed
eternità è lo stesso tra i punti di una circonferenza e il centro di essa:
esattamente come il centro non fa parte della circonferenza, così Dio
non fa parte del tempo. Inoltre, così come tutti i raggi di un cerchio
sono congruenti, così il rapporto tra Dio e ogni istante di tempo è lo
stesso19.
Un altro punto fondamentale della proposta eternista è insistere
sulla dimensione esplicativa o causale della conoscenza divina: è per-
ché Emma deciderà una certa cosa che Dio conosce ciò che lei decide.
Ovvero, ciò che causa la conoscenza divina è l’azione umana (nel no-
stro caso, di Emma); un po’ più tecnicamente si può dire che Emma,
decidendo di andare alla festa, rende attuale un determinato stato di
cose e cioè il suo essere alla festa. Chiamiamo S questo evento com-
plesso. Ora, S renderà vera una determinata proposizione p che de-
scrive, per l’appunto, la situazione in cui Emma è alla festa (mentre la
proposizione q che descrive Emma a casa con il suo romanzo è falsa).
Ma per definizione di onniscienza, se p è vera, allora Dio la conosce.
E quindi Dio sa (atemporalmente) che cosa farà Emma. Mettiamo ora
a fuoco i nessi di carattere causale. La causa della partecipazione alla
festa, cioè di S, è la decisione di Emma. Ma quindi segue che è sem-

18
La posizione eternista circa la co- una serie di studi aggiornati, cfr. C. TAP -
noscenza di Dio è strettamente collega- E. RUNGGALDIER (ed.), God, Time, and
ta, anzi dipende, da una concezione ge- Eternity, Ashgate, Farnham 2011.
nerale che riguarda l’esistenza stessa di 19
Una metafora – per forza scono-
Dio. Secondo questo approccio, esiste sciuta ai medioevali – per descrivere
un’altra dimensione dell’essere che non questo modello di conoscenza è quella
è temporalmente connotata: l’eternità. di un film che non viene proiettato in se-
L’essere proprio di Dio è eterno ovvero quenza, ma che è, per così dire, dispie-
“fuori” (ma si tratta di una mera metafo- gato interamente. Dio vede la realtà in
ra spaziale) dal flusso del tempo. Come questo modo, ovviamente molto diffici-
si vedrà in seguito, ciò solleva una serie le da rappresentare per noi.
di importanti questioni metafisiche. Per 379
Ciro De Florio

pre la decisione di Emma la causa della verità di p. Pertanto, è ancora


Emma la “causa” della conoscenza di Dio20.
La soluzione eternista sembra riuscire nel difficile compito di te-
nere insieme libero arbitrio e onniscienza: di certo Emma poteva de-
cidere diversamente, rifiutare gentilmente e starsene a casa. E Dio
eternamente vedrebbe le scelte di Emma. Così come vede eternamen-
te le scelte che Emma compirà tra cinquant’anni.
I critici della soluzione eternista avanzano però solitamente la se-
guente critica: accettiamo pure il resoconto eternista circa la cono-
scenza di Dio. Ciò implica, per esempio, che Dio eternamente sa che
cosa sceglierà in un certo momento futuro il figlio di Emma, che ora
non esiste, ma che esisterà. Ma allora, sebbene nel flusso della realtà
temporale gli agenti si possano considerare liberi, sub specie aeterni-
tatis le cose non sembrano essere così. Dal punto di vista dell’eterni-
tà, infatti, è già in un certo senso scritto che cosa farà Emma, o me-
glio, è già scritto che cosa Emma deciderà liberamente di fare.
Questo è strano perché presuppone che, sempre dal punto di vista
dell’eterno, esistano già, in un certo senso, tutte le cose, quelle passa-
te e quelle future. Detto altrimenti, per Dio esiste già – in un senso
atemporale – la decisione che Emma prenderà liberamente tra due
anni. Sembra allora che vi siano due dimensioni della realtà: l’una
temporale, transeunte, nella quale siamo immersi; l’altra è la dimen-
sione dell’eternità, in cui in un certo senso ogni cosa esiste. Qualche
eternista potrebbe accettare questa conseguenza: in fondo, la dimen-
sione di esistenza propria di Dio ci deve risultare strana e questo a
motivo della sua radicale diversità ontologica. Tuttavia, continua la
critica, lo “sdoppiamento” delle dimensioni ha un costo: se è vero che

20
In questo argomento abbiamo as- to che questa posizione è piuttosto im-
sunto alcune nozioni cruciali; in primo pegnativa: che dire per esempio delle ve-
luogo, la nozione di truthmaker. Ogni rità matematiche? O estetiche? O anche
verità, cioè ogni proposizione vera, è ta- di verità che hanno la forma logica di un
le perché esiste una determinata por- condizionale? Per i nostri scopi, in real-
zione di realtà che la rende vera. La no- tà, basta assumere una porzione più
zione di truthmaker è alla base della piccola e decisamente meno problema-
concezione realista e corrispondenti- tica della teoria del truthmaker. Tutta-
sta della verità. Mentre per alcune veri- via, come vedremo a breve, alcuni pro-
tà, questa concezione sembra davvero blemi della soluzione eternista hanno la
molto plausibile, le cose si complicano loro radice proprio nella relazione di
quando si assume – come molti filoso- truthmaking. Cfr. K. MULLIGAN - B.
fi in effetti fanno – che la relazione di SMITH - P. SIMONS, Truth-makers, «Philo-
truthmaker sia caratterizzante la nozio- sophy and phenomenological research»
ne di “verità” in quanto tale. Ciò costrin- 44/3 (1984) 287-321; in italiano, S. CAPU-
ge ad ammettere il truthmaker maxima- TO, Fattori di verità, Alboversorio, Mila-
lism secondo cui ogni verità ha un no 2005.
380 truthmaker. Non è difficile rendersi con-
Onniscienza divina e libertà umana

la decisione che Emma compirà, nel tempo, vive anche nella dimen-
sione dell’eterno, allora è quella la vera realtà. Non potrà infatti mai
accadere che sub specie aeternitatis Emma decida di andare alla festa
e che al momento della scelta faccia una cosa differente. Certo, Em-
ma è ancora libera, ma il prezzo da pagare è ammettere che la realtà
temporale non sia che una sorta di riflesso della dimensione eterna.
Se si volesse riassumere in uno slogan: tutto accade (atemporalmen-
te) e tutto poi si dispiega nel tempo.
Questo genere di perplessità è intrinsecamente connesso alla me-
tafisica del tempo soggiacente. Per comprendere però il tema è neces-
saria una brevissima digressione sulle varie concezioni della realtà
temporale. L’attuale dibattito circa la metafisica del tempo è quanto
mai variegato; a partire dall’articolo fondamentale del neoidealista
britannico John McTaggart, The Unreality of Time21 si sono consolida-
te, in letteratura, alcune distinzioni fondamentali. Quella forse cru-
ciale riguarda le concezioni dinamiche e le concezioni statiche del
tempo. Secondo le prime, la realtà temporale è in effettivo mutamen-
to ed esiste un istante privilegiato, il presente che “scorre”; le conce-
zioni dinamiche – chiamate anche A-teorie – considerano reali le pro-
prietà dell’essere presente, passato e futuro22. La battaglia di Waterloo
è realmente passata perché è reale l’essere presente dell’anno 2016. Si
potrebbe dire che è ora vero che la battaglia di Waterloo è passata, ma
c’è stato un tempo, per esempio il 1815, in cui la battaglia di Waterloo
era presente e un tempo ancora precedente in cui la battaglia di Wa-
terloo era futura. Le A-teorie sono sicuramente in linea con il senso
comune e con le nostre intuizioni circa la realtà temporale; in realtà
oggi molti pensatori sono convinti che le A-teorie non restituiscano
l’effettiva struttura della realtà temporale. I sostenitori delle B-teorie

21
J.E. MCTAGGART, The Unreality of sua interezza, ma tutti ne condividono
Time, «Mind» (1908) 457-474. almeno una parte. Tre ottime introdu-
22
L’articolo di McTaggart ha una zioni in italiano sono: F. ORILIA, Filoso-
fortuna filosofica stranissima; è consi- fia del tempo: il dibattito contemporaneo,
derato, come si diceva, il punto di par- Carocci, Roma 2012, che presenta il di-
tenza per il dibattito contemporaneo battito filosofico sul tempo; M. DORATO,
sulla filosofia del tempo. Tuttavia, il suo Che cos’è il tempo? Einstein, Gödel e l’e-
intento era – in senso idealistico – mo- sperienza comune, Carocci, Roma 2013,
strare che il tempo non è reale. Per fare che si concentra maggiormente sugli
questo McTaggart costruisce un argo- aspetti di filosofia della fisica e sull’in-
mento che ha due premesse: nella pri- terpretazione filosofica della teoria del-
ma, cerca di mostrare che la B-serie non la relatività; infine, per chi volesse capi-
è sufficiente per la realtà del tempo e re se sia possibile e come viaggiare nel
che quindi bisogna considerare la A-se- tempo, G. TORRENGO, I viaggi nel tempo.
rie; nella seconda che la A-serie è in sé Una guida filosofica, Laterza, Roma-Ba-
contraddittoria. Quasi nessun filosofo ri 2011.
ritiene convincente l’argomento nella 381
Ciro De Florio

ritengono che il tempo propriamente non scorra, ma che sia costitui-


to esclusivamente dalle relazioni di prima/dopo tra istanti temporali.
Ne segue che non esiste un istante privilegiato, il presente; al contra-
rio, l’«ora» è una semplice nozione indicale proprio come il «qui»: non
esiste nessun luogo che è il «qui» per eccellenza, dipende ovviamente
dalla posizione del parlante (se in questo momento dico «qui» indico
l’ameno paesino della Val d’Ayas, Champoluc; analogamente, se lo
pronuncia Barack Obama, indicherà verosimilmente qualche luogo
nei pressi di Washington D.C.). Lo stesso vale, secondo i B-teorici, per
l’«ora»: niente è realmente passato, presente o futuro, ma solo deriva-
tamente rispetto a un istante fissato.
Questa brevissima digressione circa la metafisica del tempo è mol-
to importante per comprendere la posizione eternista circa il dilem-
ma tra onniscienza divina e libertà umana. Quando infatti si dice che
Dio è “fuori” dal tempo, a quale metafisica23 del tempo facciamo in
realtà riferimento?
Una certa interpretazione della posizione eternista – quella secon-
do cui la realtà temporale è una sorta di riflesso di ciò che avviene
atemporalmente sub specie aeternitatis – si accorda molto bene con
una concezione statica del tempo: il divenire temporale ha un caratte-
re intrinsecamente illusorio, gli eventi – come le libere scelte degli
agenti – non sono propriamente passati, presenti e futuri. La prospet-
tiva umana, limitata e parziale, non riesce a cogliere l’interezza di
questa struttura, ma Dio, onnisciente, vede interamente e perfetta-
mente tutta la realtà. Propriamente, quindi, Dio non vede il futuro, il
passato e il presente perché queste dimensioni non sono che prodotti
dell’attività conoscitiva umana e non esistono in realtà.
Questa soluzione in realtà lascia insoddisfatti per due ordini di ra-
gioni: innanzitutto, non rende conto di un’asimmetria che dovrebbe
essere mantenuta. Spieghiamoci. Quando si descrive la realtà di Dio
come eterna, lo si fa perché implicitamente si assume che il mondo
abbia un’esistenza temporale, dinamicamente intesa. Se però, come
fa il B-teorico, la stessa realtà temporale del mondo viene, per così di-
re, depotenziata, ovvero ridotta a relazioni di prima/poi, la distinzio-
ne tra eternità e tempo si riduce moltissimo. Naturalmente, non vo-

23
A essere più precisi, dobbiamo di- temporali del linguaggio. Tuttavia, per
re che la distinzione tra A-teorie e B-teo- estensione, con queste denominazioni si
rie è una tesi prettamente semantica, ha considerano anche le metafisiche sog-
a che fare cioè con l’interpretazione ten- giacenti.
382 sionale o atensionale delle espressioni
Onniscienza divina e libertà umana

gliamo sostenere che questa sia una ragione per rifiutare determinate
concezioni metafisiche del tempo; a nostro avviso, però, non rende
conto dell’intuizione che oppone la realtà di Dio e la realtà del mondo
assimilando le due modalità di esistenza. In secondo luogo, le B-teo-
rie non si accordano bene con l’idea di indeterminismo che è – in un
certo senso – presupposta dall’idea libertaria di libero arbitrio. Se esi-
ste atemporalmente la scelta di Emma questa dovrà esistere in un sen-
so determinato e non è chiaro in che senso Emma possa scegliere di-
versamente da come atemporalmente sceglie.
La vera sfida, in effetti, è quella di raccordare una concezione eter-
na di Dio con una metafisica del tempo dinamica: la realtà mondana
è in divenire, il futuro diventa presente e scivola nel passato, mentre
l’esistenza di Dio è in qualche modo distaccata da questo fluire. La po-
sizione eternista risolve per certi versi il problema dell’onniscienza e
del libero arbitrio, ma ricade in un altro dilemma: se Dio ha un’inte-
razione conoscitiva atemporale con eventi temporali (come le libere
scelte degli agenti), questi ultimi devono in un certo senso essere dati
anche sub specie aeternitatis. Ma nel loro essere eterni, sono determi-
nati, sono cioè, già nell’esistenza (anche se non nell’esistenza tempo-
rale). E quindi o la realtà temporale è tutto sommato una forma di il-
lusione perché tutto è stabilito nell’eternità oppure non è chiaro come
la medesima entità (per esempio la scelta di Emma) possa intrattene-
re due modalità di esistenza: l’una temporale e l’altra eterna.

8. Conclusioni
Era quindi davvero libero Pietro di non rinnegare il Signore, nono-
stante la Sua profezia? Alla luce di quanto detto in queste pagine do-
vrebbe essere evidente la profondità delle questioni in gioco; com’è
frequente nelle grandi tematiche filosofiche, i problemi sono tra loro
intrecciati: non sembra essere possibile offrire una risposta convin-
cente al dilemma tra onniscienza e libero arbitrio se prima non si ca-
ratterizzano adeguatamente i concetti in gioco. Ma i concetti non flut-
tuano liberamente; sono, anzi, radicati in articolate visioni del
mondo, in quadri metafisici complessivi. La definizione stessa di on-
niscienza dipende anche da come si intende la conoscenza (il suo og-
getto, la sua struttura e così via). Così, il problema del libero arbitrio
è connesso non solo con l’antropologia, ma anche con l’indetermina-
tezza del mondo, con la sua chiusura causale e più ancora con lo stes-
so concetto di causalità. 383
Ciro De Florio

Sembra quindi che per tentare di rispondere al dilemma da cui


avevamo preso le mosse sia necessaria una disamina filosofica più
profonda e articolata. Molta letteratura contemporanea in filosofia
della religione pare aver sviluppato una metodologia di questo tipo,
che potremmo definire condizionale. Date, per esempio, alcune as-
sunzioni circa il concetto di conoscenza e di libertà, è possibile rima-
nere liberi in presenza di un’entità onnisciente? O, ancora, date altre
assunzioni riguardanti l’azione divina e la metafisica della modalità,
Dio può compiere il male? I risultati di queste analisi sono cioè di-
pendenti dai punti di partenza generali; i quali a loro volta possono es-
sere messi sotto scrutinio e per esempio abbandonati proprio alla lu-
ce di conseguenze filosofiche non gradevoli.
Si tratta di un lavoro faticoso, che procede per tentativi ed errori,
in cui spesso si incontrano vicoli ciechi. È però un’impresa allo stesso
tempo ottimista, conscia cioè che, pur nelle estreme limitazioni della
condizione umana, sia possibile (e aggiungiamo auspicabile) un’inda-
gine razionale sulle realtà ultime, su Dio. Perché è proprio in questi
luoghi remoti – e che sembrano talvolta inaccessibili – che si gioca il
nostro destino, non solo di filosofi ma, soprattutto, di donne e uomi-
ni di tutti i tempi24.

SUMMARY

The aim of this paper is to discuss some of the most philosophically


relevant solutions to the dilemma of divine omniscience and free will. It
seems that a libertarian conception of free will is incompatible with the
existence of an omniscient entity which already knows the outcome of
the future, free, choices. After providing a sharp analysis of the theologi-
cal fatalism argument, we discuss three models (Ockhamist, Molinist,
and Eternist) which try to show how divine omniscience and free will
are compatible features of reality.

24
Vorrei ringraziare per aver letto e Florio, Aldo Frigerio, Sergio Galvan,
384 commentato questo articolo: Giulia De Maria Teresa Maranzana.
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