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Un laico cattolico può imporre le mani?

L’imposizione delle mani si esprime attraverso un gesto simbolico di


benedizione fondato sulla preghiera e sulla fede, sia di chi impone le mani che
di chi riceve l’imposizione, affinché si possa manifestare la Grazia di Dio. La
Sacra Scrittura c’insegna che Gesù esercitava questa preghiera, dando tale
mandato a tutti i credenti, per ottenere guarigioni e per scacciare i demoni.
Ricordiamo in proposito l’evangelista Marco: “E questi saranno i segni che
accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni,
parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e se berranno qualche
veleno non recherà loro alcun danno, imporranno le mani ai malati e questi
guariranno” (Mc 16,17).
Nell’Antico Testamento questo gesto veniva usato come espressione di
benedizione, di consacrazione a Dio o anche per il conferimento di un potere.
Ricordiamo nel libro dei Numeri che il Signore disse a Mosè di porre la sua
mano su Giosuè per farne il proprio successore (Nm 27, 18-20).
Nel Nuovo Testamento, sull’esempio di Gesù, in genere gli apostoli e i credenti
delle prime comunità cristiane, usavano l’imposizione delle mani per guarire,
per ottenere l’effusione dello Spirito Santo, per conferire una ordinazione o per
assegnare una missione.
Per quanto riguarda i nostri tempi distinguiamo che l’imposizione delle mani, in
senso sacramentale, è riservata solo a chi ha ricevuto l’Ordine Sacro ed è
effettuata quindi dal Vescovo per la Cresima e per l’Ordinazione Diaconale e
presbiterale e dal Sacerdote al momento della Consacrazione dell’Eucaristia, in
quanto di loro esclusiva competenza.
Al laico l’imposizione delle mani è riconosciuta non come atto sacramentale ma
come atto di semplice invocazione dello Spirito o di semplice benedizione
attraverso il quale si chiede al Signore di manifestare la Sua grazia, mediante
l’intercessione dei fratelli.
Su questo stesso gesto si fonda tutto il Rinnovamento Carismatico attraverso
l’uso e l’esercizio dei carismi.
L’imposizione delle mani quindi è inteso come atto d’amore attraverso il quale
si fa esperienza dell’amore di Dio. Questo però richiede la necessità di vivere
questo amore personalmente, prima di poterlo trasmettere ad altri.
Diceva infatti Alfredo Ancillotti, uno dei fondatori del Rinnovamento
Carismatico Cattolico (per chi non lo conosce), che proprio perché noi
preghiamo per i fratelli affinché essi ricevano la manifestazione dello Spirito,
dobbiamo rivivere noi stessi, in maniera personale, che cosa vuol dire imporre
le mani perché accada ancora ad altri ciò che è accaduto a noi.
Che cosa è accaduto a noi? Abbiamo sentito l’amore di Dio. Quell’amore che
ha cambiato la nostra vita, ci ha riscattati dalle nostre povertà e noi ci siamo
lasciati trasformare dalla grazia del Signore.
Con questo atto d’amore che noi rivolgiamo ai fratelli in maniera gratuita, così
come gratuitamente l’abbiamo ricevuto, il Signore interviene al di là delle
nostre capacità e conoscenze umane, attraverso l’esercizio di tutti i carismi e in
particolare attraverso la compassione e il bene per il fratello.
Chi esercita questo mandato, deve credere fermamente nell’azione di grazia che
si manifesta e che viene svolta nel nome del Signore.
Distinguiamo subito che l’imposizione delle mani, in maniera privata, può
essere esercitata nell’ambito della propria famiglia, (un genitore che impone le
mani ai propri figli, tra marito e moglie), mentre per quanto riguarda l’esercizio
nella comunità, è necessario ricevere il mandato dai responsabili di Comunità,
(mandato ufficiale – permanente o temporaneo – oppure in un contesto di
preghiera o in una comunità familiare).
Dobbiamo ricordarci che quando imponiamo le mani lo facciamo nel nome del
Signore e per il bene della persona che chiede preghiera. Per questo è un gesto
da fare con serietà in quanto ne dobbiamo dare conto a Dio.
Quando abbiamo ricevuto l’effusione eravamo ancora incoscienti e non ci
rendevamo conto di nulla, ora però siamo consapevoli e amministratori delle
cose del Signore, pertanto non possiamo più essere superficiali o cadere
nell’abitudine del gesto (del resto l’abitudine e la superficialità sono cose che
non hanno nulla a che fare con un carismatico).
Inoltre è importante che il fratello che prega con l’imposizione delle mani abbia
un certo equilibrio, purezza di cuore e di intenzione, che sia una persona che
mette in pratica la Parola di Dio, impegnato nella preghiera personale
carismatica e propenso alla conversione, perché il Signore ci chiama a lasciarci
trasformare continuamente, evidenziando che bisogna esercitare questo servizio
di intercessione in umiltà e in semplicità, senza lasciarsi prendere dal
protagonismo.
Il cammino di conversione presuppone che costantemente dobbiamo porci delle
domande, dobbiamo metterci in discussione per chiederci se stiamo operando
con serietà, responsabilità, coerenza e soprattutto con fede, affinché l’amore di
Dio si manifesti attraverso ognuno di noi.
Dobbiamo comprendere che attraverso la nostra intercessione passa la grazia
del Signore per questo è importante allontanare da noi ogni umanità per poter
essere veramente espressione della volontà di Dio.
Inoltre dobbiamo dare testimonianza anche nei gesti esteriori attraverso il
nostro comportamento, il linguaggio e la gioia. La gioia intesa soprattutto come
serenità, nel senso che se siamo persone che vivono la presenza del Signore
nella propria vita, non possiamo lasciarci prendere dallo sconforto e dalla
disperazione.
L’esercizio dei carismi attraverso l’imposizione delle mani non ha niente a che
vedere con chi pensa di avere fluidi nelle mani o poteri paranormali. (Ma penso
che questo, almeno tra noi sia scontato – anche se è bene ribadirlo nelle
comunità dove arrivano continuamente nuovi fratelli).
E’ bene ricordare che non bisogna imporre le mani con tremolii, né spingere
sulla testa del fratello per farlo cadere “nel riposo nello spirito” o buttarsi con il
proprio corpo su chi riceve preghiera.
Se qualcuno avverte un calore quando riceve tale gesto, è solo opera dello
Spirito Santo e non della persona stessa, la quale non ha alcun potere.
Non vanno imposte le mani a chi non vuole ricevere tale preghiera, neanche su
persone malate se sappiamo con certezza che non la desiderano. Del resto
possiamo pregare per una persona anche a distanza, senza imporre le mani, è
pur semprepreghiera.
DISCERNIMENTO PRIMA DELLA PREGHIERA
Quando un fratello o una sorella chiede preghiera la prima cosa da fare è parlare
con loro per fare discernimento.
Il discernimento ci aiuterà a comprendere prima di tutto di cosa ha bisogno il
fratello. Se è un desiderio umano legato alle mancanze di affetto, se ha un
problema psicologico, se è legato ad una idolatria e o se ha bisogno di una
preghiera di guarigione interiore, di liberazione, ecc. Ciò è importante anche per
scegliere i fratelli nei quali abbiamo già individuato determinati carismi.
Ci sono fratelli che chiedono la preghiera perché la interpretano come un atto
magico (spesso capita con chi ha avuto esperienza con maghi e cartomanti).
Essi sono spinti dalla curiosità o sono malati di immaginazione. E’ capitato
anche che altre persone si scelgono loro stessi chi deve pregare (voglio la
preghiera da…) per cui c’è l’idolatria della persona che possiede (secondo loro)
più carismi di altri.
E’ importante che i fratelli non diano a questo gesto un valore magico o
esoterico in quanto è capitato che molti vanno alle messe di guarigione perché
c’è l’imposizione delle mani e poi non vanno alla messa domenicale.
GRUPPI DI PREGHIERA
Ricordiamo che la preghiera personale è uno strumento di crescita spirituale,
soprattutto per chi non fa parte di una comunità familiare in quanto attraverso la
stessa il fratello (o la sorella) viene seguito, curato e corretto.
Prima di pregare per qualcuno, ribadendo ciò che è stato già evidenziato sulle
caratteristiche che deve avere la persona che prega (equilibrio, purezza di cuore
e di intenzione, persona che mette in pratica la Parola di Dio, impegnato nella
preghiera personale carismatica e propenso alla conversione) chiediamo sempre
al Signore di coprirci con il suo Sangue e con la sua protezione e se riusciamo,
dobbiamo prepararci anche prima, con la preghiera personale. Non sappiamo
cosa potrà succedere durante la preghiera né quanto durerà, non possiamo
programmare noi, ciò che vuole compiere il Signore.
Quando preghiamo per i fratelli è importante che chiediamo, noi per primi, di
essere immersi nello Spirito del Signore e soprattutto dobbiamo esercitare la
FEDE.
La fede ci porta a credere fermamente in Dio, è lo strumento attraverso il quale
riusciamo a vedere la luce anche nelle situazioni di buio. L’atteggiamento di
fede è importantissimo perché per esempio se nel gruppo tutti preghiamo per la
guarigione fisica di un fratello e qualcuno dei partecipanti non crede
fermamente che quel fratello può guarire, la preghiera perde la sua efficacia e
noi per primi rendiamo vano quell’atto non permettendo al Signore di operare
efficacemente ma esponendo solo la nostra umanità e i nostri sentimenti. Quindi
attenzione a chi coinvolgiamo nel gruppo di preghiera, non tutti sono adatti a
determinate preghiere e su questo abbiamo la responsabilità del discernimento,
ricordando che anche Gesù, per alcune preghiere, sceglieva alcuni apostoli dal
gruppo: Pietro, Giacomo e Giovanni.
Nel gruppo composto in genere da 3-5 persone, ci deve essere unità spirituale
tra tutti i fratelli che pregano e sottomissione l’uno all’altro senza voler
prevaricare ma essere espressione della volontà di Dio nella complementarità
dei carismi. In genere chi impone le mani sono solo due, gli altri sono
sottomessi ai responsabili del gruppo e intercedono con la loro preghiera.
Se il Signore usa un fratello per parlare non è necessario intromettersi per dire
magari le stesse cose; basta dire “confermo”,senza aggiungere altro che
potrebbe essere superfluo.
Può succedere infatti che se parliamo troppo, chi riceve la preghiera alla fine
non capisca la profezia vera e ciò che il Signore gli dice. A volte è capitato che
la preghiera personale è diventata una seduta di psicanalisi perché al fratello (o
alla sorella) sono state poste tante domande, dando poi consigli personali e non
ispirati.
Quando si esprime la profezia, questa deve essere chiara, precisa, breve.
Inoltre la profezia va spiegata solo se riusciamo a capirne bene il significato
(per questo è importante il confronto) altrimenti potremmo dare solo una nostra
interpretazione umana annullando quello che il Signore magari voleva far
capire alla persona stessa. Per cui se non siamo sicuri, leggiamo il passo e poi
lasciamo agire lo Spirito che sicuramente farà comprendere al fratello il relativo
messaggio.
Non dobbiamo indagare nella vita privata né sembrare “i santoni” nel senso che
ci facciamo sapienti di cose intime o familiari perché magari le abbiamo sapute
prima e sembrare “ gli illuminati” .
Né dobbiamo indirizzare i fratelli verso future vocazioni (perché lo abbiamo
sentito spiritualmente), se questo accadrà, sarà l’interessato a prenderne
consapevolezza e né dare giudizi su eventuali fidanzati/e (lui o lei è la persona
giusta per te).
E’ importante non esprimere giudizi personali nei confronti dei fratelli ma solo
trasmettere loro l’amore e la misericordia del Signore.
Potrebbe capitare che la situazione del fratello sia simile alla nostra, allora
potremmo fare una piccola testimonianza per dire come il Signore ha operato
con noi ma senza esagerare o immedesimarsi perché comunque il Signore fa
sempre cose nuove.
Anche se sentiamo delle situazioni rilevanti o peccati personali, il fratello (o la
sorella) va comunque esortato, messo in guardia, indirizzato alla confessione (al
fine di fare una revisione della propria vita) ma sempre con amore e
misericordia non trasmettendo un senso di angoscia e di giudizio.
Ricordiamo che il Signore è misericordioso e non ci giudica quindi noi per
primi, non dobbiamo sentirci giustizieri, nei confronti dei fratelli.
Finita la preghiera non è necessario aggiungere nulla, consigli, commenti
perché potremmo lasciarci influenzare dalla nostra umanità.
E’ importante che chi riceve la preghiera si senta accolto e riceva
incoraggiamento, non dobbiamo far pesare il problema o la situazione che verrà
ad esporre ma evidenziamo la presenza del Signore che viene e ci trasmette il
suo amore.
Chi prega non deve avere preconcetti, rancori verso chi riceve preghiera né
alcun sentimento di giudizio o di superiorità, perché si farebbe influenzare da
questa situazione e non lascerebbe passare la grazia del Signore.
Inoltre non dobbiamo lasciarci scoraggiare da situazioni personali per cui se
stiamo vivendo una situazione particolarmente difficile, quando preghiamo per
qualcuno non dobbiamo farci condizionare dai nostri problemi ma dobbiamo
essere capaci di comunicare sempre la gioia e la pace.
Niente di quanto succede o viene detto nella preghiera personale deve essere
riferito fuori a nessuno. Anzi dobbiamo dimenticare quello che è stato detto e
fare attenzione a non usare le parole ascoltate.
E’ meglio evitare la presenza di parenti o amici della persona per cui si prega in
quanto questo potrebbe essere un ostacolo all’apertura del cuore per la paura del
giudizio. Ricordiamoci che non bisogna mettere in imbarazzo la persona che
riceve preghiera.
Se poi spiritualmente sentiamo che ci sono situazioni particolari allora
dobbiamo seguire il fratello con più preghiere personali di guarigione e di
liberazione (senza spaventarlo) e se necessario lo accompagniamo dall’esorcista
ma con molta serenità senza trasmettergli paura o angoscia.
Potrebbe capitare che chi riceve preghiera inizia a strillare o a stare male.
Se c’è bisogno di liberazione, questa va fatta intimando allo spirito di disturbo
di andarsene senza creare danno ai presenti o potrebbe essere che invece il
fratello (o la sorella) sia preso solo da isterismo. Bisogna fare discernimento e
confrontarsi.
Non è necessario assecondare certe situazioni di isteria che possono essere
presenti durante la preghiera comunitaria: alcuni possono sistematicamente
buttarsi per terra solo per attirare l’attenzione e ricevere così ogni volta la
preghiera personale, magari approfittando del cambio degli animatori che non
lo riconoscono. La preghiera deve essere sempre ispirata. E’ meglio che gli
animatori di comunità facciano un discernimento rapido sulla opportunità di
pregare per i fratelli durante l’incontro.
Affronteremo comunque, in maniera specifica nei prossimi incontri, anche la
preghiera di liberazione.
Quindi per concludere è importante comprendere che il Signore ci rende
espressione e amministratori delle Sue cose e dei suoi carismi, per questo tale
dono, così come ogni carisma, va sviluppato e capito per poter vivere la realtà
della preghiera carismatica nella sua pienezza. Fonte:
http://www.lanuovagerusalemme.org/insegnamenti/imposizione-delle-mani-e-
preghiera-personale/

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