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DRAMA tical Murder re:connect

Valentine’s Day 2013 Shorts

Genere: Yaoi, Drammatico


Anno: 2013
Storia: Chiral-kun, Kabura Fuchii
Illustrazioni: Honya Lala
Raw Provider: Nitro+CHiRAL
Traduttore: GoldPanner, Supreme Entity
Adattamento: Supreme Entity, anmalumi
Proofreader: Supreme Entity
Check: anmalumi
Pdf: Supreme Entity
Indice
Una cioccolata per te… Kōjaku
“CENIAMO INSIEME STASERA”
diceva il messaggio di Kōjaku,
così, dopo essere uscito da lavoro
ed aver fatto la spesa, vado dritto
da lui.
“Ceniamo insieme” in realtà vuol
dire “vieni a cucinarmi qualcosa”.
Kōjaku è perfettamente in grado di
prepararsi qualcosa, ma trova sem-
pre una scusa per farlo fare a me.
La cosa non mi pesa, non è che
odi cucinare o simili...
Oggi sull’isola si respira aria di
festa e ho come la sensazione che
per strada ci siano solo coppiette
o quasi.
Decisamente la cosa non mi fa impazzire, così accelero appena
imbocco quella strada che ormai riconoscerei tra mille e faccio a
due a due gli scalini per arrivare a casa sua.
Attraverso l’ingresso e mi fermo davanti alla sua porta, appena
premo l’interfono la porta si apre.
“Oh Aoba, sei tu...” mormora Kōjaku aprendomi la porta.
“Hai passato una bella giornata?”
“Sì, e tu?”
“Ovviamente” risponde lui, mentre entro e mi sfilo le scarpe come
al solito.
Entro in sala e lascio cadere la borsa lì, chiedendomi se sia il
caso di mettere subito tutto in frigo o meno, però... qualcosa non
quadra...
Mi fermo per guardarmi intorno.
Oh, ma non ci sono...
Nonostante oggi sia San Valentino non vedo la solita montagna di
confenzioni di cioccolatini, e pensare che di solito l’appartamento di

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Kōjaku è in uno stato indecente in questo periodo.
È impossibile che non ne abbia ricevuto neppure uno...
“Cosa c’è?” mi chiede Kōjaku alle mie spalle, incuriosito.
“Oh, nulla. Ho solo notato che non c’è nessun cioccolatino, mentre
di solito ne hai da vendere”
“Ah, è perché li ho rifiutati tutti” ammette Kōjaku, come se nulla
fosse.
“Eh...?” mi volto verso di lui.
“In che senso li hai rifiutati? E perché?”
“Non pensavo fosse giusto nei loro confronti”
“Giusto?”
“Beh, ormai non sono più sulla piazza”
“Ah...”
Capisco... Quindi, praticamente, non può più accettarli perché ora
sta con me.
Cosa dovrei fare con lui...?
“Sai, a volte sei davvero un ragazzo serio. Come dire, hai una tua
integrità...”
“Davvero?”
“Già” annuisco e mi faccio strada verso il frigo per iniziare la mia
personale missione impossibile: farci entrare tutto ciò che ho com-
prato.
Apro lo sportello e inizio a infilare le varie cose in maniera quasi
automatica perché con la testa sono altrove.
Sento il cuore battermi forte nel petto.
Merda... E ora che faccio? Ho fatto male i conti, non avrei mai pen-
sato di trovarlo senza nemmeno un cioccolatino!
“Aoba?”
Scatto nel sentirmi chiamare, a quanto pare, ad un certo punto, mi
sono fermato a metà, col frigo aperto.
“Sì?” chiedo, ricominciando a mettere la roba dentro fingendomi
tranquillo.
“Nulla, è solo che mi sembravi con la testa tra le nuvole”

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“Oh, già, non farci caso...” gli dico, ma non basta per evitargli di
avvicinarsi a me per fissarmi.
“Sei proprio strano oggi”
“Suuu, non è nulla!” controbatto voltandomi in modo che non possa
vedermi in volto.
La tensione cresce sempre più e ho come la sensazione che non
riuscirei a parlare in maniera normale al momento, mi sento la
faccia rigida e non c’è verso che mi dia retta.
Cavolo... Per ora è meglio concentrarsi sul finire quello che sto
facendo.
“Aoba...”
“Uhm?”
“Devo prendertene un po’?”
“Di cosa?”
“Cioccolata”
Le carote mi cadono di mano.
“No, davvero non serve”
“Oh, e io che mi ero già immaginato la scena”
“Ho detto che non serve, grazie”
Mi giro, in qualche modo sono riuscito a far entrare tutto nel frigo
senza rovinare nulla, solo che ora mi trovo faccia a faccia con lui.
Ho come la sensazione che i suoi occhi siano stregati.
Kōjaku se ne sta lì, appoggiato al frigo con un mezzo sorriso.
“Davvero?”
“Davvero, non serve”
“E tu allora? Che mi dici?”
“Eeeeh...? Spero tu stia scherzando...”
“Beh...” fa un cenno a qualcosa alle mie spalle.
“Allora cos’è quella cosa che spunta lì?”
“...” Cazzo...!
Mi giro per guardare la borsa che avevo buttato di fretta a terra,
facendo si che la zip allentata cedesse e mostrasse l’angolo di una
certa scatola.
“No, quella è...”

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“è la prima volta che la vedo”
“è della nonna, l’ho presa per sbaglio, sai... ehm...” cerco di accam-
pare penose scuse che non suonano bene nemmeno nella mia
testa.
“Lo sai che non puoi mentirmi, ti conosco troppo bene”
“...”
“Avanti, è ovvio cosa ci sia lì”
“T’ho detto che...!”
“L’hai fatta con le tue mani?”
Si spinge in avanti per avvicinarsi a me, tagliando praticamente
ogni via di fuga.
Sono spacciato, non mi resta che fissare il pavimento per non
dover guardare lui.
“Mi stai prendendo in giro...” mormora Kōjaku, prendendo la mia
reazione come l’ovvia ammissione di colpa che è.
Nel tono della sua voce riesco ad avvertire lo stupore e questo non
fa che farmi sentire ancora più spacciato.
“Perché mai hai tentato di nascondermela?”
“No, io non volevo...”
Ma ha perfettamente ragione, lo so benissimo anch’io...
All’inizio non me ne ero preoccupato più di tanto, non è che San
Valentino sia un’istituzione inviolabile e di questi tempi, è quasi
normale che non siano solo le donne a regalare del cioccolato...
Ci sono una miriade di scuse valide per farlo e visto che non era
troppo complicata da cucinare, tanto per esprimere la mia gratitudi-
ne, ho deciso di provare a farne un po’.
Insomma l’ho fatta un po’ così, tanto per...
Inoltre non ho mai capito se Kōjaku era serio o meno quando mi di-
ceva “vorrei proprio mangiare della cioccolata fatta in casa, perché
non me la fai?”.
Che cavolo, ogni anno ha la casa che pare diventare una boutique
del cioccolato, che ci sarebbe stato di male se, per caso, allungando
la mano, avessi fatto cadere la mia scatola in mezzo alle altre...?
Però quest’anno l’aveva rifiutata tutta e proprio per causa mia...

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Non penso ci sarebbe stato nulla di sconcertante se si fosse
trattato di cioccolata industriale comprata al supermercato, ma, a
ripensarci ora, il fatto che un ragazzo faccia la cioccolata per un
altro fa proprio accapponare la pelle.
Era meglio se evitavo di farlo...
“Scusa...”
“Perché ti stai scusando?”
“Non pensi che sia strano?”
“E perché mai?”
“Insomma, uno ti ha fatto della cioccolata fatta in casa...”
Dirlo ad alta voce è diecimila volte più imbarazzante!
In risposta alla mia ammissione Kōjaku sospira leggermente irritato.
“ ‘cidenti a te...” e di colpo mi tira a sé per abbracciarmi forte, sento
il suo caldo respiro nell’orecchio.
“Come t’è venuto in mente che potessi troverlo ‘strano’? È tutto
l’opposto! Hai fatto una cosa simile solo per me, sono davvero
felice” mi sussurra.
Quelle parole sono come miele alle mie orecchie.
“...”
Però ben presto l’imbarazzo per quella cosa viene ulteriormente
accentuato, Kōjaku si allontana un attimo per guardarmi bene in
faccia e poi mi bacia dolcemente.
“Grazie mille” mi dice sorridendo.
“Non vedo l’ora di mangiarla”
“Oh...” meritava fare tutta quella fatica sui fornelli, anche solo per
vedere quel sorriso.
Appena prendo atto di quel pensiero mi sento avvampare e na-
scondo la testa contro la sua spalla.

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Una cioccolata per te… Noiz
Mente Noiz era costretto in
ospedale gli facevo visita ogni
giorno, poi successe quella
cosa...
Era un giorno come tanti, stavo
seduto sulla solita sedia di
sempre mentre Noiz, seguendo
la sua solita routine giornaliera
fatta di dottori e pasti, leggeva
una rivista.
Mentre mi chiedevo se fosse il
caso di tagliargli un po’ di frutta
mi capitò di posare lo sguardo
su una cosa sul comodino.
“Senti, ma...?”
Noiz alzò lo sguardo dalla
rivista.
“Cosa?”
“Chi te l’ha portata quella?”
C’era una scatola oblunga di colore rosa che stava lì da alcuni
giorni, come se qualcuno l’avesse portata lì e poi fosse finita nel
dimenticatoio.
Non mi ricordavo quando e come fosse spuntata lì, ma ormai la
curiosità l’aveva fatta diventare un chiodo fisso nei miei pensieri.
“Ah, quella? Aprila pure”
“Sicuro che vada bene?”
“Certo” a Noiz non sembrava importare granché così decisi final-
mente di aprirla e svelare quell’annoso mistero.
Dentro c’era una sfilza di cioccolatini a forma di cuore, all’apparen-
za sembravano anche di ottima qualità.
Ok, decisamente non era stata una svista di qualcuno e per di più
sembravano anche appetitosi!
“Si tratta di cioccolata... Chi te l’ha portata?”

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“L’ha lasciata una delle infermiere”
Ripensandoci una delle sue infermiere era particolarmente agitata
e arrossiva sempre in sua presenza...
“Perché allora li hai tenuti? Li stavi conservando? Sembrano pure
molto costosi”
“No” risponde Noiz, scuotendo debolmente la testa.
“Non mi fa impazzire particolarmente”
“La cioccolata?”
“Sì”
“Odi la cioccolata?”
“Non la odio nel vero senso della parola...” Noiz si fermò, con lo
sguardo distante, e rifletté.
“Non è che non riesca a mangiarla e nemmeno la odio... È solo che
queste assurde tradizioni mi irritano”
“Tradizioni?”
“San Valentino e affini”
Ecco lo sapevo che sarebbe andata a finire così...
“Quindi è a causa di una festa che non sopporti più la cioccola-
ta...?”
“Già, ‘sta storia delle donne che regalano la cioccolata agli uomi-
ni...”
“Capisco”
A ripensarci, è vero che in Giappone è una cosa normale, ma Noiz
non è originario di qui...
“Ti è successo qualcosa di brutto?”
“Me ne hanno regalata così tanta che ormai mi viene la nausea al
solo vederla”
“Ah...” sinceramente, in quanto uomo, sentire discorsi di questo
genere mi fece sentire un po’ male.
Razionalmente capivo che non si stava vantando, che stava solo
dicendo la verità, però...
“Quindi, praticamente, ne hai mangiata troppa e ora non la reggi
più?”
“Quello e poi dentro ci ho trovato un sacco di schifezze”

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“Schifezze?”
“Capelli...”
“Urgh...”
“Unghie...”
“Uurgh...”
“Mutande...”
“Che...!?”
Come cavolo si fa a farlo!? Che idea assurda... Però in effetti, se si
fa un cioccolatino abbastanza grande, ci si possono infilare dentro
delle mutande...
“All’inizio li accettavo e li aprivo, ma poi non ce l’ho più fatta... Fino
ad arrivare al punto di essere nauseato dalla cioccolata”
“Uhm...”
Non è la prima volta che mi capitava di sentire certe cose...
La gente pesantemente ossessionata, infila qualcosa di suo nella
cioccolata da regalare in segno di buona fortuna, ma nel mio caso
si tratta solo di sentito dire, perché a me non è mai capitato in
prima persona.
Il fatto che sia capitato a una persona a me vicina è dannatamente
scioccante...
“Dopo questo mi sa che non riuscirei più a mangiarla nemmeno io...
Hai passato dei momenti davvero terribili...”
“Già, uno schifo....
Però sai, forse c’è un modo per farmi riavvicinare alla cioccolata...”
Noiz si tirò su, avvicinando la sua faccia alla mia con stampato in
volto un sorrisetto.
“Penso che potrei mangiare quella fatta da te”
“Eh?” chiesi senza riflettere.
“In che senso?”
“Hai capito perfettamente.
Mangerei la cioccolata fatta da te, indipendentemente da quello
che tu possa infilarci dentro”
“Oh...”

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“Anche se tu ci mettessi del sangue al mio palato risulterebbe
comunque la cosa più buona al mondo”
“Come ti salta in mente che potrei fare una porcheria simile!?” urlai
irritato dal suo modo diretto di porsi e dal fatto che mi immaginava
capace di simili assurdità.
Nonostante la mia sfuriata Noiz non retrocesse e rimase serio.
“Però se non la fai, finirò col dimenticarmi completamente che
sapore abbia.
Usa il tuo potere”
“Beh, non intendo usarlo.
Però sai cosa? È davvero un peccato ‘divorziare’ dalla cioccolata”
“Quindi me ne farai un po’?” mi chiese.
Non sapevo più che dirgli, mi risuonava in testa solo la frase ‘cioc-
colata fatta a mano’...
“Beh, non l’ho mai fatta prima... Ma non credo sia così complicato,
no?” mormorai riluttante.
Sul suo volto spuntò un sorriso.
“La farai davvero? Allora io ti regalerò un bouquet di rose rosse”
“Cosa? Perché!?”
“Non vedo l’ora” dal suo tono mi sembrava quasi una preso in giro,
ma per difendere il mio onore, non potevo farmi turbare dalla cosa.
“Non vedo l’ora che tu mi curi” sussurrò, sentii il suo fiato scivolarmi
lungo il collo e dopo mi diede un bacetto sulla punta del naso.
Ah... Non c’era verso che io potessi vincere contro di lui.
In risposta al suo, gli diedi un bacio sulla fronte.

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Una cioccolata per te… Clear
Quel giorno la nonna non c’era,
era a casa di un’amica, e quindi
in casa c’eravamo solo io e
Clear.
Il Clear che era tornato da me
era un po’ strano, era troppo
diretto, ma mai avrei pensato
che si arrivasse a tanto.
Quella mattina, quando mi sve-
gliai, avvertii subito uno strano
odore...
Invece del solito profumo della
colazione, l’aria era satura di
qualcosa di dolciastro...
“Aoba, sveglia. Aoba”
Avendo avvertito quel funesto
odore sprofondai nuovamente nel sonno, solo che a quel punto
Ren iniziò a saltarmi sopra strillando “Aoba sveglia! In cucina sta
succedendo qualcosa di terribile!
“...!”
A quelle parole scattai a sedere.
Clear, io, Ren, mattina e cucina... Avevo una terribile sensazione di
déjà vu.
Finalmente sveglio mi liberai di Ren e mi lanciai giù per le scale.
Al primo piano quell’odore era ancora più asfissiante e mi sentii
quasi salire la nausea.
Degluitii e finalmente aprii la porta della cucina.
“Clear!”
“Ah, buongiorno signor Aoba”
Dannazione... c’avevo visto giusto.
La cucina era in uno stato pietoso, il tavolo era coperto di roba in
ogni sfumatura esistente di marrone e dalle forme più bizzarre.

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C’era cioccolata a forma di banana, a forma di pane, a forma di
chikuwa1...
Era tutto assurdo, terribilmente assurdo.
“Ehm, Clear...”
“Sì, signor Aoba?”
“Senti ma... cosa staresti combinando?”
“Ah, oggi è San Valentino!” esclamò lui assumendo la solita posa
ridicola2, mentre dalla spatola di silicone colava una morchia color
marrone.
Già, questa scena l’ho già vista... Solo che quella volta indossava
una maschera a gas e stava combinando un disastro indescrivibile.
Non che con o senza la maschera a gas cambiasse più di tanto...
Stordito da quell’odore appiccicoso mi feci largo nella cucina.
“Clear, ehm...”
“Sì!?”
“So PERFETTAMENTE che giorno è oggi, ma ti sto chiedendo che
cavolo significhi tutto questo!”
“Ho sentito dire che in questa giornata si deve regalare la cioccola-
ta a chi ami! Quindi, per dimostrare quanto io tenga a lei, ho deciso
di fare un pasto completo di cioccolata!”
“...”
“Aoba, tutto bene?”
Ok, questa emicrania non è dovuta solo all’odore...
“Finito qui mi cospargo di cioccolata ed fatta!
“Imbecille!” urlai e non riuscii a trattenermi prima di tirargli un
pugno.
“Kyaaa!” strillò lui cozzando a terra, per fortuna questa volta per lo
meno indossava qualcosa sotto al grembiule.

1 Il termine chikuwa (竹輪) significa letteralmente "anello di bambù", si tratta


di una pietanza tubolare a base di sale, surimi, amido, albume e glutamma-
to (sinceramente è davvero brutto a vedersi...)
2 Riferimento a quanto accade nel gioco, si tratta della “burikko pose” (quel-
la che io chiamo a presa in giro: “posa del pesce lesso spiaggiato”)
Vi consiglio di cercare un foto~
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“Ahi... Ma io... Io mi stavo impegnando così tanto solo per farti
capire cosa provo per te...!”
“Ma tu proprio...”
Clear si stava comportando senza malizia, ma io ero troppo scon-
volto al momento.
Riuscendo a calmare a stento la nausea mi chinai verso Clear, che
stava piangendo a dirotto.
“Scusa, non avrei dovuto colpirti...
Sono felice però non strafare, capito? La cucina è tutta appiccicosa
e alla nonna verrà un infarto se la trova così quando torna”
Clear tirò su col naso.
“Hai ragione tu... Sto causando un sacco di guai...” mormorò tra le
lacrime.
Non è che avesse fatto nulla di così grave, e poi era impossibile
avercela con lui, però...
“Quel che è fatto è fatto.
Ora diamo una pulita e dopo vediamo cosa fare”
“Sì” gemette “farò del mio meglio”
“Guarda che intendo aiutarti, sia a pulire che a fare la cioccolata
come si deve”
“Eh?” Clear quasi saltò sul posto.
“Davvero!? Mi aiuterai signor Aoba? Anche a fare la cioccolata!?”
“Sì”
Ero preoccupato di cosa potesse combinare da solo, e poi...
“Oggi non è forse il giorno in cui si regala la cioccolata a chi ti
piace?”
“Sì”
“Quindi devo farne un po’ pure io. Sai, per darla a te”
“S-signor Aoba, ma quindi...!!”
Gli occhi di Clear si illuminarono e allungò le braccia oltre il mio
collo per darmi un grosso abbraccio.
“Signor Aoba~!!”
“E-ehi, a-aspetta...”
“Ti amo~!”

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Stordito dal quell’odore, stritolato dall’abbraccio (letteralmente)
appiccicoso, inevitabilmente arrossii.
Oh, in fondo non c’era nulla di male a fare certe cose ogni tanto...
sorrisi e accarezzai i capelli di Clear.
“Allora iniziamo.
Prima si inizia, prima si finisce”
“Sì!” strillò giulivo Clear.
A vederlo in quel momento era quasi impossibile credere che fino a
pochi istanti prima fosse disperato e in lacrime...

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Una cioccolata per te… Mink
14 Febbraio...
Oggi è un giorno importante per
le donne, sono certo che tutti a
Midorijima si stiano preparando
a dare la cioccolata a coloro a
cui tengono.
Però in giro non si sente poi
quella grand’aria di festa, forse
perché stiamo in una zona bo-
schiva, ma comunque sembra
la solita città di sempre.
I giorni passano come al solito,
senza che accada nulla di par-
ticolare, e grazie a ciò quasi me
ne ero dimenticato, ma poi... è
bastato uno sguardo al calen-
dario l’altro giorno a spronarmi a fare qualcosa.
Ok, sapevo per certo che se gli avessi regalato qualcosa per San
Valentino lui mi avrebbe guardato storto, ma... visto che poteva
anche andare diversamente, e visto che è un occasione speciale,
ho deciso di fare un tentativo... Per questo ora sto andando da
Mink cercando di non versare il contenuto della tazza che tengo tra
le mani.
Di solito, dopo cena, Mink va in camera sua a leggere; se ne sta
seduto sotto alla lampada, con gli occhiali da lettura (che non
sapevo usasse finché non abbiamo iniziato a convivere), girando le
pagine in silenzio.
Prima, mai avrei pensato che in realtà nascondesse una passione
simile per la lettura, forse è proprio a causa di tutti quei libri che la
sua vista è andata peggiorando... Per di più continua a leggere e
rileggere sempre il solito, invece di passare a qualcosa di nuovo.
Tori stava sullo schienale della sedia, spiandolo.

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Non gli dissi subito che non si trattava del solito caffé, perché volevo
che fosse una sorpresa.
Vedendo la tazza, Mink allungò la mano per prenderla e se la portò
alle labbra, mentre io lo fissavo cercando di tenere quieto il mio
cuore.
Proprio mentre stava per sorseggiarlo si fermò perplesso e allon-
tanò la tazza per fissarmi.
“Cos’è questa roba?”
“Provala prima di schifarla!”
Ovviamente l’odore mi aveva tradito.
Lui sospirò e mi guardò dubbioso, prima di prenderne un leeeento
sorso.
“Com’è...?”
Mink fissava in silenzio la tazza, più lo fissavo e meno mi sentivo
sicuro della mia trovata.
Lui non era tipo da cose dolci, così avevo provato con una miscela
a base di cioccolata fondente.
Aveva deciso di fare così solo perché era il modo più semplice
per stupirlo, oltre a essere meno imbarazzante di dovergli dare dei
cioccolatini.
“Che significherebbe questo...?” sbuffò.
“Uhm...?” chiesi stupidamente.
“I-in che senso?” non mi aspettavo una domanda simile, sincera-
mente mi irritò un po’.
Oh, non dirmi che...
“Mink, ma non sai che giorno è oggi?”
“Oggi?” chiese lui pensandoci.
“Ah, il 14 Febbraio”
“Già”
“E allora?”
“Eh?”
Allora c’avevo visto giusto... Possibile che non sapesse cosa fosse
San Valentino?
Tori lo beccò sulla testa, per poi iniziare a spiegargli la situazione.

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“Oggi è San Valentino”
“San Valentino?”
“Sì, il giorno in cui si fa un regalo alla persona che ti piace.
A quanto pare in Giappone è tradizione regalare della cioccolata”
“Ah...” fu l’unico commento di Mink, ora che aveva capito ciò che
stava succedendo.
In compenso io mi sentivo quasi male.
Mi ero preparato tanto per la cosa ma, a quanto pare, per lui
questo giorno non significava nulla, e probabilmente lo trovava una
stupidaggine.
O forse... Mi ero fatto delle aspettative troppo alte e nulla più...?
Perché diavolo ho fatto questa stupidaggine...? Probabilmente ora
mi renderà la tazza dicendomi di portargli un vero caffè...
“Scusa, ho fatto una cosa assurda...”
“Infatti” fu la sua rapida risposta.
Alla fine sono riuscito solo a farlo arrabbiare...
“è davvero una tradizione priva di senso, soprattutto questa storia
della cioccolata.
Comunque...” Mink si fermò per sospirare.
“Non c’era bisogno di arrivare a tanto, hai già fatto abbastanza”
“Uhm?” mi ero preparato a una strigliata, non a quello.
“Come?” chiesi perplesso.
“Tralasciando la cioccolata, oggi è il giorno in cui devi fare un re-
galo a chi ami, no? A me basta già così come siamo, non mi serve
altro”
“Eh...!?” ero nella confusione più totale.
Mink tornò al libro, senza però mollare la presa sulla tazza.
Ah, adesso capisco...
“Ehm...”
“Ma tu guarda un po’...” trillò Tori stupito.
Vorrei chiamarlo, attirare la sua attenzione, ma non posso distur-
barlo mentre legge.
E poi, ora che so cosa prova... Insomma mi basta questo.

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Anche se a volte è difficile capirlo, quando finalmente si esprime in
modo che possa capire, sono davvero felice.
Ripensando a quanto successo esco dalla stanza per lasciarlo
leggere in santa pace.

19
Una cioccolata per te… Ren
“Nonna, sono tornato!” urlo
rientrando dal lavoro e mentre
mi dirigo verso la mia camera
sento un buon profumino.
“Ren, sono a casa!”
“Ben tornato Aoba”
Entrando in camera mi aspetto
di vederlo sbracato a leggere
riviste e invece lo trovo seduto
composto su un lato del letto...
E non sta nemmeno leggendo!?
Sembra che sia da un po’ che
se ne sta lì, probabilmente
aspettando impaziente che
tornassi, e mi sembra pure un
po’... agitato?
Una scena assolutamente fuori dall’ordinario.
Ren mi fissa e si alza.
“Aoba è quasi ora di cena”
“Sì, e dall’odore sembra buona” rispondo squadrandolo.
È davvero troppo strano... Di solito mi guarda dritto in faccia, ma
ora fa di tutto per non guardarmi.
“Ren, cosa c’è?”
“Che intendi...?”
“Sei strano. Sembri agitato, sai?” gli faccio notare.
“...”
Ren non è capace di mentire, e così si agita ancora di più.
“Allora? È successo qualcosa di brutto? Su, siediti e parlamene” gli
dico togliendomi la giacca e appoggiando la borsa.
Mi siedo sul letto e gli faccio segno di sedersi accanto a me, ma
prima di farlo lui si prende il tempo per recuperare una cosa.
“Ecco... questo è per te”
“Uhm?”

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Tiene in mano una scatola piccola quanto il suo palmo.
“Un regalo?”
“Ehm, già...”
“Oh, che bello...!” Oggi è forse un giorno speciale?
Eccitato prendo e apro subito il pacchettino, dentro ci sono quattro
cioccolatini dall’aspetto invitante.
Non ditemelo, sono per San Valentino? ...Cavolo, oggi è il 14!
È vero, ho comprato un po’ di cioccolata pure io tornando dal lavo-
ro, ma me ne sono completamente dimenticato lungo la strada.
Guardandolo un po’ perplesso, noto quanto sia a disagio lui.
“Dove li hai presi?”
“Li ho comprati oggi...”
“Da solo?”
“G-già”
La cosa mi stupisce un po’, ma almeno ho capito perché sia così
strano.
Ren ormai si sta abituando a comportarsi come un essere umano,
anche se nel corpo di Sei...
Di solito, giusto per sicurezza, lo accompagno ogni volta che esce
di casa, perché può sempre capitargli qualcosa e ancora non sa
perfettamente come comportarsi da umano.
Per questo non lo perdo mai d’occhio, però...
“Scusa...” mormora Ren davvero in ansia.
“Lo so che mi avevi detto di non uscire da solo... ma volevo, anzi
dovevo, proprio farlo”
“Per comprarmi questi?”
“Già... ormai è da un po’ che ci penso, che dovrei trovare un modo
per ringraziarti per tutto quello che fai per me.
Poi ho scoperto questa cosa del San Valentino e...” fissa il pavi-
mento davvero disperato.
“Non avevo tanti soldi così ho potuto prendere solo quello...”
Già, sempre per sicurezza, gli lascio qualche spicciolo... Ma di soli-
to sono con lui, quindi non ci ho mai pensato seriamente...
Fisso la cioccolata in silenzio.

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“Sei arrabbiato...?” squittisce.
Mi volto verso di lui facendogli un gran bel sorrisone.
“No, affatto”
“Però...”
“Invece sono davvero felice... Grazie mille, Ren”
“Bene...”
Ren scrolla le spalle e sospira sollevato.
“Ho provato a entrare in un negozio con la cioccolata in vetrina, ma
era pieno di donne... Non facevano che fissarmi.
Avevo il dubbio di aver sbaglio qualcosa e mi sentivo strano...”
In effetti ci vuole una buona dose di coraggio per entrare da solo in
un negozio pieno di donne, per di più per comprare del cioccolato.
Mi sento male per lui.
Però, sapere quanto si sia impegnato solo per me mi fa sentire
incredibilmente felice.
“Sai cosa...? Mi hai fatto notare una cosa”
“Cosa?”
“Uhm, sono troppo protettivo con te.
Non è che possa smettere di preoccuparmi da un giorno all’altro...
Però, in fondo, non sei un bambino, no? Devo lasciarti i tuoi spazi
per crescere”
“Aoba...”
Richiudo la scatola e mi alzo.
“Grazie mille per questi. Li conservo per dopo cena, e sappi che i
tuoi sentimenti mi hanno raggiunto chiaramente”
“Bene, per fortuna... E grazie a te per tutto”
“Il piacere è tutto mio3” rispondo, utilizzando la frase che di solito
usa lui.
Ren se ne rende conto e mi sorride allegramente.

3 “Il piacere è tutto mio” è la mia versione del “こちらこそ/kochira koso”,


la frase che nel gioco Ren dice ad Aoba una volta finite certe pratiche più
compromettenti.
22
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http://slashfansub.forumcommunity.net/

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