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ANALISI PROBABILISTICA DELLA SCUOTIBILITÀ DEL TERRITORIO

ITALIANO1

Roberto Romeo e Antonio Pugliese


(Servizio Sismico Nazionale)

RIASSUNTO.
Sono illustrati i risultati delle analisi di scuotibilità del territorio Italiano con
metodologie probabilistiche, effettuate allo scopo di predisporre carte di pericolosità per un
ampio set di parametri di scuotimento.
I parametri analizzati (picco di accelerazione e di velocità, ordinate spettrali in
pseudoaccelerazione, intensità di Arias) consentono sia la predisposizione di spettri a
pericolosità uniforme, sia di formulare una proposta di riclassificazione sismica del territorio
Italiano in linea con i requisiti richiesti dall’Eurocodice EC8. I nuovi elaborati di pericolosità
prodotti analizzano infatti i suddetti parametri con la probabilità di non essere ecceduti al 10%
in 50 anni, corrispondenti ad un periodo di ritorno di 475 anni, e i valori spettrali al 5% dello
smorzamento critico.
Sono state quindi prodotte anche carte di pericolosità a breve termine con metodologie
miste stazionarie e non stazionarie nonché in termini di intensità macrosismiche, quale input
per le analisi di rischio del territorio nazionale.

SUMMARY.
The results of the probabilistic hazard analyses of Italian territory performed for a wide
set of ground motion parameters, are shown. The new hazard maps present the shakeability in
terms of peak ground acceleration and velocity, spectral ordinates in acceleration and
velocity, Arias intensity and macroseismic intensity. They allow the development of uniform
hazard spectra and match the requirements of the seismic European code, EC8. The maps
present the hazard computed for a reference site condition (rock, soil profile A of EC8) not
being exceeded at 10% probability level in 50 years, corresponding to a return period of 475
years. Spectral ordinates are computed at 5 percent of critical damping value.
The hazard have been carried out with both stationary and nonstationary approaches, in
order to provide also the input for mitigating risk-analyses.

1
INGEGNERIA SISMICA, N. 2/97, MAG.-AGO. 1997, 68-77.
1. INTRODUZIONE
Molteplici applicazioni in campo sismico richiedono la definizione della scuotibilità di
un’area. Tra queste si annoverano gli studi di qualificazione sismica dei siti destinati ad
ospitare impianti ad elevato rischio o di importanza strategica, gli studi di microzonazione
sismica di un’area urbana, gli scenari di terremoto per la pianificazione delle operazioni di
protezione civile, l’analisi del rischio a breve termine di aree ove allocare risorse per
interventi di mitigazione del rischio (recupero ed adeguamento delle strutture strategiche o
più a rischio), e così via.
Ciascuna di tali applicazione presuppone un modo diverso di intendere la pericolosità,
sia per il tipo di approccio seguito, ad esempio deterministico o probabilistico, sia per il modo
in cui la scuotibilità deve essere espressa.
Nel presente studio si è valutata la scuotibilità del territorio nazionale in vista della
definizione dei criteri generali da adottare per una proposta di riclassificazione sismica in
linea con le norme europee. È noto infatti che l’Eurocodice EC8 (ENV 1998-1-1, 1994)
prevede che le autorità nazionali provvedano a suddividere il proprio territorio in zone
sismiche sulla base della pericolosità locale. Essa è descritta in termini di un singolo
parametro, l'accelerazione di progetto, definito in campo libero e riferito alle condizioni
geologiche di un sito rigido.
In letteratura sono disponibili metodologie diverse per definire tale accelerazione :
talora essa viene posta uguale alla accelerazione di picco (PGA), come l’EC8 lascia intendere
seppure fornendo diversi warning, talaltra essa viene assunta come un valore derivato dalle
ordinate spettrali nel ramo di accelerazione costante (Whitman e Algermissen, 1991;
Algermissen et al., 1991; Borcherdt, 1994) introducendo così il concetto di EPA (effective
peak acceleration).
Nell’EC8 inoltre, le azioni sismiche da adottare nella progettazione antisismica di
fondazioni, opere di sostegno, pendii in terra, etc. (ENV 1998-1-5, 1994) sono definite tramite
gli stessi parametri del moto adottati per la progettazione delle strutture. Tuttavia parametri
come l'intensità di Arias sono certamente più rappresentativi del picco di accelerazione ai fini
di alcune verifiche in campo geotecnico, pertanto nel presente studio la pericolosità è stata
espressa anche nel suddetto parametro.
Infine, data la grande importanza connessa alla valutazione del rischio sismico ai fini
della predisposizione di scenari e dell’allocazione di risorse per l’adeguamento antisismico di
strutture esistenti, nel presente studio viene esaminata la pericolosità nel breve periodo,
nonché la sua quantificazione in termini di effetti attesi, questi ultimi comunemente utilizzati
per le stime di rischio su scala nazionale con i cosiddetti “dati poveri” (Bramerini et al. 1995).

2
2. METODOLOGIA
La quantificazione della scuotibilità è stata affrontata utilizzando la metodologia di
Cornell (1968), basata sui seguenti passi fondamentali:
1. Individuazione delle zone sorgenti.
2. Parametrizzazione delle leggi di occorrenza dei terremoti per ciascuna zona sorgente;
3. Parametrizzazione empirica della propagazione attraverso l’uso di opportune leggi di
attenuazione.
4. Calcolo probabilistico dell’hazard.
Per la maggior parte delle analisi effettuate le ipotesi di lavoro assunte sono state le
seguenti:
a) i tempi di intercorrenza dei terremoti seguono la distribuzione statistica di un processo
di Poisson (gli eventi sono indipendenti tra loro e stazionari nel tempo);
b) la distribuzione statistica della magnitudo è di tipo esponenziale, vale cioè la relazione
di Gutenberg-Richter (1954): log N(M) = a - bM tra numero annuo dei terremoti e
magnitudo;
c) la sismicità all’interno di ogni zona sismogenetica è uniforme, cioè i terremoti hanno
la stessa probabilità di comparsa su tutta la zona e seguono la stessa legge di
ricorrenza.
Solo nella valutazione della pericolosità a breve termine, come si vedrà in seguito,
l’ipotesi a) di distribuzione poissoniana degli eventi è stata rimossa e sostituita con una
distribuzione non-stazionaria.

2.1 Aree sorgenti e sismicità.


Il modello sismogenetico utilizzato è costituito da una variante della zonazione
sismogentica ZS4 prodotta in ambito CNR-GNDT (Scandone et al, 1990). Essa (ZS4.1, fig. 1)
si differenzia per la separazione della zona irpino-lucana (z63) in due settori, uno posto a nord
di Potenza e coincidente con l’area irpina s.s. (z63N) e l’altro coincidente con la Val d’Agri
(z63S). Essa inoltre implementa 15 faglie riconosciute come potenzialmente sismogenetiche
sulla base degli studi di paleosismicità. Allo stato attuale tuttavia, data l’imprecisione con cui
tali strutture sono ancora definite in termini di tassi di attività, potenziali e tipo di
comportamento, esse sono state escluse dalle analisi di scuotibilità presentate in questo
rapporto. La loro influenza sui risultati delle analisi di scuotibilità, seppure in via ancora
sperimentale, è stata tuttavia oggetto di trattazione degli Autori in un precedente rapporto
(Romeo e Pugliese, 1997).

3
Il database sismologico utilizzato nelle analisi è costituito dal catalogo dei terremoti
NT4.1 prodotto in ambito CNR-GNDT (GNDT, 1996). Tale catalogo, com’è noto, è stato
appositamente realizzato per fini di hazard. Sono state cioè eliminate tutte le sequenze di
foreshock e aftershock al di sopra di una soglia di magnitudo ≥4.0. Il catalogo, che si ferma al
1980, è stato aggiornato fino al 31.12.1996 con gli eventi di magnitudo ≥4.7 ricadenti nelle
aree sismogenetiche della zonazione ZS4.1 derivati dal catalogo strumentale dell’ING. Il
totale degli eventi utilizzato nelle analisi è mostrato in figura 2.

48 48

12 11
47 13 47
14
15 4
46 10 5 3 46
18 6 2
17 16 8
9 7
1
45 19 45
21 26 39
30
20 29 35
25 28 34 38
44 22 27 33 37 40 44
36 48
23 32 46
24
31
43 45 43
41 44 47 53
52
42 51
42 60 42
43 50 55 61
49 59
54 58
41 62 41
56 57 63N
63S
40 64 40
65 80
66
67
39 39
68
69
74 70
76
38 75 71 72 38
77 73

37 78 37
79
ZS4.1
81 ZONE
36 36 NT4.1, 1971 eventi
15 FAGLIE
in 81 zone
35 35
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Fig. 1 - Zonazione sismogenetica ZS4.1 Fig. 2 - Sismicità dal catalogo NT4.1

2.2 Tassi di sismicità.


Al fine di parametrizzare la relazione di Gutenberg-Richter per ciascuna zona sorgente,
è stata effettuata una analisi di completezza del database sismologico utilizzando una variante
della metodologia proposta da Tinti e Mulargia (1985) e regionalizzando il catalogo NT4.1 in
tre aree, nord, centro e sud, confinate rispettivamente al 44° e al 40° parallelo.
Fino all’VIII grado non si osservano differenze sostanziali nei periodi di completezza
per le diverse aree geografiche, che non giustificano pertanto una loro regionalizzazione. A
partire dal IX ma soprattutto dal X grado, si osservano marcate divergenze tra le finestre di
completezza delle diverse aree. La finestra unica nazionale è quella che assicura il più ampio

4
intervallo temporale, eccetto per il IX grado, di cui in figura 3 è riportata la relativa analisi di
completezza anche a scopo esemplificativo della metodologia utilizzata, dove la finestra
dell’Italia settentrionale è arretrata di circa settant’anni rispetto a quella nazionale. In
particolare per i gradi più elevati (dal X in poi), la completezza restringerebbe la finestra
temporale solo agli ultimi 400 anni di catalogo, eliminando così circa il 30% degli eventi con
intensità ≥9.5. Ritenendo tuttavia cautelativamente che gli eventi sopra tale soglia rifuggano,
per i processi di generazione sottintesi, da una analisi classica di completezza, essi sono stati
considerati per intero, assegnando a questa classe una finestra di completezza a partire
dall’anno 1100.

90
NT4.1 IX
numero cumulato di scosse

80

70 Italia ==> 1690


Nord ==> 1600
60
Centro => 1700
50 Sud ==> 1720

40

30

20

10

0
1000

1200

1400

1600

1800

2000

anno

Fig. 3 - Analisi di completezza per il IX grado.

La scelta finale delle finestre di completezza è stata tuttavia guidata dalla ricerca del
miglior fit globale delle relazioni di occorrenza attraverso una procedura iterativa. Gli
intervalli di completezza finali adottati sono riportati in tabella 1.

Tabella 1 - Intervalli di completezza per finestre di intensità.


intensità 11.0-9.5 9.0-8.5 8.0-7.5 7.0-6.5 6.0-5.5
intervallo 1100 => 1610 => 1760 => 1780 => 1860 =>

5
Le relazioni di occorrenza sono state a loro volta derivate da regressioni con il metodo
dei minimi quadrati degli eventi ricadenti all’interno delle finestre di completezza e
appartenenti a ciascuna zona.
In figura 4 è mostrata la distribuzione dei valori di b della Gutenberg-Richter per le
zone in esame. Il valore medio (circa 0.9) è in linea con i valori riscontrabili su base mondiale
(Chouhan, 1970). Considerato che le regioni sismiche italiane hanno estensione inferiore a
quelle usualmente tracciate in altri Paesi, la distribuzione appare spostata verso valori più
bassi di quelli ricavati ad esempio da Johnston e Nava (1985) per gli USA orientali. Questo
indica una proporzione relativamente maggiore degli eventi ad alta energia nel nostro Paese,
mitigata tuttavia dal fatto che le massime magnitudo strumentali rilevate non sono superiori a
7.5. Peraltro i valori più elevati si riferiscono ad eventi dell’inizio del secolo (1905, 1908)
spesso registrati da un ridotto numero di stazioni.

distribuzione dei valori di b

25

20

15

10

0
0.4-0.6 0.6-0.8 0.8-1.0 1.0-1.2 1.2-1.4 1.4-1.6 1.6-1.8 >1.8

valori di b della GR

Fig. 4 - Distribuzione dei valori di b della relazione di Gutenberg-Richter per le 81 zone della
zonazione sismogenetica ZS4.1.

I valori estremi competono a zone appartenenti ai due distretti vulcanici campano


(zona54-Roccamonfina, valore minimo di 0.44) e tosco-laziale (zona 42-M.ti Sabatini, valore
massimo 3.3) caratterizzate da pochi eventi in un ristretto range di magnitudo (le magnitudo
massime sono rispettivamente di 5.0 e 4.7).
La magnitudo massima per ciscuna zona è stata fissata uguale al massimo storico da
catalogo, indipendentemente dal fatto che tale massimo ricadesse o meno nell’intervallo di
completezza. Tale scelta va al momento interpretata come l’imposizione di una condizione di

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minima, in attesa che dati più robusti sulla sismotettonica e la conoscenza degli stati di stress
permettano di definire il potenziale massimo di ciascuna zona.

2.3 Leggi di attenuazione


La scelta dei funzionali di attenuazione influenza in maniera decisa i valori attesi dello
scuotimento. Molti sono i parametri che influenzano l’attenuazione. Oltre alla magnitudo
abbiamo la distanza, che determina l’attenuazione geometrica e la dissipazione anelastica, le
condizioni geologiche di sito, il meccanismo cinematico della rottura, il regime geodinamico,
etc.. Per quanto riguarda le relazioni di attenuazione dedotte da registrazioni di terremoti
Italiani, sono al momento disponibili i funzionali di Tento et al. (1992) e di Sabetta e Pugliese
(1996). Questi ultimi hanno il vantaggio di presentare un più ampio ventaglio dei parametri di
scuotimento e di differenziare gli stessi secondo la componente (verticale e orizzontale). Per
contro il funzionale di Sabetta e Pugliese non consente di differenziare l’attenuazione
geometrica per le diverse frequenze spettrali, essendo definito a priori un decadimento
costante pari a 1/R.
I parametri di scuotimento analizzati con la suddetta funzione di attenuazione sono stati
il picco di accelerazione e di velocità, le ordinate spettrali in pseudovelocità al 5% dello
smorzamento critico e l’intensità di Arias.
Al fine poi di analizzare la scuotibilità per le analisi di rischio a scala nazionale
attraverso l’uso di matrici di probabilità di danno, si è reso necessario definire l’attenuazione
in termini di intensità. Studi recenti sui campi macrosismici di terremoti storici Italiani hanno
permesso di definire relazioni di attenuazione differenziate per domini sismotettonici
utilizzando il funzionale di Grandori et al. (1987).
I domini individuati, di cui in figura 5 sono riportate le relazioni di attenuazione tratte
da un lavoro di Peruzza (1996) tranne per il dominio G tratto da un lavoro di Cella et al.
(1996), sono i seguenti: arco alpino (dominio A), fascia appenninica in estensione (dominio
B), arco appenninico in compressione (dominio C), distretto vulcanico tosco-laziale (dominio
D), appennino meridionale e arco calabro-peloritano (dominio E), area di avanpaese (dominio
F), area etnea e distretto vulcanico campano (dominio G), Mar Ligure e settore provenzale
(dominio L).
Nella stessa figura sono riportate a confronto le curve di attenuazione con il funzionale
di Blake (1941) per diverse profondità ipocentrali. Le profondità minori corrispondono ai
terremoti vulcanici, mentre tra i domini di ambientazione tettonica si distingue l’avanpaese,
dotato di una maggiore propagazione rispetto ai restanti domini.

7
La soglia minima del danneggiamento (VI-VII grado) viene raggiunta, in
corrispondenza dell’intensità massima epicentrale che per diverse zone è del X-XI grado, a
distanze di circa 100 Km per la maggior parte dei domini tettonici.

8
Dominio A
Dominio B
7 Dominio C H05
Dominio D
Dominio E
6
Dominio F
H10
Dominio G
5 Dominio L
H15
Io - Is

4 H20

0
0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200
R (km)

Fig. 5 - Relazioni di attenuazione dell’intensità macrosismica. In grassetto l’attenuazione di


Blake per profondità H=5, 10, 15 e 20 Km a confronto con le relazioni di Grandori
per domini sismotettonici.

2.4 Calcolo dell’hazard


La funzione di hazard H di un determinato parametro assunto rappresentativo dello
scuotimento (gm) è data dalla seguente relazione:

H ( gm) = ∫ ∫ p[GM > gm| m, r ] f


MR
R| M ( r | m) f M ( m) dr dm (1)

che rappresenta una applicazione del teorema generale delle probabilità. La relazione
esprime, per una data sorgente sismica in grado di generare terremoti di magnitudo con
distribuzione di probabilità fM(m), la frequenza annuale di eccedenza di gm estesa sopra

8
l’intera distribuzione delle distanze fR|M(r) tra ogni punto sorgente dell’area ed il sito
esaminato.
Due grandi famiglie di modelli probabilistici differenziano il calcolo della pericolosità.
I metodi cosiddetti stazionari e quelli non stazionari. I primi, descritti in premessa al presente
capitolo ed utilizzati nelle analisi a fini di classificazione, invocano un processo poissoniano
di generazione degli eventi. Il processo di Poisson è caratterizzato da una distribuzione
esponenziale dei tempi medi di intercorrenza con coefficiente di variazione unitario e da una
funzione costante di hazard in cui la probabilità annua di eccedenza di un determinato valore
dello scuotimento è data da:

P[GM > gm] = 1 − e − h( gm ) (2)

I metodi non stazionari invocano invece una dipendenza temporale e/o spaziale della
generazione degli eventi da quelli che li hanno preceduti. Tra questi i più diffusi sono i
modelli time o slip-predictables (Shimazaki e Nakata, 1980), semi-markoviani (Lutz e
Kiremidjian, 1992) e renewal (Sykes e Nishenko, 1984; Nishenko e Buland, 1987). Essi
utilizzano una memoria almeno dell’ultimo evento precedente sopra una certa magnitudo di
soglia per formulare previsioni dipendenti dall’istante di osservazione del fenomeno. Tali
metodi si adattano pertanto ad analisi di rischio che formulino gradutorie di intervento per la
predisposizione dei piani di protezione civile, oppure per interventi di mitigazione del rischio
attraverso il recupero e/o l’adeguamento antisimico di edifici pubblici.
Per questi scopi nel presente lavoro si è utilizzata una metodologia renewal (Savage,
1991) al fine di definire la probabilità di avere un terremoto distruttivo (Ms≥6.4) nei prossimi
trent’anni a partire dall’1.1.1997.
In un processo renewal la probabiltà condizionata che in un intervallo di tempo te+∆t si
abbia un terremoto di magnitudo m≥Mo ammesso che nel tempo te trascorso dall’ultima
rottura non si sia verificato alcun evento al di sopra della magnitudo di soglia Mo, è data da:

P[te + ∆t ] − P[t e ]
P[ m ≥ M o | te , t e + ∆t ] = (3)
1 − P[t e ]

Indicate con µT e σT rispettivamente il valor medio e la deviazione standard dei tempi di


intercorrenza, la funzione densità di probabilità è a sua volta:

P[t ] = ∫ p( t )[µT ,σ T ] dt
t

0
(4)

9
Nelle analisi effettuate si è assunta per tutte le zone una PDF log-normale. Questa
fornisce una funzione di hazard prossima a zero subito dopo l’evento; essa poi presenta un
culmine seguito da una funzione decrescente per tempi che dipendono dal coefficiente di
variazione dei tempi di intercorrenza.

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3. RISULTATI DELLE ANALISI DI PERICOLOSITÀ
L’EC8 fissa in 475 anni il periodo di ritorno con cui stimare la pericolosità locale. Tale
periodo di ritorno corrisponde a stimare i parametri di scuotimento del suolo aventi il 10% di
probabilità di eccedenza in 50 anni. Pertanto tutte le analisi di pericolosità appresso illustrate
fanno riferimento a questa probabilità di eccedenza p[0.10, 50] ed alle seguenti scelte:
• non si è tenuto conto della sismicità residua esterna alle zone sismogentiche (area di
background), dal momento che tale sismicità risulta, dato l’elevato numero di zone,
trascurabile sia come numero di eventi che come potenziale;
• i valori attesi dello scuotimento fanno riferimento ai tassi medi di sismicità ricavati
dalle relazioni di occorrenza di ogni singola zona ed incorporano l’incertezza nella
stima del moto fornita dalle relazioni di attenuazione di Sabetta e Pugliese (1996);
• la magnitudo minima a partire dalla quale sono stati caricati i tassi di sismicità per
ciascuna zona è stata posta uguale a 4.7, al fine di non accumulare contributi ai valori
dello scuotimento derivanti da bassi valori di accelerazione, ad elevata frequenza di
comparsa ma di scarso rilievo ingegneristico. Tale soglia di magnitudo corrisponde,
nel tabellare di conversione I-M, ad un VI-VII grado della scala di intensità,
coincidente cioè con la soglia di inizio del danno;
• la magnitudo massima è stata fissata per tutte le zone coincidente con la massima
storica.
Una analisi di sensibilità rispetto alle scelte operate è stata tuttavia condotta dagli
Autori e sui cui risultati si rimanda al relativo rapporto tecnico (Romeo e Pugliese, 1997).

3.1 Analisi stazionarie


In figura 6 sono riportati i valori attesi delle accelerazioni di picco (PGA). I valori
massimi, superiori a 0.3 g, si raggiungono nell’arco calabro lungo la catena costiera tirrenica
(zone 66-Valle del Crati, 69-Serre, 71-Stretto), nonchè, per valori di poco inferiori a 0.3 g, nel
Beneventano (zona 62), in Irpinia (zona 63N) e nella Val Nerina (zona 47). Un picco appena
accennato si osserva anche per la zona 38 (Forlivese), mentre la quasi totalità dell’arco
appenninico e le Alpi nord-orientali giacciono al di sopra di 0.2 g.
Mentre i valori massimi dell’arco calabro trovano giustificazione nelle magnitudo
massime che assumono in quest’area i valori più elevati (>7.0), nelle altre zone i massimi
contributi sono dovuti alla proporzione relativa tra alte e basse magnitudo (bassi valori di b
come per le zone 38, 62 e 63N) e/o agli elevati tassi di rilascio sopra la Mmin (zona 47). In
Sicilia occidentale si osservano valori modesti delle accelerazioni; ciò è giustificato dal fatto
che il solo terremoto del Belice del 1968, con magnitudo 5.9, non è in grado statisticamente di

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fornire un contributo alla pericolosità in un’area sostanzialmente priva di forti terremoti in
epoca storica.
La figura 7 riporta i valori attesi delle velocità di picco (PGV, in cm/s). I valori massimi
si osservano nell’Italia meridionale dove cresce il contributo relativo alle basse frequenze in
virtù dei più elevati tassi di rilascio alle alte magnitudo e dei potenziali massimi più elevati. Il
rapporto PGV/PGA si attesta tra i 60 e gli 80 cm/s/g, assumendo, all’84° percentile, il valore
di 75 cm/sec/g, inferiore a quello suggerito da Newmark e Hall (1978) di circa 90 cm/sec/g in
roccia e derivato da terremoti con più elevato potenziale.
Le figure 8 e 9 riportano la scuotibilità in pseudoaccelerazione a 5 Hz ed in
pseudovelocità a 1 Hz, che rappresentano rispettivamente i valori massimi raggiunti dalle
ordinate spettrali nei rami ad accelerazione e velocità costanti. In letteratura e in alcune norme
internazionali sono utilizzati i valori dei parametri EPA e EPV (effective peak velocity) a cui
ancorare delle forme spettrali convenzionali (ATC 3-06, 1978; ASCE 7-93, 1993). Tali
parametri sono ottenuti dividendo per un fattore di scala pari a 2.5 le ordinate spettrali
massime in accelerazione e velocità.
Dalle analisi effettuate risultano fattori più elevati nel caso delle ordinate spettrali nel
ramo ad accelerazione costante, dova la PSA/PGA assume valori medi di circa 3 con un
minimo di 2.65; nel caso della PSV/PGV il fattore medio è di circa 2.25. I suddetti fattori
mostrano una tendenza opposta all’aumentare dello scuotimento. Al crescere della PGA
infatti, la PSA/PGA diminuisce progressivamente a partire dal valor medio di 3 mentre la
PSV/PGV aumenta gradualmente a partire da valori di circa 2.2; entrambi tendono a
convergere verso il valore di 2.5 per valori della PGA intorno a 0.5 g. Il fattore proposto in
normativa risulta pertanto rappresentativo di spettri caratteristici di una sismicità elevata.
In figura 10 sono riportati i valori attesi dell’intensità di Arias (in cm/s). Essa
rappresenta una misura indiretta del contenuto energetico ed assume particolare importanza in
quelle verifiche sismiche dove un solo parametro, come ad esempio la PGA o la PSA, non è
sufficiente a caratterizzare la risposta del sistema alla severità dell’input. Applicazioni recenti
allo studio delle verifiche della stabilità dei pendii o delle opere di sostegno, hanno infatti
evidenziato che una migliore stima degli spostamenti si ottiene definendo la scuotibilita in
termini energetici (Wilson e Keefer, 1985; Jibson, 1993). La distribuzione territoriale
dell’intensità di Arias mostra che i valori più elevati sono attesi lungo la catena appenninica,
raggiungendo il massimo nell'arco calabro.
In figura 11 sono riportati i valori attesi dell’intensità macrosismica utilizzando le
relazioni di attenuazione differenziate per domini sismotettonici. Il quadro di scuotibilità non
si differenzia molto da quello ottenuto applicando una legge di attenuazione unica per tutto il
territorio nazionale (Romeo e Pugliese, 1997). Utilizzando l'intensità macrosismica per studi
di rischio sismico su scala nazionale (Bramerini et al., 1995) è stato messo in luce una elevata

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sensibilità dei metodi di analisi con matrici di vulnerabilità di danno al variare anche lieve
delle intensità attese, ottenendo risultati in termini di rischio anche molto diversificati (GdL
Rischio Sismico, 1996).
La scuotibilità espressa in termini di intensità non è direttamente correlabile a quella
espressa in termini di accelerazione (vedi figura 6); ciò è dovuto alla relazione non univoca
tra intensità epicentrale e magnitudo del terremoto.

3.2 Analisi non stazionarie


L’analisi della pericolosità condotta con metodologia non stazionaria è stata estesa alle
27 zone sorgenti con potenziale uguale o superiore a 6.4, corrispondente ad un IX-X grado
della scala di intensità. La tabella 2 riportata la probabilità condizionata che nei prossimi
trent’anni (a partire dall’1 gennaio 1997) si abbia un terremoto distruttivo in una di queste
zone. Le probabilità risultano molto basse (<10-4) in diverse zone, a causa del breve tempo
trascorso dall’ultima rottura in relazione ai tempi medi di intercorrenza.

Tabella 2 - Parametri dell’analisi renewal.


zona µT ultima P[te,te+30] zona µT ultima P[te,te+30]
rottura (%) rottura (%)
04 328 1976 <10-2 61 982 1646 0.18
-2
05 798 1873 <10 62 261 1930 0.19
06 1252 1695 .10 63N 269 1980 <10-2
07 799 1117 22.3 63S 391 1857 0.45
22 736 1887 <10-2 64 807 1000 44.2
-2
28 515 1920 <10 65 725 1836 <10-2
46 427 1781 7.2 66 227 1870 0.41
47 189 1703 77.2 67 544 1832 0.12
50 456 1654 10.3 68 464 1783 1.3
-2
51 408 1915 <10 69 164 1905 13.8
52 307 1703 23.6 71 279 1908 5.1
55 968 1706 0.06 79 241 1693 27.2
58 230 1805 32.5 80 476 1743 <10-2
59 385 1627 21.6

Probabilità significative (≥0.10) si osservano in 8 zone. Nelle due zone a più elevata
probabilità, la zona 47 (Val Nerina) e la zona 64 (Catena del Pollino), l’analisi mette in luce
un gap superiore all’incertezza nella stima dei tempi di intercorrenza. Quest’ultima zona è

13
particolarmente critica costituendo l’unico esempio di record geologico contenuto nel
database sismologico NT4.1. L’evento datato 1000-1200 con magnitudo stimata intorno a 6.6,
è stato infatti dedotto da studi paleosismologici (Ferreli et al., 1994) in un’area che le
cronache storiche danno invece scarsamente sismica (magnitudo massima 5.2) attribuendo a
quest’ultime un significato di incompletezza (Valensise e Guidoboni, 1995).
Tempi di attesa superiori ai tempi medi di intercorrenza si osservano inoltre nella zona
7 (Verona-Lago di Garda) e nella zona 79 (Sicilia Orientale). Di quest’ultima zona è riportata
in figura 12 sia la PDF dei tempi di intercorrenza che la relativa funzione di hazard h(t).
Mentre l’analisi di Poisson fornisce una funzione di hazard S(t) costante per ogni finestra
temporale, l’analisi renewal fornisce una funzione crescente che si stabilizza intorno ai 400
anni per poi decrescere a partire da un certo tempo t (nell’esempio per t>480 anni).

0.00468514 0.011141
0.004 0.01

h( t )
p( t )
0.002 S( t ) 0.005

1.88577e-036 2.6782e-029
200 400 600 200 400 600
1 t 600 1 t 600

Fig. 12 - Funzione di densità di probabilità p(t) e funzioni di hazard renewal h(t) e


poissoniana S(t) per la zona sismogenetica 79 (Sicilia Orientale).

Le analisi renewal sono state effettuate esaminando le probabilità di eccedenza, nei


prossimi trent’anni, della PGA a 0.2 g, trattando in maniera non-stazionaria gli eventi a
partire dalla soglia Mo≥6.4 e in maniera stazionaria quelli sotto. L’analisi (fig. 13) mette in
evidenza come zona a maggiore pericolosità la Val Nerina, seguita dal Sannio, dall’area del
Pollino, dalle Serre Calabresi e dallo stretto di Messina. Prende evidenza, al pari di gran parte
della catena appenninica, anche la Sicilia orientale, mentre si abbattono la pericolosità del
Friuli e dell’Irpinia, le due zone che hanno sperimentato in tempi più recenti eventi distruttivi.
La carta delle differenze tra analisi renewal e analisi stazionaria è per certi versi direttamente
correlabile alla probabilità di avere nei prossimi trent’anni un terremoto distruttivo. Per
ragioni di rappresentabilità in fig. 14 sono raffigurati solo i valori positivi. Emergono
nell’ordine l’area della Val Nerina (77%), del Pollino (44%) e del Sannio (33%), seguite dalla
Sicilia Orientale (27%) e dal Tavoliere (22%). Aree come l’Aquilano o il Lago di Garda sono
ai limiti di invariabilità dell’analisi con le due metodologie. Aree come ad esempio l’Irpinia,

14
oppure l’arco calabro, risultano meno pericolose ad una analisi renewal che ad una analisi
stazionaria per il breve tempo intercorso dagli ultimi eventi distruttivi.

4. CONCLUSIONI
Il grado di conoscenza raggiunto nell’ultimo decennio sulla sismicità del nostro Paese
ed i valori di pericolosità conseguenti illustrati in questo lavoro, rendono maturi i tempi per
affrontare il problema della riclassificazione sismica del territorio Italiano. Tale esigenza
risponde sia alla necessità di adeguare tale strumento di prevenzione alla reale scuotibilità del
territorio, sia alla necessità di applicare in maniera omogenea e pesata le norme contenute
nell’EC8. Quest’ultime presuppongono una classificazione ancorata ad una accelerazione di
progetto (DGA, design ground acceleration) assimilabile alla PGA o l’EPA, ma che gli
Autori propongono invece di derivare dall'esame degli spettri elastici a pericolosità uniforme
calcolati per ciascun comune (Pugliese et al., 1997). Ciò non di meno i parametri PGA e EPA
possono essere utili a definire i rapporti di amplificazione sulla cui base scalare le forme
spettrali convenzionali definite dall’EC8. Così i rapporti di amplificazione tra PSA e PGA
scaturenti dalle presenti analisi di pericolosità suggeriscono di adottare fattori di
amplificazione più elevati, nel ramo ad accelerazione costante, ed inferiori, in quello a
velocità costante, del rapporto 2.5 fornito dall’EC8 e dalla normativa internazionale.
Le analisi di pericolosità a breve termine risentono ancora di una base dati non robusta
ai fini della comprensione dei modelli di rilascio degli eventi energetici più forti. Questo da
un lato è legato alla scarsa conoscenza delle reali strutture sismogenetiche e del relativo
comportamento, dall’altro alla messa a punto di modelli probabilistici time-dependent adatti
al quadro sismotettonico italiano. Le analisi effettuate in questo lavoro hanno pertanto
carattere indicativo della probabilità relativa, su base puramente statistica, che le diverse zone
sismogenetiche hanno di rilasciare nel breve termine terremoti distruittivi. Tali analisi
possono, allo stato attuale, trovare sbocco nell’indirizzare la scelta delle aree dove
concentrare nel prossimo futuro gli sforzi per la definizione di scenari di rischio e la messa a
punto di piani generali di protezione civile, nonché nella allocazione delle risorse per
interventi di recupero e adeguamento sismico di strutture pubbliche o strategiche.

15
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18
48 48

47 47

TN TN
46 AO 46 AO
TS TS
MI VE MI VE
TO TO
45 45
GE BO GE BO

44 PS 44 PS
FI FI

PG PG
43 43
AQ AQ

42 RM 42 RM
CB CB
0.35 28
BA BA
41 NA 41 NA
0.30 PZ 24 PZ

40 40
0.25 20
CA CA
39 0.20 CZ 39 16 CZ

PA PA
38
0.15 PGA (g) 38
12 PGV (cm/s)

0.10 8
37 37

0.05 4
36 36
0.00 PGA[p(0.10,50)] 0 PGV[p(0.10,50)]
35 35
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Fig. 6 - Valori attesi della pga (in g) con Fig. 7 - Valori attesi della pgv (in cm/s) con
periodo di ritorno 475 anni. periodo di ritorno 475 anni.
48 48

47 47

TN TN
46 AO 46 AO
TS TS
MI VE MI VE
TO TO
45 45
GE BO GE BO

44 PS 44 PS
FI FI

PG PG
43 43
AQ AQ

42 RM 42 RM
0.90 CB CB
70
BA BA
41 0.80 NA 41 NA
PZ PZ
60
0.70
40 40
50
0.60
CA CA
39 CZ 39 40 CZ
0.50
PA 30 PA
38
0.40 PSA (g) 38
PSV (cm/sec)
0.30 20
37 37
0.20 10
36 0.10 36
0
PSA_5Hz[p(0.10,50)] PSV_1Hz[p(0.10,50)]
0.00
35 35
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Fig. 8 - valori attesi della psa (in g), a 5 hz ed al Fig. 9 - valori attesi della psv (in cm/s), a 1 hz
5% dello smorzamento critico, con periodo di ed al 5% dello smorzamento critico, con
ritorno 475 anni. periodo di ritorno 475 anni.

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48 48

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TN TN
46 AO 46 AO
TS TS
MI VE MI VE
TO TO
45 45
GE BO GE BO

44 PS 44 PS
FI FI

PG PG
43 43
AQ AQ

42 RM 42 RM
CB 9.5 CB
120
BA BA
41 NA 41 9.0 NA
PZ PZ
100 8.5
40 40
80 8.0
CA CA
39 CZ CZ
39
7.5
60
PA PA
38 Arias (cm/s) 38
7.0 Intensità
40 6.5
37 37
20 6.0

36 36 5.5
0 ARIAS[p(0.10,50)] INT[p(0.10,50)]
0.0
35 35
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Fig. 10 - Valori attesi dell’intensità di arias Fig. 11 - Valori attesi dell’intensità con periodo
(cm/s) con periodo di ritorno 475 anni. di ritorno 475 anni.
48 48

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TN TN
46 AO 46 AO
TS TS
MI VE MI VE
TO TO
45 45
GE BO GE BO

44 PS 44 PS
FI FI

PG PG
43 43
AQ AQ

42 RM 42 RM
CB CB
0.28 0.12
BA BA
41 NA 41 NA
PZ PZ
0.24
0.10
40 40
0.20
CA 0.08 CA
CZ CZ
39 0.16 39

probabilità PA 0.06 differenza di PA


38 0.12 di eccedenza 38 probabilità di
eccedenza
0.04
0.08
37 37

0.04 0.02
36 36
0.00 P[a>0.20 g | te, te+30] 0.00 RENEWAL-STAZIONARIO
35 35
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Fig. 13 - Probabilità di eccedenza della pga a Fig. 14 - Differenza di probabilità di eccedenza


0.2 g nel periodo 1.1.1997-1.1.2027. della pga a 0.2 g nei prossimi 30 anni.

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