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'Avere l'ultima parola' nell'"Odissea": Discorsi e dispute tra i Proci ed il "Falso mendico"
Author(s): Gustavo Vagnone
Source: Quaderni Urbinati di Cultura Classica, New Series, Vol. 44, No. 2 (1993), pp. 23-26
Published by: Fabrizio Serra editore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20547190
Accessed: 30-03-2015 19:57 UTC
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'Av?re Pultima parola9 nelYOdissea:
discorsi e dispute tra i Proci ed il "falso mendico"
Gustavo Vagnone
1
Vd. W. Die des griech. Berlin u.
Jaeger, Paideia. Formung Menschen, Leipzig
cfr. p. 53 sgg. (= pp. 36 e 64 della trad, it., Firenze
19362, p. 30, (su Phoenix)
E.T. Havelock, Preface to Plato, Cambridge Mass. 1963, cap. VI (= pp.
19542);
91-94 della trad, it., Roma-Bari 1973).
2
Nei vv. formulari ol ?'a?a Jtavxe??xf|v ?y?vovxo aicojifj (n 154, d 234, X 333, v
1, 393, v 320, T 95, H 92 etc.) e ol ?'?oa xov \i?la \ikvkKvov fj?' ?mOovto (y 477,
Jt
o 220, v 157, x 178, ^ 141, H 379, I 79, O 300 etc.).
3
Non leggiamo infatti il verso tradizionale xXvov fj?' emdovxo che di norma sigla
Fassenso. Se vogliamo sentir? nelVOd. il segno dell'obbedienza (a parte v 157, Euri
clea, dove si tratta di un ordine di servizio, ex 178 e \|) 141, che sono posteriori al
riconoscimento di Odisseo) dobbiamo lasciare Itaca e recarci a Pilo da Nestore insieme
a Telemaco (y 477).
4
Antinoo ? 84, Eurimaco 177, Leocrito 242.
5
Tale infatti sarebbe senza l'intervento di Atena (? 270-295), cfr. 306-308.
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24 G. Vagnone
(i 19-20)9.
6
Lo schema ?: (q)Antinoo 375-379, Eumeo 381-391, Telemaco 393-395 e 397
404, Ant. 406-408, Od. 415-444, Ant. 446-452, Od. 454-457, Ant. 460-461, Od.
467-476, Ant. 478-480.
7
O?x in quanto ? opposto/alternativo a
e\m. (488) ?xf|v ?y?vovxo OKOJtfj ? una
formula di dissenso, che in Antinoo diventa prevaricazione: non tener conto
dell'opi
nione altrui ? caratteristica della v?gic del personaggio.
8
Antinoo non ? certo inferiore ad Odisseo corne
Xiy?? aYOQf|TY?c?; vd. S. West ad
a 383 (Omero, Odissea, libri I-IV a cura di A. Heubeck e S. West, Milano 1981).
9 =
Si noti che \iekc? sono noto (vd. LSJ e non "sono caro" come intende
s.v.)
West nota ad a cit.; anche in questa occasione si nota un contrasto con la
(vd. l, op.
traduzione esatta di Privitera).
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Discorsi e dispute tra i Proci ed il "falso mendico" 25
a Itaca), per salvare i compagni, se stesso e la sua casa10: non altro che
tale dote di prudenza e sagacia - che gli ? attribuita in misura superio
re, tal che Atena lo accomuna a se stessa nelPepiteto (vd. v 297:
?
el?OTE? apxpco x?Q?ea) lo induce a reprimere Pimpulso di rispondere
per le rime agli insulti e alie provocazioni dei suoi nemici.
Tale
comportamento ? gi? evidente al primo incontro con il ca
Melanzio (q 217-232), e si conferma nei gi? accennato battibecco
praio
con Antinoo. a Iro egli risponde; ma ecco che Pascoltatore
Neppure
riceve qui gi? un segnale: dopo Passenso dei Proci alia proposta di
Antinoo (quella formula di assenso che ? stata negata a Telemaco:
to?aiv ?' ?mrjv?ave p/udo?, cfr. 290), Odisseo ?oXocpQOv?cov rivolge a
-
sua volta una preghiera: si deve evitare che la sua vittoria su Iro che ?
certa ? i Proci il cambio di
possa insospettire (gi? aspetto operato da
a ? -
Atena prelude quello per essi ben pi? gr?vido di conseguenze di x
1: Y^M-vefr?T]Qax? v cfr. o 74 ?x ?ax?cov); la richiesta ? accolta, Odis
assenso
seo riceve qui il suo primo (? 58).
Un'eccezione ? rappresentata da Melanto, cui due volte Odisseo
con minacciose e sferzanti more s?lito, immedia
risponde parole11: ma,
tamente non risponde
dopo ad Eurimaco (393) che usa le stesse parole
= incontro con Melan
di Melanto (389-393 329-333); n?, al secondo
zio, replica ai nuovi insulti di questi (v 178 sgg.), ma "il capo chino in
silenzio, meditando in cuor suo la vendetta".
La conclusione si sta avvicinahdo, anche se la tensione apparente
mente si sta allentando: ci si accinge a un piacevole banchetto, uno dei
tanti che si sono tenuti in questa casa; la proposta di Antinoo di prepa
rare il pranzo incontra piena approvazione (v 247), i soliti preparativi
hanno inizio. Ma le parole di Telemaco gelano improvvisamente Fas
semblea dei convitati, esse risuonano dure (269), assai pi? che nella
sua prima perorazione, in cui era stato costretto al silenzio: il suo ?l?do?
? x?kzn?c, cosi dice Antinoo; non fosse stato per Zeus, essi avrebbero
gi? messo a tacere un tal "sia pur valente oratore" (274).
10
L'ascoltatore si attende dall'eroe un in accordo/sintonia con il
comportamento
suo che nella sua formularit? anche una sua valenza se
epiteto, possiede peculiare
m?ntica. Per jixoXLtcoquoc, JtoXuurjxic, vd. le osservazioni di N. Austin, at the
Archery
Dark - London
of the Moon, Los Angeles 1975, p. 26 sgg.; J.B. Hainsworth, Omero,
Odissea, libri Y-VIII a cura di J.B.H., Milano 1982, pp. XIII-XIV; ibid. p. 249 (nota a
A3).
11
Vd. o 337-338: \iekeioxi ? un di ci? che succ?dera
avvertimento/presentimento
a Melanzio; e x 71 sgg.
poi
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26 G. Vagnone
Torino
12
Vd. supra n. 2.
13
(p287-350.
14
D'uso corrente nelle moderne, l'espressione 'av?re Fultima non
lingue parola'
trova una signif?cazione corrispondente negli usi letterari greci e latini: verosimilmente
se ne deve ricercare nell'uso
forense-giudiziario, che ammette formulazioni
l'origine
quali 'dare/togliere la parola' (alicui dicendi copia facta est, aliquem loqui prohibere,
alicui sermonem dare, etc. ; X?yov alxe?oftai, ?i?ovai etc.): o, parallelamente, nell'am
e 9, su cui L.E.
bito degli agoni di poesia buc?lica (vd. Theocr. Id. 5,6,8 Rossi,
'Vittoria e sconf?tta buc?lico letterario', Giorn. n.s. 2 [23], 1971,
nell'agone it.filol.
pp. 13-24).
Una debole traccia offre Anth. Pal. 8,206 (nv\iavr)y?QOC, detto dell'eco che ripro
duce le ultime parole), mentre voxeQ?cpCDVOV ?Jict di Anth. Plan. 153,2 piut
significa
tosto 'voce in ritardo'. Nella letteratura latina sono da vedere tutti i luoghi dove figura
no come ultimuslextremus dicendi locus, che nell'uso
espressioni forense-giudiziario
stanno ad indicare l'ordine in cui l'oratore ? iscritto a (Liv. 3.40,8; Cic. Pro
parlare
Mur. 48, Pro Balb. 1,4, Ad Att. 1,13,2, secundus...): in tal caso il vantaggio di
la parola per ultimo ? temperato dall'espresso riconoscimento della valent?a
prendere
di chi precede se in Cicerone questo ? piuttosto un artificio retorico in veste di
(anche
captatio benevolentiae).
15
Tale
connotazione, che nelVIliade ? riferita esclusivamente ai ?aaiXfjec (5 v.
Achille, 4 Ettore, 3 Diomede ed Odisseo) era stata sin riservata solo ai Proci
qui (q
459, o 488), se si escludono i passi in cui Odisseo si rivolge a persone di rango
inferiore (o 14 e 334, x 70, Iro e Melanto).
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