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Accademia Editoriale

'Avere l'ultima parola' nell'"Odissea": Discorsi e dispute tra i Proci ed il "Falso mendico"
Author(s): Gustavo Vagnone
Source: Quaderni Urbinati di Cultura Classica, New Series, Vol. 44, No. 2 (1993), pp. 23-26
Published by: Fabrizio Serra editore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20547190
Accessed: 30-03-2015 19:57 UTC

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'Av?re Pultima parola9 nelYOdissea:
discorsi e dispute tra i Proci ed il "falso mendico"

Gustavo Vagnone

? nota l'importanza che nell'epos arcaico riveste la parola ([xufto?),


intesa nella sua funzione eminentemente pratica, indispensabile corre
do del principe1; in quest'ambito un posto di rilievo spetta al discorso

parenetico: ordini impartiti, messaggi da trasmettere, esortazioni, allo


cuzioni, sono raccolti dai singoli
etc. (di rango inferiore) o dalle assem
bl?e con deferenza2.
NelYOdissea P?nico discorso in assemblea ? quello di Telemaco:
ma al termine non c'? alcun cenno di assenso3, al contrario in prece
denza si sono verif?cate interruzioni ed obiezioni poco cortesi e civili da
parte il perch?
dei Proci4; ? chiaro. Telemaco non ha riacquistato la
"leadership" persa dal padre, la sua perorazione termina apparente
mente con un insuccesso (? 265)5: per contrasto, il consenso che gli ?
stato negato spetta invece al suo principale oppositore (vd. jc 393).
Se non trova consenso Telemaco, figurarsi Odisseo! Spogliato dei
suoi attributi il "falso mendico" non pu? certo attendersi altro
regali,
che insulti o derisione: il suo primo discorso/racconto (q 415-444) ? un

1
Vd. W. Die des griech. Berlin u.
Jaeger, Paideia. Formung Menschen, Leipzig
cfr. p. 53 sgg. (= pp. 36 e 64 della trad, it., Firenze
19362, p. 30, (su Phoenix)
E.T. Havelock, Preface to Plato, Cambridge Mass. 1963, cap. VI (= pp.
19542);
91-94 della trad, it., Roma-Bari 1973).
2
Nei vv. formulari ol ?'a?a Jtavxe??xf|v ?y?vovxo aicojifj (n 154, d 234, X 333, v
1, 393, v 320, T 95, H 92 etc.) e ol ?'?oa xov \i?la \ikvkKvov fj?' ?mOovto (y 477,
Jt
o 220, v 157, x 178, ^ 141, H 379, I 79, O 300 etc.).
3
Non leggiamo infatti il verso tradizionale xXvov fj?' emdovxo che di norma sigla
Fassenso. Se vogliamo sentir? nelVOd. il segno dell'obbedienza (a parte v 157, Euri
clea, dove si tratta di un ordine di servizio, ex 178 e \|) 141, che sono posteriori al
riconoscimento di Odisseo) dobbiamo lasciare Itaca e recarci a Pilo da Nestore insieme
a Telemaco (y 477).
4
Antinoo ? 84, Eurimaco 177, Leocrito 242.
5
Tale infatti sarebbe senza l'intervento di Atena (? 270-295), cfr. 306-308.

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fallimento, e provoca subito Pira di Antinoo (ibid. 445 sgg.), mentre le


sue repliche sono soltanto causa di un'irritazione ancora maggiore; alle
dure minacce di questi (480) Odisseo non risponde verbo, il suo primo
contraddittorio con il primo dei Proci lo vede soccombente6: ? questi ad
avere l'ultima parola, neppure la replica-rampogna dei suoi compagni
lo scuote: ? ?' o?x ?(XJia?8TO (l?dcov7.
Sino a questo momento Antinoo ha messo a tacere tutti, e sembra
segnare un punto a suo
favore8: i suoi due
antagonisti hanno scelto
tempor?neamente di tacere, ma la loro mente
sta macchinando la rivin
cita (v. 465 = 491): nell'attimo della loro massima umiliazione ci ? gi?
dato dunque di intuir? in anticipo lo scioglimento della vicenda. Ma
prima, gli avversari di Antinoo saranno costretti pi? volte al silenzio,
alia non-replica: converr? esaminare pertanto imomenti pi? significati
vi di tale parabola, cercando di cogliere il filo conduttore che, in questa
tem?tica, li unisce e li collega al punto in cui il protagonista, non
concedendo pi? la parola e passando contempor?neamente all'azione,
risolver? definitivamente la contesa a suo favore.

8i[i' 'O?uae?? Aaeoti?onc, ?? rc?at o?tanaiv


avftQc?jroioi uitao...

(i 19-20)9.

L'auto-presentazione di Odisseo ad Alcinoo contiene il tratto es


senziale del personaggio: se egli nelYIliade ? JttoX?JtOQdoc, qui soprat
tutto ? jroXtJiintic. Mediante la ripetizione formulare dell'epiteto, l'a
scoltatore ? continuamente sollecitato a meditare sui fatto che l'eroe
deve usare la sua astuzia (posseduta in misura straordinaria) nei mo
menti cruciali (nei ventre del cavallo, nell'antro del Ciclope, nei ritorno

6
Lo schema ?: (q)Antinoo 375-379, Eumeo 381-391, Telemaco 393-395 e 397
404, Ant. 406-408, Od. 415-444, Ant. 446-452, Od. 454-457, Ant. 460-461, Od.
467-476, Ant. 478-480.
7
O?x in quanto ? opposto/alternativo a
e\m. (488) ?xf|v ?y?vovxo OKOJtfj ? una
formula di dissenso, che in Antinoo diventa prevaricazione: non tener conto
dell'opi
nione altrui ? caratteristica della v?gic del personaggio.
8
Antinoo non ? certo inferiore ad Odisseo corne
Xiy?? aYOQf|TY?c?; vd. S. West ad
a 383 (Omero, Odissea, libri I-IV a cura di A. Heubeck e S. West, Milano 1981).
9 =
Si noti che \iekc? sono noto (vd. LSJ e non "sono caro" come intende
s.v.)
West nota ad a cit.; anche in questa occasione si nota un contrasto con la
(vd. l, op.
traduzione esatta di Privitera).

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a Itaca), per salvare i compagni, se stesso e la sua casa10: non altro che
tale dote di prudenza e sagacia - che gli ? attribuita in misura superio
re, tal che Atena lo accomuna a se stessa nelPepiteto (vd. v 297:
?
el?OTE? apxpco x?Q?ea) lo induce a reprimere Pimpulso di rispondere
per le rime agli insulti e alie provocazioni dei suoi nemici.
Tale
comportamento ? gi? evidente al primo incontro con il ca
Melanzio (q 217-232), e si conferma nei gi? accennato battibecco
praio
con Antinoo. a Iro egli risponde; ma ecco che Pascoltatore
Neppure
riceve qui gi? un segnale: dopo Passenso dei Proci alia proposta di
Antinoo (quella formula di assenso che ? stata negata a Telemaco:
to?aiv ?' ?mrjv?ave p/udo?, cfr. 290), Odisseo ?oXocpQOv?cov rivolge a
-
sua volta una preghiera: si deve evitare che la sua vittoria su Iro che ?
certa ? i Proci il cambio di
possa insospettire (gi? aspetto operato da
a ? -
Atena prelude quello per essi ben pi? gr?vido di conseguenze di x
1: Y^M-vefr?T]Qax? v cfr. o 74 ?x ?ax?cov); la richiesta ? accolta, Odis
assenso
seo riceve qui il suo primo (? 58).
Un'eccezione ? rappresentata da Melanto, cui due volte Odisseo
con minacciose e sferzanti more s?lito, immedia
risponde parole11: ma,
tamente non risponde
dopo ad Eurimaco (393) che usa le stesse parole
= incontro con Melan
di Melanto (389-393 329-333); n?, al secondo
zio, replica ai nuovi insulti di questi (v 178 sgg.), ma "il capo chino in
silenzio, meditando in cuor suo la vendetta".
La conclusione si sta avvicinahdo, anche se la tensione apparente
mente si sta allentando: ci si accinge a un piacevole banchetto, uno dei
tanti che si sono tenuti in questa casa; la proposta di Antinoo di prepa
rare il pranzo incontra piena approvazione (v 247), i soliti preparativi
hanno inizio. Ma le parole di Telemaco gelano improvvisamente Fas
semblea dei convitati, esse risuonano dure (269), assai pi? che nella
sua prima perorazione, in cui era stato costretto al silenzio: il suo ?l?do?
? x?kzn?c, cosi dice Antinoo; non fosse stato per Zeus, essi avrebbero
gi? messo a tacere un tal "sia pur valente oratore" (274).

10
L'ascoltatore si attende dall'eroe un in accordo/sintonia con il
comportamento
suo che nella sua formularit? anche una sua valenza se
epiteto, possiede peculiare
m?ntica. Per jixoXLtcoquoc, JtoXuurjxic, vd. le osservazioni di N. Austin, at the
Archery
Dark - London
of the Moon, Los Angeles 1975, p. 26 sgg.; J.B. Hainsworth, Omero,
Odissea, libri Y-VIII a cura di J.B.H., Milano 1982, pp. XIII-XIV; ibid. p. 249 (nota a
A3).
11
Vd. o 337-338: \iekeioxi ? un di ci? che succ?dera
avvertimento/presentimento
a Melanzio; e x 71 sgg.
poi

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Cosidice Antinoo, e questa volta il secondo emistichio non reca la


tradizionale formula di assenso, bensi quella del dissenso: ? ?' cxq' oux
ora ? Telemaco a fruirne (cfr. 384 e @ 487
?juta^exo (l?dct?v: solo che
cit.).
La situazione ? dunque
capovolta: Telemaco ? consapevole della
maturazione (v 310) ed ora gli tocca quella formula di assenti
propria
mento che in precedenza gli era stata negata (v 320)12: segnale, per
l'ascoltatore, che i rapporti di forza si stanno modificando e che gli
aventi diritto son? pronti a riappropriarsi dei simboli del potere di cui
son? stati defraudati.
Un'accorta regia muove ora i fili, a preparare la trappola in cui
cadranno i Proci. Odisseo deve poter mettere le mani sull'arco senza
destare sospetti: il canto che da quello prende nome ? strutturato ap
punto su una serie di discorsi e di repliche13 cui Odisseo, muto spetta
sfondo, non partecipa: a riacquistare
tore sullo egli ? ormai prossimo la
sua identit? e con essa il diritto alla parola, anzi all'"ultima parola"14:
xov? ?'&q' vnobga i? v Jtooaecpn jtoMunti? 'O?uaaeu?15.

Torino

12
Vd. supra n. 2.
13
(p287-350.
14
D'uso corrente nelle moderne, l'espressione 'av?re Fultima non
lingue parola'
trova una signif?cazione corrispondente negli usi letterari greci e latini: verosimilmente
se ne deve ricercare nell'uso
forense-giudiziario, che ammette formulazioni
l'origine
quali 'dare/togliere la parola' (alicui dicendi copia facta est, aliquem loqui prohibere,
alicui sermonem dare, etc. ; X?yov alxe?oftai, ?i?ovai etc.): o, parallelamente, nell'am
e 9, su cui L.E.
bito degli agoni di poesia buc?lica (vd. Theocr. Id. 5,6,8 Rossi,
'Vittoria e sconf?tta buc?lico letterario', Giorn. n.s. 2 [23], 1971,
nell'agone it.filol.
pp. 13-24).
Una debole traccia offre Anth. Pal. 8,206 (nv\iavr)y?QOC, detto dell'eco che ripro
duce le ultime parole), mentre voxeQ?cpCDVOV ?Jict di Anth. Plan. 153,2 piut
significa
tosto 'voce in ritardo'. Nella letteratura latina sono da vedere tutti i luoghi dove figura
no come ultimuslextremus dicendi locus, che nell'uso
espressioni forense-giudiziario
stanno ad indicare l'ordine in cui l'oratore ? iscritto a (Liv. 3.40,8; Cic. Pro
parlare
Mur. 48, Pro Balb. 1,4, Ad Att. 1,13,2, secundus...): in tal caso il vantaggio di
la parola per ultimo ? temperato dall'espresso riconoscimento della valent?a
prendere
di chi precede se in Cicerone questo ? piuttosto un artificio retorico in veste di
(anche
captatio benevolentiae).
15
Tale
connotazione, che nelVIliade ? riferita esclusivamente ai ?aaiXfjec (5 v.
Achille, 4 Ettore, 3 Diomede ed Odisseo) era stata sin riservata solo ai Proci
qui (q
459, o 488), se si escludono i passi in cui Odisseo si rivolge a persone di rango
inferiore (o 14 e 334, x 70, Iro e Melanto).

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