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Il Golem: Storia di uno pseudo Adamo

Pierpaolo Pracca (Antropologo, Psicologo e Psicoterapeuta)

Una Mizrah, usata dai cabalisti per orientare la preghiera


nel tempo e nello spazio (Iran XIX sec.)

Ti senti invadere dal sonno? Gli domandò il Maharal. Il


Golem voleva abbassare il capo per dire di sì, ma le forze lo
avevano abbandonato. Hai compiuto il tuo destino disse il
Marahal. Puoi essere orgoglioso. Pochi uomini hanno
salvato tante vite quante ne hai salvate tu. Che il tuo
sonno sia dolce, mio caro Yossel; non preoccuparti,
nessuno ti disturberà te lo prometto (Il Golem - Elie
Wiesel).

Il mito dell’uomo artificiale risponde all’ispirazione


antichissima dell’uomo di superare i propri limiti
esistenziali, cercando di capire e di investigare le
complesse leggi che regolano l’universo.

L’uomo sembra proiettarsi nell’automa e cerca di realizzare


le proprietà della sostanza vivente in maniera diversa da
quella umana che prevede la partecipazione di maschio e
femmina.
Di solito la macchina , o come spesso avviene nel mito,
l’uomo artificiale, sfuggono alle angoscianti leggi del
divenire quasi che nella loro realizzazione venisse
appagato il desiderio di immortalità dell’uomo. L’automa
può essere visto come il tentativo di dare vita ad una copia
dell’uomo penetrando all’interno dei processi di creazione,
che stanno alla base della vita e di controllare la vita
stessa vincendo l’essere mortale a cui è soggetto l’uomo

solo un soffio è ogni uomo che vive,


come ombra è l’uomo che passa;
solo un soffio che si agita...
(Salmo 39:6:7)

L’automa non è soggetto al divenire come l’uomo, esso


non è generato, ma è costruito ad opera di un solo creatore
che con un atto umano genera da solo una prole alquanto
particolare. Il costruttore di automi può essere considerato
a ragione come colui che nel seguire il sogno di vincere il
proprio destino immortale costruisce un figlio votato
all’immortalità.

L’automa è dunque un organismo perfetto ed invulnerabile


capace di esorcizzare la fragilità umana?

Esso non conosce malattia e non è soggetto a sentimenti.


La ricerca nel conferire a questo doppio il carattere
dell’eternità giustifica molte volte l’immagine di un automa
privo di connotazioni sessuali.

Ciò si rende necessario dal momento che nell’atto sessuale


risiede l’inizio della vita, ma anche quello della morte. Da
queste premesse sono immediate alcune domande che in
modo trasversale riguardano ambiti disciplinari diversi
come la filosofia, la teologia e la sociologia.

L’uomo artificiale può essere visto come una sfida lanciata


a Dio?
L’uomo creando artificialmente un altro uomo non si pone
forse nella posizione di colui che detronizza Dio, ponendosi
sul suo stesso piano?

Qual è la differenza ontologica tra l’uomo e la macchina?

L’anima, o meglio tutto quell’insieme di attività che


riguardano l’uomo riconducibili a questo concetto può forse
essere prodotta artificialmente?

Questi interrogativi implicano necessariamente una sorta


di timore nei confronti dell’automa e del suo costruttore
quasi che questo novello Adamo fosse il risultato di un
gesto blasfemo. Il costruttore può essere dunque visto
come una sorta di apprendista stregone che mima l’atto
creativo della divinità secondo modi umani?

Quale può essere il prezzo da pagare per avere


oltrepassato la soglia misteriosa della vita?

Queste domande hanno fatto sì che, nel corso dei secoli in


molta letteratura e più recentemente in molti prodotti
cinematografici, l’automa fosse descritto come opera del
male, una sorta di creatura demoniaca.

La sua esistenza spesso è frutto di una operazione magica


che ha come protagonista un folle costruttore che dovrà
fare i conti con la ribellione della sua creatura insieme alla
quale in molti casi dovrà soccombere.

A questo riguardo la cultura ebraica ci offre notevoli spunti


di riflessione considerando che nel Golem e nel suo mito si
può intravedere l’antesignano di tutti quegli esseri
artificiali immaginari che popolano la nostra letteratura.
Attraverso la ricostruzione delle fasi di questo mito si può
provocatoriamente collegare un discorso che riguarda una
sfera particolare dell’immaginario umano e cioè il pensiero
mistico-magico a quello della moderna robotica (vedi
articolo di P.A, Rossi (1990) Abstracta) cercando di scoprire
i fili che possano collegare campi così distanti.

Questa continuità tra religione e scienza sembra essere


stata colta dal padre della cibernetica N.Wiener (1965), che
scorge nel computer l’ultima fase della trasformazione
dell’idea del Golem nel corso del cammino del pensiero
umano, infatti nel suo saggio la Cibernetica, il nome del
Golem appare a chiare lettere inserito nella filigrana delle
pagine del libro, con un significato esplicitamente
metafisico, come ha modo di osservare Neher (1988).
L’idea del Golem perciò resiste pur trasformandosi ed è
giunta a noi con tutte le sue implicazioni filosofico-religiose
che si affronteranno nel seguito dell’articolo. Non è infatti
un caso che uno scienziato raffinato come N.Wiener abbia
intitolato la sua ultima opera Dio & Golem SPA. In questo
caso la presenza di un vecchio mito ebraico nella
riflessione epistemologia di uno dei padri del pensiero
cibernetico è la riprova del fatto che non esistono campi di
studio separati ed inaccessibili gli uni agli altri, ma come
afferma Feyerabend, siano frequentemente ed
incessantemente interessati da processi osmotici. Con
questo non si vuole affermare che tra il cabbalista che
sogna di potere animare una porzione di fango ed un
moderno scienziato come Wiener non vi sia alcuna
differenza, ma indubbiamente pur agendo in epoche ed
ambiti disciplinari completamente differenti sono legati da
un filo comune che è possibile fare partire dalla seconda
metà del 500 al tempo della leggenda del Rabbino Loew di
Praga fino ai nostri giorni. La creazione sia per il cabalista
sia per lo scienziato non è qualcosa di totalmente arcano,
ma diventa un processo addirittura riproducibile e poco
importa se per ottenerla l’uno si avvarrà di una sorta di
alchimia lessicale e l’altro di un insieme complesso di
cognizioni tecnico-scientifiche; per entrambi i misteri della
creazione e quindi della vita sembrano in parte spiegabili e
quantificabili. Non ha importanza la via, ma l’idea, il sogno
di potere realizzare con un atto umano qualcosa che non è
più prerogativa di un Dio, ma rientra nell’ambito delle
facoltà umane. Intorno ad un argomento apparentemente
di carattere magico e fantascientifico si snoda tutta una
serie di problematiche filosofiche e religiose insospettabili
e con esse la paura e la diffidenza che solitamente
vengono riservate alla diade costruttore - creatura. In
letteratura spesso si è di fronte alla descrizione di una
coppia maledetta, che ha in sè la lacerante dialettica tra un
padre folle che ha osato oltrepassare i confini proibiti ed
un figlio frutto di una azione demoniaca, che suo malgrado
si trova ad essere una cosa informe in un modo che gli è
ostile. Il gioco del creatore spesso è destinato al fallimento
con l’inevitabile ribellione della creatura, che in molte
leggende conduce alla distruzione di entrambi. La
macchina-Golem come afferma Neher (1988) è creata
dall’uomo a sua immagine come l’uomo è stato creato da
Dio a sua immagine divina. Nel Golem come nell’uomo è in
potenza la possibilità della ribellione e ciò limita la potenza
del creatore, proprio come la ribellione che è implicita
nell’uomo limita anch’essa la potenza di Dio. secondo
questa visione presente in Wiener (1967) e
successivamente ripresa da Neher (1988), l’uomo e Dio
sarebbero accomunati da una scommessa dall’incerto
risultato, da qui l’idea della creazione dell’universo come
un immenso gioco a cui Dio decide di giocare accettando la
possibilità della sconfitta ad opera dell’uomo. In questo
contesto il rapporto Dio-uomo è accostabile al rapporto tra
l’uomo e la macchina intesa quest’ultima come copia
dell’essere umano realizzata dall’uomo ripercorrendo le
tappe della creazione divina con atto razionale. Si può
parlare di una proporzione di questo genere in cui Dio sta
uomo come uomo sta a Golem-macchina?

L’uomo creato da Dio non è lo strumento docile del


creatore, ma possiede come sappiamo il seme della
ribellione così come questo seme è presente nella
creatura- macchina-golem. La possibilità della
disobbedienza limita all’origine la potenza del creatore allo
stesso modo in cui il libero arbitrio dell’uomo limita la
potenza di Dio. L’uomo con il peccato di origine si ribella a
Dio venendo punito

polvere tu sei

e in polvere tu tornerai!

(genesi 3,14,19)

così anche il Golem in molte leggende dopo la sua


ribellione al creatore sarà fatto ritornare un innocuo
mucchio di argilla.

Cos’è il Golem

il Golem è una creatura simile ad un essere umano fatta in


modo artificiale in virtù di un atto magico, attraverso l’uso
di parole (nomi) sacri. L’idea che è possibile creare esseri
viventi in questo modo è assai diffusa nel pensiero magico
di molte popolazioni. Ben conosciuti sono gli idoli e le effigi
alle quali gli antichi rivendicavano di avere dato il potere
della parola. I primi approssimativi automi si trovano nei
riti e nelle cerimonie religiose: le statue e i simulacri si
animano, si muovono e da queste movenze vengono tratti
auspici e previsioni. Nel pensiero mitico (Cassirer, 1967)
spesso le immagine create assumono vita.

Tornando al mito del Golem è necessario risalire ad alcune


rappresentazioni ebraiche relative ad Adamo.

Adamo è l’essere creato da Dio con la terra - mi hanno


plasmato le tue mani (Giobbe) - al quale in un secondo
tempo con un soffio ha dato la vita e la parola. Si dice che
nel primo stadio della sua creazione Adamo è Golem.
Golem è un vocabolo ebraico che compare una sola volta
nella Bibbia e precisamente nel salmo 139

Non ti era il mio corpo nascosto

nel chiuso dove mi hai fatto

giù nella terra dove mi hai tessuto

un grumo informe (golem) i tuoi occhi mi videro

Il termine grumo informe, è riferito ad Adamo che non è


stato ancora raggiunto dal soffio di Dio ed è perciò golem.

In un passo del Talmud (sanhedrim 38 b) dove si


descrivono le prime dodici ore di Adamo ritroviamo il
termine golem.

Nella seconda ore egli diventa un golem, una massa


ancora informe. In Scholem (1980) troviamo la descrizione
di Adamo prima che gli fosse infusa l’anima neshamah e
prima che fosse in grado di nominare le cose come di un
essere grezzo, informe. Dopo aver accertato l’origine del
termine golem e in che contesto è stato utilizzato per la
prima volta è utile soffermarsi sul Golem visto come
ripetizione della creazione dell’uomo tramite mezzi magici
da parte di un altro essere umano.

Golem viene intesa una creatura simile ad un essere


umano fatto in modo artificiale in virtù di determinate
operazioni che in qualche modo andrebbero a mimare
l’azione creatrice di Dio.

In La kabbala e il suo simbolismo Scholem afferma che il


punto di partenza della concezione golemica è costituita da
alcuni resoconti del Talmud riguardanti famosi rabbini del
III e del IV secolo (AC). In una di queste leggende si narra di
un rabbino di nome Rava, che avrebbe creato un uomo
artificiale per mezzo di pratiche magiche, tuttavia
sprovvisto di parola. Nel Talmud ancora (Sanhedrim 65b e
67 b) troviamo il racconto di un tale Rabbi Hanina e Rabbi
Oshaya che tutte le vigilie di Sabato servendosi del libro
della creazione si sarebbero creati un vitello grande un
terzo del naturale e lo avrebbero mangiato.

E’ evidente che la creazione del Golem fa in qualche modo


concorrenza alla creazione di Adamo e che nei racconti
appena riportati la forza creatrice dell’uomo si rapporta alla
forza creatrice di Dio, sia a sua imitazione sia in conflitto
con essa. Il potere creativo dell’uomo non giunge tuttavia a
quello di Dio. Rava può si creare un uomo capace di
comunicare, ma non può dargli la parola.

L’essere artificiale nella leggenda talmudica non sembra


avere alcuna funzione pratica e dal testo non è chiara
nemmeno la modalità della sua costruzione. Si potrebbe
pensare che questo tipo di creazione sia il frutto di una
operazione magica consentita da quegli stessi ambienti
religiosi da cui provenivano queste leggende. La creazione
di un Golem trova quasi sicuramente giustificazione nella
credenza di un potere magico delle lettere dell’alfabeto
ebraico e nei nomi di Dio che per certe tradizioni ebraiche
di stampo mistico-esoterico sono gli elementi strutturali, le
pietre con cui è stato costruito l’universo. Si arriva così a
parlare del testo che ha svolto una parte fondamentale
relativamente alla concezione del Golem e alle sue
modalità di costruzione. Il libro della creazione o Sefer
Yetsirah a cui gran parte del mondo esoterico ebraico
attribuiva insegnamenti taumaturgici e le istruzioni tramite
magia per la creazione di cose ed esseri animati.

Il libro della creazione


Sull’origine e patria spirituale di questo libro che conta
soltanto poche pagine non è stato possibile risalire a
conclusioni sicure e definitive. Questa incertezza permane
anche per quanto riguarda la datazione di questo testo le
cui valutazioni cronologiche oscillano tra i secoli II e VI AC.

Il primo capitolo del libro inizia con la creazione del mondo,


il quale è creato da Dio attraverso tre forme di espressione,
il numero, la lettera e la parola. La creazione come nella
Bibbia è attribuita allo strumento divino meno materiale
possibile; la parola. Dio non fa: per creare gli è sufficiente
la parola. Egli crea mediante le dieci sephiroth e le 22
consonanti dell’alfabeto ebraico. Secondo Scholem il
vocabolo sephiroth deriverebbe dal verbo ebraico sphr
(contare). In questo caso al termine sephiroth è attribuito il
significato di numero, inteso come principio dell’universo.
Le sephiroth sono forma distinta dalla materia. Come i
primi dieci numeri primordiali sono alla base della prima
produzione della forma così le 22 lettere sono la causa
prima della materia. Ogni cosa esistente in via di sviluppo
è dovuta ai poteri creativi delle lettere, ma è inconcepibile
senza la forma della quale la investirono le dieci sephiroth.

E’ attraverso i numeri primordiali che Dio ha determinato


la profondità del principio e la profondità della fine, la
profondità del bene e la profondità del male, la profondità
di sopra e la profondità di sotto, quella dell’oriente e la
profondità dell’occidente, la profondità del settentrione e la
profondità del meridione Toaf (1988)

La costruzione delle dieci sephiroth forma un tutto


omogeneo. Esse sono l’espressione dell’unità di Dio. Esse
sono dieci ed esprimono lo spirito del Dio vivente.

Nel secondo capitolo del Libro della Creazione si parla delle


22 consonanti. Esse sono le lettere fondamentali con le
quali Dio ha formato l’anima dell’intera creazione e di tutto
ciò che è stato creato. Esse benché siano in numero
ridotto, per mezzo del loro potere di combinazione,
trasformazione e trasposizione forniscono un numero
infinito di parole e cifre diventando così i tipi di tutti i
molteplici fenomeni della creazione. “L’intera creazione e
l’intero linguaggio scaturiscono da un’unica combinazione
di lettere”. Tra queste 22 lettere tre sono considerate
madri e cioè Alef, Mem, Sin. Da queste scaturiscono aria,
acqua e fuoco.

“I cicli sono stati creati all’inizio dal fuoco e la terra è stata


creata dall’acqua e l’aria è l’elemento di equilibrio tra il
fuoco e l’acqua.”

Dopo le tre madri troviamo le sette lettere doppie e cioè


bet, gimel, dalet, kaph, peh, res, taw. Per alcuni critici esse
sarebbero dette doppie per un fatto di pronuncia, mentre
per altri oltre il fatto della pronuncia vi sarebbe il fatto che
ad esse corrisponderebbero gli archetipi delle sette
opposizioni fondamentali della vita umana e cioè vita-
morte, pace-guerra-sapienza-follia, ricchezza-povertà-
fertilità-sterilità, bellezza-bruttezza, dominio-serenità. Dio
da queste sette doppie ha formulato i sette pianeti del
mondo, i sette giorni e le sette porte dell’uomo (occhi,
orecchi, narici, bocca).

Per Di Nola (1964) le sette doppie sembrano costituire i


fonemi attraverso i quali lo spazio passa da una fase
sephirotica in cui domina l’indistinto ad una fase in cui si
vede l’origine dei sette pianeti, dei sette cieli e dei sette
giorni della settimana.

Ora rimangono le restanti 12 lettere e cioè h,w,z,t,y,l,n,s*,


s,q; con esse Dio ha creato le dodici direzioni, che si
protendono all’infinito, inoltre ha formato i dodici segni
dello zodiaco, i dodici mesi dell’anno e le dodici membra
principali dell’uomo. Il Sefer ci presenta una creazione
armonica in cui Dio crea usando le 22 lettere dalle cui
diverse combinazioni ha origine il molteplice. Secondo Di
Nola nella combinazione delle lettere sono contenute le
radici di tutte le cose ad esempio piacere e danno (oneg e
nega) hanno le stesse consonanti in ebraico hanno origine
in uno stesso processo ma possiedono una diversa
combinazione degli elementi di cui sono composte.

Con le 22 lettere Dio ha scolpito ogni cosa ed ha


completato l’intera creazione.

Secondo il Sefer Abramo sarebbe colui il quale ha ricevuto


da Dio il segreto delle 22 lettere

Legò ventidue lettere alla sua lingua e il santo gli rivelò il


suo segreto - Sefer Yetsirah

e colui al quale la leggenda fa risalire il Libro della


creazione che

per chi saprà meditarvici sopra sarà fonte di sapienza e di


potenza...chiunque si occuperà del libro e lo studierà
conoscerà i suoi segreti e quelli relativi al mondo e gli verrà
assicurato il mondo futuro.

Nel medioevo e nel rinascimento il Sefer diverrà il testo


con cui il kabalista sarà in grado di leggere e fare propri i
segreti della creazione. Si può così facilmente
comprendere l’importanza avuta da questo libro
nell’ambito della tradizione golemica. Grazie alla sua
conoscenza il sapiente può copiare Dio nell’atto creativo
poiché si impossessa tramite il Sefer di quella che è la
potenza divina. La conclusione stessa dello Yetsirah sembra
non lasciare dubbi sull’uso magico di questo libro. Abramo
è colui che ha ricevuto da Dio il segreto della creazione e
quindi della vita. Si può dedurre da ciò che l’uomo Abramo
è nella condizione di creare grazie alla forza della sua
penetrazione intellettuale, nella connessione delle cose e
nella potenza delle lettere. E’ facilmente comprensibile la
fortuna che questo libro conobbe negli ambienti magici
anche se il libro non fa riferimento al Golem e alla
possibilità di creare alcun essere vivente.

Come afferma Bloch (1937) bisogna estrarre dalle lettere


morte il raggio nascosto, che può rendere vivente un corpo
inanimato. Per ottenere ciò non è necessario essere solo
sapiente, ma bisogna essere un giusto, uno Zadik. Il potere
creativo dello Zadik, tuttavia, è limitato e non potrà mai
raggiungere quello di Dio; come abbiamo visto Rava può
creare un uomo, ma non può dargli la parola e ciò è dovuto
allo iato esistente tra uomo e Dio dopo il peccato di origine.

Alcune edizioni dello Sefer Yetsirah del XII secolo recavano


il seguente titolo: L’alfabeto di nostro padre Abramo.

Yeuda Ben Barzillai, come ricorda Scholem, che all’inizio


del XII secolo ha redatto un ampio commento del Libro
della Creazione riferisce che il titolo del libro recava la
seguente aggiunta - chiunque guardi in esso ha una
sapienza che è senza misura - Si potrebbe aggiungere
simile a quella di Dio.

La concezione riguardante Abramo come depositario dei


misteri della creazione portò nell’ambiente hasidico
tedesco nei secoli XII e XIII ad attribuire ad Abramo la
creazione di individui mediante un processo magico
ricavato dallo studio dello Yetsirah.

"E Dio disse - Facciamo l'uomo a nostra immagine e


somiglianza... E Dio fece l'uomo a sua immagine. A
immagine di Dio lo fece. Maschio e femmina lo fece" (Gen
I, 26-27). La creazione di Adamo ed Eva dal Grand Heures
de Rohan (XV sec.)
Negli ambienti hasidici si prende spunto dal verso 5 di
genesi 12 dove si trova - Abramo e Sara presero con sé le
anime, che avevano fatto ad Haran- .

Si attribuisce così al verbo “avevano fatto” valore letterale


mutando radicalmente la interpretazione corrente, che
vedeva in quella frase il riferimento ad una attività
apostolica di Abramo e Sara e pertanto “avevano fatto”
doveva riferirsi alle donne e agli uomini tra i quali avevano
fatto proseliti.

L’interpretazione degli ambienti religiosi hasidici gioca sul


fatto che il termine ebraico nefashot con il quale si indica il
termine anima significa anche persona, perciò alla luce di
questa nuova esegesi la frase suonerebbe in questo modo -
Abramo e Sara presero con sé le persone che avevano
fatto (create) ad Haran -

La credenza che Abramo avesse creato degli uomini


avvalendosi dello yetsirah è presente negli ambienti
esoterici ebraici dal III secolo e ciò permette come
suggerisce Graetz (1846) di accostare il mito ebraico della
creazione di uomini artificiali agli ambienti
pseudoclementini, che presentano intorno al IV secolo dei
punti di contatto con le concezioni della taumaturgia
ebraica.

Nei capitoli semignostici delle omelie di Simon Mago si


incontra un caso la cui analogia con l’idea ebraica di poter
creare un uomo artificiale è decisamente evidente; si
legge, infatti, che Simon Mago si è vantato di essere
capace di creare un uomo, non con la terra, ma con l’aria,
mediante trasformazioni teurgiche e di avere poi
nuovamente trasformato l’uomo creato in aria. Ciò che
viene descritto è molto simile alle operazioni che il mago
ebreo compie attraverso la manipolazione dell’argilla
pronunciando le lettere sacre dell’alfabeto secondo i
dettami del Libro della Creazione.
Le trasformazioni divine del procedimento di Simon Mago
ricordano le trasformazioni Temuroth delle lettere
attraverso le quali nascono le cose che incontriamo nella
cosmogonia del libro Yetsirah. Scholem

Il Golem nella tradizione medievale

La concezione del Sefer Yetsirah come libro magico dal


quale possono essere ricavati i segreti della creazione
spiega e giustifica la comparsa dell’idea medievale di
Golem negli ambienti dei hasidim medievali tedeschi e
francesi, mentre solo più tardi si diffonderà nei circoli
cabalistici spagnoli. A partire dal XII secolo compare l’idea
del Golem come creatura ottenuta mediante i poteri magici
dell’uomo; ciò che, secondo le leggende nate intorno
all’uso del Sefer, era stato possibile ad Abramo e Rava si
crede possibile anche per chi sa interpretare e
impadronirsi della sapienza e del potere racchiusi nello
Yetsirah.

Dopo il XII secolo il Golem diventa l’oggetto di un vero e


proprio rituale di iniziazione mistica al termine del quale
l’adepto di una determinata scuola esoterica, con la
creazione di una figura umana, doveva confermare il
proprio dominio sul libro della creazione.

La creazione del Golem in questo contesto non ha nessun


scopo pratico se non quello di indicare che l’adepto ha
raggiunto il rango di creatore.
L’idea di creare mediante l’uso della parola ha un
equivalente nei testi apocrifi dell’antica letteratura
cristiana dove sono narrate leggende sulla infanzia di Gesù
in cui si racconta che egli avrebbe plasmato uccellini di
creta che in seguito si sarebbero alzati in volo come si
trova nei Vangeli Apocrifi di Tommaso (36;I; 46,1).

Ritornando all’ambito della tradizione Golemica è


interessante notare che la magia viene considerata una
facoltà naturale della produttività umana; l’uomo entro
certi limiti può creare al pari di Dio. Il sapere magico è un
sapere che l’uomo ha ricevuto dal suo stesso creatore per
mezzo dello Yetsirah. Egli è fatto ad immagine e
somiglianza di Dio e come tale dispone di poteri a lui simili.
La magia non è dunque intesa negativamente, ma è il
mezzo attraverso il quale l’iniziato riesce ad impadronirsi
dei segreti della vita.

La creazione del Golem ha il suo senso in se stessa, è una


iniziazione al mistero della creazione, che di solito avviene
in conclusione dello studio del Sefer Yetsirah come ci
tramandano parecchie forme apocrife del Talmud in cui
troviamo Abramo, Rava, e Rabbi Zara intenti ad un’opera
di creazione dopo un periodo trascorso a studiare e a
meditare sul Libro della creazione.

Nella tradizione ebraica tuttavia non prevale sempre la tesi


secondo la quale la creazione di un Golem confermerebbe
la somiglianza dell’uomo a Dio; nella tradizione
Kabbalistica la creazione del Golem darà inizio alla
negazione di Dio da parte dell’uomo in un eccesso di
hubrys. Il Golem da questa tradizione è visto come
l’oggettivazione della sfida a Dio da parte dell’uomo, che
cade inevitabilmente nell’idolatria. Se per la tradizione
hasidica la creazione del Golem era la conferma della
somiglianza dell’uomo a Dio ora per la Kabbala suona
minacciosa, implicando possibili deviazioni politeistiche. La
magia non è vista come quella forma di sapere puro che
permette all’uomo di raggiungere lo stesso potere di Dio,
bensì è la facoltà che fu data all’uomo dopo la sua caduta,
una volta divenuto mortale. La magia è qualcosa di
tellurico di negativo. Esiste un sapere magico che è quello
dello Zohar che è differente dal sapere magico del Sefer
Yetsirah. Questo sapere deriverebbe all’uomo dalle foglie
dell’albero della conoscenza, quindi secondo Scholem si
tratterebbe

-di un sapere che permette all’uomo di coprire la propria


nudità scoperta nell’allontanamento dalla luce divina-.

La magia è concepita come legata alla terra ed assume un


carattere negativo in quanto legata al corpo.

Il Golem come si è visto nei circoli di cultura hasidica da


leggenda si trasforma in un oggetto di esperienza mistica,
la prova che l’adepto deve compiere è quella di dimostrare
la sua purezza e vicinanza a Dio al punto da riuscire a
creare la vita in maniera artificiale.

In questi ambienti il Golem è solo l’oggetto di una


aspirazione mistica; esso non è ancora entrato nella vita
reale attraverso quelle leggende rinascimentali che più
avanti lo vedranno un automa dalle goffe sembianze
umane. Il motivo del Golem come automa e servo del
Rabbino verrà introdotto ad opera delle correnti
Kabbalistiche. Per quanto concerne i metodi per la
creazione del Golem ci sono pervenute numerose
indicazioni ad opera di diversi studiosi medievali. Eleazar di
Worms ad esempio prescriveva che per creare un Golem
fosse necessario impastare terra vergine di montagna con
acqua corrente. In seguito sul fantoccio avrebbero dovuto
essere pronunciate le combinazioni alfabetiche prescritte
dallo yetsirah. Si tratta di recitativi di carattere rigidamente
formalizzato, da un lato puramente di natura magica
dall’altro funzionali alla meditazione religiosa.
Un determinato principio d’ordine nella successione della
combinazione alfabetica evoca un essere maschile, un altro
un essere femminile; l’inversione di questi ordini
accompagna la ritrasformazione del Golem destato alla vita
in un cumulo di argilla.

Un’altra tradizione vuole che l’uomo-sacerdote fabbrichi


una creatura impastando terra vergine e la seppellisca
nella terra; in seguito dovrà tracciare un cerchio intorno
alla creatura e girarvi attorno, recitando ad ogni giro una
data combinazione alfabetica. Il sacerdote se vorrà che la
creatura prenda vita dovrà girare in avanti, se invece
desidererà distruggerla dovrà girare all’indietro. Molti critici
hanno intravisto in questi processi il tentativo da parte del
sacerdote di autoindursi uno stato di trance. La recita delle
combinazioni, che si succedono in maniera ritmica
originando determinate armonie vocali produce secondo
alcuni una trasformazione dello stato di coscienza. Il
significato autentico di creare un Golem per alcuni sarebbe
dunque di giungere ad una comunione con il grande nome
di Dio. Si è di fronte ad una concezione mistica della
visione del Golem che non è da ritenersi creazione reale in
senso fisico, bensì una creazione mentale al di là di ogni
scopo pratico con l’unico fine di provare la potenza del
santo nome di Dio. Un noto Kabbalista di nome Abufalia
critica coloro che intendono sfruttare lo Yetsirah a fini
materiali - coloro che studiano il libro della creazione per
creare un vitello non sono diversi dai vitelli - (Scholem,
1972).

Il Golem dunque fino al XII e XIII sec come afferma Di Nola


(1964) sarebbe soltanto una immagine che l’intensa
energia meditante del sacerdote proietta in forma eterea,
ma materializzata, al di fuori della sua coscienza in una
condizione di estasi in analogia con la parallela figurazione
yogica del guru invisibile che il meditante costituisce in
essere nel suo corpo o innanzi agli occhi nel processo
estatico. Si ha dunque ragione di credere che molte delle
pratiche per la costruzione del Golem prevedessero oltre
alla intonazione delle combinazioni delle lettere anche di
una tecnica di respirazione e di tecniche corporee, che
dovevano accompagnare i singoli atti della creazione. Non
si deve tuttavia pensare che la visione del Golem in chiave
mistico-religiosa fosse l’unica presente nel mondo
dell’esoterismo ebraico; già nel XII secolo sono riscontrabili
slittamenti nel campo magico e folclorico del Golem
descritto come entità reale, un uomo artificiale. Questa
visione si diffonderà posteriormente in particolar modo
nell’ebraismo tedesco e polacco a partire dal XIV secolo
fino al XVI. Quando le notizie sulla possibilità di costruire
artificialmente il Golem si diffonderanno negli strati
popolari si assisterà ad una trasformazione della
concezione golemica. Il Golem ridiventa così un essere
autonomo al quale per la prima volta verranno attribuiti
funzioni pratiche. La prima notizia che ci è giunta di questa
nuova idea appartiene ancora alla tradizione esoterica
ebraica ed è stata tramandata dal rabbino spagnolo Nissim
Girondi di Barcellona (Scholem, 1988), il quale a proposito
del già citato passo del Talmud riguardante Rava sostiene
la reale esistenza e consistenza del Golem la cui
costruzione sarebbe avvenuta all’interno di un vaso.
Questa testimonianza ci riporta immediatamente agli studi
paracelsiani sull’Homunculus e sulla possibilità
favoleggiata di creare un uomo artificiale libero ed
intelligente P.A. Rossi (2001) che secondo Paracelso
doveva essere ottenuto dopo una incubazione di quaranta
giorni dalla putrefactio di urina, sangue e sperma.

La concezione del Golem come servo magico del suo


creatore non compare in nessuna tradizione antica. Questa
idea risale ad un periodo di tempo che va dal XV al XVII
secolo e si è sviluppata negli ambienti hasidici tedeschi i
cui rituali e credenze divennero oggetto di leggende
popolari. La testimonianza più antica risale alla prima metà
del XV secolo ed è una leggenda di un tale di nome
Shemuel il Pio, che aveva creato un Golem privo di parola,
che lo accompagnava nei suoi viaggi attraverso l’Europa
prestandogli i propri servigi; nello stesso periodo si
racconta anche la leggenda del poeta Salomon Ibn Gabriol
creatore di una donna in grado di servirlo, composta da
pezzi di legno e da cerniere che ad un certo punto decise di
smontare per dimostrare a chi lo accusava di magia la
meccanicità della sua creatura. In questo contesto si può
notare come la concezione mistico- religiosa del Golem è
ormai lontana; la nuova concezione golemica risente
chiaramente delle influenze provenienti dal settore della
creazione di automi molto diffusa in quel periodo in tutta
Europa. La vecchia idea del Golem si arricchisce di
elementi nuovi come l’idea del Golem/servo, che può
diventare pericoloso. Se precedentemente i pericoli per la
creazione di un Golem riguardano il peccato di hubrys del
creatore, ora si assiste ad una autonomizzazione del Golem
divenuto una potenziale minaccia per il suo costruttore e
per l’intera comunità. Il Golem possiede infatti poteri
immensi, cresce a dismisura arrivando a minacciare l’intero
universo. Per Scholem è la forza del nome di Dio unita alla
forza dell’elemento tellurico dal quale il Golem proviene
che lo rende capace di distruggere e di essere
potenzialmente un elemento caotico. Si è ormai di fronte
ad una presenza inquietante ad un mostro difficile da
controllare.

L’automa in ambito cristiano

L’idea di costruire esseri artificiali è presente nell’Europa


medievale e rinascimentale anche in ambienti non ebraici.
Parallelamente al mito del Golem assistiamo alla comparsa
di un fenomeno assai interessante che vede la diffusione di
un gran numero di automi alcuni di stampo magico altri
vere e proprie realizzazioni meccaniche. Al di là di discorsi
simbolici sul rapporto tra uomo ed automa esiste l’esigenza
di realizzare tecnicamente macchine in grado di riprodurre
meccanicamente comportanti elementari. Nel medioevo il
legame tra simbolo e meccanismo è strettissimo. Come
afferma Cesarani (1969) mito dell’automa e realizzazione
tecnica sembrano andare di pari passo ed il simbolo
avvolge e compenetra qualsiasi fatto tecnico con una
valenza che non ha eguali. E’ infatti di età medievale la
leggenda di Virgilio vescovo di Napoli, inventore di una
mosca di ferro che ha la precisa funzione di sorvegliare
l’ingresso delle mosche vere in città. Sempre a Virgilio si
attribuisce l’invenzione di un serpente meccanico capace
di mordere gli spergiuri e ancora l’invenzione di un arciere
automatico in grado di arrestare le eruzioni del Vesuvio
scagliando una freccia con il suo arco. Una leggenda più
tarda ci tramanda la costruzione di un’aquila meccanica
attribuita a un tale di nome Jean Muller capace di volare e
posarsi sulla mano del suo costruttore. La leggenda più
suggestiva è forse quella che riguarda Alberto Magno
costruttore di un vero e proprio androide costruito in
metallo, legno, cera, vetro, cuoio, di sembianze umane,
che sempre secondo la leggenda avrebbe dovuto svolgere
la funzione di servitore presso il monastero domenicano di
Colonia.

Nel racconto emerge l’idea di un automa costruito per


servire il suo costruttore; in questo caso il costruttore è un
uomo di fede e presumibilmente i servigi dell’automa
avrebbero dovuto consentirgli una vita più consona alla
vita dello spirito. In questi anni sono numerosi i
meccanismi mobili utilizzati a scopi liturgici per catturare
l’attenzione dei fedeli. Da una annotazione dell’architetto
francese Villard si è saputo del progetto di una colomba
meccanica in grado di volgere il capo durante la messa al
momento della lettura del vangelo. Questo è un tipico
esempio di come il simbolo possa creare un automa e di
come una intuizione, una immagine religiosa si traduca in
una realizzazione tecnica che a sua volta è in grado di
esprimere una valenza magica molto forte in quanto è
indiscutibile il fascino che la colomba poteva esercitare nei
fedeli durante la liturgia.

La costruzione di orologi

La progettazione e la costruzione di orologi è la vera


testimonianza della bravura e della genialità degli
automatisti medievali. L’orologio diviene presto oltre che
uno strumento per la misurazione del tempo un congegno
che serve a rappresentare il cosmo; si costruiscono i primi
modelli meccanici delle orbite planetarie. La grande
fortuna degli orologi soprattutto di quelli monumentali, si
può quindi cercare in quella connessione del meccanismo
con il simbolo che vede il fiorire di grandiosi orologi
monumentali animati da raffinatissimi automi popolari
soprattutto in Francia e Germania che offrono ai cittadini
una serie di complesse allegorie. Cortei, processioni, figure
mobili di profeti, santi, personaggi biblici, sacre
rappresentazioni, scene del Vangelo, animano ogni batter
d’ora in mezza Europa. Simbolo di questa tradizione è
sicuramente l’automa Jaquemart, l’uomo di bronzo o di
ferro che con un martello batte le ore sulla campana.
L’automa Jaquemart è un meccanismo antropomorfo e
sembra rifiutare la sua natura meccanica in quanto la
tradizione popolare prende subito a umanizzarlo
attribuendogli il compito di paziente custode del tempo.
Come si costruisce un Golem

...Dopo avere recitato certe preghiere e digiunato


determinati giorni gli ebrei polacchi plasmano con l’argilla
o terracotta la figura di un uomo e quando pronunciano il
nome di Dio essa prende vita....Così Jacob Grim nel 1808 ci
descrive le fasi iniziali della creazione del Golem. Questa
rappresentazione del Golem appartiene alla tarda leggenda
ebraica che vuole l’automa di argilla costruito dal rabbino
per essere utilizzato nelle faccende domestiche. Secondo la
leggenda riportata da Grim il Golem portava scritta sulla
fronte la parola emeth (verità) e bastava gli si cancellasse
l’alef di emeth per renderlo meth (morto). Secondo altre
versioni della leggenda il Golem anziché la scritta emeth
sulla fronte porta il nome divino (JHWH) scritto su di una
pergamena, che a seconda delle diverse varianti della
leggenda verrebbe applicata sulla bocca, sulla fronte, sul
prepuzio o sulle braccia. Una delle preoccupazioni dei
costruttori stando a quanto tramandano questi racconti
riguarderebbe le modalità di distruzione del Golem. Il tema
della distruzione della creatura magica diverrà centrale
intorno al XVII secolo soprattutto nei circoli lituani, polacchi
e ceki. Secondo la nota versione di Grim un tale Rabbi
Elijahu da Chelm avrebbe creato un Golem e lo avrebbe
dotato di movimenti e di parola mediante l’applicazione al
prepuzio di una fascia con su scritto il nome di Dio. Il
Golem diventò suo servo, ma cresceva a dismisura
trasformandosi in gigante e un giorno stava per sopraffare
il suo padrone se questi non avesse strappato il nome
provocandone la morte (Ripellino 1987). In questo racconto
è evidente il tema della creatura che si ribella al proprio
creatore, manipolatore di forze quest’ultimo che non riesce
a controllare facilmente. Il Golem non è più il punto
culminante di un esercizio spirituale; ora è una creatura
vera e propria costruita per servire il proprio creatore. Esso
diventa un uomo-macchina che costruito per magia è
chiamato a svolgere attività eminentemente pratiche. A
questo proposito si consulti Ripellino (1987) e Wiesel
(1988). Sul motivo mistico-magico si innesta quello
dell’automa che come si è già visto possiede in sé il germe
della ribellione. L’uomo macchina creato dalla hubrys del
rabbino può anche sottrarsi ai comandi di chi lo ha creato e
gettare il mondo nel caos. in questa versione del Golem-
maccina è stata intravista da uno scienziato come Wiener
la cifra della nostra post-modernità. A partire da questo
momento il Golem attraverso i secoli sarà l’ambigua
creatura capace di sottrarsi al controllo umano sia esso
una figura fantastico-letteraria, sia che si presenti come
macchina cibernetica.

Il mito del Golem come uomo-macchina

La saga del Golem praghese risale alla stagione


romantica. Essa è narrata per la prima volta nello
zibaldone dei miti, curiosità aneddoti di vita giudaica, che
l’editore ebreo boemo Wolf Pascheles pubblicò in tedesco
col titolo Sipparim tra il 1847 e il 1864. Prima di quelle date
nessun documento compresa la biografia di Rabbi Loew
(1718) accennava ad un Golem plasmato dal Marahal di
Praga. prima di quelle date ogni discorso sul Golem si
riferisce solo a pupazzi di argilla delle tradizioni rabbiniche
Galiziane. Per molti critici sono perciò da considerarsi
mistificazioni la lettura di rabbi Loew sulla costruzione del
Golem datata 1583, secondo Beate Rosenfeld (1934) non
anteriore al 1888. Insieme a queste, inattendibile sarebbe
anche il Volksbuch del 1909 attribuito ad un
contemporaneo del grande rabbi. Per Rosenfeld il libro Le
Golem di Ch. Bloch (1938) non sarebbe altro che
compendio e manipolazione delle fonti di cui si è accennato
sopra. A prescindere da falsificazioni storiche interessante
è l’idea proposta da Bloch (1938) e cioè l’uomo che crea
un essere a sua immagine e somiglianza attraverso una
operazione magica.

Il Golem dalla tradizione viene fatto nascere intorno al


1580 e la sua costruzione viene attribuita al grande Rabbi
Loew. A questa creatura sono attribuiti dieci anni di reale
esistenza tra il 1580 e il 1590. Per Bloch ci troviamo di
fronte ad un personaggio reale di cui è possibile
documentarne la storia fra la data della sua nascita e
quella della sua morte. L’avventura del GOLEM ha come
punto di partenza il genio creatore di un umanista del
rinascimento. In Le Golem di Bloch l’elemento mistico-
magico è ancora parte integrante nel tema della creazione
dell’uomo artificiale, dove il substrato determinante non si
trova più nell’occulto, ma nell’ordine filosofico-metafisico in
cui prevale il motivo della complessa dialettica fra creatore
e creatura. Il testo di Bloch fu molto importante negli anni
venti e destò un notevole interesse negli ambienti
intellettuali tedeschi e francesi coinvolgendo nella
discussione sul Golem anche pensatori non ebrei come il
mistico cristiano Hans Ludwig Held che dedicò ben due
suoi studi al problema dell’uomo artificiale creato dal rabbi
di Praga. In Lo spettro del Golem (1927) Held esplora a
fondo questa leggenda attribuendo all’opera di Bloch
notevole importanza. Egli parte dall’idea che il personaggio
del Golem può essere ricondotto in una serie mitologica
che parte dal fondo comune della umanità e che riappare
nelle epoche più diverse nei miti della genesi ideati da
differenti popoli. Held osserva che nel mito ebraico più che
in ogni altro il tema della creazione artificiale ha ricevuto la
sua espressione più alta e scorge nella creazione di Adamo
la creazione del primo Golem. Il Golem diviene uno spettro,
nel senso che è stato creato a immagine del suo autore, è
reso automa in seguito ad un effetto magico ed è reso
l’esecutore indifferente di una altrui volontà.

Il Marahal di Praga fra storia e leggenda

Il Marahal fu un umanista eccezionale; la sua opera


letteraria per quantità e originalità è da considerarsi tra le
più importanti del rinascimento. L’appellativo dalla
misteriosa risonanza di grande Rabbi Loew non lo si trova
che più tardi, dopo la sua morte associato al mito della
costruzione del Golem. Il mito del Golem non ha nessuna
relazione con l’attività letteraria del Marahal la cui opera,
come ricorda Neher (1988), permetteva di identificare in lui
un umanista integrale serio e normale. Tutto il pensiero del
Marahal si basa sul contrasto tra due tesi: una tesi
orizzontale, che prevede un potere creativo infinito da
accordare all’uomo ed una antitesi in questo potere è
accordato unicamente a Dio. La sintesi tra le due visioni del
mondo si ha in virtù di una difficile cooperazione tra l’uomo
e Dio. Il Marahal concepisce l’uomo impegnato in un
tentativo di riconciliazione tra il cielo e la terra spesso
intesi fusi insieme. Filosoficamente ciò implica che il
metafisico sia considerato immanente nel fisico e che ogni
cosa partecipi contemporaneamente dell’uno e dell’altro. Il
tentativo del Marahal fu quello di fondere mistica e
ragione. L’uomo, per questo pensatore rinascimentale, è
sovrano del mondo inferiore, ma è altresì partecipe di
quello superiore ed il mezzo grazie al quale riesce a
parteciparvi è la kabbala, un mezzo mistico-intuitivo per
l’esplorazione dei misteri dell’uomo e del cosmo.
Praga - La statua del Golem all'entrata del quartiere ebreo.

L’universo è misurabile, riducibile a cifre e queste cifre


possono essere i numeri mistici della Kabbala.

Lo stesso Keplero ripete spesso che in lui convivono due


anime; una razionale deduttiva, l’altra mistico-intuitiva che
si esprime appunto attraverso la kabbala. Il Marahal
incarna a pieno merito lo spirito dell’uomo rinascimentale;
in lui vi è la spinta congiunta di ragione e mistica che
servirà a fare uscire l’uomo dalla sua finitezza ed introdurlo
verso nuovi orizzonti e nuove mete conoscitive.

La spiegazione che la leggenda attribuisce al Marahal di


Praga la costruzione del Golem va probabilmente ricercata
nella sua stessa figura prometeica tramandataci dalla
storia Tieberger (1954). La Kabbala per il Marahal è la
dottrina attraverso la quale si può giungere alla
spiegazione del tutto, essendo essa la chiave dell’assoluto,
ciò che fa di un uomo terreno e finito un uomo divino e
quindi infinito. E’ una nuova filosofia dell’uomo che
coerentemente alla congerie culturale del tempo lo
consegna ad una nuova autonomia e dignità. Nel pensiero
del Marahal vi è una grande attenzione per la dimensione
fisica dell’uomo - tutto dipende dal corpo- non disgiunta
tuttavia da quella spirituale. L’uomo viene paragonato ad
un albero eretto, solidamente radicato nella terra di cui si
nutre per estendere il proprio fogliame al cielo. Ciò implica
che una vocazione per le cose dello spirito si ha solo in
presenza di una forte attenzione per la materia. Forse fu
questo pensiero per certi versi rivoluzionario a suggerire al
folclore la figura di un Marahal come l’audace costruttore
di un Golem, come una sorta di ultimo tentativo di
penetrare i misteri della esistenza umana con la scintilla
del suo genio.

La leggenda del Golem

Il Golem è un automa impastato di argilla come il corpo del


primo uomo. Esso è dunque materia pura, ma può essere
anche visto come proiezione del suo costruttore nella
materia inerte. Egli è privo di un’anima e per questo
motivo può compiere gesti che all’uomo non sono
consentiti. Questa caratteristica lo rende simile agli
animali, agli uccelli, agli spiriti, ai demoni e al pari di questi
esseri il Golem può scorgere la realtà nascosta oltre a
quella visibile. Il Golem intuisce e realizza ciò che all’uomo
non è permesso di cogliere. In lui si può scorgere a
malapena una fragile traccia di ragione (daat). Esso non
può possedere le altre due forme di intelligenza, la
saggezza (chochmah) e il discernimento (bina) poiché la
luce di Dio non abita in lui. Il Golem non cade mai vittima di
nessuna malattia poiché non possiede inclinazioni né al
bene né al male; presso di lui non vi è alcuna traccia di
sentimenti buoni o malvagi e tutti i suoi movimenti
rassomigliano a quelli di un automa che ubbidisce
all’impulso di chi lo ha creato. Il Golem è muto e la sua
presenza è affascinante e minacciosa al tempo stesso: Si
può dire che nell’immaginario popolare sia il crocevia di
mistica, scienza ed occulto.

La storia del Golem ha inizio il 20 Adar del 1530. Secondo


la leggenda sarebbe stato costruito da Rabbi Loew al fine
di essere utilizzato a difesa della comunità ebraica di Praga
poiché in quel periodo erano in corso persecuzioni
antisemite a causa della credenza che gli ebrei usassero
compiere sacrifici umani in coincidenza delle loro
ricorrenze. Al Rabbi viene ordinato di costruire il Golem in
sogno da uno spirito - Fai un Golem di fango e distruggerà i
persecutori degli ebrei - Bloch (1920). Il Rabbi secondo
questa leggenda ha conosciuto dal cielo le chiavi per la
comprensione del Sefer Yetsirah al fine di poter creare sulla
terra un corpo vivo. Il rabbino per la costruzione del Golem
si avvale dell’aiuto dei suoi discepoli prediletti Rabbi
Yitzchak Hacohen e Rabbi Jacob Sasson ai quali confidò il
segreto della creazione del Golem. L’intervento dei due
aiutanti è giustificato dal fatto che ciascuno di essi
prendendo parte al rituale di costruzione incarna un
preciso elemento- Tu Yitzchak sari il fuoco, tu Jacob sari
l’acqua, io stesso sarò l’aria e tutti e tre insieme creeremo
il Golem con l’aiuto del quarto elemento, la terra - Wiesel
(1988).

Per dare vita a questo rito come riferisce Bloch è


necessario purificarsi e santificarsi con una severa
penitenza poiché porsi nei confronti di questa impresa non
sufficientemente puri significherebbe profanare il nome di
Dio che sarebbe invocato invano.

Il libro racconta che nella seconda notte del mese di Adar i


tre uomini si incontrarono dopo la mezzanotte alla Mikwa
(bagno rituale per gli ebrei) e dopo essersi immersi
nell’acqua con particolare devozione recitarono le Chazot,
le lamentazioni di mezzanotte su Gerusalemme. I tre
prendono poi il Libro della Creazione ed il rabbino ne legge
qualche capitolo, infine escono dalla città e si recano in
riva alla Moldava. Là cercarono un luogo dove ci fosse del
fango e si misero subito al lavoro recitando salmi. Essi con
dell’argilla impastarono un corpo umano lungo tre braccia
con tutte le sue membra. Il Golem giaceva davanti ai tre
uomini con la faccia rivolta al cielo. Essi allora si disposero
intorno alla figura del Golem. Esso è descritto da Bloch
come un cadavere. Il Rabbi ordinò ad un discepolo di
compiere sette volte il giro del corpo del Golem
cominciando dalla testa. Egli confidò poi in segreto al
discepolo le formule magiche (Zirufin) che bisognava
pronunciare e quando questi terminò il suo compito il corpo
di argilla divenne rosso come il fuoco. Il rabbi poi ordinò al
secondo discepolo di comportarsi come il primo, ma di
cominciare a girare intorno al Golem dalla parte sinistra
dopodiché anch’egli iniziò a pronunciare le formule adatte
all’elemento che rappresenta e appena questo finisce, il
rossore del Golem si spegne e l’acqua fluisce nel corpo, i
capelli spuntano dalla testa e le unghie dalle dita. Ora è la
volta del rabbino, egli fa un primo giro intorno al corpo di
argilla e pone sulla bocca del Golem una shen scritta su
pergamena. Poi tutti e tre gli uomini s inchinano dalla parte
dell’oriente e dell’occidente del sud e del nord,
pronunciando le parole tratte dal libro di Mosè - in lui
passerà il soffio della vita dalle narici e l’uomo diverrà così
un essere vivente - I tre elementi (fuoco, aria, acqua)
fecero sì che il quarto (terra) prendesse vita - Il Golem aprì
gli occhi e guardò il suo autore con aria stupita e il rabbi gli
disse alzati sulle tue gambe e lui si alzò... sappi che sei
stato creato da un cumulo di terra, tu avrai per missione la
protezione degli ebrei contro le persecuzioni. Tu Jossel
dovrai obbedire ai miei comandamenti e andare ovunque ti
guiderò nel fuoco, nell’aria..nel fondo dell’oceano-

Secondo quanto sostiene Bloch nel suo libro e


precisamente nel paragrafo dal titolo precisazioni del
rabbino Loew sul Golem al momento della creazione
sarebbero accorsi due spiriti per domandare al rabbino di
prendere possesso del corpo di argilla e vivificarlo; si tratta
dello spirito del demone Jossel e quello del demone
Jonathan. Si scelse il primo in quanto aveva già assicurato
assistenza agli ebrei durante i giorni difficili al tempo dei
saggi del Talmud. Il Golem è strumento creato dalla mano
dell’uomo ed è animato. Esso deve la vita alla mano da cui
è stato creato e questa mano può distruggerlo in ogni
momento e ridurlo alla polvere dalla quale è stato tratto. E’
un automa meccanico e ciononostante dotato di un potere
attivo, è apparentemente libero ma non può usare la
propria libertà che entro certi limiti stabiliti con cura dal
rabbi come ci viene tramandato dalla leggenda. Il segreto
della sua vita fisica sta in un segno metafisico che il suo
costruttore gli ha imposto sulla fronte. Questo segno come
si è già visto è la parola Emet (verità). La prima lettera
l’Alef è il simbolo dell’unità. Se viene cancellata non
resteranno che le lettere men e tau che in ebraico
significano morte. Secondo una variante di questa
leggenda (Wiesel , 1988) l’imperfezione di questa creatura
andrebbe ricercata nella procedura utilizzata per la sua
costruzione. Il rabbi sulla base delle visioni avute in sogno
avrebbe utilizzato solo dieci delle ventidue consonanti
dell’alfabeto ebraico necessarie invece a creare un uomo
vero e proprio. -Se il messaggio avesse contenuto tutte le
ventidue lettere sarebbe stato costruito un essere perfetto
- E’ a causa di questa imperfezione che il Golem viene
presentato come un essere privo di parola e perciò lontano
dalla luce di Dio; tuttavia in Bloch si trova che pur privo di
questa luce nel giorno di Sabato nel Golem avveniva un
certo cambiamento e sul suo volto si potevano scorgere i
segni di una certa intelligenza poiché come è scritto nello
Zohar il Sabato è il simbolo della luce universale i cui raggi
illuminano tutti i mondi e tutti gli esseri. Il Golem inoltre
nella leggenda praghese è presentato privo di ogni istinto
sessuale. Secondo Bloch sebbene privo della luce di Dio
(Neschamà) sarebbe dotato di un’anima vegetativa. La
leggenda vuole che il grande rabbi si avvalga dei servigi
del Golem solo durante i sei giorni della settimana. Il
Sabato è il giorno di riposo alla vigilia del quale il rabbi
toglie al Golem la prima lettera del suo segno rendendolo
inerte per le 24 ore del riposo sabbatico. Egli impiega
l’automa in favore del popolo ebraico. La figura del Golem
nella leggenda è quella del difensore, di colui che grazie a
poteri e capacità sovrumane protegge e veglia sull’intero
ghetto smascherando i nemici e lottando contro di loro.
Esso è la creatura costruita da un uomo puro per
ispirazione divina al fine di svolgere un ruolo sacro. Perciò
essendo destinato ad un compito così alto non potrà essere
impiegato in faccende quotidiane e private; secondo il
talmud infatti ciò che è preso per cose sacre non deve
essere preso per cose profane. Un suo eventuale impiego
in cose mondane provocherebbe un mare di guai e di
disordine, per il fatto che esegue i comandi ricevuti alla
lettera incappa molto spesso in situazioni ridicole
apparendo come un grossolano fantoccio dalle goffe
movenze tanto che ancora oggi in molte culture dell’est
europeo si è soliti usare l’appellativo di Golem per una
persona che svolga maldestramente i lavori. Esso non è
adatto per fare lo sparecchiatavoli o il nettacucine o a
svolgere qualsiasi altra attività domestica; inviato a
comperare mele al mercato il Golem si tira dietro per le
strade di Praga la venditrice con tutta la bancarella della
frutta, se viene mandato a prendere l’acqua Yossel allaga
l’intero cortile oppure quando viene mandato a pesca
arrabbiatosi con una carpa, che lo ha colpito sul viso con la
coda getta i pesci nel fiume tornandosene a mani vuote.
Quando invece si richiede il suo impiego in ambiti sacri
come proteggere il ghetto, il Golem diventa un essere
estremamente affidabile ed efficace. Egli diventa il
soccorritore del popolo ebraico, una sorta di paladino di
argilla; il Golem esce di notte per le viuzze del ghetto
assicurandosi che nessun malfattore introduca nelle case
degli ebrei cadaveri di bimbi cristiani. Bloch in Le Golem
narra diversi episodi in cui l’azione del Golem risulta essere
decisiva nello smascheramento di coloro che vogliono
gettare discredito sugli ebrei. Basti citare l’episodio in cui il
Golem sorprende il macellaio cattolico Hawilicek mentre
introduce nella casa del ricco Mordechaj Masil, suo
creditore, la salma disseppellita di un bimbo cristiano
nascosto nel fegato di un maiale morto. L’automa di argilla
dotato di forza sovrumana sventa tutte le trappole per di
più è reso invisibile da un amuleto di pelle di daino con
sopra scritte formule cabalistiche fornitegli dal suo
costruttore. Tutte le storie del Golem fatto di argilla di
solito finiscono bene; spesso cominciano nello stesso modo
con un ebreo che viene accusato ingiustamente di crimini
immaginari e finiscono con il Golem che interviene a
mettere le cose a posto. Il Golem è il fedele servitore del
Marahal, l’uno è il braccio, l’altro la mente; l’intelligenza
dell’uno unita ai poteri occulti dell’altro arrivano sempre a
fare trionfare la giustizia. Nella leggenda praghese tuttavia
non manca il tema della ribellione come leggiamo in Bloch,
che avviene per una fatale dimenticanza del rabbino Loew.
Alla vigilia del sabato, infatti, il rabbi scorda di rendere
inattivo il Golem per le ventiquattrore di riposo sabbatico,
da qui si scatena la ribellione del Golem. Esso continua a
vivere e si trasforma in elemento antisabbatico, elemento
disgregante in un giorno che per la tradizione ebraica
coincide con la possibilità di ristabilire l’ordine nel disordine
della creazione. Il Golem inizia la sua opera di distruzione
nel ghetto di Praga mentre il rabbi si trova nella sinagoga
per la consueta cerimonia sacrale del venerdì. Il Golem
come se fosse invasato da demoni fracassa ogni cosa. Solo
l’intervento del rabbi che cancella l’alef sulla fronte del
Golem evita la distruzione del ghetto. Il tema della
ribellione precede quello della distruzione dell’uomo di
argilla avvenuta dieci anni dopo la sua costruzione. Si
racconta che in un periodo in cui gli ebrei non furono più
accusati di sacrifici rituali il rabbi decise di distruggere il
Golem. Il rabbi convocò i suoi due discepoli ed ordinò a
questi di condurre il Golem sul solaio della sinagoga
ripetendo al contrario tutte le operazioni svolte durante la
creazione. Grazie a questo rituale il mostro d’argilla, fatto
preventivamente coricare a terra, si irrigidisce tornando un
cumulo di terra.

I diversi volti del Golem


A partire dalla nascita della leggenda, alla fine del XVI
secolo, si snoda un ciclo storico-leggendario che arriva fino
ai nostri giorni investendo all’inizio del 900 anche il
cinema, famose sono le pellicole di stampo impressionista
dedicate al Golem, basti ricordare il famoso Der Golem di
Wegener. La tematica golemica riveste aspetti significativi
talvolta estremamente diversificati.

Il Golem-Mostro

L’immagine di un Golem-Mostro riguarda la zona d’ombra


nella quale esso deve vivere al di fuori dei suoi compiti
istituzionali di salvatore del popolo ebraico. In questo caso
diviene l’elemento antisabbatico capace, non soltanto di
goffe azioni, ma maschera spaventosa e crudele, sadico e
deforme antesignano del più famoso Frankestein di Mary
Shelley.

Il Golem Fantasma

Tra il mostruoso e il fantomatico, la distanza è minima. E’


la variante del Golem-sosia, ombra, del Wanderer
(l’errante). Tutti questi temi della letteratura romantica si
ispirano esplicitamente o implicitamente alla leggenda
praghese divenendo spesso il pretesto per una propaganda
antiebraica in cui l’ebreo-Golem viene descritto come una
presenza che si aggira minacciosamente nelle città forte
dei suoi poteri magici; è il male ebraico che corrompe la
società umana. Il Golem di Gustav Merynk concentra in sé
l’insieme di questi elementi antiebraici. Il suo successo
presso il popolo tedesco dopo la pubblicazione del 1915 fu
sfruttato in seguito dalla propaganda nazista in chiave
antisemita. Suss l’ebreo concepito da Goebbles e realizzato
da Veit Harlan è ispirato direttamente al romanzo di
Meyrink. Veit Harlan senza nessuna ragione storica,
introduce il Marahal nel ruolo di uno di quei saggi di Sion
che lavorano nell’ombra con il fine di distruggere la civiltà
occidentale e l’eroe del dramma Suss Oppenheimer è
trasmutato dal suo ruolo di banchiere in quello di Golem
onnipotente, cinico caratterizzato da modi vampireschi.

Il Golem romantico

In contrasto con la versione orrida e tenebrosa vi è invece


il fiorire di leggende in cui il Golem appare una ingenua e
nobile creatura. In questa versione si trovano i temi della
fedeltà, della lealtà ed anche dell’amore. Il Golem è un
Quasimodo dal cuore tenero e generoso costretto tuttavia
alla solitudine per via della sua bruttezza e della sua
deformità determinate al suo incatenamento alla materia
bruta. Questa stessa natura tellurica sarà in molte
leggende responsabile delle sue goffe azioni e della sua
ribellione al Rabbi. Tuttavia il padrone arriva a dominare
sempre il servitore assicurando ai lettori una happy end.

Il Golem automa

Il volto più caratteristico del Golem è quello dell’automa.


Qui i temi vanno al di là dei contenuti orrorifici o folcloristici
e coinvolgono tematiche squisitamente filosofiche
riguardanti il rapporto uomo-macchina-Golem-Robot-
cervello elettronico vedi articolo di P.A.Rossi.

Il padre della cibernetica R. Wiener nel suo Dio & Golem


SPA individua tre punti della cibernetica collegabili a
problematiche di natura filosofico-religiosa:

il primo riguarda le macchine che apprendono;

il secondo le macchine che si riproducono;


il terzo il rapporto tra macchina e uomo:

Wiener prende spunto da un programma che permette ad


un calcolatore di giocare a dama e di migliorarsi
acquistando nel corso del tempo una forma di astuzia.
L’apprendimento ed in particolare le macchine che
imparano determinati giochi ai quali il giocatore-uomo può
essere sconfitto introduce il problema del gioco tra
creatura e creatore. La domanda con le quali si apre il libro
di Wiener è perciò questa: può Dio impegnarsi in un
confronto significativo con la sua stesa creatura? Nella
costruzione di macchine con le quali può impegnarsi in un
gioco, il costruttore decide di porsi nei confronti della sua
creatura come un creatore limitato. Ciò succede
soprattutto per quelle macchine capaci di giocare
imparando attraverso l’esperienza. Siamo di fronte ad una
macchina che gioca assorbendo parte della personalità
dell’avversario. L’uomo giocatore scoprirà che alcune sue
strategie risultate funzionali alla vittoria in futuro
potrebbero non funzionare. La macchina quindi può
sviluppare una astuzia straordinaria. L’intera intelligenza
della macchina è senza dubbio il frutto dell’inelligenza e
del lavoro del creatore che non è tuttavia certo di poter
prevedere le mosse della macchina che lui stesso ha
programmato.

L’uomo costruisce la macchina-Golem a sua immagine e


questo suo modo di creare è simmetrico all’atto di
creazione con cui Dio ha creato l’uomo a sua immagine. La
macchina quindi diviene la controparte moderna del
Golem.

Il Golem come provocazione teologica


Il percorso del Golem si snoda attraverso i secoli fino ad
arrivare ai nostri giorni. Il Golem del XX secolo non è più il
pesante e goffo uomo di argilla bensì la macchina, il
computer. Riprendendo quanto già accennato la macchina-
Golem è creata dall’uomo a sua immagine e somiglianza
come l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio.
Nel Golem è presente il seme della ribellione che limita la
potenza dell’uomo come la ribellione dell’uomo limita
quella di Dio. Da qui il difficile esito della scommessa
dell’uomo-creatore. In entrambi i casi esiste un rapporto
creatore-creatura estremamente instabile ed
imprevedibile. Questa tesi sostenuta da Wiener (1964) e
poi ripresa da Neher (1988) implica l’idea di un Dio non più
onnipotente, che accetta di limitare il proprio potere
richiedendo una interpretazione del testo biblico diverso
rispetto a quello tradizionale. Il panorama teologico biblico
si apre dunque a temi come quello del gioco, dell’ironia e
della improvvisazione. La Creazione diviene una
scommessa, la quale implica necessariamente una forte
componente di rischio. Dio con l’uomo come l’uomo con la
macchina-Golem decide di giocare ad un gioco al quale
potrebbe anche essere sconfitto. Secondo Neher (1988)
l’emergere del rischio nel piano divino della creazione va
ricercato nel versetto 26 del primo capitolo della genesi

Facciamo l’uomo!

In questa frase consiste la grande sfida lanciata da Dio al


proprio stesso essere. L’uomo diventa perciò un fattore
universale di incertezza il limite contro il quale vengono ad
urtarsi le forze direttrici del piano creatore. In un cosmo in
cui ogni creatura possiede una sua legge senza avere la
possibilità di averne altre, l’uomo ha per legge quella di
essere libero potendo minacciare la stessa creazione.
Con la frase Facciamo l’uomo! Dio accetta il rischio di
sperimentare il rapporto con la sua creatura. Si fa strada
l’idea di un universo che dal primo istante della sua genesi
è esposto al rischio dello scacco. Dio è il creatore di un
universo antropocentrico in cui creatore e creatura sono
uniti dal gioco. La vita e la morte dell’uomo sarebbero così
trattate da Dio come un gioco, quasi che Dio fosse il
costruttore di una realtà virtuale il cui protagonista è
l’uomo. Ecco iniziare a delinearsi in maniera più chiara la
relazione fra il mito della genesi e quello dell’uomo di
argilla. Ciò che colpisce è la dialettica servo-padrone,
creatura- creatore, un gioco in cui non è certo chi sarà il
vincitore.

L’idea di Dio che emerge in questo contesto è quella di un


creatore che ride, si diverte alle spalle della sua creatura.

Sia gloria al signore in sempiterno!

Nelle sue opere si allieti Iddio!

(Salmo 104:31)

Con uno sguardo fa tremar la terra


con un tocco mette i monti in fumo
(Salmo 104:32)

La creazione non è che un giocattolo nelle mani di Dio il


quale come si può trovare in molte parti del Talmud è il
regista di vere e proprie commedie divine che hanno come
attore principale l’uomo. L’uomo a seconda della regola del
gioco può essere umile imitatore del proprio creatore o
superbo avversario, che brama elevarsi fino a Dio. E’
proprio questo gioco dialettico di straordinaria e
drammatica attualità ad essere stato colto dalla leggenda
praghese e che si esprime attraverso l’eterna domanda di
senso che ogni essere vivente pone a colui che lo ha
chiamato alla vita.

Bibliografia:

Bloch Ch (1937) Le Golem Paris

Cassirer E. (1967) Filosofia delle forme simboliche Vol II Il


pensiero mitico Firenze

Cesarani G.P. (1969) I falsi adami Feltrinelli

Di Nola (1964) Magia e cabbala nell’ebraismo medievale,


Napoli

Graetz H. (1846) Gnostizismus und Judentum Berlin

Held H. L. (1927) Das Gespenst des Golem Munchen

Neher (1988) Faust e il Golem Sansoni

Scholem (1972) Yezirah, in Enciclopedia Judaica vol. XVI


Jerusalem

Scholem (1980) La kabbalah e il suo simbolismo Einaudi

Ripellino (1987) Praga magica Einaudi

Rosenfeldt B. (1934) Die Golem-sage und ihre verwertung


in der deutschen letiratur. Breslavia.

Rossi P.A. (2001) Editoriale in Anthropos & Iatria

Thieberger F. (1954) The great Rabbi Loew of Prague: his


life and work and the legend of the Golem London
Toaf G. (1988) a cura di Sefer Yezirah Carucci

Wiener R.(1964) Dio & Golem SPA Boringhieri

Wiesel E. (1986) Il Golem Giuntina

Il Golem nella filmografia:

Bug uomo d’argilla (Der Golem, wie er in die welt kam,


Germania 1920) di P. Wegener e Carl Boese

Le Golem (Francia Cecoslovacchia, 1936) di J. Duvivier

L’imperatore della città d’oro (Cecoslovacchia, 1951) Di M.


Fric

Golem-lo spirito dell’esilio (Francia, Germania, Italia,


Olanda, Gran Bretagna, 1991) di Amos Gitai

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