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MEDIEVAL AND RENAISSANCE ASTROLOGY 93

dottrine astrologiche negli ambienti colti, e


Giovanni Pico della Mirandola e la riforma di aver resa ingrata ai suoi cultori la pubbli-
dell’astrologia cazione dei loro scritti.1
Le cose in verità non stavano propria-
Ornella Pompeo Faracovi mente così. Certo le Disputationes costitui-
Centro Studi Enriques rono un punto di riferimento per la polemica
(Italia) antiastrologica, specie quella di matrice teo-
logica, fino a tutto il Seicento, dal trattato
contro gli astrologi di Girolamo Savonarola,
che ne seguì a brevissima distanza la pubbli-

L e Disputationes adversus astrologiam


divinatricem di Giovanni Pico della
Mirandola sono una delle più note
opere antiastrologiche di tutti i tempi.
L’ampio lavoro, che avrebbe dovuto com-
cazione, alle bolle di condanna, emesse da
Sisto V e da Urbano VIII; ma teoria e pratica
astrologiche continuarono ad essere coltiva-
te ben oltre la loro stampa. Con buona pace
di Giovio e Burckhardt, gli astrologi non ne
prendere un ulteriore tredicesimo libro, fu furono indotti alla vergogna; anzi il senese
redatto fra il 1493 e il 1494; il conte della Mi- Lucio Bellanti, autore della prima replica,
randola vi attese fino ai suoi ultimi giorni, stampata nel 1498, sostenne che avrebbero
senza poterlo rivedere e rifinire, colto da dovuto vergognarsi i suoi editori, i quali
morte improvvisa, e misteriosa, a soli tren- l’avevano con ogni evidenza manipolata,
tuno anni. Nelle intenzioni, avrebbe dovuto stampandone una redazione indegna della
inserirsi in una più vasta opera in sette parti, grande cultura e straordinaria intelligenza
volta a difendere la fede cristiana da altret- del conte. Nel testo da loro ricavato, né il li-
tante categorie di nemici; rimase però l’unico vello di conoscenza né l’approccio critico e-
tassello, per di più incompleto, del testo in rano all’altezza della indiscussa genialità e
tal modo vagheggiato. Fu stampato nel 1496 della vasta dottrina del Mirandolano; in esso
a Bologna per iniziativa del nipote Giovan erano inoltre facilmente individuabili le trac-
Francesco, che si era accollato, con l’aiuto di ce della predicazione fanatica del Savonaro-
Giovanni Mainardi, il compito arduo, o forse la, definito senza mezzi termini uomo «non
ineseguibile, di ricostruirlo sulla base di pa- bene consultus».2
gine in molti casi frammentarie, rese diffi-
cilmente decifrabili dalla grafia del conte,
considerata quasi illeggibile dai suoi smarriti                                                                                                                
1
J.Burckhardt, La civiltà del Rinascimento in Italia, Fi-
corrispondenti. Ancora quattro secoli dopo renze, Sansoni, 1961, p. 380.
la sua edizione, condensando un luogo co- 2
Lucii Bellantii senensis artium et medicine doctoris re-
mune di lungo periodo, presente già in Pao- sponsiones in disputationes Johannis Pici Mirandulani
lo Giovio, Jacob Burckhardt gli attribuiva il comitis adversus astrologos, Florientiae, G. de Haerlem,
merito di aver provocato il discredito delle 1498, n.n.

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Il riferimento al Savonarola inserisce a autenticità.4 Reciso nel far carico a Pico di


pieno titolo le Disputationes nella temperie incomprensioni ed errori nei confronti
che caratterizza l’ultima fase della produzio- dell’arte, oltre che di un’esposizione ridon-
ne di Pico, dopo la svolta religiosa che lo dante e retorica, fu il commento di Pietro
spinge a marcare le distanze dalle rischiose Pomponazzi, che pure non si riconosceva
istanze di rinnovamento, che ne avevano particolare competenza in materia di tecnica
improntato l’entusiastica attività giovanile. astrologica: «...et quidam recentes multis
Aver colto questo nesso non è l’unico moti- verbis ornatis insectantes astrologos eodem
vo di rilevanza dello scritto di Bellanti, ar- peccato laborant quo et Averrois; aut enim
chetipo di una lunga serie di repliche da par- Astrologos non intelligunt, aut si intelligunt,
te di astrologi e studiosi di astrologia, per i graviter errant». 5 Netto anche il giudizio di
quali la messa in questione delle affermazio- Filippo Melantone, che negò forza persuasi-
ni di Pico costituì un passaggio quasi obbli- va alle Disputationes, e fu pronto a far risal-
gato, fino a Seicento inoltrato. Ricordiamo tare il carattere farraginoso dell’assem-
qualcuno di questi giudizi. Dolorosamente blaggio pichiano: «Est in manibus hominum
colpito dalla morte prematura ed improvvisa farrago criminationum a Pico non scripta,
dell’autore, che aveva molto stimato, Gio- sed excerpta».6 Quanto a Pedro Ciruelo, alla
vanni Pontano evitò di manifestare pubbli- confutazione di Pico, «rhetor insignis», sceso
camente le proprie riserve sull’eccessiva am- in battaglia «contra astrologicas veritates»,
bizione intellettuale del giovane Pico; ma dedicò l’intero secondo prologo alle sue
non mancò di sottolineare l’inconsistenza di Apotelesmata Astrologiae Christianae (1521),
molti degli argomenti delle Disputationes, rimproverandogli di aver voluto confondere
più consoni ad un antiastrologismo diffuso astrologia naturale e astrologia superstiziosa
ed incolto, che non al maximum ingenium, e con considerazioni dalle quali non esitò a
allo smisurato sapere del conte.3 Salutò poi dirsi mosso al riso.7 Ma le critiche a Pico sa-
entusiasticamente lo scritto di Bellanti, di-
                                                                                                               
chiarando di condividerne pienamente le ri- 4
G. Pontano, De fortuna, III, in Opera omnia, Vene-
flessioni e gli argomenti critici, e attribuen- tiis, in aedibus Aldi ed Andreae soceri, 1519, f. 271r.
dogli il merito di aver tempestivamente evi- Nelle recente edizione critica a cura di F. Tateo, La
tato che la «così grande indegnità» di una fortuna. Testo latino a fronte, La scuola di Pitagora,
Napoli 2012, p. 290, l’espressione «haec indignitas» è
polemica antiastrologica tanto grossolana
emendata con «maledicentia perinvidentis hominis».
giungesse fino ai posteri sotto la copertura 5
P. Pomponazzi, De incantationibus, in Opera, Basile-
del grande nome del conte, senza che ne ve- ae, ex officina Henricpetrina, 1576, p. 267.
nissero fatte rimarcare la fragilità e la dubbia 6
Ph. Melanchthon, Praefatio in libros de iudiciis nativi-
tatum J. Schoneri, in Supplementa Melanchtoniana, V,
                                                                                                                Frankfurt, Minerva, 1968, p. 819.
3 7
G. Pontano, De rebus coelestibus, XII, Neapoli, S. P. Ciruelo, Secundus prologus responsivus ad argutias
Mayr, 1512, p. 316. Mirandulae, in Apotelesmata Astrologiae Christianae,
 

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rebbero continuate ancora a lungo, ripresen- spunti antiastrologici erano elencati con ra-
tandosi in molte pagine di Cardano, Keple- pidità, quasi in forma di appunti sui quali ri-
ro, Campanella. tornare.8
Nella forma che i suoi editori vollero È impossibile sapere se la revisione cui il
conferirle, l’opera del Mirandolano costitui- conte non poté sottoporre le proprie pagine
sce una sorta di vasto repertorio, che ripren- avrebbe impresso maggiore sistematicità
de le più disparate osservazioni critiche a- all’opera, ridimensionando il sapore retorico
vanzate lungo tutto il corso della cultura tar- di molti passi. Così come la leggiamo,
do-antica e medievale dagli avversari l’opera si presenta come un centone dei più
dell’arte di Urania. In uno scritto del 1937, vari spunti antiastrologici, con indicazioni su
rimasto lungamente inedito, Eric Weil, che opere e autori, cui gli avversari dell’arte, i
fu tra i primi studiosi del Novecento ad esa- polemisti e i predicatori potessero variamen-
minarne il testo in chiave storico-critica, te attingere motivi di cui sostanziare i loro
tornò a sottolineare come l’opera non se- attacchi. Ciò che è urgente, dichiara Pico, è
guisse un filo rigoroso, non proponesse di- confutare non gli astrologi, ma l’astrologia,
scussioni conseguenziali ed unitarie, né for- poiché l’astrologia è in se stessa un errore.
mulasse argomentazioni antiastrologiche o- Essa corrompe la filosofia, inquina la medi-
riginali. Le sue caratteristiche apparivano cina, indebolisce la religione, genera e raf-
quelle del discorso retorico, più che della forza la superstizione, tiene viva l’idolatria,
dimostrazione stringente. Il suo schema di distrugge la prudenza, insozza i costumi, in-
costruzione poteva essere così sintetizzato: i fama il cielo, rende gli uomini meschini,
cieli non causano, né significano gli eventi tormentati, inquieti, da liberi li rende servi,
particolari; se tutto viene di là, è in modo di- conferisce esito sfortunato a tutte le loro a-
verso da quanto pensano gli astrologi; si zioni. È nemica della fede: seguendola si ca-
tratta di questioni che l’uomo non riesce a de nell’empietà, nell’irreligione, nella vana
comprendere, e che comunque non sono sta- superstizione, nella vita malvagia, nella de-
te finora comprese. In questo contesto, la pravazione senza ritorno. Il male radicale
quasi totalità delle affermazioni degli astro- dell’astrologia non è il fatalismo, contro il
logi ellenistici, arabi e medievali, che la leg- quale, come l’autore non manca di ricono-
gendaria erudizione dell’autore traeva da te- scere, si sono pronunciati molti astrologi e
sti noti e meno noti, veniva presentata e fatta molti studiosi di astrologia. È la pretesa di
seguire dalla ripresa di consolidate obiezioni. predire il futuro, di leggere anticipatamente
Ma l’incompiutezza del lavoro emergeva da il disegno provvidenziale; di essere, dunque,
molti capitoli, nei quali tesi astrologiche e                                                                                                                
8
H.Weyl, Pic de la Mirandole et la critique de
                                                                                                                l’astrologie, in La philosophie de Pietro Pomponazzi. Pic
In alma Complutensi achademia , opera et impensis de la Mirandole et la critique de l’astrologie, Paris, Vrin,
Arnaldi Guillelmi Brocarij 1521, n.n. 1985, p. 71.

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in senso proprio, divinatrice. In virtù di essa, provvisa. Peraltro, va detto che la conoscen-
gli astrologi sedicenti indovini diventano za che le Disputationes sottendono della let-
manipolatori delle coscienze, guide spirituali teratura astrologica antica, araba e medieva-
che fomentano la passività e l’irrespon- le, e delle dispute che al suo interno si erano
sabilità morale; senza aggiungere che accese, fra astrologi di diverso orientamento,
l’elenco di quanti sono andati incontro alla su alcune essenziali questioni tecniche, ha
cattiva sorte, dopo essersi affidati agli astro- un’ampiezza inusitata. Come ha messo in lu-
logi, è interminabile. La presunzione di po- ce la fondamentale edizione Garin, uscita fra
ter prevedere il futuro con tecniche umane è il 1946 e il 1951 con un imponente corredo di
il peccato mortale dell’astrologia, dimentica note, e come aveva già notato a suo tempo
che la prescienza spetta soltanto a Dio:9 e- Weil, Pico cita tutto, ha letto tutto, conosce
merge qui quel nesso fra le Disputationes e la tutto. Il suo atteggiamento nei confronti
predicazione savonaroliana, sul quale insi- dell’astrologia è diverso da quello di un
steva Bellanti. semplice erudito, e anche da quello di un av-
Se le Disputationes occupano un posto di versario che guarda al proprio oggetto
singolare rilievo nella storia plurisecolare dall’esterno, con severità e distacco. E’ piut-
della polemica antiastrologica, non è in pri- tosto quello di chi è passato attraverso una
mo luogo perché a quel filone, antico e con- conoscenza diretta e circostanziata, e una
solidato, esse aggiungano molto di nuovo approfondita ricognizione dei problemi di
sul piano degli argomenti. Le obiezioni eti- quel campo di studi, per decidere infine di
co-religiose, fatte valere da Pico nei con- accentuare, sulla scia di fondamentali preoc-
fronti dell’astrologia, sono riprese ad una cupazioni etico-religiose, l’incertezza dei ri-
letteratura nella quale sono spesso già lar- sultati e l’inanità degli sforzi degli adepti.
gamente presenti; né sono sempre originali Una comprensione più approfondita del
le considerazioni critiche, sollevate nei con- rapporto fra Pico e l’astrologia è stata resa
fronti di specifiche tecniche astrologiche. La possibile dallo sviluppo di indagini diacroni-
grande e immediata notorietà dell’opera non che, capaci di far luce sul rapporto fra
scaturisce tanto dalla novità delle tesi e dal l’opera postuma e gli scritti precedenti. La
nerbo delle argomentazioni, quanto dalla finale scelta antiastrologica conferma oppure
fama del suo autore, stimato ed ammirato contrasta l’iniziale orientamento di Pico? Ri-
per la grande intelligenza e la prodigiosa cul- spetto a tale problema, il prosieguo degli
tura; dal rumore delle sue battaglie e delle studi ha confermato la lettura in chiave di di-
sue sconfitte, dalla svolta religiosa che segna scontinuità, avanzata a suo tempo da Weyl,
i suoi ultimi anni, dalla sua stessa morte im- che mise finemente in luce la distanza fra
                                                                                                                l’opera postuma e alcune delle conclusioni
9
G. Pico della Mirandola, Disputationes adversus astro- cabalistiche secundum opinionem propriam.
logiam divinatricem, a cura di E. Garin, 2 voll. I, Fi-
Proprio alla lettura pichiana della qabbalah,
renze, Vallecchi, 1946-52.
la cui centralità nel percorso del mirandola-

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no può considerarsi definitivamente acquisi- mente i pianeti ed i loro influssi nel mondo
ta dopo il fondamentale lavoro di Wirzbu- sublunare. Sullo sfondo di tali Conclusiones,
ski, 10 si sono richiamati gli studi sul rappor- si delineano fasci di corrispondenze, al cui
to fra il primo Pico e l’astrologia. La lettera- interno la connessione fra sefirot e pianeti si
tura cabalistica medievale, a partire almeno articola nel senso che i secondi possono esse-
dal Sefer ha-bahir, già noto nella Francia me- re considerati i simboli dei primi nel mondo
ridionale nel sec.XII, mette in corrisponden- esteriore. La vera astrologia, quella che in-
za le sefirot, i dieci attributi divini, e le dieci segna a leggere nel libro di Dio, evocata nel-
sfere celesti. Come scrive il mistico trecente- la 72a conclusione cabalistica secundum opi-
sco Menahem Recanati, nel suo Commento nionem propriam, citata anche da Weyl, -
alle dieci sefirot, «tutto quanto si trova nelle «come la vera astrologia ci insegna a leggere
creature, tanto nel mondo degli angeli quan- nel libro di Dio, così la qabbalah ci insegna a
to in quello delle sfere e nel mondo inferiore, leggere nel libro della legge» - è quella che è
è esemplato sulle sefirot e deriva dalla loro capace di disvelare «la diretta dipendenza
forza».11 Per potersi concretizzare nel mondo della successione dei pianeti dalle successio-
inferiore, la misericordia divina deve svilup- ne delle manifestazioni divine».12
parsi attraverso i corpi celesti. Dal canto suo Resta aperta l’indagine sulle fonti astrolo-
l’uomo, vivendo nella materia, non potrebbe gico-cabalistiche di Pico, al quale sappiamo
accedere al piano spirituale delle sefirot senza essere stati direttamente noti alcuni dei testi
incarnarsi nelle sue inclinazioni naturali, alla fondamentali della mistica ebraica: il Sefer
cui indagine punta l’astrologia oroscopica. yeşirah, tradotto in latino sul finire del Quat-
Esaminando non solo le Conclusiones cabali- trocento e conosciuto anche da Egidio da
sticae secundum opinionem propriam, ma an- Viterbo; e poi il Sefer-ha-Bahir, noto anche a
che quelle ad mentem Porphyrii, è stato pos- Ficino, il Commento alle dieci sefirot di Me-
sibile avanzare l’ipotesi che in esse il Miran- nahem Recanati, la Corona del buon nome di
dolano abbia inteso ricomporre le dottrine Abraham da Colonia, i trattati di Abraham
qabbalistiche delle sefirot, delle middot, dei Abulafia; un complesso di testi volti tutti in
nomi ebraici di Dio e dell’adam qadmon con i                                                                                                                
12
precetti del Decalogo, le qualità platoniche P. E. Fornaciari, Elementi di astrologia nelle “Con-
dell’anima, le intelligenze angeliche, e final- clusiones” di Giovanni Pico della Mirandola, in Nella
luce degli astri, a cura di O. Pompeo Faracovi, presen-
                                                                                                                tazione di M. Ciliberto, Sarzana, Agorà, 2004, p.34.
10
C.Wirszbuski, Pico della Mirandola’s Encounter with Per il testo cfr. G.Pico della Mirandola, Conclusioni
Jewish Mysticism, Jerusalem, The Israel Academy of cabalistiche, a cura di P. E. Fornaciari, 20032, p. 58. Sul
Sciences and Humanities,1989. nesso fra astrologia e cabala nei primi scritti di Pico
11
M. Recanati, Commento alle dieci Sephirot, in Mistica sia consentito rimandare anche a O. Pompeo Faraco-
ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal vi, La polemica antiastrologica di Giovanni Pico della
III al XVIII secolo, a cura di G. Busi e E. Loewenthal, Mirandola, in Il linguaggio dei cieli, a cura di G. Ernst
Torino, Einaudi,1996, p. 532. e G. Giglioni, Roma, Carocci, 2012, pp. 91-107.

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latino, per incarico dello stesso Pico, che più tardi verrà da lui integralmente scon-
dall’ambiguo converso, noto sotto il nome di fessato.13
Flavio Mitridate. Di altri scritti, allo stato at- Come sappiamo le Disputationes rientrano
tuale degli studi, possiamo soltanto ipotizza- in una fase del pensiero di Pico, caratterizza-
re che il conte sia venuto a conoscenza, forse ta dalla volontà di sconfessare, per ragioni
attraverso intellettuali ebrei, come Yohanan etico-religiose, l’antico se stesso. Ma la com-
Alemanno, attivo a Firenze sul finire del sec. petenza tecnica acquisita in precedenza con-
XV, o per il tramite di corrispondenti, come sente all’autore di conferire particolare rilie-
Egidio da Viterbo. Potrebbero essere stati vo alle discussioni interne al campo astrolo-
fra questi alcuni testi particolarmente attenti gico, alle differenti versioni delle procedure
al rapporto qabbalah-astrologia, come quelli elaborate nei diversi momenti e contesti, alle
di Ibn Waqar e di altri cabalisti della scuola motivazioni critiche delle diverse scelte, ora
di Gerona. Alla questione delle fonti si col- utilizzate come altrettanti indizi delle incer-
lega l’interrogativo circa la dipendenza della tezze e delle contraddizioni di quel sapere. In
connessione astrologia-cabala sottesa ai pri- questo senso, Pico coglie e sottolinea alcune
mi scritti di Pico da quella emergente dalla delle più importanti fra le questioni che ven-
mistica ebraica, ovvero circa i limiti della sua gono ad aprirsi nella fase di rinnovamento
originalità. Ciò che è certo è che, in ambe- degli studi astrologici, che si disegna a parti-
due i casi, la tradizionale strumentazione a- re dal secondo Quattrocento, dopo la risco-
strologica viene utilizzata come complesso di perta umanistica dei testi astrologici in lin-
simboli che consentono di penetrare il senso gua greca. Alla ripresa ripetitiva dei più clas-
spirituale e provvidenziale degli eventi, na- sici motivi della polemica antiastrologica del
scosto dietro lo schermo della realtà fisica. passato affianca dunque la viva percezione di
Non importa qui tanto per noi riproporre problemi, che sono gli stessi con i quali verrà
l’interrogativo se l’astrologia cabalistica, a confrontarsi il movimento cinquecentesco
spostando l’attenzione dai pianeti alle sefirot, di riforma dell’astrologia.14 Possiamo perciò
implichi una negazione dell’astrologia, ov- leggere in controluce nelle Disputationes una
vero, col fare dei pianeti una sorta di proie- cartina di tornasole di alcune delle tendenze
zione esterna delle sefirot nel mondo inferio-
re, operi di essa il sostanziale recupero. Ciò                                                                                                                
13
Notevole il passo di in cui Pico afferma la necessità
che ci interessa sottolineare è l’utilizzo di
di non lasciarsi abbagliare dalla gloria dell’antica e ce-
motivi astrologici in chiave cabalistica nel lebrata saggezza degli Egiziani e dei Caldei che, nella
giovane Pico; e dunque l’adesione, seppur in sua giovinezza aveva ingannato anche lui (Disputatio-
una particolarissima angolatura, al sapere nes, XII, 2, vol. II, cit. pp.492-494)
14
Su questo tema rimando al mio La riforma
dell’astrologia, in Il Rinascimento italiano e l’Europa,
vol. V. Le scienze, a cura di A. Clericuzio e G. Ernst,
Treviso, Colla, 2008, pp. 59-71.

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in atto nel loro tempo, e persino chiederci se, tanano dal Sole in longitudine, i primi tre
al di là della volontà dell’autore, il trattato come quelli che lo seguono sempre.15
non possa in molte parti essere considerato Una specifica discordanza di opinioni si
come un rilevante contributo al rinnovamen- era verificata a proposito di Mercurio e Ve-
to degli studi cinquecenteschi di astrologia. nere. Se le loro orbite erano al disotto di
Un’ipotesi che converge con questa è sta- quella del Sole, come mai la loro interposi-
ta recentemente avanzata da Robert We- zione non oscurava la luce solare? La spiega-
stman in riferimento al cap. IV del libro X zione correntemente fornita era che Mercu-
delle Disputationes, nel quale Pico mette in rio era molto piccolo, e Venere così vicina al
discussione l’ordinamento planetario assunto Sole, da trovarsi sotto i suoi raggi, tanto che
da Tolomeo a presupposto delle tecniche a- la sua luce ne era cancellata. Pico ritenne i-
strologiche. In quelle pagine, il Mirandolano nadeguata questa tesi e, citando la parafrasi
aveva inteso porre in dubbio la determina- di Averroè all’Almagesto, mise in rilievo co-
zione degli effetti planetari, condotta dagli me il pensatore arabo desse conto di aver os-
astrologi in riferimento all’ordine dei piane- servato due macchie sul disco solare, in pre-
ti: Saturno, ad esempio, era ritenuto genera- senza di una congiunzione fra Mercurio e il
re freddo in quanto pianeta più alto e lonta- Sole, in tal modo smentendo l’estrema vici-
no. Un punto sul quale Pico si sofferma in nanza fra i due corpi celesti. Richiamandosi a
particolare è la questione dell’ordine dei pia- Mosé Maimonide e ad altri non specificati
neti rispetto al Sole. Su si essa nell’antichità autori, il Mirandolano aveva tratto la conclu-
non vi era stato accordo, come ricordò anche sione che l’ordine di successione Sole-
l’Epitome dell’Almagesto, iniziata da Peuer- Mercurio-Venere rimane incerto.16
bach e terminata da Giovanni Regiomonta- L’ipotesi di Westman è che questa pagina
no, per essere successivamente pubblicata a di Pico abbia contribuito ad orientare Co-
Venezia nel 1496. Gli Egizi avevano posto il pernico in direzione di una riforma dell’ordi-
Sole immediatamente al disopra della Luna; namento planetario, che era anche una ri-
lo stesso era accaduto in Platone, in Teone                                                                                                                
di Alessandria, commentatore di Tolomeo, e 15
R. Westman, The Copernican Question. Prognostica-
nell’arabo Geber, vissuto in Spagna nel sec. tions, Skepticism, and Celestial Order, Berkeley-Los
XII, autore di un’epitome dell’Almagesto. Angeles-London, University of California Press,
2011.
Per i Caldei, il Sole si trovava al centro dei 16
«Nam Lunam quidem scimus omnibus inferiorem
pianeti; era questa anche la tesi di Tolomeo, caelique vestibulum […] Quomodo vero tres aliae se
che poneva il Sole medio e proponeva la habeant, Sol, Venus, Mercurius, incertum. Similiter
successione Luna Mercurio Venere Sole notum quattuor has stellas nobis proximiores aliis tri-
Marte Giove, Saturno, caratterizzando gli ul- bus, sed illarum inter se trium situm et ordinem ratio
timi tre corpi celesti come quelli che si allon- non demonstrat» (Disputationes, X, iv, vol. II, p. 374).
Del rapporto fra Mercurio, Venere e Sole, Tolomeo
aveva discusso in Almagesto, 9, 1.

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forma dei presupposti astronomici dell’astro- raggiato Copernico sul cammino della co-
logia. Se infatti il tradizionale ordine dei pia- struzione di un sistema del mondo, che a-
neti era malsicuro, erano a maggior ragione vrebbe modificato anche alcuni presupposti
opinabili gli effetti attribuiti ai pianeti in base dell’astrologia.
ad esso. Il ragionamento poteva però anche La tesi di fondo dell’innovativo lavoro di
essere rovesciato: se i giudizi astrologici era- Westman, assai ampio e documentato, è che
no talvolta inadeguati, ciò poteva derivare Copernico non fu estraneo allo stretto lega-
dall’assunzione di una successione planetaria me fra astronomia e astrologia, i due lati del-
erronea; correggere l’ordinamento planeta- la scientia stellarum, che caratterizzò la tem-
rio poteva concorrere a rendere quei giudizi perie culturale nelle quale ebbe a formarsi ed
più affidabili. Come ricorda Westman, Co- operare. Due nomi hanno in questo contesto
pernico visse a Bologna, presso il suo mae- particolare rilevanza: quello di Domenico
stro Domenico Maria Novara, proprio Maria Novara, autore di una serie di impor-
quando nella città felsinea furono stampate tanti pronostici astrologici,18 del quale Co-
le Disputationes. Che avesse letto il trattato pernico fu allievo e stretto collaboratore, e
pichiano, e conoscesse in particolare il quar- quello di Joachim Rheticus, che a sua volta
to capitolo del decimo libro, è dimostrato dal gli fu allievo ed amico, curatore della memo-
passo del De revolutionibus, segnalato già nel rabile prima edizione del De revolutionibus.
1900 da Ludwig Birkenmaijer, nel quale lo Pur non avendo personalmente mai scritto di
scienziato polacco citava la riflessione di A- astrologia, Copernico non solo non prese
verroé, sopra ricordata. Di essa, Copernico posizione contro l’arte, ma nulla ebbe da ob-
poteva essere venuto a conoscenza soltanto biettare quando nella Narratio prima (1540),
dalla pagine di Pico sull’ordinamento plane- il primo scritto che desse notizia del nuovo
tario, le prime a dar notizia della parafrasi sistema del mondo, Rheticus inserì il tema
averroistica dell’Almagesto, fino ad allora astrologico del nascere e decadere dei regni
sconosciuta in Occidente, e accessibile uni- in rapporto al lento modificarsi dell’ec-
camente attraverso una versione ebraica, centricità della Terra.19 Non è questo il luo-
presente nella biblioteca del Mirandolano, go per discutere nella sua portata generale
che ne era giunto a conoscenza probabilmen- l’interessante proposta interpretativa dello
te attraverso Elia del Medigo, studioso di studioso americano. Ma è da tener ferma
Averroé.17 Non è dunque impossibile che la l’ipotesi che le Disputationes abbiano contri-
lettura delle Disputationes possa aver inco- buito al rimettersi in moto di ricerche volte
                                                                                                               
17
Westman, The Copernican Question, cit., pp. 83-85.                                                                                                                
18
Cfr. P. Kibre, The Library of Giovanni Pico della Mi- I pronostici di Domenico Maria da Novara, a cura di
randola, New York, Columbia University Press, 1966, F. Bonoli, S. De Meis, G. Bezza, C. Colavita, Firenze,
pp. 203-204 (manoscritto n. 626, col titolo Almagestus Olschki, 2012.
19
Averois) The Copernican Question, p. 29.

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MEDIEVAL AND RENAISSANCE ASTROLOGY 101  

al rinnovamento, non soltanto dell’astro- siero.21 Di per sé il tema dell’azione celeste


nomia, ma della stessa astrologia. non era necessariamente connesso alle tecni-
Non mancano in effetti i terreni sui quali che astrologiche, che tuttavia a esso vennero
le riflessioni dell’ultimo Pico convergono facilmente a collegarsi, poiché sembrava
con le linee di rinnovamento della cultura a- fornire una adatta giustificazione, nei termini
strologica, attraversata da profonde istanze del pensiero filosofico e scientifico antico, al
di riforma, dopo la riscoperta dei classici an- rapporto posto dall’astrologia fra moti e po-
tichi. Indichiamone alcuni. Uno dei princi- sizioni celesti da un lato, effetti terreni
pali e più noti fra gli argomenti del Mirando- dall’altro. La tesi proposta dal Mirandolano è
lano sul piano della filosofia naturale è il se- che il cielo esercita un’azione per la quale è
guente: movimento e luce sono le uniche causa universale dei viventi, e tale azione si
modalità di azione celeste, mentre è necessa- realizza attraverso il moto e la luce: «praeter
rio escludere il riferimento alle influenze oc- communem motus et luminis influentiam
culte. Il tema è sviluppato nel terzo libro del- nulla vim caelestibus peculiarem inesse».22
le Disputationes, che nel cap. IV reca il titolo Non si tratta di una tesi originale. In gran
Coelum qualiter motu agat, et lumine et ele- parte della tradizione filosofica, infatti, e di
mentorum metheorologicorum universalium, quella astrologica, il principale strumento
viventium universalis causa sit. Il cielo, qui in- dell’azione celeste era indicato proprio nella
teso come insieme dei corpi celesti, esercita luce, in latino lumen. È la luce che genera
un’azione attiva, che produce effetti sulla nelle materie terrestri le prime quattro quali-
Terra, come l’esperienza quotidiana sembra tà – caldo freddo secco umido – e le qualità
testimoniare, visto che, come aveva scritto seconde – pesantezza, leggerezza, ruvidità,
Tolomeo, la maggior parte degli eventi più levigatezza ecc. Nella sua parafrasi di Tolo-
rilevanti mostra chiaramente che le loro cau- meo, Averroé aveva affermato che gli astri
se procedono dal cielo che tutto circonda.20 agiscono sul mondo inferiore esclusivamente
L’idea dell’azione celeste nasce da fenomeni per il tramite della luce. Altri pensatori, co-
dell’esperienza comune (l’alternarsi delle me Tommaso d’Aquino, pur individuando
stagioni in rapporto alle variazioni dell’ir- nella luce la qualità attiva dei corpi celesti,
raggiamento solare; il flusso e riflusso delle ed anzi riconoscendo, a differenza di Aver-
maree al mutare delle posizioni lunari), ed è roé, che gli effetti della luce di ciascun piane-
ripresa e argomentata da molti filosofi. A ta divergono da quelli degli altri, ritengono
partire dall’età antica, e almeno fino alla fine
                                                                                                               
del sec.XVII, essa era stata unanimemente 21
Sul suo ruolo nel pensiero medievale cfr. T. Gre-
accettata, con specificazioni diverse gory, Speculum naturale. Percorsi del pensiero medieva-
all’interno delle diverse prospettive di pen- le, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2007, pp.
47-68.
                                                                                                                22
Pico della Mirandola, Disputationes, cit., III, v, vol.
20
Tolomeo, Tetrabiblos, I, 2 . I, p. 210.

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102   ARTICLES

che alcuni degli effetti suscitati dagli astri nel produrre le prime qualità (caldo, freddo, u-
mondo inferiore dipendano dal loro moto: mido e secco), attribuendo così malgré lui un
un esempio è quello delle maree, che sono potere grandissimo agli astri nell’operare il
sospinte non dalla luce o virtù della Luna, cambiamento dei corpi, insisté sul fatto che
bensì soltanto dal suo movimento.23 Infine le influenze celesti sono esercitate da forze
diversi filosofi e astrologi, come Duns Scoto naturali visibili e constatabili all’os-
e Giovanni Buridano, e lo stesso Lucio Bel- servazione fisica. Accanto alle quattro quali-
lanti, ammettono accanto a quella della luce tà primarie e a quelle secondarie (come pe-
e del moto l’esistenza dell’influenza (influ- santezza e leggerezza), ritenne tuttavia che si
xus), forza o influenza occulta, impercettibile dovessero ammettere le qualità virtuali, co-
ai sensi. Proprio dall’ influxus dipenderebbe- me quelle delle piante (o del magnete), che
ro qualità di tipo diverso dalle prime e dalle hanno efficacia terapeutica, ma sostenne che
seconde, sopra indicate: quelle del magnete anch’esse avevano origine fisica.25 La diffi-
che attrae il ferro; quelle delle sostanze chi- coltà segnalata da Pico può dunque parados-
miche dotate di azione terapeutica; la produ- salmente esser valsa a rafforzare una linea di
zione dei metalli nelle viscere della terra, separazione fra astrologia ‘fisica’ e astrologia
dove la luce non riesce a penetrare. commista a magia, che nel Cinquecento pas-
Intorno a luce, moto ed influenza, come serà in larga parte attraverso il recupero del-
forme dell’azione celeste, non erano dunque la autentica lezione di Tolomeo, depurato
mancati i dibattiti. Pico, non diversamente dalle riletture e incrostazioni arabizzanti e
dall’Aquinate, ammise i primi due, ma rifiu- superstiziose. Ricordiamo che l’influenza oc-
tò la terza, respingendo conseguentemente culta sarà negata anche da Keplero e da Pla-
anche l’esistenza delle qualità occulte, sulle cido Titi, sostenitori dell’idea che la luce pe-
quali avevano in particolare insistito le cor- netra, sebbene in minor misura, anche i corpi
renti magiche; e ciò, nonostante avesse ac- opachi, e non è dunque necessario ammette-
colto egli stesso in passato la possibilità di ri- re virtù occulte nemmeno per spiegare la
chiamarsi a virtù celesti diverse dalla luce, formazione dei metalli. Anche il Lessico di
scrivendo che dai corpi celesti giungono al- Gerolamo Vitali riprenderà, nella seconda
tre forze oltre alla luce e al calore.24 Non metà del Seicento, questa opinione, relegan-
mancarono peraltro nel suo tempo gli astro-
logi che si schierarono contro l’influxus e le
qualità occulte. Filippo Melantone, ad esem-
pio, dopo aver notato con compiacimento                                                                                                                
che nemmeno Pico negava che fosse la luce a 25
Per una documentata ricostruzione delle posizioni
                                                                                                                di Melantone in materia di astrologia si veda D. Bel-
23
Tommaso d’Aquino, Scriptum super libros Sententia- lucci, Science de la Nature et Réformation. La physique
rum, II, 13, I, 4, c au service de la Réforme dans l’enseignement de Philippe
24
Pico della Mirandola, Heptaplus, II, 4. Mélanchton, Roma, Edizioni Vivere In, 1998.

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MEDIEVAL AND RENAISSANCE ASTROLOGY 103  

do l’influenza occulta fra i ricordi del passa- ostacola la possibilità di recepire i doni che
to, o fra i residui della mentalità magica.26 l’anima trasmette attraverso le stelle, non è,
Un altro punto rispetto al quale la discus- in fondo, veramente nostra.27 Attraverso gli
sione di Pico apre la via a soluzioni non lon- astri passava una azione destinata ad impri-
tane da quelle degli astrologi tolemaici del mersi nel mondo naturale; non si trattava pe-
Cinquecento è la questione della significa- rò di una azione fisica, veicolata dalle qualità
zione astrale. La tesi secondo cui i moti degli primarie, caldo e freddo; ne era invece scatu-
astri non causano gli effetti terreni, ma sono rigine l’Anima universale, che penetrava il
segni di un ordinamento provvidenziale de- mondo in ogni sua parte. Ciò che agiva dun-
gli eventi, era stata diffusa in varie forme in que era soltanto l’Anima, «che dà quella
ambiente neoplatonico, ebraico e cristiano. forma ai corpi celesti».28
La versione della teoria della significazione, Plotino tuttavia non nega allo studio delle
che aveva riscosso maggior fortuna in am- stelle ogni significato in rapporto al mondo
biente arabo e cristiano-medievale, traeva dell’uomo. Gli astri non sono cause, ma se-
origine da alcune riflessioni delle plotiniane gni del futuro, nel senso che, tutto essendo
Enneadi. Nel respingere l’dea che l’azione interconnesso, tutte le cose si segnalano re-
celeste possa essere intesa come rapporto fra ciprocamente. A loro volta, gli eventi sono
gli astri, cause materiali, e gli effetti interni annunciati in quanto sono in un certo ordine,
alla sfera sublunare, Plotino aveva riferito la operato dall’Anima universale, che organiz-
capacità causativa esclusivamente all’Anima za il mondo sensibile proiettandovi l’idea di
del mondo, ordinatrice della materia, riven- armonia, presente nell’Intelligenza, luogo
dicando parallelamente l’autonomia dell’uo- delle forme archetipiche. Mentre la fatalità
mo nei confronti del mondo naturale. Aveva incombe sull’universo materiale, la provvi-
poi negato la legittimità dell’astrologia indi- denza riguarda il mondo delle anime supe-
viduale, sostenendo che questa teoria «attri- riori, e si esprime nella forma dell’ordine, la
buisce agli astri ciò che è nostro, volontà e cui presenza rimanda all’esistenza di un prin-
passioni, vizi e impulsi, e non riconoscendoci cipio che regge, trascendendolo, il mondo;
nulla ci lascia come pietre soggette al movi- in virtù di tale principio, si può da una parte
mento e non come uomini che agiscono di conoscerne un’altra, e diventa possibile an-
per sé e secondo la loro propria natura». In- nunciare il futuro. Essere dell’anima, l’uomo
fatti «quella parte di noi» che appartiene al è inserito nell’ordine che governa il mondo,
corpo dell’universo, e con la sua limitatezza proiezione impoverita dell’ordine puramente
                                                                                                                intelligibile. Il principio dell’ordine fonda
26
«Neque enim admittenda est ulla quaecumque tan- un’analogia fra mondo intelligibile e mondo
dem ea sit occulta coelorum influentia», G. Vitali, Le-                                                                                                                
27
xicon Mathematicum astronomicum geometricum, a cura Plotino, Enneadi, III, 1, 5, a c. di G.Faggin, trad. it.
di G. Bezza, prefazione di O. Pompeo Faracovi, La di G.Faggin, Milano, Rusconi, 1992, p.341.
28
Spezia, Agorà, 2003, p. 265. Ivi, IV, 4, 33, p.675

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104   ARTICLES

materiale, che sostiene la possibilità della così possibile sotto il profilo degli avveni-
predizione: essa non richiede l’universale menti generali.
concatenazione delle cause, ma solo la possi- La teoria degli astri segni, e non cause,
bilità di «leggere i caratteri naturali che rive- nasce in Plotino in contrapposizione
lano un ordine e non precipitano mai nel di- all’astrologia stoicizzante, per la quale gli a-
sordine».29 E’ la presenza dell’ordine a fare stri sono i veicoli della necessità cosmica, in-
degli astri i segni del futuro: segni, non cau- scritta nell’universo fisico. Essa consente di
se. Infatti, scrive Plotino, se «guardando alle rendere la previsione astrologica compatibile
posizioni degli astri si predicono gli avveni- con la filosofia neoplatonica e la sua svaluta-
menti considerandoli prodotti da essi, simil- zione dell’autonomia della materia corporea,
mente bisognerebbe dire che anche gli uccel- e la legittima in quanto si applichi agli eventi
li e tutti gli altri esseri, cui guardano gli in- generali, che non coinvolgono la libertà e la
dovini, siano autori delle cose che annuncia- responsabilità individuali. Sotto questo a-
no»30. Assegnare agli astri la capacità di pro- spetto, la teoria neoplatonica della significa-
durre altri effetti, oltre quelli meteorologici e zione astrale concorrerà alla fortuna
climatici che manifestamente producono; dell’astrologia mondiale, concentrata sui
pensare che essi, quali dèi mobili nel cielo, grandi eventi. Con Porfirio, allievo di Ploti-
diano agli uomini le passioni, i desideri, gli no, editore delle Enneadi e insieme autore
impulsi, significherebbe legare gli uomini del più antico commento alla Tetrabiblos, si
agli astri e sottometterli alla necessità. Uti- avvierà d’altro canto un avvicinamento fra
lizzare le posizioni celesti ai fini della predi- neoplatonismo e astrologia oroscopica, che
zione del futuro, come segni che indicano, recupererà le tecniche tolemaiche e la sotto-
senza produrli, gli eventi futuri, così come il lineatura della dimensione congetturale
volo degli uccelli o le viscere degli animali, è dell’arte, accettando l’idea che il movimento
invece possibile e legittimo: «Guardando a- dell’universo possa essere inteso come causa
gli astri come fossero lettere, coloro che co- non unica, ma concomitante, degli eventi.32
noscono tale grammatica riconoscono Questa linea di conciliazione fra idealismo
l’avvenire dalle figure che essi formano, e ne neoplatonico e astrologia tolemaica aveva
ricavano metodicamente il significato secon- avuto nel Quattrocento fiorentino un grande
do l’analogia; come se si dicesse che un uc- interprete in quel Marsilio Ficino, al quale
cello che vola alto annuncia alte azioni».31 La Giovanni Pico era stato lungamente legato.
predizione degli eventi futuri, impossibile ri- In una prima fase del suo pensiero, lo stesso
spetto al corso di ogni singola vita, diventa Pico, come abbiamo visto, aveva accolto
un’elaborazione dell’idea della significazione
                                                                                                                in senso cabalistico, vedendo negli astri al-
29
Ivi, II, 3 , 7, p.215
30
Ivi, IV, 4, 39, p.685                                                                                                                
31 32
Ivi, III, 3, 6, p.397 Ivi, III, 1, p.345

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MEDIEVAL AND RENAISSANCE ASTROLOGY 105  

trettanti significatori delle Sephirot. Ma con tato condividendone la identificazione


tale prospettiva le Disputationes tagliano cor- dell’azione celeste come azione fisica, veico-
to: gli astri, scrive Pico, non possono signifi- lata dalla luce e dal moto; ma sostiene che gli
care se non ciò che causano. Ciò che è segno astri possono significare anche ciò che diret-
di una cosa, infatti, o è la causa della cosa si- tamente non causano, purché anch’esso sia
gnificata, o ne è l’effetto, o ciò che è segno e interpretabile all’interno di una causalità di
la cosa designata derivano dalla stessa causa. tipo fisico. Come è stato scritto, Melantone
Il terzo caso è quello dell’arcobaleno, che «s’est peut-etre piqué, après avoir partagé sa
indica talora il sereno, non perché lo produ- conception générale du pouvoir des astres, à
ca, ma perché la causa di quello è anche la exploiter ces bases communes dans le sens
sua. Ma non c’è causa corporea superiore al contraire à celui du Mirandulain».34 Qualco-
cielo, che possa determinare simultaneamen- sa di simile accade a molti degli astrologi ‘to-
te la disposizione del cielo e quella delle cose lemaici’ del Cinquecento e del Seicento, e-
inferiori. La causa comune potrebbe essere gualmente propensi a ridimensionare la tesi
soltanto incorporea, quindi divina; ma ciò della autonoma significazione astrale. Nel
implicherebbe attribuirle anche le azioni de- suo Tocco di paragone, stampato postumo a
littuose degli uomini, e ricondurrebbe al fa- Pavia nel 1665, Placido Titi riprodurrà così
talismo. La conclusione può essere una sol- telle quelle la tesi pichiana: gli astri non pos-
tanto: «non potest igitur caelum significare sono essere segni degli eventi, se non ne so-
inferiora, nisi quatenus causa effectum indi- no anche la causa.35
cat suum».33 Un’altra questione sollevata da Pico in
Questa presa di posizione segna la netta polemica con l’astrologia del suo tempo, in
sconfessione, da parte dell’ultimo Pico, di una direzione sulla quale convergeranno
ogni rilettura in chiave idealistica o spiritua- molti astrologi ‘riformatori’, è quella
listica del tema dell’azione celeste e delle dell’attendibilità della celebrata teoria delle
tecniche astrologiche. Veicolata dalla luce e grandi congiunzioni. Quest’ultima era emer-
dal moto, l’azione celeste è interna sa nella cultura astrologica di lingua araba,
all’universo fisico; l’astrologia però non rie- con lo scopo di integrare le scarne indicazio-
sce a prevederla in modo attendibile, data ni fornite da Tolomeo a proposito dell’astro-
l’insufficienza dei propri strumenti. Sono logia mondiale, ed era stata assai diffusa in
conclusioni che pur non convincendo, come Occidente a partire dal tardo Medioevo.
si è visto, gli astrologi del tempo, non impe- All’astrologia mondiale, volta all’analisi de-
discono loro di far propri alcuni spunti di Pi- gli eventi riguardanti «popoli interi e regioni
co. Melantone ad esempio discute il suo trat-                                                                                                                
34
Bellucci, Science de la nature et Réformation, cit., p.
                                                                                                                265.
33 35
Pico della Mirandola , Disputationes, cit., IV, XII, P. Titi, Tocco di paragone (1665), a cura di G. Bezza,
vol, I, p. 497. Milano, Nuovi Orizzonti, 1992, p.42.

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106   ARTICLES

o città», e da lui indicata con il termine ka- con l’ambizione di affiancare alla previsione
tholiké, Tolomeo aveva infatti riservato sol- dei grandi eventi naturali quella dei muta-
tanto il secondo libro, il più breve, della Te- menti storici. Nella versione del De magnis
trabiblos, per farne confluire gli strumenti coniunctionibus di Albumasar, questa teoria,
nella formulazione dei pronostici particolari, che attingeva i propri elementi alla tradizio-
cui erano dedicati gli ultimi impegnativi due ne persiano-sassanide, ebbe in Occidente
libri. Se nella sua esposizione l’astrologia molta fortuna, sembrando fornire un gran-
mondiale precedeva quella individuale, era dioso strumento per la scansione delle fasi
perché gli eventi che essa contemplava erano storiche, ed il succedersi delle religioni. In
governati da cause naturali più potenti e di ambiente ebraico, presso autori medievali
portata più vasta di quelle degli effetti parti- come Abraham bar Hyya (morto nel 1136) e
colari. Ciò non implicava alcuna attribuzione rinascimentali come Isaac Abrabanel (1437-
di supremazia concettuale; veicolava soltan- 1508), fu ripresa in chiave messianica, in una
to la consapevolezza che l’astrologia indivi- integrazione fra congiunzionismo, richiami a
duale può essere arricchita dalla utilizzazione passi biblici e scritturali, calcoli numerologi-
di elementi forniti da quella mondiale. Del ci di sapore cabalistico, che generò ripetuti
resto la trattazione tolemaica di quella mate- annunci di una imminente venuta del Messia.
ria era assai stringata. Le situazioni di carat- La teoria conobbe una certa risonanza anche
tere generale, ossia i grandi eventi naturali, in ambiente cristiano, in particolare attraver-
erano ricondotte a cause dipendenti dalle so l’elaborata rivisitazione di Pierre d’Ailly,
congiunzioni ed opposizioni solilunari pro- cardinale di Cambrai, che Pico fece oggetto
ducenti le eclissi, e dai transiti planetari nelle di critiche particolarmente severe, soprattut-
zone delle eclissi stesse. Per quanto riguarda to per la sua programmatica convergenza fra
le previsioni annuali, volte ad individuare teologia e astrologia.37
l’andamento delle stagioni e le vicende del Il ricorso alle grandi congiunzioni non
tempo meteorologico, veniva utilizzato e- aveva mancato di suscitare rilievi critici da
sclusivamente il tema del «novilunio parte degli astrologi. Come ricordò Lucio
dell’anno», da determinarsi osservando no- Bellanti, erano stati studiosi come Ibn Ezra
viluni e pleniluni nei paraggi di punti solsti- (1092-1167) e ‘Ali ibn Ridwān, il medico e-
ziali ed equinoziali.36 gizio autore di un famoso commento a To-
La teoria delle grandi congiunzioni aveva lomeo, i primi ad esprimere perplessità sulla
introdotto all’interno dell’astrologia mon- affidabilità di quella tecnica, che nella ver-
diale, accanto alle congiunzioni solilunari ed sione albumasariana utilizzava le congiun-
alle eclissi, le periodiche congiunzioni dei zioni medie, non quelle effettive, dei pianeti
pianeti superiori, Saturno, Giove e Marte,
                                                                                                               
                                                                                                                37
Pico della Mirandola, Disputationes, II, iv, vol. I,
36
C. Tolomeo, Tetrabiblos, II, 11. pp. 116-126.

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superiori. E’ questo anche uno dei principali aforismi, che si riferisce a congiunzioni mi-
argomenti di Pico, che sottolinea con forza il nori, medie e maggiori, sembrando anticipa-
carattere astronomicamente approssimativo re Albumasar, li aveva però messo in specia-
della trattazione di Albumasar, oltre a far ri- le difficoltà. Avevano confessato allora di
levare con grande acume filologico tutti i non riuscire a sormontare lo scoglio; limi-
suoi punti di contrasto con le indicazioni di tandosi a segnalare l’oscurità dell’aforisma.
Tolomeo. La riscoperta umanistica del testo Anche Pico si soffermò sul termine sinodos,
greco della Tetrabiblos, che tanto stimolerà scrivendo che in senso assoluto esso si riferi-
la ricerca degli astrologi del Cinquecento, sce sempre alla congiunzione soli-lunare, e
desiderosi di depurare l’insegnamento di sostenne che nessun conoscitore della lingua
Tolomeo dalle rielaborazioni e deformazioni greca avrebbe potuto evitare di concludere
arabe, dà qui alcuni dei suoi primi importanti che Tolomeo intendeva riferirsi alla con-
frutti. Pico la utilizza anche in rapporto al giunzione dei luminari, e non alle grandi
Centiloquium, la raccolta anonima tradizio- congiunzioni di Albumasar. Per quanto ri-
nalmente attribuita allo stesso Tolomeo, che guardava l’accenno alle congiunzioni mino-
si proponeva di condensarne in cento afori- ri, medie e maggiori, sostenne che le prime
smi l’astrologia. ‘Ali ibn Ridwān lo aveva erano gli incontri mensili fra Sole e Luna; le
considerato uno scritto ermetico. Nei loro seconde quelle che precedono l’inizio di cia-
commenti, Giorgio di Trebisonda e Gio- scuna stagione, le ultime le eclissi.38
vanni Pontano non ne avevano revocato in E’ innegabile che queste indicazioni, vol-
dubbio l’autenticità tolemaica; ma non ave- te a negare affidabilità alla teoria, si inseri-
vano povuto evitare di confrontarsi con al- scano nella ripresa del dibattito astrologico
cune sue divergenze dalla Tebrabiblos. La lo-                                                                                                                
38
ro attenzione era stata attratta in particolare Pico della Mirandola, Disputationes, V, 5, vol. I, pp.
548-550. Il commento di Giorgio di Trebisonda, risa-
dagli aforismi 58, 63, 65, tradizionalmente lente al 1453-54, fu pubblicato in C. Ptolemaei,
intesi come riferentisi agli effetti delle grandi Omnia, quae extant, opera, Geographia excepta, quam
congiunzioni Saturno-Giove, sulla base del seorsum quoque hac forma impressimus, a cura di H.
lemma alkirem (translitterazione dell’arabo Gemusaeus e A. Trapezuntius, Basileae, apud Henri-
al-qirā), congiunzione, usato nella versione cum Petrum, 1541; quello di Pontano, scritto fra il
1474 1 il 1477, fu stampato nel 1512 ( Pontani Com-
latina medievale. Leggendo il testo nella sua
mentationes super centum sententiis Ptolemaei, Neapoli,
versione greca, i due commentatori rinasci- S. Mayr, 1512). Di quest’ultimo Pico possedeva la
mentali avevano però trovato il termine si- versione manoscritta: v. P. Kibre, The Library of Pico
nodos, ed avevano correttamente interpreta- della Mirandola, cit., p. 262 n. 1084. Su ciò è ora da
to la congiunzione come riferita a Sole e Lu- vedere M. Rinaldi, La lettera di dedica a Federico da
na, riportando in tal modo l’indicazione del Montefeltro del primo libro delle Commentationes in cen-
tum sententiis Ptolemaei di Giovanni Gioviano Pontano,
Centiloquium sul terreno della Tetrabiblos,
in «Cahiers de recherches medièvales et humanistes»,
che di grandi congiunzioni, come sappiamo, XXV, 2013, pp. 341-356.
non aveva affatto parlato. L’ultimo dei tre

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sulle grandi congiunzioni, stimolato dalla nari, e le contengono; perciò gli eventi più
conoscenza umanistica dei testi astrologici in duraturi sono causati dai pianeti superiori.39
greco, in un movimento di reazione nei con- L’idea della rilevanza astrologica della gran-
fronti delle esagerazioni del congiunzioni- de congiunzione perdurerà ancora in Johan-
smo, e delle sensazionali previsioni, sempre nes Kepler (1571-1630): la congiunzione,
regolarmente smentite dai fatti, di eventi e- quanto più è rara, tanto maggiore commo-
pocali, come la venuta del Messia, o zione suscita nella natura.40 Critico delle
l’eversione dell’Europa, o un nuovo diluvio grandi idee albumasariane sul ritmo «mate-
universale, da molte parti profetizzato per il matico» della storia, e partecipe del ritorno a
1524, in occasione di una congiunzione Sa- Tolomeo, fu invece Francesco Cigalini
turno-Giove nel segno dei Pesci. Fra quanti (1489-1551), il cui trattato fu stampato a
nel Cinquecento prenderanno infine le di- Como soltanto nel 1655: la sua tesi era che
stanze dalla teoria delle grandi congiunzioni, «le operazioni delle stelle avvengono secon-
insistendo sulla sua dissonanza dalle indica- do natura, non secondo matematica».41
zioni di Tolomeo, ci saranno Agostino Nifo, Quanto al Centiloquium e i suoi aforismi, Ci-
che leggerà e commenterà la Tetrabiblos nel- galini si pose sullo stesso terreno di Pico nel-
lo Studio di Napoli, dedicando alla questione lo sforzo di dare loro un senso tolemaico, ri-
due scritti specifici, il De nostri temporis ca- proponendone la versione del Mirandolano e
lamitatum causis (1505) e il De falsa diluvii interpretando le congiunzioni cui si allude
pronosticatione (1519); Pedro Ciruelo con gli come lunisolari, mensile la minore, media
Apotelesmata christianae astrologiae (1521), e quella che precede l’inizio delle stagioni,
Valentin Nabod con la sua Enarratio Elemen- maggiore l’eclissi.42
torum astrologiae (1560). Di parere opposto                                                                                                                
39
furono Giovanni Abioso da Bagnoli, autore Per una analisi dell’intera questione rimando a G.
Bezza, Tolemeo e Abû Ma’shar: la dottrina delle con-
di un Dialogus in astrologiae defensionem,
giunzioni Saturno-Giove presso i commentatori tolemaici,
scritto nel 1494, e Tommaso Giannotti, che in From Masha’allah to Kepler. The Theorie and Practi-
contrappose all’opera di Nifo il De vera dilu- ce of Astrology in the Middles Ages abd the Renaissance,
vii prognosticatione (1522). Dal canto suo London, The Warburg Institute, 13-15 Nov. 2008, in
Giuliano Ristori, in un gruppo di lezioni te- corso di pubblicazione
40
nute presso lo Studio di Pisa nel 1548, tenne J. Kepler, De stella nova, Pragae, 1606, p. 35. Su
Kepler e Pico cfr. S. Rabin, Kepler’s Attitude Toward
fermo alla conciliazione fra Tolomeo e il
Pico and the Anti-astrology Polemic, «Renaissance
congiunzionismo, sostenendo con ragioni fi- Quarterly», 50, 1997, pp.750-770.
losofiche l’importanza delle grandi congiun- 41
F. Cigalini, Coelum sidereum, Como, N. Caprani,
zioni. Alla domanda: contano di più i lumi- 1655, p. 176.
42
nari o i pianeti superiori?, rispose, come già Ivi, pp. 407-410. Sul dibattito cinque-secentesco sul-
molti medievali, con un riferimento all’or- le grandi congiunzioni cfr. O. Pompeo Faracovi, A-
strologia, in L’astrologia nei sec. XV-XVII, in Il contri-
dinamento del cosmo. Le sfere dei pianeti
buto italiano alla storia del pensiero. Scienze, a cura di
superiori sono più ampie di quelle dei lumi-  

PHILOSOPHICAL READINGS ISSUE VII – NUMBER 1 – SPRING 2015


MEDIEVAL AND RENAISSANCE ASTROLOGY 109  

Che Pico abbia contribuito a sottolineare congiunzione in Ariete che aveva preceduto
agli occhi degli astrologi l’estraneità della di sei anni la nascita di Cristo; e ciò dopo che
teoria delle grandi congiunzioni al dettato per duecento anni l’evento si era verificato
tolemaico, e la fragilità dei suoi fondamenti nel trigono d’acqua, favorendo la religione
astronomico-astrologici, appare dunque in- maomettana e le figure femminili. A Seicen-
dubbio. Le sue critiche non impedirono tut- to inoltrato, Campanella continuò dunque a
tavia alla dottrina congiunzionistica di con- riproporre quel profetismo congiunzionisti-
tinuare ad esercitare un suo fascino lungo co, che le testimonianze degli adepti della
tutto il Cinquecento. Coltivata in Germania congiura calabrese del 1599, e le sue stesse
dagli astronomi-astrologi della scuola di parziali ammissioni dopo il tormento del
Wittenberg, stimolata da Melantone, prima polledro, avevano posto sullo sfondo della
che da Keplero essa fu ripresa da Tycho congiura che tanto pesantemente aveva inci-
Brahe (1546-1601) negli Astronomiae restau- so sulla sua vita. Ma nella tarda Disputatio
ratae progymnasmata, ai quali attinse anche pro bullis, scritta nel 1632 con l’intento di
Campanella. Quasi in chiusura della Città del chiarire il significato della condanna
Sole, lo Stilese utilizzò la teoria in rapporto dell’astrologia contenuta nelle due bolle pa-
all’annuncio del prossimo avvento di una pali Coeli et terrae di Sisto V (1584) e Inscru-
«grande monarchia nova», legata al prossi- tabilis di Urbano VIII (1630), lo Stilese non
mo ritorno delle «congiunzioni magne» nella comprese più il tema fra gli aspetti dell’arte,
triplicità di fuoco.43 Riprese il tema nel di- dei quali tentava ancora di dimostare la con-
ciassettesimo degli Articuli prophetales, ter- ciliabilità con la teologia cattolica. Parlò in-
minati nel 1617, dove, con dovizia di riferi- fatti ormai soltanto di false profezie, di falla-
menti alle Scritture e ai padri, a Gioachino ci pronostici astrologici che si sono dimo-
da Fiore, Tycho Brahe e al De novissimis strati vani, di predizioni pericolose di catacli-
temporibus di Cusano, interpretò la congiun- smi e imminenti fini del mondo, capaci solo
zione Saturno-Giove, il cui inizio era previ- di agitare i re e i popoli,44 ritrovando così al-
sto per il 24 dicembre 1603 nel segno del Sa- cuni accenti delle pichiane Disputationes, che
gittario, come annunciatrice di nuovi grandi aveva studiate in gioventù.
eventi per la Cristianità. Si sarebbe trattato
infatti della prima grande congiunzione nel
trigono di fuoco, quello sotto il quale era na-
to il Cristianesimo, annunciato dalla grande
                                                                                                               
A. Clericuzio e S. Ricci, Roma, Istituto
dell’Enciclopedia Italiana, 2013, pp. 63-69.                                                                                                                
43 44
T. Campanella, La Città del Sole. Questione quarta Campanella, Opuscoli astrologici. Come evitare il fato
sulla Repubblica, a cura di G. Ernst, Milano, Rizzoli, astrale, Apologetico, Disputa sulle Bolle, a cura di G.
1996, p. 61. Ernst, Milano, Rizzoli, 2003, p. 221.

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