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Chuan C.

Chang

i fondamenti dello
studio del pianoforte
È UN LIBRO DI

juppiter
consulting
PUBLISHING COMPANY
I Fondamenti dello Studio del Pianoforte
di Chuan C. Chang

Titolo originale dell’opera:


Fundamentals of Piano Practice
Copyright © 1991…2004, Colts Neck, N.J., U.S.A.

Traduzione dall’americano a cura di Roberto Gatti


Copyright © 2004, Milano. Proprietà letteraria riservata.
ISBN: 88-900756-5-1.

Editore: Juppiter Consulting Publishing Company


tel. 02 5275500, http://www.juppiterconsulting.it
http://www.studiarepianoforte.it

Prima edizione, marzo 2004.


Stampa: Selecta SpA, via Quintiliano, Milano.

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46 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

nell’imparare a rilassarsi diventa più facile farlo ulteriormente e vice


versa. Ecco spiegato il motivo per cui il rilassamento è per alcuni un
problema primario, mentre per altri è completamente naturale. Questa
è una delle informazioni più straordinarie: significa che chiunque può
rilassarsi se gli viene insegnato il modo corretto e se si impegna costan-
temente nel farlo.
L’elemento più importante del rilassamento è, ovviamente, la conser-
vazione dell’energia. Ci sono almeno due modi per conservarla:
(1) non usare i muscoli non necessari e (2) rilassare i muscoli necessari
non appena il loro compito è stato eseguito. Ci si eserciti nell’arte di
distendere i muscoli rapidamente. Dimostriamolo con le cadute di un
dito: nel modo 1 è più facile: si permetta semplicemente alla gravità di
controllare completamente la caduta mentre l’intero corpo è sistemato
comodamente sullo sgabello; nel modo 2 sarà necessario imparare una
nuova abitudine se non la si possiede di già (pochi l’hanno all’inizio):
l’abitudine di rilassare tutti i muscoli non appena si raggiunge il fondo
della discesa del tasto. Non si alzi la mano, la si lasci comodamente sul
pianoforte con giusto abbastanza forza da sostenere il peso del braccio.
Ci si assicuri di non premere verso il basso. All’inizio è più difficile di
quanto si possa pensare perché il gomito sta a mezz’aria e gli stessi mu-
scoli usati per tendere il dito e per sostenere il peso del braccio vengo-
no usati per premere verso il basso. Un modo di controllare se si sta
premendo in basso è di posare completamente l’avambraccio sulla
gamba e riprodurre la stessa sensazione alla fine della caduta.
Poche persone si preoccupano di distendere i muscoli esplicitamente:
ci si dimentica semplicemente di loro quando il lavoro è stato fatto.
Questo non porta problemi quando si suona lentamente, ma diventa
problematico con la velocità. Ci sarà bisogno di un nuovo esercizio
perché nelle cadute la risposta muscolare dipende solamente da cosa sta
succedendo presso il pianoforte e questo non si può cambiare. Ciò che
è necessario fare è iniziare con il tasto premuto e suonare una rapida
nota mezzo forte. Ora è necessario applicare una forza aggiuntiva ver-
so il basso e interromperla, quando si fa questo si deve tornare alla sen-
sazione che si aveva alla fine dell’esercizio (2). Si scoprirà che più forte
si suona la nota e più tempo si impiegherà a rilassarsi, ci si eserciti ad
accorciare questo tempo.
La cosa magnifica di questi metodi di rilassamento è che dopo averli
praticati per un breve periodo (forse qualche settimana) tendono ad es-
sere incorporati automaticamente nel suonare, anche in pezzi già stu-
diati. Tuttavia, come accennato precedentemente, c’è una scuola di in-
II.14 - COME RILASSARSI 47

segnamento secondo la quale non deve essere permesso di suonare


niente senza il completo rilassamento. È chiaro che un tale metodo
funzionerà, non è chiaro se sia il più veloce.
La peggiore conseguenza dello stress è che porta ad una lotta che non
si può vincere perché si combatte un avversario che è esattamente u-
gualmente forte – cioè se stessi. È uno dei propri muscoli che lavora
contro un altro: nell’esercitarsi e nel diventare più forte così fa l’avver-
sario, di una quantità esattamente uguale. Più forti si diventa e peggio-
re è il problema: quando diventa abbastanza grave può portare
all’infortunio perché i muscoli diventano più forti della forza materiale
della mano. Lo stress tende a bloccare l’intero corpo in una grande
massa: la peggior configurazione per provare a muovere le dita rapi-
damente e indipendentemente. Il rilassamento porta via da questo pan-
tano verso un’efficace canalizzazione dell’energia.
Quando vengono ripetuti miliardi di volte gli stessi compiti i muscoli
si sviluppano e si diventa un sacco più forti di quanto ci si renda conto.
Di fatto, è facile diventare più forti delle capacità fisiche del corpo e
procurarsi infortuni da stress ripetuto. Per questo motivo è così impor-
tante essere in grado di riferire le proprie forze ad una forza costante
come quella di gravità. Lo stress crea sempre problemi e se non viene
rimosso può solo peggiorare progredendo. È un problema insidioso
perché la persona di solito non è consapevole di quanto sia diventata
forte. Fortunatamente lo stress è facile da evitare perché tutto ciò di
cui si ha bisogno è rendersi conto della sua importanza. La riduzione
dello stress è talmente necessaria, ed i suoi effetti sono così immediati e
benefici, che la motivazione non è mai un problema.
Il rilassamento, il peso del braccio (cadute), il coinvolgimento dell’in-
tero corpo e l’evitare esercizi meccanici ripetitivi erano elementi chiave
degli insegnamenti di Chopin, ma Liszt era a favore degli esercizi “fino
ad esaurimento” (Eigeldinger). La mia interpretazione di quest’ultimo
apparente disaccordo è che gli esercizi possono fare bene, ma non sono
necessari. Certamente il pianoforte fa una grossa differenza: Chopin
preferiva il Pleyel, un pianoforte con una meccanica molto leggera ed
una corsa breve. Il rilassamento è inutile se non è accompagnato dal
suonare in modo musicale, Chopin infatti insisteva sul suonare in que-
sto modo prima di acquisire la tecnica perché sapeva che musica e tec-
nica sono inseparabili. Proprio come un ritmo sbagliato rende impos-
sibile la velocità, suonare in modo non musicale tende a rendere la tec-
nica più difficile da ottenere. La tecnica ha origine nel cervello. Suo-
nare in modo non musicale vìola apparentemente così tanti principi na-
48 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

turali che effettivamente interferisce con i processi cerebrali naturali di


controllo del meccanismo che suona. Non è per sostenere che non ci si
possa allenare a diventare una macchina ed eseguire difficili acrobazie a
velocità accecante. L’asserzione qui è che le ripetizioni meccaniche so-
no la strada più lunga e dispendiosa di imparare il pianoforte.

II.15 - Il Miglioramento Post Studio


In una sola seduta ci si può aspettare solo un certo grado di migliora-
mento perché ci sono due modi di migliorare: il primo è quello ovvio
che viene dall’imparare le note ed i movimenti e risulta in un miglio-
ramento immediato (accade nei passaggi per cui si ha già la tecnica ne-
cessaria); il secondo è detto “miglioramento post studio” ovvero il ri-
sultato dei cambiamenti fisiologici nella mano nell’acquisire nuova tec-
nica. Questo processo di cambiamento è molto lento ed avviene prin-
cipalmente dopo aver smesso di esercitarsi.
Studiando, quindi, si provi a calibrare i miglioramenti in modo da po-
ter smettere e andare a fare qualcos’altro non appena arriva il momen-
to di diminuzione del rendimento, di solito in meno di dieci minuti. La
tecnica, come per magia, continuerà a migliorare da sola per almeno
diversi giorni dopo una buona seduta di studio. Quindi, se è stato fatto
tutto correttamente, quando il giorno dopo ci si siede al pianoforte si do-
vrebbe scoprire di riuscire a suonare meglio di quanto si sia fatto al
meglio il giorno prima. Se questo accadesse per un solo giorno l’effetto
non sarebbe un granché, ma l’effetto cumulato su tante settimane, mesi
o anni può essere tuttavia enorme.
Naturalmente più si studia un particolare giorno e più lungo sarà il
miglioramento post studio, ciò nonostante oltre un certo punto i mi-
glioramenti diminuiscono a parità di lavoro aggiuntivo. Di solito è più
vantaggioso esercitarsi su cose diverse in una seduta e lasciarle miglio-
rare contemporaneamente (mentre non si sta studiando!), piuttosto che
lavorare duro su una sola cosa. Sovra-esercitarsi può, di fatto, far male
alla tecnica se porta a stress ed a brutte abitudini. Ci si deve esercitare
per un minimo, forse centinaia, di ripetizioni affinché questo migliora-
mento automatico abbia luogo, ma siccome stiamo parlando di poche
misure suonate a velocità, studiare dozzine o centinaia di volte in cin-
que minuti è una procedura abituale e dovrebbe essere sufficiente.
Non ci si affligga se si studia sodo ma non sembrano esserci molti mi-
glioramenti immediati, potrebbe essere normale per un particolare pas-
saggio. Se dopo un’estesa analisi non si riesce a trovare niente di sba-
II.15 - IL MIGLIORAMENTO POST STUDIO 49

gliato in quello che si sta facendo, è ora di smettere e lasciare che il mi-
glioramento post studio prenda in mano la cosa.
Ci sono molti tipi di miglioramento post studio a seconda di cosa non
permette di avanzare. Uno dei modi in cui questi si manifestano è nella
durata, che varia da giorni a mesi. I tempi più brevi sono associati al
condizionamento, come l’uso di movimenti o muscoli prima non usati,
o a problemi di memoria. Tempi medi, di diverse settimane, possono
essere associati alla crescita di nuovi nervi o nuove connessioni tra ner-
vi, come nel suonare a mani unite. Se si sono sviluppate brutte abitu-
dini potrebbe essere necessario smettere di suonare quel pezzo per mesi
finché non si sarà persa quella brutta abitudine, un’altra forma di mi-
glioramento post studio. In molti casi simili non è possibile identificare
il colpevole, la miglior cosa da fare è perciò non suonare il pezzo ed
impararne di nuovi perché far questo è il modo migliore di cancellare le
brutte abitudini.
Si deve fare tutto correttamente per massimizzare il miglioramento
post studio. Molti studenti non conoscono le regole e possono di fatto
negarlo, con il risultato che quando provano a suonare il giorno dopo il
pezzo viene peggio. Molti di questi errori hanno origine nell’uso sbaglia-
to dello studio lento e veloce: nelle sezioni seguenti parleremo delle re-
gole sulla scelta della corretta velocità di studio. Chiaramente ci sarà
bisogno, per incoraggiare il miglioramento post studio, di ripetere il
movimento qualche centinaio di volte durante ogni esercitazione e que-
ste ripetizioni devono essere corrette, qualsiasi movimento non neces-
sario o stress minerà al miglioramento. L’errore più comune, commes-
so dagli studenti, è suonare velocemente prima di finire la seduta.
L’ultima cosa da fare prima di terminarla dovrebbe essere il più giusto
e miglior esempio di ciò che si vuole ottenere, altrimenti il migliora-
mento post studio risulta confuso e viene negato. I metodi di questo
libro sono ideali per questo tipo di miglioramento principalmente per-
ché enfatizzano lo studio delle sole note che non si riescono a suonare.
Suonare a mani unite lentamente e aumentare la velocità per grandi se-
zioni non solo condiziona il miglioramento post studio in modo insuffi-
ciente, ma lo confonde del tutto. Una volta che un certo modello viene
sufficientemente condizionato si può passare ad altri modelli e tutti in-
sieme subiranno un miglioramento post studio contemporaneo.
Fare uso del miglioramento post studio è un’arte a sé. Nello studiare
giorno per giorno si deve quindi fare attenzione a quali tipi di pratica
portano al migliore possibile. Se c’è una sezione che non migliora in
modo rilevante durante lo studio, si saprà che sarà necessario dipende-
50 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

re da esso per fare ulteriori progressi e si deve, di conseguenza, pianifi-


care il tempo di studio. Ad esempio, si potrebbe studiare quella sezione
(generalmente molto corta, forse solo qualche nota) per un certo tem-
po, due minuti ogni giorno per esempio, senza alcuna aspettativa di no-
tabile miglioramento, ma solo per condizionare; si può poi cercare
qualche miglioramento di tipo post studio il giorno dopo. Gli esercizi
per gli insiemi paralleli sono gli strumenti più utili per farlo.
Il miglioramento post studio è in qualche modo analogo a quello che
accade al culturista: quando alza i pesi i suoi muscoli non crescono, di
fatto perdono peso, ma durante le settimane seguenti il corpo reagirà
allo stimolo e aggiungerà muscoli. Quasi tutta la crescita dei muscoli
avviene dopo l’esercizio. Il culturista, quindi, non misura quanti musco-
li ha guadagnato o quanto peso riesce a sollevare alla fine degli esercizi,
ma si concentra invece sul fatto che l’esercizio produca il giusto condi-
zionamento. La differenza qui è che nel pianoforte stiamo sviluppando
coordinazione e resistenza invece di far crescere i muscoli. Una analo-
gia migliore potrebbe essere quella del maratoneta. Se si fosse mai cor-
so un miglio nella propria vita quando lo si è provato per la prima vol-
ta si sarà riusciti a correre per un quarto di miglio prima di aver dovuto
rallentare per riposarsi. Se dopo un po’ di riposo si è cercato di correre
ci si sarà stancati dopo un altro quarto di miglio o meno. La prima
corsa non è quindi servita ad alcun miglioramento identificabile. A-
spettando un giorno e provando di nuovo, si potrebbe, tuttavia, riusci-
re a correre un terzo di miglio prima di stancarsi. Il miglioramento
post studio nel pianoforte è simile. Correre è un compito relativamente
semplice rispetto a suonare il pianoforte perciò è difficile correre scor-
rettamente in modo da avere problemi a correre il giorno dopo, po-
trebbe però accadere: se si spinge troppo, ad esempio, si potrebbe svi-
luppare la brutta abitudine di inciampare nelle dita.
Riguardo a questo tipo di difficoltà, il golf offre un’altra eccellente a-
nalogia. I giocatori di golf hanno confidenza con il fenomeno per cui
possono colpire bene una pallina un giorno, ma malissimo quello dopo
perché hanno preso una brutta abitudine che spesso non riescono a
diagnosticare. Eseguire un “driver” ogni giorno può rovinare lo
“swing”, mentre esercitarsi con la N.9 può ripristinarlo. L’analogia nel
pianoforte è che suonare velocemente, a pieno regime, tende a rovinare
il miglioramento post studio, laddove esercitarsi su piccole sezioni a
mani separate tende a migliorarlo. Questa analogia regge perché en-
trambi il pianoforte e il golf sono abbastanza complessi. Chiaramente
nel pianoforte la procedura di condizionamento deve essere ben com-
presa per poter garantire il miglioramento desiderato – un condiziona-
II.16 - I PERICOLI DI SUONARE LENTAMENTE - LE TRAPPOLE DEL METODO INTUITIVO 51

mento di tipo errato può portare ad un regresso. Nelle sezioni succes-


sive avremo quindi a che fare con metodi che assicurano il migliora-
mento post studio.
Alcuni studenti non si rendono conto di questo tipo di miglioramento
e sono frustrati dalla mancanza di progressi durante lo studio sbaglian-
do nel non approfittare del miglioramento post studio. Il fatto è che la
maggior parte delle tecniche fondamentali è acquisita tra le sedute,
proprio come la maggior parte della crescita dei muscoli del culturista
avviene tra gli allenamenti. Il miglioramento post studio è probabil-
mente la parte più importante dell’acquisizione della tecnica.

II.16 - I Pericoli di Suonare Lentamente - Le Trappole del


Metodo Intuitivo
Quando si inizia un pezzo nuovo, suonare lentamente in modo ripetuto
può essere dannoso. Abbiamo detto nella Sezione II.1 che suonare len-
tamente ed aumentare gradualmente la velocità non è un modo effi-
ciente di esercitarsi al pianoforte. Esaminiamo questa procedura per
vedere il perché. Stiamo assumendo che lo studente inizi il pezzo e non
sappia ancora come suonarlo. In questo caso suonarlo lentamente sarà
molto diverso da come dovrebbe essere suonato a velocità. Quando si
inizia non c’è modo di sapere se i movimenti lenti che si stanno usando
siano giusti o sbagliati; nella Sezione IV.3 dimostreremo che la proba-
bilità di suonare scorrettamente è praticamente il 100%. Esercitarsi a
suonare in questo modo sbagliato non aiuta lo studente a suonare cor-
rettamente o più velocemente: quando questi movimenti verranno ac-
celerati incontrerà un muro di velocità e il risultato sarà lo stress. As-
sumendo che questo studente sia riuscito a cambiare modo di suonare,
in maniera tale da evitare il muro di velocità, e sia riuscito ad aumenta-
re la velocità per gradi, avrà bisogno di disimparare il vecchio modo, di
re-imparare il nuovo e di continuare a ripetere questi cicli finché non
raggiungerà la velocità finale. Trovare tutti questi modi intermedi di
suonare per prove ed errori può richiedere parecchio tempo.
Diamo un occhiata ad un esempio concreto di come diverse velocità
richiedano diversi movimenti. Consideriamo l’andatura di un cavallo.
All’aumentare della velocità l’andatura passa attraverso la camminata,
il trotto, il piccolo galoppo ed il galoppo. Ognuna di queste quattro
andature ha di solito un modo lento ed uno veloce. Inoltre, una svolta
a destra è diversa da una a sinistra (lo zoccolo guida è diverso). Un
minimo di sedici movimenti. Queste sono le cosiddette andature natu-
52 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

rali, la maggioranza dei cavalli le ha automaticamente, ma i cavalli pos-


sono imparare altre tre andature: il passo, il foxtrot e l’arack, che allo
stesso modo possono essere lenti, veloci, a sinistra e a destra. Tutto
questo con solo quattro zampe, una struttura relativamente semplice e
un cervello relativamente limitato. Noi abbiamo dieci dita molto com-
plesse, spalle molto più versatili, braccia, mani ed un cervello infinita-
mente più capace! Le nostre mani sono quindi capaci di eseguire molte
più “andature” di un cavallo. Suonare lentamente e cercare di aumen-
tarne la velocità è come far correre un cavallo alla stessa velocità di un
galoppo aumentando semplicemente la velocità della camminata: chia-
ramente non può farlo. Se la musica quindi richiedesse un galoppo, lo
studente finirebbe per dover imparare tutte le andature intermedie. Si
può facilmente capire perché indurre un cavallo a camminare alla velo-
cità di un galoppo gli farebbe incontrare dei muri di velocità e indur-
rebbe uno stress tremendo. Questo però è esattamente quello che molti
studenti di pianoforte cercano di fare con i metodi intuitivi. Ciò che
accade nello studio è che lo studente finisce per non acquisire nessuna
capacità di camminare alla velocità di un galoppo, ma, nell’accelerare la
camminata, incappa accidentalmente in un trotto.
Ora, un cavallo da equitazione non pensa “Ehi!, per questa velocità
devo andare al piccolo galoppo”, ma risponde automaticamente ai se-
gnali del cavallerizzo. Si può, per questo motivo, far eseguire ad un
cavallo una svolta a sinistra usando i passi della curva a destra e procu-
rargli un infortunio. Ci vuole, di conseguenza, l’intelligenza superiore
del cervello umano per trovare la giusta andatura del cavallo sebbene
sia quest’ultimo ad eseguirla. Nel pianoforte funziona allo stesso modo
e lo studente si può procurare dei problemi da solo. Sebbene lo stu-
dente umano sia più intelligente di un cavallo, il numero di possibilità
che affronta è impressionante e ci vuole un cervello superiore per tro-
vare i migliori movimenti tra la varietà quasi infinita che la mano uma-
na può eseguire. La maggior parte degli studenti con un’intelligenza
normale non ha idea di quanti movimenti siano possibili finché un in-
segnante non glieli fa vedere. Due studenti lasciati a sé stessi, a cui si
chieda di suonare lo stesso pezzo, è garantito finiranno per usare mo-
vimenti diversi delle mani. Questa è un’altra ragione per cui è impor-
tante andare a lezione da un buon insegnante quando si inizia pianofor-
te: un tale insegnante può eliminare rapidamente i movimenti errati. Il
punto qui è che nel metodo intuitivo lo studente può acquisire un qual-
siasi numero di brutte abitudini prima di accelerare. L’intera procedu-
ra di studio finisce per essere un’esperienza disastrosa che di fatto lo o-
stacola dal fare progressi.
II.17 - L’IMPORTANZA DI SUONARE LENTAMENTE 53

È chiaro che una persona che aumenta la velocità sta avendo a che fa-
re con una sconcertante fila di “andature” intermedie (e movimenti
dannosi) prima di arrivare all’unico movimento finale. Inoltre lo stu-
dente può aver bisogno di disimparare i lenti metodi precedenti per poter
essere in grado di studiare quelli nuovi. Questo è specialmente vero se
le due mani sono state bloccate insieme da un lungo studio a mani uni-
te. Cercare di disimparare è uno dei compiti più frustranti, stressanti e
perditempo che ci siano nello studio del pianoforte.
Un errore comune è l’abitudine a sostenere o alzare la mano. Suo-
nando molto lentamente la mano potrebbe venire sollevata nell’inter-
vallo di tempo tra le note quando il suo peso non è necessario. Au-
mentando la velocità questo “sollevare” coincide con il momento in cui
si deve premere il tasto successivo: queste azioni si elidono risultando
in una nota mancata. Un altro errore comune è agitare le dita libere:
mentre suona con le dita 1 e 2, lo studente potrebbe agitare in aria di-
verse volte le dita 4 e 5. Questo non presenta alcuna difficoltà finché il
movimento non viene accelerato a tal punto da non esserci più il tempo
di farlo. In questa situazione, a velocità più elevate, le dita libere non
smettono automaticamente di agitarsi perché i movimenti sono stati ra-
dicati da centinaia o anche migliaia di ripetizioni. Il problema è che
molti studenti che usano lo studio lento in genere non si rendono conto
di queste brutte abitudini. Sapendo come suonare velocemente non si
corrono rischi a suonare lentamente, in caso contrario bisogna stare at-
tenti a non imparare le brutte abitudini del suonare lentamente o si fi-
nirà per sprecare un enorme quantità di tempo. Questo spreco è dovu-
to al fatto che per ogni passata ci vuole così tanto. I metodi di questo
libro evitano tutti questi svantaggi.

II.17 - L’Importanza di Suonare Lentamente


Avendo fatto notare i pericoli di suonare lentamente, analizzeremo ora
il perché sia indispensabile farlo. Si concluda sempre una sessione di stu-
dio suonando almeno una volta lentamente. Questa è la regola più im-
portante per un buon miglioramento post studio. Si dovrebbe anche
coltivare l’abitudine di farlo anche quando si cambia mano durante lo
studio a mani separate: prima di cambiare, si suoni lentamente almeno
una volta. Questa potrebbe essere una delle regole più importanti di
questo capitolo perché ha un effetto così straordinariamente enorme sul
miglioramento della tecnica; il perché funzioni, però, non è del tutto
chiaro. È utile sia al miglioramento istantaneo sia a quello post studio.
Una ragione per cui funziona potrebbe essere che ci si può rilassare
54 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

completamente (si veda la Sezione II.14). Un’altra ragione potrebbe


essere che suonando velocemente si tende ad acquisire un maggior
numero di brutte abitudini, più di quanto ci si renda conto, che si pos-
sono “cancellare” suonando lentamente. Contrariamente all’intuito,
suonare lentamente senza errori è difficile (finché non si ha la completa
padronanza del passaggio) ed è quindi un buon modo di controllare se
si sta veramente imparando il pezzo.
Gli insegnanti e gli studenti esperti sanno che la musica suonata velo-
cemente non viene imparata molto bene dal cervello. Se inoltre si è
presa qualche brutta abitudine, la volta successiva che si suonerà il pez-
zo verrà fuori peggio dell’ultima volta che lo si è studiato. Avendo
studiato lentamente prima di smettere il miglioramento post studio è
molto maggiore. Suonare lentamente è di conseguenza un modo di
condizionare la mano a trarne il massimo vantaggio. Quest’effetto è
così drammatico che lo si può facilmente dimostrare a se stessi: si provi
una sessione di studio in cui si suona solo velocemente e si veda cosa
accade il giorno dopo. Oppure si può studiare un passaggio solo velo-
cemente e un altro passaggio (di pari difficoltà) lentamente per poi con-
frontarli il giorno seguente. L’effetto è cumulativo: se si dovesse ripe-
tere questo esperimento con gli stessi due passaggi per un lungo perio-
do di tempo si troverebbe, alla fine, una differenza enorme nel modo di
trattare quei passaggi.
Quanto lento è “lentamente”? È questione di giudizio. Suonando
sempre più piano non si saprà a che velocità si perderà il suo effetto. È
importante, quando si suona lentamente, mantenere gli stessi movimen-
ti di quando si suona velocemente. Suonando troppo lentamente
potrebbe diventare impossibile, farebbe inoltre impiegare troppo
tempo, causando uno spreco. La miglior velocità da provare all’inizio è
quella alla quale si può suonare con la precisione che si vuole, attorno
alla metà o un quarto della velocità. Con il migliorare della tecnica
questa bassa velocità potrà diventare più veloce. È interessante,
comunque, che alcuni pianisti famosi siano stati visti studiare molto
lentamente! Alcune stime documentano studi di una nota al secondo, il
che appare praticamente irrazionale.
Una abilità importante su cui esercitarsi quando si suona lentamente è quella di
pensare alla musica più avanti. Quando si studia velocemente un nuovo
pezzo c’è la tendenza a restare indietro rispetto alla musica e diventa
un’abitudine. Questo non va bene perché è così che si perde il control-
lo. Si pensi avanti quando si studia lentamente e si provi poi a mante-
nere questa distanza quando si torna a velocità. Quando si riesce a
II.18 - LA DITEGGIATURA 55

pensare avanti, rispetto a ciò che si sta suonando, si possono alle volte
prevenire imprecisioni e difficoltà in arrivo e si ha il tempo di prendere
i dovuti accorgimenti.

II.18 - La Diteggiatura
Usando la diteggiatura indicata sulla musica di solito non si sbaglierà.
Non seguendo la diteggiatura indicata probabilmente ci si procurerà
più facilmente un sacco di problemi. La diteggiatura elementare è di
solito ovvia e non viene indicata sugli spartiti, tranne nei libri per prin-
cipianti. Alcune diteggiature segnate potranno sembrare scomode
all’inizio, ma sono lì per un motivo che spesso non è ovvio finché non
si arriva a velocità o non si suona a mani unite. Seguire la diteggiatura
indicata è, per i principianti, un’esperienza di apprendimento per impa-
rare quelle più comuni. Un altro vantaggio di usare la diteggiatura
indicata è che si userà sempre la stessa. Non avere una diteggiatura
fissa rallenterà di gran lunga il processo di apprendimento e darà pro-
blemi dopo, anche quando si è imparato il pezzo. Se si dovesse cam-
biare diteggiatura ci si assicuri di usare sempre quella nuova. È una
buona idea segnare la modifica sulla musica, può essere molto frustran-
te tornarci mesi dopo e non ricordare quella bella diteggiatura che si
era trovata.
Comunque non tutte le diteggiature suggerite sugli spartiti sono ade-
guate per tutti: si potrebbero avere mani grandi o piccole, si potrebbe
essere abituati a diteggiature diverse per il modo in cui si è imparato, si
potrebbe avere un diverso insieme di abilità tecniche, si potrebbe essere
uno di quelli che eseguono i trilli meglio usando 1,3 piuttosto che 2,3.
La musica dei diversi editori può avere diteggiature diverse.
La diteggiatura può avere, per gli esecutori di livello avanzato, una
profonda influenza sull’effetto musicale che si vuole proiettare. Fortu-
natamente i metodi qui descritti si adattano bene al rapido cambio della
diteggiatura. Si facciano tali modifiche prima di iniziare a studiare a
mani unite perché una volta incorporate diventano molto difficili da
cambiare. Di converso, alcune diteggiature sono facili a mani separate,
ma diventano difficili a mani unite. Si faccia quindi attenzione a con-
trollarle a mani unite prima di accettare definitivamente qualsiasi cam-
biamento.
56 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

II.19 - Il Tempo Preciso ed Il Metronomo


Si inizino tutti i pezzi contando con attenzione, specialmente i princi-
pianti ed i più giovani. Ai bambini dovrebbe essere insegnato a conta-
re ad alta voce perché è il solo modo di scoprire qual è la loro idea di
contare (potrebbe essere completamente diversa da quella che si inten-
de). Si dovrebbe capire l’indicazione di tempo all’inizio di ogni compo-
sizione. Appare come una frazione consistente in un numeratore ed un
denominatore: il numeratore indica il numero di tempi per misura e il
denominatore indica le note per tempo. Ad esempio ¾ significa che ci
sono tre tempi per misura e ogni tempo è una nota da un quarto. Tipi-
camente ogni battuta contiene una misura. Conoscere l’indicazione è
essenziale quando si accompagna perché il momento in cui l’accompa-
gnatore deve partire è determinato dal tempo che il direttore indica con
la bacchetta.
Uno dei vantaggi di esercitarsi a mani separate è quello di tendere a
contare con più precisione che a mani unite. Gli studenti che iniziano a
mani unite finiscono spesso col fare errori di conteggio di cui non si ac-
corgono. È interessante come questi errori rendano spesso impossibile
portare la musica a velocità. C’è qualcosa nello sbagliare a contare che
crea un suo muro di velocità, probabilmente rovina il ritmo. Se perciò
si incontrassero problemi nel portare a velocità si controlli il conteggio.
Un metronomo è molto utile per farlo.
Si usi il metronomo per controllare la precisione di velocità e tempo.
Mi sono ripetutamente stupito degli errori che scoprivo quando con-
trollavo in questo modo. Io tendo, ad esempio, a rallentare nelle sezio-
ni difficili e ad accelerare in quelle facili sebbene in realtà pensi sia
l’opposto quando suono senza il metronomo. La maggior parte degli
insegnanti lo usa per controllare il tempo degli studenti. Lo si dovreb-
be usare però solo per poco: una volta che lo studente va a tempo biso-
gna spegnerlo. Il metronomo è uno degli insegnanti più affidabili – una
volta che si inizia ad usarlo si sarà contenti di averlo fatto. Si sviluppi
l’abitudine di usarlo e si suonerà senza dubbio meglio. Tutti gli stu-
denti seri devono avere un metronomo.
I metronomi non devono essere usati troppo. Le lunghe sedute di
studio con il metronomo che accompagna fanno male all’acquisizione
della tecnica portando ad esecuzioni meccaniche. Quando viene usato
di continuo per più di dieci minuti circa, la mente inizia a fare scherzi e
fa perdere la precisione del tempo. Se ad esempio il metronomo fa dei
click, dopo un po’ di tempo il cervello crea in testa degli anti-click in
modo da poterli annullare per non sentirli più o sentirli al momento
II.19 - IL TEMPO PRECISO ED IL METRONOMO 57

sbagliato. La maggior parte dei metronomi elettronici moderni ha, per


questo motivo, una modalità a luce lampeggiante. L’indizio visivo è
meno soggetto a trucchi mentali ed inoltre non interferisce acustica-
mente con la musica. L’abuso più frequente del metronomo è usarlo
per aumentare la velocità: significa abusare di esso, dello studente, del-
la musica e della tecnica. Se lo si deve usare in questo modo lo si usi
per dare il tempo, poi lo si spenga e si continui a studiare. Il metrono-
mo serve a dare il tempo ed a controllare la precisione, non è un sosti-
tuto del proprio senso interiore del tempo.
C’è una ragione molto elementare per cui fa male usare il metronomo
per aumentare gradualmente la velocità: velocizzare non è il semplice
compito di prendere un movimento lento ed eseguirlo più velocemente.
Vengono sempre coinvolti due nuovi elementi: (1) un nuovo tipo di
movimento e (2) la transizione dal modo “statico” di applicare la forza
ad un modo “di slancio” (si veda la Sezione IV.6). Questi due elementi
spesso si aiutano l’un l’altro nel senso che il nuovo movimento usa la
modalità “di slancio”. Il processo di accelerazione consiste quindi nel
trovare questi nuovi movimenti e nel passare alla modalità di slancio.
Quando si trova il nuovo movimento si può fare un salto quantico ad
una velocità maggiore in cui la mano suona a suo agio. Di fatto a velo-
cità intermedie non sono applicabili né il movimento lento né quello
veloce ed è spesso più difficile suonare che ad alta velocità. Se accade
di impostare il metronomo a queste velocità intermedie si potrebbe lot-
tare con esse per tanto tempo e si costruirebbe un muro di velocità.
Una delle ragioni per cui il nuovo movimento funziona è che la mano
umana è uno strumento meccanico che ha delle risonanze alle quali al-
cune combinazioni di movimenti funzionano bene naturalmente. Ci
sono pochi dubbi che sia stata composta della musica per essere suona-
ta a certe velocità: il compositore ha trovato questa velocità di risonan-
za. D’altra parte ciascun individuo ha una mano diversa ed una diver-
sa velocità di risonanza e questo spiega parzialmente perché pianisti di-
versi scelgono velocità diverse. Senza il metronomo ci si può rapida-
mente adagiare ad una di queste velocità di risonanza perché la mano si
sente a suo agio, mentre le probabilità di impostare il metronomo ad
esattamente questa velocità sono molto basse. In conseguenza di ciò
con il metronomo ci si esercita quasi sempre alla velocità sbagliata, uno
dei migliori modi di costruirsi un qualsiasi numero di muri di velocità.
I metronomi elettronici sono superiori a quelli meccanici sotto ogni
aspetto. Sebbene alcuni preferiscano l’aspetto dei vecchi modelli, quelli
elettronici sono più precisi, possono emettere suoni diversi o lampeggi,
hanno volume variabile, costano meno, sono meno ingombranti, hanno
58 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

funzioni di memoria, eccetera; quelli meccanici invece sembra abbiano


sempre bisogno di essere ricaricati nei momenti peggiori.

II.20 - La Mano Sinistra Debole; L’Uso di Una Mano per


Insegnare all’Altra
Gli studenti che non studiano a mani separate avranno sempre la ma-
no destra più forte della sinistra. Ciò accade perché i passaggi della
mano destra sono in genere tecnicamente più difficili. La sinistra tende
a dover suonare passaggi che richiedono più forza, ma spesso resta in-
dietro in velocità e tecnica. Perciò qui “più debole” significa tecnica-
mente più debole, non come forza. Il metodo delle mani separate bi-
lancerà le mani perché verrà automaticamente dato più lavoro da fare
a quella più debole. Nei passaggi che una mano può suonare meglio
dell’altra, quella migliore è spesso il miglior insegnante. Per far inse-
gnare ad una mano dall’altra, si scelga un segmento breve e lo si suoni
rapidamente con la mano migliore, si ripeta poi immediatamente con la
mano debole ad un’ottava di distanza per evitare collisioni. Si scoprirà
che la mano più debole può spesso “afferrare” o “avere un’idea” di co-
me faccia quella migliore. La diteggiatura dovrebbe essere simile, ma
non è necessario che sia identica. Una volta che la mano debole “affer-
rerà l’idea” la si svezzi suonando due volte con la debole e una con la
forte, poi tre e una, eccetera.
Questa capacità di una mano di insegnare all’altra è più importante di
quanto la maggior parte delle persone realizzi. L’esempio di prima, di
risolvere una specifica difficoltà tecnica, è solo – appunto – un esempio,
la cosa più importante è che questo concetto si applica praticamente a
tutte le sessioni di studio. La ragione fondamentale di questa vasta ap-
plicabilità è che una mano fa sempre qualcosa meglio dell’altra: il rilas-
samento, la velocità, la calma nelle mani e gli innumerevoli movimenti
di dita/mano (pollice sopra, dita distese, eccetera, si vedano le sezioni
seguenti) – qualsiasi cosa nuova si stia cercando di imparare. Quindi
una volta imparato questo principio di usare una mano per insegnare
all’altra lo si usi sempre, può far risparmiare una tremenda quantità di
tempo.

II.21 - Lo Sviluppo della Resistenza, La Respirazione


“Resistenza” è un termine controverso nello studio del pianoforte.
Questa controversia origina dal fatto che suonare il pianoforte richiede
controllo, non potenza muscolare e molti studenti hanno l’impressione
II.21 - LO SVILUPPO DELLA RESISTENZA, LA RESPIRAZIONE 59

sbagliata che non acquisiranno la tecnica finché non avranno abbastan-


za muscoli. D’altro canto un certo grado di resistenza è necessario.
Questa apparente contraddizione può essere risolta comprendendo e-
sattamente cosa sia necessario e come acquisirlo. Non si possono ov-
viamente suonare passaggi intensi e pomposi senza usare energia. I
pianisti grandi e forti possono sicuramente produrre più suono di quelli
piccoli e deboli, possono suonare più facilmente pezzi “impegnativi”.
Ogni pianista ha abbastanza resistenza fisica da suonare pezzi al suo li-
vello semplicemente per via della quantità di studio che è stata necessa-
ria per arrivare lì. Nonostante questo sappiamo che la resistenza è un
problema. La risposta è nel rilassamento: quando la resistenza diventa
un problema ciò è quasi sempre dovuto all’eccessiva tensione.
L’esempio più famoso è il tremolo di ottava della sinistra nel pri-
mo movimento della Patetica di Beethoven. La sola cosa che il 90%
degli studenti ha bisogno di fare è eliminare lo stress, ma nonostante
questo molti studenti lo studiano per mesi facendo pochi progressi. Il
primo errore che fanno è suonarlo troppo forte aggiungendo altro
stress e stanchezza quando meno ce lo si può permettere. Lo si suoni
delicatamente concentrandosi solo sull’eliminazione dello stress. Prima
si studi solo l’insieme parallelo 5,1 poi 1,5. Una volta tolto lo stress ed
una volta a proprio agio con questi, si provino due 5,1 di fila. Il primo
giorno si potrebbe riuscire in meno di dieci minuti a legarne diversi in
fila, molto più veloci del necessario. Si smetta e si lasci che il miglio-
ramento post studio prenda le redini. Si studi da due a cinque minuti
tutti i giorni. Si faccia questo con entrambe le mani in modo da cam-
biarle spesso. Si suonino gli insiemi paralleli da praticamente velocità
infinita in giù fino a lento, ricordandosi solo di cercare le posizioni della
mano che eliminano lo stress. Si facciano esperimenti per trovare le
migliori posizioni di braccio/mano/dita. Dopo una settimana o due si
suoneranno quanti tremoli si vogliono alla velocità che si vuole. Ora si
cominci ad aggiungere volume ed espressività. Fatto! A questo punto
la forza fisica e la resistenza non sono affatto diversi da come erano
quando si è iniziato giusto qualche settimana prima – la cosa principale
che si è fatta è stata di trovare il miglior modo di eliminare lo stress.
Suonare pezzi impegnativi richiede circa la stessa energia di correre
una corsettina a circa quattro miglia all’ora, con il cervello che richiede
più energia delle mani/corpo. Molti giovani non riescono a corricchia-
re di continuo per più di un miglio. Chiedere quindi ad un giovane di
studiare un passaggio difficile per venti minuti continuati sforzerebbe
veramente la sua resistenza perché sarebbe all’incirca equivalente a cor-
ricchiare per un miglio. Gli insegnanti ed i genitori devono stare atten-
60 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

ti, quando i giovani iniziano le lezioni di pianoforte, per poter limitare


inizialmente i tempi di studio al di sotto dei quindici minuti finché non
verrà sviluppata un po’ di resistenza. I maratoneti hanno resistenza,
ma non sono muscolosi. È necessario condizionare il corpo per la resi-
stenza al pianoforte, ma non c’è bisogno di ulteriori muscoli.
C’è differenza tra suonare il pianoforte e correre una maratona perché
è necessario condizionare per la resistenza anche il cervello oltre che i
muscoli, proprio per questo motivo lo studio meccanico di scale ed altri
esercizi per la resistenza non funziona. I modi più efficaci di sviluppare
la resistenza sono suonare pezzi finiti e fare musica o studiare conti-
nuamente sezioni difficili a mani separate. Usando di nuovo l’analogia
con la corsa, sarebbe molto difficile per la maggior parte degli studenti
studiare materiale difficile continuamente per più di qualche ora perché
due ore di pratica sarebbero l’equivalente di correre sei miglia, un alle-
namento tremendo. Si dovrà pertanto suonare qualche pezzo facile tra
le sedute di studio dure. Sessioni di studio concentrato che durano più
di qualche ora possono non essere così utili finché non si è ad un livello
avanzato, è probabilmente meglio fare una pausa e ricominciare a stu-
diare dopo un po’ di riposo. Studiare duramente pianoforte è chiara-
mente un lavoro pesante e l’esercizio serio può mettere lo studente in ot-
tima forma. Lo studio a mani separate è particolarmente valido ri-
guardo a questo perché permette ad una mano di riposare mentre
l’altra lavora sodo, consentendo al pianista di lavorare duro quanto
vuole il 100% del tempo senza infortuni o stanchezza. Non è sicura-
mente difficile, in termini di resistenza, studiare (se si ha tempo) una
marea di esercizi meccanici per le dita per sei o otto ore al giorno. È un
processo di auto-illusione nel quale lo studente pensa che il solo dedica-
re tempo lo farà arrivare al suo obiettivo – non lo farà. Inoltre condi-
zionare il cervello è più importante di condizionare i muscoli.
Cos’è la resistenza? È qualcosa che permette di continuare a suonare
senza stancarsi. Nelle lunghe sessioni di studio di oltre diverse ore i
pianisti riprendono fiato proprio come gli atleti. Possiamo identificare
qualche fattore biologico che controlla la resistenza? Conoscerne le ba-
si biologiche è il miglior modo per capirla. In assenza di studi bio-fisici
specifici possiamo solo speculare. Abbiamo chiaramente bisogno di
una sufficiente dose di ossigeno e di un’adeguata circolazione sangui-
gna verso i muscoli e verso il cervello. I fattori più importanti che in-
fluiscono sull’apporto di ossigeno sono l’efficienza dei polmoni, la re-
spirazione e la postura. Questa può essere una ragione per cui la medi-
tazione, con l’enfasi sulla giusta respirazione usando il diaframma, è co-
sì utile. L’uso dei soli muscoli del petto per respirare sovra-utilizza
II.21 - LO SVILUPPO DELLA RESISTENZA, LA RESPIRAZIONE 61

l’apparato respiratorio e sotto-utilizza il diaframma. Il pompaggio ra-


pido del petto che ne deriva, o l’esagerata espansione di esso, può inter-
ferire con l’atto di suonare il pianoforte. L’uso del diaframma interferi-
sce meno con i movimenti del suonare. Inoltre chi non usa il diafram-
ma consciamente potrebbe tenderlo mentre suona quando si accumula
stress. Usando sia le costole che il diaframma e mantenendo una buo-
na postura, i polmoni si possono espandere al loro massimo volume
con il minor sforzo e possono quindi prendere la maggior quantità di
ossigeno. Una parte integrale del rilassamento consiste nel rilassare i
muscoli (del petto e del diaframma) usati nella respirazione. Ci si assi-
curi di non smettere di respirare mentre si suonano passaggi difficili.
Il seguente esercizio di respirazione può essere estremamente utile,
non solo per il pianoforte, ma anche per il benessere generale. Si e-
spanda il petto, si spinga giù il diaframma (farà gonfiare la pancia), si
sollevino le spalle in alto verso la schiena e si faccia un respiro profon-
do; poi si espiri completamente invertendo la procedura. Se non lo si è
fatto per molto tempo dovrebbe provocare iper-ventilazione – girerà la
testa – dopo uno o due esercizi. In questo caso ci si fermi. Si ripeta poi
più tardi e si dovrebbe scoprire di riuscire a fare più respiri senza iper-
ventilare. Si ripeta fin quando non si riusciranno a fare cinque respiri
di fila. Se si andrà ora dal dottore a fare un controllo e lui chiedesse di
fare un respiro profondo lo si potrà fare! Questo esercizio insegna le
basi della respirazione. Studiando pianoforte si tengano a mente questi
elementi e ci si assicuri di usarli in modo corretto, specialmente quando
si studia qualcosa di difficile. Respirare normalmente mentre si suona
qualcosa di difficile è un elemento importante del rilassamento. Si ese-
gua questo esercizio almeno una volta ogni diversi mesi.
Tutti i muscoli usati per suonare il pianoforte si collegano alla fine al-
le regioni vicine al centro del petto. Di conseguenza respirando solo
con il petto e bloccando il diaframma l’atto di suonare diventa inutil-
mente complesso. Stabilizzando il petto e respirando con il diaframma
suonare diventa più facile da controllare, è quindi meglio, per suonare
il pianoforte, coltivare l’abitudine di respirare con il diaframma piutto-
sto che con il petto. La respirazione è migliore quando il petto viene
espanso e non contratto. Usando il diaframma il petto rimane fermo,
ma l’addome si muove in dentro e in fuori.
I metodi precedenti per aumentare la resistenza si possono imparare
principalmente durante lo studio, al pianoforte. Altri metodi sono au-
mentare la circolazione sanguigna ed aumentare la quantità di sangue
nel corpo. Questi processi avvengono durante il miglioramento post
62 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

studio. Suonando il pianoforte è necessario un flusso supplementare di


sangue al cervello così come al meccanismo che suona; perciò il flusso
sanguigno si può aumentare assicurandosi esercitare sia il corpo sia il
cervello. Questo farà in modo che il corpo produca più sangue. La ri-
petizione meccanica (di scale, ecc.) è dannosa perché toglie la parte di
esercitazione del cervello. Esercitarsi dopo un grosso pasto potrebbe
far aumentare il rifornimento di sangue, riposare dopo il pasto, al con-
trario, ridurrà la resistenza. Questo perché esercitarsi dopo un pasto
richiede sangue per digerire, per i muscoli che suonano e per il cervel-
lo, ponendo in atto la più grossa richiesta di sangue. Chiaramente la
partecipazione ad attività sportive, la giusta salute e l’esercizio sono utili
per sviluppare la resistenza per suonare il pianoforte.
Riassumendo, i principianti che non hanno mai toccato un pianoforte
avranno bisogno di sviluppare la resistenza gradualmente perché stu-
diare pianoforte è un lavoro duro. I genitori devono stare attenti al
tempo di studio dei principianti molto giovani e permettere loro di
smettere o di riposare quando si stancano. Non si permetta mai ad un
bambino malato di studiare pianoforte, neanche pezzi facili, a causa del
rischio di aggravare la malattia e di danneggiare il cervello. Abbiamo
tutti più muscoli di quelli necessari per suonare i pezzi del nostro livel-
lo, qualunque esso sia. Anche i pianisti professionisti che studiano sei
ore al giorno non finiscono per sembrare Braccio di Ferro. Franz Liszt
era magro, niente affatto muscoloso. Acquisire la tecnica e la resistenza
non è quindi una questione di fare muscoli, ma di imparare come rilas-
sarsi e come usare correttamente la propria energia.

II.22 - Le Brutte Abitudini: Il Peggior Nemico dei Pianisti


Nello studio del pianoforte le brutte abitudini sono ciò che fa perdere
più tempo. La maggior parte di esse è dovuta allo stress di suonare
pezzi troppo difficili. Si stia quindi attenti a non studiare troppo un
passaggio troppo difficile, soprattutto a mani unite. Potrebbe addirit-
tura portare ad infortuni. Lo studio a mani unite è la più grossa causa
singola delle brutte abitudini e per questo motivo, in questa sezione, i
metodi a mani unite vengono descritti alla fine. Molte delle brutte abi-
tudini dovute allo studio a mani unite sono difficili da diagnosticare e
questo le rende ancora più perverse.
Un’altra brutta abitudine è usare troppo il pedale (di risonanza) o
quello del piano, come analizzato più avanti. È il chiaro segno di uno
studente dilettante che prende lezioni da un insegnante non qualificato.
II.22 - LE BRUTTE ABITUDINI: IL PEGGIOR NEMICO DEI PIANISTI 63

L’abuso di questi pedali può aiutare solo uno studente la cui tecnica sia
gravemente carente.
Balbettare è dovuto allo studio a singhiozzo nel quale lo studente si
ferma e suona da capo una sezione ogni volta che commette un errore.
Se si commettesse un errore si continui sempre a suonare, non ci si fer-
mi per correggerlo. Si prenda semplicemente nota mentalmente di dove
era e si suoni la sezione successiva per vedere se si ripete. In questo ca-
so si scelga un segmento breve che lo contiene e vi si lavori sopra. Una
volta presa l’abitudine di suonare attraverso gli errori si può progredire
verso il livello successivo in cui vengono anticipati (si sentono arrivare
prima che accadano) e si prendono provvedimenti per evitarli come ral-
lentare, semplificare la sezione o solo mantenere il ritmo. Se il ritmo
non viene spezzato la maggior parte degli ascoltatori non ci fa caso e di
solito non li sente neanche.
La cosa peggiore delle brutte abitudini è che richiedono così tanto
tempo per essere eliminate, specialmente se sono a mani unite. Pertanto
niente accelera il tasso di apprendimento quanto conoscerle tutte e pre-
venirle prima che siano radicate. Ad esempio, il momento per preveni-
re il balbettio è l’inizio delle lezioni di pianoforte. Se si insegna a que-
sto punto a suonare attraverso gli errori, diventa naturale farlo ed è
molto facile. Insegnarlo ad uno studente che balbetta è un compito
molto difficile.
Un’altra brutta abitudine è quella di sbattere sul pianoforte senza ri-
guardo alla musicalità. Accade spesso perché lo studente è talmente
assorto nello studio che dimentica di ascoltare i suoni che escono dallo
strumento. Questo si può prevenire coltivando l’abitudine di ascoltarsi
sempre quando si suona. Ascoltarsi è più difficile di quanto molti rea-
lizzino perché molti studenti spendono le loro fatiche nel suonare non
lasciando nulla per ascoltare. Ci sono poi quelli con le dita deboli, una
cosa più comune tra i principianti e che si corregge più facilmente di chi
sbatte troppo forte.
Una brutta abitudine è quella di suonare sempre alla velocità sbaglia-
ta: troppo velocemente o troppo lentamente. La velocità giusta è de-
terminata da tanti fattori, inclusa la difficoltà del pezzo rispetto all’abili-
tà tecnica, le aspettative del pubblico, le condizioni del pianoforte, quale
pezzo precedeva o seguirà, eccetera. Alcuni studenti potrebbero tende-
re ad eseguire pezzi troppo velocemente per il loro livello di abilità,
mentre altri sono timidi e suonano troppo lentamente. Questo non va-
le solo per le esecuzioni in pubblico, ma anche per lo studio: suonare
64 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

sempre troppo velocemente, ad esempio, non è il modo ottimale di ac-


quisire la tecnica.
Un altro problema comune è la scarsa qualità del tono. La maggior
parte delle volte, durante lo studio non ascolta nessuno perciò il tono
non sembrerebbe contare. Di conseguenza se il tono degrada legger-
mente la cosa non preoccupa lo studente ed il risultato è che, dopo un
po’, viene del tutto ignorato. Gli studenti devono sempre essere alla
ricerca del tono, non importa quanto pensino sia buono. Ascoltare
buone registrazioni è il miglior modo per risvegliare lo studente all’esis-
tenza di un buon tono. D’altro canto una volta che si presta attenzione
al tono e si cominciano ad ottenere dei risultati, ci si farà più attenzione
e si potrà facilmente imparare l’arte di produrre suoni che possono at-
trarre il pubblico.
Il numero di possibili brutte abitudini è così grande che non possono
essere analizzate tutte, qui è sufficiente dire che un atteggiamento rigo-
roso, tipo “anti-virus”, verso di esse è un requisito essenziale per un ra-
pido miglioramento.

II.23 - Il Pedale (del Forte o di Risonanza)


I principianti spesso usano troppo il pedale. La regola ovvia è: se la
musica non indica il pedale non lo si usi. Alcuni pezzi sembrano più
facili da suonare con il pedale, specialmente se si inizia lentamente a
mani unite, ma questa è una delle peggiori trappole in cui un princi-
piante possa cascare e ne fermerà veramente lo sviluppo. La meccanica
è più leggera con il pedale abbassato perché gli smorzatori vengono
sollevati dal piede e non dalle dita. La meccanica è quindi più pesante
quando si rilascia il pedale, soprattutto nelle sezioni veloci, e questo
crea una trappola che pian piano risucchia il principiante nell’usare di
più il pedale nelle parti veloci. Ciò di cui non si rendono conto questi
studenti è che se si usa il pedale dove non viene indicato sarà impossi-
bile suonare la musica correttamente a velocità.
Chi usa lo studio a mani separate cadrà raramente in questa trappola
perché il metodo porta a velocità talmente rapidamente che ci si può
immediatamente rendere conto che il pedale non serve. Un’altro tra-
bocchetto in cui spesso cadono gli studenti che usano il metodo intuiti-
vo è che all’inizio usare il pedale non sembra così male perché suonano
lentamente e si abituano a studiare usandolo, solo quando alzano la ve-
locità si rendono conto che le note si sovrappongono: si devono allora
liberare di una brutta e radicata abitudine. In Per Elisa si usi il pedale
solo per i grandi accordi arpeggiati della sinistra e nell’unico arpeggio
II.23 - IL PEDALE (DEL FORTE O DI RISONANZA) 65

della destra. I due intermezzi (tranne questo arpeggio) dovrebbero es-


sere praticamente suonati interamente senza il pedale. Anche le parti
che richiedono il pedale dovrebbero essere inizialmente studiate senza
di esso finché non si avrà sostanzialmente finito il pezzo: questo inco-
raggia la buona abitudine di tenere le dita vicino ai tasti e scoraggia la
brutta abitudine di suonare saltando troppo e alzando le mani senza
premere con decisione.
Coordinare con precisione pedale e mani non è un compito facile, per
questo gli studenti che iniziano a studiare un pezzo a mani unite con il
pedale finiranno invariabilmente con delle terribili abitudini. La pro-
cedura corretta è esercitarsi a mani separate prima senza il pedale, poi a
mani separate con il pedale, poi a mani unite senza il pedale e infine a
mani unite con il pedale. In questo modo ci si può concentrare su ogni
elemento nuovo quando lo si introduce.
Un altro punto riguardante il pedale è che deve essere “suonato” con
attenzione proprio come si suonano i tasti con le dita. Si veda la Sezio-
ne Riferimenti per trovare tutti i diversi modi di usare il pedale, quan-
do e come esercitarsi. Ci si assicuri di padroneggiare tutti questi mo-
vimenti prima di usarlo in pezzo vero. In quella sezione ci sono i rife-
rimenti ad alcuni esercizi molto utili su come esercitarsi al corretto uso
del pedale. Quando si usa il pedale si sappia esattamente quale movi-
mento si sta usando e il perché. Se, ad esempio, si volessero far vibrare
in risonanza più corde possibile si abbassi il pedale prima di suonare la
nota. Se, invece, si volesse sostenere una sola nota pulita si abbassi il
pedale dopo averla suonata; più si ritarda il pedale e meno vibrazioni
di risonanza si otterranno (nota più pulita – si veda la sezione seguente
per spiegazioni dettagliate). In generale si dovrebbe avere l’abitudine
di premere il pedale mezzo secondo dopo aver suonato la nota. Si può
ottenere un effetto legato, senza offuscare troppo, alzando ed abbassan-
do rapidamente il pedale ogni volta che si cambia accordo. È ugual-
mente importante sapere quando alzare il pedale e quando abbassarlo.
La mancanza di attenzione verso il pedale può rallentare lo sviluppo
della tecnica molto più di quanto gli studenti realizzino; al contrario
prestare attenzione al pedale può aiutarne lo sviluppo aumentando la
precisione generale di quello che si fa. Quando si fa una cosa sbagliata
diventa difficile fare tutte le altre cose correttamente. Quando si sba-
glia con il pedale non si riesce a studiare la giusta tecnica delle dita per-
ché la musica viene fuori sbagliata anche quando le dita sono tecnica-
mente corrette.
66 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

La maggior parte dello studio a mani separate dovrebbe essere con-


dotta senza il pedale anche quando questo è indicato. Quando si studia
a mani separate si sta solo cercando di capire come muovere le dita e
come gestire il passaggio, non si sta ancora provando a fare musica e il
pedale è quindi solo un’inutile interferenza. La ragione più importante
per non usare il pedale a questo punto è che la tecnica migliora più ve-
locemente senza di esso perché si può ascoltare esattamente ciò che si
suona senza l’interferenza delle note suonate prima. Inoltre i tasti sono
un po’ più pesanti, come spiegato sopra, e l’allenamento aggiuntivo
rende più facile suonare quando il pedale verrà aggiunto dopo.

II.24 - Il Pedale del Piano, Il Timbro e I Modi Normali delle


Corde Vibranti
Il pedale del piano si usa per cambiare l’umore del suono: da più per-
cussivo (senza il pedale) a più sereno e delicato (pedale abbassato). Nei
pianoforti verticali il pedale del piano rende principalmente il suono
più morbido. Nei pianoforti a coda non deve essere usato solo per ri-
durre l’intensità del suono perché ne cambia anche il timbro, per poter
suonare pianissimo si deve semplicemente imparare a suonare delica-
tamente. Un’altra proprietà dei pianoforti a coda è che si possono ot-
tenere suoni molto forti con il pedale del piano abbassato. In molti
pianoforti verticali il pedale del piano ha solo un effetto minimo sul
timbro e non si possono produrre suoni forti abbassandolo. I cambia-
menti di timbro verranno spiegati in dettaglio più avanti. Una difficol-
tà nell’uso del pedale del piano (“una corda”, o più correttamente, due
corde nei pianoforti a coda moderni) è che spesso non viene indicato
perciò la decisione di usarlo è spesso lasciata al pianista.
Una cosa generalmente trascurata riguardo al pedale del piano è
l’intonazione dei martelli. Se si tende ad aver bisogno del pedale del
piano per suonare delicatamente o se è chiaramente più facile suonare
pianissimo con il coperchio del pianoforte a coda abbassato, allora qua-
si certamente è necessaria l’intonazione dei martelli. Si veda la sottose-
zione su “L’Intonazione dei Martelli” nella Sezione 7 del Capitolo Due.
Se i martelli sono correttamente intonati si dovrebbe poter controllare
l’esecuzione delicata a qualsiasi livello senza l’uso del pedale del piano.
I martelli usurati rendono impossibile suonare delicatamente ed il peda-
le del piano ha molto meno effetto nel cambiare il tono, in questo caso
sarà maggiormente d’aiuto suonare delicatamente e nonostante lo si usi
il suono avrà una componente percussiva. I martelli usurati fanno
quindi perdere sia la capacità di suonare delicatamente sia il vero ma-
II.24 - IL PEDALE DEL PIANO, IL TIMBRO E I MODI NORMALI DELLE CORDE VIBRANTI 67

gnifico cambio di tono del pedale del piano. Nella maggior parte dei
casi le proprietà originarie del martello si possono facilmente ripristina-
re con una semplice intonazione (pettinatura e punzonatura).
Le insicurezze riguardanti le condizioni dei martelli sono in parte re-
sponsabili del motivo per cui l’uso del pedale del piano sia così dibattu-
to, dato che molti pianisti concertisti lo usano solo per suonare delica-
tamente. Come mostrato nella Sezione su “L’Intonazione dei Martelli”,
il trasferimento di energia dal martello alla corda è più efficiente quan-
do il movimento della corda è ancora piccolo. Un martello compatto
trasferisce la maggior parte della sua energia in questo raggio, per que-
sto si possono trovare così tanti vecchi grandi pianoforti a coda leggeri
come piume. Martelli soffici (sullo stesso pianoforte, senza cambiare
nient’altro) renderebbero la meccanica molto più pesante. Il motivo è
che, con un punto di impatto più soffice, la corda si alza molto di più,
rispetto alla sua posizione originaria, prima che l’energia inizi a trasfe-
rirsi. In questa posizione il trasferimento di energia è meno efficiente
ed il pianista deve spingere più forte per produrre un qualche suono. Il
peso effettivo del tasto è ovviamente controllato solo parzialmente dalla
forza richiesta per premerlo in quanto dipende anche da quella richiesta
per produrre una certa quantità di suono. In altre parole il tecnico del
pianoforte deve trovare un compromesso tra rendere il feltro del mar-
tello sufficientemente soffice da produrre un tono piacevole e sufficien-
temente duro da produrre un suono adeguato. In tutti i pianoforti,
tranne quelli di alta qualità, il feltro del martello deve essere un po’ du-
ro in modo da produrre suono a sufficienza e da rendere la meccanica
agile, questo rende difficile suonare delicatamente e può, a sua volta,
giustificare l’uso del pedale del piano dove altrimenti non andrebbe u-
sato.
Nella maggior parte dei pianoforti verticali il pedale del piano provo-
ca lo spostamento dei martelli (più vicini alle corde) restringendone co-
sì il movimento e diminuendo il volume di suono. Diversamente dai
pianoforti a coda, in quelli verticali non si possono produrre suoni forti
quando il pedale del piano è abbassato. Un vantaggio di questi piano-
forti è la possibilità di una pressione parziale di questo pedale, ci sono
pochi verticali in cui funziona in modo analogo a quello dei coda.
Nei pianoforti a coda moderni il pedale del piano fa spostare l’intera
meccanica verso destra di metà della distanza tra le corde (della stessa
nota nella sezione a tre corde). Questo fa sì che il martello colpisca so-
lo due delle tre note provocando una fortuita trasformazione nel carat-
tere del suono. Il movimento orizzontale non deve essere della distan-
68 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

za tra le corde perché altrimenti si infilerebbero nei solchi delle corde


adiacenti. Questo farebbe infilare alcune corde esattamente nei solchi
ed altre no provocando un suono non uniforme perché la distanza non
può essere controllata con sufficiente precisione. Inoltre colpendo le
parti del martello meno usate (tra i solchi delle corde) si ottiene un
suono ancora più delicato. Per capire il cambiamento di timbro dato
dal pedale del piano dobbiamo studiare la meccanica acustica delle cor-
de vibranti accoppiate (si veda il riferimento a Scientific American).
La quasi totalità del suono di pianoforte che sentiamo è prodotto dai
cosiddetti modi normali in meccanica. Questa è la ragione per cui il
suono del pianoforte consiste principalmente nella fondamentale e nelle
sue armoniche. I modi normali possono sempre essere decomposti nel-
le loro componenti su due piani ortogonali, diciamo verticale e orizzon-
tale. Inoltre queste oscillazioni hanno lunghezze d’onda che sono fra-
zioni intere della lunghezza della corda. Perché la corda oscilla nei
modi normali invece che produrre un miscuglio di lunghezze d’onda e
di onde in movimento? Il martello ne produce un sacco nell’istante in cui
colpisce. Se si posa la mano sul pianoforte lo si può sentir “rabbrividi-
re” per un attimo: è come il “rumore bianco”, energia diffusa su un
ampio spettro di frequenze. Le componenti di questa energia nella
gamma udibile non sono sufficienti a produrre una quantità significante
di quello che le nostre orecchie interpretano come suono. Ciò che ac-
cade è che la maggior parte dell’energia sfugge via rapidamente dalle
corde, dopo solo poche vibrazioni, attraverso i suoi estremi. Tutto
questo avviene nel giro di pochi millisecondi, un tempo troppo breve
per l’orecchio per sentire nulla.
L’unica energia intrappolata nella corda è quella dei modi normali.
Perché? Perché nei modi normali i capi della corda sono nodi: punti
immobili della corda. Vengono intrappolati solo i modi normali perché
non può essere trasmessa energia trasversale attraverso una corda im-
mobile, ma non solo: i capi delle corde di pianoforte non sono nodi i-
deali (assolutamente fermi). I ponticelli e le caviglie sono progettati con
il giusto grado di flessibilità in modo che una quantità controllata di
suono venga trasmessa alla tavola armonica: è così che il pianoforte
produce la nota fondamentale e le sue armoniche. Vengono intrappo-
late solo le armoniche esatte perché queste sono le uniche vibrazioni i
cui nodi coincidono con quelli della fondamentale ai capi della corda.
Siccome il martello colpisce la corda nel piano verticale, anche tutti i
modi normali sono inizialmente in questo piano. Un pianoforte eco-
nomico non è costruito così rigidamente e con materiale così pesante
come uno costoso ed ha quindi nodi più allentati, che permettono a
II.24 - IL PEDALE DEL PIANO, IL TIMBRO E I MODI NORMALI DELLE CORDE VIBRANTI 69

meno energia di essere intrappolata. Un pianoforte economico ha me-


no suono sostenuto perché l’energia sfugge rapidamente. Uno più
grande può produrre più suono perché le corde più lunghe, con più
tensione, possono immagazzinare più energia. Allo stesso tempo i nodi
più rigidi, dei pianoforti più rigidi e meglio costruiti, permettono a me-
no energia di scappare producendo note sostenute più a lungo.
Quali sono i modi normali di tre corde parallele i cui capi sono ac-
coppiati legandoli insieme sul ponticello? Queste corde si possono
muovere tutte nella stessa direzione, spingendo quindi il pianoforte, o
muoversi in opposizione l’un l’altra, nel qual caso il pianoforte non si
muove. I movimenti opposti sono detti modi simmetrici perché le cor-
de si muovono simmetricamente in direzione opposta rispetto al bari-
centro delle tre. Quest’ultimo è fermo durante questi movimenti. Sic-
come è necessaria un sacco di energia per spostare il pianoforte, i modi
non simmetrici si dissipano rapidamente lasciando solo i modi simme-
trici come possibili modi normali di un sistema a tre corde. C’è un solo
modo normale verticale per un sistema a tre corde: la corda di mezzo si
sposta in una direzione mentre le altre due si muovono di metà
dell’ampiezza nella direzione opposta. In un sistema a due corde non
c’è alcun modo normale verticale! L’unico in cui una corda si sposta in
alto e l’altra si sposta in basso non è simmetrico: farebbe girare il pia-
noforte. L’unico modo orizzontale possibile per due corde è quello in
cui si spostano in direzione opposta. La mancanza di modi normali
simmetrici è una delle ragioni per cui le fondamentali sono così deboli
nelle sezioni a due e ad una corda nei bassi. Il movimento effettivo del-
le corde può essere una qualunque combinazione di questi modi nor-
mali. Le diverse somme dei modi normali determinano la polarizza-
zione delle oscillazioni, questa cambia nel tempo e questo cambiamento
controlla la natura del suono del pianoforte.
Possiamo ora spiegare cosa succede quando il martello colpisce un si-
stema a tre corde. All’inizio produce principalmente modi normali ver-
ticali e, siccome questi si accoppiano efficacemente con la tavola armo-
nica (che non è flessibile in questa direzione), viene prodotto un suono
forte ed “immediato”. Grazie all’alta efficienza di questo accoppiamen-
to la tavola armonica vibra attivamente producendo un suono percus-
sivo simile a quello dei tamburi. Ora, siccome il pianoforte non è sim-
metrico, dalle vibrazioni verticali ai due capi delle corde si vengono a
creare alcuni movimenti laterali che trasferiscono energia dai modi ver-
ticali a quelli orizzontali. Questi nuovi modi cedono poca energia alla
tavola armonica perché in direzione orizzontale è più “dura” e non può
vibrare. Questo eccita un diverso insieme di modi vibratori, cambian-
70 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

do quindi il timbro del suono. Quando vengono colpite tre corde ci sa-
rà di conseguenza un suono immediato percussivo accompagnato da un
più delicato suono a seguire.
Si noti che il suono immediato ha due componenti: il rumore iniziale
associato al rumore bianco del colpo del martello, che produce un gran
numero di onde non stazionarie e vibrazioni non armoniche, ed il suc-
cessivo suono immediato creato principalmente dai modi normali. Pro-
babilmente è questo picco di suono iniziale ad essere il più dannoso alle
orecchie perché il volume istantaneo del suono di questo impatto può
essere piuttosto alto, specialmente con martelli usurati che rilasciano la
maggior parte della propria energia durante l’impatto iniziale. Si veda
“L’Intonazione dei Martelli” nella Sezione 7 del Capitolo Due per i
dettagli sull’interazione tra martelli usurati e corde. Nei pianoforti con
tali martelli può essere saggio chiudere il coperchio (come la maggior
parte dei loro proprietari probabilmente già fa a causa degli effetti
dolorosi alle orecchie). Certamente niente supera una corretta intona-
zione dei martelli.
Le spiegazioni precedenti sono ovviamente di gran lunga semplificate.
Anche l’articolo di Scientific American indicato nei Riferimenti è del
tutto inadeguato a spiegare il vero funzionamento di un sistema a tre
corde. L’articolo tratta principalmente i movimenti di una corda e ana-
lizza l’interazione tra due corde nei casi semplificati ideali. Un vero si-
stema a tre corde non viene analizzato. La maggior parte delle analisi
delle corde vibranti si preoccupa dei movimenti trasversali perché sono
i più visibili e spiegano l’esistenza della fondamentale e delle armoni-
che. Sebbene i nodi non trasmettano movimenti trasversali, lo fanno le
forze di tensione. L’analisi nella Sezione “L’Intonazione dei Martelli”
rende chiaro che le forze di tensione non si possono ignorare perché
sono molto più grandi di quelle trasversali e possono ben dominare
l’acustica del pianoforte. Inoltre la conclusione tratta sopra sui modi
normali dipende in gran parte dalla costante di accoppiamento: con co-
stanti di accoppiamento piccole il sistema diventa una sovrapposizione
di movimenti accoppiati e disaccoppiati che permettono molti più modi.
L’analisi di cui sopra fa perciò assaporare solo qualitativamente quello
che potrebbe accadere e non dà una descrizione né quantitativa né
meccanicamente corretta di un vero pianoforte.
Questo tipo di comprensione dell’acustica del pianoforte ci aiuta a tro-
vare il modo corretto di usare il pedale. Abbassandolo prima di
suonare una nota il “rumore bianco” iniziale ecciterà tutte le corde cre-
ando un soffice roboare di sottofondo. Mettendo il dito su una qual-
II.24 - IL PEDALE DEL PIANO, IL TIMBRO E I MODI NORMALI DELLE CORDE VIBRANTI 71

siasi corda la si può sentir vibrare. Le corde in ottava e le armoniche,


rispetto a quelle dissonanti, vibreranno tuttavia con ampiezze maggiori.
Questo indica che il “rumore bianco” iniziale non è bianco, ma favori-
sce i modi normali: c’era da aspettarselo perché le estremità delle corde
sono tenute ferme, quando il martello colpisce, scoraggiando così
l’eccitazione delle vibrazioni dei modi non normali. Il pianoforte,
quindi, non solo intrappola selettivamente i modi normali, ma li genera
anche. Abbassando il pedale dopo aver colpito una nota ci saranno vi-
brazioni solidali nelle corde in ottava e nelle armoniche, ma le altre
corde saranno quasi del tutto silenziose. Questo produce una chiara
nota sostenuta. La lezione qui è che, in generale, il pedale dovrebbe
venire abbassato immediatamente dopo aver suonato la nota, non pri-
ma. È una buona abitudine da coltivare.
Molte delle spiegazioni precedenti si possono dimostrare sperimen-
talmente. I movimenti delle corde si possono misurare direttamente
con una serie di strumenti prontamente disponibili. Un secondo meto-
do consiste nell’usare il fatto che le vibrazioni delle corde sono processi
lineari, decadono cioè esponenzialmente nel tempo. Quando il decadi-
mento del suono viene diagrammato su scala logaritmica si ottiene
quindi una linea retta (si veda il riferimento a Scientific American). Nel
disegnarlo in questo modo, comunque, si ottengono due linee rette:
una iniziale con pendenza ripida (decadimento più veloce) seguita da
un’altra con pendenza minore. Queste due linee coincidono con la no-
stra percezione di suono immediato e suono a seguire. Il fatto che que-
ste linee siano così rette ci dice che il nostro modello lineare è molto
preciso. Nei sistemi lineari l’esistenza di due linee rette dimostra anche
che provengono da due meccanismi distinti (in questo caso diversi tipi
di vibrazioni). Il tasso di trasferimento dell’energia vibrazionale verti-
cale verso le vibrazioni orizzontali è costante perché le vibrazioni delle
corde non sono abbastanza violente da distorcere il pianoforte. Questo
spiega perché il rapporto tra il suono immediato e quello a seguire è
indipendente dall’intensità: non si può cambiare il timbro solo suonan-
do piano. Il pedale del piano sui pianoforti verticali non funziona così
bene per questo motivo. Tuttavia c’è un ammonimento. Il timbro vie-
ne controllato da almeno due fattori: il rapporto tra suono immediato e
suono a seguire (appena trattato) ed il contenuto armonico, che dipen-
de dall’intensità. Quando il martello colpisce una corda con maggior
forza la corda si deforma di più, questo crea nel suono più componenti
ad alta frequenza. Questo contenuto armonico più in alto rende il suo-
no più squillante o stridulo. In pratica il contenuto armonico viene
controllato molto più dalla condizione del martello che dall’intensità.
72 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

Una corretta intonazione è perciò necessaria per poter produrre un pia-


cevole tono di pianoforte, specialmente nei suoni forti.
La corda non colpita gioca un ruolo importante nel produrre il suono
una corda, questa agisce come riserva nella quale le altre due possono
scaricare la loro energia. Siccome la vibrazione della terza corda è in
contro-fase (una corda guidata è in contro-fase con chi la guida) prende
il fronte dal suono immediato nello stesso istante ed eccita modi vibra-
zionali diversi da quelli che risultano quando tutte e tre vengono colpi-
te assieme.
Si può usare mezzo pedale del piano su un pianoforte a coda? Questo
non dovrebbe creare controversie, ma lo fa. Se si usa un pedale parzia-
le si otterrà sicuramente un suono nuovo. Non c’è ragione per cui ad
un pianista non dovrebbe essere permesso di fare questo e non c’è
niente di male se viene prodotto un nuovo effetto interessante. Questo
modo di suonare non è comunque stato inizialmente progettato nel
pianoforte e non conosco nessun compositore che abbia composto per
mezzo pedale del piano su pianoforti a coda. Si noti che un suo uso e-
steso sui coda farà limare via una parte del martello. Inoltre è impossi-
bile per il tecnico regolare il pianoforte in modo tale che la terza corda
manchi sempre il martello per la stessa depressione del pedale, per tutti
i martelli insieme. L’effetto, di conseguenza, non sarebbe uniforme e
sarebbe diverso da pianoforte a pianoforte. Usare a metà il pedale del
piano sui coda non è quindi consigliabile a meno di non aver sperimen-
tato e di non cercare di produrre uno strano nuovo effetto. Nondime-
no, racconti aneddotici sembrano indicare che un tal uso avvenga, pro-
babilmente per ignoranza sul funzionamento da parte del pianista.
Nelle sezioni a due o una corda le corde hanno diametri molto mag-
giori perciò quando la meccanica si sposta di lato le corde urtano la
parte laterale dei solchi acquisendo un moto orizzontale e incrementan-
do l’effetto della componente di suono a seguire. Questo meccanismo è
davvero diabolicamente ingegnoso!
Il bisogno di eccitare ampi modi normali verticali per ottenere suoni
forti spiega il motivo per cui tali suoni vengano prodotti sul pianoforte
da doppi colpi in rapida successione. È per questo motivo che così tan-
ti pezzi di musica con finali intensi finiscono spesso con dei doppi ac-
cordi pieni. Il colpo iniziale crea un’onda in movimento lungo la corda
perché il martello colpisce le corde vicino ad una estremità. Se il mar-
tello viene fatto colpire di nuovo, subito dopo la prima volta, verrà
fornita una nuova onda di energia che produce un suono più forte.
Questa seconda onda non si dissipa velocemente come la prima perché
II.25 - LE MANI UNITE: FANTAISIE IMPROMPTU DI CHOPIN 73

tutti i modi di oscillazione disponibili sono stati eccitati. Il secondo col-


po produce il suono più forte che un pianoforte possa produrre. Un
terzo colpo diventa imprevedibile perché le corde si stanno ora muo-
vendo e sia queste sia i martelli possono essere fuori fase, in questo ca-
so un terzo colpo potrebbe attutire il suono.
Riassumendo, il nome “pedale del piano” è un termine improprio per
il pianoforte a coda. Il suo effetto principale è di cambiare il timbro del
suono. Se si suona un suono forte con il pedale del piano abbassato,
sarà praticamente forte quanto senza di esso. Questo perché si è
utilizzata la stessa quantità di energia nel produrlo. Per contro, è più
facile suonare delicatamente usando il pedale del piano sulla maggior
parte dei pianoforti. Posto che i martelli siano in buone condizioni, si
dovrebbe riuscire a suonare ugualmente delicatamente anche senza il
pedale del piano. Un pedale del piano parziale produrrà tutti i tipi di
effetti imprevedibili e non uniformi, quindi non si dovrebbe usare nei
pianoforti a coda.

II.25 - Le Mani Unite: Fantaisie Impromptu di Chopin


Possiamo ora finalmente iniziare ad unire le mani. La maggior parte
degli studenti incontra qui le maggiori difficoltà, specialmente nei pri-
mi anni di lezioni di pianoforte. Sebbene i metodi presentati dovreb-
bero aiutare immediatamente ad acquisire velocemente la tecnica, ci
vorranno circa due anni prima di poter trarre veramente vantaggio da
tutto quello che hanno da offrire, specialmente per chi usava quelli in-
tuitivi. Si lavori perciò sull’imparare il metodo così come ad usarlo per
imparare un particolare pezzo. La domanda principale è: cosa dobbia-
mo fare per poter suonare rapidamente a mani unite? Nel rispondere,
impareremo il perché abbiamo dedicato così tanto di questa sezione al-
lo studio a mani separate. Come presto vedremo, unire le mani non è
difficile, se si sa come fare.
Suonare a mani unite è quasi come provare a pensare contemporane-
amente a due cose diverse: non c’è nessuna coordinazione pre-
programmata tra le due mani come nel caso degli occhi (per giudicare
la distanza), delle orecchie (per determinare la direzione di provenienza
dei suoni) o delle gambe (per camminare). Sarà di conseguenza neces-
sario un po’ di lavoro per imparare a coordinare con precisione le ma-
ni. Il precedente studio a mani separate rende questa coordinazione
molto più facile da ottenere perché dobbiamo focalizzarci solo su di es-
sa e non dobbiamo sviluppare contemporaneamente anche la tecnica
dito/mano.
74 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

La buona notizia è che c’è solo un “segreto” principale per imparare


rapidamente ad unire le mani (ci sono certamente numerosi trucchi mi-
nori, come il delineare). Questo segreto è l’aver fatto un adeguato la-
voro a mani separate. Tutta l’acquisizione della tecnica deve essere fat-
ta a mani separate. In altre parole: non si provi ad acquisire a mani
unite la tecnica che si può acquisire a mani separate. Ormai il motivo
dovrebbe essere ovvio: provando ad acquisire a mani unite la tecnica
che si può acquisire a mani separate si incorrerà in problemi come:
(1) sviluppo di stress, (2) mani sbilanciate (la destra tende a diventare
più forte), (3) acquisizione di brutte abitudini impossibili da cambiare
dopo, (4) creazione di muri di velocità, (5) incorporazione di errori, ec-
cetera. Si noti che tutti i muri di velocità vengono creati: sono il risulta-
to dello stress o del suonare in modo scorretto. Ognuno ne ha pertan-
to un insieme diverso e uno studio prematuro a mani unite ne può cre-
are un numero qualsiasi. La diteggiatura sbagliata è un altro grosso
problema: alcune diteggiature appaiono più naturali quando vengono
suonate lentamente a mani unite, ma diventano impossibili quando
vengono velocizzate. Il miglior esempio è suonare con il “pollice sot-
to”.
Tutto questo porta al fatto che c’è bisogno di un qualche criterio per
decidere quando si abbia studiato a sufficienza a mani separate. Un
criterio ovvio è vedere se si hanno ancora difficoltà a mani unite nono-
stante un considerevole lavoro a mani separate. Molto spesso significa
che è solo necessario altro lavoro a mani separate. Potrebbe però non
essere un buon criterio perché non ci dice se le difficoltà sono dovute
ad una tecnica di dita inadeguata o ad una mancanza di coordinazione
tra le mani. Nel caso di mancanza di coordinazione allora si dovranno
studiare segmenti più piccoli.
Un criterio migliore è la velocità a mani separate. Tipicamente la
massima velocità a cui si riesce a suonare a mani unite è il 50%-90%
della velocità più lenta a mani separate. Questa velocità più lenta è di
solito nella sinistra. Si supponga di riuscire a suonare con la destra a
velocità 10 e con la sinistra a velocità 9. La massima velocità a mani
unite potrebbe allora essere 7. Il modo più rapido di portare questa
velocità a mani unite a 9 è di alzare la velocità della destra a 12 e quella
della sinistra a 11. Non si provi ad alzarla a mani unite. Aumentare la
velocità a mani unite è probabilmente la più grossa causa di problemi
del metodo intuitivo. Come regola generale, si porti la velocità a mani
separate a circa il 50% oltre la velocità finale. Il criterio che stavamo
cercando sopra è di conseguenza questo: se si riesce a suonare a mani
separate, rilassati e sotto controllo a circa il 150% della velocità finale
II.25 - LE MANI UNITE: FANTAISIE IMPROMPTU DI CHOPIN 75

allora si è pronti per lo studio a mani unite. Non è necessario misurare


la velocità a mani separate con il metronomo, ci si assicuri solamente
che questa velocità sia molto più alta di quella a mani unite. Se si aves-
sero ancora problemi si torni a separare le mani e si aumenti un po’ di
più la velocità. Suonare a mani unite verrà rapidamente dopo aver fat-
to sufficiente lavoro a mani separate.
C’è un mondo di differenza nel come il cervello si occupa dei compiti
di una sola mano rispetto a quelli che richiedono la coordinazione di
entrambe. Lo studio a mani separate migliora l’abilità di occuparsi di
una mano ed evita la tendenza a creare abitudini non direttamente con-
trollate dal cervello perché quest’ultimo ha il controllo diretto di ogni
funzione. I movimenti a mani unite, per contro, possono essere educati
solo con la ripetizione creando un’abitudine di riflesso. Un’indicazione
di questo è il fatto che i movimenti a mani unite impiegano più tempo
ad essere imparati. Le brutte abitudini a mani unite sono perciò le
peggiori; il miglior modo di acquisire rapidamente la tecnica è di evi-
tarle. Per questo motivo è così importante ritardare lo studio a mani
unite finché non si è sicuri che la preparazione a mani separate sia ade-
guata.
L’abilità di coordinare le mani, controllandole indipendentemente, è
una delle abilità più difficili da imparare al pianoforte. L’altra faccia
della medaglia è che questo rende le abitudini a mani unite quasi im-
possibili da disfare – nessuno ha ancora trovato un modo di cancellarle
rapidamente. Questa è la ragione principale per cui così tanti studenti
passano così tanto tempo a provare ad imparare a mani unite – unisco-
no le mani prima di essere pronti e finiscono per provare ad acquisire
la tecnica a mani unite. Si può iniziare il lavoro a mani unite in qual-
siasi momento – solamente, nel farlo, non si provi a migliorare la tecni-
ca. Lo studio a mani separate è fondamentalmente diverso: si possono
modificare relativamente rapidamente diteggiatura e movimenti delle
mani e si può aumentare la velocità con molti meno rischi di acquisire
brutte abitudini. Non è però sufficiente arrivare solo alla velocità finale
a mani separate, si deve poter suonare molto più velocemente prima di
essere pronti a suonare a mani unite. Solo arrivando a tali velocità ele-
vate ci si può garantire che tutte le posizioni ed i movimenti di di-
ta/mano/braccio siano ottimizzati (altrimenti non si riuscirebbe ad arri-
varci). Dopo aver fatto abbastanza lavoro di preparazione a mani se-
parate si scoprirà che suonare a mani unite alla velocità finale è sor-
prendentemente rapido e facile. Tutti i potenziali muri di velocità a
mani unite sono stati effettivamente scalati evitando gli errori che li
creano. Si può agevolare tutto ciò facendo qualche studio preliminare
76 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

preciso a mani unite a bassa velocità, che può sempre essere fatto – an-
che prima che la parte a mani separate sia pronta. La cosa importante
qui è che si facciano solo degli esperimenti e non ci si abitui ai movi-
menti a mani unite fin quando non si è sicuri di avere tutta la tecnica
necessaria a mani separate. Ad esempio, la precisione degli accordi e
dei salti si può sviluppare meglio a mani separate. Studiare volate ve-
loci, accordi o salti a mani unite è minacciosamente difficile e non c’è
bisogno di crearsi tali difficoltà.
Ecco allora un suggerimento di procedura per imparare a mani unite.
Si supponga che la velocità finale sia 100. Prima si memorizzi e si im-
pari a mani separate ad 80 o anche a 100 (tutto il pezzo, o una sezione
grande di almeno diverse pagine; a questo punto non è necessario che
sia perfetta), potrà richiedere due o tre giorni. Si inizi poi a mani unite
tra 30 e 50. Gli obiettivi a mani unite sono: memorizzare e assicurarsi
che diteggiatura, posizioni delle mani, ecc. funzionino. Tutto questo
potrà richiedere un altro giorno o due. Sarà in generale necessario fare
qualche modifica come quando le mani si scontrano o quando una de-
ve passare sopra/sotto l’altra, eccetera. Si lavori successivamente a ma-
ni separate sulle sezioni difficili fino a velocità oltre 100. Quando si
riuscirà a suonare a proprio agio tra 120 e 150 si sarà pronti per inizia-
re studiare seriamente a mani unite. La velocità di studio a mani unite
deve essere variata; non appena ci si inizia a confondere, si ripulisca la
confusione suonando a mani separate. In generale si alternerà tra mani
unite e separate per giorni, se non settimane, con lo studio a mani unite
che prende progressivamente il sopravvento. Nel migliorare a mani
unite si mantenga sempre lo studio a mani separate ben al di sopra per-
ché questo è il miglior modo.
Possiamo ora capire il motivo per cui alcuni studenti hanno problemi
quando provano a imparare pezzi troppo difficili studiando principal-
mente a mani unite. Il risultato è un pezzo non suonabile, pieno di
stress, di muri di velocità e di brutte abitudini che bloccano completa-
mente qualsiasi miglioramento perché i movimenti problematici sono
radicati. Quando accade questo, nessuna quantità di studio sarà
d’aiuto. Per contro, usando i metodi di questo libro non c’è niente di
troppo difficile (ragionevolmente). Nonostante ciò, non è ugualmente
una buona idea affrontare pezzi troppo al di sopra del proprio livello di
abilità, a causa della tremenda quantità di studio a mani separate che
sarebbe necessaria prima di poter iniziare lo studio a mani unite. Molte
persone sarebbero impazienti e inizierebbero a mani unite o abbando-
nerebbero le mani separate prematuramente finendo per procurarsi
problemi in ogni caso.

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