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Gianfranco Finì.

Potremmo riassumere così vita, morte e miracoli di un uomo che ha


sbagliato tutto. La storia, a grandi linee, la conoscono anche i muri, noi la riassumiamo
per farci un’idea e due risate. E’ noto che il nostro uomo, Gianfranco, ex leader della
destra “radicale” e ex leader della destra “moderna” – ex tutto insomma – sta
cercando da parecchio tempo di emergere come astro nascente della politica italiana.
Dopo la liquidazione di Alleanza Nazionale ha messo in piedi una rete personale
piuttosto importante: un movimento d’opinione (Generazione Italia), un laboratorio
culturale (FareFuturo), un giornale (Il Secolo d’Italia), un paio di siti internet. Si è
circondato di una cricca di sedicenti intellettuali e tutti insieme appassionatamente
ambiscono a diventare i portabandiera di una nuova destra. Fin qui niente di male
direte voi. Chiunque abbia delle idee – anche minoritarie, anche strampalate – può
cercare di costruirci sopra un progetto politico. Si fa il suo bel partito con un simbolo
color – chessò – cravatta rosa, si candida alle elezioni e lì si vede se la gente crede che
questo progetto possa avere seguito. Se ce l’ha, buon per lui e tanti auguri, altrimenti
arrivederci e grazie.

Il nostro Gianfranco, però, non ha avuto il coraggio e l’onestà di seguire questo


percorso. E’ rimasto nel Popolo della Libertà saldo e immobile come la piramide di
Cheope, non se ne va da nessuna parte, non lascia la presidenza della Camera e,
soprattutto, continua a comportarsi come se nulla fosse. Geniale! Nel frattempo, però,
ha contraddetto il suo governo e la sua maggioranza sulla quasi totalità dei
provvedimenti discussi, dalla giustizia all’immigrazione, dal federalismo alle riforme
istituzionali. Ha accusato Berlusconi di gestire il partito come un dittatore, lui che
quando un partito ce l’aveva ancora ne aveva azzerata la classe dirigente dalla sera
alla mattina perché si era offeso per delle chiacchiere da bar.

Ha sputtanato il Presidente del Consiglio in diretta televisiva parlando con un


magistrato e credendo di non essere ascoltato, salvo poi rivendicare trasparenza nelle
scelte politiche all’interno del Pdl. Ha preteso una riunione del partito per far valere le
ragioni del suo gruppo, ma quando si è andati alla conta ci si è improvvisamente
accorti che di questo suo gruppo rimanevano quattro amici al bar e poco più. Infine si
è stracciato le vesti contro la lottizzazione della Rai ma poi è stato beccato con le mani
della marmellata, quando si è visto che il finiano Mazza, direttore di Rai Uno,
appaltava produzioni milionarie a suo cognato e alla moglie del suo fido “Sancho
Panza” Italo Bocchino.

Una cosa è certa. In tutta questa sceneggiata Gianfranco Fini non ha mai perso il suo
famoso aplomb. Un blazer blu impeccabile, una giovanile cravatta rosa,
un’abbronzatura caraibica permanente. Un brindisi all’ambasciata d’Israele, un
incontro con gli studenti di una scuola privata, un libro da presentare al circolo della
stampa.

Tutto molto bello, molto rassicurante, ma di carne al fuoco per succedere a Berlusconi
ce n’è veramente poca. Come una di quelle uova di Pasqua di pasticceria, con tre chili
di carta argentata e fiocchi e fiocchetti di ogni tipo. Alla fine, potete scommetterci, la
sorpresa delude sempre.

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