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Centro Italiano di Studi di Storia e d’Arte

Pistoia

COMUNE DI PISTOIA — PROVINCIA DI PISTOIA


CAMERA DI COMMERCIO, INDUSTRIA, ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI PISTOIA
FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA

Ventiquattresimo Convegno
Internazionale di Studi

I paesaggi agrari d’Europa


(secoli XIII-XV)

Pistoia, 16-19 maggio 2013

viella
Copyright © 2015 – Centro Italiano di Studi di Storia e d’Arte, Pistoia
Tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-6728-434-4

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via delle Alpi, 32
I-00198 ROMA
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fax 06 85 35 39 60
www.viella.it
Venerdì 17 maggio, mattina
Pistoia, Sala Sinodale dell’Antico Palazzo dei Vescovi
Presidente Prof. Roberto Greci

Lorenzo Pubblici
Le conseguenze dell’invasione mongola
sul paesaggio agrario.
I casi dell’Orda d’Oro e dell’Il-Kanato

Al tempo della conquista mongola sottomisero gli abitanti


di grandi e popolose città e vaste province a tali massacri che
difficilmente qualcuno rimase vivo, come nel caso di Balkh,
Shuburqan, Taliquan, Marv, Sarakhs, Herat, Turkestan, Ray,
Hamadan […] In alcune aree di frontiera, attraversate fre-
quentemente dagli eserciti, la popolazione locale fu annientata
completamente o se ne fuggì, lasciando loro vasti territori, come
nel caso dell’Uighuristan e altre regioni che ora costituiscono il
confine fra l’ulus dei Qan e Qaidu […] Non la decima parte del-
le terre è ora coltivata e il resto è tuttora in disuso.
Rashid ad-Din Hamdani, Jami al-Tawarikh

La storia dell’impero mongolo ha da sempre attratto l’attenzio-


ne degli storici, ma già i contemporanei ne furono profondamente
colpiti; l’inarrestabile avanzata di un popolo sostanzialmente nomade
e la sua rapidità hanno influenzato le fonti al punto che, per circa un
ventennio, tutte le evidenze narrative dai quattro angoli dell’Eurasia
riportano l’evento, anche se spesso in modo inesatto e con qualche
esagerazione; la vastità dell’impero costituitosi all’indomani delle
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Lorenzo Pubblici

conquiste fu tale che né prima né dopo un’entità politica coerente si


è ad essa avvicinata per dimensioni, eccezion fatta per l’impero bri-
tannico nel XIX secolo; i Mongoli gengiskanidi1 erano portatori di
 

un modello economico, politico e sociale estraneo alle civiltà della


scrittura con le quali si trovarono in contatto e questo suscitò terrore,
spesso diffidenza, sempre e comunque una forte curiosità. Di fatto la
tendenza più comune della storiografia non specialistica è stata quel-
la di racchiudere la storia del nomadismo turco-altaico entro una
gabbia mitica, affascinante, ma de-storicizzata, concentrandosi più
sulla ferocia e sulla dimensione sovra-mentale, affidandosi a resocon-
ti terrorizzati e terrorizzanti piuttosto che studiare le fonti con rigore
e capire un fenomeno complesso come quello della costituzione e dei
successivi sviluppi di un organismo di potere così articolato.

1. Le fasi della conquista


L’impero mongolo è stato il frutto di una pianificazione siste-
matica, maniacale. La conquista ebbe inizio in Cina, contro gli stati
che la componevano allora: Chin, Sung e Minyak (Xi Xia). Nel 1215
venne presa Pechino, allora nel regno della dinastia Chin.
Subito dopo l’esercito guidato da Gengis Khan si rivolse ver-
so occidente dando inizio a un’imponente campagna militare contro
l’Asia centrale. Il territorio compreso fra il Mar Caspio e il mare
d’Aral, oggi Kazakistan, Afghanistan e parte dell’Iraq venne attac-
cato nel 1218 dopo che il governatore di Utrar ebbe fatto uccidere
tre mercanti mongoli, forse spie al soldo dell’esercito nomade. Dal
1220 caddero tutte le città della regione: Sighnaq, Žend, Utrar,
Samarcanda, Bukhara (febbraio 1220), Urgench (aprile 1221). Fu
una lezione durissima per i contemporanei perché queste due ultime
città in particolare erano considerate imprendibili. Poi fu la volta di
Balkh e Nishapur (10 aprile 1221) che fu letteralmente rasa al suo-

1 La translitterazione dal mongolo è un problema ancora aperto. In Mongolia


si usano due modi di scrittura diversi: uno locale, di origine altaica, quindi verticale
e l’altro cirillico assai simile al russo ma con due lettere in più rispetto a quest’ul-
timo. Per semplificare utilizzerò in questo saggio sempre la versione più comune e
comprensibile senza ricorrere alla translitterazione standard russo-italiano, che è
quella offerta da Giovanni Maver nell’enciclopedia italiana e generalmente accettata
in ambito accademico. In altre parole cercherò di limitare al minimo i segni diacritici
e userò Gengis Khan in luogo di Čingis Qan; Il-khanato in luogo di Il-Qanato ecc.

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Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

lo per aver osato resistere ed aver costretto l’esercito di Gengis Khan


ad un lungo assedio2.  

La prima incursione nel Caucaso si ebbe in questa occasione. I


Tatari passarono a sud del Caspio ed arrivano a Hamadan (oggi in
Iran, a ovest di Teheran). Marciarono verso l’Azerbaijan e penetraro-
no in Georgia (retta allora da Giorgio Lasha, successore della regina
Tamara). Affrontarono un’unione di eserciti prevalentemente geor-
giano-azerbaijani annientandoli. Salirono verso nord dove dovettero
affrontare le popolazioni nomadi della Ciscaucasia: Alani, Cumani,
Lazi.
Fu in questa circostanza che vi fu il primo incontro fra i prin-
cipati russi e i Mongoli. Uno dei principi russi, Mstislav di Galič,
reggente dell’omonimo principato, affrontò i Mongoli con un eserci-
to formato anche da Cumani e sulla Kalka, forse il Kalec fra Dnepr e
Don, venne duramente sconfitto (1223).
Nell’agosto 1227 morì Gengis Khan. Gli succedette il terzo fi-
glio, Ögödei; l’impero, quello già conquistato e quello ancora da
prendere, fu diviso in tre parti: a ovest il territorio spettava al fi-
glio maggiore, Giuči, ma siccome era morto nel febbraio dello stesso
anno, ne divenne erede il figlio e nipote di Gengis Khan, Batu. Le
terre d’origine, le più orientali, andarono al figlio minore, Tuli. In
Asia centrale fu costituito il khanato di Chagatai.
Nell’agosto 1231 l’esercito mongolo si stabilì presso le rive del
fiume Kura, nella piana di Mugan (oggi fra Azerbaijan meridionale
e Iran nord-occidentale), dalla quale poteva preparare le operazio-
ni militari. L’obiettivo erano l’impero Corasmio, ovvero la Persia, il
delta dell’Oxus (Amu Darya) e la Transoxiana3. Da qui in avanti è
 

un’escalation inarrestabile: nel 1236 venne conquistata la Georgia;


nel 1239 la Grande Armenia; nel 1242 cadde il sultanato di Konya.
Il sultano accettò la protezione mongola (giugno 1243). Nel 1242 i
Mongoli conquistarono Mosul. Il governatore della città («atabeg»)
fece come il collega turco, e accettò la protezione mongola.
Nel gran consiglio dei capi mongoli («quriltai») del 1235 ven-

2 Si veda su questo ad esempio la narrazione che ne fa Ata Malik Juvaini, in


Juvaini, The History of the World Conqueror, ed. by J.A. Boyle, 2 voll., Cambridge
(MA), Harvard University Press, 1958; vol. I, pp. 130-132.
3 Si tratta di una regione storica in Asia centrale corrispondente grossomodo
alle odierne repubbliche dell’Uzbekistan, Tajikistan, Kazakistan e Turkmenistan.

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Lorenzo Pubblici

ne ripianificata la conquista dell’Ovest. Nel 1236 Batu giunse sui


ghiacci del Volga con il vecchio generale Subeedej. Nei primi mesi
del 1237 i Mongoli attaccarono le steppe dei Cumani e sconfisse-
ro i Bulgari del Volga. Nel 1238 venne distrutta Mosca (allora era
poco più di un piccolo villaggio). Nel marzo 1238 vennero attacca-
te e distrutte di Suzdal’, Jaroslavl’ e Tver’. Nel dicembre 1240 venne
distrutta Kiev. Ma le operazioni non si fermarono qui. Fra il 1240-
1241 i Mongoli attaccarono la Polonia e l’Ungheria. A questo punto
sappiamo che mandarono una missione esplorativa fino alla costa
adriatica orientale, a Spalato e tornarono indietro. Le ragioni di que-
sto cambio di strategia non sono note. In Persia, un nipote di Gengis
Khan, Hülegü, fu incaricato di controllare il territorio appena con-
quistato e di espanderlo. Dopo un periodo di guerra ininterrotto
l’esercito di Hülegü fu sconfitto a Ayn Jalut in Palestina nel 1260 dai
Mamelucchi. Hülegü tornò quindi in Persia dove fondò uno stato
che avrebbe dovuto ricongiungere a quello del cugino settentriona-
le, l’Orda d’Oro di Batu, ma non accettò questa proposta e chiese
l’indipendenza. Il fratello Möngke, da poco eletto gran Khan, accol-
se la richiesta di Hülegü nominandolo però il-Khan, ovvero Khan
minore, inferiore. Nacque così l’Il-Khanato di Persia e si era altresì
costituita l’unità politica più vasta della storia.
Le conseguenze dell’esperienza mongola, piuttosto breve in sé,
furono enormi e in alcuni casi si manifestarono in processi di accul-
turazione molto articolati. A metà XIV secolo, ovvero dopo oltre
centodieci anni dalla conquista mongola, l’Orda d’Oro, l’Il-khanato
e il khanato di Chagataj4 si convertirono all’Islam; il ceto dominan-
 

te in questi stati era un’élite turco-mongola che parlava turco, era


di religione islamica e rispettava rigorosamente le tradizioni reli-
giose mongole (come la venerazione del Cielo, che essi chiamavano
«Tenggri»). Fra i risultati più evidenti della conquista vi fu proprio
un’integrazione su vasta scala fra popoli e culture che, solo pochi
anni prima, si erano aspramente combattuti.
Si può dire che l’organizzazione politica mongola fu un caso di
4 Nato negli anni Venti del Duecento, il khanato di Chagadaj fu il risultato
della prima spartizione fra i figli di Gengis Khan dell’impero che era allora in via di
costituzione. Si estendeva su una superficie piuttosto ampia in Asia centrale a orien-
te del mar Caspio sulle terre oggi nelle repubbliche di Kazakistan, Uzbekistan, parte
dell’Iran settentrionale, Afganistan e Cina occidentale, in particolare la regione del-
lo Xinjiang.

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Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

trasformismo, di mutazione generale per cui una società strutturata


su paradigmi mobili dovette amministrare un’organizzazione del po-
tere, degli uomini, delle risorse e del lavoro sostanzialmente stabile5.  

I Mongoli erano fortemente attratti dal commercio e questo favo-


rì i mercanti che si trovarono ad operare entro i confini del nuovo
impero. Ne è una dimostrazione la straordinaria parabola dei cen-
tri mercantili genovesi e veneziani sul mar Nero fra Due e Trecento.
Mercanti veneziani arrivarono anche sul mar Caspio per trattare la
compravendita di schiavi a metà Trecento6.  

2. Sul nomadismo
I Mongoli nascono come unione di molte tribù, tutte di matri-
ce turco-altaica, ovvero originarie della valle del fiume Orkhon, la
montagna sacra per il «tenggrismo» mongolo Ötüken. L’elemento
sovra-tribale che le univa è il credo nel cielo come fonte di ogni
potere (appunto, il tenggrismo). Il Khan è colui che, solo, può in-
terpretarne, con l’aiuto dello sciamano, il volere. Ed è l’unico che
ne può adempiere i progetti. Elemento comune all’universo noma-
de altaico e di primaria importanza per la sopravvivenza stessa della
comunità è l’organizzazione militare. I nomadi sono naturalmente
buoni soldati perché è il loro stesso stile di vita a imporre, sin dalla
nascita, un processo di adattamento all’ambiente basato sulle capa-
cità militari; si pensi, ad esempio, all’importanza della caccia in spazi
aperti e vasti7. 

5 M. Biran, The Mongol Transformation. From the Steppe to Eurasian Empire,


in J.P. Arnason - B. Wittrock, Eurasian Transformations Tenth to Thirteenth Cen-
turies: Crystallizations, Divergences, Renaissances, Leiden - Boston, Brill, 2004, pp.
339-361, pp. 340-341.
6 L. Pubblici, Venezia e il mar d’Azov. Alcune considerazioni sulla Tana nel
XVI secolo, «Archivio Storico Italiano», 163 (2005), pp. 435-483.
7 La descrizione della struttura militare mongola delle origini si trova in mol-
te delle fonti scritte, in particolare persiane. La migliore e più esaustiva è certamente
quella che ne dà Rashid ad-Din nel suo compendium. L’edizione a cui mi riferisco
in questo saggio è quella pubblicata a Harvard, curata e tradotta da Wheeler M.
Thackston, Classical Writings of the Medieval Islamic World. Persian histories of the
Mongol dynasties by Rashiduddin Fazzlullah, London 2012 (2a edizione), in parti-
 

colare il tomo primo alle pp. 11 sgg. Desidero ringraziare l’amico Nicola Di Cosmo
il quale, con la consueta generosità, mi ha procurato questa introvabile e pertanto
preziosa edizione.

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Lorenzo Pubblici

Il nomadismo è stato per secoli un vicino scomodo per le civiltà


sedentarie dell’Asia centrale e orientale, ma mai, prima dell’avven-
to di Gengis Khan e dei suoi successori i nomadi, aveva provato a
conquistare uno stato limitrofo. Il caso della Cina e delle vicine tri-
bù turche è emblematico da questo punto di vista. I nomadi hanno
sempre preferito conservare la loro identità e la loro libertà di mo-
vimento per poter sfruttare al meglio i loro punti di forza, ovvero le
rapide incursioni per effettuare la razzia, vero e proprio mezzo della
produzione per una società così strutturata8.  

I primi mutamenti di strategia si possono osservare sin dalla


fine del XII secolo, ovvero dal periodo immediatamente precedente
l’avvento dei Mongoli gengiskanidi in Asia centrale, laddove la coe-
sistenza fra nomadismo e modelli sedentari era più frequente. Tale
cambiamento si determinò soprattutto in seguito al vuoto di potere
causato dalla fine dell’influenza uigurica (840), la caduta della Cina
Tang (906), dal declino del Califfato Abbaside (metà XI secolo) e dal
declino dei Samanidi di Tansoxiana all’inizio dell’XI secolo. I po-
poli nomadi vicini dovettero confrontarsi con una nuova realtà, con
una gestione del potere basata su strutture stabili. Il comune deno-
minatore culturale nomade non decadde, né in molti casi si affievolì,
ma la gestione del potere collettivo venne progressivamente a muta-
re e i Mongoli l’assimilarono bene. In Asia centrale esempi di questo
tipo furono i Kharakhanidi (950-1213), i Selgiuchidi (1044-1194) in
Asia Minore e il regno Corasmio (1127-1220), tutti di origine turca.
In Asia orientale ciò avvenne con il regno del Khara Khitai, erede e
insieme fondatore della dinastia Liao (1124-1218) e degli Jurchens,

8 Sul nomadismo in genere e in particolare sulla sua evoluzione storica nel me-
dioevo si è scritto molto. Dalle teorie apertamente razziste di fine Ottocento e dei
primi anni del Novecento (si veda ad esempio E. Huntington, The pulse of Asia.
A Journey of Central Asia illustrating the geographic basis of history, Boston - New
York (NY) 1919 si è riaperto il dibattito grazie soprattutto all’opera monumentale
di René Grousset (L’empire des steppes; Attila, Gengis Khan, Tamerlan, Paris 1939)
e si sono prodotte opere di straordinario valore scientifico. La più completa resta,
a mio avviso, quella di Anatoly Khazanov, Nomads and the Outside World, Madison
(WI) 1994 (edizione inglese della sua estesa ricerca già pubblicata in russo col titolo
di Kočevniki i vnešnii mir). Altrettanto buono e più specifico è il lavoro di Peter B.
Golden, An Introduction to the History of the Turkic People. Ethnogenesis and State
Formation in Medieval and Early Modern Eurasia and the Middle East, Wiesbaden
1992.

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Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

che dettero in seguito vita alla dinastia Jin (1115-1234)9.  

Lo stesso Gengis Khan e soprattutto i suoi immediati prede-


cessori ebbero rapporti assai stretti coi Jin e assai probabilmente
ne assimilarono le istituzioni, quanto meno le conoscevano bene.
I Mongoli rappresentarono pertanto un’autentica rivoluzione nel-
l’universo delle steppe eurasiatiche; furono il primo caso di nomadi
che avevano una qualche familiarità con strutture di potere stabile.
Le prime riforme di Gengis Khan furono volte a de-tribalizzare la fe-
deltà militare. La riorganizzazione dell’esercito puntava molto sulla
base decimale tipica del nomadismo, ma i soldati erano tenuti alla fe-
deltà verso il Khan e non verso la sua tribù. I Mongoli erano per lo
più estranei ai modelli urbani e non infierirono sulle città dopo che
ebbero la sensazione di averne stabilizzato il controllo politico. Ma
si mostrarono subito avidi di imparare dai vinti. Ciò spinse la ripresa
molto velocemente dopo le distruzioni dovute alle conquiste. Basterà
qui ricordare la vera e propria rinascita di città come Samarcanda,
Almaligh e Nishappur nel XIV secolo10.  

Più difficile fu la vita per gli abitanti delle campagne. Il noma-


dismo è spesso visto come estraneo e antagonista alle società la cui
economia si basa soprattutto sull’agricoltura. Non è vero. Una so-
cietà complessa come quella guidata da Gengis Khan (il cui nome
prima di assumere la guida dell’unione mongola era Timujin) nei
primi anni del XIII secolo non era un universo umano in continuo
movimento. Questo è un concetto errato che troppo spesso viene
associato al nomadismo. In primo luogo è difficile affermare con cer-
tezza se i Mongoli fossero dediti a una forma integrale di nomadismo
allorquando invasero il Caucaso, l’Iran, la Rus’ e l’Europa centrale.
Più probabilmente avevano rapporti diversi con le società sedentarie
con essi confinanti, non sempre rapporti facili, ma di certo non solo
contrastanti. L’opera di Gengis Khan fu complessa e richiese decenni
proprio perché tesa a eliminare del tutto l’elemento “isolazionista” e
autarchico dell’universo tribale che abitava la Mongolia nella secon-
da metà del XII secolo. L’unificazione delle tribù turco-altaiche ebbe
la sua realizzazione finale attorno al 1206 quando Temujin fu rico-

9 Biran, The Mongol Transformation, cit., pp. 342-344.


10 Per una lettura positiva della dominazione mongola in Medio Oriente e nel-
la Persia iranica in particolare si veda G.E. Lane, Early Mongol Rule in Thirteenth-
Century Iran: A Persian Renaissance, London - New York (NY) 2003.

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Lorenzo Pubblici

nosciuto leader indiscusso dell’unione coagulatasi attorno a esso. Il


suo risultato più brillante fu proprio quello di sedare la litigiosità
interna tipica del tribalismo turco-mongolo e di limitarne fortemen-
te le scorrerie disordinate ed estemporanee verso l’esterno. Gengis
Khan comprese da subito la necessità di un dialogo coi vicini. Sapeva
di non poterne fare a meno, ma sapeva anche che avrebbe potuto
acquisirne le conoscenze solo contando su un esercito compatto e di-
sciplinato. Fu questo strumento efficiente e nuovo che gli permise di
muoversi da est a ovest e poi di nuovo a est per costituire l’imponen-
te impalcatura politica che prese poi il nome di Impero Mongolo.

3. Il problema della conquista e il paesaggio agrario


Le invasioni nomadi di società sostanzialmente sedentarie han-
no sempre causato grandi distruzioni e processi di declino strutturali
e duraturi11. Tali effetti negativi furono, se possibile, ancor più gra-
 

vi in seguito all’invasione mongola dei gengiskanidi perché, se le


avanzate nomadi erano state in precedenza per lo più il frutto di un
attacco disordinato, mirato a raccogliere bottino e quindi a piegare
la resistenza delle popolazioni locali, nel caso dei Mongoli gli even-
ti furono la conseguenza di un’invasione attentamente pianificata e
portata non già da un gruppo compatto e culturalmente omogeneo,
bensì da un’unione diversificata di genti unite solo dal carisma e dal
controllo di Timujin in persona e della sua famiglia. Le aree soggette
all’invasione mongola vennero aggredite senza che nulla fosse lascia-
to al caso e con l’obiettivo primario di una conquista permanente.
Affinché questa avesse effetti duraturi era necessario che il ceto di-
rigente locale fosse messo nella condizione di non ribellarsi ai nuovi
dominatori; il modo della conquista fu, soprattutto per questa ra-
gione, assai violento, talvolta spietato come narrano con dovizia di
particolari le fonti12. 

11 La letteratura scientifica a riguardo è copiosa, ma poco è stato scritto in ita-


liano. Per un quadro d’insieme in italiano si veda L. Pubblici, Dal Caucaso al mar
d’Azov. L’impatto dell’invasione mongola in Caucasia fra nomadismo e società seden-
taria: 1204-1295, Firenze, Firenze University Press, 2007; The Cambridge History of
Inner Asia. The Chinggisid Age, ed. by N. Di Cosmo - A.J. Frank - P.G. Golden,
Cambridge - New York (NY) 2009.
12 Basti in questo caso rifarsi al racconto di Juvaini (The history of the World
Conqueror, cit.) il quale, pur essendo un funzionario il-khanide e quindi pagato

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Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

Le conquiste mongole furono rapide e determinarono una


generale situazione di crisi economica in tutto il continente. Ma
proprio in virtù della loro concezione del potere i Mongoli contri-
buirono in modo attivo al processo di integrazione che si determinò
fra le varie aree dell’impero. Ad esempio è stato ben studiato il caso
dei rapporti economici fra la Cina e il mondo islamico fra XIII e
XIV secolo e il quadro che ne è emerso è sorprendente13. Questo  

ruolo attivo da parte dei Mongoli dovrebbe almeno in parte ridi-


mensionare l’etichetta di pax mongolica come un concetto “statico”,
un periodo durante il quale un’entità politico-amministrativa omo-
genea e dormiente garantiva pace e prosperità a quasi tre continenti.
Si pensi ad esempio al massiccio spostamento di genti fra un’area
e l’altra dell’impero. Ciò fu dovuto in gran parte al fatto che per i
Mongoli il fattore umano era assai più urgente di quello territoriale.
Essi avevano bisogno di uomini, di specialisti e lo sapevano perfet-
tamente. Dopo la conquista, già dagli anni Trenta del XIII secolo,
si verificarono massicci spostamenti, fra gli altri, di artigiani, medi-
ci, astronomi, ingegneri e mercanti. Il bottino umano era bottino di
guerra e come tale andava diviso. I governanti dei diversi khanati si
contendevano i migliori professionisti offrendo loro le migliori con-
dizioni per lavorare. Naturalmente quello che viaggiava di più entro
i confini dell’impero era ciò che i Mongoli preferivano e di cui ave-
vano più bisogno: astronomi arabi e persiani e soprattutto mercanti,
ma anche religiosi14.  

I Mongoli devono molto del loro successo ai loro predeces-


sori15. A differenza di questi ultimi, tuttavia, ebbero una migliore
 

affermazione perché non solo conquistarono territori vastissimi, ma


ne presero il cuore, il centro nevralgico, il controllo del potere. Come

dai Mongoli, non risparmia toni forti nel descrivere la conquista, soprattutto in
Asia centrale delle città più importanti. Si veda anche The Tarikh i-Guzida or Select
History of Hamdullah Mustawfi i-Qazwini, ed. and translation by E.G. Browne,
Leiden 1913.
13 T.T. Allsen, Commodity and exchange in the Mongol empire. A cultural his-
tory of Islamic textiles, Cambridge - New York (NY) 1997; Id., Culture and conquest
in Mongol Eurasia, Cambridge - New York 2004. M. Biran, The empire of Khara
Kitai. Between China and Islamic World, Cambridge - New York (NY) 2005.
14 T.T. Allsen, The Mongols as vectors for cultural transmission, in The Cam-
bridge History of Inner Asia, cit., pp. 135-156.
15 Biran, The Mongol Transformation, cit., p. 346.

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Lorenzo Pubblici

abbiamo già in parte accennato ciò fu dovuto a molteplici fattori, ma


fra essi quello che ci pare più rilevante fu la capacità di imparare dal-
le sponde entro le quali si trovarono a operare: la Cina e il mondo
islamico.
Premesso tutto ciò, non è facile delineare un quadro generale
dell’impatto che l’invasione mongola ebbe sul paesaggio e in parti-
colare su quello delle campagne. Troppo vasto e troppo differenziato
il territorio che essi conquistarono. Ho deciso pertanto di analizza-
re i due casi più interessanti e meglio documentati: la Persia iranica
e la Rus’ di Kiev.
Per l’Iran possiamo individuare tre periodi diversi attraverso
cui si dipanò la conquista e il governo dei nuovi arrivati: un pri-
mo periodo caratterizzato da un netto declino, dagli anni Venti agli
anni Novanta del XIII secolo; un secondo periodo in cui si perce-
pisce la ripresa, soprattutto dell’agricoltura, dagli anni Novanta del
Duecento al 1335 (morte dell’Il-khan Abu Said) e un terzo ed ultimo
periodo che va dal 1335 alla conquista di Timur o Tamerlano, carat-
terizzato dal disfacimento dell’Il-khanato e dalle lotte intestine per il
recupero del potere da parte di gruppi eminenti locali16.  

Del tutto diversa fu la situazione al nord, nelle terre strappate


alla Rus’ di Kiev. Qui la conquista fu traumatica e violenta. Essa si
verificò in tempi rapidi e determinò una forma di governo ibrido da
parte dei Mongoli; dopo aver sottomesso la maggior parte dei prin-
cipati che la componevano, in alcuni vi lasciarono loro funzionari, in
altri decisero di fidarsi dei principi russi che nominarono come loro
vassalli. In generale i Mongoli non esercitarono, salvo rari casi, for-
me di governo diretto. Le conseguenze della conquista in quest’area
furono assai diverse e varrà la pena soffermarvisi.

4. Il caso della Rus’ e dell’Orda d’Oro


Stabilire con esattezza l’organizzazione sociale ed economica
della Rus’ di Kiev nei decenni successivi alla conquista mongola è

16 Si veda su questo il datato, ma per certi versi ancora insuperato, saggio di


Ilya P. Petrushevsky, The socio-economic conditions under the Il-khans, in The Cam-
bridge History of Iran, vol. 5: The Saljuq and Mongol Periods, Cambridge 1968, pp.
483-535.

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Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

un’operazione disperata17. Le fonti sono troppo scarse, spesso tarde,


 

disperse, copiate male e parziali. Ciò nonostante è possibile ricostrui-


re, sulla base di ciò che abbiamo, un quadro generale e farsi un’idea
del corso che la nuova dominazione seguì almeno fino alla seconda
metà del XIV secolo. Così come nel resto dell’impero anche nelle
steppe a nord del mar Caspio le conseguenze della conquista mon-
gola furono disastrose. Guglielmo di Rubruk e Giovanni di Pian del
Carpine, viaggiando in queste terre a metà XIII secolo, danno de-
scrizioni desolanti18. E d’altra parte i Mongoli non si limitarono ad
 

attaccare questa regione per sottometterla durante la campagna de-


gli anni Quaranta del XIII secolo; le spedizioni contro i principi russi
si ripeterono fino agli Venti del XIV secolo. Spesso erano i principi
stessi che richiedevano l’aiuto dei Mongoli per indebolire i loro anta-
gonisti al fine di acquisire una posizione dominante all’interno della
Rus’. L’invasione mongola fu tuttavia un fenomeno assai complesso
e non può essere ridotta alle campagne militari e alle loro conseguen-
ze distruttive. I due elementi che avevano determinato la costruzione
di un’identità condivisa sin dalle origini della Rus’ di Kiev, ovvero la
dinastia di Rjiurik e la chiesa ortodossa, non furono oggetto di ves-
sazione da parte dei Mongoli e non si dissolsero in seguito all’arrivo
dei nuovi dominatori, ma mutarono progressivamente gli equilibri di

17 Fra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento gli studi sulla Rus’
si sono moltiplicati con risultati ottimi. Dopo una fase di relativa stasi, seguita alla
rivoluzione, si è tornati a studiare il fenomeno negli anni Cinquanta e Sessanta del
secolo scorso. Gli eventi dei primi anni Novanta hanno di nuovo rallentato gli studi
sul medioevo che si sono, tuttavia, presi un’autentica rivincita nella Russia Putinia-
na. Oggi si assiste a un rinnovato interesse verso quel periodo e nuove pubblicazioni
appaiono sempre più numerose, anche se spesso si tratta di riedizioni di vecchie
opere. Per un quadro d’insieme si veda il vecchio ma sempre ottimo B.D. Grekov,
Kievskaja Rus’, Moskva 1939 (ripubblicato da Algoritm nel 2012); più recente e
molto buono è il libro di Georgij Čupin, Predystorija i istorija Kievskoj Rusi, i Kry-
ma, Kharkiv 2010. Di riferimento resta The Cambridge History of Russia, vol. I:
From Early Rus’ to 1689, a cura di M. Perrie, Cambridge 2006, in particolare il cap.
6 alle pp. 127-157.
18 Per quanto riguarda il viaggio di Rubruk esiste un’edizione recente, molto
buona, pubblicata dalla Fondazione Valla: Guglielmo di Rubruk, Viaggio in Mon-
golia (Itinerarium), a cura di P. Chiesa, Milano 2011. Più datata, sebbene ottima,
è l’edizione del viaggio di Pian del Carpine: Giovanni di Pian di Carpine, Storia
dei Mongoli, introduzione di L. Petech, edizione critica, traduzione e cura di C.
Leonardi - M.C. Lungarotti - E. Menestò, Spoleto, 1989.

157
Lorenzo Pubblici

potere. Il nord-est, con Novgorod’ come centro dominante si staccò


dal sud-ovest e i principati più ricchi, come Vladimir-Suzdal’ andaro-
no incontro a un processo di separazione che ne indebolì fortemente
le potenzialità. D’altra parte centri minori, come Mosca, in segui-
to soprattutto a una strategia rivelatasi in seguito vincente da parte
dei loro ceti dirigenti, acquisirono un potere crescente e si posero
come polo d’attrazione principale per la nascita di un nuovo pote-
re collettivo. In altre parole i Mongoli non distrussero le istituzioni
che trovarono in Russia, ma alterarono direttamente gli equilibri
politici di quell’organismo politico che chiamiamo Rus’; il meccani-
smo di successione tradizionale avrebbe seguito un corso diverso se
Mosca non fosse riuscita, soprattutto con Danijl Aleksandrovič, ad
accaparrarsi il favore dei khan mongoli che ne favorirono l’ascesa a
svantaggio di Novgorod’ e di Vladimir’.
Se osservassimo una carta dell’Ucraina e della Russia oggi no-
teremmo come da nord a sud questo vasto territorio sia diviso in
due ambienti naturali assai dissimili fra di loro. Per farlo dovrem-
mo tracciare una linea immaginaria che va da Kiev ad Aktyubinsk,
in Kazakistan. A nord vi è abbondanza di pianure boscose, a sud
l’ambiente è prevalentemente erboso e fertile. A nord gli Urali co-
stituiscono una barriera naturale mentre a sud il territorio è segnato
dai due bacini d’acqua del mar Nero e del mar Caspio. La zona meri-
dionale di questa nostra immaginaria divisione era l’ambiente ideale
per i Mongoli che infatti vi si stabilirono anche dopo la conquista. A
nord non ci andarono mai, tranne nei casi in cui ritennero necessa-
rio far rispettare gli impegni tributari imposti ai vinti. Ciò nonostante
l’Orda d’Oro, anche dopo la sua affermazione, rimase uno stato a vo-
cazione prevalentemente urbana laddove la popolazione sedentaria
era nettamente superiore per numero a quella nomade (basti pensare
alla Crimea e alle sue ricche città costiere o al Caucaso settentrionale
o ancora al territorio dell’impero Corasmio, la zona più estensiva-
mente rurale). Alcune importanti città dell’Orda d’Oro erano centri
nevralgici per il commercio internazionale e da questo punto di vista
si svilupparono molto dopo la conquista mongola traendo benefi-
cio da un potere coerente e da una situazione di pace relativa ma
generalizzata. Come abbiamo già detto è estremamente difficile sta-
bilire delle cifre sulle conseguenze dell’invasione mongola su città e
campagne. G. Vernadsky ha stimato che almeno il 10% della popo-
158
Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

lazione russa morì in seguito alle campagne militari del 1237-124019.  

L’invasione mongola determinò tuttavia anche l’emergere di fatto-


ri di sviluppo; nel corso del XIV ben 40 nuove città nacquero nelle
aree più distanti dall’epicentro della conquista. In particolare Rostov
e Jaroslavl’ vissero una stagione di crescita sostenuta20.  

La Crimea era il granaio di tutta la regione e tale restò anche


dopo la conquista. La zona di Saratov e di Penzen da un lato e di
Nižni-Novgorod dall’altro erano molto fertili e adatte all’agricoltura;
non sappiamo se vi era un uso della rotazione triennale delle coltu-
re. Mancano ricerche in questo settore21. Nella prima metà del XIV
 

secolo vi si produceva in abbondanza grano, miele e cera. La caccia


non cadde mai in decadenza se si pensa che le pellicce erano uno dei
prodotti di lusso della zona. Molto importante era la pesca, specie
nel bacino del Volga vicino al quale i Mongoli costruirono la loro ca-
pitale, Saraj Berke.
Le terre vennero divise fra i vincitori subito dopo la conquista.
I parenti di Batu Khan ricevettero intere regioni e non sfruttavano
solo le terre per il pascolo, ma governavano anche le aree agricole a
popolazione sedentaria22. Erano questi i principi che ufficialmente
 

dovevano obbedienza al Khan dell’Orda d’Oro, in pratica si com-


portavano come dominatori assoluti e in piena autonomia. Avevano
inoltre una forte influenza a corte. Basti pensare alla Crimea, la cui
storia nel XIV secolo è ben documentata nei nostri archivi; essa era
proprietà di Nogaï khan quando i mercanti occidentali vi compaiono
come abitanti degli emporia commerciali sul Mar Nero23.  

19 G. Vernadsky, A History of Russia, vol. III: The Mongols and Russia, New
Heaven (CT)-London 1953, p. 338; cfr. anche J. Martin, North-Eastern Russia and
the Golden Horde (1246-1359), in The Cambridge History of Russia, vol. I, cit., pp.
127-157, cit. p. 130.
20 Martin, North-Eastern Russia and the Golden Horde, cit., pp. 131-132; Id.,
Treasure of the Land of Darkness: The Fur Trade and its Significance for Medieval
Russia, Cambridge 1986, in particolare la p. 88.
21 Basti pensare che il lavoro più specifico dedicato alla storia agraria della
Russia medievale e in lingua occidentale è quello di Robert E.F. Smith, The Origins
of Farming in Russia, Paris-La Haye, Mouton & Co., 1959. Lo stesso autore ha
dedicato a Mosca uno studio specifico anni dopo: E.F. Smith, Peasant Farming in
Muscovy, Cambridge 1977.
22 B.D. Grekov - A.Ju. Jakubovskij, L’Orda d’Oro, Roma 1957.
23 Su questo argomento resta insuperato il lavoro di Michel Balard, La Roma-
nie génoise. XIIe-début du XVe siècle, 2 voll., Rome 1978.
   

159
Lorenzo Pubblici

I principi mongoli donavano terre ai «begh» e ai «noion», ovvero


i quadri dell’organigramma neo-costituitosi. Questi funzionari pos-
sedevano terre e contadini, non erano sottoposti al pagamento delle
imposte dirette e dalle prestazioni in natura e ricevevano l’immuni-
tà (per le prime nove infrazioni commesse)24. Le zone agricole erano
 

controllate da proprietari stabili che dipendevano direttamente dai


funzionari mongoli. Vi è ad esempio il caso di un certo Mohammed,
figlio di Hogia Bairam, latifondista residente a Sudak, in Crimea, a
cui il Beg Kutlug-Timur rilasciò uno «jarlyk» in cui gli viene confer-
mata l’immunità. Egli possedeva terre, corsi d’acqua, vigne, mulini,
orti, villaggi e altri beni immobili. Ancora, il nostro Hogia Bairam,
riceve un privilegio fiscale; è esente da ogni tributo dovuto al khan
e alle autorità, e gli vengono riconfermate le terre sulle quali lavora-
no i «sabanci» e gli «utakci». Rispettivamente agricoltori dipendenti
dal signore e liberi25. Lo jarlyk dice espressamente che «il tributo
 

sui vigneti, la tassa sui granai, il pagamento per l’aia, lo iasak sui ca-
nali d’irrigazione dai sudditi dovuto secondo le quote fissate, e il
qalan non venga esatto. Al loro bestiame non siano sottratti i carri,
non siano tenuti ad acquartierare truppe né da essi si esiga beverag-
gio o foraggio, ma siano protetti da qualsiasi angheria, ed esentati
da ogni sorta di obbligo e di imposte straordinarie»26. Il «qalan» era
 

l’imposta sui terreni coltivati27. Lo stesso termine si trova sia nell’il-


 

Khanato sia in Armenia sebbene il significato sia del tutto diverso:

24 Si veda su questo F. Feldbrugge, Law in Medieval Russia, Leiden - Boston


2009, in particolare le pp. 245-259.
25 Grekov - Jakubovsky, L’orda d’Oro, cit., p. 84.
26 V. Radlov, Iarliki Toktamyša i Temir-Kutluga, in Zapiski vostočnogo otde-
leniia. Russkogo. Arkheologičeskogo. Obščestva, a cura di V. Rozen, 3 voll., S.
Petersburg 1898-1899, vol. 3, p. 21.
27 La scarsità delle fonti non permette un esame preciso né un’analisi strut-
turata del sistema (o sistemi) fiscali adottati nella Russia governata dai Mongoli. Gli
studi a riguardo sono stati molti, ma tutti si sono dovuti scontrare con questo pro-
blema. Pionieristico sull’argomento, se si eccettuano gli studi di Berezin nella metà
del XIX secolo, è il saggio di H.F. Schurmann, Mongolian Tributary Practices of the
Thirteenth Century, «Harvard Journal of Asiatic Studies», 19 (1956), pp. 304-389.
Molti dei problemi sollevati da Schurmann sono stati ripresi dai due studi più inte-
ressanti, in lingua occidentale, sulla dominazione mongola in Russia senza tuttavia
giungere a conclusioni risolutive. Il primo è il libro di C. Halperin, Russia and the
Goden Horde. The Mongol Impact on Medieval Russian History, Bloomington (IN),
1985; l’altro è il lavoro di D. Ostrowski, Muscovy and the Mongols. Cross-cultural in-
fluences on the steppe frontier, 1304-1589, Cambridge - New York 1998.

160
Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

qua tale imposizione riguardava la leva militare obbligatoria28.  

Un altro dei problemi connessi con lo studio dell’amministra-


zione mongola nell’Orda d’Oro è il legame fra i contadini e la terra.
Rashid ad-Din afferma che nell’Il-khanato i contadini erano lega-
ti alla terra sin dalla fine del XIII secolo, prima cioè delle riforme di
Ghazan, che analizzeremo in seguito. In particolare c’è uno jarlyk
del 1303, emanato proprio da Ghazan col quale vengono concessi ai
proprietari terrieri trent’anni per cercare e ritrovare i contadini fug-
giaschi29.
 

Molti erano gli obblighi burocratici dei contadini nei confronti


dello stato, anche perché la dominazione mongola in Russia coincise
con una progressiva articolazione della macchina pubblica. La lista
di funzionari che gli jarlyk nominano sia durante tutto il XIV sia per
la metà del XV secolo è impressionante. Rashid ad-Din ci dice che al
tempo di Möngke Khan la situazione dei contadini era difficilissima
perché le «prepotenze e le angherie erano ormai giunte a supera-
re ogni limite, e specialmente erano gli agricoltori che erano ridotti
agli estremi in seguito alla moltitudine di oneri da imposizioni ordi-
narie e straordinarie, talché l’utile da essi ricavato non raggiungeva
la metà dell’ammontare dei tributi pagati»30. Meriterebbe infine una
 

trattazione a sé il tema degli schiavi; essi erano molto importanti nel-


l’economia dell’Orda d’Oro ma non prevalentemente come forza
lavoro bensì come merce. Basti ricordare i lavori di F. Thiriet per
Tana e tutto il bacino del Mar Nero settentrionale per comprendere
quanto poteva rendere questo tipo di prodotto ancora nella seconda
metà del XIV secolo31.  

28 Ne parla in particolare Grigor Aknerts’i (o Gregorio di Akner) nella sua


Storia dei Tartari: Grigor of Akanc’ (1250-1335), History of the Tatars/History of
the Nation of the Archers, Jerusalem 1974. Per un quadro del sistema fiscale imposto
dai Mongoli in Armenia si veda B. Dashdondog, The Mongols and the Armenians
(1220-1335), Leiden - Boston 2011, in particolare il capitolo 4 alle pp. 111-120.
29 Rashid ad-Din, Classical Writings of the Medieval Islamic World, cit., tomo
III, parte 2, pp. 489-490.
30 J.A. Boyle, The Successors of Genghis Khan, New York - London 1971, pp.
218-220; Grekov - Jakubovskij, L’orda d’oro, cit., p. 89.
31 Gino Luzzatto, Storia economica di Venezia dall’XI al XVI secolo, Venezia
1961; F. Thiriet, La Romanie vénitienne au Moyen Âge. Le développement et l’exploi-
tation du domaine colonial vénitien (XII-XV siècles), Paris 1959. Si veda su questo
anche il mio Venezia e il mar d’Azov, cit.

161
Lorenzo Pubblici

In generale si può dunque affermare che l’invasione mongola


ebbe effetti distruttivi sull’economia rurale della Rus’, ma è difficile
stabilire in quale misura. Il problema vero è che uno studio sistema-
tico su questo argomento non è stato ancora fatto32. Come abbiamo
 

già detto la Rus’ era un territorio morfologicamente eterogeneo


pertanto l’impatto dell’invasione mongola ebbe effetti diversi nel-
le diverse aree. Probabilmente fu debole l’influenza sulla zona delle
foreste, vera e propria ricchezza della Rus’ coi suoi prodotti: cera e
pellicce su tutti; più diretto e negativo fu l’impatto sulle aree a voca-
zione agricola laddove i contadini si trovarono in balia di un potere
nuovo e poco familiare con gli spazi coltivati.

5. Il caso della Persia iranica


Le conseguenze immediate della conquista mongola in Iran fu-
rono catastrofiche e tale situazione durò per almeno settant’anni. Le
cifre fornite dagli autori confermano questa situazione anche se il più
delle volte appaiono esagerate; esse ci danno tuttavia la misura del-
l’impressione che i massacri produssero sui contemporanei. Intere
città, alcune delle quali avevano per secoli rappresentato un vanto
per le regioni centro-asiatiche, vennero distrutte del tutto o in parte
e la loro popolazione drasticamente ridotta. Alcune città non furo-
no ricostruite per decenni. In generale si può dire che l’invasione
mongola ebbe, nelle aree dell’Il-khanato, conseguenze dirette e for-
temente negative sullo sviluppo dell’economia, mentre assai meno
penalizzate furono le «strutture sociali»33. Le fonti indicano che la
 

proprietà fondiaria, basata principalmente su grandi appezzamen-


ti di terreno, non mutò in seguito alla conquista; altrettanto si può
affermare per la tradizionale coesistenza fra aree agricole e alleva-
mento nomade o semi nomade; non subì cambiamenti sostanziali

32 Se si eccettua il già citato libro di R.E.F. Smith, The origins of Farming in


Russia. Esistono altri tentativi, ma nessuno è frutto di una ricerca specifica sulle
conseguenze dell’invasione mongola sull’agricoltura in Russia. Si veda ad esempio,
dello stesso autore appena citato, Peasant Farming in Muscovy, Cambridge 1977,
ma anche G.E. Kolchin, Sel’skoe chozjaistvo na Rusi v period obrazovanija Russkogo
centralizovannogo gosudarstva: konca XIII-naičala XVIv., Moskva-Leningrad 1965.
33 Petrushevsky, The socio-economic conditions of Iran under the Il-Khans, in
The Cambridge History of Iran, a cura di J.A. Boyle, vol. 5, The Saljuq and Mongol
period, Cambridge 1968, pp. 483-537: p. 514.

162
Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

nemmeno lo sfruttamento estensivo della manodopera contadina di-


pendente. L’invasione mongola determinò semmai un mutamento
nella struttura della piramide sociale laddove al vertice di essa ven-
ne a trovarsi una nobiltà militare nomade costituita dal nuovo ceto
dominante. D’altra parte rimasero sostanzialmente immutate le altre
classi sociali di proprietari terrieri appartenenti all’aristocrazia loca-
le sia legata al servizio nell’amministrazione pubblica sia di antico
lignaggio e quindi possidente da generazioni. Un’altra conseguenza
diretta dell’invasione mongola sulla struttura agraria dell’Il-khana-
to fu la confisca estensiva di terre appartenenti ai privati, tanto che
la proprietà fondiaria dello stato aumentò notevolmente nei primi
decenni di governo mongolo; ben presto tuttavia tali appezzamen-
ti vennero convertiti in proprietà private o semi private, vendute o
amministrate da funzionari che pagavano un affitto sotto forma di
tributo al tesoro34. 

I proventi delle terre dello stato («aradi-yi divani») servivano


al mantenimento della pubblica amministrazione; le proprietà de-
gli Il-khani («khassa» in persiano e «inju» in mongolo) servivano
al mantenimento degli stessi. Queste terre erano controllate da un
funzionario, il «divan-i inju». Tutti coloro che vivevano sulle terre de-
nominate «inju» dipendevano dagli Il-khani e dalla loro famiglia35. Al  

tempo di Ghazan le terre khassa ammontavano, fra confische prece-


denti e il lascito del precedente Il-khan, a 20 mila «faddans», ovvero
120-140 mila ettari di terre irrigate. La terra khassa del distretto di
Fars fu affittata per quattro anni (1292-3) per 10 milioni di «dinar».
L’intera tassazione fondiaria del distretto era di poco meno di 3 mi-
lioni di dinar, una cifra ragguardevole.
In generale si può dire che le regioni più colpite dalla conqui-
sta mongola furono quelle settentrionali, le più esposte all’invasione.
Secondo lo storico persiano Saifi, autore di una storia di Herat, dopo
la conquista mongola del 1220 solo 16 persone sopravvissero in cit-
tà; esse diventano non più di cento se si contano i fuggitivi dalle

34 La questione legata alla proprietà della terra sotto l’Il-Khanato è assai com-
plessa. Purtroppo la bibliografia a riguardo è assai scarsa. Resta un buon testo di
riferimento lo studio di A.A. Alizade, Zemel’naja politika Il’kanov v Azerbaižane,
Baku, Trudi Instituta Istorii Akademii Nauk Azerb. SSR, 1947.
35 M. Quatremere, Histoire des Mongols de la Perse, Paris 1836, pp. 130-132;
Petrushevsky, The socio-economic conditions of Iran, cit., p. 516.

163
Lorenzo Pubblici

campagne circostanti. Sempre stando al racconto di Safi, nel 1236 il

- --
gran Qan Ögödei acconsentì a ricostruire Herat e fece mandare in
città degli «jama-baf an», ovvero dei tessitori. Questi furono impie-
gati nella ricostruzione di un canale che era stato distrutto durante la
conquista e dovettero essi stessi lavorare la terra e seminare granaglie
perché non c’erano più, nella campagna circostante, né contadini né
bestiame per poterlo fare36.  

--
Un altro storico persiano Ya kut ci ha descritto la regione di
Balkh prima dell’invasione mongola. Tale regione abbondava in ric-
chezze, botteghe e fabbriche con prodotti apprezzati largamente

-- -
come seta e frumento, tanto che egli la definisce il granaio di tutto

- - -
il Khura sa n e il Khwarazm (l’impero Corasmio). Dal poeta mistico
Jala l al-Di n Rumi, che scrive negli anni Venti del XIII secolo, ap-
prendiamo che Balkh aveva, fino ad allora, una popolazione di circa
200 mila abitanti; il saccheggio e la distruzione portati dai Mongoli
si possono facilmente apprezzare in questo caso perché, fra gli altri,

-
lo stesso Marco Polo passa da qui cinquant’anni dopo la descrizio-
ne di Rumi ed è colpito dalla distruzione della città: «Balac fu una
grande città e nobile più che non è oggi, che gli Tarteri l’hanno gua-
stata e fatto gran danno»37. E d’altra parte sulla distruzione di Balkh
 

abbiamo il resoconto dettagliato che ne ha fatto Juvaini. Lo storico


persiano afferma che la città «per la moltitudine dei suoi prodot-
ti e la varietà delle sue entrate, era superiore alle altre della regione;
il suo territorio più ampio degli altri paesi; e nei tempi anteriori era
per l’est come la Mecca è per l’ovest»38 Balkh fu però una delle città
 

ribelli durante la conquista. Gengis Khan quindi la «distrusse per-


sonalmente»39.  

Juvaini ci dice anche di Merv, un’oasi ben nota ai viaggiato-


ri del periodo; i Mongoli la distrussero ben tre volte fra il 1221 e il
1223, la sua agricoltura era in rovina a metà XIII secolo e il bestiame
introvabile. Stesso destino toccò a Nishappur. Secondo il già citato
storico persiano Amd-Allah Mustawfi Qazwini (1281-1349) la città
aveva una cerchia di mura di 15.000 passi; nel 1208 venne seriamen-

36Ivi, p. 486-487.
37 Marco Polo, Il libro di Marco Polo detto milione, a cura di Daniele
Ponchiroli, pref. Sergio Solmi, Torino 1954, XXXIII, p. 38.
38 Juvaini, The History of the World Conqueror, cit., p. 130.
39 Ivi, p. 151.

164
Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

te danneggiata da un terremoto e fu ricostruita. Non un muro rimase


in piedi dopo la conquista mongola e la campagna fu devastata. Vi
furono tuttavia anche casi contrari. La città di Sultaniyya, l’odierna
Soltaniyeh, nell’Iran settentrionale, fu fondata dagli Il-khan e diven-
ne centro di un flusso migratorio consistente nel secondo e nel terzo
decennio del Trecento.
I fattori che portarono un declino economico strutturale e quin-
di duraturo nella regione furono comunque strettamente legati alla
conquista mongola e alla violenza con cui essa si abbatté sulle cit-
tà e sulle campagne del Khorasan e del Tabaristan. Se prendiamo
ad esempio il caso di Merv possiamo notare come nel X secolo essa
era «una grande città […] in cui vi sono numerosi castelli. In tutto
il Khorasan non c’è città meglio situata. Il suo mercato è buono. Le
tasse sulla proprietà terriera sono alleggerite da un buon sistema di
irrigazione. Vi si produce del buon cotone […] tessuti di seta grez-
za e seta mulham»40. Inoltre, a differenza di quanto si è per molti
 

anni creduto, l’invasione mongola si portò dietro genti che andaro-


no ad abitare stabilmente nelle regioni conquistate. Le fonti indicano
fenomeni migratori consistenti, soprattutto per il periodo immedia-
tamente successivo alla conquista della Persia, da parte di gruppi
nomadi. Tale fattore è stato decisivo nel sottrarre spazio alle terre
coltivate per destinarlo alla pastorizia. Si potrebbe a tale proposito
citare l’esempio della regione di Badghis in Khurasan, laddove pri-
ma della conquista vi erano, secondo Hafiz-i Abru, diverse città con
una popolazione di oltre 20 mila abitanti, mentre nei primi decenni
del XIV secolo le stesse città erano ridotte a villaggi quasi disabitati.
Gran parte di quello che costituirà l’Il-Khanato era geograficamente
adatto alla pastorizia, a differenza della Rus’, dominata dalle foreste.
I Mongoli si appropriarono di questi spazi per il loro bestiame.
La regione faticò molto a riprendersi soprattutto a causa del-
la politica fiscale imposta dai Mongoli dopo la conquista. I prelievi
erano, soprattutto in una prima fase, arbitrari e dominati da una ge-
nerale confusione. Mi sono occupato di questo argomento altrove41.  

40 - -
Hudu d al-Alam, The Regions of the World, A Persian Geography, transl.
and expl. by V. Minorsky, Cambridge 1937, p. 105.
41 L. Pubblici, Il fattore nomade e l’organizzazione politica armena: il caso del-
la fiscalità durante il khanato di Möngke, 1252-1259, «Bazmavep» 3-4 (2010), pp.
534-549.

165
Lorenzo Pubblici

Tuttavia studiando la documentazione in materia di fiscalità salta su-


bito agli occhi la particolare durezza con cui il prelievo fu applicato
nelle campagne, a danno di contadini e proprietari terrieri, in par-
ticolare appartenenti ai ceti medio-bassi. Le regioni che non furono
colpite direttamente dalla conquista mongola subirono un generale
impoverimento a causa proprio della politica fiscale mongola appli-
cata nei modi sommariamente descritti sopra nei primi venti anni
successivi alla conquista. Tanto per citare un esempio si può prende-
re il distretto di Kurbal, considerato uno dei più fertili della regione,
dotato di un moderno sistema di irrigazione grazie al fiume Kur, che
rendeva, durante il regno di Byid Adud al-Daula (seconda metà del
X secolo) 700 mila «kharvar» di grano l’anno (un kharvar corrispon-
deva in questa regione, grossomodo, a 100 «man», e un man variava
da 3 a 3,3 chili). Lo stesso distretto nel 1260 rendeva meno della
metà: 300 mila kharvar42.  

Dal 1295 salì sul trono il-khanide Ghazan, figlio di Arghun e


quindi diretto discendente di Gengis Khan. Il suo regno, la cui dura-
ta fu relativamente breve (1295-1304), fu caratterizzato da una serie
di riforme il cui impatto si rivelò decisivo per la ripresa del sistema
agrario di tutto l’il-Khanato43. Egli modernizzò completamente il si-
 

stema fiscale rendendolo meno arbitrario e confuso, uniformò pesi e


misure, regolò il commercio e in alcune città abolì completamente il
«tamgha», la tassa sulle attività produttive44, abolì il «barat», ovve-
 

ro il pagamento ai soldati, ai funzionari pubblici e ai creditori dello


stato attraverso note di credito a carico dell’alta aristocrazia di corte
che regolarmente scaricava tali spese sulla povera gente, soprattutto
sui contadini. Ghazan abolì inoltre la pratica, assai diffusa all’epoca,
di permettere che le truppe in movimento si acquartierassero nelle
abitazioni dei piccoli proprietari terrieri soggetti a imposizione fi-
scale (i «ra’iyyat»). Tali misure ebbero un effetto immediatamente
benefico sulle campagne, ma ancor di più lo ebbe il decreto con il

42 Petrushevsky, The socio-economic conditions of Iran, cit., p. 491.


43 Rashid ad-Din, Classical Writings of the Medieval Islamic World, cit., tomo
III, parte 2, pp. 462 sgg.
44 G. Lane, Arghun Aqa: Mongol Bureaucrat, «Iranian Studies» 32 (1999), pp.
459-82; A.K.S. Lambton, Mongol Fiscal Administration in Persia, «Studia Islamica»
64 (1986), pp. 79-99. Si veda su questo anche Nakhjuvani Hindushah, Dastar al ka-
tib, traduzione e cura di A.A. Alizadeh, Moskva 1976.

166
Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

quale venne permessa e poi decisamente incoraggiata l’occupazio-


ne delle terre abbandonate che appartenevano al Tesoro («divan»)
e a privati che non le avevano reclamate negli ultimi due anni, il tut-
to accompagnato da incentivi fiscali45. Chi beneficiò maggiormente
 

di tali misure fu senza dubbio il ceto medio rurale, ovvero quei pic-
coli proprietari terrieri che avevano sofferto enormemente durante
la lunga stagione militare delle conquiste e che costituivano il vola-
no più efficace per la ripresa economica della regione. La pressione
fiscale rimase alta, su questo non vi sono dubbi, ma la ripresa fu de-
cisamente stimolata e le fonti lo confermano. L’apparato burocratico
messo in piedi per gestire il nuovo sistema favorì anche il riemergere
dell’aristocrazia locale come intermediario fra la popolazione locale
e il nuovo ceto dominante.
Secondo Amd-Allah Mustawfi, che fu contabile di stato, di-
pendente del Divan al servizio dell’Il-khan Abu Said, il prelievo
complessivo nei primi anni del regno di Ghazan (1295-1304) era di
17 milioni di dinar, che divennero 21 milioni poco dopo46. Al tem-  

po del re Khusraw Parviz e in particolare nel diciottesimo anno del


suo regno (608), secondo Mustawfi, il prelievo corrispondeva a 400
milioni di «mithqal». Ora, considerando che il mithqal era il peso di
riferimento di tutto il sistema monetario arabo dai tempi del califfo
Abd Almalik (694), che quella cifra enorme era in dirham e non in
dinar, ovvero in argento e non in oro e che, infine, il rapporto fra le
due valute era di 7/10, allora si giunge alla cifra, comunque esorbi-
tante di 294 milioni, cioè dieci volte l’entrata al tempo in cui scrive
il nostro Amd-Allah. Ancora, il ragioniere dello stato il-khanide af-
ferma che al tempo del sultano selgiuchide Malik Shah (1055-1092)
il prelievo ammontava a 215 milioni di dinar (anche se abbasidi, cioè
più preziosi di 3/10 rispetto a quelli sassanidi cui il nostro fa di soli-
to riferimento). Più avanti Amd-Allah afferma che dalle cifre fornite
appare evidente «lo stato di fertilità della terra (nei tempi passati)
e la sua rovina (ai giorni nostri), come risultato dell’irruzione dei
Mongoli, e del generale massacro di genti che ebbe luogo in quei
giorni»47.
 

45 Petrushevsky, The socio-economic conditions of Iran, cit., p. 495.


46 The Tarikh i-Guzida, cit., p. 33.
47 Ivi, p. 34.

167
Lorenzo Pubblici

Ancora: nell’Iraq persiano vi erano nove «tumen», ovvero nove


distretti capaci di fornire 10.000 uomini all’esercito mongolo, e qua-
ranta città. Nel 1335 il gettito fiscale di tutta la provincia ammontava
a 350 mila dinar (al tempo del sultanato selgiuchide la stessa area ne
generava oltre 2,5 milioni). «Il territorio di Isfahan comprende 400
villaggi e vi sono molte terre coltivate che appartengono a questi vil-
laggi»48.
 

L’agricoltura, a partire dall’inizio del XIV secolo, godette di


una lenta ma progressiva ripresa. Per poter apprezzare le dimensioni
di tale crescita è determinante la descrizione minuziosa che di que-
ste terre dà Amd-Allah Mustawfi nel 1340. La produzione agricola
appare ricca in tutta la regione e la fertilità delle terre generalizzata;
queste condizioni favorirono il graduale processo di ripresa.
Era fertile la zona dell’Iraq persiano. Ad esempio Mustawfi af-
ferma che la campagna attorno a Isfahan è ben irrigata dal fiume
Zandah-rud il quale fornisce acqua potabile di ottima qualità. Altra
acqua per le colture proviene dai molti pozzi e «ogni seme che viene
portato qui da un altro paese e qua seminato, nella maggior parte dei
casi darà frutti migliori che se seminato nella sua terra, e il raccolto
in ogni caso non sarà minore»49.  

Grano e orzo erano i prodotti principali del nord dell’il-


Khanato ed erano stati coltivati, con maggiori o minori difficoltà,
anche durante il periodo critico che seguì le conquiste. Il miglio era
meno diffuso, mentre molto popolare e coltivato estensivamente era
il frumento. Mustawfi ne parla diffusamente. Ad esempio a Isfahan
il prezzo fissato per il grano «e altre granaglie è sempre moderato, e
il frutto è assai economico al mercato»50.
 

Il pane in uso fra le classi più umili era fatto di orzo o miglio
mischiato con castagne, legumi o carrube. Il riso si coltivava nelle re-

- - -
gioni al confine con l’Azerbaijan, l’Iraq, Fars e anche nel Khurzistan.
Nelle zone prevalentemente desertiche, come il Kura n e l’Irahista n
(nell’Iran occidentale, oggi nella provincia di Ilam), dove «non ci
sono canali d’acqua nel sottosuolo», il raccolto e in particolare «tutto
il grano che cresce qui dipende dalle piogge»51. Gli alberi da frutto
 

48 Ibidem, p. 57.
49 Ibidem, p. 55.
50 Ibidem, p. 55.
51 Ibidem, p. 117.

168
Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

sono assenti, dice ancora Mustawfi e gli abitanti del luogo «pianta-
no tutto il raccolto sulle montagne, dove esso è abbondantemente
annaffiato dalle piogge in inverno e gli alberi si mantengono verdi
anche in estate»52. A Kavar, nell’area sud-occidentale dell’odierno
 

Iran, il clima caldo non danneggia le coltivazioni, che godono di un


costante afflusso idrico dal fiume Zakan. Mustawfi ci informa che lo
storico re Bahman ibn Isfandiyar aveva fatto costruire una diga sul
fiume al fine di utilizzare l’acqua per le coltivazioni e stabilì villaggi
su queste terre ora rese fertili dal nuovo sistema di irrigazione. Qui
crescono, grazie a secoli di duro lavoro umano, tanto grano e frutta,
vi si trovano la maggior parte delle cose necessarie e fra la frutta sono
famose le ciliegie visciole e le mandorle53.  

Il riso, come dicevamo, era molto importante nella regio-


ne. Il migliore era considerato quello delle provincie di Gilan e di
Mazandaran54. Durante la reggenza di Ghazan vennero fatti nume-
 

rosi esperimenti per importare il riso indiano e crescerlo in Iran, ma


senza molto successo. Stando alle fonti analizzate avena e segale era-
no sconosciute nelle campagne dell’il-Khanato.
Sin dai tempi antichi si coltivava erba medica, specialmente per
cibare i cavalli. Ne parla già Strabone (Geografia, XI, 13)55.  

Molto importante per l’economia della regione era la coltivazione


del cotone. Mustawfi ne parla diffusamente per almeno 18 provincie
come uno dei prodotti di miglior qualità e più abbondanti.
I geografi arabi medievali distinguevano sempre le terre coltiva-
bili in due categorie: «surud»/«sardsir» e «jurum»/«garmsir», ovvero
fredde e calde. Le prime erano quelle collocate sopra i 1000-1200
metri sul livello del mare, le seconde sotto la stessa soglia. Seguendo
il medesimo criterio anche le piante erano divise in garmsir e sardsir,
ovvero subtropicali e tutte le altre. Secondo l’autore di un anoni-
mo testo di agronomia contemporaneo alla geografia di Qazvini e
studiato da Petrushevsky il cotone rendeva assai meglio sulle terre
sabbiose e argillose, le terre subtropicali ovvero le garmsir, ma veniva

52 Ibidem.
53 Ibidem.
54 Petrushevsky, The socio-economic conditions of Iran, cit., p. 501; The Ta-
rikh i-Guzida, cit., pp. 156-157.
55 Strabone, Geografia. Il Caucaso e l’Asia Minore, libri XI-XII, a cura di R.
Nicolai - G. Traina, Milano 2000, pp. 165-177.

169
Lorenzo Pubblici

coltivato anche sulle sardsir. Il cotone di qualità migliore era tutta-


via, negli anni Quaranta del XIV secolo, quello indiano. Il «kattan»,
cioè il lino, era coltivato ampiamente, ma meno rispetto ai secoli pre-
cedenti e soprattutto nell’Iran sud-occidentale (Kazirun56, Rishahr57   

e in generale in tutta la provincia di Fars). Lo si utilizzava principal-


mente per l’illuminazione e non per farvi tessuti. Discorso simile si
potrebbe fare per la canapa, coltivata estensivamente, ma più a sco-
pi medici, come narcotico piuttosto che nella produzione tessile. Il
poeta panegirista Rabi di Bushanj, che scrive nella seconda metà del
XIV secolo, cita ripetutamente la sua dipendenza dalla canapa; in
una poesia in particolare egli afferma: «quando felice col verdeggian-
te seme / ero pronto a saltare sul verde destriero del Cielo»58.  

I coloranti erano fondamentali per l’economia dell’Il-Khanato.


Lo zafferano era molto diffuso; altrettanto importante era la robbia
(«khwaf» nel Khurasan59). L’henné si utilizzava per scopi cosmetici e
 

medicinali. Piuttosto scarsa era la produzione di oppio. Più diffuso


era il sesamo, pianta regina delle olearie, che aveva di fatto sostitui-
to l’olio d’oliva.
La frutta era diffusa ovunque e rappresentava uno dei prodot-
ti simbolo della regione sia prima sia dopo la conquista mongola. Il
melone era coltivato dappertutto e Qazvini sente l’esigenza di citar-
lo in tutti i distretti che descrive. L’autore della Falaha, afferma che
lo si coltivava in ogni giardino e che ve n’erano parecchie varietà60 .  

Molti meloni venivano esportati. Anche la zucca era coltivata e così il


cetriolo. Meno florida era la coltivazione di ortaggi. I più diffusi era-
no carote, cavolo, cipolle, aglio e leguminose. Di fatto era la frutta
il prodotto principale e una delle maggiori risorse economiche nella
Persia dominata dai Mongoli.
Attorno alla costa meridionale del mar Caspio erano coltivati gli
agrumi, specialmente limoni e arance. Lo zucchero di canna si colti-
vava ancora, ma insieme agli ortaggi, pare sia il prodotto che avesse

56 «Molto cotone vi si produce [a Kazirun], e i tessuti di mussola vengono


esportati dappertutto, essendo assai vari; e anche il lino vi si produce», The Tarikh
i-Guzida, cit., p. 125.
57 Ivi, p. 129.
58 Browne, History of Persian Literature, cit., p. 150.
59 The Tarikh i-Guzida, cit., p. 152.
60 Petrushevsky, The socio-economic conditions of Iran, cit., p. 502.

170
Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

risentito maggiormente della crisi seguita alla conquista mongola.


Ben sviluppata era la coltivazione della vite. La riforma di
Ghazan non sembra aver tuttavia sortito gli effetti sperati in questo
campo. Il geografo arabo Ibn Funduq, che scrive attorno al 1168, ci
dice che le regioni di Baihaq e Nishappur abbondavano di vino e ne
offrivano oltre cento tipi. Mustawfi non dice niente a riguardo ep-
pure descrive Nishappur e le sue risorse agricole dettagliatamente.
Secondo l’anonimo autore dell’Hudud al-Alam, scritta in persiano
nel X secolo (arriva fino al 982) Nishappur è «la città più vasta e ric-
ca del Khorasan [...] ha molti abitanti. È un luogo di mercanti e la
- ---
sede del comandante dell’esercito (sipa h-sa la ra n). Ha una cittadella,
una periferia, e un centro cittadino [...] Vi si producono vari tipi di
tessuto, seta e cotone»61.
 

Grande importanza aveva la produzione della seta. Si tratta-


va di un materiale non solo utile per l’industria tessile e quindi per
l’esportazione, ma assai amato dai Mongoli che vi vedevano qual-
cosa di magico, di totalmente diverso da ciò che erano abituati a
vedere. La produzione della seta fu incoraggiata e gli investimen-
ti nel campo furono notevoli. Per avere un quadro della situazione
è opportuno ricorrere alle fonti occidentali e italiane in particolare.
Senza scomodare i numerosi studi condotti sulle fonti inedite, geno-
vesi e veneziane in particolare, anche dal sottoscritto, basterà citare
Francesco di Balduccio Pegolotti e la sua Pratica della mercatura,
scritta fra il 1338 e il 1342. Il mercante fiorentino parla di seta «ghel-
la», ovvero di Ghilan e di seta «cannarija», ovvero di Karabagh62.  

In conclusione si può dire che, per la Persia come per la Russia,


la conquista mongola fu un trauma profondo e duraturo. Le conse-
guenze che essa ebbe sul paesaggio non furono troppo diverse da
quelle che ebbe sulla politica. I Mongoli piombarono sugli stati im-
provvisamente e li conquistarono in tempi tutto sommato rapidi. La
presa dei centri nevralgici del potere fu l’elemento nuovo rispetto alle
incursioni nomadi che la precedettero. La conquista mongola ebbe
effetti enormi, ma che alla luce delle ricerche più recenti andrebbe-

61 - -
Hudu d al-Alam, The Regions of the World, cit., p. 102.
62Francesco Balducci Pegolotti, Pratica della mercatura, ed. A. Evans,
Cambridge (MS) 1936, pp. 208, 297 e 300.

171
Lorenzo Pubblici

ro ridimensionati rispetto alle convinzioni che parevano consolidate


fino a trent’anni fa. Come abbiamo visto il primo risultato della con-
quista furono le distruzioni, talvolta estensive e drammatiche (la
conquista di Bagdad nel 1258 fu un trauma profondo per l’Islam),
ma appena i Mongoli capirono che avrebbero tratto maggiore pro-
fitto dalla ricostruzione vi si dedicarono immediatamente e con larga
profusione di mezzi e energie. Preferirono tassare piuttosto che
dominare, controllare da lontano piuttosto che sostituirsi al ceto di-
rigente locale. Non sempre fu così (l’il-Khanato ne è un esempio),
ma così accadde il più delle volte. Il paesaggio ne risentì immediata-
mente più in negativo che in positivo. La distruzione, come sempre,
è rapida a realizzarsi, la ricostruzione è lenta e abbisogna di energie
coerenti e dedicate. L’agricoltura nelle terre conquistate dai Mongoli
soffrì delle campagne militari e le risorse, territoriali e umane, ven-
nero dissipate e assorbite nell’obiettivo urgente della conquista e del
controllo sulla popolazione sconfitta. Ma tale situazione non fu per-
manente; la vita dell’impero mongolo fu relativamente breve, ma si
distese comunque su oltre un secolo; gli uomini ebbero il tempo di
tornare a popolare le campagne; riprendere il lavoro dei campi e de-
dicarsi alla pastorizia. L’economia agricola visse una fase di ripresa
che fu diversa nelle diverse aree dell’impero, ma che beneficiò anche
del nuovo ordine imposto dai vincitori.
Da un punto di vista politico possiamo affermare che la con-
quista mongola ebbe due effetti fondamentali: la divisione che si
determinò, dopo il 1260, in quattro khanati influenzò direttamen-
te i confini all’interno del continente eurasiatico, talvolta con effetti
che durarono a lungo. In secondo luogo i Mongoli promossero con
grande impegno i rapporti fra culture diverse. Lo fecero per proprio
tornaconto, ma i risultati di questo processo furono straordinari. Gli
occidentali ne beneficiarono forse più di tutti.
I Mongoli spostarono tutte le capitali degli stati che conquista-
rono: in Cina da Kaifeng e Hangzhou a Pechino; nel mondo islamico
da Bagdad a Tabriz; in Russia da Kiev a Saraj e poi a Mosca; in Asia
centrale da Balasaghun a Almaliq. Mosca e Pechino sono ancora oggi
città capitale. In Cina dopo oltre tre secoli di divisione, il nord e il
sud furono riunificati.
La Persia iranica accrebbe la propria identità sotto i Mongoli
e la sua vocazione fra Cina e Europa si rafforzò nel mondo islamico
172
Invasione mongola e paesaggio agrario (Orda d’Oro, Il-Kanato)

dominante (il nome stesso Iran fu riadottato durante la dominazio-


ne mongola).
L’Iraq divenne la periferia del mondo islamico. Dall’altra parte
l’Egitto che solo scampò all’invasione mongola e anzi sconfisse l’Il-
Khanato accrebbe il suo ruolo egemone nella regione.
Riguardo alla Russia andrebbe fatto un discorso per il quale
non basterebbe un libro. Ancora troppo sensibile come argomento
e ancora troppe sono le teorie contrapposte sul rapporto fra invasio-
ne mongola e storia nazionale. Diciamo che il dato di fatto evidente
resta: l’ascesa di Mosca come centro egemone della nuova Russia a
svantaggio di Kiev che subì un declino rapido e duraturo. Non solo:
le origini mongole valevano il titolo nobiliare ancora nella Russia
zarista.
Per l’Europa occidentale le conseguenze dell’invasione mongo-
la furono soprattutto culturali in senso lato. Uno spazio nuovo si
dischiuse ai mercanti; una nuova dimensione che non era più ver-
ticale (inferno/paradiso). Le schiere mostruose di Gog e Magog
erano lontane. Le galee di Genova e Venezia salpavano ormai re-
golarmente verso l’Oriente. Una nuova, straordinaria stagione, era
incominciata.

173
Indice generale

Enti Promotori — Comitato scientifico pag. II


Relatori » V
Presentazione » VII
Alfio Cortonesi, Introduzione. Note sugli elementi ordinatori di
alcuni paesaggi italiani (secc. XIII-XV) » 1
Leonardo Rombai, Dall’Atlantico agli Urali: quadro geografico » 33
Gabriella Piccinni, Paesaggi raccontati » 67
Antonio Malpica Cuello, Le trasformazioni agricole e l’avanzata
cristiana nella penisola iberica » 101
Mario Gallina, I paesaggi agrari d’Europa (secoli XIII-XV). La
lunga caduta di Bisanzio » 127
Lorenzo Pubblici, Le conseguenze dell’invasione mongola sul
paesaggio agrario. I casi dell’Orda d’Oro e dell’Il-Kanato » 147
Mathieu Arnoux, La Guerra dei cent’anni e i paesaggi agrari » 175
Michael Matheus, L’avanzata tedesca a Oriente » 185
Enrico Basso, Il mondo egeo tardomedievale: paesaggi agrari
della «Latinocrazia» » 201
Alberto Grohmann, Crisi demografiche e politiche agrarie » 229
Giovanni Cherubini, Le transumanze del mondo mediterraneo » 247
Pierre Racine, Le paysage des moulins dans l’Europe occidentale
(XIII e -XV e siècle)
    » 269
François Menant - Michele Campopiano, Agricolture irrigue:
l’Italia padana » 291
Antoni Furió, I paesaggi dell’acqua nella Spagna mediterranea:
le huertas e l’agricoltura irrigua 323
Bruno Andreolli, Selve, boschi, foreste tra alto e basso Medioevo » 385
Perrine Mane, Les représentations du paysage agraire dans les
fonds figuratifs médiévaux » 433
Enrica Neri Lusanna, Paesaggi e committenza artistica » 465
687
Marc Boone, Les villes de Flandre et leurs campagnes: état de la
question et pistes de recherches » 513
Paolo Nanni, Spazi verdi urbani e campagne periurbane nell’Ita-
lia settentrionale e in Toscana » 537
Angela Lanconelli - Tersilio Leggio, Paesaggi urbani e spazi rura-
li dell’Italia centrale (Lazio, Umbria, Abruzzo, secc. XIII-XV) » 587
Paulino Iradiel, Consideraciones conclusivas » 627
Indice dei nomi e dei luoghi » 641
Indice degli autori e dei curatori » 669
Indice generale » 687

688
PUBBLICAZIONI DEL CENTRO

atti dei convegni

Il Romanico pistoiese nei suoi rapporti con l’arte romanica dell’Occidente (Atti del I Convegno
Internazionale di Studi medioevali di Storia e d’Arte, 1964)
Mario Salmi, Prolusione — Giuseppe Marchini, La Cattedrale di Pistoia — Guido Morozzi,
Le chiese romaniche del Monte Albano — Giovanni Miccoli, Aspetti del monachesimo toscano
nel secolo XI — Raffaello Delogu, Pistoia e la Sardegna nella architettura romanica — Albino
Secchi, Restauro ai monumenti romanici pistoiesi — Wolfgang Braunfels, Tre domande a pro-
posito del problema «Vescovo e città nell’alto medioevo» — Knut Berg, Miniature pistoiesi del
XII secolo — Roberto Salvini, La scultura romanica pistoiese — Jean Hubert, La crypte de
Saint-Jean-de-Maurienne et l’expansion de l’art lombard en France — Maria Pia Puccinelli, La
viabilità nel Contado Pistoiese in rapporto con i monumenti romanici — Sabatino Ferrali, Pievi
e parrocchie nel territorio pistoiese — Piero Sanpaolesi, I rapporti artistici tra Pistoia ed altri cen-
tri in relazione alla civiltà artistica romanica — Cinzio Violante - Cosimo Damiano Fonseca,
Ubicazione e dedicazione delle cattedrali dalle origini al periodo romanico nelle città dell’Italia
centro-settentrionale — Ugo Procacci, La pittura romanica pistoiese — Giulia Brunetti, Indagini
e problemi intorno al pulpito di Guido da Como in S. Bartolomeo a Pistoia — Emilio Cristiani,
Discorso di chiusura.
Il Gotico a Pistoia nei suoi rapporti con l’arte gotica italiana (Atti del II Convegno Internazionale
di Studi, 1966) (Esaurito)
Mario Salmi, Prolusione — Armando Sapori, I mercanti e le compagnie mercantili e bancarie
toscane fino ai primi del Quattrocento — Laura Becciani, La rocca di Montemurlo — Gerard
Gilles Meersermann, Origini del tipo di chiesa umbro-toscano degli Ordini mendicanti — Ulrich
Middeldorf, Gli inizi figurativi del Gotico a Pistoia — Albino Secchi, La cappella di S. Jacopo a
Pistoia e la «Sacrestia dei belli arredi» — Natale Rauty, Le finestre a crociera del palazzo Panciatichi
a Pistoia — Albino Secchi, Il tetto di San Francesco di Pistoia e la policromia decorativa del XIV
sec. — Emilio Cristiani, Note sui rapporti tra il Comune e il contado di Pistoia nel corso del
secolo XIII — Zoltan Kádár, Il nuovo senso della natura nella scultura di Giovanni Pisano —
Giuseppe Marchini, L’altare argenteo di S. Iacopo e l’oreficeria gotica a Pistoia — Enzo Carli,
Scultori senesi a Pistoia — Cesare Gnudi, Il pulpito di Giovanni Pisano a Pistoia — Sabatino
Ferrali, L’ordine ospitaliero di S. Antonio Abate o del Tau e la sua casa a Pistoia — Ugo Procacci,
Gli affreschi della chiesa del Tau e la pittura a Pistoia nella seconda metà del sec. XIV — Guido
Morozzi, Caratteri stilistici e restauro del Palazzo di Giano — Maria Maddalena Gauthier, L’art
de l’émail champlevé à l’époque primitive du gothique — Mario Salmi, Due note pistoiesi: I. Il
fonte battesimale e il San Giovanni di Pistoia; II. Il «Compianto» dell’Ospedale del Ceppo —
Marco Chiarini, Oggetti gotici d’arte minore e il futuro Museo diocesano di Pistoia — Raffaello
Melani, Pistoia ed i pistoiesi nel canto XXIV dell’Inferno — Mario Apollonio, Dante: figurativi-
tà gotica e drammaticità romanica ed umanistica della «Commedia».
Le zecche minori toscane fino al XIV secolo (Atti del III Convegno Internazionale di Studi,
1967)
Mario Salmi, Parole di apertura — Federico Melis, L’economia delle città minori della Toscana —
Jean Lafaurie, Le trésor carolingien de Sarzana-Luni — Antonio Bertino, La monetazione
altomedievale di Luni — Giovanni Gorini, Osservazioni preliminari per lo studio dei rapporti tra
l’area monetale toscana e quella veneta nei secoli XIII e XIV — Gian Guido Belloni, La zecca di
Lucca dalle origini a Carlo Magno — Enrico Coturri, Note e documenti relativi ad alcune monete
lucchesi del secolo XIV — Antonio Del Mancino, La zecca di Siena al tempo del governo dei Nove
(1292-1355) — Franco Panvini Rosati, La monetazione delle zecche minori toscane nel periodo
comunale — Mario Bernocchi, Una originale manifestazione della zecca di Prato 1336-1343 —
Carlo Meloni, Sui due bianchi di Pisa attribuiti alla zecca di Villa di Chiesa — David Herlihy,
Pisan coinage and the monetary history of Tuscany, 1150-1250 — Emilio Cristiani, Problemi di
datazione delle monete comunali pisane — Franco Panvini Rosati, Discorso di chiusura.
Il Restauro delle opere d’arte (Atti del IV Convegno Internazionale di Studi, 1968)
Emilio Cristiani, Presentazione — Mario Salmi, Prolusione — Pietro Gazzola, L’opera
dell’UNESCO per la salvaguardia dei monumenti e delle opere d’arte (beni culturali) — Ugo
Procacci, Le tecniche ed il restauro degli affreschi — Ugo Procacci, Le tecniche ed il restauro
dei dipinti su tavola e su tela — Pasquale Rotondi, Azione e responsabilità dello Stato nel
campo del restauro — Guglielmo De Angelis d’Ossat, Il restauro dei monumenti ieri ed oggi —
Francesco Nicosia, Problemi del restauro archeologico — Rosario Jurlaro, Conservazione delle
pitture rupestri in Puglia — Lidia Bianchi, Conservazione e restauro dei disegni e delle stampe —
Emerenziana Vaccaro, Tecniche del restauro dei codici miniati e dei manoscritti — Luciano Berti,
Il restauro delle sculture — Carlo Muttinelli, La conservazione delle armi e degli oggetti metallici
longobardi — Lidia Becherucci, Problemi di museologia — Giuseppe Marchini, Il restauro
degli oggetti delle arti minori — Marie Madeleine Gauthier, Antichi ripristini e restauri moderni
su smalti e oreficerie medioevali — Enzo Carli, Relazione sulla attività della Soprintendenza ai
Monumenti e Gallerie di Siena — Guido Morozzi, Problemi ed attività relativi al restauro dei
monumenti — Albino Secchi, Restauro di monumenti a Pistoia ed Arezzo — Juan Bassegoda
Nonell, Restauro di un’opera di Gaudí — Ubaldo Lumini, Immagini storico-tecniche sul dissesto
della Torre di Pisa.
Egemonia fiorentina ed autonomie locali nella Toscana nord-occidentale del primo Rinascimento:
vita, arte, cultura (Atti del VII Convegno Internazionale di Studi, 1975)
Emilio Cristiani, Presentazione — Mario Salmi, Discorso inaugurale — Giorgio Chittolini, La
formazione dello stato regionale e le istituzioni del contado: ricerche sull’ordinamento territoria-
le del dominio fiorentino agli inizi del secolo XV — David Herlihy, Le relazioni economiche di
Firenze con le città soggette nel secolo XV — Riccardo Fubini, Antonio Ivani da Sarzana: un teo-
rizzatore del declino delle autonomie comunali — Ezzelinda Altieri Magliozzi, Istituzioni comu-
nali a Pistoia prima e dopo l’inizio della dominazione fiorentina — Francesco Negri Arnoldi, Il
monumento sepolcrale del Card. Niccolò Forteguerri in Santa Cecilia a Roma e il suo cenotafio
nella Cattedrale di Pistoia — Ugo Procacci, Il pittore pistoiese Bartolommeo di Andrea Bocchi —
Francesco Negri Arnoldi, Matteo Civitali, scultore lucchese — Luisa Cogliati Arano, Influssi
toscani sulla scultura padana: Maffiolo da Carrara — Guido Pampaloni, Ricordo di Federigo
Melis — Sabatino Ferrali, “Omelia in memoria di Federigo Melis” — Lucia Gai, Rapporti fra
l’ambiente artistico pistoiese e fiorentino alla fine del Trecento ed ai primi anni del Quattrocento:
riesame di un problema critico — Enzo Carli, Il pittore Gerino da Pistoia — Sabatino Ferrali,
Rapporti religiosi ed ecclesiastici tra Pistoia e Firenze nel secolo XV — Giancarlo Savino, Libri
ed amici di Sozomeno da Pistoia negli anni del Concilio di Costanza — Enrico Coturri, La me-
dicina a Firenze nel Quattrocento e i suoi riflessi nelle altre città della Toscana settentrionale —
Gino Arrighi, La matematica nella Toscana nord-occidentale nei secoli XII-XV — Alessandro
Gambuti, L’architettura del primo Rinascimento nella Toscana nord-occidentale: influssi fioren-
tini e caratteristiche locali — Francesco Gurrieri, Cultura architettonica del primo Rinascimento
in territorio pratese — Giuseppe Marchini, Castelli, fortezze e ville del primo Rinascimento nel-
la Toscana del Nord — Michele Luzzati, Politica di salvaguardia dell’autonomia lucchese nel-
la seconda metà del secolo XV — Guglielmo Lera, Forme associative, condizioni economiche e
sensibilità artistica di alcuni paesi della campagna lucchese nel primo Rinascimento — Emilio
Cristiani, Discorso di chiusura.
Civiltà ed economia agricola in Toscana nei secc. XIII-XV: problemi della vita delle campagne
nel Tardo Medioevo (Atti dell’VIII Convegno Internazionale di Studi, 1977)
Emilio Cristiani, Presentazione — Raffaello Melani, La vita dei campi e il contadino nella Divina
Commedia — Christian Bec, Le paysan dans la nouvelle toscane (1350-1430) — Alessandro
Guidotti, Agricoltura e vita agricola nell’arte toscana del Tre e Quattrocento (di alcune miniature
fiorentine e senesi del XV secolo) — Giovanni Cherubini, Risorse, paesaggio ed utilizzazione
agricola del territorio della Toscana sud-occidentale nei secoli XIV-XV — Charles de la Roncière,
Solidarités familiales et lignagères dans la campagne toscane au XIV s.: l’exemple d’un village de
Valdelsa (1280-1350) — Christiane Klapisch-Zuber, Mezzadria e insediamenti rurali alla fine del
Medio Evo — Maria Serena Mazzi - Sergio Raveggi, Masserizie contadine nella prima metà del
Quattrocento: alcuni esempi del territorio fiorentino e pistoiese — Laura De Angelis, Tecniche di
coltura agraria e attrezzi agricoli alla fine del Medioevo — Giuliano Pinto, Coltura e produzione
dei cereali in Toscana nei secoli XIII-XV — Riccardo Francovich, Il contributo dell’archeologia
medievale alla storia della cultura materiale e dell’insediamento nella Toscana basso medievale —
Fabio Redi, Opere di bonifica dei terreni agricoli nel territorio pisano-lucchese a cavallo fra i secc.
XIII e XV — Natale Rauty, Intervento del Comune nel controllo delle misure a Pistoia (secoli
XII-XV) — Gino Arrighi, Fra’ Leonardo da Pistoia trattatista di «geometria pratica» — David
Herlihy, The problem of the «return to the land» in Tuscan economic history of the fourteenth
and fifteenth centuries — Emilio Cristiani, Discorso di chiusura.
Università e società nei secoli XII-XVI (Atti del IX Convegno Internazionale di Studi, 1979)
Emilio Cristiani, Presentazione — Gina Fasoli, Rapporti tra le città e gli «Studia» — Johannes
Fried, Vermögensbildung der Bologneser Juristen im 12 und 13 Jahrhundert — Manlio Bellomo,
Studenti e «Populus» nelle città universitarie italiane dal secolo XII al XIV — Girolamo Arnaldi,
Fondazione e rifondazioni dello Studio di Napoli in età sveva — Gino Arrighi, La matematica
fra bottega d’abaco e Studio in Toscana nel Medio Evo — Giuliano Catoni, Il Comune di Siena e
l’amministrazione della Sapienza nel sec. XV — Enrico Coturri, L’insegnamento dell’anatomia
nelle università medioevali — Jacques Verger, Les rapports entre Universités italiennes et
Universités françaises méridionales (XIIe-XVe siècles) — Walter Steffen, Il potere studentesco
a Bologna nei secoli XIII e XIV — Ennio Cortese, Legisti, canonisti e feudisti: la formazione di
un ceto medievale — Rodolfo Del Gratta, Spigolature storiche sull’Università di Pisa nel 1400
e 1500 — Giovanni Santini, Università e società a Modena tra il XII e il XIII secolo — Paolo
Sambin, Giuristi padovani del Quattrocento tra attività universitaria e attività pubblica. I. Paolo
d’Arezzo († 1433) e i suoi libri — Jean Leclerq, Lo sviluppo dell’atteggiamento critico degli allievi
verso i maestri dal X al XIII secolo — Renzo Grandi, Le tombe dei dottori bolognesi: ideologia
e cultura — Stefano Zamponi, Manoscritti con indicazioni di pecia nell’Archivio Capitolare
di Pistoia — Alessandro Conti, Appunti sulla miniatura nei codici giuridici del Duecento a
Bologna — Armando F. Verde, Vita universitaria nello Studio della Repubblica fiorentina alla
fine del Quattrocento — Tiziana Pesente, Generi e pubblico della letteratura medica padovana
nel Tre e Quattrocento — Maria Carla Zorzoli, Interventi dei Duchi e del Senato di Milano per
l’Università di Pavia (secoli XV-XVI).
Artigiani e salariati: il mondo del lavoro nell’Italia dei secoli XII-XV (Atti del X Convegno
Internazionale di Studi, 1981)
Emilio Cristiani, Presentazione — Giovanni Cherubini, I lavoratori nell’Italia dei secoli XIII-
XV: considerazioni storiografiche e prospettive di ricerca — Bruno Dini, I lavoratori dell’Arte del-
la Lana a Firenze nel XIV e XV secolo — Giuliano Pinto, L’organizzazione del lavoro nei cantieri
edili (Italia centro-settentrionale) — Laura Balletto, I lavoratori nei cantieri navali (Liguria, secc.
XII-XV) — Marco Tangheroni, La vita a bordo delle navi — Antonio Ivan Pini, La ripartizio-
ne topografica degli artigiani a Bologna nel 1294: un esempio di demografia sociale — Lucia Gai,
Artigiani e artisti nella società pistoiese del basso Medioevo. Spunti per una ricerca — Amleto
Spicciani, Solidarietà, previdenza e assistenza per gli artigiani nell’Italia nell’Italia medioeva-
le (secoli XII-XV) — Duccio Balestracci, I lavoratori poveri e i «disciplinati» senesi. Una forma
di assistenza alla fine del Quattrocento — Rosa Maria Dentici Buccellato, Lavoro e salari nella
Sicilia del Quattrocento (la terra e il mare) — Odile Redon, Images des travailleurs dans les nou-
velles toscanes des XIVe et XVe siècles — Emilio Cristiani, Artigiani e salariati nelle prescrizioni
statutarie — Francesco Gandolfo, Lavoro e lavoratori nelle fonti artistiche.
Tecnica e società nell’Italia dei secoli XII-XVI (Atti dell’XI Convegno Internazionale di Studi,
1984)
Emilio Cristiani, Presentazione — Antonio Ivan Pini, Energia e industria tra Sàvena e Reno: i
mulini idraulici bolognesi tra XI e XV secolo — Riccardo Berretti - Egidio Iacopi, I molini ad
acqua di Valleriana — Renzo Sabbatini, La produzione della carta dal XIII al XVI secolo: strut-
ture, tecniche, maestri cartai — Leandro Perini, Stamperie quattrocentesche: vocabolario, tecni-
che e rapporti giuridici — Walter Endrei, Rouet italien et métier de Flandre à tisser au large —
Bruno Dini, Una manifattura di battiloro nel Quattrocento — Angela Ghinato, Tecnica e socie-
tà nell’Italia dei secoli XII-XVI. Tecniche e organizzazione del lavoro nell’arazzeria a Ferrara al-
l’epoca di Borso d’Este — Natale Rauty, Tecniche di costruzione e di cantiere nell’antico palaz-
zo dei Vescovi di Pistoia (secoli XI-XIV) — Gino Arrighi, Nozioni ad uso degli architetti del
basso Medio Evo — Maureen Fennel Mazzaoui, La diffusione delle tecniche tessili del coto-
ne nell’Italia dei secoli XII-XVI — M.E. Bratchel, The Silk Industry of Lucca in the Fifteenth
Century — Luciana Frangioni, La tecnica di lavorazione dei bacinetti: un esempio avignone-
se del 1379 — Enrico Coturri, Gli strumenti chirurgici nel medioevo e la loro fabbricazione —
Emanuela Guidoboni, «Delli rimedi contra terremoti per la sicurezza degli edifici»: la casa anti-
sismica di Pirro Ligorio (sec. XVI) — Francesco Gurrieri, Considerazioni sulle tecniche del can-
tiere edilizio medievale — Ugo Procacci, I colori e la tecnica pittorica.
Città e servizi sociali nell’Italia dei secoli XII-XV (Atti del XII Convegno Internazionale di
Studi, 1987) (Esaurito)
Emilio Cristiani, Presentazione — Henri Bresc, Ecole et services sociaux dans les cités et les «ter-
res» siciliennes (XIIIe-XVe siècles) — Giovanna Petti Balbi, Istituzioni cittadine e servizi scola-
stici nell’Italia centro-settentrionale tra XIII e XV secolo — Anna Maria Nada Patrone, «Super
providendo bonum et sufficientem magistrum scholarum». L’organizzazione scolastica delle cit-
tà nel tardo medioevo — Francesca Luzzati Laganà, Un maestro di scuola toscano del Duecento:
Mino da Colle di Valdelsa — Giuliana Albini, L’assistenza all’infanzia nelle città dell’Italia pa-
dana (secoli XIII-XV) — Gian Maria Varanini - Giuseppina De Sandre Gasparini, Gli ospeda-
li dei «malsani» nella società veneta del XII-XIII secolo. Tra assistenza e disciplinamento urba-
no. I. L’iniziativa pubblica e privata. II. Organizzazione, uomini e società: due casi a confronto —
Mauro Ronzani, Nascita e affermazione di un grande «hospitale» cittadino: lo Spedale Nuovo di
Pisa dal 1257 alla metà del Trecento — Lucia Sandri, Aspetti dell’assistenza ospedaliera a Firenze
nel XV secolo — Enrico Coturri, Spedali della città e del contado a Pistoia nel medioevo — Irma
Naso, L’assistenza sanitaria negli ultimi secoli del medioevo. I medici «condotti» delle comuni-
tà piemontesi — Gabriella Piccinni, L’ospedale di Santa Maria della Scala di Siena. Note sulle
origini dell’assistenza sanitaria in Toscana (XIV-XV secolo) — Anna Benvenuti Papi, «In domo
bighittarum seu viduarum». Pubblica assistenza e marginalità femminile nella Firenze medieva-
le — Pierre Racine, Il sistema ospedaliero lombardo (secoli XII-XV) — Silvana Collodo, Il siste-
ma annonario delle città venete: da pubblica utilità a servizio sociale (secoli XIII-XVI) — Duccio
Balestracci, La lotta contro il fuoco (XIII-XVI secolo) — Roberto Greci, Il problema dello smal-
timento dei rifiuti nei centri urbani dell’Italia medievale — Maria Serena Mazzi, Un «dilettoso
luogo»: l’organizzazione della prostituzione nel tardo Medioevo — Halina Manikowska, Il con-
trollo sulle città. Le istituzioni dell’ordine pubblico nelle città italiane dei secoli XIV e XV.
Italia 1350-1450: tra crisi, trasformazione, sviluppo (Atti del XIII Convegno Internazionale
di Studi, 1991) (Esaurito)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Emilio Cristiani, Introduzione — Antonio Ivan Pini,
La demografia italiana dalla Peste Nera alla metà del Quattrocento: bilancio di studi e proble-
mi di ricerca — Maria Ginatempo, Dietro un’eclissi: considerazioni su alcune città minori del-
l’Italia centrale — Silvana Collodo, Governanti e governati. Aspetti dell’esperienza politica nel-
le città dell’Italia centro-settentrionale — Giovanna Petti Balbi, Dinamiche sociali ed esperien-
ze istituzionali a Genova tra Tre e Quattrocento — Francesco Tateo, Le trasformazioni del gu-
sto letterario — Bruno Dini, L’evoluzione del commercio e della banca nelle città dell’Italia cen-
tro-settentrionale dal 1350 al 1450 — Alberto Cipriani, Economia e società a Pistoia tra metà
Trecento e metà Quattrocento — Anthony Molho, Tre città-stato e i loro debiti pubblici. Quesiti
e ipotesi sulla storia di Firenze, Genova e Venezia — Reinhold C. Mueller, Il circolante manipo-
lato: l’impatto di imitazione, contraffazione e tosatura di monete a Venezia nel tardo Medioevo —
Gabriella Piccinni, L’evoluzione della rendita fondiaria in Italia: 1350-1450 — Donata Degrassi,
Il Friuli tra continuità e cambiamento: aspetti economico-sociali e istituzionali — Giovanni
Vitolo, Il Mezzogiorno tra crisi e trasformazione. Secoli XIV-XV — Henri Bresc, Changer pour
durer: la noblesse en Sicile 1380-1450 — Rosa Maria Dentici Buccellato, Centri demaniali e cen-
tri feudali: due esempi siciliani — Marco Tangheroni, La Sardegna tra Tre e Quattrocento —
Giorgio Cracco, Aspetti della religiosità italiana del Tre-Quattrocento: costanti e mutamenti —
Maria Laura Cristiani Testi, Il «Trionfo della Morte» nel Camposanto monumentale di Pisa – e
la cultura artistica letteraria religiosa di metà Trecento — Andrea Zorzi, Ordine pubblico e am-
ministrazione della giustizia nelle formazioni politiche toscane tra Tre e Quattrocento — Ovidio
Capitani, L’etica economica: considerazioni e riconsiderazioni di un vecchio studioso — Giuliano
Pinto, Conclusioni.
Il senso della storia nella cultura medievale italiana (1110-1350) (Atti del XIV Convegno
Internazionale di Studi, 1993)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Massimo Oldoni, Sentimento del tempo e del silenzio
d’un medioevo italiano. Introduzione a «Il senso della storia nella cultura medievale italiana
(1110-1350)» — Maria Consiglia De Matteis, Il senso della storia in Dante — Giovanna Petti
Balbi, Il presente e il senso della storia in Caffaro e nei suoi continuatori — Sante Bortolami,
Da Rolandino al Mussato: tensioni ideali e senso della storia nella storiografia padovana di tra-
dizione «repubblicana» — Augusto Vasina, Le cronache emiliane e romagnole: dal Tolosano a
Riccobaldo (secoli XII-XIV) — Giuseppe Scalia, Annalistica e poesia epico-storica pisana nel se-
colo XII — Giuseppe Porta, La costruzione della storia in Giovanni Villani — Natale Rauty,
Le «Storie pistoresi» — Agostino Paravicini Bagliani, Le biografie papali duecentesche e il sen-
so della storia — Massimo Miglio, Anonimo romano — Salvatore Tramontana, Il senso del-
la storia e del quotidiano nelle parole e nelle immagini dei cronisti normanni e svevi — Anna
Benvenuti, «Secondo che raccontano le storie»: il mito delle origini cittadine nella Firenze co-
munale — Paolo Golinelli, L’agiografia cittadina: dall’autocoscienza all’autorappresentazio-
ne (sec. IX-XII; Italia settentrionale) — Franco Cardini, Le crociate nella memoria storica —
Grado G. Merlo, Coscienza storica della presenza ereticale nell’Italia degli inizi del Duecento —
Paolo Cammarosano, I «libri iurium» e la memoria storica delle città comunali — Pierre Racine,
Mythes et mémoires dans les familles nobles de Plaisance — Giancarlo Andenna, La storia con-
temporanea in età comunale: l’esecrazione degli avversari e l’esaltazione della signoria nel lin-
guaggio figurativo. L’esempio bresciano — Lucia Gai, La memoria storica e le sue immagini nel-
la civiltà comunale di Pistoia: alcuni esempi dei secoli XII e XIII — Carlo Delcorno, «Antico» e
«moderno» nella predicazione medievale — Cesare Vasoli, La storia nella meditazione filosofica,
da Alberto Magno a Marsilio da Padova — Pierre Toubert, Conclusions — Giovanni Cherubini,
Alfredo Bonzi non è più con noi.
Magnati e popolani nell’Italia comunale (Atti del XV Convegno Internazionale di Studi,
1995)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Jean-Claude Maire Vigueur, Il problema storiografico:
Firenze come modello (e mito) di regime popolare — Paolo Cammarosano, Il ricambio e l’evolu-
zione dei ceti dirigenti nel corso del XIII secolo — Sante Bortolami, Le forme «societarie» di or-
ganizzazione del popolo — Aldo A. Settia, I luoghi e le tecniche dello scontro — Antonio Rigon,
Il ruolo delle chiese locali nelle lotte tra magnati e popolani — Andrea Giorgi, Il conflitto ma-
gnati/popolani nelle campagne: il caso senese — Sandro Carocci, Comuni, nobiltà e papato nel
Lazio — Giovanna Petti Balbi, Magnati e popolani in area ligure — Christiane Klapisch-Zuber,
Vrais et faux magnats. L’application des Ordonnances de Justice au XIVe siècle — Gabriella
Garzella, L’edilizia pubblica comunale in Toscana — Silvana Collodo, Ceti e cittadinanze nei co-
muni della pianura veneta durante il secolo XIII — Pierre Racine, Le «popolo» à Plaisance: du
régime «populaire» à la Seigneurie — Antonio Ivan Pini, Magnati e popolani a Bologna nella se-
conda metà del XIII secolo — Renato Bordone, Magnati e popolani in area piemontese, con par-
ticolare riguardo al caso di Asti — Alberto Cipriani, Gli affari sono affari: le grandi famiglie pi-
stoiesi tra potere economico e potere politico — Giovanni Cherubini, Parole di saluto.
Gli spazi economici della Chiesa nell’Occidente mediterraneo (secoli XII-metà XIV) (Atti del
XVI Convegno Internazionale di Studi, 1997)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Paolo Cammarosano, Il ruolo della proprietà ecclesiastica
nella vita economica e sociale del medioevo europeo — Agostino Paravicini Bagliani, Per una sto-
ria economica e finanziaria della corte papale preavignonese — Bruno Dini, I mercanti-banchieri
e la Sede apostolica (XIII - prima metà del XIV secolo) — Luisa Chiappa Mauri, L’economia ci-
stercense tra normativa e prassi. Alcune riflessioni — Alfio Cortonesi, Contrattualistica agraria e
proprietà ecclesiastica (metà sec. XII - inizi sec. XIV). Qualche osservazione — Etienne Hubert,
Propriété ecclésiastique et croissance urbaine (à propos de l’Italie centro-septentrionale, XIIe-dé-
but du XIVe siècle) — Antonio Ivan Pini, Proprietà vescovili e comune di Bologna fra XII e XIII
secolo — Francesco Panero, I vescovadi subalpini: trasformazioni e gestione della grande pro-
prietà fondiaria nei secoli XII-XIII — Valeria Polonio, Gli spazi economici della Chiesa geno-
vese — Vincenzo D’Alessandro, Il ruolo economico e sociale della Chiesa in Sicilia dalla rina-
scita normanna all’età aragonese — Gian Maria Varanini, Gli spazi economici e politici di una
Chiesa vescovile: assestamento e crisi nel principato di Trento fra fine XII e inizi XIV sec. —
Gianfranco Pasquali, Le «concordiae» tra chierici e laici nei comuni di Ravenna e Modena alla
fine del XII secolo — Charles Marie de la Roncière, Condizioni economiche del clero parrocchia-
le, rurale e urbano, nell’Europa meridionale, XII-XV secoli (osservazioni da lavori recenti) —
Juan Carrasco Pérez, Espacios económicos de la Iglesia en el Reino de Navarra (1134-1328) —
José Ángel García De Cortázar, Reconquista, economía e Iglesia en Castilla en los siglos XII
y XIII — Lorenzo Paolini, Le finanze dell’Inquisizione in Italia (XIII-XIV sec.) — Wilhelm
Kurze, Accenni sugli aspetti economici dei monasteri toscani — Amleto Spicciani, L’ospedale di
Altopascio nella Lucchesia del secolo XII. Donazioni, acquisti e prestiti — Renzo Nelli, La pro-
prietà ecclesiastica in città e nelle campagne pistoiesi — Adriano Peroni, «Opera», cantieri, archi-
tetti nelle cattedrali dell’Italia centrosettentrionale: qualche spunto per la ricerca.
Vescovo e città nell’alto Medioevo: quadri generali e realtà toscane (Atti del Convegno
Internazionale di Studi, in collaborazione con la Società Pistoiese di Storia Patria, a
cura di Giampaolo Francesconi, 1998)
Giovanni Cherubini - Giuliano Pinto, Premessa — Giuseppe Sergi, Poteri temporali del ve-
scovo: il problema storiografico — Annamaria Ambrosioni, Vescovo e città nell’alto Medioevo:
l’Italia settentrionale — Natale Rauty, Poteri civili del vescovo a Pistoia fino all’età comunale —
Raffaele Savigni, Episcopato, capitolo cattedrale e società cittadina a Lucca nei secoli X-XI —
Mauro Ronzani, Vescovi e città a Pisa nei secoli X e XI — Maria Luisa Ceccarelli Lemut, I rap-
porti tra vescovo e città a Volterra fino alla metà dell’XI secolo — Paolo Pirillo, Firenze: il ve-
scovo e la città nell’Alto Medioevo — Anna Benvenuti, Fiesole: una diocesi tra smembramenti e
rapine — Jean Pierre Delumeau, Vescovi e città ad Arezzo dal periodo carolingio al sorgere del
Comune (secoli IX-XII) — Michele Pellegrini, “Sancta pastoralis dignitas”. Poteri, funzioni e pre-
stigio dei vescovi a Siena nell’altomedioevo — Gabriella Garzella, Vescovo e città nella diocesi
di Populonia-Massa Marittima fino al XII secolo — Wilhelm Kurze, Roselle – Sovana — Mario
Marrocchi, Chiusi e i suoi vescovi (secc. VII-XI). Prospettive di ricerca.
Ceti, modelli, comportamenti nella società medievale (secoli XIII-metà XIV) (Atti del XVII
Convegno Internazionale di Studi, 1999)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Giovanna Petti Balbi, Il mercante — Attilio Bartoli
Langeli, Il notaio — Cecilia Iannella, La predicazione: il caso di Giordano da Pisa — Antonio
Rigon, Il clero curato — Jean-Claude Maire Vigueur, L’ufficiale forestiero — Aldo A. Settia,
«Viriliter et competenter»: l’uomo di guerra — Antonio Ivan Pini, Il mondo universitario:
professori, studenti, bidelli — Donata Degrassi, Gli artigiani nell’Italia comunale — Franco
Franceschi, I salariati — Gabriella Piccinni, Contadini e proprietari nell’Italia comunale: model-
li e comportamenti — Alessandro Barbero, I modelli aristocratici — Daniela Romagnoli, Le buo-
ne maniere — Odile Redon, Les métiers de cuisinier — Salvatore Tramontana, L’iconografia —
Carlo Delcorno, Forme dell’exemplum in Italia — Giovanni Cherubini, Ceti, modelli, compor-
tamenti nel Decameron — Giuliano Pinto, Parole di saluto.
Le città del Mediterraneo all’apogeo dello sviluppo medievale: aspetti economici e sociali (Atti
del XVIII Convegno Internazionale di Studi, 2001)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Michel Balard, Costantinopoli e le città pontiche al-
l’apogeo del Medioevo — Tomislav Raukar, Le città della Dalmazia nel XIII e XIV secolo —
Elisabeth Crouzet-Pavan, Venise et ses apogées: problèmes de définition — Egidio Ivetic,
Le città dell’Istria (1260-1330) — Gian Maria Varanini, Le città della Marca Trevigiana fra
Duecento e Trecento. Economia e società — Patrizia Mainoni, La fisionomia economica del-
le città lombarde dalla fine del Duecento alla prima metà del Trecento. Materiali per un con-
fronto — Roberto Greci, Le città emiliano-romagnole — Giuliano Pinto, Le città umbro-mar-
chigiane — Ivana Ait, Roma: una città in crescita tra strutture feudali e dinamiche di merca-
to — Giovanni Cherubini, Le città della Toscana — Alberto Cipriani, Pistoia fra la metà del
Duecento e la Peste Nera — Giovanna Petti Balbi, Genova — Louis Stouff, Les grandes villes
de Languedoc et de Provence au temps de l’apogée médiéval — J. Ángel Sesma Muñoz, Las ciu-
dades de Aragón y Cataluña interior: población y flujos económicos (1150-1350) — Antonio
Collantes de Terán Sánchez, Las ciudades de Andalucía — David Jacoby, L’apogeo di Acri nel
Medioevo, secc. XII-XIII — Giovanni Cherubini, Ricordo di Antonio Ivan Pini.
La trasmissione dei saperi nel Medioevo (secoli XII-XV) (Atti del XIX Convegno Internazionale
di Studi, 2003)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Giuliano Pinto, La trasmissione delle pratiche agricole —
Aldo A. Settia, Esperienza e dottrina nel mestiere delle armi — Donata Degrassi, La trasmissio-
ne dei saperi: le botteghe artigiane — Giovanna Petti Balbi, Tra scuola e bottega: la trasmissio-
ne delle pratiche mercantili — Ugo Tucci, La trasmissione del mestiere del marinaio a Venezia
nel Medioevo — Irma Naso, Forme di trasmissione del sapere medico tra dottrina ed esperien-
za empirica nel tardo medioevo — Giuseppe Palmero, Pratiche e cultura terapeutica alla fine del
Medioevo, tra oralità e produzioni scritte — Philippe Bernardi, Métier et mystère: l’enseigne-
ment des «secrets de l’art» chez les bâtisseurs à la fin du Moyen Âge — Gabriella Piccinni, La
trasmissione dei saperi delle donne — Marco Collareta, La pittura — Maria Serena Mazzi, L’arte
di arrangiarsi — Elisabeth Crouzet-Pavan, Le verre vénitien: les savoirs au travail — Philippe
Braunstein, Imparare il tedesco a Venezia intorno al 1420 — Anna Benvenuti, Le conoscenze re-
ligiose dei fedeli — Franco Franceschi, La grande manifattura tessile — Giovanni Cherubini,
Divagazioni conclusive.
Tra economia e politica: le corporazioni nell’Europa medievale (Atti del XX Convegno
Internazionale di Studi, 2005)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Giovanni Cherubini, Itroduzione — Duccio Balestracci,
Le città dell’Italia centrale — Elisabeth Crouzet-Pavan, Problématique des arts à Venise à la
fin du Moyen Age — Roberto Greci, Le corporazioni dell’Italia settentrionale — Salvatore
Tramontana − Carmela M. Rugolo, Le città dell’Italia meridionale — Arnaldo Sousa Melo,
Les metiers en ville au Portugal (XIIIe-XVe siècles) — Juan Ignacio Ruiz de la Peña Solar,
Solidaridades profesionales en las ciudades de la Corona de Castilla. Las cofradías de marean-
tes — José Ángel Sesma Muñoz, L’organizzazione del mondo urbano e le corporazioni nella
Corona d’Aragona (XIII secolo) — Marc Boone, «Les anciennes démocraties des Pays-Bas?».
Les corporations flamandes au bas Moyen Age (XIVe-XVIe siècles): intérêts économiques, en-
jeux politiques et identités urbaines — Knut Schulz, Le città tedesche: lo sviluppo dalle con-
fraternite e corporazioni alle «politische Zünfte». Campanilismo contro migrazione — Halina
Manikowska, Le corporazioni e il potere cittadino nelle città dell’Europa centro-orientale —
Vanessa Gabelli, Confronto fra stemmi di corporazioni: analogie e difformità di scelte — Franco
Franceschi, L’organizzazione corporativa delle grandi manifatture tessili nell’Europa occidentale:
spunti comparativi — Donata Degrassi, Tra vincoli corporativi e libertà d’azione: le corporazioni
e l’organizzazione della bottega artigiana — Giovanna Petti Balbi, Parole conclusive.
La costruzione della città comunale italiana (secoli XII-inizio XIV) (Atti del XXI Convegno
Internazionale di Studi, 2007).
Giovanni Cherubini, Presentazione — Giovanni Cherubini, Introduzione — Cristina La Rocca,
L’eredità e la memoria dell’antico nelle città comunali — Aldo A. Settia, Cerchie murarie e
torri private urbane — Italo Moretti, I palazzi pubblici — Elisabeth Crouzet-Pavan, La cité
communale en quête d’elle-même: la fabrique des grands espaces publics — Etienne Hubert,
Urbanizzazione, immigrazione e cittadinanza (XII – metà XIV secolo). Alcune considerazioni
generali — Thomas Szabò, Genesi e sviluppo della viabilità urbana — Franco Franceschi, I
paesaggi della produzione — Roberto Greci, Luoghi ed edifici di mercato — Andrea Zorzi, La
costruzione della città giudiziaria — Anna Benvenuti, Sotto la volta del cielo. Luoghi, simboli
e immagini dell’identità cittadina — Dario Canzian, L’identità cittadina tra storia e leggenda: i
miti fondativi — Roberta Mucciarelli, Demolizioni punitive: guasti in città — Francesca Bocchi,
La “modernizzazione” delle città medievali — Salvatore Tramontana, L’altra Italia. La costruzio-
ne delle città nel Mezzogiorno e in Sicilia — Carmela Maria Rugolo, L’altra Italia: Bari — Mauro
Ronzani, Conclusioni.
La ricerca del benessere individuale e sociale. Ingredienti materiali e immateriali (città italiane,
XII–XV secolo) (Atti del XXII Convegno Internazionale di Studi, 2009)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Gabriella Piccinni, La ricerca del benessere individuale
e sociale. Ingredienti materiali e immateriali (città italiane, XII-XV secolo). Introduzione al con-
vegno — Donata Degrassi, Quando la società è mobile: aspirazioni al cambiamento e possibili-
tà di soddisfarle — Isabella Gagliardi, Realizzati attraverso il rifiuto della richezza — Salvatore
Tramontana, Esibire la ricchezza — Anna Esposito, I desideri delle donne tra nozze e conven-
to — Giovanni Cherubini, Commemorazione di Linetto Neri — Paolo Nanni, Aspirazioni e ma-
linconie: i contrasti del mercante Francesco Datini — Alma Poloni, Vite imprevedibili: tre storie
di mercanti nella Toscana di fine Duecento — Maria Clara Rossi, La vita buona: scelte religiose
di impegno nella società — Renato Bordone, Progetti in augmentum rei publice nell’esperienza
del primo comune in Italia — Jean-Claude Maire Vigueur, Progetti di trasformazione della socie-
tà nei regimi di Popolo — Duccio Balestracci, «Ingrata patria»: l’esiliato tra infelicità e proget-
ti di rientro — Franco Franceschi, Aspirazioni e obiettivi dei rivoltosi — Giovanni Cherubini,
La ricerca del decoro urbano — Giovanna Petti Balbi, «Accrescere, gestire, trasmettere»: perce-
zione e uso della ricchezza nel mondo mercantile genovese (secoli XII-metà XIV) — Giampaolo
Francesconi, «Gentiluomini che oziosi vivono delle rendite delle loro possessioni». Ideali e iden-
tità di una città socia nobilis et foederata: Pistoia nello Stato fiorentino.
Circolazione di uomini e scambi culturali tra città (secoli XII-XIV) (Atti del XXIII Convegno
Internazionale di Studi, 2011)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Giovanna Petti Balbi, Circolazione di uomini e scambi
culturali tra città (secoli XII-XIV). Introduzione — Marino Zabbia, Notai e modelli documen-
tari: note per la storia della lunga fortuna di una soluzione efficace — Carla Frova, Circolazione
di docenti nelle sedi universitarie italiane (secoli XIV-XV) — Duccio Balestracci, La città de-
gli altri. Un paradigma della diversità — Ramon J. Pujades i Bataller, De Génova a Venecia y
Mallorca: la emigración de cartógrafos ligures y la expansión mediterránea de las cartas de nave-
gar (s. XIV) — Roberto Greci, La cultura del mercante — Jean-Claude Maire Vigueur, Il po-
destà che veniva dal mare: Gargano degli Arscindi e l’impianto del sistema podestarile a Spalato
(1239) — Mauro Ronzani, Un aspetto della circolazione degli ecclesiastici: i trasferimenti dei ve-
scovi (Italia comunale, secoli XIII-XIV) — Piero Gualtieri, Società e istituzioni a Pistoia fra tra-
dizione locale e influenze esterne (secc. XII-XIII) — Donata Degrassi, Circolazione di uomini
e trasmissione di tecniche nel settore minerario e metallurgico (Italia secoli XII-XIV) — Aldo
A. Settia, L’ingegnere errante e la diffusione della tecnologia militare — Xavier Barral i Altet,
Aspetti della continuità nelle pratiche di cantiere dell’architettura religiosa tra tardo Romanico
e primo Gotico: organizzazione del lavoro, scambi di esperienze, scelte culturali — Saverio
Lomartire, Mobilità/stanzialità dei cantieri artistici nel Medioevo italiano e trasmissione del-
le competenze — Francesco Salvestrini, Il monachesimo vallombrosano e le città. Circolazione
di culti, testi, modelli architettonici e sistemi organizzativi nell’Italia centro-settentrionale (seco-
li XII-XIV) — Marilyn Nicoud, Circolazione dei medici e dei saperi medici nell’Italia del tardo
Medioevo: il caso della corte visconteo-sforzesca tra Tre e Quattrocento — Bruno Laurioux, De
ville en ville, de cour en cour: le rôle des cuisiniers dans la diffusion des normes et des pratiques
culinaires — Elisabeth Crouzet-Pavan, Quelques conclusions.
I paesaggi agrari d’Europa (secoli XIII-XV) (Atti del XXIV Convegno Internazionale di
Studi, 2013)
Giovanni Cherubini, Presentazione — Alfio Cortonesi, Introduzione. Note sugli elementi ordi-
natori di alcuni paesaggi italiani (secc. XIII-XV) — Leonardo Rombai, Dall’Atlantico agli Urali:
quadro geografico — Gabriella Piccinni, Paesaggi raccontati — Antonio Malpica Cuello, Le tra-
sformazioni agricole e l’avanzata cristiana nella penisola iberica — Mario Gallina, I paesaggi agra-
ri d’Europa (secoli XIII-XV). La lunga caduta di Bisanzio — Lorenzo Pubblici, Le conseguenze
dell’invasione mongola sul paesaggio agrario. I casi dell’Orda d’Oro e dell’Il-Kanato — Mathieu
Arnoux, La Guerra dei cent’anni e i paesaggi agrari — Michael Matheus, L’avanzata tedesca a
Oriente — Enrico Basso, Il mondo egeo tardomedievale: paesaggi agrari della «Latinocrazia» —
Alberto Grohmann, Crisi demografiche e politiche agrarie — Pierre Racine, Le paysage des mou-
lins dans l’Europe occidentale (XIII e-XV e siècle) — François Menant - Michele Campopiano,
   

Agricolture irrigue: l’Italia padana — Antoni Furió, I paesaggi dell’acqua nella Spagna mediter-
ranea: le huertas e l’agricoltura irrigua — Bruno Andreolli, Selve, boschi, foreste tra alto e basso
Medioevo — Perrine Mane, Les représentations du paysage agraire dans les fonds figuratifs mé-
diévaux — Enrica Neri Lusanna, Paesaggi e committenza artistica — Marc Boone, Les villes de
Flandre et leurs campagnes: état de la question et pistes de recherches — Paolo Nanni, Spazi ver-
di urbani e campagne periurbane nell’Italia settentrionale e in Toscana — Angela Lanconelli -
Tersilio Leggio, Paesaggi urbani e spazi rurali dell’Italia centrale (Lazio, Umbria, Abruzzo, secc.
XIII-XV) — Paulino Iradiel, Consideraciones conclusivas.

quaderni

Studi storici pistoiesi, I


Mario Salmi, Premessa — Francesco Gurrieri, La fortezza di Santa Barbara — Natale Rauty, Un
documento pistoiese per la storia dei prezzi nella seconda metà del sec. XII — Lucia Gai, Niccolò
Forteguerri nei suoi rapporti con l’ambiente culturale pistoiese.
Studi storici pistoiesi, II
Sabatino Ferrali, Presentazione — Lettere familiari di Enrico Bindi, a cura di Amerigo Bucci.
Studi storici pistoiesi, III
Emilio Cristiani, Presentazione — Giorgio Luti, Cultura e letteratura nell’opera di Enrico Bin-
di — Enrico Coturri, Un grande anatomico pistoiese dell’Ottocento: Filippo Pacini.
Studi storici pistoiesi, IV, La rinascita del mercato nel X secolo (Giornata di Studio, 2010).
Giovanni Cherubini, Premessa — Natale Rauty, La rinascita del mercato nel X secolo.
Introduzione — Aldo A. Settia, «quasi quaedam Tyro et Sidon»: Pavia emporio commerciale —
Nicolangelo D’Acunto, Mercato, mercati e mercanti a Milano: rinascita nel X secolo? — Giampaolo
Francesconi, Il mercato di Pistoia nel secolo X: la tenuta faticosa di un luogo di scambio locale —
Appendice – Giovanni Cherubini, Natale Rauty medievista.
Studi storici pistoiesi, V, L’eredità longobarda (Giornata di Studio, 2012)
Giovanni Cherubini, Premessa — Stefano Gasparri, I nodi principali della storia longobarda —
Natale Rauty, L’eredità longobarda. Pistoia — Mauro Ronzani, La Toscana: aspetti dell’organiz-
zazione ecclesiastica — Maria Giovanna Arcamone, L’eredità longobarda nella odierna topono-
mastica pistoiese — Jean-Marie Martin, L’eredità longobarda: il Mezzogiorno.
Finito di stampare
nel mese di aprile 2015
dall’Editografica,
Rastignano (Bologna)

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