Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Echeverría Comprensione
claudia@dolcelingua.com.ar
Le bugie
Comprensione.doc 1
Claudia M. Echeverría Comprensione
claudia@dolcelingua.com.ar
Testo B
Le bugie dei bambini sono segno di intelligenza. Lo rivela uno studio
canadese che ha indagato il comportamento di 1200 ragazzini. I più furbetti
iniziano a dire bugie già a due anni, uno su cinque tira fuori qualche frottola
all’occorrenza.
Sarà di magra consolazione per mamma e papà alle prese con le frottole dei
figli, ma le bugie dei bambini sono segno di intelligenza, indice del
fatto che lo sviluppo cognitivo dei piccoli sta andando a tutta birra. Più si è
piccoli alla prima bugia, più l’intelligenza cresce veloce. Lo rivela uno studio
condotto presso la Toronto University da Kang Lee e riportato online dalla
BBC.
Per dire bugie e farle galoppare senza inciampi nella verità bisogna utilizzare
processi cognitivi complessi, spiega Lee, quindi i piccoli bugiardi
sono intelligentoni che crescono. L’indagine ha coinvolto 1200 bimbi e
ragazzini dai 2 ai 17 anni.
I più furbetti iniziano a dire bugie già a due anni, circa uno su cinque a
questa età tira fuori qualche frottola all’occorrenza. Ma a quattro anni dicono
bugie anche i più “lenti” a prendere questo “vizio”: a questa età è il 90% dei
bambini, infatti, a dirle. Ma niente paura, sostiene Lee, dire bugie da piccoli è
normale e non significa che questi bambini cresceranno come bugiardi
patologici.
Anzi la bugia è segno di sviluppo cognitivo perché per ideare una frottola e
tenerla in piedi serve il ragionamento. Anzi, conclude Lee, i piccolo bugiardi
potrebbero anche finire per fare i
banchieri da grandi.
Comprensione.doc 2
Claudia M. Echeverría Comprensione
claudia@dolcelingua.com.ar
Le frustrazioni in ufficio
Anche il più sereno degli uffici, ciascuno può testimoniarlo, finisce per
trasformarsi in un piccolo inferno quotidiano. Soprattutto se gli spazi
vitali, pure quelli beffardamente nominati open space, sono circoscritti
e ridotti di fatto all’essenziale, a minute superfici immobiliari.
Secondo quanto confessato dagli impiegati, a toccare i nervi sono soprattutto
l’eccessiva vicinanza con i colleghi. Lo spazio vitale è talmente percepito
come sotto assedio che quattro dipendenti su dieci hanno confessato di
provare profonda irritazione proprio quando si ritrovano a dovere sopportare
le reiterate invasioni da parte di quei colleghi che non sanno trattenersi, con
carte e documenti, chiacchiere e opinioni, nei “limiti” della propria scrivania.
Gli uffici sono una specie di micromondo che mette a confronto, forse più di
quanto non avvenisse prima, quasi spietatamente, gli uni con gli altri. Sia
perché sono divenuti più ampi e capienti di prima.
Sia per le piccole trasformazioni sociali che hanno portato i colleghi di lavoro
a divenire, per un crescente numero di persone, i nuovi “vicini”. L’ufficio
quasi come l’unica opportunità di contatto sociale,
l’unica occasione per incontrare persone e provare a farsi dei nuovi amici.
Quelli a cui chiedere consigli o favori. Così anche, inesorabilmente, quelli a
cui fare dispetti e per cui provare l’invidia tipica di chi si osserva
Comprensione.doc 3
Claudia M. Echeverría Comprensione
claudia@dolcelingua.com.ar
Comprensione.doc 4