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DEFINIZIONE
Gli agenti eziologici delle infezioni urinarie sono nella quasi totalità dei casi batteri (per
il 75-90% sono Gram-negativi). L'Escherichia coli è la specie batterica più
frequentemente isolata dalle urine infette, in particolare i sierotipi 0, l, 2, 4, 7 e 75, circa
il 5% dei casi sono inoltre dovuti a Stafilococcus saprophiticus. Negli ultimi anni nelle
infezioni complicate si sta assistendo ad una variazione del panorama eziologico. In
particolare si assiste ad un aumento delle infezioni sostenute da germi opportunisti
(Pseudomonas, Proteus, Serratia) e da germi Gram-positivi, di facile reperimento
nell'ambiente in genere e in particolare nella cute; la loro ubiquità fa sì che essi incidano
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significativamente nelle infezioni acquisite in ambiente ospedaliero, in seguito a
manovre strumentali.
Nelle infezioni ad andamento cronico infine non è raro ritrovare una flora batterica
mista, soprattutto qualora vengano effettuati prolungati e ripetuti cicli di terapia
antibiotica nel tentativo di una loro definitiva eradicazione.
PATOGENESI
SINTOMATOLOGIA
Il quadro clinico con cui una infezione urinaria si manifesta è quanto mai vario e può
andare dalla assenza completa di sintomatologia (batteriuria asintomatica), alla presenza
di soli sintomi locali “LUTS” (disuria, pollachiuria, stimolo imperioso, stranguria e
talvolta ematuria) che tuttavia non sono specifici di IVU. La presenza di sintomi di tipo
generale (febbre elevata preceduta da brivido, malessere generale, algie diffuse e dolore
gravativo in regione lombare per lo più associato a sintomatologia urinaria di tipo
irritativo (disuria, pollachiuria e minzione impellente) sono caratteristici di
interessamento del parenchima renale. In questa condizione, sintomi di tipo
gastroenterico quali dolore addominale, nausea, vomito e diarrea (stimolazione del
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ganglio celiaco) sono spesso presenti. A seconda della sede in cui primitivamente si
instaura il processo infettivo, l'evoluzione del quadro clinico assume importanza e
caratteristiche diverse soprattutto in relazione all'interessamento successivo dei vari
segmenti dell'apparato urinario.
Se la vescica, luogo fisiologico di relativa stasi, costituisce il punto della via escretrice in
cui con maggiore frequenza si realizzano le condizioni ideali per l'instaurarsi di un
processo infettivo, non è certamente infrequente che ciò si determini anche lungo i vari
segmenti della via escretrice alta, in relazione a condizioni patologiche responsabili di
un ostacolo al fisiologico deflusso delle urine. Un processo infettivo che interessi
primitivamente la vescica rimane abitualmente localizzato ad essa. La giunzione
vescicoureterale, in assenza di alterazioni patologiche e malformative che ne modificano
le caratteristiche anatomo-strutturali, è capace di mantenere una perfetta continenza
anche alle più alte pressioni endovescicali opponendosi al reflusso vescico-ureterale ed
al propagarsi del processo infettivo.
L'infezione, interessando direttamente tale struttura, può determinare una temporanea
modificazione delle sue peculiari caratteristiche funzionali e quindi essere essa stessa
causa di reflusso, ma ciò si verifica raramente, perlopiù in situazioni di relativa
immaturità della giunzione vescicoureterale o in presenza di malformazioni lievi, che da
sole sarebbero comunque insufficienti ad alterare i meccanismi antireflusso.
Il contrario si verifica quando l'infezione interessa primitivamente la via escretrice alta:
a qualsiasi livello essa si determini, infatti, si propaga rapidamente a tutto l'apparato
urinario e il continuo e costante defluire di urina ad alto contenuto batterico costituisce il
presupposto all'insorgenza di un vero e proprio processo infettivo cronico della vescica,
in particolare in presenza di un residuo anche di lieve entità.
L'infezione della via escretrice superiore inoltre si diffonde altrettanto rapidamente al
parenchima renale con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di prognosi e di
terapia.
Con l'avanzare dell'età si riduce progressivamente la capacità di sorveglianza del sistema
immune sugli agenti infettivi, mentre aumenta l'incidenza di malattie metaboliche e di
ipertensione a loro volta responsabili di immunodeficienza relativa. Inoltre, con
l'invecchiamento compaiono con estrema frequenza turbe minzionali dovute nel maschio
a patologia prostatica, e nella donna pluripara a cistocele. Infine ricordiamo come le
particolari caratteristiche biochimiche della midollare (scarso flusso ematico, elevato
pH, iperosmolarità) neutralizzando alcuni fattori del complemento e inibendo la
chemiotassi leucocitaria, riducono la risposta immunitaria, favorendo cosi la persistenza
e la cronicizzazione dell'infezione in tale sede.
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Malattie infiammatorie delle vie urinarie inferiori
CISTITE ACUTA
Frequentemente ad eziologia batterica, talora virale (Adenovirus, virus del morbillo, della
varicella, della parotite, CMV). La diagnosi si fonda sull’anamnesi e sull’esame obiettivo
(talora stato di tensione in sede sovrapubica), nei maschi può essere presente secrezione
uretrale e disuria (sindrome uretrale). La diagnosi laboratoristica si basa sull’esame delle
urine (batteriuria, piuria, ematuria) e sull’urocoltura, essenziali per porre diagnosi di cistite
batterica, in quanto sia la disuria che la piuria possono comparire isolatamente in affezioni
diverse dall’infezione vescicale. Una piuria anche intensa senza pollachiuria può essere
infatti presente nella calcolosi urinaria e nelle pielonefriti acute e croniche senza
partecipazione della vescica al processo flogistico. La pollachiuria e la disuria possono
comparire in numerose patologie comprese sotto la dizione di cistite abatterica ed anche,
come ribadito più avanti, nelle affezioni ginecologiche senza coinvolgimento vescicale nel
processo infettivo vero e proprio.
Il quadro clinico della disuria, della pollachiuria e della stranguria in presenza di un esame
colturale negativo dell’urina definisce la sindrome uretrale acuta. Nel sesso femminile, al
fine di porre diagnosi, è opportuno richiedere una valutazione ginecologica per escludere
una vaginite o un’infezione erpetica, un esame colturale specifico per la presenza del
gonococco (in ambedue i sessi) e, dopo opportuna valutazione ecografica, un’esame
citologico delle urine ed eventualmente una cistoscopia per escludere eteroplasie
uroteliali.
Escluse le summenzionate condizioni, la presenza di piuria all’esame delle urine con
urocoltura negativa, orienterà verso un IVU da Chlamydia trachomatis (incidenza stimata
20-25% dei casi), Ureaplasma urelyticum (15-40%), da micoplasmi (15-25%),
Tricomonas vaginalis (5%).
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CISTITE ACUTA RICORRENTE
Le infezioni ricorrenti della donna sono dovute a reinfezione per infezione di nuove specie
batteriche o di nuovi sierotipi di E.coli nel tratto urinario, oppure a recidiva che compare
entro pochi giorni dal termine del trattamento ed è il risultato di una soppressione parziale
dell’infezione o della comparsa di resistenza batterica. In tal caso risulta efficace iniziare il
trattamento con la guida di un’urocoltura ed un antibiogramma. Sono indicati i
chinolonici di ultima generazione eseguendo un’urinocoltura 3-4 giorni dopo il termine
della trattamento per verificare l’efficacia dell’antibiotico.
CISTITE CRONICA
Nella cistite cronica non vi è quasi mai un risentimento generale di tipo infettivo. La
sintomatologia locale si impernia sugli stessi fenomeni caratteristici delle cistiti acute,
benchè meno intensi. La pollachiuria può accentuarsi repentinamente per uno stato di
contrattura del detrusore dovuto al riacutizzarsi dell’infezione; ma se aumenta lentamente
e progressivamente è verosimilmente in relazione con la riduzione delle capacità
dell’organo ed è segno di evoluzione verso gli stadi della pancistite e la sclerosi. Negli
stadi terminali la frequenza delle minzioni è tale da condurre ad un’effettiva incontinenza.
La presenza di dolore retropubico e le irradiazioni perineali o uretrali, dipendono in parte
da modificazioni morfologiche quali le ulcerazioni o le alterazioni strutturali della
mucosa, generalmente si accentuano con la presenza di concrezioni o veri e propri calcoli,
oppure per lo sviluppo di neoplasie da placche di leucoplasia o di cistite ghiandolare o
cistica. La piuria e la batteriuria sono sempre abbondanti quando persiste l'infezione
mucosa primitiva, specialmente in presenza di formazioni litiasiche, diverticoli o nei casi
di ritenzione d’urina. Nelle cistopatie sclerosanti stabilizzate, fase terminale di molte cistiti
croniche, la piuria può essere modesta.
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BATTERIURIA ASINTOMATICA
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Linee guida EAU 2006
Note di terapia: Infezioni delle basse vie urinarie
Le infezioni acute non complicate del tratto urinario (UTIs) sono tra le più comuni
infezioni batteriche riscontrate soprattutto nelle donne, ed il loro managment è diventato,
negli ultimi anni, sempre più complesso in seguito all’instaurarsi della resistenza
antimicrobica, specialmente nei confronti degli antibiotici beta-lattamici e della
associazione trimetoprim-sulfametossazolo.
Il trattamento empirico standard comunemente utilizzato, nei casi di cistite acuta non
complicata, è rappresentato dalla associazione trimetoprim-sulfametossazolo per una
durata di tre giorni; ma poiché la resistenza verso questo tipo di terapia è andata via via
aumentando tra gli agenti uropatogeni, tra cui si annovera anche l’E.coli, sono stati
sempre di più utilizzati, come terapia antibiotica alternativa, i fluorochinoloni.
Inoltre, secondo studi recenti, un regime terapeutico di tre giorni con l’amoxicillina-
clavulanato non si è dimostrato realmente efficace rispetto alla sola ciprofloxacina per il
trattamento delle cistiti acute non complicate, neanche in quelle donne con un’infezione
da parte di microrganismi suscettibili. Tale differenza potrebbe essere dovuta alla minore
abilità di tale combinazione farmacologica nell’eradicare la colonizzazione vaginale da
parte dell’E. coli, facilitandone una rapida reinfezione.
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PIELONEFRITE
La pielonefrite acuta rappresenta un’ infezione grave poiché spesso si associa a gravi
complicanze in fase acuta e può sfociare in esiti cicatriziali a lungo termine. Ciò
giustifica la frequente ospedalizzazione dei pazienti affetti da tale patologia e l’uso di
terapie antibiotiche a largo spettro per prolungati periodi di trattamento.La diagnosi di
pielonefrite acuta risulta difficile in base ai soli dati clinici e di laboratorio specie in
pazienti di giovane età. Il ricorso a metodiche di immagine si impone per evitare terapie
incongrue. L’ecografia è sicuramente l’indagine di primo livello con una sensibilità del
50% e una specificità del 70% rivestendo un ruolo rilevante nei pazienti con infezioni
delle vie urinarie nel rilevare idropionefrosi, pionefrosi, idronefrosi o ascessi renali.
La scintigrafiae/o l’esame TC risultano altamente sensibili nella diagnosi di pielonefrite
acuta. Istologicamente è descritta da un’infiltrazione neutrofila nell’interstizio renale e
nei lumi tubulari con infiltrazione del parenchima circostante, mentre i glomeruli
risultano apparentemente integri all’interno di piccoli focolai ascessuali per poi per
venire invasi in un secondo tempo dal processo flogistico. Complicanze della
pielonefrite acuta sono: necrosi ischemica delle papille renali, raccolte ascessuali con
ascesso para o perirenale e pionefrosi. Secondo la storia naturale della malattia, superata
la fase acuta si osserva sostituzione degli infiltrati granulocitari ad opera di macrofagi,
plasmacellule e linfociti, con sclerosi delle aree colliquate ed esito cicatriziale, di aspetto
cuneiforme a base periferica e apice corrispondente a un calice dilatato e deformato.
L’esame TC con mdc risulta una metodica altamente affidabile nel rilevare i focolai
infettivi nei casi in cui la diagnosi risulta dubbia o nei pazienti in cui l’indagine
ecografica risulti negativa ma il quadro clinico e laboratoristico siano fortemente
sospetti per infezione delle alte vie urinarie. L’indagine TC è inoltre risultata utile nella
diagnosi differenziale con l’infarto renale che, nelle scansioni acquisite in fase tardiva,
permane ipodenso nella sede interessata. Tali rilievi sono descritti in letteratura anche se
alcuni autori hanno riscontrato quadri analoghi in presenza di forme lievi ed incomplete
di ischemia renale o in presenza di focolai di carcinoma a cellule di transizione. Il sesso
femminile, l’età giovanile (II e III decade), i dati anamnestici e bioumorali, il quadro
clinico e i controlli clinico-strumentali permettono, nella quasi nella totalità dei casi, di
escludere patologie diverse dalla pielonefrite acuta. L’indagine TC risulta inoltre
insostituibile nella diagnosi differenziale con l’ascesso renale e nello studio del peri e
pararene. Infatti nel 28% dei casi risultati positivi per pielonefrite acuta, è stata
riscontrata estensione e risentimento del processo flogistico renale al peri e al pararene
con conseguente alterazione della densità del tessuto adiposo peri-pararenale ed
ispessimento delle fasce.
Nonostante la pielonefrite acuta risulti una diagnosi spesso difficile, la risposta
terapeutica può essere dunque brillante grazie soprattutto alla rapidità del suo
riconoscimento cui contribuisce la diagnostica per immagini che permette un efficace e
tempestivo trattamento antibiotico.
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PIELONEFRITE CRONICA
Note di terapia
Infezione di lieve entità (febbre non elevata, leucociti ematici nella norma o lievemente
elevati, assenza di nausea e vomito):
Fluorochinoloni per os: ciprofloxacina 500 mg x 2 per 7 giorni (1° scelta)
Oppure Trimetroprim-sulfametoxazolo per os 1 cp x 2 per 14 giorni (2° scelta)
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Infezione sintomatica delle alte vie urinarie (pielonefrite) non complicata
1•sesso maschile
2•età
3•infezione nosocomiale o sintomi per >7 gg
4•immunodepressione
5•diabete mellito
6•IRC
7•gravidanza
8•catetere urinario permanente o STENT
9•residuo post-minzionale>100cc
10•anomalie strutturali o funzionali del tratto urogenitale (stenosi, calcoli, tumori,
ipertrofia prostatica, vescica neurologica, post-tp-radiante).
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Tali fattori rappresentano una guida per l’urologo che dovrà decidere se
proseguire in una valutazione più approfondita.
Di fondamentale importanza il concetto che la terapia antibiotica è raramente
risolutiva in assenza di correzione del difetto di base e l’incidenza di
complicanze sistemiche molto elevata. L’approccio antimicrobico dovrebbe
essere fondato sul dato microbiologico, mentre la terapia empirica, indicata in
base alla valutazione delle condizioni del paziente e del rischio relativo di
evoluzione dell’infezione, deve tenere conto della realtà dell’ecosistema
microbico potenzialmente in causa.
Il 26% delle donne diabetiche ha una batteriuria asintomatica (>105 CFU/ml), che
sembra associarsi ad una lenta compromissione della funzione renale. Non è chiaro se la
batteriuria sia il fattore scatenante o se prevalga il ruolo della nefropatia diabetica o di
una neuropatia autonomica con disfunzione nello svuotamento vescicale.
Trials randomizzati controllati hanno evidenziato che il trattamento antibiotico della
batteriuria nel diabetico non riduce le complicanze. Il DM non è da considerarsi pertanto
una indicazione ad uno screening o ad un trattamento antibiotico per batteriuria
asintomatica.
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IVU ed insufficienza renale cronica
PROSTATITE ACUTA
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nel 5-10% dei casi. Altre cause occasionali comprendono Neisseria Gonorrhoeae,
Mycobacterium tubercolosis, Salmonelle, organismi micotici.
Prostatite cronica
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Prostatite cronica: cenni di terapia
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