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INFEZIONI DELLE VIE URINARIE

DEFINIZIONE

Il termine infezione delle vie urinarie definisce la risposta infiammatoria dell’urotelio


all’invasione di microrganismi uropatogeni, comprendendo differenti entità cliniche
coinvolgenti alternativamente o congiuntamente i tratti urinari superiore ed inferiore.
Le infezioni vengono in genere definite clinicamente in base alla sede presunta
d’origine.
Un ulteriore passaggio classificativo è rappresentato dalla distinzione tra forme
complicate e non, intentendo per non complicate le infezioni che occorrono in un
apparato urinario morfologicamente e funzionalmente indenne in assenza di specifiche
comorbosità, e, per forme complicate, oltre che le infezioni che si manifestano in
pazienti con danni anatomici o funzionali (comprese quelle associate a cateterismo
vescicale), le forme che interessano soggetti a particolare rischio di complicanze
(bambini, donne gravide, diabetici, soggetti immunodepressi ) e quelle nosocomiali.
Le infezioni delle vie urinarie (IVU) sono seconde solo a quelle dell'apparato
respiratorio rappresentando il tipo di infezione più frequentemente acquisita in ambito
ospedaliero e stanno assumendo sempre maggiore rilievo oltre che per ragioni di ordine
epidemiologico, per la frequenza con cui possono costituire la manifestazione unica o
quanto meno la più appariscente di un disturbo latente dell'apparato urinario (anomalie
anatomo-funzionali o metaboliche).
Le IVU incidono con diversa frequenza nei due sessi e nelle diverse età della vita: con
l’eccezione dei primi mesi di vita, il maschio ha, per condizioni anatomiche, un rischio
nettamente minore rispetto alla donna: tale rapporto relativo decresce nell'età adulta, e
diventa inferiore al 6-7% nell'età anziana per il prevalere delle malattie cardiovascolari,
neoplastiche, dismetaboliche e cronico-degenerative.

EZIOLOGIA DELLE IVU

Gli agenti eziologici delle infezioni urinarie sono nella quasi totalità dei casi batteri (per
il 75-90% sono Gram-negativi). L'Escherichia coli è la specie batterica più
frequentemente isolata dalle urine infette, in particolare i sierotipi 0, l, 2, 4, 7 e 75, circa
il 5% dei casi sono inoltre dovuti a Stafilococcus saprophiticus. Negli ultimi anni nelle
infezioni complicate si sta assistendo ad una variazione del panorama eziologico. In
particolare si assiste ad un aumento delle infezioni sostenute da germi opportunisti
(Pseudomonas, Proteus, Serratia) e da germi Gram-positivi, di facile reperimento
nell'ambiente in genere e in particolare nella cute; la loro ubiquità fa sì che essi incidano

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significativamente nelle infezioni acquisite in ambiente ospedaliero, in seguito a
manovre strumentali.
Nelle infezioni ad andamento cronico infine non è raro ritrovare una flora batterica
mista, soprattutto qualora vengano effettuati prolungati e ripetuti cicli di terapia
antibiotica nel tentativo di una loro definitiva eradicazione.

PATOGENESI

Le urine sono abitualmente sterili. Cariche batteriche possono giungere nell'apparato


urinario da varie sedi dell'organismo attraverso la via ascendente per risalita di batteri di
derivazione fecale lungo l’uretra, i tessuti periuretrali e, nella donna dal vestibolo
vaginale e dal perineo sino alla vescica, la via linfatica per un circolo enterourinario in
caso di infezioni intestinali, o la via ematica come nella batteriemia da Staphylococcus
Aureus da focolai orali, o nella funginemia da Candida specie in pazienti con affezioni
croniche renali (nefroangiosclerosi, rene policistico, amiloidosi renale, idronefrosi).
In condizioni di normale urodinamica, la permanenza dei microrganismi nella via
escretrice è così breve da essere eliminati con il flusso di urina prima che,
moltiplicandosi, possano raggiungere una carica significativa da divenire patogeni.
Questa condizione si verifica :
1) se a livello dell'apparato urinario esistono condizioni particolarmente favorevoli al
rapido accrescimento batterico;
2)quando per situazioni patologiche diverse si verifica una riduzione dei poteri di difesa
locali e/o sistemici
3)nei casi in cui la carica batterica che raggiunge l'apparato urinario è di tale entità da
essere di per sé primitivamente patogena.

SINTOMATOLOGIA

Il quadro clinico con cui una infezione urinaria si manifesta è quanto mai vario e può
andare dalla assenza completa di sintomatologia (batteriuria asintomatica), alla presenza
di soli sintomi locali “LUTS” (disuria, pollachiuria, stimolo imperioso, stranguria e
talvolta ematuria) che tuttavia non sono specifici di IVU. La presenza di sintomi di tipo
generale (febbre elevata preceduta da brivido, malessere generale, algie diffuse e dolore
gravativo in regione lombare per lo più associato a sintomatologia urinaria di tipo
irritativo (disuria, pollachiuria e minzione impellente) sono caratteristici di
interessamento del parenchima renale. In questa condizione, sintomi di tipo
gastroenterico quali dolore addominale, nausea, vomito e diarrea (stimolazione del

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ganglio celiaco) sono spesso presenti. A seconda della sede in cui primitivamente si
instaura il processo infettivo, l'evoluzione del quadro clinico assume importanza e
caratteristiche diverse soprattutto in relazione all'interessamento successivo dei vari
segmenti dell'apparato urinario.
Se la vescica, luogo fisiologico di relativa stasi, costituisce il punto della via escretrice in
cui con maggiore frequenza si realizzano le condizioni ideali per l'instaurarsi di un
processo infettivo, non è certamente infrequente che ciò si determini anche lungo i vari
segmenti della via escretrice alta, in relazione a condizioni patologiche responsabili di
un ostacolo al fisiologico deflusso delle urine. Un processo infettivo che interessi
primitivamente la vescica rimane abitualmente localizzato ad essa. La giunzione
vescicoureterale, in assenza di alterazioni patologiche e malformative che ne modificano
le caratteristiche anatomo-strutturali, è capace di mantenere una perfetta continenza
anche alle più alte pressioni endovescicali opponendosi al reflusso vescico-ureterale ed
al propagarsi del processo infettivo.
L'infezione, interessando direttamente tale struttura, può determinare una temporanea
modificazione delle sue peculiari caratteristiche funzionali e quindi essere essa stessa
causa di reflusso, ma ciò si verifica raramente, perlopiù in situazioni di relativa
immaturità della giunzione vescicoureterale o in presenza di malformazioni lievi, che da
sole sarebbero comunque insufficienti ad alterare i meccanismi antireflusso.
Il contrario si verifica quando l'infezione interessa primitivamente la via escretrice alta:
a qualsiasi livello essa si determini, infatti, si propaga rapidamente a tutto l'apparato
urinario e il continuo e costante defluire di urina ad alto contenuto batterico costituisce il
presupposto all'insorgenza di un vero e proprio processo infettivo cronico della vescica,
in particolare in presenza di un residuo anche di lieve entità.
L'infezione della via escretrice superiore inoltre si diffonde altrettanto rapidamente al
parenchima renale con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di prognosi e di
terapia.
Con l'avanzare dell'età si riduce progressivamente la capacità di sorveglianza del sistema
immune sugli agenti infettivi, mentre aumenta l'incidenza di malattie metaboliche e di
ipertensione a loro volta responsabili di immunodeficienza relativa. Inoltre, con
l'invecchiamento compaiono con estrema frequenza turbe minzionali dovute nel maschio
a patologia prostatica, e nella donna pluripara a cistocele. Infine ricordiamo come le
particolari caratteristiche biochimiche della midollare (scarso flusso ematico, elevato
pH, iperosmolarità) neutralizzando alcuni fattori del complemento e inibendo la
chemiotassi leucocitaria, riducono la risposta immunitaria, favorendo cosi la persistenza
e la cronicizzazione dell'infezione in tale sede.

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Malattie infiammatorie delle vie urinarie inferiori

CISTITE ACUTA

Frequentemente ad eziologia batterica, talora virale (Adenovirus, virus del morbillo, della
varicella, della parotite, CMV). La diagnosi si fonda sull’anamnesi e sull’esame obiettivo
(talora stato di tensione in sede sovrapubica), nei maschi può essere presente secrezione
uretrale e disuria (sindrome uretrale). La diagnosi laboratoristica si basa sull’esame delle
urine (batteriuria, piuria, ematuria) e sull’urocoltura, essenziali per porre diagnosi di cistite
batterica, in quanto sia la disuria che la piuria possono comparire isolatamente in affezioni
diverse dall’infezione vescicale. Una piuria anche intensa senza pollachiuria può essere
infatti presente nella calcolosi urinaria e nelle pielonefriti acute e croniche senza
partecipazione della vescica al processo flogistico. La pollachiuria e la disuria possono
comparire in numerose patologie comprese sotto la dizione di cistite abatterica ed anche,
come ribadito più avanti, nelle affezioni ginecologiche senza coinvolgimento vescicale nel
processo infettivo vero e proprio.

Sindrome uretrale acuta

Il quadro clinico della disuria, della pollachiuria e della stranguria in presenza di un esame
colturale negativo dell’urina definisce la sindrome uretrale acuta. Nel sesso femminile, al
fine di porre diagnosi, è opportuno richiedere una valutazione ginecologica per escludere
una vaginite o un’infezione erpetica, un esame colturale specifico per la presenza del
gonococco (in ambedue i sessi) e, dopo opportuna valutazione ecografica, un’esame
citologico delle urine ed eventualmente una cistoscopia per escludere eteroplasie
uroteliali.
Escluse le summenzionate condizioni, la presenza di piuria all’esame delle urine con
urocoltura negativa, orienterà verso un IVU da Chlamydia trachomatis (incidenza stimata
20-25% dei casi), Ureaplasma urelyticum (15-40%), da micoplasmi (15-25%),
Tricomonas vaginalis (5%).

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CISTITE ACUTA RICORRENTE

Le infezioni ricorrenti della donna sono dovute a reinfezione per infezione di nuove specie
batteriche o di nuovi sierotipi di E.coli nel tratto urinario, oppure a recidiva che compare
entro pochi giorni dal termine del trattamento ed è il risultato di una soppressione parziale
dell’infezione o della comparsa di resistenza batterica. In tal caso risulta efficace iniziare il
trattamento con la guida di un’urocoltura ed un antibiogramma. Sono indicati i
chinolonici di ultima generazione eseguendo un’urinocoltura 3-4 giorni dopo il termine
della trattamento per verificare l’efficacia dell’antibiotico.

CISTITE CRONICA

Nella cistite cronica non vi è quasi mai un risentimento generale di tipo infettivo. La
sintomatologia locale si impernia sugli stessi fenomeni caratteristici delle cistiti acute,
benchè meno intensi. La pollachiuria può accentuarsi repentinamente per uno stato di
contrattura del detrusore dovuto al riacutizzarsi dell’infezione; ma se aumenta lentamente
e progressivamente è verosimilmente in relazione con la riduzione delle capacità
dell’organo ed è segno di evoluzione verso gli stadi della pancistite e la sclerosi. Negli
stadi terminali la frequenza delle minzioni è tale da condurre ad un’effettiva incontinenza.
La presenza di dolore retropubico e le irradiazioni perineali o uretrali, dipendono in parte
da modificazioni morfologiche quali le ulcerazioni o le alterazioni strutturali della
mucosa, generalmente si accentuano con la presenza di concrezioni o veri e propri calcoli,
oppure per lo sviluppo di neoplasie da placche di leucoplasia o di cistite ghiandolare o
cistica. La piuria e la batteriuria sono sempre abbondanti quando persiste l'infezione
mucosa primitiva, specialmente in presenza di formazioni litiasiche, diverticoli o nei casi
di ritenzione d’urina. Nelle cistopatie sclerosanti stabilizzate, fase terminale di molte cistiti
croniche, la piuria può essere modesta.

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BATTERIURIA ASINTOMATICA

Una batteriuria significativa può non essere accompagnata da sintomatologia clinica,


rappresentando una condizione ai limiti tra patologia e fisiologia definita dall’isolamento
ripetuto in almeno due occasioni consecutive di batteri da idoneo campione urinario in
concentrazione maggiore o uguale a 105 CFU/ml. Secondo i dati più recenti tale
condizione ha una prevalenza stimata nella popolazione generale intorno al 3%, con
ampia variabilità in rapporto al sesso, all’età e alla presenza di comorbosità: meno
dell’1% in età scolare, 20% nelle donne adulte, da 5 a 20% nei maschi anziani, fino
all’80% nelle donne di età superiore ad 80 anni.
Il trattamento antibiotico trova il suo razionale nelle gravide e nei pazienti in
predicato di essere sottoposti ad interventi chirurgici in ambito urologico.
Il tasso di batteriuria asintomatica che nelle donne gravide è stimato intorno al 4-7%,
interessando soprattutto i primi mesi di gestazione, sembra aumentare di 20-30 volte
l’incidenza di pielonefrite e si associa ad un maggiore rischio di prematurità fetale e
mortalità neonatale. In gravidanza la dislocazione della vescica anteriormente e
superiormente con conseguente difficoltà ad ottenere uno svuotamento completo, la
riduzione della normale peristalsi ureterale ormonalmente indotta (progesterone) e la
compressione meccanica dell'uretere da parte dell'utero specie negli ultimi mesi di
gestazione sono i fattori favorenti.
In categorie di soggetti per le quali nel recente passato si è giustificato un trattamento,
quali le donne diabetiche ed i pazienti trapiantati di rene da almeno 6 mesi, vista la
mancata evidenza di un reale vantaggio correlato ad una terapia antibiotica, vi è oggi
consenso nel consigliare un atteggiamento conservativo, infatti sebbene abbiano un
incrementato rischio di infezione urinaria sintomatica, il trattamento della forma
asintomatica non riduce la frequenza delle infezioni sintomatiche né migliora altri
outcome.

La piuria è comune nei soggetti con batteriuria asintomatica:


1–32% delle giovani donne
2–30-70% delle donne gravide
3–70% delle donne diabetiche
4–90% dei pz .istituzionalizzati
5–50-100% dei soggetti con catetere a dimora a lungo termine.

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Linee guida EAU 2006
Note di terapia: Infezioni delle basse vie urinarie

Le infezioni acute non complicate del tratto urinario (UTIs) sono tra le più comuni
infezioni batteriche riscontrate soprattutto nelle donne, ed il loro managment è diventato,
negli ultimi anni, sempre più complesso in seguito all’instaurarsi della resistenza
antimicrobica, specialmente nei confronti degli antibiotici beta-lattamici e della
associazione trimetoprim-sulfametossazolo.
Il trattamento empirico standard comunemente utilizzato, nei casi di cistite acuta non
complicata, è rappresentato dalla associazione trimetoprim-sulfametossazolo per una
durata di tre giorni; ma poiché la resistenza verso questo tipo di terapia è andata via via
aumentando tra gli agenti uropatogeni, tra cui si annovera anche l’E.coli, sono stati
sempre di più utilizzati, come terapia antibiotica alternativa, i fluorochinoloni.
Inoltre, secondo studi recenti, un regime terapeutico di tre giorni con l’amoxicillina-
clavulanato non si è dimostrato realmente efficace rispetto alla sola ciprofloxacina per il
trattamento delle cistiti acute non complicate, neanche in quelle donne con un’infezione
da parte di microrganismi suscettibili. Tale differenza potrebbe essere dovuta alla minore
abilità di tale combinazione farmacologica nell’eradicare la colonizzazione vaginale da
parte dell’E. coli, facilitandone una rapida reinfezione.

Infezione sintomatica delle basse vie urinarie non complicata


1 -Trimethoprim-sulfametoxazolo 1 cp x 2/dì per 3 giorni
1° scelta tranne nei casi di elevata percentuale di antibiotico
resistenza: 10-20%

2 –Fluorochinoloni Ciprofloxacina 250 mg x 2/die per 3 giorni,


oppure CiproXR 500mg/die x 3 gg
oppure Levofloxacina 250 mg/die per 3 giorni
(2°scelta), 1° scelta nei casi di elevata
percentuale di antibiotico-resistenza a TMP)

3 -Fosfomicina singola dose di 3 gr


(3°scelta)

4 –Nitrofurantoina 50 oppure 100 mg x 4/die per 7 giorni


(3° scelta)

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PIELONEFRITE

La pielonefrite acuta rappresenta un’ infezione grave poiché spesso si associa a gravi
complicanze in fase acuta e può sfociare in esiti cicatriziali a lungo termine. Ciò
giustifica la frequente ospedalizzazione dei pazienti affetti da tale patologia e l’uso di
terapie antibiotiche a largo spettro per prolungati periodi di trattamento.La diagnosi di
pielonefrite acuta risulta difficile in base ai soli dati clinici e di laboratorio specie in
pazienti di giovane età. Il ricorso a metodiche di immagine si impone per evitare terapie
incongrue. L’ecografia è sicuramente l’indagine di primo livello con una sensibilità del
50% e una specificità del 70% rivestendo un ruolo rilevante nei pazienti con infezioni
delle vie urinarie nel rilevare idropionefrosi, pionefrosi, idronefrosi o ascessi renali.
La scintigrafiae/o l’esame TC risultano altamente sensibili nella diagnosi di pielonefrite
acuta. Istologicamente è descritta da un’infiltrazione neutrofila nell’interstizio renale e
nei lumi tubulari con infiltrazione del parenchima circostante, mentre i glomeruli
risultano apparentemente integri all’interno di piccoli focolai ascessuali per poi per
venire invasi in un secondo tempo dal processo flogistico. Complicanze della
pielonefrite acuta sono: necrosi ischemica delle papille renali, raccolte ascessuali con
ascesso para o perirenale e pionefrosi. Secondo la storia naturale della malattia, superata
la fase acuta si osserva sostituzione degli infiltrati granulocitari ad opera di macrofagi,
plasmacellule e linfociti, con sclerosi delle aree colliquate ed esito cicatriziale, di aspetto
cuneiforme a base periferica e apice corrispondente a un calice dilatato e deformato.
L’esame TC con mdc risulta una metodica altamente affidabile nel rilevare i focolai
infettivi nei casi in cui la diagnosi risulta dubbia o nei pazienti in cui l’indagine
ecografica risulti negativa ma il quadro clinico e laboratoristico siano fortemente
sospetti per infezione delle alte vie urinarie. L’indagine TC è inoltre risultata utile nella
diagnosi differenziale con l’infarto renale che, nelle scansioni acquisite in fase tardiva,
permane ipodenso nella sede interessata. Tali rilievi sono descritti in letteratura anche se
alcuni autori hanno riscontrato quadri analoghi in presenza di forme lievi ed incomplete
di ischemia renale o in presenza di focolai di carcinoma a cellule di transizione. Il sesso
femminile, l’età giovanile (II e III decade), i dati anamnestici e bioumorali, il quadro
clinico e i controlli clinico-strumentali permettono, nella quasi nella totalità dei casi, di
escludere patologie diverse dalla pielonefrite acuta. L’indagine TC risulta inoltre
insostituibile nella diagnosi differenziale con l’ascesso renale e nello studio del peri e
pararene. Infatti nel 28% dei casi risultati positivi per pielonefrite acuta, è stata
riscontrata estensione e risentimento del processo flogistico renale al peri e al pararene
con conseguente alterazione della densità del tessuto adiposo peri-pararenale ed
ispessimento delle fasce.
Nonostante la pielonefrite acuta risulti una diagnosi spesso difficile, la risposta
terapeutica può essere dunque brillante grazie soprattutto alla rapidità del suo
riconoscimento cui contribuisce la diagnostica per immagini che permette un efficace e
tempestivo trattamento antibiotico.

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PIELONEFRITE CRONICA

La pielonefrite cronica è una forma ricorrente di pielonefrite, la cui diagnosi si basa su


un reperto anatomo–patologico di nefrite tubulo-interstiziale cronica e/o su reperti
radiografici che mostrano reni atrofici e piccoli. Nel 25% della popolazione è causa di
insufficienza renale. Da alcuni studi emerge che anche un singolo episodio di
pielonefrite non trattata influisce negativamente sul parenchima renale, potendo esitare
in atrofia.

Linee guida EAU 2006

Esami diagnostici: infezione non complicata alte vie urinarie

Analisi urine (urine dipstick)


Ricerca di ematuria e piuria-batteriuria: sufficiente una carica di > 104 CFU/ml
Ecografia tratto urinario superiore per escludere cause ostruttive.
Urocolture: evidenze discordanti come routine in pielonefrite; indicate se febbre persiste
oltre 72h dopo inizio tp empirica.
Ulteriori indagini (TC, urogrammi, ecc) solo se febbre persiste oltre 72 h dopo inizio tp
empirica.

Note di terapia

Infezione sintomatica delle alte vie urinarie (pielonefrite) non complicata

Infezione di lieve entità (febbre non elevata, leucociti ematici nella norma o lievemente
elevati, assenza di nausea e vomito):
Fluorochinoloni per os: ciprofloxacina 500 mg x 2 per 7 giorni (1° scelta)
Oppure Trimetroprim-sulfametoxazolo per os 1 cp x 2 per 14 giorni (2° scelta)

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Infezione sintomatica delle alte vie urinarie (pielonefrite) non complicata

Infezione di grave entità:


Febbre elevata, elevata leucocitosi, vomito, disidratazione, o sepsi)
Fluorochinoloni ev, ciprofloxacina 200-400 mg x 2/die
Oppure Cefalosporina ev ad ampio spettro ceftriaxone 1-2 gr/die
oppure Aminoglicoside ev gentamicina 1 mg/kg x 3
**Switch x os 48-72 dopo remissione febbre, proseguire trattamento x 14 gg

IVU non complicata ricorrente


Definita come almeno 3 episodi di IVU nei 12 mesi precedenti, o 2 episodi negli ultimi
6 mesi
Diversi schemi di trattamento antibiotico profilattico, nel corso dei quali il rate di
ricorrenza si abbassa da 0.8-3.6 pz/anno a 0-0.9 pz/anno
La profilassi antibiotica non sembra modificare la storia naturale delle IVU ricorrenti

Infezione complicata delle vie urinarie

Una IVU complicata, come introduttivamente descritto, è una infezione associata ad


una condizione, funzionale o strutturale del tratto urinario, o dalla presenza di una
malattia sottostante, che interferisce con i normali meccanismi difensivi dell’organismo,
incrementando il rischio di acquisire una infezione o di fallire la terapia.
Piu’ specificatamente, due criteri sono necessari per la diagnosi:

-urinocoltura positiva ed uno o più fattori tra:

1•sesso maschile
2•età
3•infezione nosocomiale o sintomi per >7 gg
4•immunodepressione
5•diabete mellito
6•IRC
7•gravidanza
8•catetere urinario permanente o STENT
9•residuo post-minzionale>100cc
10•anomalie strutturali o funzionali del tratto urogenitale (stenosi, calcoli, tumori,
ipertrofia prostatica, vescica neurologica, post-tp-radiante).

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Tali fattori rappresentano una guida per l’urologo che dovrà decidere se
proseguire in una valutazione più approfondita.
Di fondamentale importanza il concetto che la terapia antibiotica è raramente
risolutiva in assenza di correzione del difetto di base e l’incidenza di
complicanze sistemiche molto elevata. L’approccio antimicrobico dovrebbe
essere fondato sul dato microbiologico, mentre la terapia empirica, indicata in
base alla valutazione delle condizioni del paziente e del rischio relativo di
evoluzione dell’infezione, deve tenere conto della realtà dell’ecosistema
microbico potenzialmente in causa.

Infezione complicata delle vie urinarie (alte o basse)

Infezione di lieve entità


Fluorochinoloni per os: ciprofloxacina 500 mg x 2 per 14 giorni (1° scelta)

Infezione complicata delle vie urinarie (alte o basse)


Infezione di grave entità o in caso di mancata risposta a terapia iniziale**(da
intraprendere comunque per pazienti istituzionalizzati/ospedalizzati ad alto rischio di
pseudomonas)
Fluorochinoloni ev, ciprofloxacina 200-400 mg x 2 (se non utilizzato come tp iniziale)
Oppure Aminopenicilllina ev piperacillina o ampicillina (1 gr x 4/die)
Oppure Cefalosporina ev ad ampio spettro ceftriaxone 1-2 gr/die
Oppure Carbapenem Imipenem-cilastatina (250-500 mg x 3/die)
**Switch x os 48-72 dopo remissione febbre, proseguire trattamento x 14 gg

IVU e diabete mellito

Il 26% delle donne diabetiche ha una batteriuria asintomatica (>105 CFU/ml), che
sembra associarsi ad una lenta compromissione della funzione renale. Non è chiaro se la
batteriuria sia il fattore scatenante o se prevalga il ruolo della nefropatia diabetica o di
una neuropatia autonomica con disfunzione nello svuotamento vescicale.
Trials randomizzati controllati hanno evidenziato che il trattamento antibiotico della
batteriuria nel diabetico non riduce le complicanze. Il DM non è da considerarsi pertanto
una indicazione ad uno screening o ad un trattamento antibiotico per batteriuria
asintomatica.

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IVU ed insufficienza renale cronica

Nell’IRC le proprietà antimicrobiche dell’urina del soggetto normale, secondarie


all’urea, basso pH e osmolarità, vengono perse, inoltre la formazione del film mucoso
protettivo uroepiteliale può essere inibita.
Tuttavia vi sono ad oggi scarse evidenze riguardo ad una relazione causale tra IR
preesistente e IVU ricorrente.

IVU associate a catetere vescicale

Il principale fattore di rischio per lo sviluppo di batteriuria è la durata della


cateterizzazione, con un 5% di pazienti colonizzati ogni giorno. La probabilità di una
batteriuria sintomatica in un cateterismo estemporaneo è del 1-5%. La quasi totalità dei
pazienti diverrà batteriurico entro la 30° giornata, limite stabilito per la definizione di
una cateterizzazione a breve vs lungo termine (caratterizzata da una più probabile
infezione polimicrobica). Durante la cateterizzazione non vi sono evidenze che
supportino una terapia antibiotica profilattica empirica.
Se la batteriuria è asintomatica, non è indicato alcun trattamento, se sintomatica è
indicato eseguire una urocoltura prima di iniziare una terapia antibiotica empirica
(parenterale) e di rimuovere/sostituire il CV.
L’ indagine radiologica delle vie urinarie è necessaria per la valutazione dei
pazienti con infezioni urinarie complicate, recidivanti o con persistenza
batterica.

PROSTATITE ACUTA

La prostatite batterica acuta (ABP) è un’infezione batterica grave associata a flogosi


intensa e frequente setticemia. La sintomatologia, caratterizzata da stranguria,
pollachiuria, disuria, può giungere fino alla ritenzione acuta d’urina. I disturbi disurici
sono tipicamente accompagnati da malessere generale e da iperpiressia. Relativamente
poco comune, rappresenta meno del 5% dei casi di prostatite. L’esplorazione digito-
rettale (DRE), evidenzia una prostata particolarmente dolente, di consistenza pastosa o
fluttuante (ascesso) calda e tumefatta. L’esame deve essere eseguito con molta cautela ed
è controindicata qualunque procedura a carico delle vie urinarie. L’organismo più
frequentemente implicato è l’Escherichia coli (80% dei casi), sono frequenti anche
specie di Pseudomonas, Klebsiella, Proteus e Serratia. Gli enterococchi si riscontrano

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nel 5-10% dei casi. Altre cause occasionali comprendono Neisseria Gonorrhoeae,
Mycobacterium tubercolosis, Salmonelle, organismi micotici.

Prostatite acuta: cenni di terapia

I fluorochinolonici offrono una penetrazione prostatica migliore del TMP-SMX. Per


pazienti con setticemia o ritenzione urinaria, oppure con malattia sistemica latente è
necessario il trattamento in ambiente ospedaliero con antibiotici e.v. ad ampio spettro
(ampicillina +aminoglicoside) fino a negativizzazione delle urocolture.

Prostatite cronica

Le prostatiti sono tra le più frequenti affezioni che vengono all’osservazione


dell’urologo, particolarmente frequenti le forme croniche ed ancor di più le cosidette
sindromi prostatiche croniche.
Il termine prostatite, in effetti è impiegato per indicare un insieme di affezioni con
diversa eziologia e diverso quadro clinico, che richiedono un atteggiamento terapeutico
differenziato e che non sempre presentano un processo flogistico.
Per questo motivo nella letteratura anglosassone si è diffuso l’impiego del termine
“prostatitis-like syndromes”, che costituisce un efficace compromesso per descrivere
l’insieme delle sindromi dolorose pelviche nell’uomo e che riconosce come sintomo
unificante il dolore in sede pelvica, inguinale, scrotale, perineale e ipogastrica a cui
spesso, ma non sempre, si associano sintomi irritativi minzionali.
La definizione e la classificazione delle sindromi prostatiche, o prostatite-simili, si basa
sull’identificazione dei sintomi dolorosi associati o meno alla presenza di sintomi
irritativi delle basse vie urinarie (LUTS ovvero low urinary tract symptoms), ma anche
sui risultati della diagnostica microscopica e/o microbiologica delle secrezioni genitali).
Gli agenti patogeni di infezione svolgono un ruolo importante nella eziologia delle
prostatiti croniche: i microorganismi più frequentemente isolati sono
quelli implicati nelle infezioni delle vie urinarie, i cosiddetti “batteri
uropatogeni” (Escherichia coli, altri enterobatteri, Enterococcus faecalis).
Altri microorganismi coinvolti sono quelli in causa nelle infezioni genitali
compresi i micoplasmi urogenitali e la Chlamydia trachomatis.
Lieviti del genere Candida e protozoi (Trichomonas vaginalis) sono di raro riscontro
mentre il ruolo patogeno di altri microorganismi quali gli stafilococchi coagulasi
negativi, i corinebatteri, i batteri anaerobi e i virus (HPV, virus erpetici) rimane ancora
controverso.

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Prostatite cronica: cenni di terapia

Viene utilizzata una una terapia di associazione:


antibiotico: (fluorchinolonico + azitromicina) + antiinfiammatorio + alfa-litico.
L’impiego del macrolide è giustificato dal fatto che esso sarebbe in grado di alterare i
biofilm batterici aumentando la potenzialità antibatterica del chinolonico. La durata di
questo trattamento d’attacco è di 4-6 settimane, al termine delle quali vengono
nuovamente eseguiti i rilievi microbiologici sui materiali risultati precedentemente
positivi.
Nel caso di eradicazione dell’infezione, indipendentemente dal numero di globuli
bianchi nei campioni biologici, viene prescritto un ciclo di mantenimento in cui
chinolonico, macrolide ed antiinfiammatorio vengono somministrati per 1 settimana al
mese per 6 mesi, mentre l’alfa-litico viene assunto continuativamente per 6 mesi.
Nel caso, invece, di positività microbiologica persistente, viene prescritto un secondo
ciclo d’attacco.
Poiché viene ritenuto che una disbiosi della flora batterica intestinale possa essere una
concausa della prostatite, a tutti i pazienti viene inoltre prescritto un trattamento con
probiotici.

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