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Si definisce raggio vettore il segmento che congiunge il centro del Sole con il centro della Terra.
Il moto della Terra può essere scomposto in due moti elementari: quello di rotazione attorno al proprio
asse e quello di rivoluzione attorno al sole: entrambi i moti si svolgono in senso antiorario. L’asse
terrestre forma con la normale al piano dell’eclittica un angolo di 23,5°, mantenendosi sempre
parallelo a sé stesso.
Il Sole è una sfera di materia gassosa costituita da idrogeno (80%) ed Elio (20%). Il processo di
fusione trasforma l’idrogeno in elio, sprigionando una potenza di 36 ∙ 1024 𝑊. Quando il cielo è
sereno sulla superficie terrestre arrivano circa 1000 𝑊 ⁄𝑚2 , quando invece è completamente
nuvoloso l’irradiazione diminuisce fino a circa 100 𝑊 ⁄𝑚2 .
L’energia proveniente dal Sole che incide nell’unità di tempo sull’unità di superficie ortogonale alla
radiazione stessa a una distanza pari in media alla distanza Terra-Sole è detta Costante solare pari a
1367 𝑊 ⁄𝑚2 prima di entrare nell’atmosfera.
Si definisce Massa d’aria (m) il rapporto tra il cammino percorso da un raggio di sole nell’atmosfera
e il cammino minimo allo Zenit, quando il raggio solare incide la superficie terrestre. La massa d’aria
è nulla se il fascio di luce incide su una superficie posta al di fuori dell’atmosfera terrestre, mentre
m=1 allo Zenit.
La capacità di una superficie di riflettere la radiazione solare viene misurata attraverso il coefficiente
di albedo.
Quando i raggi solari attraversano l’atmosfera terrestre, l’intensità della radiazione viene ridotta da
fenomeni di:
Gli strumenti di misura della radiazione solare sono detti Solarimetri e vengono classificati in base
alla componente di radiazione che sono in grado di misurare:
La descrizione del moto apparente del sole nella volta celeste può aver luogo mediante una carta
solare proiettata sul piano orizzontale (diagramma polare) o sul piano verticale (diagramma
cilindrico). Il sistema di coordinate impiegato è centrato
nell’osservatore e usa come riferimento il piano dell’orizzonte.
A partire dagli anni ’90 l’Aeronautica Militare Italiana ha provveduto a informatizzare le sue stazioni
di acquisizione dati indispensabili alle analisi meteorologiche, nonché alla sicurezza del volo. Alla
raccolta dati si sono uniti presto anche il Ministero delle Politiche Agricole e diversi enti locali,
nonché il CNR. Sulla base della banca dati del CNR sono nate le prime normative UNI finalizzare a
fornire elementi di riferimento nel calcolo dei flussi energetici. Nel 1985 è stato inoltre realizzato
l’Atlante solare europeo dove è possibile notare, osservando le isopire (linee con pari valore di
energia da radiazione solare), che la presenza del mare abbia un effetto positivo sulla radiazione. Altre
tecniche, invece, prevedono la realizzazione di mappe statistiche utilizzando immagini satellitari
(ENEA).
Per il calcolo della radiazione solare giornaliera sulla superficie terrestre possono essere utilizzati vari
metodi. In giornate serene viene utilizzato l’ASHRAE, che prevede che
𝐵
−
Irraggiamento diretto: 𝐼𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜 = (𝐴 ∙ 𝑒 sin 𝛾𝑆
) ∙ sin 𝛾𝑆
𝐵
−
Irraggiamento diffuso: 𝐼𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜 = 𝐶 ∙ 𝐴 ∙ 𝑒 sin 𝛾𝑆
1
Dove sin 𝛾 = 𝑚, mentre i valori di A (irraggiamento solare apparente all’esterno dell’atmosfera), di
𝑆
B (coefficiente di estinzione atmosferico) e di C (fattore di radiazione diffusa) sono opportunamente
tabellati per mese.
I dati reperibili in letteratura, come già esposto, riguardano la radiazione solare globale e diffusa
giornaliera su piano orizzontale, ma esiste un metodo per calcolare, a partire dal dato giornaliero, i
valori orari di radiazione diretta e diffusa, nonché per passare dal dato di radiazione su superficie
orizzontale al valore della radiazione incidente su superficie comunque inclinata: metodo di Liu-
Jordan.
Collettori solari
I collettori o pannelli solari sono quelle superfici destinate a raccogliere la radiazione solare e relative
cavità per il passaggio di un fluido vettore. Sono responsabili della conversione dell’energia solare in
energia termica. La superficie esposta alla radiazione solare, infatti, assorbe parte dell’energia,
riscaldandosi e riscaldando il fluido che in esso circola, e a sua volta irraggia energia con una
distribuzione spettrale che dipende dalla temperatura, cedendo calore all’ambiente per conduzione e
convezione.
Il numero di lastre trasparenti dipende dalla velocità e dalla natura del fluido vettore, ma anche dalla
temperatura esterna: più bassa è la temperatura esterna e più occorrono lastre in modo da ridurre la
differenza di temperatura con l’esterno, riducendo perdite di calore per convezione. Tuttavia, un alto
numero di lastre trasparenti assorbono e riflettono più radiazioni solari. Non esiste ancora un materiale
ottimale, che unisca prestazioni ed economicità. Il vetro ha ottime proprietà ottiche, ma è fragile e
costoso. La plastica è economica, leggera e resistente, ma ha una maggiora trasmissività delle
radiazioni emesse dalla piastra e una minora stabilità fisica nel tempo. Il materiale ottimale deve avere
un basso coefficiente di assorbimento, coefficiente di trasmissione proporzionale alla frequenza,
bassa conducibilità termica, buona resistenza alle sollecitazioni termo-meccaniche, accettabile
resistenza agli agenti chimico-atmosferici e facile sostituibilità.
Collettori solari piani
Per quanto riguarda le proprietà costruttive di un collettore solare piano, le grandezze a cui si fa
riferimento sono:
Area della superficie lorda, ovvero il prodotto delle dimensioni esterne del collettore.
Area della superficie d’ingresso della luce del collettore, ovvero l’area attraverso cui filtra la
luce solare.
Area della piastra captante, ovvero la superficie effettiva.
Ai fini dell’efficienze energetica è l’area della piastra captante a essere decisiva. L’indice di
prestazione della superficie è pari al rapporto tra l’assorbanza 𝛼 (nella banda visibile) e l’emittanza 𝜀
(nella banda infrarossa).
In media un impianto solare con collettori piani costa intorno ai 550-800 € per metro quadro. I suoi
vantaggi sono:
Alta affidabilità e manutenzione non frequente.
Buon rapporto costo/prestazioni.
Anche se con prestazioni mediamente inferiori, è più economico di un collettore sottovuoto.
Costi di installazione contenuti e facilità di assemblaggio.
Diverse possibilità di montaggio.
Nei collettori solari a tubi evacuati, le dispersioni termiche verso l’ambiente sono ridotte al minimo.
Ciò è possibile grazie a un certo livello di vuoto nello spazio tra l’assorbitore e il vetro. Grazie a
questa caratteristica la temperatura raggiunta dal fluido può essere elevata, permettendone l’uso in
campo industriale. Nella maggior parte dei casi la pressione nei tubi raggiungere valori dell’ordine di
10-3 bar.
L’assorbente è costituito da una pellicola di materiale assorbente, depositata sulla superficie interna
di un tubo di vetro. Il fluido termo-vettore scorre in un tubo a U o in un sistema di tubi concentrici.
Per incrementare le performance, nell’intercapedine tra i due tubi di vetro è praticato il vuoto.
L’efficienza ottica è minore a causa della forma discontinua della superficie captante, ma grazie al
migliore isolamento termico l’efficienza globale media annuale è superiore dei collettori piani. I
principali vantaggi sono:
Mantengono un’elevata efficienza anche in presenza di alti gradienti termici tra la piastra
captante e l’ambiente esterno.
Mantiene un’elevata efficienza anche in condizioni di irraggiamento contenuto.
Consente di riscaldare il fluido fino a elevate temperature, dunque è utilizzabile anche come
impianto per il riscaldamento e per la generazione di vapore.
In generale, però, è più costoso, con cifre che sfiorano i 1000-1300 euro per metro quadrato.
Rappresenta una variante del collettore solare a tubi evacuati e in questo caso la superficie assorbente
è saldata a un tubo chiuso alle due estremità, contenente un fluido solitamente bassobollente. Il fluido,
ricevendo calore dalla superficie irraggiata, evapora, sale verso l’alto e condensa nella parte superiore
dove il tubo è refrigerato da un flusso d’acqua. Il condensatore rifluisce per gravità verso la ona
evaporativa, lambendo la superficie interna del tubo. Il liquido evapora in parte da una pozza liquida
che si forma sull’estremità inferiore del tubo stesso. I singoli tubi vengono assemblati in parallelo in
un’unità modulare, con i condensatori poti in serie rispetto al fluido termovettore.
La struttura di un collettore solare ad aria è del tutto analoga a quella dei collettori con fluido liquido,
ma presentano una maggiore superficie di passaggio dei singoli condotti dell’assorbitore. Il fattore di
asporto termico risulta però ridotto a causa del minore coefficiente di convezione: rispetto a quelli ad
acqua, dunque, a parità di temperatura in ingresso, presentano un’efficienza inferiore. Non si rende,
però, necessario l’uso di scambiatori intermedi, permettendo temperature operative più basse: ciò è
dovuto alla ridotta capacità termica dell’aria rispetto all’acqua. Tuttavia l’energia richiesta per la
circolazione dell’aria è molto più alta.
Tra i vantaggi troviamo la sicurezza dell’aria per le sue proprietà chimico-fisiche. L’aria, inoltre, non
cambia stato, dunque non sono necessarie misure contro la solidificazione o l’evaporazione. Non vi
sono nemmeno problematiche connesse alla corrosione dei condotti, aumentando la vita media
dell’impianto. La differenza di temperatura con l’ambiente esterno, inoltre, è spesso modesta, dunque
è possibile ridurre la temperatura di lavoro a vantaggio del rendimento.
Per contro, però, a causa di bassa capacità e conduttività termica è necessario aumentare il volume
del fluido operante e, dunque, del diametro dei condotti e della superficie captante.
I pannelli solari scoperti sono privi di copertura vetrata e sono costituiti di materie plastiche. Il loro
principale limite è dovuto al fatto che hanno rendimenti accettabili solo con temperature esterne di
almeno 20°C e una temperatura massima dell’acqua di 40°C. Generalmente sono adatti per la sola
stagione estiva. Il loro costo è notevolmente più basso e l’installazione è talmente semplice da
consentire un’installazione autonoma. Sono solitamente costruiti in PVC e vengono impiegati per il
riscaldamento di piscine scoperte o per docce di strutture stagionali.
L’energia perduta per unità di tempo e di superficie è pari a 𝑞𝑃′ = (𝑇𝑝 − 𝑇𝑎 ) ∙ 𝑈𝐶 , dove 𝑇𝑝 è la
temperatura media della piastra, 𝑇𝑎 quella dell’ambiente e 𝑈𝐶 dipende dai coefficienti di scambio
termico convettivo e radiativi della piastra con l’ambiente.
Sostituendo si ottiene che l’energia utile per unità di tempo e superficie è pari a
𝑞𝑈′ = (𝜏 ∙ 𝛼) ∙ 𝐺𝛽 − (𝑇𝑝 − 𝑇𝑎 ) ∙ 𝑈𝐶
La relazione risulta però non molto utile in quanto molto spesso la temperatura interna della piastra è
incognita: si cerca dunque un’espressione che dipenda dalla temperatura del fluido all’ingresso. La
relazione diventa
Dove 𝐹𝑟 è il fattore di rimozione del calore dalla piastra al fluido ed è una caratteristica del collettore.
È possibile dunque riscrivere l’efficienza come
L’equazione a cui si è pervenuti è nota come Equazione di Bliss e mostra come l’efficienza diminuisca
all’aumentare della differenza della temperatura tra il fluido e l’ambiente esterno e aumenti
all’aumentare dell’irradiazione solare.
Quando un fotone viene assorbito da un materiale, la sua energia viene ceduta a un elettrone del
reticolo cristallino, che normalmente si trova nella banda di valenza ed è impegnato nei legami
covalenti tra atomi adiacenti che quindi non è libero di muoversi. L’energia fornita dal fotone, se è
maggiore del gap di energia di banda, lo eccita, facendolo passare nella banda di conduzione dove,
invece, è libero di muoversi. Il legame covalente adesso avrà un elettrone in meno, generando una
lacuna che verrà colmata da un elettrone di un legame covalente adiacente, lasciando una nuova
lacuna, iterativamente. Si può affermare che il fotone assorbito genera una coppia elettrone-lacuna
mobile. Si rendono pertanto disponibili portatori di carica, che possono essere sfruttati per generare
una corrente. Per realizzare ciò è necessario creare un campo elettrico interno alla cella, stabilendo
un eccesso di atomi caricati negativamente (anioni) in una parte del semiconduttore ed un eccesso di
atomi caricati positivamente (cationi) nell’altro. Questo meccanismo si ottiene mediante drogaggio
del semiconduttore. A questo punto, il campo elettrico di built-in permette di dividere gli elettroni in
eccesso (ottenuti dall’assorbimento dei fotoni da parte del materiale) dalle lacune, e li spinge in
direzioni opposte gli uni rispetto agli altri. Gli elettroni, una volta oltrepassata la zona di svuotamento
non possono quindi più tornare indietro, perché il campo impedisce loro di invertire la marcia.
Connettendo la giunzione con un conduttore esterno, si otterrà un circuito chiuso nel quale il flusso
di elettroni parte dallo strato n, a potenziale maggiore, verso lo strato p, a potenziale minore fintanto
che la cella resta esposta alla luce. Quello appena esposto è l’effetto fotovoltaico. La connessione
elettrica tra le celle fotovoltaiche è ottenuta per mezzo di due contatti metallici.
I principali semiconduttori usati sono il silicio, il germanio, l’arseniuro di gallio, il solfuro di cadmio,
il solfuro di rame e le celle a giunzione multipla. Nonostante questa varietà, la maggior parte delle
celle fotovoltaiche attualmente in commercio è costituita da semiconduttori in silicio, dovuto alla
disponibilità illimitata del materiale, al largo utilizzo nell’industria elettronica e, dunque, alla
possibilità di riciclare gli scarti dell’industria elettronica.
Celle al silicio monocristallino
Il silicio a cristallo singolo è ottenuto da un processo detto melting a partire da cristalli di silicio di
elevata purezza che, una volta fusi, vengono fatti solidificare a contatto con un seme di cristallo. Il
silicio solidifica nella forma di un lingotto cilindrico costituito da un unico cristallo. Il lingotto viene
poi affettato con particolari seghe in wafers. L’efficienza è del 15% circa.
Celle al silicio policristallino
Il silicio policristallino è caratterizzato dalla presenza di più cristalli aggregati tra loro con forme,
dimensioni e orientamenti differenti. Rispetto al silicio monocristallino i costi sono contenuti, ma
l’efficienza è minore (14% circa)
I sistemi autonomi (stand alone) vengono normalmente utilizzati per elettrificare le utenze
difficilmente collegabili alla rete per via dell’ubicazione o per quelle con bassissimi consumi di
energia che non rendono conveniente il costo dell’allacciamento.
Un sistema autonomo è costituito da:
Moduli fotovoltaici
Sistema di accumulo (batterie)
Le batterie accumulano l’energia prodotta dai moduli e consentono di differire nel tempo
l’erogazione di corrente.
Regolatore di carica
Il regolatore di carica regola i passaggi di corrente tra moduli e batterie e tra batterie e carico.
Serve a proteggere le batterie da fenomeni di carica e scarica profonda.
Convertitore corrente continua/corrente alternata (inverter)
La corrente generata dal sistema fotovoltaico, infatti, è una corrente continua.
I sistemi fotovoltaici connessi alla rete possono scambiare energia elettrica con la rete locale o
nazionale. Se la produzione eccede, infatti, per un certo periodo il consumo, l’eccedenza viene inviata
alla rete; quando invece il generatore non fornisce energia elettrica sufficiente, l’elettricità viene
acquisita dalla rete: ciò è permesso dalla presenza di due contatori che contabilizzano l’energia
scambiata. Le centrali fotovoltaiche sono tipicamente costituite da centinaia o migliaia di moduli
fotovoltaici di grandi dimensioni connessi in serie/parallelo, installati a terra su strutture in cemento
armato e acciaio. Con gli attuali valori di efficienza di trasformazione, una centrale da un MW,
dimensionata per un migliaio di utenti, si estenderebbe su un’area grande quanto 4 campi di calcio:
metà della superficie dovrebbe infatti evitare l’ombreggiamento reciproco tra i moduli.
Gli impianti fotovoltaici possono essere installati su qualunque superficie e hanno dimostrato
un’ottima adattabilità a diverse tipologie di edificio. Si distinguono sistemi retrofit, che vengono
applicati in contesti edilizi già esistenti, e sistemi integrati già dalla fase di progettazione dell’edificio.
Per l’applicazione sui tetti piani esistono varie tipologie e sono prevalentemente applicazioni retrofit.
Solitamente si provvede a inclinare e orientare il sistema nel miglior modo possibile con strutture di
supporto ad hoc. Nel caso di tetti inclinati sono necessari ulteriori sforzi per trovate un componente
architettonico valido per l’edilizi italiane. Sono oggetto di studio vere e proprie tegole fotovoltaiche,
in grado di effettuare un intervento con un livello di integrazione estetica pari a un sistema integrato.
Per le facciate, invece, le applicazioni fotovoltaiche devono essere prese in considerazione nella fase
di progettazione dell’edificio, in quanto parametri come l’orientamento o l’inclinazione risultano
predefiniti.
Dal punto di vista delle strutture di sostegno si parla di sistemi a inclinazione fissa, con struttura
portante fissa, sistemi a inseguimento attivi, caratterizzati da motori passo ed elettronica di controllo,
e sistemi a inseguimento passivi, con un principio di funzionamento basato sulla differenza di
pressione che si forma in due cilindri contenenti determinate sostanze.
L’efficienza di trasformazione dell’energia solare in energia elettrica è data dal rapporto tra la potenza
elettrica in uscita e la potenza della radiazione solare incidente. Ovviamente entrambe dipendono
dalle condizioni di irraggiamento solare, dunque, come riferimento si usano le condizioni standard di
insolazione (𝐼𝑆𝑇𝐶 = 1kW/m2).
𝑃𝑒𝑙
𝜂𝑆𝑇𝐶 =
𝐼𝑆𝑇𝐶 ∙ 𝐴
Dove 𝑃𝑒𝑙 è la potenza elettrica di picco generata dal modulo, 𝐼𝑆𝑇𝐶 la densità di irradiazione solare in
condizioni standard (STC) e A l’area del modulo.
L’efficienza di impianto è influenzata in maniera significativa dai componenti elettrici necessari per
il trasferimento dell’energia dal modulo fotovoltaico all’utenza. Le maggiori dissipazioni sono dovute
al funzionamento dell’inverter e delle batterie, così come cavi, quadri elettrici e connettori. Per
considerare tali dissipazioni, si parla in termini tecnici di efficienza del BOS (Balance of System).
Generalmente un valore dell’85% è considerato accettabile.
Determinata la superficie disponibile per l’installazione dei moduli fotovoltaici, la potenza nominale
dell’impianto può essere stimata come
Dove 𝑃𝑃𝑉 , espresso in KW, rappresenta la potenza nominale dell’impianto, 𝜂𝑃𝑉 l’efficienza dei
moduli in condizioni standard e 𝐴𝑃𝑉 , espresso in m2, rappresenta la superficie captante dei moduli.
Dove 𝐸𝑃𝑉 [kWh/anno] rappresenta l’ammontare dell’energia elettrica producibile annualmente, 𝜂𝐵𝑂𝑆
l’efficienza della componentistica non fotovoltaica, 𝐾𝑃𝑉 un fattore di riduzione che tiene conto di
fenomeni come il surriscaldamento dei pannelli o depositi di polvere sui vetri di protezione
(generalmente pari a 0,9) ed S [kWh/m2] l’intensità di radiazione solare annuale sulla superficie dei
moduli.
Per produrre un kWh elettrico vengono bruciati mediamente l’equivalente di 2,56 kWh sottoforma di
combustibili fossili, emettendo nell’aria circa 0,53 kg di anidride carbonica. Dunque ogni kWh
prodotto da un sistema fotovoltaico evita l’emissione di 0,53 kg di CO2.