Come ogni altro settore commerciale anche la fotografia ha un’offerta
di accessori molto ampia e variegata, si va da strani periscopi per poter vedere o fotografare da altre angolazioni fino a cinture portaobbiettivi o alle cartine per la pulizia delle lenti. Diciamo che il corredo di un fotografo, dovrebbe essere completo con un buon cavalletto, una serie di filtri e un flash, il resto può essere anche non acquistato. Un buon cavalletto, detto anche treppiede, consente di lavorare con tempi e diaframmi a piacimento senza rischiare foto mosse, ovvero in tutte quelle situazioni dove la quantità di luce impedisce di usare la macchina in mano. Quando non c’è presenza umana nella fotografia è sempre meglio usare un diaframma abbastanza chiuso, da otto in poi, se una panoramica in pieno giorno , usando una normale pellicola da cento asa, si può fare a 22 e un quindicesimo di secondo, infatti, per una città in notturna occorre qualche minuto. Di cavalletti ce ne sono tanti in commercio, i migliori sono quelli che non pesano né troppo né poco e che hanno la testa ( la struttura dove si avvita la macchina ) che può ruotare su se stessa e piegarsi in avanti e di lato. Se scattare fino a un ottavo di secondo, con un po’ di esperienza può essere un’operazione fattibilissima a mano, oltre il mezzo secondo si rischia , seppur sul cavalletto, di muovere la macchina, è qui che entra in gioco lo scatto flessibile, ovvero un dispositivo manuale che con lo stesso sistema di una siringa pigia sul pulsante di scatto e fa scattare l’otturatore In mancanza di flessibile è possibile fare lo stesso con l’autoscatto, funzione presente in tutte le macchine. Specie in quelle dell’ultima generazione che hanno fino a trenta secondi di tempo già nel programma. Per scatti più lunghi, comunque il flessibile è l’ideale poiché ha un dispositivo bloccante che può mantenere aperta la macchina per tempi illimitati. In mancanza di cavalletto è possibile organizzarsi con sacchetti di sabbia, maglioni in cui affondare il corpo macchina, muretti ecc.. è chiaro che la stabilità lascia un po’ a desiderare e che di conseguenza ci vuole tre volte l’attenzione che col cavalletto. L’ altro accessorio di base è il flash, molte macchine l’hanno incorporato, specie le compatte, e spesso non è possibile fare niente oltre quello che il flash fa da sé, ma proseguiamo pensando alla macchina manuale e consideriamolo accessorio a parte. Il flash emette un lampo luminoso che si disperde nell’ambiente, risolve situazioni di scarsa luminosità specie se si vuole fotografare soggetti animati. L’amico che suona la chitarra illuminato esclusivamente dalla luce del camino , e per giunta solo di un quarto, può venire, se non si usa il flash, una silhouette rossastra e mossa, col flash sarà riprodotto correttamente e con un piccolo escamotage, si potranno registrare anche le calde tonalità del fuoco. La ragazza che si è fermata all’ombra di un albero per uno spuntino durante un trekking e dietro ha un bel panorama di montagne soleggiato , senza un “ colpo di flash” verrà completamente nera, oppure esponendo senza flash su di lei sbiancherà inaccettabilmente tutto il panorama. Ogni flash reca sul dorso una scala metrica rapportata ai diaframmi, se la ragazza è a due metri il flash “può dirmi” che ci vuole il diaframma undici, il chitarrista ad un metro può significare diaframma sedici, la cosa è estremamente logica poiché più il soggetto è lontano e meno luce flash riceve, ciò va “comunicato” alla macchina compensando la dispersione con l’apertura del diaframma. In entrambi i casi sopra citati bisogna decidere se far “entrare” nella foto anche la luce ambiente oppure no. Operazione più facile di quanto si pensi, e nel secondo caso indispensabile; una volta stabilito quale diaframma impostare bisogna far finta di non avere il flash e seguire le indicazioni dell’esposimetro, il chitarrista potrebbe necessitare di due secondi di posa, la ragazza di un sessantesimo. Se in quest’ultimo caso l’operazione non comporta dubbi nel primo si può temere il mosso, il flash, però, “congela” i movimenti e se la luce ambiente non è preponderante il mosso si riscontrerà solo ai bordi dell’immagine dando un effetto piacevole. Qualora la luce ambiente fosse predominante il segreto sta nell’impostare il tempo appena più veloce ( un secondo al posto di due secondi ) respingendo così il mosso in secondo piano. La luce dl flash è sempre e comunque un po’ cruda , se qualcuno ha la pelle sudata o se ci sono superfici riflettenti col flash diretto risaltano incredibilmente , avendo a disposizione un flash con testa mobile si può orientare il lampo sul soffitto o su un muro ottenendo così un effetto di luce riflessa. A parte che con questo metodo non si può usare la luce ambiente poiché si perde l’effetto congelamento, bisogna considerare due fattori, il primo riguarda il colore della superficie riflettente, più chiara è meglio è , d’accordo, ma un bel muro rosa od un soffitto azzurro cielo rimanderanno la luce di quei colori. Il secondo riguarda la distanza, che è aumentata rispetto alla situazione flash soggetto diretta, infatti la luce flash dapprima colpisce la superficie riflettente e poi raggiunge il soggetto, facendo un percorso più lungo; occorre dunque di sovraesporre almeno di un paio di diaframmi rispetto alle indicazioni del flash . Terzo polo dell’accessoristica sono i filtri, articolo con variabili praticamente infinite nelle quali ci si può anche smarrire. Per fare un po’ di chiarezza cerchiamo di capire come funziona un filtro, l’esempio è dei più banali, portando occhiali da sole con tono rossiccio si vede tutto il mondo dello stesso colore, stesso dicasi per occhiali tendenti al verde o al blu. Un filtro che si mette davanti all’obbiettivo opera nell’identica maniera, ovvero trattiene la luce opposta e lascia passare la luce simile. A questo punto bisogna introdurre il concetto di temperatura colore, caratteristica propria della luce. Se si pensa alla luce emessa da un falò o da una candela si razionalizza facilmente che è rossa, se si pensa alle luci del neon si conclude che tendono al verde, se si pensa alla luce del mattino si deduce che tende all’azzurro, tutti questi colori si chiamano temperature di colore e si esprimono in gradi Kelvin. Le pellicole a colore sono tarate per due differenti gradi Kelvin, quelli della luce diurna di mezzogiorno e delle lampade flash, 5500 ( e sulle confezione c’è sempre scritto “daylight”) e quelli delle lampade al tungsteno ( alogene) che sono 3200 ( e sulle confezione c’è sempre scritto tungsten. Queste pellicole nel formato 24*36 si trovano solo in diapositiva) . Se io fotografo con una pellicola per luce diurna in esterni e poi vado a scattare in un interno illuminato da alogene o da neon avrò come risultato foto ottime solo in esterni, poiché negli altri due casi mi ritroverò sulle foto delle forti dominanti di colore rosse , nel caso delle alogene, e verdi nel caso del neon. Sempre che non lo voglia come effetto dovrò dunque mettere un filtro azzurro ( opposto al rosso) per le alogene e magenta per il neon, che trattenendo la luce opposta e lasciando passare solo la luce simile, annulleranno l’effetto dominante. Altro settore dei filtri è quello per gli effetti speciali, si va dai digradanti per far diventare rosso un cielo quand’è bianco, a quelli che triplicano l’immagine o la riempiono di prismi della banda luminosa, si tratta comunque di un genere di fotografia sorpassato e rimasto legato soltanto a certa fotografia matrimoniale e da circoli fotografici. Un filtro che fa ” mondo a parte” è il polarizzatore, il suo uso più classico è quello di eliminare i riflessi dai vetri, serve comunque rendere più dense le tonalità di colore, a fare i cieli più azzurri ad eliminare la foschia, oggigiorno è sempre montato su un supporto che lo fa ruotare. Per capire il suo funzionamento bisogna pensare alla luce non come ad una linea di raggi che arrivano all’obbiettivo dalla stessa posizione, ma come molti raggi convergenti, il polarizzatore fa passare i raggi su un solo piano che si può scegliere ruotandolo ed eliminando quella indesiderata