Sei sulla pagina 1di 101

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

*​*​*​ ​Introduzione al Diritto Italiano​ ​*​*​* 


 
 
 
D. Privato - Responsabilità Civile (p. 2-22) 
 
D. Amministrativo - Principi, Provvedimenti, Situazioni Giuridiche (p. 23-61) 
 
D. Commerciale - Società in Generale, Società di Persone (p. 62-100) 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

Diritto Privato  
 
__________________________________________________10/12/2017  
 
➢ Lezione 1: Responsabilità da fatto illecito  
 
Il fatto illecito è disciplinato dagli articoli 2043 e 2059 del Codice Civile: 
 
*​Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, 
obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno​* ​- art. 2043 
*​Il  danno  non  patrimoniale  deve  essere  risarcito  solo  nei  casi 
determinati dalla legge.​* ​- art. 2059 
 
Il  fatto  illecito  è  una  fonte  di  responsabilità  che  consegue  alla  violazione  del 
precetto  del  ​neminem  laedere  ​(non  offendere  nessuno)  e  la  responsabilità  che  di  lui 
deriva  può  prendere  il  nome  di  responsabilità  aquiliana,  extracontrattuale,  da  atto  o 
fatto  illecito  e  ancora  di  responsabilità  civile.  Si  può  dire  che  l’articolo  2043  stabilisce 
una  clausola  generale,  la  norma  fondamentale  sulla  responsabilità  extracontrattuale. 
L’illecito civile, nel diritto italiano, è atipico, diverso del diritto penale. 
 
Le diverse denominazione della responsabilità: 
✓ Responsabilità  civile:  ​descrive  l’effetto  legale  dell’illecito,  ma  trascura  il 
comportamento  del  danneggiante,  significando  una  esigenza  di  far  prevalere  la 
funzione riparatoria dell’istituto. 
✓ Responsabilità  da  atto  o  fatto  illecito:  ​mette  il  fuoco  sulla  condotta  del 
danneggiante, far prevalere una funzione sanzionatoria dell’istituto. 
✓ Responsabilità aquiliana: ​Il termo ha radice nell’istituto della ​lex Aquilia​. 
✓ Responsabilità  extracontrattuale:  ​indica  il  contrapporsi  della  responsabilità 
civile alla responsabilità gravante per inadempimento dell’obbligazione (art. 1218), 
che  deriva  di  un  vincolo  specifico  e  nell’obbligo  di  prestazione  e  non  del  dovere 
generico  di  ​neminem  laedere​.  Tuttavia,  del  fatto  illecito  nasce  un’obbligazione, 
quella  di  risarcire  il  danno  (creditore  -  danneggiato  //  debitore  -  l’autore  del 
fatto illecito.  
 
Il  fatto  illecito  e  l’inadempimento dell’obbligazione sono accomunati nel più ampio 
concetto di illecito civile e il rimedio del risarcimento del danno è previsto in entrambi. 
 
Secondo  una  diffusa  opinione,  l'inadempimento  dell’obbligazione  quando  lede 
anche diritti assoluti della persona, si configura come fatto illecito (esempio: operazione 
chirurgica  o  contratto  di  trasporto  di  persona)  e  può  accadere  di essere tutelato da un 
concorso  di  responsabilità  contrattuale  ed  extracontrattuale.  Il  raziocinio  è  sbagliato 
perché  il  cumulo  delle  azione  costituisce  un  espediente  da  superarsi  mediante 
un’interpretazione  secondo  Costituzione:  nell’ambito  dei  rapporti  di  fonte  contrattuale, 
possono  venire  interessi  di  natura  esistenziale,  suscettibili  di  essere  lesi 
dall’inadempimento che può cagionare anche danni non patrimoniali. 

 
 

Il  comportamento  dannoso  non  dovrà,  quindi,  valutarsi  alla  stregua  del  generico 
dovere  di  ​neminem  laedere,  ​ma  della  norma  contrattuale  regolatrice  della  condotta.  Gli 
articoli  1218  e  1223  possono  riferirsi anche ai pregiudizi non patrimoniali cagionati dalla 
lesione dei diritti inviolabili della persona. 
 
L’obbligo  al  risarcimento  ha  il  senso  di  far  rispondere  in modo consiste del fatto 
dannoso  estendendo  la  responsabilità  anche  per  i  danni  non  prevedibili al momento della 
commissione  del  fatto.  La  legge  tende  a  realizzare anche una funzione di prevenzione: a 
minaccia  del  risarcimento  indurre  le  persone  ad  evitare  la  commissione  di  illeciti.  Le 
funzioni sanzionatoria e di prevenzione si aggiungono a quella riparatoria. 
 
 
Elementi del fatto illecito 
 
✓ Comportamento  commissivo  od  omissivo:  ​Anche  un  atto  omissivo  può  essere 
tenuto  come  condotta  quando  il  dovere  di  agire  sia  stabilito  dalla  legge  o  da  una 
clausola negoziale. 
 
✓ Nesso  di  causalità:  ​Ha  bisogno  di  un  nesso  di  causalità  fra  il  comportamento 
della  persona  e  l’evento  lesivo del bene tutelato. Tale nesso è ispirato al ​principio 
della  adeguatezza  causale  ​(alla  persona  soltanto  può  essere  imputata  le 
conseguenze normale del suo comportamento).  
Perciò,  in  materia  civile  ​va esclusa la teoria della condicio sine qua non ​che ha 
avuto  successo  nel  diritto  penale  in  cui  ogni  condotta  antecedenti è tenuta come 
ruolo di causa dell’evento.  
 
✓ Colpevolezza:  ​Indica  la  contrarietà  del  comportamento  della  persona  al  modello 
legale,  idoneo  ad  evitare  eventi  lesivi  dell’altrui  diritto  (​colpa  in  senso 
normativo​). 
Con  riferimento  alla  persona,  la  colpevolezza  è  sia  la volontà di produrre l’evento 
lesivo (​dolo​), sia quale atteggiamento del soggetto che senza la volontà di causare 
un  determinato  evento,  ha  tenuto  un  comportamento  improvvido,  causativo  della 
lesione  del  diritto  altrui  (​colpa  in  senso  proprio​).  La  colpa  è  unificata  penale  e 
civilmente  per  l’articolo  43  del  Codice Penale, (negligenza, imprudenza, imperizia, 
inosservanza  di  atto  normativo).  Nella  culpa  in  senso  proprio,  non  è  responsabili 
chi  ha  agito  con  la  prudenza  e  diligenza  necessarie  ad  evitare  danni,  nonostante 
che l’evento lesivo si sia prodotto.  
All’elemento  della  colpa  si  aggiunge  la  necessità  che  l’autore,  per  poterne 
rispondere,  ​sia capace di intendere e di volere al momento che lo ha posto in 
essere  ​(art.  2046).  Tuttavia,  se  tale  capacità  manca  per  causa  a  lui  imputabile, 
tale assenza è irrilevante. 
○ Imputazione  del  fatto  e  fattispecie  speciali:  ​Il  sistema  generale  di 
imputazione  è  integrato  da  ulteriori  disposizioni  (2049  -  2054)  che 
imputano  a  determinate  persone  fatti  posti  in  essere  da  altri  o 
addirittura  accadimenti  addebitabili  a  cose  o animali, per alcune di queste 
si  discorre  di  responsabilità  indiretta  o  per  fatto  altrui.  Con  forte 

 
 

ispirazione  francesa  e  del  ​Code  Napoléon,  ​questo  disegno  ha  significato 


una  superamento  della  colpa  come  criterio  generale  di  imputazione 
aggiungendo  in  situazione  di  parità  altri  criteri  come  la  proprietà  delle 
cose, la loro custodia, la responsabilità genitoriale della persona. 
Il  disegno  del  legislatore  è  quello  di  ricondurre  ogni  ipotesi  di 
responsabilità  ad  un  comportamento  dove  “fatto  proprio”  è  sia  quello 
immediatamente  riferibile  alla  persona  (2043-2046),  sia  quello  che  a tale 
è reputato in virtú dalla legge (2047-2054).  
Negli  articoli  2047-2054  è  stabilita  sia  una  presunzione  di  colpa,  sia  una 
presunzione  di  causalità  e  sono  modi  di  imputazione  oggettiva  dell’evento 
alla  persona  individuata  in  ipotesi  specifiche.  Quindi,  ancora  che  si 
permetta  provare in concreto l’assenza di colpa, lasciano intendere di aver 
imputato  in  via  oggettiva  l’evento  al  responsabile.  Una  responsabilità, così 
detta,  oggettiva.  Ma che, comunque ha una prova particolarmente difficile 
può  essere  fatta  e  escludere  la  responsabilità,  nel  senso  de  che  la 
responsabilità è sempre soggettiva (salvo l’articolo 2049). 
  
✓ Danno  ingiusto:  ​Affinché  possa  nascere  responsabilità  dell'autore  del  fatto,  è 
necessario che questi leda un interesse giuridicamente rilevante.  
Per  lungo  periodo,  la  dottrina  ha  inteso  l’ingiustizia  del  danno  come 
“antigiuridicità  della  condotta”,  riconducendo  al  piano  dell’elemento  soggettivo. 
Altri  hanno  identificato  il danno ingiusto nel pregiudizio risarcibile , confondendo 
a  lesione  di  un  interesse  con  il  depauperamento  del  quale  può  essere  chiesta  la 
riparazione.  Oggi,  il  requisito  dell’ingiustizia  ​esprime  l’esigenza  di  limitare  la 
risarcibilità  al  danno  conseguenza  di  una  lesione  dell’altrui  situazione 
giuridicamente  tutelata.  ​L’intero  sistema  della  responsabilità  civile  si  fonda 
sull’ingiustizia  del  danno,  sia  nell’ipotesi  dell'attività  illecita  sia  nell’ipotesi 
dell'attività lecita dannosa.  
Secondo  l’opinione  tradizionale,  soltanto  l'attività  illecita  può  creare  danno 
ingiusto  (svolto  con  il  risarcimento)  mentre  l'attività  lecita  dannosa  sarebbe 
riparata  con  l'indennizzo.  La  distinzione,  tuttavia  si  mostra  sempre  più  opinabile 
che  funzionali  una  volta  che  entrambi  sono  rivolti  non  ad  eliminare  l’illecito, 
quanto piuttosto a riparare il danno ingiusto. 
 
 
Altri questioni su il danno ingiusto  
 
Per  lungo  tempo  si  è  affermato  che  le  situazione  rilevanti  ai  fini  della 
responsabilità  civile  fossero  esclusivamente  i  diritti  soggettivi  assoluti,  con  protezione 
erga  omnes    e  tutelati  dall’altrui  obbligo  del  ​neminem  laedere.  ​Il  pensiero  ha  cambiato, 
per  ampliare  la  sfera  degli  interessi  protetti,  identificando  la  responsabilità  come 
reazione a un danno ingiusto e che tale ingiustizia definisce l’ambito della responsabilità. 
 
 
 

 
 

L’articolo  2043  avrebbe  autonoma  capacità  di  produrre  situazioni  soggettive 


degne  di  tutela.  Questa  tesi  è  contestata  dalla  giurisprudenza  che  intravedendo  i 
pericoli  di  una  proliferazione  senza  limiti  delle  ipotesi  di  risarcibilità,  ammette  sí  il 
risarcimento  in  fattispecie  non  tradizionali  ma  al  tempo  stesso  afferma  la  necessità  di 
individuare  pregiudizialmente  una  situazione  giuridicamente  protetta.  La  clausola 
generale  dell’ingiustizia  del  danno  trova  specificazione  nelle  applicazioni  della 
giurisprudenza. 
 
 
Le lesioni  
 
Lesioni  esterna  del  diritto  di  credito:  ​Si  riferisce  inizialmente  alle  ipotesi  di 
uccisione  del  debitore altrui, qualora la morte abbia determinato l’estinzione del credito 
e  una  perdita  al  creditore.  Esempio:  obbligazioni  di  facere  a  carattere  personale,  di 
dare a titolo di mantenimento o alimenti. 
La  tutela  aquiliana  del  credito  è  stata successivamente ampliata all’interesse alla 
realizzazione  di  tutte  le  condizioni  necessarie  perché  il  soddisfacimento  del  diritto  sia 
possibile.  Esempio:  è  risarcibile  in  danno  subíto  dal  conduttore  di  un  immobile  ad  uso 
commerciale  che  non  possa  godere  del bene a casa delle infiltrazioni d’acqua provenienti 
dal piano superiore. 
La  lesione  sussiste,  altresí,  là  dove  il  fatto  del  terzo  impedisca  l’adempimento 
dell'obbligazione  da  parte  del  debitore.  Cosí  il  terzo  è  tenuto  al  risarcimento  nelle 
ipotesi  di  distruzione  della  cose  determinata  che  forma  oggetto  della  prestazione 
debitorio.  Integra  un  fatto  illecito  anche  il  comportamento  doloso  o  colposo  del  terzo 
che  arrechi  un  contributo  causale  all’inadempimento  del  debitore.  Esempio:  il  terzo  che 
acquisti scientemente un bene oggetto di un contratto preliminare di compravendita. 
 
Trasmissione o diffusione di informazioni inesatte: ​la  giurisprudenza individua 
un  interesse  giuridicamente  protetto  a  non  subire  un’alterazione  del  processo  di 
formazione  della  volontà  per  l'opera  dolosa  o  colposa  di  un  terzo.  Esempi:  la  banca  che 
fornisce  un’informazione  non  veritiera  sulla  situazione  patrimoniale di un proprio cliente 
risponde  del  danno  ingiustamente  causato  a  terzo;  la  responsabilità  della  pubblica 
amministrazione  per  la  diffusione  colpevole  di  informazioni  inesatte  o  per  le  omissioni, 
leggerezze e negligenze commesse nell'esercizio di poteri di vigilanza e controllo. 
 
Lesione degli interessi legittimi: ​Il  tradizionale  orientamento  giurisprudenziale 
escludeva  la  tutela  aquiliana  degli  interessi  legittimi  accogliendo la tesi secondo la quale 
l’ingiustizia  del  danno  presupporrebbe  la  lesione  di  un  diritto soggettivo. La risarcibilità 
dell’interesse  legittimo  era  limitata  all’ipotesi  nella  quale  esso  assumesse  le  sembianze 
del “diritto affievolito” (Esempio: espropriazione). 
L'intendimento  ha  cambiato  con  l’impulso  del  diritto  comunitario  e  con  la 
sentenza  500/99  della  Corte  di  Cassazione.  Adesso,  deve  verificarsi  se  la  lesione 
dell’interesse  legittimo  è  funzionale  alla  protezione  di  un  determinato  bene  della  vita 
meritevole  di  tutela  giuridica  (interessi  legittimi  oppositivi),  configurando  un  danno 
ingiusto.  

 
 

Mentre  negli  interessi  legittimi  pretensive,  la  responsabilità  è subordinata ad un 


giudizio  prognostico  allo  scopo  di  verificare  la  consistenza  della  protezione  che 
l’ordinamento  riserva  alle  istanze  di  ampliamento  della  sfera  giuridica  del  pretendente. 
In  fine  deve  verificarsi  il  dolo  o  colpa  dell’amministrazione  e  non  del  funzionario, 
vedendo se lei ha violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione.  
 
Lesione  delle  legittime  aspettative:  ​Ci  sono  alcuni  legittime  aspettative  che  la 
giurisprudenza  riconosce  come  tutelabile  nell’ambito  dei  fatti  illeciti.  Per  esempio:  la 
risarcibilità  del  danno  subíto  dai  congiunti di una casalinga deceduta a seguito dell’altrui 
fatto  illecito.  Allo  stesso  modo  è  tutelata  l’aspettativa  dei  genitori  ad  un  contributo 
economico da parte del figlio minore ucciso. 
 
Perdita  di  ​chance​:  ​Si  considera  risarcibile  anche  la  perdita  di  ​chance​.  La 
perdita  costituisce  una  lesione  all’integrità del patrimonio, risarcibile a condizione che il 
danneggiato  dimostri  la  sussistenza  di  un  valido  nesso  causale  tra  il  fatto  illecito  e  la 
ragionevole  probabilità  del  verificarsi  del  danno.  Esempio:  l’illegittima  esclusione da una 
procedura concorsuale. 
 
Lesione  del possesso: ​Se  nel  giudizio  possessorio  non  può  trovare  attuazione  la 
reintegrazione  della  precedente  situazione  di  fatto, si ammette l’esperibilità dell’azione 
di risarcimento dei danni subíti per la perdita del godimento del bene. 
 
 
Cause di giustificazione  
 
La  responsabilità  dell’autore  del  fatto  è  esclusa  o  limitata  quando  ricorrono 
talune  circostanze  o  situazioni  soggettive  e  oggettive,  le  cause  di  giustificazione.  Tra 
queste  rientrano,  ​lo stato di necessità, la legittima difesa, l’esercizio di diritto e il 
consenso dell’avente diritto​. 
 
✓ Stato  di  necessità:  ​Previsto  nell’articolo  2045  del  Codice  Civile.  La  limitazione 
subita  dall’agente  in  ordine  alla  libertà  di  scelta  della  propria  condotta,  causata 
dall’incombere  del  pericolo  di  un  danno  grave  alla  persona,  giustifica 
l'attenuazione  della  responsabilità.  Esempio:  chi  cagioni  un  sinistro  stradale  per 
aver superato i limiti di velocità a fine di trasportare un malato all’ospedale. 
L’applicazione  dell’articolo  2045  richiede  una  ​ragionevole  probabilità  che  si 
verifichi  l’evento,  vietato,  pertanto,  lo  stato  di  necessità  putativo.  Ha  bisogno 
anche  di  un  ​rapporto  di proporzionalità  fra  il  fatto  dannoso  e  il  pericolo  che  si 
voleva evitare (Art. 54 del Codice Penale) e di che il ​pericolo sia inevitabile​. 
Lo  stato  di  pericolo  può  anche  essere  determinato  dal  fatto  colposo  di  un  terzo 
sussistendo  un  concorso  alternativo  e  non  cumulativo  tra  questo  terzo  ed  il 
danneggiante.  Perciò  il  danneggiato,  non  integralmente  risarcito  dal  terzo,  può 
esperire  l'azione  indennitaria  contro  chi  ha  agito  in  stato  di  necessità  (finalità 
surrogatoria  e  integratrice.  Comunque  l’autore  del  danno,  che  abbia  dovuto 
pagare l’equa indennità si può rilevare verso chi abbia creato la situazione. 
 

 
 

 
✓ Legittima  difesa:  ​Prevista  nell’articolo  2044,  consiste  nel  danno  cagionato 
all'aggressore  per  impedire  che  la  sua  azione  produca  la  lesione  del  diritto 
proprio  o  altrui  esonera  la  responsabilità.  Tale  disciplina  trova  integrazione 
nell’articolo 52 del Codice Penale, rispettando, quindi, ​la proporzionalità. 
La  legittima  difesa  e  la  conseguente  esclusione  di  responsabilità si fondano su di 
un  principio dell’universale riconoscimento del diritto di difendersi o di difendere 
altri, escludendo del tutto la responsabilità per il danno.  
La  legittima  difesa,  perció,  ha  bisogno  di  ​una  aggressione  ingiusta  ​sia  ad  un 
interesse  personale,  sia  patrimoniale.  Esempio:  la  reazione  dell'imprenditore  nei 
confronti di chi abbia tentato di sottrargli la clientela.  
Tuttavia,  la  legittima difesa non può escludersi la responsabilità nei confronti dei 
terzi  danneggiati  dall’aggredito  nell’atto  di  difendersi.  Qui,  si  può  parlare  del 
stato di necessità. 
 
✓ Esercizio di un diritto: ​Ricondotto  all’articolo  51  del  Codice  Penale, coinvolge la 
situazione  quando  il  ​soggetto  è  autorizzato  dalla  legge  ​a  tenere  un  dato 
comportamento  per  altri  lesivo  senza  sorgere  responsabilità.  Nell'ambito  civile, 
tuttavia,  ci  sono  alcuni  casi  che  l’esercizio  di  diritto  prevede  una  indennità  per  i 
danni  cagionati  dall’agente  volta  a  contemperare  gli  opposti  interessi  come  sono 
alcuni fattispecie in tema di accesso al fondo altrui (artt. 843, 924, 925).  
Esempi:  i  immissioni,  la  liceità  della  pubblicità  denigratoria  dei  prodotti 
concorrenti quando l’apprezzamento sfavorevole costituisca il mezzo per mettere 
in  evidenza  l'effettiva  superiorità  tecnica  del  prodotto,  il  diritto  di  cronaca con 
divulgazione  di  notizie  con  rilevanza  per  la  vita  sociale  e  obiettivamente  veri  o 
tali siano reputati in buona fede dal giornalista autore. 
 
✓ Consenso  dell’avente  diritto:  ​Altra  causa  di  esclusione  della  responsabilità 
prevista  nell’articolo  50  del  Codice  Penale.  Consiste  nell’atto  mediante  il  quale  il 
soggetto  autorizza  un  fatto  lesivo del proprio diritto​,  purché  sia  validamente 
prestato ed abbia ad ​oggetto un diritto disponibile​. 
 
 
Distribuzione dell’onere della prova  
 
L’onere  di  provare  il  fatto  illecito  altrui  in  tutti  i  suoi  elementi  incombe  su  chi 
intende  agire  per  la  riparazione  del  pregiudizio  subíto  (art.  2697),  tuttavia  questa 
regola  subisce  vari  temperamenti  ad  opera  della  giurisprudenza,  esempio:  se  il 
danneggiante  adduce  la  propria  incapacità  per  non  rispondere del fato, incombe su di lui 
l’onere di provarla.  
 
Anche  la  legge pone significative eccezione. Esse se presume in taluni fattispecie 
il  nesso  di  fra  fatto  lesivo  e  comportamento  di  determinate  persone  individuate  sulla 
base  della  loro  posizione  (artt.  2047-2054).  Qui,  incombe  al  ricondotto  l’onere  di 
provare  l’assenza  di  responsabilità,  mentre  il  danneggiato  deve  provare  solo la causalità 
del danneggiante e del danno. 

 
 

La  legge  disciplina  la  prova  liberatoria  del  responsabile  e  al  tempo  stesso  crea 
modelli  di  comportamento  in  termini  di  diligenza  ai  quali  le  persone  si  devono  adeguare 
se non vogliono vedersi definitivamente imputare gli eventi dannosi. 
 
 
Il principio della colpa: alcune critiche  
 
Il  principio  della  colpa  è  oggi  sottoposto  a  critiche  perché  non  avrebbe  senso 
voler  ad  ogni  costo  legare  la  responsabilità  alla  colpa  quando  è  scontato  che  oggi  gran 
parte  dei  danni  sono  anonimi  (difficile  o  impossibile  trovare  chi,  nell’ambito 
dell’organizzazione  produttiva  è  l’autore  dell’evento  lesivo).  Ancora,  ci  sono  alcuni  danni 
inevitabili  e  soggetti  che  possono  amministrare  i  danni  che  cagionano  distribuendo  sui 
costi di produzione dei propri prodotti o servizi. 
 
In  definitiva,  un  sistema  della  responsabilità  legato  alla  colpa  oggi  non 
soddisferebbe  le  esigenze  fondamentale  di  trasferire  il  danno  dal  danneggiato  su 
persona diversa.  
 
Una  nuova  ottica  potrebbe  essere  il  risarcimento  con  funzione  meramente 
riparatoria  e  non  sanzionatoria.  In  realtà  oggi  la  responsabilità  oggettiva,  quella  per 
mera  causalità,  è  un’eccezione  (regole  sull'attività  di  sfruttamento  pacifico dell’energia 
atomica,  danni  causati  da  oggetti  spaziali,  l’esercizio dell'attività mineraria, l'attività di 
navigazione aerea e marittima) nonché le fattispecie dagli articoli 2049, 2053 e 2054.  
 
Tuttavia,  anche  nell'imputazione  oggettiva  dell’evento  deve di regola completarsi 
il  requisito  soggettivo  della  colpa  non  essendo  sufficiente  ai  fini  della  responsabilità  il 
mero  fatto  di  ricoprire  una  determinata  posizione  (Esempi:  artt.  2051,  2052  e  2053). 
Talvolta  la  colpa  è  presunta  fino  a  prova  contraria.  Restano  eccezionali  le  ipotesi  nelle 
quali  la  legge  fa  carico  a  qualcuno  di  un  evento  dannoso  sulla  base  del  semplice nesso di 
causalità.  In  fine,  in  questi  casi c’è bisogno attenzione per determinare fino a che punto 
la  legge  possa invertire l’onere della prova senza incorrere nella violazione dell’articolo 2 
della Costituzione che riconosce il diritto di difesa.  
 
 
__________________________________________________19/01/2018  
 
➢ Lezione 2: Responsabilità speciali 
 
Danno cagionato dall’incapace (articolo 2047) 
 
*​In  caso  di  danno  cagionato da persona incapace di intendere o di volere, 
il  risarcimento  è  dovuto  da  chi  è  tenuto  alla  sorveglianza  dell'incapace, 
salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.  
Nel  caso  in  cui  il  danneggiato  non  abbia  potuto  ottenere  il  risarcimento 
da  chi  è  tenuto  alla  sorveglianza,  il  giudice,  in  considerazione  delle 
condizioni  economiche  delle  parti,  può  condannare  l'autore  del  danno  a 
un'equa indennità.​* 
 
 

Quando  il  danno  è  arrecato  da  persona  incapace  di  intendere  o  di  volere  (sia 
minore  o  maggiore  di  età),  l’obbligo del risarcimento è posto dalla legge alle persone che 
sono  tenute  alla  sua  sorveglianza  che  si  presume,  fino  a  prova  contraria,  non  abbiano 
fatto quanto era necessario per impedire il fatto dannoso (art. 2047). 
 
Quindi,  c’è  una  responsabilità  per  fatto  altrui.  Oggi  si  ritiene  che  un’espansione 
di  questa responsabilità a base di considerazioni solidaristiche. Il dovere di sorveglianza 
non  sorge  soltanto  da  un  vincolo  giuridico  ma  anche  da  una  ​relazione  di  fatto 
(coabitazione,  convivenza)  di  ​libera  scelta  ​(accoglimento  dell’incapace  nella  propria 
sfera  personale  o  familiare).  Esempio:  È  responsabile  per  il  danno  cagionato  da  un 
bambino  il  marito  della  madre  del  minore  che  forma  un  unico  nucleo  familiare  con  la 
donna e il fanciullo. 
 
Infermi  di  mente:  ​L’articolo  2047  configura  a  carico  dei  servizi  psichiatrici 
doveri  con  contenuto  di  sorveglianza.  Così,  l’azienda  sanitaria,  la  quale  non  abbia  svolto 
azione  preventiva  di  cura  e  sorveglianza  nei  confronti  dell’infermo  con  pericolosità  già 
dimostrata, è tenuta al risarcimento dei danni dalla vittima. 
 
Accertamento  dell’incapacità:  ​L’accertamento  non  va  effettuato  sulla  base  di 
precisi  indici  normativi,  costituisce  invece  un  accertamento  di  fatto  che  deve  essere 
realizzato per il giudice con base nella comune esperienze e nozioni della scienza.  
 
Prova  liberatoria:  ​Non  si  richiede  comunque  un  controllo  assoluto  dell’incapace 
da  parte  dei  soggetti  sorveglianti.  La  prova  liberatoria consiste nella dimostrazione che 
il  fatto  si  è  verificato  nonostante  il  diligente  esercizio  della  sorveglianza.  Tuttavia,  le 
ragioni  di  lavoro  o  di  legittima  assenza  non  escludono  la  responsabilità  dove  non  si  sia 
provveduto  ad  affidare  ad  altri  la  custodia  dell’incapace  (esempio:  il  professore  può 
avere responsabilità sull’atto dello studente). 
  
Responsabilità sussidiaria dell’incapace: ​Il danneggiato può ottenere l'indennità 
dallo  incapace  quando  non  riesca  a  conseguire  il  risarcimento  da  parte  del  sorvegliante. 
Tuttavia,  conforme  l’articolo  2047  questa  indennità  può  subire  decurtazioni  o  non 
essere  possibile  secondo  equi  temperamenti  dettati  dalle  condizioni  economiche 
dell’incapace e del danneggiato. 
 
 
Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori, dei maestri d’arte  
(articolo 2048) 
 
*​Il  padre  e  la  madre,  o  il  tutore,  sono  responsabili  del  danno  cagionato 
dal  fatto  illecito  dei  figli  minori  non  emancipati o delle persone soggette 
alla tutela, che abitano con essi.  
I  precettori  e  coloro  che  insegnano  un  mestiere  o  un'arte  sono 
responsabili  del  danno  cagionato  dal  fatto  illecito  dei  loro  allievi  e 
apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.  
Le  persone  indicate  dai  commi  precedenti  sono  liberate  dalla 
responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto.​* 

 
 

Per  il  fatto  illecito  dei  minori  di  età  non  emancipati,  ma  capaci  di  intendere  e  di 
volere,  sono  responsabili  i  genitori  o  il  tutore  con  essi  coabitanti,  i  quali,  fino  a  prova 
contraria,  si  presume  non  abbiano  fatto  quanto  necessario  per  impedire  il  fatto. 
Responsabili  sono  anche  gli  adottanti  (dato  che  l’adozione  conferisce  loro  lo  status  di 
genitori),  precettori  (coloro  che  svolgono  funzioni  di  vigilanza  accessorie 
all'insegnamento  come  gli  istruttori  sportivi,  assistenti  in  una  colonia  di  vacanze)  e 
coloro  che  insegnano  un  mestiere  o  un’arte (responsabili solo dei danni cagionati dai loro 
allievi e apprendisti durante il tempo nel quale sono sottoposti alla loro sorveglianza). 
 
Per  il  danno  cagionato  dai  minori,  i  genitori  sono  responsabili  indipendentemente 
dall’esercizio  della  responsabilità genitoriale e la coabitazione è presupposto necessario, 
tuttavia si reputa sussita anche qualora il minore si sia temporaneamente assentato. 
 
Responsabilità  concorrente:  ​La  responsabilità  dei  genitori,  tutori,  precettori  e 
maestri d’arte concorre con quella del minore. Il danneggiato può proporre azione contro 
queste  persone  e  nei confronti el minori. La ​culpa in educando dei genitori non esclude la 
concorrente  ​culpa  in  vigilando  ​dei  precettori  e  vice  versa  se  l’evento  è  ricollegabile 
anche ad una loro colpa.  
Tenendo  conto  questa  responsabilità  concorrente,  il  genitore  che abbia risarcito 
il  danno  ha  diritto  di  esercitare  nei  confronti  del  figlio  l’azione  di  regresso  (2055), 
situazione diversa dell’articolo 2047 là dove questo non è possibile. 
 
Prova liberatoria: ​Mentre l’articolo 2048 richiede una prova liberatoria negativa 
(non  aver  potuto  impedire  il  fato),  la  giurisprudenza  richiede  una  prova  liberatoria  in 
positivo  (non  essendo  sufficiente  l’impossibilità  materiale  di  non  aver  potuto impedire il 
fatto commesso in sua assenza). 
Così,  c’è  bisogno  di  provare  una  vigilanza  adeguata  all'età,  carattere,  indole, 
educazione  per  prevenire  il  comportamento  illecito.  Educazione  e  vigilanza  sono 
considerati  obblighi  correlati,  sí  che  tanto  maggiore  deve  essere  la  vigilanza  quanto 
minore è il livello di educazione raggiunto. 
A livello dei precettori, vi sono due orientamenti: 
○ Esige  che il fatto illecito dell’allievo sia stato “repentino ed imprevedibile” 
ma  anche  è  necessario  provare  di  aver  adottato  in  via  preventiva,  le 
misure  organizzative  o  disciplinari  idonee  ad  evitare  la  situazione  di 
pericolo. 
○ Il  dovere  di  vigilanza  avrebbe  carattere  non  assoluto,  sí  che  sarebbe 
necessario  correlare  il  contenuto  e  l’esercizio  in  modo  “inversamente 
proporzionale” all’età e al grado di maturazione degli alunni. 
 
Responsabilità  degli  insegnanti  della  pubblica  amministrazione:  ​La  legge 
prevede  la  sostituzione  dell’amministrazione  al  pubblico  funzionare  quale  soggetto 
passivo  dell’azione  di  danno,  con  esclusione  dell’azione  diretta  verso  quest’ultimo. 
Tuttavia,  rimane  salva  l’azione  di  regresso  dell’amministrazione  che  abbia  risarcito  il 
danno prodotto dal dipendente in dolo o colpa grave. 
 

 
 

Responsabilità di coloro che insegnano un mestiere o un’arte: ​L’articolo  2048 
in  questo  caso  ha  avuto  scarso  riscontro,  ma  può  essere  applicabile  in  presenza  di  un 
insegnamento  professionale.  Tuttavia,  c’è  bisogno  di  fare  la  differenziazione  dei  casi 
dove  i  danni  causati  dal  minore  occorrano  nell'espletamento  di  incombenze  affidategli 
nell’ambito  di  un  rapporto  di  lavoro subordinato non implicante apprendimento. In questi 
casi, il datore di lavoro è tenuto al risarcimento con base dall'articolo 2049. 
 
 
Responsabilità dei padroni e dei committenti (articolo 2049) 
 
*​I  padroni  e  i  committenti  sono  responsabili  per  i  danni  arrecati  dal 
fatto  illecito  dei  loro  domestici  e  commessi  nell'esercizio  delle 
incombenze a cui sono adibiti​* 
 
  Sono presupposti per l’applicazione dell’articolo 2049:  
✓ Un fatto illecito dei domestici o subordinati: ​Questo tuttavia non è sufficente 
una  volta  che  il  fatto  illecito  può  violare  sia  la  regola  generale  (2043)  sia  di 
posizioni diverse (2048, 2050, 2052, ecc.) 
 
✓ L’esistenza  di  un  rapporto  di  preposizioni  fra  questi  ed  i  “committenti”:  Il 
rapporto  è  certamente  individuabile  nel  lavoro  subordinato  e  nel  mandato,  ma 
esiste  anche  nelle  relazioni  temporanee  ed  occasionali  tra  chi  sia  in  posizioni  di 
subordinazione per conto di altri.  
○ Esempio:  una  persona  che  normalmente  dipende  di  altri  ma  in  caso 
specifico  ha  fatto  l’azione  i  subordinazione  ad  un  terzo,  tra  il  notaio  e  il 
proprio  coadiutore,  tra  il  datore  di  lavoro  e  il  figlio  incaricato  della guida 
di un veicolo, tra un istituto religioso e l’economo dello stesso, ecc. 
○ Si  esclude  il  rapporto  di  preposizione  tra  appaltante  e  appaltatore  dato 
che  quest’ultimo  assume  il  rischio  dell’opera  ed  anche  il  rapporto  nel 
contratto  di  agenzia,  in  quanto  ‘agente  ha  una  autonomia  rispetto 
all’imprenditore. 
 
✓ Nesso  di  interdipendenza  tra  danno  ed  incombenze:  ​Mentre  la  dottrina 
suggerisce  criteri  restrittivi,  la  giurisprudenza  ritiene  per  sufficiente  un 
semplice  rapporto  di  “occasionalità  necessaria”.  Sono  esempi  casistici:  furto  di 
oggetti  contenuti  nelle  cassette  di  sicurezza  di  una  banca  con  la  complicità  di 
guardie  giurate  incaricate  della  sorveglianza,  danni  arrecati  dal  dipendente  di 
un’officina  che,  incaricato  di  ripaae  un’autovettura,  avea  apporfittato  della 
detenzione della stessa per guidarla. 
○ Non  sussiste  relazione  tra  danno  ed  esercizio  se  l'attività  del  commesso 
abbia  deviato  completamente  dall’ambito  del  rapporto  con  il  committente 
ovvero  il  commesso  abbia  perseguito  finalità  proprie  alle  quali  il 
committente  non  fosse  interessato  e si sia abusivamente servito della sua 
posizione  lavorativa.  Esempio:  la  giurisprudenza  ha  riconosciuto 
l'esclusione  dell  vincolo  con  il  padrone  quando  l’evento  dannoso  sia 
derivato da reciproci atti di violenza tra dipendente ed altro lavoratore. 

 
 

Onere  della  prova:  ​il  committente  deve  provare  l’interruzione  del  nesso  tra  le 
mansioni  affidate  e  l’illecito  commesso  dal  dipendente.  Il  committente  che  abbia 
risarcito  il  danno  cagionato  dal  commesso  può  esperire  azione  di  rivalsa  per  l’intera 
somma pagate al terzo danneggiato. 
 
In  fine,  si  dice  che  l’articolo  2049  non  è  applicabile  ad  alcune  discipline  speciali 
come  l’armatore  per  i  fatti  dell'equipaggio,  e  quella  del  proprietario  della  pubblicazione 
e  dell’editore  per  i  reati  commessi  col  mezzo  della  stampa.  La  responsabilità  della 
pubblica  amministrazione  per  fatti  illeciti  dei  suoi  dipendenti  neanche  è  ricondotto  a 
questo articolo. 
 
 
Responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa (articolo 2050) 
 
*​Chiunque  cagiona  danno  ad  altri  nello  svolgimento  di  un'attività 
pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al 
risarcimento,  se  non  prova  di  avere  adottato  tutte  le  misure  idonee  a 
evitare il danno.​* 
 
Pericolose  sono  quelle  attività  che  presentino,  per  loro  natura  o  per  le 
caratteristiche  dei  mezzi  adoperati,  una  rilevante  probabilità  di  danno  o  potenziale 
offensivo.  Non  importando,  pertanto,  il  carattere  imprenditoriale  o  no  dell'attività  e 
l’obbligazione legale dell’assicurazione dell’attività. 
 
Accertamento  della  pericolosità:  ​L’accertamento  va  effettuato  in  concreto  in 
giudizio  ex  ante  dell’attività  (è  ovvio che se l’accertamento fosse fatto ex post sarebbe 
constatato  il  carattere  pericoloso  una  volta  che  il  danno  è  stato  fatto).  Accertata  la 
pericolosità occorre ancora indagare le sue caratteristiche. 
Sono  esempi  di  attività  pericolose:  l’accensione  dei  fuochi  di  artificio,  carico, 
scarico  e  movimentazione  di  merci  esercitati  nell’ambito  portuale,  la  costruzione  di  una 
diga o di un porto, lo svolgimento di attività farmaceutica, ecc. 
 
Attivitá  pericolosa  x  condotta  pericolosa:  ​Costituisce  condotta  pericolosa 
quando  un’attività  normalmente  innocua  diventa  pericolosa  per  la  condotta  negligente di 
chi la esercita. In questi casi è applicabile l’articolo 2043 e non l’articolo 2050. 
 
Nesso di causalità ed onere probatorio: ​tra  l’attività pericolosa esercitata e il 
danno  deve  sussistere  un  nesso  di  causalità,  non  è  tuttavia  necessaria  la  dimostrazione 
del nesso eziologico specifico. 
Per  liberarsi  dalla  responsabilità,  l’esercente  l’attività  pericolosa  ha  l’onere  di 
dimostrare  l’adozione  di  “tutte  le  misure  idonee  ad  evitare  il  danno”.  La  giurisprudenza 
intende  tale  formula  in  modo  rigoroso,  avendo  bisogno  di  una  prova positiva dell’impiego 
di  ogni  cura  o  misura  atta  ad  impedire  l’evento  dannoso,  comprese  quelle  non  ancora 
obbligatorie al momento del sinistro. 
Il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori soltanto se la 
sua  incidenza  e  rilevanza  sono  tali  da  escludere  il  nesso  di  causalità  tra  l’attività 
pericolosa e l’evento. 
 
 

Ambito  di  applicazione:  ​L’articolo  2050  è  applicato  a  tutela  dei  terzi  estranei 
all'attività  e  non  dei  partecipanti  alla  stessa.  Tuttavia,  essa  è  stata  applicata  anche  a 
favore  dei  dipendenti  di  colui  che  esercita  un'attività  pericolosa  e  del  lavoratore 
autonomo  che  effettui  una  prestazione  presso  l’impresa  che  esercita  l'attivitÀ 
pericolosa. 
Anche,  sulle  attività  pericolose  ci  sono  discipline  specifiche  come  per  la 
navigazione  aerea,  circolazione  stradale  e  l’attività  medica  che  rientra  nella 
responsabilità del prestatore d’opera (art. 2236).  
Infine,  la  disciplina  del  2050  è  applicabile  anche  a  danni  per  effetto  del 
trattamento di dati personali, siano i datti in custodie di soggetti privati o della pubblica 
amministrazione  che  in  questi  casi  non gode di una presunzione di liceità che assiste, via 
di regole, gli atti amministrativi. 
 
 
Responsabilità per danno cagionato da cose in custodia (articolo 2051) 
 
*​Ciascuno  è  responsabile  del  danno  cagionato  dalle  cose  che  ha  in 
custodia, salvo che provi il caso fortuito.​* 
 
Affinché  sorga  la  responsabilità  del “custode” è necessario che il danno sia stato 
prodotto  dalla  cosa  per  un  suo  “connaturale  dinamismo”  o  “intrinseca  natura”  questo 
perché  se  il  danno  è  prodotto  non  dalla  cosa  ma  con  la  cosa  si  applica  la  disciplina 
generale dell’articolo 2043. Non si richiede la pericolosità della cosa. 
 
Custode:  ​il  proprietario,  l'usufruttuario,  l’enfiteuta,  nel  conduttore,  nel 
possessor,  nel  detentore,  in  genre,  colui  che  esercita  un  effettivo  e  non  occasionale 
potere  sulla  cosa  stessa  tale  da  implicare  l’uso  e  quindi  la  vigilanza  e  controllo.  Esempi: 
costruttore  di  un  sovrappasso  autostradale  per  i  danni  sofferti  dall'utente  colpito  da 
oggetto  preveniente  dal  sovrappasso;  l’utilizzatore  di  autoveicolo  concesso  in  ​leasing​;  il 
proprietario  di  un  albero  le  foglie  del  quale  avevano  ostruito  i  canali  di  scarico  di  una 
vicina villetta. 
 
Onere probatorio: ​incombe al danneggiato provare l’esistenza di un potere fisico 
sulla  cosa  da  parte  del  custode  e  che  il  danno  si  è  verificato  nell’ambito del “dinamismo 
connaturato  alla  cosa  stessa”,  nonché  il  nesso  causale  tra  danno  e  cosa.  Per  liberarsi 
dalla  responsabilità  il  custode  deve  provare  il  “caso  fortuito”.  La  giurisprudenza  adotta 
una  nozione  oggettiva  di  fortuito,  individuato  in  un  fatto  imprevedibile  e  inevitabile 
dotato  di  un  autonomo impulso causale, la prevedibilità del fatto è valutata in base ad un 
calcolo  di  probabilità.  Nella  nozione  di  fortuito  rientrano  la  forza  maggiore, il fatto del 
danneggiato e il fatto del terzo (anche se il terzo non possa essere identificato). 
 
Applicabilità  alla  pubblica  amministrazione:  ​L'estensione  dell’articolo  2051  è 
problematica.  Secondo  una  posizione  giurisprudenziale,  la  presunzione  di  responsabilità 
sarebbe  non  applicabile  agli  enti  pubblici  per  i  danni  dei  beni  demaniali  perché  non  è 
possibile  esercitare  la  custodia  di  loro  data  la  sua  estensione  e utilizzazione generale e 
diretta da parte di terzi. Esempio: strade pubbliche.  

 
 

Al  contrario,  la  pubblica  amministrazione  può  essere  chiamata  a  rispondere  per 
l’articolo  2051  quando  vi  sia  “concretezza  e  attualità  del  potere  di  fatto  sulle  cose 
all’esito di un accertamento caso per caso”. Esempio: scale di un edificio universitario. 
Tuttavia  oggi  la  giurisprudenza ha asserito un altro principio: la responsabilità da 
cose  presuppone  che  il  custode,  sia  la  pubblica  amministrazione,  sia  il  privato,  sia  in 
grado  di  esplicare  sulla  cosa  una  sorveglianza  adeguata,  non  importanto  l'ampiezza  di 
estensione del bene oggetto di sua custodia. Quindi, una tutela più rigida. 
 
 
Responsabilità per danno cagionato da animali (articolo 2052) 
 
*​Il  proprietario  di  un  animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in 
uso,  è  responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la 
sua  custodia,  sia  che  fosse  smarrito  o  fuggito,  salvo  che  provi  il  caso 
fortuito.​* 
 
Del  danno,  cagionato  dal  fatto  proprio  dell’animale  (comportamento  istintivo  o 
espressione  della  sua  natura),  risponde  il  proprietario  dell’animale  o  chi  lo  ha  in  uso 
(responsabilità alternative e non solidali), salva la prova liberatoria del caso fortuito. 
 
Tenendo  conto  il  fatto  propri  dell’animale,  è  esclusa  la  applicabilità  dell’articolo 
2052,  per  esempio,  al  danno  derivante  dal  contagio  di  malattie  infettive  ed  anche  nel 
caso  in  cui  una  persona  ha  inciampato  su  un  cane.  Per  contro,  il  contatto  fisico  può 
essere  indispensabile, per esempio: è stata riconosciuta l’esistenza del nesso causale tra 
il  comportamento  aggressivo  della  bestia  e  la  caduta  della  vittima  che  tentava  di 
sfuggire. 
 
Infine  ha  bisogno  di  vedere  se  l’animale  non  sia  stato  uno  strumento  nelle  mani 
dell’uomo,  caso  in  cui  si  applicherà  l’articolo  2043  dato  che  l’evento  dipende  dal 
comportamento  colpevole  del  proprietario  ed  anche  se  l’animale  non  è  selvatici,  caso  in 
cui  costituisce  beni  patrimoniali  indisponibili  dello  Stato  avendo  bisogno  anche  di 
ricondurre all’articolo 2043. 
 
Natura  della  responsabilità:  ​La  responsabilità  dell’articolo  2052  divide  la 
dottrina che ora la considera come oggettiva ora come soggettiva.  
○ Tese oggettiva: ​Si  sottolinea che l’illecito prescinde da caratterizzazioni 
psicologiche  e  che  la  custodia  È  elemento  normativo  per  trasferire  le 
conseguenza  dannose  essendo  in  rischio  inerente  alla  proprietà  o  alla 
utilizzazione  la  giustificazione  della  responsabilità.  Questa  tese  è  la  più 
adottata dalla giurisprudenza. 
○ Tese  soggettiva:  ​Afferma  che  dedurre  dal  fortuito  la  natura  oggettiva 
della  responsabilità  sembrerebbe  togliere  rilevanza  alla  condotta 
diligente  del  custode,  così la responsabilità costituisce colpa presunta per 
la violazione del dovere di diligente custodia. 
○ Tese mista: ​Non  si  può  ricondurre  la  responsabilità  dell’articolo 2052 né 
al  modello  della  responsabilità  oggettiva  né  a  quello  della  responsabilità 
puramente soggettiva. 
 
 

Responsabilità per rovina di edificio (articolo 2053) 


 
*​Il  proprietario  di  un  edificio  o  di  altra  costruzione  è  responsabile 
dei  danni  cagionati  dalla  loro  rovina,  salvo  che  provi  che  questa  non  è 
dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione​* 
 
La  responsabilità  per  danno  cagionato  dalla  rovina  di  edificio  è  una  ipotesi 
particolare  di  danno  da  cose  in  custodia.  Responsabile  è  il  proprietario  dell'edificio e la 
sua  responsabilità  esclude,  per  specialità,  quella  del  custode  almeno  che  il  custode  ha 
concorso  a  determinare  la  rovina.  In  questi  casi,  il  proprietario  può  esercitare  il 
regresso nei suoi confronti per violazione del dovere di vigilanza.  
 
La  responsabilità  del proprietario permane se l’immobile è concesso in locazione e 
l’articolo  2053  è  applicabile  anche  nei  confronti  della  pubblica  amministrazione,  in 
quanto,  per  la  tutela  del  diritto  del  danneggiato,  non  è  necessario  indagare  sull’uso  dei 
poteri discrezionali della stessa. 
 
Si  ritiene  per  “rovina”  qualsiasi  disgregazione  o distacco nel quale sia concreta la 
rovina  infatti,  oltre  che  l’edificio,  anche i suoi accessori e manufatti, purché incorporati 
materialmente  e  stabilmente  nell’edificio.  Mentre  si  ritiene  per  “altra  costruzione” 
qualsiasi  opera  fabbricata  con  materiale  edilizio  che,  senza  avere  le  caratteristiche 
dell'edificio, sia comunque incorporata al suolo. 
 
Prova liberatoria: ​Dottrina  e  giurisprudenza prevalenti tendono ad individuare il 
contenuto  della  prova  liberatoria  nel  caso  fortuito,  nella  forza  maggiore  o  in  altri  fatti 
posti  in  essere  da  un  terzo  o  dallo  stesso  danneggiato  e  avente  un’autonoma  efficienza 
causale.  Non  integra  comunque  prova  liberatoria  l’aver  affidato  in  appalto  lavori  di 
costruzione neanche quando un evento naturale concorre con un vizio di costruzione.  
Dato  il  carattere  particolarmente  rigoroso  della  prova,  la  responsabilità  per 
danno  da  rovina  è  generalmente  considerata  in  dottrina  di  natura  oggettiva  mentre  la 
giurisprudenza ricorre alla nozione di presunzione di responsabilità 
 
 
Responsabilità per danni da circolazione di veicoli (articolo 2054) 
 
*​Il  conducente  di  un  veicolo  senza  guida  di  rotaie è obbligato a risarcire 
il  danno  prodotto  a  persone  o a cose dalla circolazione del veicolo, se non 
prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.  
Nel  caso  di  scontro  tra  veicoli  si  presume,  fino  a  prova  contraria,  che 
ciascuno  dei  conducenti  abbia  concorso  ugualmente  a  produrre  il  danno 
subito dai singoli veicoli. 
Il  proprietario  del  veicolo,  o,  in  sua  vece,  l'usufruttuario  o  l'acquirente 
con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se 
non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà.  
In  ogni  caso  le  persone  indicate  dai  commi  precedenti  sono  responsabili 
dei  danni  derivati  da  vizi  di costruzione o da difetto di manutenzione del 
veicolo.​* 
 

 
 

Per  il  danno  cagionato  a  persone  o  a  cose  dalla  circolazione di veicoli senza guida 


di  rotaie,  responsabile  è  il  conducente  del  veicolo,  a  carico  del  quale  è  disposta  anche 
una  presunzione  di  colpa.  Per  liberarsi  della  responsabilità  ha  l'onere  di  provare di aver 
fatto tutto il possibile per evitare il fatto.  
 
L’articolo  2054  è  norma  generale  sulla  responsabilità per circolazione dei veicoli, 
essendo  più  generale che il codice della strada (disciplina il potere del cittadino di usare 
della  pubblica  via),  riguardando  ogni  strada  e  ogni  danno  cagionato  dalla  circolazione  di 
non  solo. Così le violazione al codice della strada non implicano necessariamente colpa nel 
giudizio di responsabilità civile. 
 
Quindi, si impone una presunzione di colpa del conduttore e per di  lei  liberarsi 
richiede  fare  tutto  il  possibile  per  evitare  il  fatto,  cioè,  massima  diligenza  che  vale 
anche  rispetto  alle  persone  e  alle  cose  trasportate  dal  veicolo  tenendo  conto  l’articolo 
1681  (responsabilità  contrattuale  nel  contratto  di  trasporto,  salvo  il  trasporto  di 
cortesia).  Così,  c’è  un  concorso  di  responsabilità  contrattuale  (1681)  ed 
extracontrattuale (2054) per lo stesso fatto dannoso. 
 
Eccezione  alla  prova  liberatoria  di  massima  diligenzia  accade  nei  casi  di  vizi  di 
costruzione  o  difetti  di  manutenzione  del  veicolo.  In  questi  casi,  il  conduttore risponde 
del  fatto  dannoso,  nonostante  la  grande  diligenza  osservata  nella  guida.  Questo  si 
applica anche se il vizio o il difetto non era a lui imputabile né da lui conosciuto. 
 
Scontro  tra veicoli:  La  presunzione  di  colpa  di  entrambi  i  conduttori  nei  casi  di 
scontri  tra  veicoli  costituisce  una  regola  sussidiaria  che  ha  applicazione  soltanto se non 
sia  possibile  pregiudizialmente  accertare  che  il  fatto  è  imputabile  ad  uno  dei  due 
conducenti. 
 
Concetto  di  veicolo  e  circolazione:  ​I  veicoli  cui  si  applica  l'articolo  2054  sono 
qualsiasi  mezzo  di  trasporto  suscettibili  di  essere  guidato  e  potenzialmente  idoneo  a 
circolare  liberamente.  Per  i  veicoli  circolante  su  rotaie  si  applica  la  regola  generale  del 
2043.  Mentre  la  circolazione  è  il  movimento  dello  stesso  sulla  via  pubblica  o  aperta  al 
pubblico inclusi la sosta e la fermata del veicolo. 
 
Responsabilità del proprietario: ​Con  il  conducente  risponde in solido dei danni il 
proprietario  dello  stesso  o,  in  sua  vece,  l‘usufruttuario  o  l’acquirente  con  patto  di 
riservato  dominio.  In  questi  casi  c’è  l’onere  di  provare  aver  adottato  specifiche  misure 
volte  ad  impedire  la  circolazione  del  veicolo,  non  essendo  sufficiente  la  circolazione 
senza autorizzazione di questi. 
 
 
Responsabilità per danni da prodotti difettosi 
 
Questo  tema  oggi  ha  disciplina  specifica  contenuta  nel  codice  del  consumo  negli 
articoli 114 e susseguenti.  
 

 
 

Nozione  di  produttore:  ​Per  questo  danno  è  responsabile  il  produttore 


(fabbricante  del  bene,  fornitore  del  servizio,  compreso  il  produttore  apparente  e 
l’importatore  nell'ambito  dell'Unione  europea)  o  un  suo  intermediario.  Qualora  non  sia 
individuato  il  produttore,  a  tale  responsabilità  è  sottoposto  il  fornitore  se  non  ha 
comunicato  al  danneggiato  l’identità  e  il  domicilio  del  produttore  o  del  fornitore 
precedente. 
 
Nozione  di  prodotto:  ​Per  prodotto  si  intende  ogni  bene  mobile  anche  se 
incorporato in altro bene e per difetti si divide la disciplina in due categorie: 
○ Difetti  di  fabbricazione:  ​ricorrono  quando  il  prodotto  non  offre  la 
sicurezza normalmente offerta dagli altri esemplari della medesima serie. 
○ Difetti di progettazione e di informazione: ​si riferiscono all’intera serie 
e  ricorrono  quando  il  prodotto  non  offre  la  sicurezza  che  si  può 
legittimamente attendere tenuto conto delle circostanze indicate. 
 
Onere della prova: ​Sul danneggiato grava l’onere di provare il danno, il difetto e 
il  nesso causale. Il produttore, invece, deve dimostrare l'inesistenza del diffetto ovvero 
altre  cause  di  esclusione  della  responsabilità  (circostanze  eterogenee)  come,  per 
esempio:  l’assenza  di  conoscenze  scientifiche  e  tecniche  della  difettosità  nel  momento 
di messa in circolazione del prodotto, altre cause di esclusione di responsabilità. 
 
 
Responsabilità dei magistrati 
 
La  legge  117/1988  disciplina  la  materia  del  risarcimento  dei  danni  cagionati  al 
cittadino  dal  giudice  nell’esercizio  delle funzioni giudiziarie. Essa si applica ai magistrati 
di  qualsiasi  tipo  e  a  coloro i quali partecipano all’esercizio della giurisdizione in qualità di 
esperti, ma non al curatore fallimentare, né ai poliziotti.  
 
È  risarcibile  il  danno  patrimoniale  e  quello  non  patrimoniale  derivante  da 
privazione  della  libertà  personale  e  la  fonte  della  responsabilità  è  qualsiasi 
comportamento,  atto  o  provvedimento  posto  in  essere  con  dolo  o  colpa  grave 
nell’esercizio  delle  funzioni.  Esempi:  grave  violazione  di  legge  determinata  da 
inescusabile  negligenza,  l’emanazione  di  un  provvedimento  restrittivo  della  libertà  fuori 
delle  fattispecie  espressamente  consentite  dalla  legge  o  senza  motivazione, 
frustrazione,  omissione  o  ritardamento  del  compimento  di  un  atto  del  suo ufficio senza 
giustificato  motivo  (chiamato  di  diniego  di  giustizia  quando  la  parte  abbia  proposto 
l’atto). 
 
L’azione  di  risarcimento  in  questo  caso  ha  pena  di  decadenza  entro  due  anni  a 
decorrere  dal  momento  del  quale  l’atto  non  è  più  modificabile  o  revocabile.  Infine,  si 
dice  che  questa  responsabilità  è  bilanciata  con  il  principio  di  autonomia  della 
magistratura,  cioè,  l'interpretazione  e  le  valutazione  di  fatti  e  prove  non  possono  dare 
luogo  all’azione  di  responsabilita.  Ancora,  l’azione  è  sottoposta  a  un  giudizio  preliminare 
di ammissibilità. 
 

 
 

Questa  azione  può  anche  essere  esercitata  nei  confronti  non  del  giudice 
responsabile,  bensí  dello  Stato  che  potrà  esercitare  dopo  l’azione  di  rivalsa  contro  il 
giudice.  Tuttavia,  in  caso  di  reato  commesso  dal  magistrato,  trova  applicazione  la 
disciplina  ordinaria  della  responsabilità  civile  e  in  questi  casi  lo  Stato  dispone  di  azione 
di regresso per l’intero risarcimento prestato. 
 
 
Responsabilità per danno ambientale 
 
La  disciplina  è  prevista  nell’articolo  18  della  legge  349/1986  ed  anche  negli 
articoli  299  e  susseguenti  del  codice  dell’ambiente.  Allo  scopo  di  favorire le innovazioni 
tecnologiche  con  minore  impatto  ambientale  è  indispensabile  che  l'obbligazione 
risarcitoria sia collegata nell’an e nel quantum alla condotta esigibile da singoli soggetti. 
 
Concetto  di  ambiente:  ​L’ambiente  si  considera  un  “bene  immateriale  unitario” 
ontologicamente  distinto  dai  propri  elementi  costitutivi  e  la  misurabilità  del pregiudizio 
si  accompagna  alla  tipizzazione  della  entità  suscettibili  di  integrare  la  nozione  di  danno 
ambientale,  cioè,  includendo  la  mera  compromissione  delle  condizioni  qualitative  e 
quantitative di una risorsa naturale. Ancora, secondo l’articolo 191 del TFUE si considera 
danno  ambientale  qualsiasi  contaminazione  che  crei  un  pericolo,  anche  soltanto 
potenziale, per la salute umana e per l’ambiente. 
 
Legittimazione  ad  agire:  ​È  competenza  del  capo  del  Ministero  dell’ambiente 
l’esercizio  dell'azione  per  il  risarcimento  del  danno,  eventualmente  in  sede  penale.  A 
livello  amministrativo  le  associazioni  di  protezione  ambientale  maggiormente 
rappresentative  possono  anche  intervenire.  Questo,  tuttavia,  non  impedisce  che  le 
persone  fisiche  o  giuridiche  che  sono  o  potrebbero  essere  colpite dal danno ambientale 
o  che  vantino  un  interesse  a  partecipare  al  procedimento  relativo  all’adozione  delle 
misure  di  precauzione,  prevenzione  o  ripristino  presentino  denunce  ed  osservazioni  per 
richiedere  l’intervento  statale  nonché  agiscono  per  l'annullamento  di  atti  illegittimi  e 
per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo dell’azione amministrativa. 
 
Imputazione:  ​Il  criterio  di  imputazione  è  collegato  alla  colpa,  entre  il  diritto 
comunitario  delinea  un  regime  di  responsabilità  oggettiva  imperniato  sul  rischio  di 
determinati attività professionale pericolose. 
 
  ​Tutela  preventiva:  ​la  disciplina  assicura  una  rilevanza  alle  tecniche  di  tutela 
preventiva.  Cosi  la  riparazione  in  forma  specifica  è  più  privilegiata  che  il  risarcimento 
per  equivalente  pecuniario  costretto  ai  casi  dove  il  ripristino  sia  in  parte  impossibile  o 
eccessivamente oneroso. 
 
Valutazione del danno: ​La  giurisprudenza  riconduceva il danno ambientale con la 
valutazione  di  insieme  della  rilevanza  sociale  delle  lesioni  subite  dall’ambiente  nei  suoi 
multiformi  aspetti.  Tuttavia,  la  nuova  disciplina  ha  sostituito  il  giudizio  di  equità  per 
precisi  criteri  di  quantificazione  della  misura  del  danno  risarcibile  con  finalità 
integralmente compensativa del costo necessario per il ripristino. 

 
 

__________________________________________________21/01/2018  
 
➢ Lezione 3: Illecito e danno 
 
Prevenzione dell’illecito e riparazione del danno 
 
La legge ha effetto doppi nei casi di fatto illecito: 
 
✓ Evitare che l'illecito accada: ​in  realtà  poco  efficace  ristretta  ad alcuni misure 
amministrative  e  penale.  Infatti,  oggi  si  prova  di  prestigiare  di  più  la  tutela 
inibitoria, una volta che la sola tutela risarcitoria è specialmente strutturalmente 
inadeguata ad assicurare una tutela giurisdizionale effettiva a diritti a contenuto 
e  funzione  non  patrimoniale,  perché  la  lesione  delle  situazioni  esistenziali  è 
normalmente caratterizzata dalla irreparabilità. 
○ A  difesa  delle  situazioni  soggettive  la  legge  civile  non  prevede  una 
generale  azione  inibitoria  perché  la  legittima  difesa  e  l’esclusione  del 
diritto  al  risarcimento che il danneggiato poteva evitare non sono mezzi di 
prevenzione  ma,  solo  hanno  l’effetto  di  scoraggiare  la  commissione 
dell’illecito.  Anche  in  tema  di  scoraggiamento  si  trova  la  responsabilità 
solidale dei coautori dell’illecito. 
○ La  legge  disciplina  soltanto  fattispecie  specifiche  di  inibizione.  Esempi: 
protezione  delle  cose  che  il  soggetto  ha  in  proprietà  o  in  possesso  e 
l’azione  a  tutela  del  diritto  di  autore.  Ancora,  stabilisce  ipotesi  di  far 
cessare  l’altrui  condotta  lesiva,  esempio:  atti  di  concorrenza  sleale.  Ci 
sono,  inoltre,  previsioni  normative  di  tutela  inibitoria  delle  situazioni 
esistenziali come l’azione di reclamo e di usurpazione. 
○ La  giurisprudenza  è  incline  a  ricorrere  all'interpretazione  estensiva  o 
analogica,  allo  scopo di ampliare l'ambito applicativo dell’azione inibitoria a 
nuove  situazioni  soggettive  (l’onore,  la  riservatezza,  l’identità  personale) 
mentre  la  dottrina  ammette l’applicazione generalizzata di mezzi di tutela 
preventiva  tenendo  conto  il  rango  primario  delle  situazioni  soggettive 
personali. 
○ Oggi  ci  sono  anche  ipotesi  di  tutela  collettiva  di  carattere  preventiva, 
specialmente  nel  campo  della  disciplina  consumeristica  e  nel  rapporto 
contrattuale tra imprese. 
○ Oltre  al  provvedimento  inibitorio,  il  giudice  può  adottare  tutte  le  misure 
idonee  a  correggere  o  eliminare  gli  effetti  dannosi  delle  violazioni 
accertate. 
 
✓ Riparare  l’effetto  negativo,  eliminando  il  danno:  ​La  legge  prevede,  a  favore 
della  persona  offesa,  un’azione  generale  per  il  risarcimento  del  danno.  L’oggetto 
di  riparazione  è  l’effetto negativo prodotto dall'illecito che può riguardare i beni 
in  sé  o  le  ulteriore  conseguenze negative prodotte dall’illecito.  Con l’azione per il 
risarcimento,  si  ottiene  la  prestazione  di  una somma di denaro, compensativa, ma 
non  eguale  a  quella  ​quo  ante​,  che  assume  carattere  di  obbligazione  potendo 
essere generale o specifica a richiesta del danneggiato quando possibile. 

 
 

○ Così,  il  risarcimento  del  danno  ha  assunto  ruolo  di  rimedio  generale  e 
soltanto  in  contrapposizione alla riparazione in forma specifica la qualifica 
di  risarcimento  per  equivalente.  Infatti,  il  rimedio  specifico  non  è  molto 
usato perché:  
> Sua  attuazione  presuppone  la  possibilità  concreta  ricostituire  la 
situazione preesistente. 
> Ci  sono  casi  che  la  reintegrazione  in  forma  specifica  è 
eccessivamente  oneroso  e  il  giudice  dispone  che  il  risarcimento 
avvenga soltanto per equivalente. 
○ La  riparazione  in  forma  specifica  ha  natura  e  obiettivi  diversi  del 
risarcimento  del  danno  per  equivalente.  La  prima  elimina  gli  effetti 
materiale  della  lesione  mentre  il  secondo  compensa  le  perdite  eliminando 
solo  gli  effetti  economici.  La  diversa  funzione  dei  due  è  conformata  dal 
fatto che essi possono concorrere. 
 
 
Concetto e tipi di danno 
 
Il  danno  del  quale  si  può  ottenere  la  riparazione  è  l’alterazione  ​in  peius    di  una 
situazione  giuridica  facente  capo  al  soggetto  passivo  dell’illecito.  Ad  il  peggioramento 
vanno  aggiunte  le  altre  conseguenze  negative  che  la nuova situazione, creata dall’illecito 
ha  prodotto  per  la  persona.  Con  riferimento  alla  natura  dell’interesse  leso,  il  danno  si 
distingue in due categorie: 
 
✓ Danno  patrimoniale:  ​pregiudizio  arrecato  o  subito  quale  conseguenze  della 
lesione di un interesse di natura patrimoniale.  
○ Il danno natura patrimoniale è distinto di danno con conseguenze di natura 
economica  una  volta  che  danni  non  patrimoniali  possono  avere  una 
conseguenza  patrimoniale  (esempio:  perdita  di  clientela  per  conto  di  una 
notizia falsa).  
○ Il  danno patrimoniale, diminuzione patrimoniale, anche non si confonde con 
danno  ingiusto,  una  conseguenza  della  lesione  di  interessi  giuridicamente 
rilevante  ed  anche  requisito  per  la  responsabilità  dei  danni  non 
patrimoniali. 
 
✓ Danno non patrimoniale: ​questa  categoria  è introdotta dall’articolo 2059 che ne 
prevede  la  risarcibilità  nei  soli  casi  stabiliti  dalla  legge.  La  nozione  è  quella  di 
“danno  morale  soggettivo”,  cioè,  l’ingiusto  turbamento  dello  stato  d’animo  o  lo 
stato di angoscia transeunte generato dall’illecito.  
○ Questo  danno  prima  aveva  solo  l’ipotesi  normativa  quando  in  presenza  di 
un  illecito  civile  integrante  anche  una  fattispecie  di  reato,  rafforzando  il 
carattere  sanzionatoria  della  responsabilità  civile.  Tuttavia,  affinché  il 
danno  morale  sia  risarcibile  non  si  richiede  che  l’illecito  s  configuri  come 
penalmente  rilevante,  essendo  sufficiente  che  il  fatto  sia  astrattamente 
previsto come reato.  

 
 

○ La  legittimazione  ad  agire  spetta  al  danneggiato  ma  anche  ai  prossimi 
congiunti,  purché  sia  accertato  un  particolare  legame  affettivo  con  la 
vittima.  Questi possono agire iure proprio ​in caso di pregiudizio immediato 
e  diretto  del  fatto  dannoso.  Esempio:  familiari  di  una  persona  che  abbia 
subito lesioni personali gravissime. 
○ L’evoluzione  dell’ordinamento  ha  ampliato  le  previsioni  legislative  al  di 
fuori  della  materia  penale:  Esempi:  ingiusta  privazione  della  libertà 
personale,  durata  non  ragionevole  del  processo,  illecito  di  dati  personali, 
condotte o atti discriminatori, confronti dei disabili. 
 
Il danno biologico: ​per  molto  tempo,  l’articolo  2059  e sua ristrettezza dei “casi 
previsti  nella  legge”  sono  stati  ostacoli  alla  tutela  di  alcuni  situazioni.  Giustamente  per 
questo,  rispetto  alla  salute,  la  giurisprudenza  ha  creato  una  terza  categoria,  il  danno 
biologico,  risarcibile  in  base  al  combinato  disposto  degli  articoli  32  della  Costituzione e 
dell’articolo 2043 del Codice Civile.  
Il  danno  biologico  si  colloca  fuori  del  concetto  di  danno  non  patrimoniale  e  si 
identifica  con  l’evento  del  fatto  lesivo  della  salute.  La  liquidazione  del  danno  biologico 
presuppone,  infatti,  che  sussista  una  salute  residua,  cioè,  che  il  danneggiato  rimanga  in 
vita  per  un  tempo  sufficiente  perché  si  concretizzi  quella  perdita  di  utilità  che  è 
fontadell’oblgazine risarcitoria.  
Tuttavia,  si  può  chiedere  la  risarcibilità  ​iure  proprio  del  danno  biologico  subito 
dai  familiare  là  dove  le  sofferenze  loro causate dalla morte ne abbiano determinato una 
lesione dell’integrità psicofisica. 
Il  danno  biologico  è  stato  sviluppato  e  oggi  favorisce  l'estensione  dell’area  della 
risarcibilità  in  casi di fatti lesivi fonte di un peggioramento della qualità della vita, danni 
non  essenzialmente  patrimoniali  in  senso  stretto.  Sono  così  indennizzabili  i  danni  alla 
sfera sessuale, da stressa, alla serenità familiare, ecc. 
 
Nuovi  orientamenti:  ​Oggi  la  Corte  Costituzionale  ritiene  che  l'interpretazione 
costituzionale  dell’articolo  2059  tende  ad  estendere  l’ambito  di  applicazione  ad  “ogni 
danno  di  natura  non  patrimoniale  derivante  da  lesione  di  valori  inerenti  alla  persona” 
compreso  il  danno  biologico,  il  danno  morale  soggettivo  ed  altri  pregiudizi  che  siano 
conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto.  
Infatti,  “il  riconoscimento  nella  Costituzione  dei  diritti  inviolabili  inerenti  alla 
persona  non  aventi  natura  economica  implicitamente,  ma  necessariamente,  ne  esige  la 
tutela,  ed  in  tal  modo  configura  un  caso  determinato  dalla  legge,  al  massimo  livello,  di 
riparazione del danno non patrimoniale”. 
In  un  sistema  costituzionale  che  pone  l’essere  umano  quale  valore  primario 
caratterizzante,  non  si  può  discorrere di atipicità per la lesione di interessi patrimoniali 
(2043)  e  di  tipicità  per  la  lesione  della  persona  (2059).  È  quindi  preferibile  riferire 
l'applicabilità  dell’articolo  2059  al  solo  danno  morale  soggettivo,  riconducendo 
all’articolo  2043  le  fattispecie  atipiche  dei  danni  ingiusti  anche  non  patrimoniali. 
L’articolo  2043  acquisisce  così un ruolo primario nel sistema della responsabilità civile in 
tutti i settori dell’ordinamento. 
 
 

 
 

Funzioni della responsabilità civile 


 
Il  sistema  della  responsabilità  civile  risponde ad esigenze di giustizia retributiva 
e  distributiva  che  implica  in  alcuni  casi  un  bilanciamento  (funzione  compensativa, 
riparatoria),  in  altri  una  neutralizzazione  (funzione  inibitoria),  in  altri  una  reazione  che 
supera la mera risarcibilità (funzione punitiva, sanzionatoria). 
 
La  responsabilità  civile  segue  l’evoluzione  dell’ordinamento  ed  assume  ruolo  più 
importante  che  la  monetizzazione,  coinvolgendo  altri  istituti  quali  l’azione  inibitoria,  il 
sistema  assicurativo  e  quello  della  sicurezza  sociale.  Infine,  per  raggiungere  tutti  suoi 
scopi  (prevenzione,  compensazione,  sanzione,  punizione)  che  possono  coesistere,  la 
responsabilità deve essere valutata caso a caso. 
 
 
Responsabilità del danno e regole del risarcimento 
 
Le  regole  sul  risarcimento  del  danno  sono  modellate  sulla  lesione  di  un  interesse 
patrimoniale  che  riconduce  a  disposizioni  dettate  in  materia  di  responsabilità  per 
inadempimento  dell’obbligazione  (2056).  In  tal  modo  è  applicabile  la  disciplina  sul danno 
emergente  e  lucro  cessante  (1223).  Ancora,  il  risarcimento  si  riduce  nell’ipotesi  di 
concorso  del  fatto  colposo  del  danneggiato  e  si  esclude  là  dove  il  danneggiato,  usando 
l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto evitare il danno (1227). 
 
In  materia  di  fatti  illeciti,  si  risponde  di  tutti  i  danni  cagionati, 
indipendentemente  della  loro  prevedibilità  o  imprevedibilità,  una  volta  che  l’articolo 
2056  non  richiama  l’articolo  1225.  Quindi,  la  legge  riconosce  alle  situazioni  un  valoro 
oggettivo  e  ad  esse  rapporto  l’ampiezza  del  risarcimento.  Tali  regole  valgono  anche  per 
il  risarcimento  non  patrimoniale  nei  limiti  della  compatibilità  e  della  ragionevolezza, 
esempio: è esclusa la tutela del lucro cessante. 
 
In  materia  di  liquidazione  del  danno  vige  il  principio  secondo  il  quale  il  danno  va 
risarcito  per  intero  che  è  stabilito  secondo  equità  quando  esiste  la  prova  del  danno  ma 
mancano  prove  del  suo  preciso  ammontare.  L’erogazione  del  risarcimento  può  avvenire 
anche  sotto  forma  di  rendita  vitalizia  qualora  il  danno  alla  persona  abbia  carattere 
permanente (2057). 
 
 
Responsabilità civile, tutela assicurativa, sicurezza sociale 
 
Il  sistema  di  responsabilità  civile  che  deve  avere lo scopo di responsabilità e non 
di riparazione “ad ogni costo” è inidoneo a ristorare il danno in tutte le situazione. Da qui 
la  necessità  di  provvedere  all'eliminazione  del  danno  con  altri  mezzi  come 
l'assicurazione  contro  i  danni  che  può  essere  adottata  dal  soggetto  sia  a  tutela  dei 
propri  beni  sia  a  tutela dei terzi. L'assicurazione può essere  obbligatoria (imposta dalla 
legge).  Infine,  un’altra  possibilità  sarebbe  pensare  in  un  sistema  di  sicurezza  sociale 
socializzando alcuni rischi della società complessa e tecnologicamente avanzata di oggi. 

 
 

Diritto Amministrativo  
 
__________________________________________________03/10/2017 
 
➢ Lezione 1: L’indirizzo politico-amministrativo ed i principi  
 
I modelli di amministrazione secondo la Costituzione 
 
Dal  quadro  costituzionale  emergono  almeno  tre  modelli  diversi  di 
amministrazione.  Per  lungo  tempo  la  dottrina  ha  affermato  che  di  questi  tre  modelli, 
nessuno  è  prevalente,  nessuno  è  principale.  Però,  dopo  la  riforma  del  Titolo V, Parte II, 
della  Costituzione,  avvenuta  con  la  legge  costituzionale  3/2001,  si  può  affermare  che  il 
modello prevalente è quello autonomistico. Loro sono: 
 
✓ Modello  indipendente:  ​Art.  97  e  98  della  Costituzione  Italiana  prevede  una 
amministrazione  efficiente  e  imparziale  che  è  indipendente  dal Governo perché i 
pubblici uffici sono organizzati per leggi.  
 
✓ Modello autonomistico​:  Art.  5  della  Costituzione. ​È il modello del decentramento 
amministrativo  e  della  promozione  delle  Regioni  e  delle  autonomie  locali 
(soprattutto  i  Comuni),  capaci  di  esprimere  un  proprio  indirizzo  politico 
amministrativo  (anche  conflittuale  con  quello  del  Governo  dello  Stato).  È  il 
modello  più  forte  dopo  la  riforma  nella legge costituzionale di 2011,  ma è in crisi 
per  le  esigenze  di  contenere  la  spesa  pubblica  e per la crescente perdita di peso 
di credibilità delle forze politiche.  
 
✓ Modello  accentrato:  art.  95  della  Costituzione,  per  il  quale  il  Presidente  del 
Consiglio  dei  ministri  dirige  la  politica  generale  del  Governo  e  ne  è  responsabile. 
Egli  mantiene  l’unità  di  indirizzo  politico  ed  amministrativo,  promovendo  e 
coordinando  l'attività  dei  Ministri.  I  Ministri  sono  responsabili  collegialmente 
degli  atti  del  Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri. 
Questa legge, quando individua la responsabilità dei ministri.  
 
 
L’indirizzo politico amministrativo 
 
Ci sono due principali teorie per capire l’indirizzo politico amministrativo. 
 
✓ Teoria  di  Mortati  e  Crisafulli:  ​Non  c’è  indipendenza  tra  potere  politico  e 
potere amministrativo. Il potere politico guida l'amministrazione 
 
✓ Teoria  di  Massimo Severo Gianini e Scocca:  Le  due  attività  sono  separate.  La 
funzione  del  diritto  amministrativo  è diverse dell'indirizzo politico perché le due 
hanno regolamenti e trattamenti diverse per la Costituzioni.  

 
 

○ Un  altro  fondamento  è  l’art.  4  del  decreto  legislativo  di  30  marzo  2001 
che  ​distingue  tra  funzioni  di  indirizzo  politico-amministrativo  che  sono  di 
competenza  dei  politici  e  funzioni  amministrative  e  gestionali  che  sono  di 
competenza  dei  dirigenti  amministrativi.  Le  attività  di  diritto 
amministrativo dei politici sono soltanto:  
> L'adozione  degli  atti  e  dei  provvedimenti  amministrativi,  compresi 
tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno;   
> Le  attività  di  gestione  finanziaria,  tecnica  e  amministrativa 
mediante  autonomi poteri di spesa e di organizzazione delle risorse 
umane, strumentali e di controllo.  
 
In  resumo,  la  funzione  dell'attività  amministrativa  dei  politici  è  raggiungere 
l'obiettivo  dei  governi.  Nel  frattempo,  i  dirigenti  sono  responsabili  nella  via 
amministrativa,  quindi  non  possono  il  dirigente  scusarsi  della  responsabilità affermando 
che  erano  sulla  influenza  politica.  Ma  i  dirigenti  hanno  condizionamenti  politici  perché 
sono  nominati  per  i  politici  (art.  19  del  d.l  165/2001).  Quando  sono  selezionati,  devono 
essere  por  una  durata  adeguata  agli  obiettivi  da  raggiungere  (non  inferiore  a tre anni e 
non superiore a cinque).  
 
Spoil  system: ​Il  comma  8  dell’art  19  del  d.l.  165/2001  dice  che  gli  incarichi  dei 
dirigenti  statali  cessano  decorsi  90  giorni  dal  voto  sulla  fiducia  al  Governo  (più 
precisamente  cessano  gli  incarichi  di  vertice  e  quelli  affidati  al  personale  non 
appartenente  al  ruolo  unico  dei  dirigenti).  L’art.  19  riguarda  la dirigenza statale, ma una 
situazione simile vige anche a livello regionale e degli enti locali. 
 
 
Atti politici, Atti amministrativi e Atti di alta amministrazione 
 
È importante distinguere un atto politico de un atto amministrativo perché il atto 
amministrativo  può  essere  valutato  nella  attività  giurisdizionale.  mente  che  l’art.  24 
della  legge  31  marzo  1889  e  il  decreto  26  de  1924  hanno  stabilito  l’inammissibilità  del 
ricorso  al  giudice  amministrativo  quando  si  tratti  di  atti  o  di  provvedimenti  emanati 
nell'esercizio del potere politico.   
 
La  giurisprudenza,  tuttavia,  ha  elaborato  una  categoria  intermedia:  gli  ​atti  di 
alta  ​che  presentano  caratteristiche  di  atto  politico  e  di  atto  amministrativo,  esempio, 
gli  atti  di  nomi  di  posizioni  pubblici  di  strategia  (Capo  di  Stato  Maggiore  della  Difesa  e 
degli Ambasciatori, assessori comunali, ecc.) 
 
Questi  atti  mantengono  la  natura  di  atto  amministrativo  e  può  essere  preso  al 
giudiziario.  Sono  atti  con  grande  discrezionalità, ma soggetti al regime amministrativo e 
che  stanno  espandendo:  Atti  che  prima  erano  politici  oggi  capiamo  come  atti  di  alta 
amministrazione. 
  
 

 
 

Principi che regolano l’attività amministrativa 


 
È  importante  sapere  gli  principi  per  capire,  nell'aspetto  pratico,  i  vizi  di 
legittimità  che  possono  risultare  in  ricorsi  amministrativi  perché  il  vizio  di violazione di 
legge  riguarda  non  soltanto  il  mancato  rispetto  di  una  norma  di  legge  o  di  una  fonte 
secondaria del diritto, ma riguarda anche il mancato rispetto dei principi.  
 
In  un  primo  momento,  molti  di  questi  principi  erano stati elaborati dalla dottrina 
e  dalla  giurisprudenza  e  dopo sono stati inseriti nella Costituzione e nella legge 7 agosto 
1990  (art.  28).  Nel  terzo  momento,  i  principi  vengono  enunciati  in  maniera  organica  dal 
Codice europeo di buona condotta amministrativa. 
 
● Principio di responsabilità (art. 28 della Costituzione) 

“I  funzionari  e  i  dipendenti  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici  sono 


direttamente  responsabili  secondo  le  leggi  penali,  civili e amministrative, 
degli  atti  compiuti  in  violazione  di  diritti.  In  tali  casi  la  responsabilità 
civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”. 
 
✓ Responsabilità  penale:  ​Si  parla  di  responsabilità  penale  quando  persone  fisiche 
hanno faccio simile penale. 
✓ Responsabilità  amministrativa:  ​Si  parla  di  responsabilità  amministrativa  quando 
c’è  dolo  o  colpa  grave  che  va  contro  l'amministrazione,  per  la  responsabilità 
amministrativa  sussiste  la  giurisdizione  della  Corte  dei  conti.  Questa 
responsabilità  è  piú  larga  che  i  rapporti formali con la pubblica amministrazioni e 
può  essere  applicata  a  tutti  coloro  si  riferiscono  all’amministrazione  pubblica. 
Esempio:  c’è  giurisdizione  della  Corte  dei  conti  nei  confronti  delle  società  per 
azione partecipate in modo totalitario o prevalente da pubblica amministrazione. 
✓ Responsabilità  civile:  ​non  è  personale  e  se  articola  in  tre:  1)  extracontrattuale; 
2)  contrattuale  3)  precontrattuale.  Lo  stato  può  avere  responsabilità  civile  per 
gli atti della pubblica amministrazione. 
 
● Principio di legalità (art. 97 della Costituzione) 

La  pubblica amministrazione per poter svolgere la sua attività deve trovare titolo 
e  fondamento  nelle  disposizioni  di  legge.  Nell  Stato  di  diritto  emerge  la distinzione fra 
il  potere  legislativo,  quello  giurisdizionale  e  quello  esecutivo-amministrativo:  l'esercizio 
di  quest’ultimo  potere  è  disciplinato  dalle  norme  di  legge.  ​Il  principio  è  nell’art.  97 
della Costituzione e nell'articolo 1 della legge 241/1990. Vediamo il articolo 1: 
 
L’attività  amministrativa  persegue  i  fini  determinati  dalla  legge  ed  è 
retta  da  criteri  di  economicità,  di  efficacia, di imparzialità, di pubblicità 
e  di  trasparenza,  secondo  le  modalità  previste  dalla  presente  legge  e 
dalle  altre  disposizioni  che  disciplinano  singoli  procedimenti,  nonché  ai 
princípi dell’ordinamento comunitario. 
 

 
 

Il  principio  di  legalità  ha  un  senso  negativo, l'attività amministrativa trova limite 


insuperabile  nella  legge,  la  quale  può  imporre  divieti  per  determinate  attività,  ma  ha 
anche  un  senso  positivo  perché  la  legge  può  vincolare  l'attività  amministrativa  a 
determinati  mezzi,  finalità  o  forme.  Questi  sensi  sono  limiti,  non  devono  fare  credere 
che l’amministrazione sia soltanto mera esecuzione della legge. 
 
✓ Riserva  di  legge:  ​La  riserva  di  legge  è  diversa  dello  principio  di  legalità,  La 
riserva  di  legge  esprime  una  riserva  di  competenza  per  determinate  attività 
normative  a  favore  del  potere  legislativo  e  il  principio  di  legalità  riguarda  in 
primo  luogo  l’attività  amministrativa  e  la  sua  subordinazione  alla  legge.  Ci  sono 
una riserva di legge assoluta e una riserva di legge relativa: 
○ Riserva  assoluta:  quando  la  Costituzione  o  altra  legge  costituzionale 
stabiliscono  che  determinate  materie  siano  integralmente  disciplinate 
dalla  legge.  In  particolare,  si  trovano  esempi  in  materia  penale,  di  libertà 
e di diritti fondamentali. Esempio: art. 13 della Costituzione. 
○ Riserva relativa:  ​Vi  è,  invece, riserva relativa di legge, allorché una fonte 
costituzionale  prevede  che  la  legge  disciplini  i  principi  e  gli  elementi 
essenziali  della  materia;  per  le  parti  residuali  è  possibile  la  disciplina 
mediante  altre  fonti  normative  (regolamenti,  ordinanze,  ecc.).  Esempio: 
art. 23 della Costituzione. 
 
● Principio di imparzialità e di buon andamento (art. 97 della Costituzione) 
 
Le  pubbliche  amministrazioni  hanno  il  dovere  di  non discriminare le situazioni dei 
soggetti  coinvolti  nell’azione  amministrativa.  Esprime  l'esigenza  che  le  pubbliche 
amministrazioni,  nell'esercizio  delle  loro  funzioni,  valutino  tutti  gli  interessi  pubblici, 
collettivi,  diffusi,  privati  coinvolti  in  una  determinata  situazione  e  diano  la  preferenza 
all’interesse maggiormente meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. 
 
Esiste una serie di strumenti per realizzare il principio di imparzialità: 
✓ Le norme sul reclutamento del personale per pubblico concorso 
✓ L’obbligo della motivazione dei provvedimenti amministrativi  
✓ Criteri di trasparenza dell'amministrazione  
✓ La  partecipazione  di  tutti  i  interessati  nel  procedimento  amministrativo (Art. 3 
e 9 della legge 241/1990) 
✓ La presenza degli organi collegiali

L’autolimite:  ​Un’altro  principio  collegato  a  l'imparzialità  è  l’autolimite. 


L'amministrazione  deve  predeterminare  dei  criteri  e  delle  modalità  alle  quali  gli 
amministrazioni si deve attenersi nelle scelte successive - art 12 della legge 241/1990. 
 
Il  buon  andamento:  ​L'esigenza  che  la  pubblica  amministrazione  fa  di  modo  più 
corretto.  La  economicità  è  un  razionamento  della  spesa  pubblica  che  si  relaziona  con  il 
buon  andamento.  L'efficacia  e  la  trasparenza  anche  si  relazionano  con  il  buon 
andamento, como possiamo vedere nell’ art. 1 della legge 241/1990. 

 
 

● Principio  di  azionabilità delle situazioni giuridiche dei cittadini contro la pubblica 


amministrazione (arts. 24 e 113 della Costituzione) 
 
Ogni  atto  e  ogni  provvedimento  della  pubblica  amministrazione  possono  essere 
oggetto  di  ricorso  al  giudice  ordinario  oppure  al  giudice  amministrativo  su  iniziativa  di 
chi intende ottenere tutela giurisdizionale per le proprie situazioni giuridiche soggettive 
lese  dall’attività  della  pubblica  amministrazioni.  L’articolo  24  è  più  generali  e  113  face 
specifico riferimento alla pubblica amministrazione. 
 
● Principi della legge 241/1990 
 
La  legge  241/1990  si  applica  a  tutte  le  pubbliche  amministrazioni  e  anche  le 
imprese  private  che  gestiscono  servizi  pubblici  oppure  realizzano  lavori  pubblici  in 
concessione debbono rispettati i suddetti principi. Ricordiamo l’articolo 1: 

L’attività  amministrativa  persegue  i  fini  determinati  dalla  legge  ed  è 


retta  da  criteri  di  economicità,  di  efficacia,  di  imparzialità  di pubblicità 
e  di  trasparenza,  secondo  le  modalità  previste  dalla  presente  legge  e 
dalle  altre  disposizioni  che  disciplinano  singoli  procedimenti,  nonché  dai 
princípi dell'ordinamento comunitario. 
La  pubblica  amministrazione,  nell'adozione  di  atti  di  natura  non 
autoritativa,  agisce  secondo  le  norme di diritto privato salvo che la legge 
disponga diversamente. 
I  soggetti  privati  preposti  all'esercizio  di  attività  amministrative 
assicurano  il  rispetto  dei  princípi  di  cui  al  comma  1,  con  un  livello  di 
garanzia  non  inferiore  a  quello  cui  sono  tenute  le  pubbliche 
amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge. 

Con  una  modifica,  introdotta  nel  2009,  l’art.  22  della  legge  n.  241  del  1990  ha 
stabilito  che  il  ​diritto di accesso agli atti e ai documenti amministrativi (considerate 
le  sue  rilevanti  finalità  di  pubblico  interesse)  costituisce  principio  generale  dell’attività 
amministrativa  al  fine  di  favorire  la  partecipazione  e  di  assicurare  l’imparzialità  e  la 
trasparenza. 

● Principio di sussidiarietà (Art. 118 della Costituzione) 

È  un  principio  defendido  dal  secolo  XVIII  per  Alexis  de  Tocqueville,  Georg 
Jellinek  e  è  anche  uno  dei  fondamenti  della  dottrina  sociale  della  chiesa  (1931).  Loro 
hanno  creduto  che  la  divisione  degli  funzioni fa il stato funzionare meglio. Il principio di 
sussidiarietà  è  presente  nella  costituzione  tedesca  i  dopo  adotado  per  il  diritto 
comunitario con il trattato di Maastricht. 
 
Nell’Italia,  abbiamo  il  art.  118  e  l’art.  4  del  decreto  legislativo  267/2000. 
Possiamo distinguere tra due sussidiarietà, una orizzontale e una verticale: 
 
 

 
 

✓ Sussidiarietà  verticale:    l’esercizio  delle  funzioni  amministrative,  in  linea  di 


principio,  da  parte  dell’ente  pubblico  più  vicino  ai  cittadini,  il  Comune,  purché  si 
tratti  di  funzioni  di  rilievo  non  superiore  alla  dimensione  comunale.  Dice  la 
costituzione:  ​Le  funzioni  amministrative  sono  attribuite  ai  Comuni  salvo  che, per 
assicurare  l’esercizio  unitario,  siano  conferite  a  Province,  Città  metropolitane, 
Regioni  e  Stato,  sulla  base  dei  princıpi  di  sussidiarietà`,  differenziazione  ed 
adeguatezza..  ​Con  la  crisi  politica,  economica,  finanziaria  dello  Stato  italiano,  il 
principio  di  sussidiarietà  verticale  è  del  tutto  trascurato  dalla  recente 
legislazione. 
 
✓ Sussidiarietà orizzontale: ​gli  enti  pubblici  debbano  favorire,  purché  si  tratti di 
attività  che  rivestano  un  interesse  generale,  l’autonoma  iniziativa  dei  privati,  sia 
singolarmente  sia  attraverso  le  loro  associazioni.  Dice  la  Costituzione:  ​Stato, 
Regioni,  Città  metropolitane,  Province  e  Comuni  favoriscono  l’autonoma  iniziativa 
dei  cittadini,  singoli  e  associati,  per  lo  svolgimento  di  attività  di  interesse 
generale, sulla base del principio di sussidiarietà​.

● Principio  di  leale  collaborazione  tra  le  pubbliche amministrazioni (Art. 114 della 


Costituzione) 

L’articolo  114  stabilisce  l'autonomia  di diversi livelli di governo (Comuni, Province, 


Città  metropolitane,  Regioni  e  Stato)  e  comporta  la  necessità  di  forme  di  leale 
collaborazione al fine di evitare conflitti di competenze e di poteri. 

Il principio di leale collaborazione impone un obbligo di cooperazione e di coesione 
tra  i  vari  soggetti  pubblici,  che  si  traduce  in  un  metodo  di  lavoro  che  privilegia 
l’interazione,  lo  scambio,  l’intesa  e,  se  possibile,  l’utilizzo  in  comune  di  risorse,  in  vista 
del raggiungimento di un fine condiviso. 

● Principi  che  regolano  l’attività  amministrativa  e  il  codice  europeo  di  buona 
condotta amministrativa

Il  6  settembre  2001,  il  Parlamento  europeo  ha  adottato  una  risoluzione  con  la 
quale  ha  approvato  il  codice  di  buona  condotta  amministrativa.  Ogni  cittadino 
dell’Unione,  le  imprese,  le  associazioni  e  i  soggetti  residenti  nell’Unione  hanno  il  diritto 
di presentare una denuncia al Mediatore.  
 
La  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea  ha  indicato,  come  diritti 
fondamentali  il  diritto  ad  una  buona  amministrazione  (art. 41) ed il diritto di sottoporre 
al  Mediatore  europeo  casi  di  cattiva  amministrazione  (art.  43).  Con  l’entrata  in  vigore 
del  Trattato di Lisbona nel dicembre 2009, la Carta dei diritti fondamentali ha lo stesso 
valore  giuridico  dei  Trattati  istitutivi  dell’Unione  europea.  Di  conseguenza,  ogni 
cittadino  europeo  è  divenuto  titolare  del  diritto  a  una  buona  amministrazione  delle 
questioni  che  lo  riguardano  da  parte  delle  istituzioni  europee.  Ci  sono  9  principi  nella 
carta  (vedi  articoli  4,  5,  6,  8,  12,  16,  17,  18  e 26) ​e molti di loro coincidono con i principi 
dell'ordinamento giuridico italiano interno.

 
 

● Principi stabiliti dal Codice Italiano di Comportamento dei Dipendenti Pubblici. 


 
Sulla  base  dell’articolo  54  del  decreto  legislativo  165/2001  ha  previsto 
l’approvazione  di  un  codice  di  comportamento  dei  dipendenti  delle  pubbliche 
amministrazioni. 
 
Il  nuovo  testo  puó  essere  considerato  uno  sviluppo  del  Codice  europeo  di  cui 
abbiamo  parlato.  Il  codice  è  fonte  di  responsabilità  disciplinare  ed  è  anche  rilevante  ai 
fini  della  responsabilità  civile,  amministrativa  e  contabile.  Violazioni  gravi  o  reiterate 
del codice comportano l’applicazione della sanzione del licenziamento disciplinare. 
 
*​La  responsabilità  può  essere  capita  in due sensi: un lato (la responsabilità che 
sembra  alla  amministrazione  pubblica)  e  un  più  specifico:  la  responsabilità  en 
basa  la  quale  interviene  la  Corte  dei  Conti  (perchè  è  la  corte  di  contabilità 
pubblica)​.​*  
 
● Principio di trasparenza 
 
Il  legislatore  è  obcecado  per  il  principio  di  trasparenza.  Il  decreto  33/2013 
parla  che  il  principio  di  trasparenza  è  la  intesa  come  accessibilità  totale  delle 
informazioni  concernenti  l'organizzazione  e  l'attività  della  pubblica  amministrazione, 
allo  scopo  di  favorire  forme  diffuse  di  controllo  sul  perseguimento  delle  funzioni 
istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche. 
 
È  la  accessibilità  totale  a  l’attività  di  enti  pubblici  sul  loro  sito  istituzionale, 
eccezioni  sono  materia  di  segreto  di  Stato,  di  segreto  d'ufficio, di segreto statistico e 
di protezione dei dati personali. 
 
 
__________________________________________________31/10/2017 
 
➢ Lezione 2: Situazioni Giuridiche Soggettive 
 
Ogni  soggetto  ha  degli  interessi  in  relazione  a  determinati  beni  della  vita. 
Tuttavia,  soltanto  alcuni  interessi  sono  rilevanti  per  l’ordinamento  giuridico,  cioè  che 
ricevono sua tutela. Quando gli interessi dei singoli assumono rilevanza per l’ordinamento 
giuridico abbiamo le ​situazioni giuridiche soggettive​.  

Se  c’è  un  soggetto  che  può  fare  qualcosa,  oppure  pretendere  qualcosa  di  altro 
questo  si  configura  una  situazione  attiva.  Se,  invece,  il  soggetto  deve  dare,  fare  o  non 
fare  qualcosa, oppure deve subire il comportamento altrui ha una situazione passiva. Alle 
situazioni  giuridiche  di  vantaggio  corrispondono  situazione  giuridiche  soggettive  di 
svantaggio  in  capo  ad  altri  soggetti,  gli  altri  soggetti  hanno  il  dovere  di  rispettare  le 
prime. 
 
 

 
 

Sono situazioni giuridiche soggettive rilevante nel diritto amministrativo: 


 
✓ Poteri  o  le  potestà  delle  pubbliche amministrazioni: ​Il  potere  di  una  pubblica 
amministrazione  si  concentra  in  un’energia  idonea  a  produrre  delle  modificazioni 
nella  sfera  giuridica  altrui,  unilateralmente,  con  o  senza  l’assenso  dei  soggetti 
interessati,  benefico  o  non  a  loro.  È  una  attuazione  di  un  pubblico  interesse 
eteroimposto dalla legge, quindi, con fondamento nel principio di legalità.  
I  poteri  sono  attribuiti  ad  una pubblica amministrazione per attuare un interesse 
pubblico,  costituisce  mezzo  destinato  alla  realizzazione  di  un  fine  pubblico 
(carattere strumentale). I poteri si manifestano come provvedimenti. 
○ Provvedimento:  quell’atto  attraverso  quale  la  pubblica  amministrazioni  in 
modo  unilaterale,  tipico  e  nominato,  dispone,  statuisce  o  comanda,  su  una 
situazione  giuridica  soggettiva  altrui di maniera immediata e diretta e con 
effetti  costitutivi  (alcuni  diventa  proprietario  di  un  diritto,  esempio: 
autorizzazione),  modificativi  (alterano  i  diritti)  o  estintivi  (estinguono  i 
diritti, esempio: espropriazione). 
Amministrazione per accordi: ​può  avere  un accordo tra i soggetti privati ed una 
pubblica  amministrazione  prima  dell’esercizio  del  potere.  la  pubblica 
amministrazione  può  concludere  accordi  che  integrano  il  contenuto  del 
provvedimento  amministrativo  (integrativi)  o  accordi  che  sostituiscono  il 
provvedimento amministrativi (sostitutivi). 
Soggezione: ​La  tipica  situazione  giuridica  passiva  corrispondente  al potere della 
pubblica  amministrazione  è  la  soggezione,  tuttavia,  al  potere  della  pubblica 
amministrazione  può  corrispondere  anche  una  situazione  giuridica  soggettiva 
attiva  e  di  vantaggio  del  privato  che  può  assumere  i  caratteri  del  diritto 
soggettivo oppure i caratteri dell’interesse legittimo.  
 
✓ Diritti Soggettivi: ​Situazione giuridica soggettiva attiva e di vantaggio. È diritto 
soggettivo  l’interesse  di  un  soggetto  ad  un  determinato  bene  della  vita, 
l’ordinamento  giuridica  realizza  la  forma  più  intensa  e  completa  di  protezione 
giuridica  che  possa  essere  attribuita  alla  situazione  giuridica  soggettiva  di  un 
privato.  
Quindi,  l’ordinamento  giuridica  riconosce determinate utilità in ordine ad un bene 
e  anche  la  tutela  dei  suoi  interessi  al  bene  stesso.  La  situazione  giuridica 
soggettiva  passiva  corrispondente  al  diritto  soggettivo  è  un  obbligo,  un  dovere 
particolare.  Tuttavia,  il  diritto  soggettivo  comporta  per  il  suo  titolare  anche 
situazioni giuridiche di carattere negativo (limiti, oneri, vincoli, condizioni, ecc.). 
 
✓ Aspettativa  legittima:  ​Altra  situazione  giuridica  soggettiva  attiva. 
L’aspettativa,  però, è soltanto una situazione preliminare che anticipa o un diritto 
soggettivo  o  un  interesse  legittimo.  Ancora,  è  strumentale  in  quanto 
direttamente finalizzata alla nuova situazione giuridica.  
L’aspettativa  legittima  è  una  situazione  d'attesa  del  soggetto  cui  l’ordinamento 
attribuisce  rilevanza  giuridica.  Esempio:  Il  titolare  di una concessione per grandi 
derivazione  di  acqua  pubblica  ad  uso industriale, una volta scaduta la concessione 
ha una legittima aspettativa al suo rinnovo. 

 
 

✓ L’interesse legittimo: ​Esistono due fondamentali situazioni giuridiche soggettive 
di vantaggio per i privati: 
○ Situazione  giuridiche  soggettive  di  diritto  soggettivo:  ​riguarda  i 
rapporti tra i privati ed è disciplinata dal codice civile. 
○ Situazione  giuridiche  soggettive  di  interesse  legittimo:  ​riguarda  i 
rapporti  tra  le  pubbliche  amministrazioni  e  i  privati  ed  è  disciplinata  dal 
diritto amministrativo. 
Quindi,  nella  situazione  di  interesse  legittimo  ci  sono  due  situazione  giuridiche 
attive,  l’interesse  del  privato  e  il  potere  della  pubblica  amministrazione. 
L’interesse  legittimo,  sempre  collegato  necessariamente  ad  un  potere  della 
pubblica amministrazione, serve a contenere l’esercizio di questo potere nei limiti 
delle  norme  e  delle  esigenze  della  funzione  amministrativa.  Un  esempio  di 
interesse  legittimo  sarebbe  la  pretesa  di  un  straniero  di  ottenere  il  visto  sul 
passaporto.  Lo  Stato  valuta  se  concedere il visto, ma la pubblica amministrazione 
è  tenuta  al  corretto  esercizio  del  proprio  potere.  L’interesse  legittimo  del 
privato contribuisce a determinare il corretto esercizio del potere pubblico. 
La giurisdizione italiana: ​In Italia, il giudice ordinario ha giurisdizione, di regola, 
soltanto  sui  diritti  soggettivi,  mentre  il  giudice  amministrativo  ha  giurisdizione, 
di  regola,  soltanto  sugli  interessi legittimi. L’Unione Europea non conosce affatto 
questa distinzione.  
 
Gli implicazioni sulla distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo 
 
La  distinzione  delle  due  giurisdizioni,  ordinaria  (diritto  soggettivo)  e 
amministrativo  (interesse  legittimo)  è  riconosciuta  a  livello  costituzionale  come  si  può 
vedere negli articoli 24 comma 1, 103 comma 1 e 113 comma 1. 
 
Legge  2248/1865:  ​Con  la  nascita  del  Regno  d’Italia  (1861),  una  delle  principali 
questioni  da  risolvere  venne  individuata  nella  necessità  di  leggi  sulla  unificazione 
amministrativa.  Questa  legge  abolì  i  giudici  del  contenzioso  amministrativo  e  ha 
attribuito molte questione amministrative alle autorità amministrativa.  
La  legge,  in  fatto  privava  di  tutela  giurisdizionale  e  lasciava  all’arbitrio  delle 
pubbliche  amministrazioni  questioni  importanti. Esempio: permesso per porto d’armi, per 
pubblici  spettacoli,  per  aprire  alberghi.  La  questione  fu  cambiata  con  la  legge 
5992/1989 per la tutela degli interessi legittimi. 
 
 
Teorie sulla natura dell’interesse legittimo 
 
In  tema  di  natura  dell’interesse  legittimo  si  possono  ricordare  le  seguenti 
principali teorie: 
 
✓ Teoria  dell'interesse  occasionalmente  o  indirettamente protetto: ​L’interesse 
legittimo  sarebbe  un  interesse  individuale  coincidente  o  comunque  strettamente 
connesso  con  l’interesse  pubblico  e  protetto  soltanto  attraverso  la  tutela 
giuridica di quest’ultimo.  

 
 

Quindi,  l’ordinamento  intende  proteggere  l’interesse  pubblico  e  discende,  di 


riflesso,  anche  la  tutela  dell’interesse  legittimo  del  singolo.  La  teoria  è 
considerata  frutto  di  una  concezione  abbastanza  autoritaria.  La  dottrina 
prevalente  ritiene  superata  questa  teoria  che  fa  differenza  anche tra interesse 
legittimi e diritto affievolito dividendo quest'ultimo in due: 
○ Diritti fievoli ab origine: ​Diritti soggettivi che dipendono giuridicamente 
dall’interesse pubblico e non possono essere tutelati senza questo.  
○ Diritti  esposti  ad  affievolimento:  ​Nascono  come  diritti  soggettivi 
perfetti  ma  possono  affievolirsi  quando  entrano  in  contrasto  con  gli 
interessi  pubblici  di cui è titolare la pubblica amministrazione. Tuttavia, si 
è  obiettato  che  tutti  i  diritti  soggettivi  possono  andare  incontro  alla 
vicenda del condizionamento per esigenze di pubblico interesse. 
 
✓ Teoria  delle  norme  di  azione  e  delle  norme  di  relazione:  ​Secondo  questa 
teoria  le  norme  che  disciplinano  l'attività  della  pubblica  amministrazione  si 
dividono in due categorie: 
○ Norme di azione: ​Regolano puramente l'esercizio dei poteri della pubblica 
amministrazione  imponendo  determinati  comportamenti  con  riferimento 
diretto  ed  esclusivo  all’interesse  pubblico.  Quando  l’amministrazione  viola 
una  norma  d’azione  può  ledere  un  interesse  legittimo,  dando  vita  ad  un 
atto invalido. 
○ Norme  di  relazione:  ​Disciplinano  i  rapporti  fra  la  pubblica 
amministrazione  ed  i  cittadini  e  pongono  i  limiti  reciproci  tra  poteri 
dell'amministrazione e diritti dei cittadini. Quando l'amministrazione viola 
una norma, lede un diritto soggettivo dando vita ad un atto illecito. 
 
Questa  teoria  è  stata  criticata  perché,  pur  distinguendo  chiaramente  tra  le due 
categorie  di  norme  non  riesce  a  individuare,  quali  siano  effettivamente  le  norme  di 
relazione  e le norme di azione. Inoltre, le norme di relazione sono al tempo stesso norme 
di  azione  in  quanto  vincolano  la  condotta  dell’amministrazione  e  le  norme  di  azione  sono 
norme di relazione in quanto fissano relazioni tra amministrazione e soggetti privati. 
 
✓ Teoria  dell’interesse  legittimo  come  diritto  potestativo  di  provocare 
l’annullamento  dell’atto  amministrativo  illegittimo:  ​Secondo  questa  teoria, 
l’interesse  legittimo acquista rilevanza giuridica soltanto in conseguenza della sua 
lesione  da  parte  dell’amministrazione.  La  teoria  viene  criticata  in  quanto 
l’interesse  legittimo  è  una  specifica  situazione  che  ha  autonoma  rilevanza  anche 
prima che venga lesa e anche a prescindere dal fatto che possa essere lesa. 
 
✓ Teoria  dell’interesse  legittimo  come  pretesa  alla  legittimità  degli  atti 
amministrativi:  ​Secondo  questa  teoria,  l’interesse  legittimo  è  una  pretesa 
tutelata  affinché  la  amministrazione  (ogni  qualvolta  decide  di  attivarsi)  emetta 
provvedimenti  legittimi.  È  criticata  per  la  ragione  che  al  dovere  generale  della 
amministrazione  di  osservare  le  leggi  corrisponde  un  interesse tutelato in capo a 
tutti  i  soggetti,  invece,  l’interesse  legittimo  è  riconosciuto  soltanto  in  capo  ad 
alcuni determinati soggetti, direttamente lesi. 

 
 

✓ Teoria dell’interesse legittimo come protezione contro i poteri della pubblica 
amministrazione:  ​Questa  è  la  teoria  più  convincente,  per  questa  teoria 
l’interesse  legittimo  è  sempre  collegato necessariamente ad un pubblico potere e 
serve  a  contenere  l’esercizio  di  questo  potere  nei  limiti  delle  norme  e  delle 
esigenze della funzione amministrativa.  
 
In base al tipo di interesse materiale protetto si distinguono: 
○ Interessi  legittimi  pretensivi:  ​In  cui  titolari  pretendono  un’attività 
diretta dell’amministrazione ad ampliare la loro sfera giuridica. 
○ Interessi legittimi oppositivi: ​Legittimano  i titolari ad opporsi di fronti a 
provvedimenti amministrativi riduttivi della loro sfera giuridica. 
○ Interessi legittimi partecipativi:  Gli interessi partecipativi sono tipici di 
una  società  in  cui  i  cittadini  non  si  limitano,  passivamente,  ad  assorbire 
servizi  ma  sono  anche  inseriti,  attivamente,  nei  circuiti  decisionali 
dell’amministrazione. 
 
 
__________________________________________________22/01/2018 
 
➢ Lezione 3: Attività vincolata e discrezionale 
 
La  distinzione  tra  attività  discrezionale  e  attività  vincolata  riguarda  il  rapporto 
che  intercorre  fra  la  norma  giuridica  che  disciplina  una  determinata  attività 
amministrativa  (attività  vincolata)  e  la  libertà  di  azione  e di scelta lasciata alla pubblica 
amministrazione che deve svolgere tale attività (attività discrezionale). 
 
 
Attività vincolata 
 
Lo  svolgimento  dell'attività  vincolata  costituisce  un  obbligo  giuridico  per  la 
pubblica  amministrazione  che  la  svolge  nei  limiti,  nei  casi,  nelle  forme  ed  alle  condizioni 
stabilite  da  una  legge,  regolamento,  o  da  un’altra  norma  giuridica.  La  decisione  che 
l’amministrazione deve prendere in queste attività è l’unica possibile. Sono esempi: 
 
✓ Ordinanza  di  demolizione  di  un  immobile  abusivo:  ​I  presupposti  previsti 
direttamente  dal  legislatore  sono  l’accertamento  dell’abusività  delle  opere 
realizzate  in  assenza  del  permesso  di  costruire  o  in  totale  difformità  rispetto  a 
quanto  consentito  dal  permesso  di  costruire.  Per  esse  provvedimento  vincolato 
non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico. 
✓ Casi  di  autorizzazione​:  Il  provvedimento  amministrativo  autorizzatorio  deve 
essere  rilasciato  sulla  base  dell'accertamento  di  requisiti  o  di  presupposti  certi. 
È  esempio  il  permesso  di  costruire  che  è  vincolato  dalle  norme  che  disciplinano 
l'attività edificatoria all’interno del Comune. 
✓ Emanazione  di  un  provvedimento  di  recupero  di  somme  corrisposte  in 
eccedenza:  ​Prima  un  atto  discrezionale,  oggi  un  atto  vincolato  per  osservare  la 
legge. La relatività storica può riguardare casi di attività vincolate/discrezionale. 

 
 

Attività discrezionale 
 
L’attività  discrezionale fino alla prima metà dell’ottocento: ​In  presenza  di  un 
atto  amministrativo,  rispettando  la  rigida  separazione  dei  poteri,  non  erano  ammesse 
invasioni  del  potere  giudiziario  nei  confronti  del  potere  amministrativo-esecutivo.  Così 
l’intervento  giudiziale  solo  sarebbe  possibile  nei  casi  di  attività  vincolata  quando  la 
pubblica amministrazione non avesse rispettato la legge. 
 
Il cambiamento di orientamento in Francia: ​Nella  seconda  metà  dell’ottocento 
il  Consiglio  di  Stato  introduce  lo sviamento di potere come vizio dell’atto amministrativo 
discrezionale, permettendo l’inizio del controllo giudiziale su questi atti.  
Quello  che  ha  motivato  il  cambiamento  di  posizione  fu  il  caso  Vernhes  del 
provvedimento  amministrativo  di  tasse  sui  bagnanti  con  fondamento  nell’autorizzazione 
legale  di  emanare  provvedimenti  a tutela della sicurezza e moralità pubblica. Il Consiglio 
ha ritenuto che il sindaco ha sviato potere.  
Si  capisce  come  sviamento  del  potere  quella  deviazione  del  potere  che  un 
soggetto  appartenente  alla  pubblica  amministrazione  commette  quando  usa  del  suo 
potere  discrezionale  per  un  caso  o  per  motivi  diversi  da  quelli  in  relazione  ai  quali  il 
potere è stato conferito. 
 
Oggi sono esempi di attività discrezionale: 
 
✓ Pianificazione  urbanistica:  ​Atto  che  coinvolge  una  pluralità  di  interesse  e  così 
rientra  nel  potere  discrezionale  dell’amministrazione  comunale  l’impostazione  da 
dare agli strumenti urbanistici. 
✓ Valutazione di impatto ambientale: ​È  una  valutazione  anticipata finalizzata alla 
tutela  preventiva  dell’interesse  pubblico  ambientale.  La  valutazione  non  si 
sostanzia  in  mere  verifica  di  natura  tecnica  circa  la  astratta  compatibilità 
ambientale  ma  implica  una  complessa  e  approfondita  analisi  comparativa  tesa  a 
valutare il sacrificio ambientale rispetto all’utilità socio-economica. 
✓ Rateizzazione  per  il  pagamento  degli  oneri  di  urbanizzazione:  ​la  quota  di 
contributo  relativa  agli  oneri  di  urbanizzazione  va  corrisposta  al Comune all'atto 
del  rilascio  del  permesso  di  costruire  e,  su  richiesta  dell’interessato, può essere 
rateizzata.  
 
Quindi,  la  discrezionalità  ​consiste  nel  margine  di  scelta  che  la  norma  rimette 
all’amministrazione  affinché  essa  possa  individuare,  tra  quelle  consentite,  la  soluzione 
migliore  per  curare  nel  caso  concreto  l’interesse  pubblico.  L’amministrazione  può 
esercitarla  nei  limiti  della  norma  di  conferimento  e  dei  principi  generali  dell’azione 
amministrative  e  sul  rispetto  di  tali  limiti  può  sindacare  il  giudice  che  pondera  gli 
interessi pubblici e privati rilevanti nella fattispecie. 
 
*​Sono  interessi  pubblici  primari  quelli  individuati dalle norme attributive 
e  che  l’amministrazione  è  tenuta  a  massimizzare.  Sono  interessi 
secondari  gli  interessi  pubblici  o  privati  dei  quali  l’amministrazione 
titolare deve garantire il minor sacrificio possibile​* 

 
 

Contenuto dell’attività discrezionale 


 
L’attività discrezionale va esercitata secondo criteri obiettivi legittimi: 
 
✓ Interesse  pubblico:  punto  fondamentale,  il  potere  amministrativo  discrezionale 
non è mai tutto libero perché deve rispondere al dovere di pubblico interesse. 
✓ Individuazione  dell’interesse  principale  da  perseguire:  ​la  discrezionalità 
presuppone  la  presenza  di  un  criterio  giuridico  suscettibile  di  dirigere 
l’amministrazione  nel  contenuto  dell’atto  da  emanare.  Tuttavia,  l’amministrazione 
ha libertà di tenere conto altri interessi che concorrono o accedono il principale. 
 
La  realizzazione  di  un  interesse  pubblico  normalmente  coincide  con  la 
realizzazione  o  con  il  sacrificio  di  altri  interessi  secondari.  Può  accadere,  però,  che  la 
consistenza  degli  interessi  secondari  sia  tale  da  prevalere  sull'interesse  primario  o che 
condizioni  l'interesse  primario  a  tal  punto  che  questo  ne  sia  diminuito  o  debba  essere 
adattato  ad  una  decisione  più  articolata,  o  che,  invece,  rafforzi  l'interesse  primario. 
Perciò  l’amministrazione  è  tenuta  a  valutare  con  approfondimento  tutti  gli  interessi, 
pubblici, collettivi, diffusi e privati. 
 
La  scelta  discrezionale  lasciata  alla  amministrazione  si  articola  nel  seguente 
modo:  se  emanare  un  determinato  provvedimento,  quando  emanarlo,  nel  rispetto 
generale  sui  termini,  con  quale  contenuto,  come  esternarlo  e  quali  eventuali  elementi 
accidentali inserirvi. 
 
 
Controllo del giudice sulla discrezionalità amministrativa 
 
Il  giudice  amministrativo può annullare gli atti dell’amministrazione in presenza di 
circostanze  ritenute  sintomatiche  del  cattivo  svolgimento  del  potere  amministrativo.  Il 
cattivo  uso  della  discrezionalità  da  vita  al  vizio  di  legittimità  denominato  ​eccesso  di 
potere. 
 
Il  giudice  verifica,  se  l’amministrazione  abbia  esattamente  rappresentato  i  fatti 
posti  a  base  della  decisione,  se  abbia  rispettato  i  canoni  della  logicità  e  della  non 
contraddizione,  le  regole  di  parità  di  trattamento,  un’istruttoria  completa  tenendo  in 
adeguata  considerazione  tutti  gli  interessi  in  gioco.  Ancora,  la  giurisprudenza  ha  fatto 
discendere della imparzialità alcuni obblighi specifiche dell’ amministrazione: 
✓ Obbligo di determinare criteri e modalità prima di procedere: ​Tale  obbligo  è 
stabilito  in  alcuni  casi  esplicitamente  dal  legislatore  in  altri  casi  è  imposto  per 
via giurisprudenziale com’è il caso dei concorsi pubblici. 
✓ Obbligo  di  astensione  del  funzionario  in  caso  di  conflitti  di  interesse:  ​in 
materia  di  lotta  alla  corruzione  è  stata  introdotta  nella  legge  generale  sul 
procedimento  amministrativo  una  norma  specifica  che  impone  ai  responsabili  del 
procedimenti  e  ai  titolari  degli  uffici  competenti  ad  adottare  pareri, valutazione 
tecniche,  ecc.  l’obbligo  di  “astenersi  in  caso  di  conflitto  di  interessi,  segnalando 
ogni situazione di conflitto, anche potenziale”. 

 
 

Infine,  vale  vedere  l’opinione  di  Kelsen che ha contestato l’autonomia della figura 


della  discrezionalità  una  volta  che  lei  rientrerebbe  nelle  determinanti  complementari 
autonome,  necessarie  in  ogni  stadio  del  procedimento  di  concretizzazione  del  diritto 
oggettivo.  Anche  le  norme  più  rigidamente  formulate  rimangono  condizionate  nella  loro 
applicazione ad un apprezzamento delle fattispecie concrete. 
 
 
Discrezionalità tecnica 
 
Classico  esempio  di discrezionalità tecnica è il voto espresso dalla commissione di 
concorso  nei  confronti  dei  singoli  candidati.  La  motivazione  è  attributo  necessario della 
discrezionalità  amministrativa,  mentre  quando  l’amministrazione  opera  nell’ambito  della 
cosiddetta  “discrezionalità tecnica”, come nella specie, non trattandosi di deliberare una 
scelta  tra  più  diverse  soluzioni per l’ottimizzazione di un interesse pubblico, ma soltanto 
di  emettere  un giudizio di valore sulla base di nozioni e cognizioni di una scienza, non vi è 
bisogno  di  alcuna  motivazione  dialettica,  essendo  sufficiente  una  valutazione  sintetica 
espressa in termini numerici. 

Quindi,  la discrezionalità tecnica è l’attività si giudizio a contenuto scientifico. In 
questi  casi  l'amministrazione  deve  operare  una  valutazione,  che,  a  differenza  delle 
ipotesi  di  discrezionalità  amministrativa,  non  viene  effettuata  alla  luce  di  interessi 
primari  e  secondari,  bensì  in  base  a  parametri  tecnici  e  non  implica  una  manifestazione 
di volontà, ma soltanto di giudizio. 
 
Giustamente  per  questo  alcuni  autori  capiscono  l’espressione  “discrezionalità 
tecnica”  come  sbagliata  perché  ​il  termine  discrezionalità  è indice di una valutazione e di 
una  conseguente  scelta  tra  gli  interessi  coinvolti  in  una  fattispecie.  La  discrezionalità 
tecnica dovrebbe, quindi, più propriamente essere indicata come "valutazione tecnica". 
 
 
Controllo del giudice sulla discrezionalità tecnica 

In  passato,  il  giudice  non  poteva  sindacare  le  valutazioni  tecniche  in  modo  da 
avere  una  propria  valutazione  che  si  sostituisse  a  quella  dell’amministrazione.  In  epoca 
recente,  il  giudice  si  spinge  fino  a  verificare  l’attendibilità  e  la  correttezza  dei  criteri 
tecnici  utilizzati,  per  quanto  non  incida  sulla  condivisibilità  dei  risultati.  Per  questo  il 
giudice  si  può servire del Consulente Tecnico d’Ufficio.  I meri accertamenti tecnici oggi 
sono  considerati  sempre  sindacabili,  non  esiste  più  una  riserva  di  valutazione  tecnica  in 
capo alla pubblica amministrazione. 
 
Discrezionalità mista: ​A  volte  la discrezionalità amministrativa presenta anche i 
caratteri della discrezionalità tecnica, si parlerà allora di discrezionalità mista. 
 

 
 

 
 

__________________________________________________23/01/2018 
 
➢ Lezione 4: Atti e provvedimenti amministrativi 
 
Sono  atti  amministrativi  tutti  gli  atti  compiuti  dalle  pubbliche  amministrazioni 
nell'esercizio  di  funzione  pubblica.  La  definizione  ha  carattere  formale  e  esclude, 
quindi,  gli  atti  da  corpi  legislativi,  giudiziari,  oppure  da  soggetti  privati.  Anche, 
presuppone  che  per  essere  svolto,  l’atto  amministrativo  ha  bisogno  di  un  soggetto  della 
pubblica amministrazione che lo sviluppi. 
 
Altre  volte,  invece,  la  pubblica  amministrazione  svolge  attività  allo  stesso  modo 
in  cui  le  svolgerebbe  qualsiasi  privato  cittadino  I  questi  casi  non  avviene  il  compimento 
di atti amministrativi. Ma quindi, si chiede, chi è la pubblica amministrazione? 
 
*​Articolo  1  comma  2  del  d.l  165/2001:  amministrazioni  pubbliche  sono 
tutte  le  amministrazioni  dello  Stato,  compresi  gli  istituti  e  le  scuole,  le 
aziende  ed  amministrazioni  dello  Stato  ad  ordinamento  autonomo,  le 
Regioni,  le  Province,  i  Comuni,  le  Comunità  montane,  e  loro  consorzi  e 
associazioni,  le  istituzioni  universitarie,  gli  Istituti  autonomi  case 
popolari,  le  Camere  di  commercio,  industria,  artigianato  e  agricoltura, 
tutti  gli  enti  pubblici  non  economici,  le  amministrazioni,  le  aziende  e  gli 
enti  del  Servizio  sanitario  nazionale,  l'Agenzia  per  la  rappresentanza 
negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) ed anche il CONI​* 
 
 
Una digressione storica 
 
Con  la  rivoluzione  francesa  e  la  separazione  dei  poteri  tra  legislativo  giudiziario, 
amministrativo  gli  atti  del  Re,  della  Corona,  sono  stati  sostituiti  nell’ambito 
amministrativo  da  atti  amministrativo.  Infatti,  il termine “atti amministrativi’ ha origine 
accademica.  In  Germania  verso  la  fine  del  700  si  manifestano  notevoli  studi  delle 
scienze  amministrative,  tra  cui,  la  pubblica  amministrazione  apparendo  il  concetto 
dell’atto  amministrativo.  Oggi,  molte  cose  sono  cambiate  e  la  non  interferenza  del 
giudice  negli  atti  amministrative  è  stata  cambiata  per  una  intervenzione  giustificata  in 
alcuni casi. 
 
 
Atti amministrativi interni ed esterni 
 
✓ Atti amministrativi esterni: ​producono effetti nei confronti di soggetti esterni, 
terzi,  nei  rapporti  intersoggettivi  tra  privati  ed  amministrazione.  Così,  gli  atti 
con  efficacia  esterna  possono  ledere  le  situazioni  giuridiche  soggettive  di  altre 
persone. Esempio: provvedimenti amministrativi. 
✓ Atti  amministrativi  interni:  ​si  limitano  a  produrre  effetti  nei  confronti  di  altri 
soggetti  o  organi  appartenenti  alla  pubblica  amministrazione.  Così  non  possono 
produrre effetti lesivi nei confronti di terzi. Esempi: circolari, atti istruttori. 

 
 

I  pareri  sono  atti  amministrativi  che  qualche  volta  possono  avere  efficacia 
esterna,  quindi,  atti  esterni,  ma  che  la  maggior  parte  del  tempo  sono  atti  interni. 
Ancora,  per  quanto  riguarda  il  diritto  di  accesso  dei  cittadini  agli  atti  amministrativi 
(articolo  22  della  legge  241/1990)  e  ammesso  l’accesso  sia  nei  confronti  degli  atti 
interni sia degli esterni. 
 
 
Distinzione tra atto e provvedimento amministrativo 
 
✓ Provvedimento  amministrativo:  ​Atti  amministrativi  unilaterali,  tipici,  nominati, 
attraverso  i  quali  una  pubblica  amministrazione  dispone,  statuisce,  comanda,  con 
incidenza  immediata  e  diretta  su  situazioni  giuridiche  soggettive,  con  effetti 
costitutivi,  modificativi,  estintivi.  Esempi:  autorizzazioni,  concessioni, 
espropriazioni, sanzioni amministrative. 
○ Il  provvedimento  è  caratterizzato  dall’imperatività  che  lo  garantisce 
anche  se  invalido  la  produzione  unilaterale  nella  sfera  giuridica  dei 
destinatari  effetti  (costitutivi,  modificativi,  estintivi)  di  situazioni 
giuridiche  soggettive  ora  con  il  consenso  e,  in  alcuni  casi,  anche  contro  la 
volontà dei destinatari. 
✓ Atti  amministrativi  non  provvedimentali:  ​Sono  caratterizzati  in  negativo,  cioÈ, 
non  sono  provvedimenti  amministrativi.  Esempi:  le  certificazione,  autenticazioni, 
comunicazioni, notificazioni. 
 
L’atto  amministrativo  modifica  unilateralmente  una  situazione  giuridica 
soggettiva  e  l’imperatività  si  manifesta  con  una  gradualità  che  raggiunge  la  maggiore 
intensità  nei  casi  in  cui  il  provvedimento  è  emanato  contro  la  volontà  degli  interessati. 
Esempio:  espropriazione  per  pubblica  utilità.  Invece,  è  più  attenuata  quando  è  emanato 
su richiesta o con il consenso degli interessati. Esempio: permesso di costruire.  
 
Il  ​provvedimento​,  di  regola, è l’atto culminante di un iter procedurale denominato 
procedimento  amministrativo.  Esempi:  in  seguito  ad  un  procedimento  concorsuale  i 
vincitori  vengono  nominati  dipendenti  di  una  pubblica  amministrazione;  un  soggetto 
chiede  di aprire uno stabilimento su un’area demaniale, si apre un procedimento del quale 
verrà rilasciata una concessione amministrativa. 
 
 
Poteri amministrativi e provvedimenti 
 
Casetta  sottolinea  che  i  provvedimenti  costituiscono  esercizio  di  poteri 
amministrativi e individua alcune categoria di poteri (provvedimenti) amministrativi: 
 
✓ Autorizzatori  ✓ Di programmazione e 
✓ Concessori  pianificazione 
✓ Ablatori  ✓ Di imposizione di vincoli 
✓ Sanzionatori  ✓ Di controllo 
✓ Di ordinanza   

 
 

L’unica  critica  incede  sull’ultimo  elemento,  cioè,  il  potere  di  controllo,  una  volta 
che  l’attività  di  controllo  deve  essere  nettamente  distinta  dall'attività  di 
amministrazione  attiva  cui  appartengono  tutti  gli  altri  poteri.  Ancora  alle  categorie 
sopra  elencate  di  provvedimenti  amministrativi,  bisogna  aggiungere  i  provvedimenti  di 
secondo grado: annullamenti, revoche, convalide, ecc. di precedenti provvedimenti. 
 
 
Provvedimenti autorizzatori 
 
Vasta  categoria  che  comprende  assensi,  licenze,  permessi,  nulla  osta,  dispense, 
omologazioni,  ecc.  Sono  provvedimenti  autorizzatori  atti  che  rimuovono  dei  limiti,  degli 
ostacoli  all'esercizio  dei diritti o dei poteri che già appartengono al soggetto che chiede 
l’autorizzazione. 
 
Esempio:  l’articolo  16 comma 2 della Costituzione stabilisce il diritto di uscire dal 
territorio  ma  per  fare  questo  ha  bisogno  del  passaporto  o  della  carta  di  identità. 
Quindi,  lo  scopo  dell’autorizzazione  è  quello  di  accertare  e  valutare  la  conformità  dei 
vari  interessi  privati  ai  vari  interessi  pubblici  specifici  affidati  alla  cura  della 
amministrazione.  Di  fronte  al  potere  autorizzatorio  il  destinatario  è  titolare  di  un 
interesse  legittimo pretensivo rivolto al conseguimento dell'autorizzazione. Alcuni fanno 
la distinzione tra due tipi di autorizzazione: 
 
✓ Autorizzazione  dichiarative:  ​l’autorità  amministrativa  si  limita  ad  una  mera 
attività  dei  presupposti  e  requisiti  soggettivi  già  esistenti  che  vincolano  la 
pubblica amministrazione al rilascio delle autorizzazioni. 
 
✓ Autorizzazioni  costitutive:  ​non  sussiste  alcun  diritto  soggettivo  in  capo  al 
destinatario,  ma  diversa  situazione  giuridica  di  vantaggio,  costituita 
dall’aspettativa  legittima  (situazione  preliminare  che  anticipa  un'altra  situazione 
giuridica  soggettiva  attiva  e  strumentale  in  quanto  direttamente  finalizzata  alla 
nuova situazione).  
○ Esempio:  apertura  di  clinica  privata,  le  persone  che  vogliono  aprire questi 
stabilimenti  hanno  un'aspettativa  legittima  mentre  hanno  qualificazione, 
ma hanno bisogno di autorizzazione. 
 
Sono figure specifiche di autorizzazione: 
 
Permesso  di  costruire:  ​prima  denominato  “concessione  edilizia”  e  “licenza 
edilizia”  il  permesso  di  costruire  è  necessario  per  tre  tipologie  di  interventi, quelle che 
non  rientrano  in  queste  tre  categorie  di  regola  sono  assoggettati  alla  Segnalazione 
Certificata Inizio Attività (S.C.I.A): 
○ Interventi  di  nuova  costruzione:  ​per  esempio  nei  casi  di  costruzione  o 
ampliamenti  di  fabbricati  fuori  terra  o  interrati,  realizzazione  di 
infrastrutture  e  di  impianti,  l'installazione  di  manufatti  leggeri, 
imbarcazioni, campers, ambienti di lavoro, ecc. 

 
 

○ Interventi  di  ristrutturazione  urbanistica:  ​riguardano  più  edifici  e  che 


sostituiscono  il  tessuto  urbanistico  esistente  con  un  altro  diverso 
mediante  un  insieme  sistematico  di  interventi  edilizi,  anche  con  la 
modificazione del disegno dei lotti e della rete stradale. 
○ Interventi  di  ristrutturazione  edilizia  pesante:  ​riguardano  un  solo 
edificio  e  che  portino  ad  un  organismo  edilizio  in  tutto  o  in  parte  diverso 
dal  precedente  con  aumento  delle  unità  immobiliari,  ovvero  che 
limitatamente  agli  immobili  compresi  nei  centri  storici  comportino 
mutamenti della destinazione di uso. 
 
Autorizzazione  paesaggistica:  ​I  proprietari,  possessori  o  detentori  a  qualsiasi 
titoli  di  immobili  ed  aree  sottoposti  a  tutela  paesaggistica  non  possono  distruggerli,  né 
introdurvi  modificazioni  che  rechino  pregiudizio  ai  valori  paesaggistici  oggetto  di 
protezione (articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio).  
Così,  essi  hanno  l’obbligo  di  richiedere  e  ottenere  l’autorizzazione  paesaggistica 
presentato  alle  amministrazioni  il  progetto  con  la  documentazione  degli  interventi  che 
intendono  realizzare.  L'autorizzazione  paesaggistica  deve  essere  ottenuta  prima  del 
permesso  di  costruire,  essa  costituisce  atto  autonomo  e  presupposto  rispetto  al 
permesso di costruire. 
Sulla  domanda  di  autorizzazione  paesaggistica  si  pronuncia  l'amministrazione, 
dopo  avere  acquisito  il  parere  vincolante  del  Soprintendente  sugli  interventi  da 
realizzare. L'autorizzazione paesaggistica è efficace per un periodo di cinque anni. 
 
Autorizzazione  integrata  ambientale:  ​Ha  l'obiettivo  di  raggiungere  un  elevato 
livello  di  protezione  dell’ambiente  nel  suo  complesso.  Ha  per  oggetto la prevenzione e la 
riduzione  integrate  dell'inquinamento  proveniente  da  impianti  inquinanti  come,  per 
esempio,  raffinerie  di  petrolio  e  di  gas,  impianti  di  gassificazione  e  liquefazione  del 
carbone,  ecc.  L’autorizzazione  fissa  valori  limite  di  emissione  per  le  sostanze  inquinanti 
in considerazione della natura e potenzialità degli impianti specifici. 
 
Autorizzazioni  tecniche  o  abilitazioni:  provvedimenti  che  consistono  nel 
permettere  l’esercizio  di  una  data  attività  sulla  base  di  un  giudizio di carattere tecnico 
circa  l'idoneità  del  soggetto  richiedente.  presuppongono  in  genere  un  esame  inteso  ad 
accertare  che  l'interessato  possegga  determinate  attitudini  richieste  dalle  norme. 
Esempi: rilascio delle patenti di guida dei veicoli, abilitazioni all'esercizio di professioni. 
 
Omologazione: rilasciata in seguito ad un accertamento che un determinato bene, 
di  norma  destinato  ad  essere  prodotto  in  serie,  ha  tutti  i  requisiti  previsti.  Esempio: 
omologazione degli apparati e sistemi da impiegare nella rete delle telecomunicazioni.  
 
Nulla osta:  provvedimento  mediante  il  quale  una  amministrazione  dichiara di non 
avere  nulla  da  obiettare,  in  relazione  all'interesse  pubblico  di  cui  è  portatrice,  circa 
l'adozione di un provvedimento di competenza di un’altra autorità amministrativa.  
 
 

 
 

Dispensa:  ​provvedimento  con  il  quale  l’amministrazione,  nell'esercizio  di  una  sua 
potestà  discrezionale,  esonera  un  soggetto  o  più  soggetti  dall'adempimento  di  un 
obbligo.  La  dispensa  è  una  legittimazione,  in  via  eccezionale,  a  che  un  soggetto  non 
compia  una  determinata  attività,  deve  trovare  giustificazione  nella  previsione  di  una 
norma giuridica. 
 
Un  soggetto,  invece  di  richiedere  alla  pubblica  amministrazione 
un’autorizzazione,  una  licenza,  una  concessione  non  costitutiva,  un  permesso  o  un  nulla 
osta  potrebbe  conseguire  un  analogo  risultato  con  la  segnalazione  certificata  di  inizio 
attività (S.C.I.A.) oppure con il silenzio assenso.  
 
✓ S.C.I.A:  ​L’art.  19  della  legge  241/1990,  sul  procedimento  amministrativo 
disciplina  la Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) che intende ridurre 
gli  oneri  amministrativi  a  carico  dei  privati,  consentendo  loro  di  svolgere 
un’attività  economica,  iniziando  dalla  data  di  presentazione  di  una  semplice 
segnalazione,  la  SCIA,  all’amministrazione  pubblica  competente.  La  SCIA 
consente  di  iniziare  l’attività  immediatamente  e  senza  necessità  di  attendere  la 
scadenza  di  alcun  termine.  Per  conseguire  tale  finalità  acceleratoria,  alla  SCIA 
devono  essere  allegate  le  attestazioni  di  tecnici  abilitati,  con  gli  elaborati 
progettuali necessari per consentire le verifiche successive. 
○ L'amministrazione  competente,  in  caso  di  accertata  carenza  dei  requisiti 
e  dei  presupposti,  adotta  motivati  provvedimenti  di  divieto  di 
prosecuzione  dell'attività  e  di  rimozione degli eventuali effetti dannosi di 
essa,  salvo  che,  se  possibile,  l'interessato  provveda  a  conformare  alla 
normativa  vigente  la  stessa  attività  ed  i  suoi  effetti  entro  un  termine 
fissato dall'amministrazione. 
○ Decorso  il  termine per l'adozione dei provvedimenti, all'amministrazione è 
consentito  intervenire  solo  in  presenza  del  pericolo  di  un  danno  per  il 
patrimonio  artistico  e  culturale,  per  l'ambiente,  per  la  salute,  per  la 
sicurezza  pubblica  o  difesa  nazionale  e  previo  motivato  accertamento 
dell'impossibilità  di  tutelare  comunque  tali  interessi  mediante 
conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente. 
○ L’art.  19  prevede  anche  numerosi  casi  in  cui  non  è  ammissibile 
l’utilizzazione  della  SCIA,  quali,  per  fare  solo  degli  esempi, la presenza di 
vincoli  ambientali,  paesaggistici  o  culturali  o  quando  si  sia  in  presenza  di 
atti riguardanti la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, ecc. 
 
✓ Silenzio  assenso:  ​è  disciplinato  dall’art.  20  della  legge  241/1990.  Nei 
procedimenti  che  iniziano  su  domanda  del  soggetto  interessato  per  il  rilascio  di 
provvedimenti,  il  silenzio  dell'amministrazione  equivale  al  provvedimento  di 
accoglimento  della  domanda.  Per  aversi  questa  equivalenza  è  necessario  che  il 
silenzio  dell’amministrazione  si  sia  protratto  per  il  termine  di  conclusione  del 
procedimento  fissato.  L’amministrazione  può  impedire  la  prosecuzione 
dell’attività,  esercitando  suoi  poteri  di  autotutela  (annullamento  o  revoca  degli 
effetti).  Anche  ci  sono  numerosi  casi  in  cui  non  è  possibile  il  silenzio  assenso. 
Esempio: autorizzazioni preposte alla difesa nazionale, pubblica sicurezza, ecc. 

 
 

Provedimenti concessori 
 
I  provvedimenti  concessori  consistono  in  provvedimenti  costitutivi  di  diritti 
soggettivi a favore del concessionario. 
 
✓ Concessioni su beni appartenenti alla pubblica amministrazione: ​come esempio 
abbiamo  la  concessione  per  aprire  uno  stabilimento  balneare  sulla  spiaggia  o  la 
concessione di acque pubbliche per uso domestico. 
✓ Concessioni su settori riservati alla pubblica amministrazione: ​come esempio la 
concessione di servizi pubblici. 
 
In  sostanza  le  concessioni  vengono  rilasciata  dalla  amministrazione  su  beni 
oppure  in  settori  che  sono  ad  essa  riservati  e  che  entrano  nella  disponibilità dei privati 
dopo il rilascio delle concessioni. 
 
Comparazione provvedimenti autorizzativi e concessori  

Provvedimenti autorizzativi  Provvedimenti concessori 

✓ Provvedimenti  ampliativi  della  ✓ Provvedimenti ampliativi della 


sfera giuridica del destinatario.  sfera giuridica del destinatario. 
✓ I  destinatari  sono  titolari  di  ✓ I  destinatari  sono  titolari  di 
interessi legittimi.  interessi legittimi. 
✓ Riguarda  l’interesse  pubblico  tra  ✓ Riguarda  beni  di  appartenenza  o 
cose che non sono della p.a.  settori riservati alla p.a. 
✓ Afferiscono  a  diritti  di  cui  il  ✓ creano  nuovi  diritti  soggettivi  a 
privato è già titolare.  favore del concessionario. 
 
Le  figure  di  concessioni  sono  molto  varie  ed  eterogenee.  In  un  tentativo  di 
raggruppare per categorie si possono citare: 
 
✓ Concessioni  traslative:  ​Il  diritto  o  il  potere  preesiste  in  capo  alla  pubblica 
amministrazione che trasferisce il suo esercizio ad un soggetto privato, avviene il 
trasferimento dell'esercizio del diritto pubblico a favore del privato.  
I  presupposti  per  la  concessione  traslativa  sono  la  titolarità  del  bene  in  capo  ad 
un  ente  pubblico  e  la  conformità  del  provvedimento  di  concessione  all’interesse 
pubblico  generale  che  giustifica  la  sottrazione  del  bene  all’uso  collettivo e la sua 
destinazione ad uno specifico. 
La subordinazione all’interesse pubblico da alla pubblica amministrazione il potere 
di  decidere  di  revocare  la  concessione  in  corso  di  rapporto,  anche  prima  della 
scadenza.  Il  concessionario  ha  l'obbligo  di  sgomberare  a  proprie  spese  l'area 
occupata, ripristinando lo stato dei luoghi esistente, riconsegnando l'area. 
○ Concessioni  che  consentono  l’uso  individuale  di  beni  pubblici:  ​ad 
esempio  le  concessioni  di  spiaggia,  concessioni  minerarie,  affidamento  ad 
un privato per la gestione del servizio di bar all’interno di un ospedale.  
○ Concessioni  di  servizi  pubblici:  servizio  di  gestione  integrata  dei  rifiuti, 
concessione per svolgere attività di trasporto pubblico mediante autobus. 

 
 

○ Concessioni di pubbliche potestà e di pubbliche funzioni: ​concessioni di 
tesoreria, di esattoria, ecc. 
○ Concessioni  di  vantaggi  economici:  ​Concessioni  di  sussidi,  premi 
indennizzi,  contributi,  sovvenzioni  che  sono  sottoposti  all’articolo  12 della 
legge  241/1990  che  richiede  prima  di concedere a qualcuno questo diritto 
deve  approvare  un  regolamento  in  cui  stabilisce  i  criteri e le modalità che 
seguirà  nelle  singole  concessioni,  si  vuole  evitare  ingiustificati favoritismi 
o scelte arbitrarie. 
○ Concessioni  di  costruzione  e  gestione  di  opere  pubbliche:  un 
imprenditore  privato  che  costruisce  e  gestisce la piscina comunale oppure 
un parcheggio comunale aperto al pubblico. 
 
✓ Concessioni  costitutive:  ​il  diritto  attribuito  dalla  pubblica  amministrazione  al 
privato  concessionario  è  totalmente  nuovo,  quindi,  costituiscono,  creano  un 
diritto nuovo. 
○ Costitutive  di  status:  ​concessione  della  personalità  giuridica  a  un 
entente, della cittadinanza ad una persona fisica, ecc. 
○ Costitutive  di  particolari  diritti  soggettivi:  ​decreto  prefettizio  di 
cambiamento di nomi e cognomi delle persone 
○ Per  l’esercizio  di  attività  professionali  a  numero  chiuso:  ​rientrano  le 
concessioni  di  sedi  farmaceutiche  o  di  piazze  notarili,  mentre  il  primo  è 
riconosciuto  dalla  maggior  parte  della  dottrina  e  giurisprudenza  come 
autorizzazione. 
 
Altri  caratteristiche  sulle  concessioni  traslative:  ​Il  soggetto  attributario  di 
una  concessione  da  parte  di  una  pubblica  amministrazione  assume  la  natura  di  sostituto 
di  quella  pubblica  amministrazione  e,  relativamente  ai  poteri  pubblici  trasferiti,  è  esso 
stesso pubblica amministrazione. 
In  materia  di  concessioni  traslative, in particolare di concessioni di beni pubblici, 
accanto  al  provvedimento  amministrativo  di  concessione,  di  regola,  è  presente  anche  un 
contratto  che  fissa  i  rispettivi  diritti,  obblighi  e  responsabilità  della  pubblica 
amministrazione  e  del  concessionario.  Per  questo  si  parla  di  ​concessione-contratto. ​Il 
contratto accede al provvedimento amministrativo di concessione. 
Tuttavia,  l’atto  fondativo  del  rapporto  tra  amministrazione  e  concessionario  è  il 
provvedimento  concessorio,  essendo  il  contratto  soltanto  uno  strumento  ausiliario, 
accessorio, idoneo alla regolazione degli aspetti patrimoniali del rapporto. 
Di  conseguenza  al  contratto  che  accede  alla  concessione  si  applicano  le 
disposizioni  del codice civile però sempre tendendo presenta la persistenza e prevalenza 
del potere pubblico. 
 
Incidenza  del  diritto  dell’unione  europea  sulle  concessioni:  ​Il  diritto 
dell’Unione  in  questo  tema  ha  avuto  lo  scopo  di  dare  una  disciplina  comune  ai  vari  Stati 
per  evitare  la  creazione  di  fenomeni  distorsivi  della  concorrenza  e del mercato. Fino ad 
oggi  il  diritto  dell’Unione ha disciplinato soltanto alcuni settori: dei contratti disciplinati 
dalla  direttiva  2014/23  e  le  direttive  2014/24  e  2014/25,  ed  anche  delle  concessioni 
oggetto della direttiva 206/123 relativa ai servizi nel mercato interno. 

 
 

La  direttiva  2014/23  regola  contratti  che  rientrano  nel  settore  degli  appalti 
pubblici  e  che  riguardano le concessioni per la costruzione e gestione di opere pubbliche 
e  gestione  di  opere  pubbliche  e  le  concessioni  per  la  realizzazione  e gestione di servizi. 
Ad  essi  si  applicano  gli  stessi  principi  che  operano  per  gli  appalti  pubblici:  ​economicità, 
efficacia,  tempestività,  correttezza,  libera  concorrenza,  non  discriminazione, 
trasparenza,  proporzionalità,  pubblicità,  parità  di  trattamento,  non  esclusione  delle 
microimprese, delle piccole e delle medie imprese. 
Per  quanto  riguarda  le  concessioni  oggetto  della  direttiva  2006/123  (direttiva 
Bolkestein)  è  necessario  considerare  che  questa  normativa  parte  dalla  constatazione 
che  i  servizi  rappresentano  il  70%  del  PIL e dei posti di lavoro nella maggior parte degli 
Stati  Membri.  Così  la  direttiva vuole conseguire una maggiore competitività del mercato 
di  servizi  ed  anche  superare  l’elevato  numero  di  ostacoli  presenti  nel  mercato  interno 
che  impediscono  l’esercizio  di  stabilimento  e  la  libera  circolazione  dei  servizi  (protetti 
dai trattati).  
In  base  alla  normativa  ​quando  il  numero  di  autorizzazioni,  licenze,  concessioni 
disponibili  per  una  determinata  attività  risulta  limitato  per  via  della  scarsità  delle 
risorse  naturali  o  delle  capacità  tecniche  utilizzabili,  le  pubbliche  amministrazioni 
devono  applicare  una  procedura  di  selezione  tra  i  candidati  potenziali,  che  presenti 
garanzie  di  imparzialità  e  di  trasparenza  e  preveda,  in  particolare,  un'adeguata 
pubblicità  dell'avvio  della  procedura  e  del  suo  svolgimento  e  completamento.  Le 
autorizzazioni,  licenze, concessioni sono rilasciate per una durata limitata adeguata. Non 
sono ammessi i rinnovi automatici. 
Sono  assoggettate  alla  normativa  in  esame  le  concessioni  riguardanti:  i  servizi 
alle  imprese,  quali  i  servizi  di  consulenza  manageriale  e  gestionale,  i  servizi  di 
certificazione  e  di  collaudo,  i  servizi  di  gestione  delle  strutture,  compresi  i  servizi  di 
manutenzione  degli  uffici,  i  servizi  di  pubblicità  o  i  servizi  connessi  alle  assunzioni  e  i 
servizi  degli  agenti  commerciali,  ecc.  Ma  sono  escluse  le  concessioni  che  riguardano:  ​i 
servizi  non  economici  d’interesse  generale,  i  servizi  finanziari  quali  l’attività bancaria, il 
credito,  l’assicurazione,  i  titoli,  gli  investimenti, i fondi, i servizi di pagamento e quelli di 
consulenza nel settore degli investimenti, ecc. 
 
Orientamento  della  giurisprudenza  per  la  scelta  dei  concessionari  mediante 
procedure  ad  evidenza  pubblica:  ​I  giudici  amministrativi  ritengono,  rinvenibili 
direttamente  nel  Trattato  (quali  il  rispetto  della  libertà  di  stabilimento,  la  libera 
prestazione  dei  servizi,  la  par  condicio,  la  imparzialità  e  la  trasparenza),  che  le 
pubbliche  amministrazioni  siano  assoggettate  all’obbligo  di  esperire  procedure  di 
evidenza  pubblica  ai  fini  della  individuazione  del  soggetto  concessionario.  Siffatto 
orientamento giurisprudenziale vale anche in materia di concessioni di beni pubblici. 
Anche  in  caso  di  concessione  di  beni  pubblici,  le  pubbliche  amministrazioni  sono 
tenute  a  dare  corso  a  una  procedura  competitiva  per  la  scelta  del  concessionario. 
Infatti,  la  mancanza  di  una  procedura  competitiva  circa  l’assegnazione  di  un  bene 
pubblico  suscettibile  di  sfruttamento  economico,  introduce  una  barriera  all’ingresso  al 
mercato,  determinando  una  lesione  alla  parità  di  trattamento,  in  violazione  dei  principi 
del diritto dell’Unione europea di concorrenza e di libertà di stabilimento. 
 

 
 

I problemi di attuazione della direttiva Bolkestein in tema di concessioni per 
il  commercio  sulle  aree  pubbliche  e  di  concessioni  demaniali  marittime,  fluviali  e 
lacuali:  ​In  relazione  alle  concessioni  per  il  commercio  sulle  aree  pubbliche,  l’art.  6, 
comma  8,  del  D.L  244/2016  e  sue  modifiche  hanno  disposto  che  il  termine  delle 
suddette concessioni, in essere è prorogato al 31 dicembre 2018. 
La  proroga  sottrae  le  concessioni  non  ancora  scadute  ai  procedimenti  di  evidenza 
pubblica  e  alla  concorrenza.  Invece,  le  nuove  concessioni  dovranno  rispettare  tali 
procedimenti. 
In  relazione  alle  concessioni  demaniali  marittime,  fluviali  e  lacuali,  con  finalità 
turistico-ricreative,  ad  uso  pesca,  acquacoltura  ed attività produttive ad essa connesse, 
sportive,  ecc.,  l'art.  34  del  D.L  179/2012  e  sue  modifiche  hanno disposto che il termine 
di  durata  delle  concessioni  in  essere  alla  data  di  entrata  in  vigore  del  decreto-legge 
stesso e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino al 31 dicembre 2020. 
È  intervenuta  però  la  sentenza  della  Corte  di  giustizia  dell’Unione  europea  che  ha 
ha  dichiarato  che  una  legge  italiana  che  preveda  la  proroga  automatica  delle  suddette 
concessioni,  in  assenza  di  qualsiasi  procedura  di  selezione  tra  i potenziali candidati, è in 
contrasto con l’art. 12 della Direttiva e con l’art. 49 del TFUE. 
 
 

__________________________________________________24/01/2018 
 
➢ Lezione 5: Il procedimento amministrativo 
 
Percorso storico 
 
È  necessario  distinguere  tra  procedimento  e  provvedimento  amministrativo:  il 
procedimento  riguarda  il  percorso,  il  provvedimento  di  regola  è  l’atto  conclusivo. 
Tuttavia, in urgenza il provvedimento può non essere preceduto da un procedimento. 
 
In  Italia  per  lungo  tempo  è  mancata una legge sul procedimento amministrativo e 
alcuni  principi  generali  sono  stati  stabiliti  con  la  legge  241/1990  che  fino  ad  oggi  ha 
subito moltissime modificazione ed aggiunte diventando una legge sul procedimento. 
 
Questo  percorso  storico,  infatti,  comincia  con  la  dottrina  e  la  nozione  di  ​atto 
composto  (le  sequenze  di  atti  erano  conosciute)  perché  prima  del  provvedimento  vi 
erano  gli  atti  preparatori,  si  dava  meno  importanza  all’iter  amministrativo  e  più 
importanza  al  atto  finale,  l’unico  importante  ai  fini  dell’impugnazione  giurisdizionale 
perché solo essi poteva determinare una lesione della situazione giuridica di altri. 
 
È  in  Austria  che  si  è  sviluppata  la  concezione  del  procedimenti  amministrativo 
quale  prima  sede  di  tutela  ei  diritti  dei  cittadini  (legge  di  1925).  I  giuristi  austriaci 
avevano  posto  in  luce  che  l’attività  amministrativa  e  giurisdizionale  sono  omogenee 
differenziandosi  soltanto  per  la  posizione  dell’autorità.  Anche  negli Stati Uniti la tutela 
specifica  si  è  contratta  nel  procedimento  amministrativo  che  ha  assunto  una  finalità ed 
una struttura quasi giurisdizionali. 

 
 

In  Italia  attualmente  si  riconosce  che  ​il  procedimento  costituisce  la  forma 
della  funzione  amministrativa​.  Al  fine  di  fornire  garanzie  ai  cittadini,  l’attività 
amministrativa  È  sempre  più  disciplinata  mediante  regole  che  riguardano  lo  svolgimento 
del procedimento. L’attività amministrativa è “procedimentalizzata”. 
 
 
Concetto di procedimento e il procedimento informatico 
 
Procedimento  amministrativo:  ​una  serie  di  atti,  con  diversa  natura  e  funzione, 
compiuti  da  diverse  figure  soggettive,  ma  tutti  collegati  e  coordinati  in  vista  dell’atto 
finale.  Questo  atto  finale,  di  regola,  è  costituito  dal provvedimento amministrativo, che 
rappresenta l'estrinsecazione del potere amministrativo. 
 
*​Articolo  2  della  legge  82/2005  (codice  dell’amministrazione  digitale)  - 
lo  Stato,  le  Regioni,  gli  enti  locali  e  le  altre  pubbliche  amministrazioni 
assicurano  la  disponibilità,  la  gestione,  l'accesso,  la  trasmissione,  la 
conservazione  e  la  fruibilità  dell'informazione  in  modalità  digitale  e  si 
organizzano  ed  agiscono  a  tale  fine  utilizzando  con  le  modalità  più 
appropriate le tecnologie dell'informazione e della comunicazione”​*  
 
Gran  parte  delle  disposizioni  del  Codice  dell’amministrazione  digitale  si applicano 
anche ai soggetti privati: 
✓ Disposizioni  concernenti  i  documenti  informatici,  le  firme  elettroniche, 
pagamenti informatici, libri e scritture. 
✓ Disposizioni  relative  alla  formazione,  gestione,  conservazione  e  trasmissione  dei 
documenti informatici. 
 
L’articolo  3  del  codice  riconosce  il  diritto  a  favor  del  cittadini  dell’uso  delle 
tecnologie  e  stabilisce  che  i  cittadini  e  le  imprese  hanno  diritto  a  richiedere  ed 
ottenere  l'uso  delle  tecnologie  telematiche  nelle  comunicazioni  con  le  pubbliche 
amministrazioni  e  con  le  società,  interamente  partecipate  da  enti  pubblici  o  con 
prevalente  capitale  pubblico.  Nella  disciplina  del  codice,  quella  che  direttamente 
interessa al procedimento amministrativo, tra altri, è l’articolo 41 comma 1: 
 
*​Le  pubbliche  amministrazioni  gestiscono  i  procedimenti  amministrativi 
utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nei casi e 
nei modi previsti dalla normativa vigente​* 
 
Questo  articolo,  tuttavia,  non  ha  un  significato  limitativo,  quindi,  impone 
l’utilizzazione  più  ampia  possibile  delle  tecnologie  con  la  sola  salvaguardia  della  tutela 
della riservatezza.  
 
Dal  comma  1  dell’articolo  41  si  ricava  anche  la  definizione  di  procedimento 
amministrativo  informatico:  il  procedimento  gestito  dalle  pubbliche  amministrazioni  con 
le tecnologie dell'informazione e della comunicazione. 
 
 

 
 

Fasi del procedimento amministrativo 


 
Il procedimento amministrativo si compone di varie fasi: 
 
✓ Fase di iniziativa  ✓ Fase decisoria 
✓ Fase istruttoria  ✓ Fase integrativa dell’efficacia 
 
Alcuni  studiosi  dividono  il  procedimento  in  tre fasi: preparatoria (che comprende 
le  fasi  di  iniziativa  e  istruttoria),  fase  decisoria  o  costitutiva,  e  fae  integrativa 
dell’efficacia. 
 
 
Fase di iniziativa 
 
La fase di iniziativa apre il procedimento. L'iniziativa può venire: 
✓ Da soggetti privati:​ Presentano domande o istanza. 
✓ Da  pubbliche  amministrazioni  diverse  da  quella  che  deve  emanare  il 
provvedimento finale:​ Presentano richieste o proposte 
✓ Dalla  stessa  pubblica  amministrazione  decidente:  ​Apertura  d’ufficio  del 
procedimento. 
 
In  base  all’articolo  18  della  legge  241/1990  le  pubbliche  amministrazione  devono 
rilasciare  una  ricevuta  in  seguito  alla  presentazione  di  istanza,  segnalazione  o 
comunicazioni.  Tuttavia, le istanze, segnalazioni o comunicazioni producono effetti anche 
in  caso  di  mancato  rilascio  della  ricevuta,  ferma  restando  la responsabilità del soggetto 
competente. 
 
L’atto  di  iniziativa  determina  nell’amministrazione  competente  ad  emanare  il 
provvedimento  finale  l’obbligo  di  procedere  nonché  di concludere il procedimento con un 
provvedimento espresso, come peve l’articolo 2 comma 1 della legge 241/1990: 
 
*​Ove  il  procedimento  consegua  obbligatoriamente  ad  un’istanza,  ovvero 
debba  essere  iniziato  d’ufficio,  le  pubbliche  amministrazioni  hanno  il 
dovere  di  concludere  mediante  l’adozione  di  un  provvedimento  espresso. 
Se  ravvisano  la  manifesta  irricevibilità,  inammissibilità, improcedibilità o 
infondatezza  della  domanda,  le  pubbliche  amministrazioni  concludono  il 
procedimento  con  un  provvedimento  espresso  redatto  in  forma 
semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento 
al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo​* 
 
 
Per stabilire quando matura l’obbligo di concludere il procedimento sono essenziali i 
successivi  commi  dell’art.  2  che  collegano  l’obbligo  di  concludere  il  procedimento  al 
rispetto  dei  termini  di  scadenza.  I  termini  possono  essere  stabiliti  da  specifiche 
previsioni  di  legge  oppure,  caso  più  frequente,  i  termini  sono  stabiliti  da  ciascuna 
pubblica amministrazione per i procedimenti amministrativi di propria competenza. 
 

 
 

In  base  al  comma  3,  i  regolamenti  pubblica  amministrazione  provvedono  ad 
individuare  termini  non  superiori  a  novanta  giorni  per  la  conclusione  dei  procedimenti di 
propria  competenza.  Però,  il  comma  4  aggiunge  che,  in  casi  di  particolare  complessità,  i 
regolamenti  possono  individuare  termini  non  superiori  a  centottanta  giorni  per  la 
conclusione  dei  procedimenti.  Entro  termini  maggiori possono concludersi i procedimenti 
di acquisto della cittadinanza italiana e quelli riguardanti l’immigrazione. 
 
In  apparenza,  l’art. 2, comma 2, riguarda soltanto i termini dei procedimenti delle 
amministrazioni  statali  e  degli  enti  pubblici nazionali, ma anche le Regioni e gli enti locali 
debbono provvedere a prestabilire i termini procedimentali. 
 
Termine  generale  residuale  di  30  giorni:  ​I  termini  per  la  conclusione  del 
procedimento  decorrono  dall’inizio  del  procedimento  d’ufficio  o  dal  ricevimento  della 
domanda  (art.  2,  comma  6).  Se  una  amministrazione  non  ha  fissato  i  termini  dei 
procedimenti, si applica il termine generale di 30 giorni della legge 241/1990. 
 
Sospensione  dei  termini  procedimentali:  ​La  sospensione  del  termine  ha  come 
conseguenza  che  non  si  computa  il  solo  periodo  di  sospensione,  invece  i  giorni  trascorsi 
prima della sospensione si sommano a quelli successivi al periodo di sospensione.  
In base all’articolo 2 comma 7, i termini per la conclusione possono essere sospesi 
per  una  sola  volta  e  per  un  periodo  non  superiore  a  trenta  giorni  per  l’acquisizione  di 
informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti 
già  in  possesso  dell’amministrazione  o  non  direttamente  acquisibili  presso  altre 
amministrazioni.  La  sospensione  dei  termini  procedimentali  per  un  periodo  superiore  a 
trenta  giorni  è  ammessa  nei  casi  in  cui  sia  necessario  acquisire  preventivamente  le 
valutazioni tecniche di organi od enti appositi. 
 
Conseguenze  del  mancato  rispetto  dei  termini:  ​Il  Comma  9  dell’articolo  2 
stabilisce  tre  conseguenze  per  il  mancato  rispetto  dei  termini:  la  valutazione  della 
performance  individuale,  della  responsabilità  disciplinare  e  la  valutazione  della 
responsabilità amministrativo-contabile. 
L’articolo  2  bis  ancora  stabilisce  come  conseguenza  il  danno  da  ritardo,  cioè 
l’obbligo  di  risarcimento  del  danno  ingiusto  cagionato  in  conseguenza  dell’inosservanza 
dolosa  o  colposa  del  termine  di  conclusione  del  procedimento.  Infine,  è  possibile  la 
responsabilità  penale  dell’articolo  328  sul  rifiuto  o  sull’omissione  di  atti  di  uffici  ed 
anche  l’esercizio  dei  poteri  sostitutivi  di  un’altra  pubblica  amministrazione  che  è 
individuato da ogni amministrazione in caso di inerzia procedimentale.  
Se  si  verifica  l’inerzia  procedimentale,  il  privato  può  rivolgersi  al  soggetto  cui  è 
stato  attribuito  il  potere  sostitutivo,  affinché,  entro  un  termine pari alla metà di quello 
originariamente  previsto,  concluda  il  procedimento attraverso le strutture competenti o 
con la nomina di un commissario.  
 
Interruzione  dei  termini:  ​L’interruzione  comporta  la  conseguenza  che,  dopo 
l’evento  interruttivo,  il  termine  procedimentale  comincia a decorrere dall’inizio. Esempio 
di  interruzione  è  la  comunicazione  al  richiedente  dei  motivi  che  impedirebbero 
l’accoglimento della sua domanda come prevede l’articolo 10-bis della legge 241/1990. 

 
 

Il silenzio della pubblica amministrazione 


 
*​Articolo  2  della  legge  241/1990  -  Ove  il  procedimento  consegua 
obbligatoriamente  ad  una  istanza,  ovvero  debba essere iniziato d’ufficio, 
la  pubblica  amministrazione  ha  il  dovere  di  concluderlo  mediante 
l’adozione di un provvedimento espresso​* 
 
Tuttavia,  nonostante  questo  obbligo  può  anche  accadere  che  il  procedimento 
possa  concludersi  con  il  silenzio  della  pubblica  amministrazione.  Il  silenzio  è  un’inerzia 
che  riceve  diverse  qualificazione  da  parte  dell’ordinamento  giuridico,  l’effetto 
significativo  normale  è  il  silenzio  assenso  (effetto  equipollente  all’emanazione  di  un 
provvedimento favorevole). 
 
 
Silenzio assenso (silenzio accoglimento) 
 
Il  silenzio  assenso  (in  seguito  all'inerzia  della  P.A.)  attribuisce  al  soggetto,  che 
aveva  richiesto  un  determinato  provvedimento,  l'utilità  che  avrebbe  dovuto  ottenere 
attraverso  il  provvedimento.  Pertanto,  il  silenzio  assenso  produce  effetti  sostanziali  e 
innovativi,  modificando  la  situazione  giuridica  preesistente.  Per  conseguire  gli  effetti 
del  silenzio  assenso  è  necessario  che  il  soggetto  interessato  abbia  presentato  una 
domanda valida, completa di tutti gli elementi utili.  
 
Prima  dell’entrata  in  vigore  della  legge  241/1990,  il  silenzio  assenso  operava  in 
pochi  casi  tassativamente  previsti  dalla  legge.  Poi  l’articolo  20  di  questa  legge  ha 
individuato  una  più  ampia  serie  di  casi  di  silenzio  assenso.  Infine,  con  le  modifiche 
successive  nella  stessa  legge  il  silenzio  assenso  è  diventato  un  istituto  di  normale 
applicabilità. 
 
*​Articolo  20  commi  1  e  2  della  legge  241/1990  -  nei  procedimenti  ad 
istanza  di  parte  per  il  rilascio  di  provvedimenti  amministrativi  il  silenzio 
dell'amministrazione  equivale  a  provvedimento  di  accoglimento,  senza 
necessità  di  ulteriori  istanze  o  diffide,  se  la  medesima  amministrazione 
non  comunica  all'interessato,  nel  termine  di  cui  all’art.  2,  commi  2  e  3 
(termini di conclusione dei procedimenti amministrativi), il provvedimento 
di  diniego,  ovvero  non  procede  ai  sensi  del  comma  2.  Tali  termini 
decorrono  dalla  data  di  ricevimento  della  domanda.  L'amministrazione 
competente  può  indire,  entro  trenta  giorni  dalla  presentazione 
dell'istanza  di  cui  al  comma  1,  una  conferenza  di  servizi,  anche  tenendo 
conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati​* 
 
Di  fronte  a  questa  produzione  automatica  del  silenzio  assenso,  la  pubblica 
amministrazione  può  disporre,  come  rimedio  in  via  di  autotutela,  la  revoca  o 
l’annullamento  d’ufficio  del  silenzio  assenso  (articolo  20,  comma  3).  Infine,  ci  sono 
numerose  eccezioni  alla  regola  generale  del  silenzio  assenso  (articolo  20  comma  4. 
Esempio:  procedimenti  riguardanti  il  patrimonio  culturale  e  paesaggistico, l'ambiente, la 
tutela  dal  rischio  idrogeologico,  la  difesa  nazionale,  pubblica  sicurezza,  l’immigrazione, 
ecc. 
 
 

Silenzio inadempimento 
 
Nei  casi  in  cui  non  opera  il  silenzio  assenso,  cioè,  nei  casi  eccezionali,  il  decorso 
del  termine  per  concludere  il  procedimento,  senza  che  l’Amministrazione  abbia 
provveduto, comporta la formazione del silenzio-inadempimento. 
 
Tuttavia,  non  si può dimenticare che in sostanza, il silenzio mantenuto dalla P.A. è 
di  per  sé  illegittimo,  innanzitutto  per  violazione  dei  principi  di legalità e di tipicità degli 
atti  amministrativi  in  quanto  l’amministrazione  non  può  astenersi  dall’assumere 
determinazioni  sulla  domanda  del  privato  e  non  può  rifiutarsi  di provvedere, dato che la 
conclusione  del  procedimento  con  un  provvedimento  espresso  costituisce  un  diritto 
dell’interessato. 
 
In  caso  di  inadempimento  degli  obblighi  della  pubblica  amministrazione,  la 
cognizione  del  giudice  si  deve necessariamente differenziare nelle due ipotesi di inerzia 
tenuta a fronte di attività vincolata ed a fronte di attività discrezionale: 
✓ Attività  vincolata:  è  possibile  valutare  la  fondatezza  della  pretesa,  perché,  la 
norma  esaurisce  in  sé  tutti  i  presupposti  dell'azione  ed  il  decorso  del  termine 
determina il sorgere dell'interesse al ricorso. 
✓ Attività  discrezionale:  il  giudice  può  dichiarare  l'obbligo  di  provvedere,  ma  non 
può  valutare  la  fondatezza  dell'istanza,  in  quanto  la  norma  conferisce 
all’amministrazione  lo  svolgimento  di un'attività di esame e di cura degli interessi 
pubblici. 
 
 
Silenzio diniego / Silenzio rigetto / Silenzio devolutivo 
 
Silenio  diniego:  ​In  alcune  specifiche  ipotesi  le  norme  di  legge  collegano 
all'inerzia  dell’amministrazione  l’effetto  del  diniego  di  un  provvedimento  favorevole. 
Questi  ipotesi  hanno  bisogno  di  espressa  previsione.  I  casi  più  ricorrente  nella  pratica 
sono  quelli  dell’articolo  25  comma  4  della  legge  241/1990  (richiesta  di  accesso  ai 
documenti  amministrativi)  e  dall'articolo  36  del  testo  unico  dell’edilizia  (richiesta  di 
permesso di costruire). 
 
Silenzio  rigetto:  ​Il  significato  più  preciso  è  quello  che  si  ricollega  alla  storia  di 
questa  figura  di  silenzio  che  venne  creato  dalla  giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato  in 
riferimento  al  ricorso  gerarchico.  In  sintesi,  il  silenzio  rigetto  è  quel  silenzio 
dell’amministrazione  che  si  forma  in  relazione  al  ricorso  gerarchico  quando  il  superiore 
non  si  pronuncia  nei  90  giorni  e  al  quale  si  intende  respinto  a  tutti  gli  effetti  (simile  al 
silenzio diniego). 
 
Silenzio  devolutivo:  ​Questa  tipologia  è  prevista  dall’articolo  17  della  legge 
241/1990  che  versa  su  valutazioni  tecniche.  Il  responsabile  del  procedimento  può 
chiedere  le  valutazioni  tecniche  non  fornite  nei  termini  procedimentali  da  una  pubblica 
amministrazione  ad  un’altra  dotata  di  equivalente  qualificazione  e  capacità  tecnica 
oppure ad istituti universitari. 

 
 

__________________________________________________25/01/2018 
 
➢ Lezione 6: Diritto di accesso e invalidità dei provvedimenti amministrativi 
 
Il  diritto  di  accesso  può  essere  esercitato  nel  corso  del  procedimento 
amministrativo  ma  può  anche  essere  esercitato  a  procedimento  concluso  oppure  a 
prescindere  da  qualsiasi  procedimento.  La  disciplina  di  questa  materia  si  inserisce  nella 
tendenza  di  “democratizzare”  l’attività  amministrativa  nel  tentativo  di  riconoscere  ai 
cittadini il potere di esercitare un controllo sullo suo svolgimento. 
 
 
Percorso storico 
 
In  passato  esisteva  una  barriera  tra  l'azione  dei  pubblici  poteri  ed  i soggetti da 
essa  direttamente  o  indirettamente  investiti:  il  segreto  di  ufficio.  L’articolo  15  del 
testo  unico  sugli  impiegati  civili  dello  Stato,  prima  di  essere  sostituito  dall’articolo  28 
della  legge  241/1990,  imponeva  all’impiegato  il  segreto  d’ufficio  in  vista  dell'eventuale 
pregiudizio  derivante  all'Amministrazione  o  a  terzi  dalla  divulgazione  di  atti.  La 
minacciosa  formulazione  dell’articolo  15  aveva  creato  e  diffuso  un  atteggiamento  di 
segretezza  in  forza  del  quale  le  copie  degli  atti  e  dei  documenti  delle  erano,  si 
rilasciate, rilasciate con molte difficoltà.  
 
La legge 241/1990 cambia questo, se finora il segreto era la regola e la pubblicità 
l'eccezione,  ora  è  il  contrario.  Di  fronte  all'esercizio  del  diritto  di  accesso,  è 
l’amministrazione  che  deve  giustificare  il  proprio  rifiuto  all'accesso,  motivandolo  con  la 
necessità  di  proteggere  uno  o  più  degli  interessi  previsti  dal  legislatore.  Così,  sono 
collegati  al  diritto  d’accesso  i  principi  costituzionali  della  libertà  del  pensiero,  articolo 
21 della Costituzione, e il diritto di difesa dell’articolo 24. 

Infatti  prima  dell’entrata  in  vigore  della  legge  241/1990  alcuni  leggi 
riconoscevano  il  diritto  di  accesso  in  casi  specifici.  Esempio:  assicurazione  della 
divulgazione  delle  informazioni  sullo  stato  dell'ambiente  ed  il  diritto  di  accesso  ai 
documenti in materia ambientale con la legge 349/1986; 
 
  Diritto  di  accesso  agli  atti  e  documenti  degli  enti  locali:  la  legge  142/1990 
sostituita  dal  decreto  legislativo  267/2000  ha  fissato  i  principi  della  pubblicità  degli 
atti  amministrativi  e  dell’accesso  agli  atti  dei  Comuni  e  delle  Province in suo ​articolo 10. 
Sono  eccezione  alla  pubblicità  quelli  atti  riservati  per  espressa  indicazione  di  legge  o 
per  effetto  di  una  temporanea  e  motivata dichiarazione del sindaco conformemente con 
il regolamento o riguardando la riservatezza delle persone, gruppi o imprese. 
 
 
Diritto di accesso nella legge 241/1990 
 
Il  diritto  di  accesso  viene  sancito  come  principio  dell’attività  amministrativa  e 
riguarda tutte le pubbliche amministrazione. Vediamo l’articolo 22 della legge. 

 
 

*​Ai fini del presente capo si intende:   


a)  per  "diritto  di  accesso",  il  diritto degli interessati di prendere visione 
e di estrarre copia di documenti amministrativi;  
b)  per  "interessati",  tutti  i  soggetti  privati,  compresi  quelli  portatori  di 
interessi  pubblici  o  diffusi,  che  abbiano  un interesse diretto, concreto e 
attuale,  corrispondente  ad  una  situazione  giuridicamente  tutelata  e 
collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;  
c)  per  "controinteressati",  tutti  i  soggetti,  individuati  o  facilmente 
individuabili  in  base  alla  natura  del  documento  richiesto,  che 
dall'esercizio  dell'accesso  vedrebbero  compromesso  il  loro  diritto  alla 
riservatezza;  
d)  per  "documento  amministrativo",  ogni  rappresentazione  grafica, 
fotocinematografica,  elettromagnetica  o  di  qualunque  altra  specie  del 
contenuto  di  atti,  anche  interni  o  non  relativi  ad  uno  specifico 
procedimento,  detenuti  da  una  pubblica  amministrazione  e  concernenti 
attività  di  pubblico  interesse,  indipendentemente  dalla  natura 
pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale; 
e)  per  "pubblica  amministrazione",  tutti  i  soggetti  di  diritto  pubblico  e  i 
soggetti  di  diritto  privato  limitatamente  alla  loro  attività  di  pubblico 
interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. 
L'accesso  ai  documenti  amministrativi,  attese  le  sue  rilevanti  finalità  di 
pubblico  interesse,  costituisce  principio  generale  dell'attività 
amministrativa  al  fine  di  favorire  la  partecipazione  e  di  assicurarne 
l'imparzialità e la trasparenza​.​* 
 
Titolarità del diritto di accesso (soggetti attivi): ​il diritto di accesso compete 
a  chiunque  sia  titolare  di  situazioni  soggettive  giuridicamente  apprezzabile  (punto  b 
dell’articolo  soprascritto), compressi diritt soggettive, interessi legittimi ed anche altre 
situazioni  giuridiche  soggettive  come  gli  interessi  collettivi  e  diffusi.  l’interesse  deve 
essere diretto, concreto e attuale. 
 
Soggetti  passivi  del  diritto  di  accesso:  ​Sono  obbligati  a  consentire  l’accesso 
tutte  le  pubbliche  amministrazioni,  le  aziende  autonome  e  speciali,  gli  enti  pubblici  e  i 
gestori  di  pubblici  servizi  compresi i privati gestori di detti servizi (punto e dell’articolo 
soprascritto). 
 
Natura giuridica del diritto di accesso: ​si discute se il diritto di accesso sia un 
vero e proprio diritto soggettivo o se sia un interesse legittimo. È preferibile ricondurre 
nell’ambito  del  diritto  soggettivo  perché  il  legislatore  lo  ha  definito  un diritto ed anche 
non  è  ravvisabile alcuna discrezionalità dell’amministrazione che è obbligata a consentire 
l’accesso  quando  sussistono  le  condizioni  di  legge.  Ancora,  il  giudice  amministrativo  può 
ordinare l’esibizione del documento ogni qual volta ne ravvisi la necessità. 
 
Oggetto  del  diritto  di  accesso:  ​Riguarda  i  documenti  amministrativi  (definiti 
dal punto d dell’articolo sovrascritto) . Il legislatore non ha provveduto ad un’elencazione 
tassativa,  ma  generale.  Il  diritto  di  accesso  infatti  non  è  riferito  all’atto  in  sé,  ma 
all’attività dell’amministrazione. 
 

 
 

Modalità  di  esercizio  del  diritto:    ​La  richiesta  di  accesso  va  rivolta  alla 
pubblica  amministrazione  che  detiene  il  documento  e  deve  indicare  gli  estremi  del 
documento  oppure  gli  elementi  che  ne  consentano  l’individuazione.  La  richiesta  deve 
essere  motivata,  giustificando  la  necessarietà  del  documento  e  l’accesso  può  avvenire 
anche in via telematica. Il procedimento di accesso può avere inizio attraverso: 
○ Istanza informale: ​Consiste  in  una richiesta anche verbale da sottoporre 
all’esame immediato della pubblica amministrazione, senza formalità. 
○ Istanza  formale:  ​Può  essere  prescelta  dall’interessato.  È  necessaria 
qualora  non  risulti  possibile l’accoglimento della richiesta informale ovvero 
quando  sorgono  dubbi  sulla  legittimazione  del  richiedente,  sulla  sua 
identità,  ecc.  La  domanda  formale  è  scritta  e  l’interessato deve indicare i 
propri  dati  personali  nonché  gli  estremi  di  un  documento  di  identità,  i 
documenti cui vuole accedere come questi documenti gli servono. 
Ricevuta  la  domanda,  se  l’amministrazione  ritiene  di  non  poterla  accogliere  deve 
con provvedimento motivato: 
○ Respingerla: ​Quando  la  richiesta  riguarda documenti esclusi dal diritto di 
accesso ai sensi dell’articolo 24 della legge 241/1990. 
○ Limitarla:  ​Solo  ad  uno  o  alcuni  dei  documenti  richiesti  nel  caso  in  cui 
parte dei documenti non si accessibile in base allo stesso articolo 24. 
○ Differirla:  ​Quando  la  conoscenza  dei  documenti  possa  impedire  o 
ostacolare  lo  svolgimento  dell’azione  amministrativa,  specialmente  nella 
fase istruttoria del procedimento che culminerà nel documento. 
L’esame  dei  documenti  è  gratuito  e  il  rilascio  di  copie  è  subordinato  soltanto  al 
rimborso  del  costo  di  riproduzione,  salve  le  disposizioni  vigenti  in  materia  di  bollo,  di 
diritti di ricerca e di visura. 
 
 
Il silenzio diniego in relazione al diritto di accesso 
 
Al  silenzio  della  pubblica  amministrazione  (30  giorni  dal  ricevimento  della 
richiesta)  viene  equiparato  a  un  diniego,  come  prevede  il  comma  4  dell’articolo  25  della 
legge  241/1990.  Contro  il  diniego  lo  stesso  comma  prevede  tre  forme di tutela, in caso 
di diniego espresso o tacito, di differimento oppure di limitazione: 
✓ Ricorso  al  tribunale  amministrativo  regionale  (TAR):  ​il  richiedente  può 
presentare  ricorso  nel  termine  di  trenta  giorni  che  decorrono  dalla  conoscenza 
della  decisioni  negativa. Il ricorso deve essere notificato all’amministrazione e ad 
almeno  un  soggetto  controinteressato.  Il  TAR  decide  con  sentenza  in  forma 
semplificata,  sua  decisione  è  appellabile  al  Consiglio  di  Stato.  in  questi giudizi, le 
parti  possono  stare  in  giudizio  senza  l’assistenza  del  difensore  (articolo  23  del 
DL  104/2010).  L'amministrazione  può  essere  rappresentata  e  difesa  da  un 
proprio dipendente a ciò autorizzato. 
✓ Rivolgersi  al  difensori  civico  competente  per  ambito  territoriale:  ​il 
richiedente  nello  stesso  termine  di  30  giorni  nei  confronti  degli  atti  delle 
amministrazioni  comunali,  provinciali  e  regionali  può  rivolgersi al difensore civico. 
Qualora  tale  organo  non  sia  stato  istituito  la  competenza  è  attribuita  al 
difensore competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore. 

 
 

✓ Rivolgersi  alla  Commissione  azionale  per  l’acesso:  ​Nei  casi  degli  atti  delle 
amministrazioni  centrale  e  periferiche  dello  Stato.  La  commissione  è  prevista 
nell'articolo 27 della legge 241/1990. 
 
Il  difensore  civico  o  la  Commissione  si  pronunciano  entro  trenta  giorni  dalla 
presentazione  della  richiesta  di  tutela  del  diritto di accesso. Senza pronuncia, il ricorso 
si  intende  respinto.  Invece,  se  loro  ritengono  illegittimo  il  diniego  o  il  differimento  ne 
informano  il  richiedente  e  lo  comunicano  all'amministrazione  che ha disposto il diniego o 
differimento.  Se  l’amministrazione  non  emana  il  provvedimento  confermativo  motivato 
entro 30 giorni della comunicazione, l’accesso é consentito. 
 
Esclusioni  del  diritto  di  accesso:  ​I  casi  in  cui  non  è  consentito  il  diritto  di 
accesso sono previsti dall’articolo 24 della legge 241/1990. Sono quattro casi: 
○ Documenti  coperti  da  segreto  di  Stato  oppure  da  segreto  o  divieto  di 
divulgazione espressamente previsto dalla legge o da apposito regolamento 
governativo. 
○ Procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme. 
○ Procedimenti  della  pubblica  amministrazione  diretti  all’emanazione  di  atti 
normativi,  amministrativi  generali,  di  pianificazione  e  di  programmazione 
per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano. 
○ Procedimenti  selettivi,  limitatamenti  ai  documenti  amministrativi 
contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale di terzi. 
Lo  stesso  articolo  ancora  stabilisce  che  il governo può prevedere ulteriori casi di 
sottrazione all’accesso di documenti amministrativi: 
○ Quando  ​dalla  loro  divulgazione  possa  derivare  una  lesione,  specifica  e 
individuata,  alla  sicurezza  e  alla  difesa  nazionale,  all'esercizio  della 
sovranità nazionale e alla continuità delle relazioni internazionali. 
○ Quando  l'accesso  possa  arrecare pregiudizio ai procedimenti della politica 
monetaria e valutaria. 
○ Quando  i  documenti  riguardino  le  strutture,  i  mezzi,  le  dotazioni,  il 
personale  e  le  azioni  strettamente  strumentali  alla  tutela  dell'ordine 
pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità. 
 
 
Il diritto di accesso e la tutela della privacy 
 
L’articolo  24  comma  7  della  legge  241/1990  pone  la  questione  del  rapporto tra il 
diritto  di  accesso  ai  documenti  amministrativi  e  la  tutela  dell’altrui  riservatezza.  La 
legge  tende  a  far  prevalere  il  diritto  di  accesso  sulla  tutela  della  privacy  ma  questa 
prevalenza non è assoluta. Si può individuare due regole: 
 
✓ Se  l’accesso  riguarda  documenti  contenenti  dati  sensibili  e  giudiziari:  ​sono 
dati  sensibili  i  dati  riguardanti  profili  delicati  della  vita  privata  (origine  razziale 
ed  etnica,  convinzioni  religiosi  e  filosofiche,  adesione  a  partiti,  ecc).  In  tali  casi 
l’accesso  è  consentito  nei  limiti che sia indispensabile. Si può consentire l’accesso 
e il rilascio di copie oscurando le parti dei documenti da mantenere riservate. 

 
 

✓ Se  l’accesso  riguarda  documenti  con  dati  supersensibili:  ​Sono  dati 


supersensibili  lo  stato  di  salute  e  la  vita  sessuale  che  hanno  tutela più specifica 
con  l’articolo  60  del  D.L.  196/2013.  Il  diritto  di  accesso  ai  documenti 
amministrativi  è  consentito  soltanto  se  chi  esercita  il  diritto  fa  valere  una 
situazione  giuridica  soggettiva  consistente  in  un  diritto  della  personalità  o  in  un 
altro  diritto  o  libertà  fondamentale  e  inviolabile,  cioè,  diritto  di  “pari  rango”  a 
quello dell’interessato. 
 
 
L’accesso  civico  e  gli  obblighi  di  pubblicità,  trasparenza  e  diffusione  delle 
informazione 
 
La  materia  di  obblighi  di  pubblicità  trasparenza  e  diffusione  di  informazione 
delle  pubbliche  amministrazioni,  regolata  dal  D.L.  33/2013  e  sistematizzata  con  il  D.L. 
97/2016 tiene con forza il principio generale di trasparenza. 
 
Trasparenza:  ​Accessibilità  totale  dei  dati  e  dei  documenti  detenuti  dalle 
amministrazioni  allo  scopo  di  tutelare  i  diritti  dei  cittadini  di  promuovere  la  loro 
partecipazione  e  di  favorire  forme  diffuse  di  controllo.  La  trasparenza  concorre  ad 
attuare  il  principio  democratica  e  i  principi  costituzionali  di  eguaglianza, di imparzialità, 
buon  andamento,  responsabilità,  efficacia  ed  efficienza  nell’utilizzazione  delle  risorse 
pubbliche, di integrità e di lealtà nel servizio alla Nazione. 
Così,  le  amministrazioni  devono  pubblicare  tutti  i  documenti  che  sono  disponibile 
gratuitamente  su  siti  internet.  Chiunque  può  avere  accesso  di  maniera  diretta  ed 
immediata, senza autenticazione ed identificazione 
 
L’articolo  5  del  D.L.  33/2013  prevede  due tipi di accesso civico che si aggiungono 
a diritto di accesso di cui alla legge 241/1990: 
✓ Accesso  civico:  ​previsto  dal  comma  1  dell’articolo  5  consiste  nel  diritto  di 
chiunque  di  richiedere  i  documenti  pubblicati,  informazioni  e  dati  nei  casi  in  cui 
sia  stata  omessa  la  loro  pubblicazione.  QUindi,  l’accesso  ai  documenti  oggetto 
degli obblighi di pubblicazione. 
✓ Accesso generalizzato: ​previsto  dal  comma  2  dell’articolo  5  consiste  nel  diritto 
d  chiunque  di  accedere  ai  dati  e  documenti  detenuti  dalle  amministrazioni 
ulteriori  rispetto  a  quelli  oggetto  di  obbligo  di  pubblicazione.  Questo  diritto 
viene  riconosciuto  allo  scopo  di  favorire  forme  diffuse  di  controllo  sul 
perseguimento delle funzioni istituzionali e l'utilizzo delle risorse pubbliche. 
○ Freedom of information act: ​A  proposito  dell’accesso  generalizzato  si  è 
parlato  di questa legge federale approvata negli Stati Uniti nel 1966 e che 
ha  influenzati  altri  normative  sull’accesso  (Australia,  Neo  Zelanda, 
Canada,  Francia,  ecc.).  La  legge  stabilisce  il  diritto  del  pubblico  di 
ottenere  informazioni  dai  dipartimenti,  dagli  uffici  e  dalle  agenzie  del 
governo  federale  che  può  essere  richiesto  da  ogni  persone:  i  cittadini 
statunitensi,  stranieri,  organizzazioni,  associazioni  e  università.  La  legge, 
tuttavia prevede alcuni documenti per cui non si applica questo diritto. 
 

 
 

Modalità dell’accesso civile e dell’accesso generalizzato in Italia 


 
A  differenza  del  diritto  di  accesso  della  legge  241/1990  che  richiede  un 
interesso  diretto  concreto  e  attuale,  l'esercizio  di  accesso  civico  e  generalizzato non è 
sottoposto  a  limitazione  per  quanto  riguarda  la  legittimazione  soggettiva  del 
richiedente.  Chi  esercita  questi  diritti  deve  specificati  i  dati  o  i documenti richiesti ma 
non  deve  motivare  la  richiesta.  La  domanda  può  essere  trasmessa  anche  per  via 
telematica ed è presentata alternativamente a uno degli uffici: 
✓ All’ufficio che diene i dati 
✓ All’ufficio relazioni con il pubblico 
✓ Ad un altro ufficio indicato dall’amministrazione 
✓ Al  responsabile  della  prevenzione  della  corruzione  e della trasparenza, qualora la 
domanda abbia a oggetto dati di pubblicazione obbligatoria 
 
Il  rilascio  dei  dati  è  gratuito,  salvo  il  rimborso  all’amministrazione  del  costo 
effettivamente  sostenuto  per  la  riproduzione.  Il  procedimento  di  accesso  civico  deve 
concludersi  con  provvedimento  espresso  e  motivato  nel  termine  di  30  giorni  dalla 
presentazione  della  domanda.  In  caso  di  accoglimento,  l’amministrazione  provvede  a 
trasmettere  tempestivamente  al  richiedente  i dati richiesti o a pubblica sul proprio sito 
indicando  al  richiedente  il  relativo  collegamento  ipertestuale.  Se  la  richiesta  è  rifiuta, 
questa deve essere anche motivata. 
 
Il  rifiuto  dell’accesso  generalizzato:  ​L’accesso  civico  generalizzato  è  rifiutato 
se  il  diniego  è  necessario  per  evitare  un  pregiudizio  concreto  alla  ​tutela  di  uno  degli 
interessi  pubblici  inerenti  al​la  sicurezza  pubblica  e  nazionale  e  l'ordine  pubblico, 
questioni  militari,  le  relazioni  internazionali,  la  politica  e  la  stabilità  finanziaria  ed 
economica, la conduzione di indagini sui reati, lo svolgimento di attività ispettive. 
L'accesso  è  rifiutato  anche  se  il  diniego  è  necessario  per  evitare  un  pregiudizio 
concreto  alla  ​tutela  di  uno  dei  interessi privati  della  protezione  dei  dati  personali,  la 
libertà  e  segretezza  della  corrispondenza,  gli  interessi  economici  e  commerciali  di  una 
persona fisica o giuridica. 
Infine,  l’accesso  generalizzato  è  escluso  nei  casi  di  segreto  di  Stato e negli altri 
casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge. 
 
 
Le difformità dei provvedimenti amministrativi dal modello normativo 
 
I  provvedimenti  amministrativi  che  corrispondono  al  modello  prefigurato  dalla 
legge  sono  provvedimenti  validi.  Quelli  che  non  corrispondono  al  modello  legale  non 
possono  considerarsi  validi  e ci sono varie gradazioni delle difformità dei provvedimenti, 
la più grava è la nullità, seguono l’annullabilità e l’irregolarità. 
 
Nullità: ​La  nullità  per  molti  anni  non  è  stata  legislativamente  disciplinata ma era 
configurata  a  livello  dottrinario  e  giurisprudenziale  nel  senso  che  l’atto  emesso  da  una 
amministrazione in difformita da una sentenza passata giudicato è un atto nullo.  

 
 

Infatti,  la  legge  15/2005  che  ha  modificato  la  legge  241/1990  ha  introdotto 
l’articolo  21  septies  che  ha  creato  la  figura  della  nullità.  ​Tuttavia,  nonostante 
l’introduzione  della  nullità,  la  tipica  sanzione  prevista  per  la  difformità  dei 
provvedimenti amministrativi è l’annullabilità. ​Ci sono quattro figure di nullità previste 
dall’articolo 21 che devono essere intese a numero chiuso, loro sono: 
✓ Mancanza  degli  elementi  essenziali  del  provvedimento:  ​L’articolo  21  non  ha 
chiarito  che  cosa  bisogna intendere per elementi essenziali. Su questo la dottrina 
e  la  giurisprudenza  hanno  manifestato  diverse  orientamenti.  Seguiamo  l’opinione 
di Sandulli e di Casetta con 5 elementi essenziali del provvedimento: 
○ Soggetto:  ​Non  sono  provvedimenti  amministrativi  gli  atti  provenienti  da 
autorità  che  non  fanno  parte  del  complesso  dei  soggetti  della  pubblica 
amministrazione.  Esempio:  organi  costituzionali,  legislativi  e  giudiziari. 
Neanche  sono  considerati  provvedimenti  amministrativi  gli  atti  emessi  da 
soggetti privati investiti di pubbliche funzioni come i notai. 
○ Anche  qui  la  giurisprudenza  ha  ritenuto  che  il  venir  meno  dell’imputabilità 
dell’atto  all’amministrazione,  per  interruzione  del  rapporto  organico 
determina la nullità per mancanza di soggetto, uno degli elementi essenziali. 
○ Contenuto:  ​Il  contenuto  di  provvedimento  è  costituito  da  tutte  le 
statuizioni  sia  necessarie  (che  individua  e  caratterizza  un  determinato tipo 
di  provvedimento)  sia  facoltative  (clausole  accessorie  e  elementi 
accidentali, cioè, la condizione e il termine). 
> Condizione:  ​Avvenimento  futuro  e  incerto  a  cui  verificarsi  è 
subordinato  l’inizio  degli  effetti  (condizione  sospensiva)  oppure  la 
cessazione degli effetti (condizione risolutiva) 
> Termine:  ​elemento  temporale  iniziale  e  finale  dell’efficacia  di  un 
provvedimento, quindi, avvenimento certo. 
○ Di  regola,  l’inserimento  di  una  clausola  non  consentita  dalla  legge  non 
determina  l'invalidità  del provvedimento ma solo della clausola che si ritiene 
come non apposta. 
○ Infine,  nel  provvedimento  può  esserci  un  contenuto  implicito  o  naturale  del 
provvedimenti  che  è  costituto  dalle  disposizioni operanti in virtù della legge 
anche  se  la  legge  non  è  espressamente  richiamate  nel  singolo 
provvedimento.  Esempio:  il  rilascio  del  permesso  di  costruire  è  a  titolo 
oneroso,  quindi, comporta il pagamento degli oneri e del costo di costruzione 
peró  la  legge  non  specifica  quanto  si  deve  pagare,  nonostante  il  non 
pagamento configure mancanza di contenuto.  
○ Oggetto:  ​il  provvedimento  deve  avere  un  oggetto,  cioè,  l’elemento  passivo 
di  riferimento  la  porzione  di  realtà  giuridica  e  materiale  su  cui  il 
provvedimento  è  destinato  ad  incidere.  L’oggetto  del  provvedimento  deve 
essere  lecito,  possibile,  determinato  o  determinabile.  Esempio:  il 
provvedimento  disciplinare  deve  indicare  il  dipendente  nei  cui  confronti 
opera detto provvedimento. 
○ Finalità:  ​il  provvedimento  è  preordinato  alla  cura  di  un  concreto  interesse 
pubblico.  Deve  ritenersi  nullo  il  provvedimento  per  il  quale  non  risulti  lo 
specifico  interesse  pubblico  perseguito.  È  nullo il provvedimento che revoca 
altro senza specificare il concreto interesse pubblico con la revoca. 

 
 

○ Forma:  ​L’esternazione  può  avvenire  in  forme  diverse  ma  prevale  la  forma 
scritta.  Oggi  si  tende  ad  accettare  il  principio  della  libertà  delle  forme. 
Infatti,  esistono alcuni atti che richiedono la forma orale ed esistono forme 
orali  che  vanno  documentate  per  iscritto,  in  questi  casi la verbalizzazione o 
documentazione non è la forma dell’atto, ma la forma di pubblicità. 
○ Negli  anni  recenti  si  affermano  forme  informatiche:  documenti  e 
provvedimenti  amministrativi  informatici.  Il  provvedimento  è  nullo  quando 
manchi  la  forma  prescritta.  Esempio:  un’ordinanza  di  demolizione  emanata 
oralmente. 
○ Elementi  non  essenziali:  ​La  motivazione  e  la  volontà  non  rientrano  tra  gli 
elementi essenziali. 
> Motivazione:  ​La  motivazione  è  ​quella  parte  del  provvedimento  in 
cui  vengono  esternate  le  ragioni  di  fatto  e  di  diritto  del 
provvedimento  che  hanno  determinato  l’amministrazione  a 
provvedere  in  senso positivo o negativo. Se manca la motivazione il 
provvedimento  non  è  nullo,  ma è annullabile per violazione di legge, 
più  specificamente  l’art.  3  della  legge  241/1990.  Se,  invece,  la 
motivazione del provvedimento è presente, ma è contraddittoria, il 
provvedimento è viziato da eccesso di potere. 
> Volontà:  ​La  volontà  del  soggetto  ha  grandissima  rilevanza  nel 
diritto  privato.  Invece,  il  provvedimento  amministrativo  è 
sottoposto  alla  preventiva  determinazione  normativa.  Gli  effetti 
del  provvedimento  non  sono  determinati  dalla  volontà,  ma  sono 
stabiliti  dalle  norme.  I  provvedimenti  amministrativi  sono  tipici  e 
nominati,  quindi,  non  è  rilevante  la  volontà  psicologica  della 
persona  che  ha  emanato  il  provvedimento,  mentre  è  rilevante  la 
volontà oggettivata risultante dal provvedimento. 
✓ Difetto  assoluto  di  attribuzione:  ​Chiamato  anche  carenza  di  potere,  rientrano 
due ipotesi: 
○ Difetto  assoluto  di  attribuzione  di  funzione:  ​Un  provvedimento  viene 
emanato  sulla  base  di  un  potere  che  l'ordinamento  positivo  non  ha 
assolutamente  attribuito,  il  potere  esercitato  non  è  riconducibile  ad  alcuna 
fattispecie  normativa,  è  una  carenza  in  astratto  del  potere.  Diversa  è, 
invece,  la  situazione  in cui l'amministrazione è effettiva titolare del potere, 
ma  esercita  questo  potere  in  assenza  dei  suoi  concreti  presupposti.  In 
questa situazione il provvedimento non è nullo, ma annullabile. 
○ Incompetenza  assoluta:  ​Che  compreende  due  figure.  Nella  prima  una 
amministrazione  adotta  un  atto  che  l'ordinamento  giuridico  attribuisce  al 
potere  legislativo  o  al  potere giudiziario. Nella seconda una amministrazione 
emana  un  provvedimento  in  una  materia  completamente  estranea  al  suo 
settore di competenza. 
✓ Violazione  o  elusione  del  giudicato:  ​Si  ha  violazione  quando  l’amministrazione 
resta  del  tutto  inerte  nei  confronti di una sentenza passata in giudicato, dichiara 
formalmente  di non volere adempiere o assume un provvedimento che contraddice 
il  giudicato  o  che  lo  attua  solo  parzialmente.  Si  ha  elusione  del,  quando 
l’amministrazione adotta un provvedimento che, nega l’esecuzione della decisione. 

 
 

✓ Altri  casi  di  nullità  espressamente  previsti  dalla  legge:  ​In  realtà,  prima  del 
vigore  dell’articolo  21  septies  già  esistevano  specifiche  previsioni legali di nullità. 
Esempi:  l'assunzione  degli  impiegati  civili  dello  Stato  senza  lo  svolgimento  del 
pubblico  concorso  previsto  dalla  normativa  è  nulla  di  diritto  e  non  produce  alcun 
effetto  a  carico  dell'Amministrazione,  la  nullità  delle  alienazioni,  convenzioni  e 
atti  giuridici  in  genere,  compiuti  contro  i  divieti  stabiliti  a  tutela  dei  beni  che 
presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. 
 
Il  codice  del  processo  amministrativo  ha  sottoposto  le  azioni  di  nullità  a  precisi 
termini.  La  legge  ha  stabilito  che  per  i  casi  di  ​mancanza  degli  elementi  essenziale, 
difetto  assoluto  ​di  attribuzione,  nonché  ​altri  casi  ​specifiche  hanno  termine  di 
decadenza  di  180  giorni​,  mentre  la  nullità  della violazione o elusione del giudicato  si 
prescrive col decorso di 10 anni ​dal passaggio in giudicato della sentenza. 
 
Annullabilità:  ​Già  abbiamo  detto  che  nel  diritto  amministrativo  la  nullità  è 
residuale  e  limitata  alle  quattro  figure  previste.  In  coerenza  con  questa  impostazione, 
anche  la  violazione  del  diritto  dell’Unione  Europea  non  implica  nullità,  ma  vizio  di 
legittimità  con  conseguente  annullabilità.  L’invalidità  relativa  può essere determinata da 
vizi di legittimità oppure da vizi di merito: 
✓ Vizi  di  legittimità:  ​Sono,  per  l’articolo  21  della  legge  241/1990  le  violazioni  di 
legge, gli eccessi di potere e le incompetenze relative. 
○ Incompetenza  relativa:  ​Oggi  si  determina  in  buona  sostanza  una 
restrizione  dell’area  dell’incompetenza  assoluta  (e  quindi  delle  cause  di 
nullità)  alle  sole  ipotesi  in  cui  l’atto  sia  stato  posto  in  essere  da  parte  di 
un’amministrazione  che  non  solo  non  è  competente  in  relazione  a  quello 
specifico  atto,  ma  che  non  ha  neanche  alcuna  competenza  nel  settore  di 
riferimento  interessato.  L’incompetenza  relativa  può  essere  per 
territorio, oppure per materia oppure per valore. 
○ La  competenza  può  essere  attribuita  secondo  diversi  criteri:  materia, 
territorio o valore economico, gerarchia (che può ammettere come rimedio 
il  ricorso  gerarchico).  In  casi  di  contrasto  sull’interpretazione  o 
l’applicazione  delle  norme  relative  alla  competenza  sorgono  conflitti  che 
possono essere: 
> Conflitti  reali:  ​si  configura  quando  il  conflitto  nasce  in 
conseguenza  del  provvedimento  emanato  da  un  organo  ritenuto, 
da  parte  di  un  altro  organo,  emesso  in  violazione  della  sua 
competenza. 
> Conflitti  virtuali:  ​sorge  quando  il  conflitto  è  determinato  dalla 
sola  possibilità  astratta  che  siano emanati atti ritenuti lesivi delle 
diverse sfere di competenza. 
I  conflitti  possono,  poi,  essere  positivi  o  negativi  a  seconda  se  due  o  più 
organi si dichiarano competenti o incompetenti ad adottare lo stesso atto. 
○ Violazione  di  legge:  ​Contrasto  tra  l’atto  amministrativo  e  l’ordinamento 
giuridico  indipendentemente  dal  dolo  o  dalla  colpa  dal  soggetto.  Il 
contrasto  può essere deve sussistere nei confronti di una legge (materiale 

 
 

o  formale)  e  consistere  nella  mancata  applicazione  o  nella  falsa 


applicazione delle norme giuridiche.  
Il  termine  legge  deve  essere  inteso  in  senso  ampio,  tale  cioè  da 
comprendere  tutti  gli  atti  di  normazione  primaria,  secondaria,  non 
rientrano,  peró,  le  circolari  perché  sono  norme  interne.  Inoltre  la 
violazione di legge comprende anche la violazione dei principi generali e dei 
principi costituzionali.  
○ Eccesso  di  potere:  ​Sotto  l'influenza  della  giurisprudenza  francesa, 
l’eccesso  di  potere  venne impiegato per designare il cattivo uso del potere 
discrezionale,  cioè,  porre  in  essere  l'atto  per  uno  scopo  diverso  e 
l'eccesso  di  potere  è  configurato  come  uno  sviamento  dell'atto  dal  fine 
suo tipico. Sono figure sintomatiche dell'eccesso di potere: 
> Travisamento dei fatti 
> Carenza di istruttoria procedimentale 
> Disparità di trattamento 
> Contraddittorietà interna (nello stesso atto) 
> Contraddittorietà esterna (tra atti distinti) 
> Violazione di circolari 
> Illogicità manifesta 
Non  sono viziati da eccesso di potere gli atti privi di discrezionalità, vale a 
dire  gli  atti  vincolati,  per  questi  ultimi  sono  configurabili  come  vizi  di 
legittimità.  È,  però,  necessario  precisare  che  in  giurisprudenza  si  è,  in 
alcune  pronunce,  affermato  che  l’eccesso  di  potere  non  è  configurabile 
solo  rispetto  agli  atti  assolutamente  vincolati  mentre  in  altre  si  è 
addirittura  sostenuto  che  rispetto  agli  atti  vincolati  siano  configurabili 
alcune  figure  sintomatiche  dell’eccesso  di potere come il travisamento dei 
fatti o l’erronea valutazione dei presupposti. 
Infine,  si  ricorda  che  la  motivazione  contraddittoria  o  carente 
caratterizza l’eccesso di potere. 
✓ Vizi  di  merito:  ​Dipendono  dall'inosservanza  di  regole  non  giuridiche:  il 
provvedimento  non  è  conforme  a  regole  di  opportunità  e  di  convenienza 
amministrativa,  non  rispetta  le  regole  di  buona  amministrazione.  Il  giudice 
amministrativo  può  annullare  un  atto  per  vizi  di  merito  nei  soli  casi previsti dalla 
legge.  Invece,  come  si  è  detto  esaminando  la  revoca,  l’amministrazione  non  può 
annullare  un  atto  per  vizi  di  merito,  ma  può  revocarlo.  Esempio:  sussiste  un  vizio 
di  merito  se  viene  ordinata  la  demolizione  di  un  immobile  pericolante  per  il quale 
sarebbero sufficiente opere di consolidamento statico. 
✓ A  volte  il  vizio  di  merito  può  diventare  un  vizio  di  legittimita.  Una  valutazione 
dell’amministrazione  priva  di  profili  di  ragionevolezza  o  frutto  di  errori 
manifestamente  evidenti  può  essere  sindacata  sotto  il  profilo  della  legittimità. 
Esempio:  in  presenza  di  palesi  aberrazioni  il  vizio  di  merito  di  una  valutazione 
trasmoda in quel vizio di legittimità che è l’eccesso di potere. 
 
 
 

 
 

Irregolarità:  ​è  la  forma  più  lieve  di  difformità  del  provvedimento  dal  modello 
legale  e  tipico.  Dà  luogo  a  vizi  di  scarso  rilievo  che  non  incidono  sulla  validità  dell'atto 
amministrativo.  La  figura  dell’irregolarità  è  stata  elaborata  dalla  giurisprudenza  in 
riferimento  a  casi  per  i  quali  è  sembrato eccessivo disporre la nullità o l’annullabilità. In 
questi  casi,  bisogna  intervenire  per la regolarizzazione dell'atto. L'irregolarità può dare 
luogo a sanzioni disciplinari per i soggetti che hanno adottato l'atto irregolare. 
Esempi:  se  non  viene indicato in un provvedimento la possibilità di ricorso avverso 
di  esso,  viene  reso  scusabile  l'errore  nella  sua  impugnazione;  se  gli  atti  non  sono  in 
regola  con  le  norme  sull’imposta  di  bollo;  la  mancata  traduzione  del  provvedimento  di 
diniego  di  rinnovo  del  permesso  di  soggiorno  in  una  lingua  conosciuta  dal  cittadino 
extracomunitario costituisce irregolarità. 
Infine,  si  dice  che  l’articolo  21  octies  comma  2  amplia la platea delle irregolarità 
del  provvedimento  amministrativo  ove  il  vizio  dedotto  non  implichi  modifica  del 
contenuto nel provvedimento stesso. Infatti, l’articolo 21 octies prevede le irregolarità: 

*​Non  è  annullabile  il  provvedimento  adottato  in  violazione  di  norme  sul 
procedimento  o  sulla  forma  degli  atti  qualora,  per  la natura vincolata del 
provvedimento,  sia  palese  che  il  suo  contenuto  dispositivo  non  avrebbe 
potuto  essere  diverso  da  quello  in  concreto  adottato.  Il  provvedimento 
amministrativo  non  è  comunque  annullabile  per  mancata  comunicazione 
dell'avvio  del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio 
che  il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da 
quello in concreto adottato​* 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

Diritto Commerciale  
 
__________________________________________________02/02/2018 
 
➢ Lezione 1: Le società - nozione, contratto e conferimenti 
 
Le  società  sono  organizzazioni  di  persone  e  di  mezzi  create  dall'autonomia 
privata  per  l’esercizio  in  comune  di  un’attività  produttiva.  Sono  le  strutture 
organizzative  tipiche,  anche  se  non  esclusive  (ci  sono  fondazioni,  consorzi),  previste 
dall’ordinamento per l'esercizio in forma associata dell'attività di impresa. 
 
Le  societa  costituiscono  la  categoria  di  imprese  collettive  nel  contempo  più 
numerosa  e  più  importante  anche  perché  questo  è  l’assetto  organizzativo  di  regola 
assunto  dalle  imprese  di  media  e  grande  dimensione  ed  anche  ci  sono  casi  di  forma 
societaria  da  parte  dell’iniziativa  pubblica.  Le  società  formano  nel  nostro  ordinamento 
un  sistema  composto  da  una  pluralità  di  tipi.  Sono  dieci  le  previsioni  dal  legislatore 
(codice civile + diritto comunitario): 
 
✓ Società semplice (2251-2290)  ✓ Società  a  responsabilità 
✓ Società  in  nome  collettivo  limitata 
(2291-2312)  ✓ Società cooperative 
✓ Società in accomandita semplice  ✓ Mutue assicuratrici 
(2313-2324)  ✓ Società europea 
✓ Società per azioni   ✓ Società cooperativa europea 
✓ Società  in  accomandita  per   
azioni    
 
Sono  riconosciute  per  società  di  persone:  ​Società  semplice,  società  in  nome 
collettivo, società in accomandita semplice. 
Sono  riconosciute  per  società  di  capitali:  ​Società  per  azioni,  società  in 
accomandita per azioni, società a responsabilità limitata. 
 
La  nozione  di  società  tuttavia  è  solo  una:  ​Con il contratto di società due o più 
persone  conferiscono  beni  o  servizi  per  l’esercizio  in  comune  di  un'attività 
economica allo scopo di dividerne gli utili (2247)​. L’articolo è muto per quanto riguarda 
la  disciplina  dei  singoli  tipi  di  società,  cioè,  il  profilo  organizzativo  dell’attività.  Infatti, 
l’articolo solo fissa i caratteri minimi comuni del fenomeno societario. 
 
 
Nozione di società 
 
Questa  nozione  di  contratto  di  società  era  fino  al  1993  la  nozione  stessa  di 
società,  tuttavia  oggi  si  ci  sono  le  società  da  parte  di una sola persona e quindi con atto 
non  contrattuale  (società  a  responsabilità  limitata  e  società  per  azioni),  che  pertanto 
possono essere costituite anche con atto unilaterale. 

 
 

Con  eccezioni  di  questi  tipi  e  quelle  introdotte  da  alcune leggi speciali di settore 


(esempio:  società  legali),  ​le  società  sono  quindi  enti  associativi  a  base  contrattuale 
che  nascono  dall’accordo di due o più parti per costituire e regolare fra loro un rapporto 
giuridico a contenuto patrimoniale.  
 
Sotto  il  profilo  contrattuale,  ​le  società  possono  essere  inquadrate  nella  più 
ampia  categoria  dei  contratti  associativi  o  con  comunione  di  scopo  (l’esercizio  in 
comune  dell'attività  economica  forma  oggetto  del  contratto  e  questo  oggetto  deve 
soddisfare  l’interesse  di  tutti  i  contraenti).  Da  ciò  discendono  alcuni  caratteri 
strutturali dei contratti associativi e del contratto di società: 
✓ Nei  contratti  associativi  le  prestazioni di ciascuna parte possono anche essere di 
diversa  natura  e  ammontare  perché  non  sono  destinata  a  scambiarsi  fra  loro  un 
rapporto di corrispettività. 
✓ Il  contratto  associativo  è  potenzialmente  plurilaterale  ed  aperto.  Può  essere 
stipulato  da  più  parti  e  da  un  numero  illimitato  da  parti  che  può  variare  durante 
lo svolgimento del rapporto. 
✓ Il  contratto  associativo  è  un  ​contratto  di  organizzazione  di  una  futura 
attività​,  cioè,  presuppone  lo  svolgimento  di  un'attività  con  la  conseguente 
creazione  di  un’organizzazione  di  gruppo  deputata  alla  produzione  di  una serie di 
nuovi  atti  giuridici  a  rilievo  interno  (fra  i  soci)  ed  esterno  (nei  confronti  dei 
terzi).  Nascono  ​fra  le  parte  contraenti  situazioni  strumentali​,  non  situazioni 
finali. 
 
Nei  contratti  associativi  la  nullità,  l’annullabilità,  la  risoluzione  per 
inadempimento  o  per  impossibilità  sopravvenuta  comportano  rispettivamente  nullità, 
annullamento  o  risoluzione dell’intero contratto, salvo che la partecipazione venuta meno 
debba  considerarsi  essenziale.  Che  la  società  sia  per  legge  qualificata  come  un 
contratto  implica  poi  l’applicabilità  in  materia  della  restante  disciplina  generale  dei 
contratti, nei limiti in cui essa è compatibile. 
 
 
I conferimenti 
 
Le società sono enti associativi che si caratterizzano per tre elementi insieme: 
✓ I conferimenti dei soci 
✓ L'esercizio in comune di un'attività economica (scopo-mezzo) 
✓ Lo scopo di divisione degli utili (scopo fine) 
 
Conferimenti:  ​Sono  le  prestazioni  cui  le  parti  del  contratto  di  società  si 
obbligano.  ​Costituiscono  i  contributi  dei  soci  alla  formazione  del patrimonio iniziale 
della  società​.  La  loro  funzione  è  dotare  la  società  del  capitale  di  rischio  iniziale  per  lo 
svolgimento dell’attività di impresa.  
È  coessenziale  all’essenza  della  società  che  tutti  i  soci  partecipano  al  rischio 
dell’impresa  comune,  ma  diversi  possono  essere  da  socio  a  socio  sia  l’oggetto  sia 
l’ammontare  del  conferimento.  L’articolo  2247  stabilisce  che  essi  possono  essere 

 
 

costituiti  da  beni  e  da  servizi:  denaro,  beni  in  natura  trasferiti  in  proprietà  o  anche 
concessi in semplice godimento alla societa, prestazione di attività lavorativa, ecc. 
L'importante  per  il conferimento è la suscettibilità di valutazione economica 
e  l'utilità  allo  svolgimento  dell'attività  di  impresa.  ​L'articolo  22467  trova  piena 
applicazione  solo  nelle  società  di  persone  e  della  società  a  responsabilità  limitata,  nelle 
società  per  azioni  ci  sono  limitazioni  (esempio:  le  prestazioni  d’opera  o  di  servizi  non 
possono comporre i conferimenti). 
 
Patrimonio sociale: ​Complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno 
capo  alla  società.  ​Inizialmente  costituito  dai  conferimenti  successivamente  subisce 
continue  variazioni  qualitative  e  quantitative.  La  consistenza  del  patrimonio  sociale  è 
accertata  periodicamente  attraverso  il  bilancio  di  esercizio.  Il  ​patrimonio  netto  è  la 
differenza positiva fra attività e passività. 
Il patrimonio sociale costituisce la garanzia generica (2740) principale (se per 
le  obbligazioni  sociali  rispondono  anche  i  soci  col  proprio  patrimonio)  od  esclusiva  (se  si 
tratta  di  un  tipo  di  società  nel  quale  per  le  obbligazioni  risponde  solo  la  società)  dei 
creditori della società.  
 
Capitale  sociale:  ​È  un’entità  numerica  che  esprime  il  valore  in  denaro  dei 
conferimenti  quale  risulta  dalla  valutazione  compiuta  nell'atto  costitutivo  della 
società​.  Capitale  sociale  100  vuol  dire  che  i  soci  si  sono  obbligati  a  conferire  (capitale 
sottoscritto)  e/o  hanno  conferito  (capitale  versato)  denaro  o  altre  entità  che  avevano 
tale valore monetario. 
Il  capitale  sociale  nominale  ​rimane immutato nel corso della vita della società​, 
fin  quando  con  modifica  dell’atto  costitutivo  non  se  ne  decide  per  l’aumento  o  la 
riduzione. È quindi un ​valore storico​ che ha due funzioni: 
✓ Funzione vincolistica: ​I  soci  possono  ripartirsi  durante  la  vita  della  società  solo 
la  parte  del  patrimonio  netto  che  supera  l’ammontare  del  capitale  sociale, 
assumendo ai creditori il ruolo di ​garanzia patrimoniale supplementare.  
✓ F​unzione  organizzativa:  ​In  tutte  le  società  è  termine  di  riferimento  per 
accertare  periodicamente  se  la  società  ha  conseguito  utili o ha subito perdite. Il 
capitale  sociale  nominale  svolge  un  ruolo  organizzativo  più  specifico nelle società 
di  capitali:  è  base  di  misurazione  di  alcune  situazioni  soggettive  dei  soci  di 
carattere  amministrativo  (voto)  e  patrimoniale  (utili)  che  spettano  a  ciascun 
socio in misura proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritto. 
 
 
L’esercizio in comune di un’attività economica  
 
Il  scopo-mezzo  del  contratto  di  società  ed  oggetto  sociale  si  definisce  la 
specifica  attività  economica  che  i  soci  si  propone  di  svolgere.  ​Tale  attività  deve 
essere  predeterminata  nell’atto  costitutivo  e  può  essere  modificato  osservando  regole 
specifiche seconda del tipo di società. 
 
Oggetto  sociale:  ​deve  consistere  nello  svolgimento  di  ​un'attività  (serie  di  atti) 
economica  ​(produttiva,  con  contenuto  patrimoniale  condotta  con  metodo  economico  e 

 
 

finalizzata  allo  scambio  di  beni  e  servizi)  ​comune  ​(preordinata  alla  realizzazione  di  un 
risultato unitario, imputabile al gruppo, non significa stessi poteri amministrativi).  
Infine,  è  necessario  che  chi  agisce  nei  rapporti  esterni  sia abilitato ad agire per 
conto  del  gruppo  ed  ulteriormente  agisca  in  nome  dello  stesso.  Il  carattere  comune 
dell'attività  consente  una  sicura  distinzione  tipologica  fra  società  ed  associazione  in 
partecipazioni  (2549).  In  questo  l'attività  di  impresa  resta  propria  ed  esclusiva 
dell’associante:  i  singoli  atti  sono  posti  in  essere  solo  in  suo  nome,  la  gestione  è  anche 
riservata all'associazione. 
 
Scopo-fine  delle  società:  ​L’ultimo  elemento  caratterizzante  le  società  è 
costituito  dallo  scopo  perseguito  dalle  parti.  L’articolo  2247  enuncia  solo  uno  dei 
possibili scopi: lo scopo di divisione degli utili. 
Una  società  può  essere  costituita  per  svolgere  attività  di  impresa  allo  scopo  di 
conseguire  utili  (​lucro oggettivo​), destinati ad essere divisi fra i soci (​lucro soggettivo​). 
Per  questo  scopo  tipico  le  società  di  persone  e  di  capitali  vengono  definite  ​società 
lucrative.  ​Società  sono  però  anche  le  societa  cooperative  e  queste  devono  perseguire 
per  legge  uno  ​scopo  mutualistico  ​(fornire  ai  soci  beni,  servizi  od  occasioni  di  lavoro  a 
condizioni  più  vantaggiose  che  costituisce  un  vantaggio  patrimoniale  diretto  con 
maggiore  remunerazione  del  lavoro  o  risparmio  di  spesa)​.  ​In  sintesi  anche  la  società 
cooperativa  opera  con  metodo  economico  e  realizza  uno  scopo  economico  ma  non  è 
società istituzionalmente preordinata per la realizzazione di uno scopo di lucro. 
Infine  c’è  lo  ​scopo  consortile,  ​una  società  consortile  È  tenuta  ad  operare  con 
metodo  economico  e  per  la  realizzazione  di  uno  scopo economico dei soci, consistente in 
un  particolare  vantaggio  patrimoniale  degli  imprenditori  consorziati:  sopportazione  di 
minori  costi  o  realizzazione  di  maggiori  guadagni  nelle  rispettive  imprese.  Le  società 
consortili,  per  contro,  non  devono  necessariamente  perseguire  uno  scopo  di  lucro  in 
senso proprio. 
 
 
__________________________________________________02/02/2018 
 
➢ Lezione 2: Società e impresa - Le società occasionali 
 
L'attività  delle  società  presenta  di  regola  tutti  i  caratteri  propri dell'attività di 
impresa  (2082): attività produttiva esercitata in modo professionale ed organizzato. 
Le  società  di  regola  sono  titolari  di  un’impresa  collettiva  e  ad  essere  è  applicabile  la 
disciplina  dell'attività  di  impresa.  Esempio:  anche  le  società  sono  esposte  al  fallimento. 
Tuttavia,  le  società possono essere utilizzate anche per l’esercizio di attività produttiva 
a  carattere  non  imprenditoriale,  é  il  caso  delle  ​società  occasionali  e  le  società  fra 
professionisti. 
 
Società  occasionali:  ​L’articolo  2247  richiede  la  produttività  ma  non  fa  cenno 
alcuno  al  requisito  della  professionalità,  richiesto  dall’articolo  2082  per  l’acquisto  della 
qualità  di  imprenditore.  Così,  ​l’esercizio  in  comune  di  un'attività  economica  non 
professionale (occasionale) da vita ad una società, ma non ad un’impresa per difetto 
del requisito della professionalità. ​Si distinguono tre ipotesi diversi: 

 
 

✓ Non  ha  né  società  né  impresa quando due persone realizzano insieme un solo atto 


economico o anche più ati non coordinati da un disegno unitario. 
✓ Si  ha  società  ed  impresa  quando  due  persone  decidono  di  compiere  insieme  un 
singolo  affare  complesso.  Esempio:  società  costituita  per  la  costruzione  di  un 
singolo immobile e vendita dello stesso. 
✓ L'ammissibilità  di  società  senza  impresa  resta  circoscritta  alle  ipotesi  in  cui  sia 
in  presenza  di  esercizio  in  comune  di  attività  oggettivamente  non  durata. 
Esempio:  due  persone  che  si  accordano  per  l’acquisto  di  una  partita  di  agrumi, la 
raccolta personale e la vendita della stessa. 
 
Società  fra  professionisti:  ​L’attività  dei  professionisti  intellettuali  è  attività 
economica  ma  non  è  legislativamente  considerata  attività  di  impresa.  Una  società  fra 
professionisti  (esempio:  società  fra  avvocati)  dà  perciò  vita  ad  un’ulteriore  ipotesi  di 
società senza impresa questo perché: 
✓ L’esercizio  delle  professioni  intellettuali  hanno  carattere  rigorosamente 
personale (2229). 
✓ È  storico  (legge  1815/1939)  che  non  è  possibile  la  società  fra  professionisti  con 
conseguenza  di  particolare  gravità  nella  giurisprudenza:  nullità  della  società  per 
violazione  di  norme,  nullità  di  tutti  i  contratti  d’opera  professionale  senza 
compenso.  
 
Tuttavia,  le  soluzioni  permissive  accolte  in  altri  Paesi  dell’Unione  europea 
sollecitavano  anche  dall’Italia  un  intervento  legislativo.  Dopo  un  percorso legislativo non 
risolutivo  sono  proseguiti  gli  interventi  parziali  sulla  disciplina.  Nel  2001  è  stata 
ammessa  la  costituzione  di  società  tra  avvocati  e  nel  2006  per  la prestazione di servizi 
professionali  interdisciplinari  sotto  forma  di  società  di  persone,  entrambe  hanno  avuto 
scarsa applicazione pratica. 
Il  dibattito  ha  condotto  ad  alcuni  punti  ormai  fermi:  la  necessitÀ  di  distinguere 
la  società  fra  professionisti  vere  e proprie  da altri fenomeni associativi o societari che 
vedono  coinvolti  i  professionisti  ma  che  non  ricadono  nell'ambito  di  applicazione  delle 
norme  e  perciò  devono  essere  considerati  ammissibili,  validi  e  sottratti  la  disciplina 
delle società fra professionisti. Dinstinguiamo le società: 
✓ Incarico congiunto:  la  società  fra  professionisti  non  va  confusa  col  fenomeno di 
assunzione  congiunta  di  un  incarico  da  parte  di  più  professionisti,  in  tal caso non 
si  ha  società  in  quanto  ciascun professionista si impegna nei confronti del cliente 
ad  eseguire  personalmente  una  propria  prestazione,  sia  pure  coordinando  il 
proprio  operato  con  quello  del  collega.  Si  è  in  presenza  di  distinte  attivitÀ 
professionali  coordinate  e  ciascun  professionista  risponde  personalmente  del 
proprio operato ed ha diritto ad un proprio distinto compenso. ​Avvocati. 
✓ Società  di  mezzi:  ​Società  di  mezzi  sono  costituite  da  professionisti  per 
l’acquisto e la gestione in comune di beni strumentali all’esercizio individuale delle 
rispettive  professioni.  Questa  società  non  ha  per  oggetto  l’esercizio  della 
professione.  Infatti  È  svolte  individualmente  congiuntamente  dei  singoli.  Le 
società  di  mezzi  sono  lecite  e  titolari  di  un’impresa  commerciale  in  quanto 
svolgono attività di impresa e non attività intellettuale. ​Medici. 

 
 

✓ Società di servizi che offrono prodotti complessi: ​per la cui realizzazione sono 
necessarie  anche  prestazioni  professionali  dei  soci  o  dei  terzi,  prestazioni  che 
hanno  carattere  strumentale  e  servente  che  non  si  identifica con quello tipico di 
alcuna delle professioni intellettuali. ​Ingegnere. 
✓ Società  fra  professionisti:  ​Società  che  hanno  come  oggetto  unico  ed  esclusivo 
l’esercizio  in  comune  dell'attività  professionale  agli  stessi  riservata  per  çegge. 
Esempio:  società  fra  notai  per  l’esercizio  della  professione  notarile.  Gli incarichi 
professionali  sono  assunti  dalla  società  e  la società che giuridicamente si obbliga 
ad eseguire le relative prestazioni professionali.  
Infatti,  il  problema  dell’ammissibilità  delle  società  fra  professionisti  si  poneva 
solo  per  le  professioni  protette  (disciplina  nella  legge  1815/1939,  libertà  dei 
professionisti  non  protetti  di  non  operare  sulle  regole  fissate  per  il  contratto 
d’opera intellettuale né in rispetto al principio della personalità della prestazione, 
diventando  il  professionista  in  comune  produttore  di  servizi  acquistando  la 
qualità di imprenditore commerciale (2238) e così, in questi casi, non avrà società 
senza impresa). 
Alle  professioni  protette  parte  della  dottrina  e la giurisprudenza ritenevano che 
il  carattere  rigorosamente  personale  della  prestazione,  imposto  dall’articolo 
2232,  non  fosse  conciliabile  con  l'esercizio  della  professione da parte di un ente 
impersonale  qual  è  una  società,  sottraendo  eventualmente  ogni  responsabilità 
civile  personale  e  diretta  nei  confronti  dei  terzi,dato  che  il  contratto  d’opera 
intellettuale viene stipulato con la società e non con i soci professionisti.  
Tuttavia,  nel  quadro  di  un  più  ampio  disegno  di  riforma  degli  ordini  professionali 
la  legge  183/2011:  ha  abrogato  la  legge  1815/1939  e  consentendo in via generale 
“la  costituzione  di  società  per  l’esercizio  di  attività  professionali  regolamentate 
nel  sistema  ordinistico  secondo  i  modelli  societari  del  codice  civile”.  Ferma 
restando  la  libertà  di  mantenere  in  vita  o  costituire  nuove  associazioni 
professionali nella vecchia forma degli studi professionali. 
In  fine,  si  può  partecipare  anche  soci  non  professionisti  per  la  fornitura  di 
prestazioni  tecniche  o  per  finalità  di  investimento.  La  società  professionale 
segue alcuni requisiti: 
> Deve  avere  come  oggetto  esclusivo  l’esercizio  dell'attività  professionale 
da parte dei soci, può trattarsi di più attività (società multiprofessionali). 
> La  partecipazione  ad  una  società  è  incompatibile  con  la  partecipazione  ad 
altra società tra professionisti. 
> La  denominazione  deve  contenere  l’indicazione  di  società  tra 
professionisti. 
> Il  socio  professionista  è  tenuto  all’osservanza  del codice deontologico del 
proprio  ordine,  ma  anche  la  società.  La  cancellazione  del  socio 
professionista  dall’albo  di  appartenenza  comporta  anche  l’esclusione  dalla 
società, secondo le modalità fissate dall’atto costitutivo. 
> L’utente  ha  diritto  di  chiedere  che  la  prestazione  sia  realizzata  da  un 
particolare  ocio  professionista  di  sua  fiducia,  in  mancala  designazione 
viene  effettuata  dalla  società,  individuando  il  professionista  incaricato 
che  sarà  responsabile  in  solido  con  la  società  verso  il  cliente  per 

 
 

l’inadempimento  (in  casi  di  società  tra  avvocati,  professionali 


interdisciplinari, revisione, società di engineering). 
 
La società tra avvocati 
 
La  società  tra  avvocati  è  stata introdotta dal d.lgs. 96/2001 con cui è stata data 
attuazione  alla  direttiva  98/5/CE  volta  a  facilitare  il  libero  esercizio  della  professione 
di  avvocato  nell’ambito  dell’Unione  Europea.  In  passato,  tale  società  costituiva,  insieme 
con  la  società  di  servizi  professionali  interdisciplinari)  l’unica  sicura deroga al divieto di 
costituzione di società tra professionisti. La società ha per oggetto esclusivo ​l'esercizio 
in  comune  dell'attività  professionale  dei  propri  soci:  rappresentanza, assistenza e 
difesa  in  giudizio,  nonché  consulenza  legale.  È  regolata  dalle  norme  ​della società in 
nome  collettivo  ove  non  diversamente disposto dalla disciplina speciale  e  tutti  i  soci 
devono essere in possesso del titolo di avvocato. 
Il  socio  che  è  stato  cancellato  o  radiato  dall’albo  è  escluso di diritto alla società 
mentre  è  causa  facoltativa  la  sospensione  dall’albo.  La  società  è  registrata  in  una 
sezione  speciale  del  registro  delle  imprese  relativa  alle  società  fra  professionisti  e 
l'iscrizione  ha  solo  funzione  di  certificazione  anagrafica  e  di  pubblica  notizia.  È  inoltre 
iscritta  in  una  sezione  speciale  dell’albo  degli  avvocati  e  si  applicano  le  norme 
professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato. 
Specificamente regolata è poi l’invalidità delle società tra avvocati, così colmando 
il  silenzio  del  codice  civile  in  tema  di invalidità delle società di persone. Fermo restando 
che  le  cause  di  invalidità  sono  quelle  previste  dalla  disciplina  generale  dei  contratti per 
gli effetti è dettata una disciplina che sempre quella della società per azioni: 
✓ La  dichiarazione  di  nullità  o  la  pronuncia  di  annullamento  non  pregiudica 
l'efficacia degli atti compiuti in nome della società. 
✓ Resta ferma la responsabilità personale dei soci per e obbligazioni anteriori. 
✓ La sentenza di nullità o annullamento nomina uno o più liquidatori.  
✓ L’invalidità  non  pu`essere  pronunciata  e  la  causa  di  essa  è  stata  eliminata  per 
effetto di modifica dell’atto costitutivo iscritta nel registro delle impresa. 
La  società  fra  avvocati  non  è  soggetta  a  fallimento  in  quanto  non  svolge  attività 
di  impresa.  L’amministrazione  della  società  e  gli  incarichi  professionali  non  possono 
essere  affidati  a  terzi,  ma  possono  essere  condivisi  tra  soci  in  possesso  degli  specifici 
requisiti  prescritti  per  l’esercizio  dell'attività  professionale  richiesta.  Infine,  per 
quanto  riguarda  la  responsabilità  professionale,  solo  il  socio  o  i  soci  incaricati  sono 
personalmente  e  illimitatamente  responsabili  per  l'attività  professionale,  con  essi 
risponde  la  società  con  proprio  patrimonio.  L’unico  caso  di  responsabilità  di  tutti  i  soci 
accade  qualora  la  società  ometta  di  comunicare  il  nome  dell’avvocato  incaricato  prima 
dell’inizio dell'esecuzione del mandato. 
 
 
__________________________________________________02/02/2018 
 
➢ Lezione 3: Società ed associazioni, società e comunione, società coniugali 
 
Società ed associazioni 

 
 

 
È  possibile  a  questo  punto  fissare  gli  elementi  di  ​distinzione fra e società e le 
associazione​. Esse risiedono nella ​natura dell’attività e nello scopo-fine perseguibile. 
✓ L'attività  delle  società  è  positivamente  individuata:  attività  produttiva  condotta 
con metodo lucrativo mentre le associazioni hanno attività aperta. 
✓ Lo  scopo-fine  delle  società  è  un  scopo  economico  (lucrativo,  consortile  o 
mutualistico),  mentre  è  estraneo  allo  schema  delle  società  l’istituzionale 
devoluzione a terzi. Le associazioni, a sua volta sono enti con scopo ideale. 
 
Qualificato  anche  come  gruppo  associativo  è  il  caso  dello  svolgimento  di  attività 
produttiva  con  metodo  non  economico  (produzione  di  beni  o  servizi  che  vengono erogati 
gratuitamente  o a prezzo politico) oppure ancora quando l'attività produttiva è condotta 
con  metodo  economico,  ma  gli  utili  conseguiti  sono  istituzionalmente  devoluti  a  scopi  di 
beneficenza.  Esempio:  ente  privato  che  offre  spettacoli  a  prezzo  di  mercato ma al fine 
di  ricavarne  fondi  che  per  statuto  devono  essere  integralmente  destinati  allo  sviluppo 
della cultura teatrale. 
 
In  sintesi,  ​l’autodestinazione  ​della  società  (scopo  lucrativo  o  economico) 
contrasta  con  ​l’eterodestinazione  ​(scopo  ideale)  delle  associazioni.  Tuttavia,  in  pratica 
ci  sono  gruppi  associativi  che  ricorrono  alla  forma  societaria,  più  comoda  ed  agibile, 
ricorrendo  all’espediente  di  dichiarare  nell’atto  costitutivo  un'attività  economica  ed  un 
scopo  lucrativo  che  poi  in  fatto  non  vengono  perseguiti.  Queste  forme,  però  sono 
illegittimi se non nei casi espressamente previsti dalla legge.  
 
L’opinione  non  è  pacifica,  tuttavia,  il  sistema  del  codice  civile  non  offre  dati che 
consentono  di  affermare  la  derogabilità  statutaria  dello  scopo  di  lucro,  nonostante  non 
sia  causa  di  nullità  della  società  per  azioni  la  mancanza  dello  scopo  di  lucro.  Inoltre, 
l’espresso  riconoscimento  legislativo  delle  società  consortili  se  dimostra  che  le  società 
di  capitali  possono  essere  utilizzate  anche  per  uno  scopo  economico  non  lucrativo,  non 
dimostra affatto che delle stesse ci si possa servire uno scopo non economico. 
 
Nella  legislazione  speciale  ci  sono  casi  di  società,  in  genere  per  azioni,  senza 
scopo  di  lucro  oggettivo  e/o  soggettivo,  in  maggioranza  società  di  prevalente 
partecipazione  pubblica,  ma  anche  fondi  mutualistici  per  la  promozione  e  sviluppo  della 
cooperazione,  società  di  gestione  dei  mercati  regolamentati  di  strumenti  finanziari, 
società sportive professionistiche ed, infine, le imprese sociali. 
 
Imprese  sociali:  le  ​imprese  sociali  sono  organizzazioni  private  che  esercitano 
senza  scopo  di  lucro  e  in  via  stabile  e  principale  attività d’impresa fine della produzione 
o  dello  scambio  di  beni  o  servizi  di  utilità  sociale.  In  considerazione  delle  finalità  di 
interesse  generale  realizzate  dalle  imprese  sociali,  il  legislatore  concede  alle  stesse  il 
privilegio  di  poter  assumere  la  forma  di  qualsiasi  organizzazione  privata  e  se  viene 
adottata la forma societaria resta fermo il divieto di distribuire utili.  
Le  imprese  sociali  sono  soggette  alla  vigilanza  del  Ministero  del  lavoro  e  il 
Ministero  dispone  la  perdita  della  qualifica  se  riscontri  l’assenza  delle  condizioni  per  il 
riconoscimento  o  violazione  della  relativa  normativa.  Ne  consegue  la  cancellazione 

 
 

dell’impresa  dal  registro  e  l’obbligo  di  devolvere  il  patrimonio  ad  enti  non  lucrativi 
determinati  dallo  statuto.  Il  che  rende  manifesto  il  carattere  eccezionale  della 
disciplina dell’impresa sociale.  
Società e comunione 
 
Dopo  aver  enunciato  la  nozione  di  società,  il  legislatore  stabilisce  che  “la 
comunione  costituita  o  mantenuta  al  solo  scopo  di  godimento  di  una  o  di  più  cose  è 
regolate  dalle  norme  in  tema  di  comunione”.  Questo  perche  ci  sono  differenza  fra 
società e comunione: 
 
Società  Comunione 

✓ Contratto  che  ha  per  oggetto  ✓ Situazione  giuridica  che  sorge 


l’esercizio  in  comune  di  un'attività  quando  la  proprietà  o  altro  diritto 
economica produttiva.  reale spetta in comune a più persone. 
✓ I  beni  comuni  hanno  funzione  ✓ Ha  per  oggetto  semplice  godimento, 
servente  rispetto  all'attività  di  diretto  (es:  abitazione)  o  indiretto 
impresa (mezzo per lo svolgimento).  (es: locazione) della cosa comune. 
✓ L’organizzazione  di  gruppo è investita  ✓ L'attività  svolge  funzione  servente 
dei  più  ampi  poteri  di disposizione sul  rispetto  ai  beni,  assicurando  la 
patrimonio sociale.  conservazione  del  bene  e 
✓ I  beni  del  patrimonio  sociale  sono  consentendo  il  migliore  godimento 
affetti  da  un  vincolo  di  stabile  individuale,  circoscrivendo  i  poteri 
destinazione.  dell'organizzazione dei proprietari. 
✓ Non ha vincolo di destinazione. 
 
 
Vincolo  di  stabile  destinazione:  ​Vincolo  che  opera  tanto  nei  rapporti  fra  i  soci 
quando  nei  confronti  dei  terzi.  Diversa  è  la  tecnica  seguita  dal  legislatore  nelle  società 
di persone e nelle società di capitali. Però in tutte le società operano i principi cardine: 
✓ Il singolo socio non può liberamente servirsi delle cose appartenenti al patrimonio 
sociale per fini estranei allo svolgimento dell’attività di impresa (2256). 
✓ Il  singolo  socio  non  può  provocare  a  sua  discrezione  lo  scioglimento  anticipato 
della società e la conseguente divisione del patrimonio sociale (2272 e 2484) 
✓ I  creditori  personali dei soci non possono soddisfarsi del patrimonio della società 
(2270).  Questo  è  aggredibile  solo  dai  creditori  sociali  (autonomia  patrimoniale 
delle società). 
 
Principio della comunione che divergono delle società: ​Nella comunione: 
✓ Ciascun  comproprietario  può  servirsi  della  cosa  comune  purché  non  ne  alteri  la 
naturale destinazione e non impedisca agli altri di farne parimenti uso (1102). 
✓ Ciascuno dei comproprietari può chiedere lo scioglimento della comunione (1111). 
✓ I  creditori  personali  ei  singoli  comproprietari  possono  aggredire  anche  la  cosa 
comune per soddisfare il proprio credito. 
 
Così  si  capisce  che  la  regola  dell’articolo  2248.  Il  legislatore  ha  voluto  fissare  il 
principio  che  il  regime  patrimoniale  delle  societá  è  applicabile  solo  quando  i  beni  sono 

 
 

destinati  allo  svolgimento  di  un’attività  di  impresa.  Così  sono  vietate  le  societa  di  mero 
godimento,  abuso  dell’istituto  societario  ed  un  abuso  a  danno  dei creditori personali dei 
comproprietari. 
Non  bisogna  tuttavia  cadere  in  facili  ma  non  corrette  generalizzazione,  cioè,  la 
stessa  attività  può  costituire  nel  contempo  godimento  di  beni  preesistenti  e  attività 
produttiva  di  nuovi  beni  o  servizio.  Esempio:  una  società immobiliare che ha per oggetto 
la  gestione di un alberto, utilizzando l’immobile conferito dai soci è legittima, in tal caso, 
l’immobile  è  elemento  di  una  più  complessa  organizzazione  di  fattori  produttivi 
finalizzata  alla  produzione  di  servizi  che  non  si  esauriscono  nelle  pure  prestazioni 
locative. 
 
 
Società e “comunione di impresa” 
 
È  possibile  che  dalla  comunione  si  passi  alla  società.  Ipotesi  questa  che 
classicamente  si  verifica,  per  esempio,  quando  più  figli  ereditano  l’azienda  paterna  e 
proseguono  in  comune  l'attività  di  impresa.  Necessario  e  sufficiente  perché  una 
comunione  si  trasformi  in  società  di  fatto  è  che  i  comproprietari  si  servano  dei  beni 
relativi per l’esercizio di una comune attività di impresa. 
 
L’opinione  è  discutibile  nel  senso  che  manca  un  accordo  delle  parti  anche  in 
merito  ai  conferimenti  e  questo  accordo  non  è dato rinvenire quando i comproprietari si 
limitano  a  utilizzare l’azienda comune in una comune attività di impresa. L'obiezione crea 
così  il  fenomeno  della  ​comunione  di  impresa​.  L’obiezione  è  però  priva  di  fondamento. 
L’effettivo  esercizio  di  attività  di  impresa  da  parte  dei  compriretari  di  un’azienda  è 
oggettivamente  apprezzabile  come  non  equivoco  atto  di  destinazione  societaria  dei 
relativi beni.  
 
 
L’impresa coniugale 
 
In  base  all’articolo  177  del  codice  civile  formano  oggetto  della  comunione  legale 
fra  coniugi  anche  “le  aziende  gestite  da  entrambi  e  costituiti  dopo  il  matrimonio”. 
L’azienda  coniugale  è  certamente  un’impresa  collettiva  e  nulla  vieta  ai  coniugi  di 
costituire  una  società  per  il  relativo  esercizio.  Nel  silenzio  è  però  applicabile  la 
disciplina propria della comunione familiare. 
 
L’applicazione  della  disciplina  della  comunione  familiare  comporta  che  i  creditori 
di  impresa  potranno  soddisfarsi  su  tutti  i  beni  della  comunione,  anche  se  estranei 
all’azienda,  ma  alla  pari  con  gli  altri  creditori  (186).  Ancora,  i  creditori  di  impresa 
possono  aggredire  anche  patrimonio  personale  di  ciascun  coniugi  ma  solo  nella  misura 
della metà del credito, in via sussidiaria. 
 
L’inverso  è  anche  previsto,  i  creditori  particolari  del  singolo  coniuge  possono 
soddisfarsi  direttamente  anche  sui  beni  della  comunione  legale  tra  cui  i  beni  aziendali. 

 
 

Tale  diritto  è  però  riconosciuto  solo  fino  al valore corrispondente alla quota del coniuge 


debitore purché i beni personali non siano sufficienti a soddisfarli (189).  
 
Infine,  la  comunione  si  scioglie  per  la  dichiarazione  di  assenza  o  di  morte 
presunta  di  uno  dei  coniugi,  per  l'annullamento,  per  lo  scioglimento  o  per  la  cessazione 
degli  effetti  civili  del  matrimonio,  per  la  separazione  personale,  per  la  separazione 
giudiziale  dei  beni,  per  mutamento  convenzionale  del  regime  patrimoniale,  per  il 
fallimento di uno dei coniugi. Essendo una derroga ai principi sociali. 
 
 
__________________________________________________03/02/2018 
 
➢ Lezione 4: I tipi di società 
 
Ci  sono  due  problematiche  che  riguardano  tutti  i  tipi  di  società:  l’ordinamento 
interno  della  stessa  e  i  rapporti  fra  società  e  terzi.  Nell’ambito  interno,  è  necessario 
definire  le  regole  procedimentali  di  formazione  della  volontà  di  gruppo,  definire  le 
modalità  di  partecipazione  del  singolo  socio  alla  formazione  della  volontà sociale nonché 
ai  risultati  dell'attività comune. Nell’ambito esterno è necessario stabilire chi e secondo 
quali  modalità  è  abilitato  ad agire con i terzi, dando luogo all’acquisto di diritti di gruppo 
ed  assunzione  di  obbligazioni  di  gruppo,  quale  il  regime  di  responsabilità  per  le 
obbligazioni sociali. 
 
Le  societá  formano  un  sistema  composto  da  una  pluralità  di modelli organizzativi 
ciascuno  dei  quali  costituisce  una  diversa  combinazione  di  risposte  legislative.  Gli  otto 
tipi  di  società  previsti  possono  essere  tuttavia  aggregati  in  categorie  omogenee  sulla 
base di alcuni fondamentali criteri di classificazione. 
 
Società lucrative e mutualistiche: ​Sotto  tale profilo le società cooperative e le 
mutue  assicuratrici  (mutualistiche)  si  contrappongono  a  tutti  gli  altri  tipi  di  società, 
definiti come società lucrative.  
 
Società semplice e società commerciale: ​Le  società  semplice è utilizzabile solo 
per  l’esercizio  di  attività  non  commerciale  (2249)  che  hanno  un  regime  di  pubblicità più 
lieve  e  generalmente  di  pubblicità  notizia.  Tutte  le  altre  società  lucrative  possono 
esercitare  sia  attività  commerciale  sia  non  commerciale  e  indipendemente  dell'attività 
esercitata  sono  sempre  state  soggette  ad  iscrizione  nel  registro  delle  imprese  con 
effetti di pubblicità legale e sono chiamati di società di tipo commerciale. 
 
Società  con  e  senza  personalità  giuridica:  ​Hanno  personalità  giuridica  le 
società  di  capitali  (società  per  azioni,  società  in  accomandita  per  azioni  e  società  a 
responsabilità  limitata)  e  le  società  cooperative.  Sono  invece prive le società di persone 
(società semplice, in nome collettivo e in accomandita semplice). 
✓ Società di capitali: ​nelle società di capitali in quanto società con personalità: 
○ È  legislativamente  prevista  ed  inderogabile  (salvo  che  nella  società  a 
responsabilità  limitata)  un’organizzazione  di  tipo  corporativo,  con  una 

 
 

pluralità  di  organi,  ciascuno  investito  di  proprie  specifiche  funzioni  e 


competenze. 
○ Il  funzionamento  degli  organi  è  denominato  dal  principio maggioritario. In 
particolare  l’assemblea  delibera  a  maggioranza  anche  le  modifiche 
dell'atto  costitutivo  e  le  maggioranze  sono  calcolate  in  base  alla 
partecipazione di ciascun socio al capitale sociale. 
○ Il  singolo  socio  in  quanto  tale  non  ha  alcun  potere  diretto  di 
amministrazione  e  di  controllo,  salvo  che  nella  società  a  responsabilità 
limitata,  ha  solo  il  diritto  di  concorrere,  con  il  suo  voto,  alla  designazione 
dei  membri  dell’organo  amministrativo  e/o  di  controllo.  Il  peso  di  ciascun 
socio  in  assemblea  è  proporzionale  all’ammontare  del capitale sociale, cioè 
determinato  secondo  un  criterio  puramente  capitalistico  che  da  rilievo  ai 
mezzi apportati e non alle persone dei soci. 
✓ Nelle società di persone, invece: 
○ Non è prevista un’organizzazione di tipo corporativo 
○ L'attività  della  società  si  fonda  su un modello organizzativo che riconosce 
ad ogni socio a responsabilità illimitata il potere di amministrare la società 
(2257)  e,  per  altro  verso  e  all’opposto,  richiede  di  regola  il  consenso  di 
tutti i soci per le modificazioni dell’atto costitutivo (2252). 
○ Il  singolo  socio  a  responsabilità  illimitata  È  in  quanto  tale  investito  del 
potere  di  amministrazione  e  di  rappresentanza  indipendentemente 
dall’ammontare  del  capitale  conferito.  È  così  accentuato  il  rilievo  della 
persona  nonché  il  reciproco  rapporto  fiduciario  fra  i  soci.  Ne  consegue 
che  la  partecipazione  sociale  È  di  regola  trasferibile  solo  col  consenso 
degli altri soci. 
 
Responsabilità dei soci: ​Ultimo  criterio  di distinzione è quello basato sul regime 
di responsabilità per le obbligazioni sociali. Sotto tale profilo vi sono: 
✓ Società  nelle  quali  per  le  obbligazioni  sociali  rispondono  sia  il  patrimonio  sociale 
sia  i  singoli  soci  personalmente  ed  illimitatamente  in  modo  inderogabile  (societa 
in  nome  collettivo)  o  con  possibilità  di  deroga  pattizia  per  i  soli  soci  non 
amministratori (società semplice) 
✓ Società,  come  l’accomandita  semplice  e  per  azioni,  nelle  quali  coesistono 
istituzionalmente  soci  a  responsabilità  illimitata  (accomandatari)  e  soci  a 
responsabilità limitata (accomandanti). 
✓ Società  nelle  quali  per  le  obbligazione  sociale  di  regola  risponde  solo  la  società 
col  proprio  patrimonio  (società  per  azioni,  a  responsabilità  limitata  e  società 
cooperative). 
Da  qui  si  cava  la  regola  che  nelle  società  di  persone  non  è  consentito  che  tutti  i 
soci  siano  a  responsabilità  limitata  e  l’amministrazione della società può essere affidata 
solo ai soci responsabilità illimitata. 
 
 
Personalità giuridica ed autonomia patrimoniale delle società 
 

 
 

Personalità  giuridica  ed  autonomia  patrimoniale  costituiscono  in  sostanza  due 


diverse  tecniche  legislative  per  realizzare  un  medesimo  disegno  di  politica  economica: 
creare condizioni di diritto privato propizie per la diffusione e lo sviluppo delle imprese. 
Condizioni  che  risiedono,  per  un  verso,  nella  previsione  di  un’adeguata  tutela  dei 
creditori  delle  imprese  societarie  e,  per  altro  verso,  in  incentivi  giuridici  che  facciano 
propendere l’iniziativa economica privata verso il modello societario. 
✓ Tutela  dei  creditori:  ​il  legislatore  concede  ai  creditori  sociali  un  trattamento 
preferenziale  rispetto  ai  creditori  personali  dei  soci  essendo  il  patrimonio  delle 
società aggredibile solo dai creditori sociali. 
✓ Incentivi  giuridici  per  l’iniziativa  economica:  ​il  legislatore  consente  a  quanti 
costituiscono  una  società  di  creare  un  diaframma  fra il patrimonio personale e le 
obbligazioni contratte collettivamente nell’esercizio dell’impresa comune. 
 
Le  società  di  capitali  e  cooperative  sono  soggetti  di  diritto formalmente distinti 
dalle  persone  dei  soci.  La  società  è  posta  in  posizione  di  alterità  soggettiva  e  gode, 
conseguentemente,  di  una  piena  autonomia  patrimoniale.  I  beni  conferiti  dai  soci 
diventano  formalmente  beni  di  proprietà  della  società:  attraverso  il  riconoscimento 
della  personalità  giuridica,  il  patrimonio  sociale  è  reso  autonomo  rispetto  a  quello  dei 
soci e quello dei soci è reso autonomo rispetto a quello della società. 
 
Tuttavia,  come  la  personalità  giuridica  è  una  creazione  del  legislatore  e  non 
“naturale  e  reale” sussiste nei limiti in cui è positivamente riconosciuta dall’ordinamento. 
Limiti  non  sempre  identici  una  volta  ché  la  personalità  giuridica  non  implica  sempre 
irresponsabilità  dei  soci  per  le  obbligazioni  social,  che  sono  ammesse  in  carattere 
eccezionale in responsabilità per debito altrui. 
 
 
La soggettività delle società di persone 
 
Alle  società  di  persone  il  legislatore  ha  formalmente  negato  la  personalità 
giuridica,  però  ha  provveduto  a  soddisfare  le esigenze di tutela dei creditori sociali e di 
incentivazioni  dei  soci  con specifiche disposizioni che rendono il patrimonio della società 
autonomo, oltre che stabilmente vincolato allo svolgimento dell’attivita di impresa. 
✓ I  creditori  personali  dei  soci  non  possono  aggredire  il  patrimonio  della  società 
per  soddisfarsi.  finché  dura  a  società,  possono  solo  far  valere  i  loro  diritti  sugli 
utili  spettanti  al  proprio  debitore  e  compiere  atti  conservativi  sulla  quota  allo 
stesso  spettante  nella  liquidazione.  Tuttavia,  si  può ottenere la liquidazione della 
quota  del  proprio  debitore,  qualora  gli altri beni siano insufficienti a soddisfare i 
crediti (2270). 
✓ I  creditori  della  società  non  possono  aggredire  direttamente  il  patrimonio 
personale  dei  soci  illimitatamente  responsabili.  È  necessaria  prima  tentativo  di 
soddisfarsi  sul  patrimonio  della  società.  La  responsabilità  dei  soci,  così  è 
sussidiaria (beneficio di escussione) rispetto a quella della società. 
 

 
 

Uno  dei  dibattiti più importante è quello dell’unificazione soggettiva delle società 


di  persone,  cioè  se  tali  società  sono  trattate  come  centri  di  imputazioni  giuridiche 
distinte dalle persone dei soci. 
 
Ritenendo  la  non  unificazione  soggettiva,  esiste  l’argomento  che  nelle  società  di 
persona  si  qualificano  i  soci  come  veri  e  propri  coimprenditori,  una  volta  che  non  ha  la 
personalità  giuridica,  in  quanto  ad  essi  sarebbe  direttamente  imputabile,  sia  pure 
collettivamente,  l’attività  di  imprese  e  si  ritiene  conseguentemente  che  la  loro 
esposizione  a  fallimento  in  caso  di  fallimento  della  società  trovi  fondamento  nella  loro 
personale qualità di imprenditori commerciali. 
 
Tuttavia,  ci  sono  argomenti  legali  che  difendono  un  piano  di  unificazione 
soggettiva  (giuridico-formale).  L’articolo  2226  stabilisce  che  “la  società acquista diritti 
e  assume  obbligazioni  per  mezzo  dei  soci  che  ne  hanno  la  rappresentanza  e  sta  in 
giudizio  nella  persona  dei  medesimi”.  È quindi la società che diventa titolare dei diritti e 
delle obbligazioni relative, al pari di qualsiasi altro soggetto di diritto.  
 
Non  sufficiente,  si  aggiunge  che  anche  le  società  di  persone  hanno  un  proprio 
nome ed una propria sede formalmente distinti da quelli dei soci, essendo quindi soggetti 
di  diritto  distinti  dalle  persone  dei  soci.  Si  vuol  dire  che  il  legislatore,  mentre  con  una 
mano  negava  alle  società  di  persone  il  riconoscimento  della  personalità  giuridica  (2498) 
con l’altra (2266) a concesso loro qualcosa che alla stessa è molto vicina. Così: 
✓ Anche  nelle  società  di  persone  i  beni  sociali  non  sono  beni  in  comproprietà 
speciale, bensì beni in proprietà della società. 
✓ Le  obbligazioni  sociali  non  sono  obbligazioni  personali  dei  soci,  ma  obbligazioni 
della  società,  cui  si  aggiunge  a  titolo  di  garanzia  la  responsabilità  di  tutti  o  di 
alcuni dei soci. 
✓ La  responsabilità  personale  dei  soci  non  è  qualificabile  come  responsabilità  per 
debito proprio. 
✓ Imprenditore  è  la  società  non  il  gruppo  dei  soci  (coimprenditori),  anche  se  il 
fallimento  della  società  determina  automaticamente  il  fallimento  dei  soci 
illimitatamente responsabili. 
In  conclusiione  può  darsi  che  per  descrive  la  specficaforma  di  alteritÀ  delle 
società  di  persone  sia  più appropriata la formala “soggetto collettivo non personificato”, 
ipotizzato ​tertium genus​ fra persone fisiche e persone giuridiche. 
 
 
Tipi di società ed autonomia privata 
 
Quanti  costituiscono  una  società  possono  liberamente  scegliere  fra tutti i tipi di 
società  previsti  se  l'attività  da  esercitare  non  è  commerciale;  fra  tutti  i  tipi  tranne  la 
società  semplice  se  l’attività  è  commerciale  (2249).  Ulteriori  limitazioni  nella scelta del 
tipo di società sono stabilite da leggi speciali. Esempi: imprese bancarie ed assicurative.  
 
La  scelta  di un determinato tipo non è tuttavia condizione essenziale per la valida 
costituzione  di  una  società.  In  caso  di  attività  non  commerciale  si  applica  la  disciplina 

 
 

della  società  semplice  a  meno  che  i soci abbiano voluto costituire la società secondo uno 


degli altri tipi (2249).  
 
In  caso  di  attività  commerciale  il  silenzio  implica  opzione  per  il  regime  della 
società  in  nome  collettivo,  conclusione  cui  si  arriva per esclusione. La società semplice e 
la  società  in  nome  collettivo  costituiscono  perciò  i  regimi  residuali  dell'attività 
societaria, rispettivamente non commerciale e commerciale. 
 
Scelto  un  determinato  tipo  di  società,  le  parti  possono,  con  apposite  clausole 
contrattuali  disegnare  un  assetto  organizzativo  della  loro  società  parzialmente  diverso 
da  quello  risultante  dalla  disciplina  legale  del  tipo  prescelto  purché  non  violino  aspetti 
della relative disciplina legale espressamente dichiarati inderogabili o che devono essere 
considerati  tali  perché  fissano  i  caratteri  essenziali  organizzativi  e/o  funzionali  di quel 
determinato tipo, accadendo la nullità della clausola e non dell’intero contratto (1419). 
 
È  invece  da  ritenersi  inammissibile  la  creazioni  di  un  tipo  di  società  del  tutto 
inconsueto  e  stravagante,  non  sono  ammissibili  società  atipiche  questo  perché  il 
contratto  di  società  è  destinato  a  produrre  effetti  non  solo  fra  le  parti  ma  anche  di 
fronti  ai  terzi.  Così  la  sanzione  è  la  nullità  della  società  atipica  e la sua eliminazione dal 
mercato. 
 
Patti  parasociali:  ​Diverso  dalle  clausole  societari  atipiche,  i  patti  parasociali 
sono  stipulati dalle soci al di fuori dell’atto costitutivo, sono accordi destinati a regolare 
il  loro  comportamento  nella  società  o  verso  la  società.  Esempi:  sindacati  di  voto, 
sindacati  di  blocco.  A  differenza  delle  clausole  dell’atto  costitutivo,  i  patti  parasociali 
vincolano  solo  gli  attuali  soci  contraenti.  La  loro  eventuale  invalidità  non  incide  sulla 
validità  della  società  e  degli  atti  societari.  Infine,  la  loro  violazione  espone  solo 
all’obbligo  del  risarcimento  dei  danni  nei  confronti  degli  altri  soci  e non coinvolge anche 
la posizione nella società degli inadempienti. 
 
 
Contratto di società ed organizzazione 
 
Dall’atto  di  autonomia  privata  che  dà  vita  ad  una  società  (società-contratto) 
nasce  un’organizzazione  di  persone  e  di  mezzi  (società  organizzazione) destinata a dare 
attuazione  al  contratto  di  società,  attraverso  la  produzione  di  una  serie  indefinita  di 
nuovi atti giuridici in cui si concretizza l’esercizio della comune attività. 
 
Con  la  stipula  del  contratto  di  società  le  parti  contraenti  diventano  infatti 
membri  della  struttura  organizzativa  così  creata:  acquistano  la  qualità  di  soci  e 
diventano  titolari  di  una  serie  articolata  di  situazioni  soggettive  di  diversa  natura,  sia 
attive sia passive distinguibili in due grandi categorie: 
✓ Situazioni  di  natura  amministrativa:  ​aventi  ad  oggetto  la  partecipazione 
individuale  all'attività  comune.  Diritto  di  voto,  potere di amministrare la società, 
rappresentarla di fronte ai terzi. 

 
 

✓ Situazioni  di  natura  patrimoniale:  ​aventi  ad  oggetto  la  partecipazione 


individuale  i  risultati  dell'attività  comune,  durante  la  vita  della  società  ed  al 
momento  dello  scioglimento  della  stessa.  Diritto  agli  utili  ad  alla  quota  di 
liquidazione, partecipazione alle perdite. 
I  diritti  di  cui  ciascun  socio  gode  vanno  infatti  inseriti  e  valutati  nell’ambito 
dell’organizzazione  di  gruppo  creata con il contratto di società. L’inserimento del singolo 
in  un  gruppo  organizzato  giustifica  perciò  la  subordinazione  degli  interessi individuali al 
comune  interesse  di  gruppo,  nei  punti  in  cui  l’ordinamento  rimette  alla  maggioranza  dei 
soci la definizione delle scelte relative all'attuazione del contratto sociale. 
 
Tuttavia,  il  sacrificio  delle  posizioni  individuali  ove  consentito  dalla  legge  o 
dall’atto  costitutivo, deve pur sempre trovare fondamento e giustificazione nell’esigenza 
di  una  migliore  realizzazione  del  risultato  finale  di  comune  interesse.  Così  è  legittimo il 
sacrificio  dell’interesse  attuale  del  singolo  socio  in  nome  dell’interesse  final  di  tutti, 
mentre,  invece,  non  è  legittimo  il  sacrificio  del  singolo  socio  o  di  gruppi  di  soci  a 
vantaggio degli altri. 
 
Infatti,  questi  problemi  la  maggior  parte  del  tempo  possono  essere  risolti  con 
l'applicazione dei principi cardine che regolano la fase attuativa di ogni contratto: 
✓ Principio  dell’esecuzione  del  contratto secondo correttezza e buona fede: ​la 
presenza di un’organizzazione comune non fa venire meno fra le parti (1375). 
✓ Rispetto  della  parità  di  trattamento:  ​che  trova  oggi  esplicito  riconoscimento 
legislativo per le società quotate. 
 
 
__________________________________________________02/02/2018 
 
➢ Lezione 5: La costituzione delle società di persone 
 
Le società di persone 
 
La  società  semplice,  in  nome  collettivo  e  in  accomandita  semplice  formano  la 
categoria delle società di persone: 
✓ Società  semplice:  ​Tipo  di  società  che  può  esercitare  solo  attività  non 
commerciale.  È  il  regime  residuale  dell'attività  societaria  non  commerciale 
(2251- 2290). 
✓ Società  in nome collettivo: ​società  che  può  essere  utilizzata  sia  per  l’esercizio 
di  attività  commerciale  o non commerciale. Nella società in nome collettivo tutti i 
soci  rispondono  solidalmente  ed  illimitatamente  per  le  obbligazioni  sociali.  È  il 
regime residuale dell’attività societaria commerciale (2291-2312). 
✓ Società  in accomandita semplice: ​società  di  persone  che  si  caratterizza  per  la 
presenza  di  due  categorie  di  soci:  accomandatari  (rispondono  solidalmente  ed 
illimitatamente  per  le  obbligazioni  sociali),  accomandanti  (rispondono 
limitatamente alla quota conferita) (2313-2324). 
 

 
 

La  normativa  della  società  semplice  detta  i  principi  applicabile  anche  alla 
collettiva  ed  nell'accomandita  semplice  per  i  rinvii  dalla  legge (2293 e 2315). La società 
semplice così costituisce prototipo normativo, tuttavia trova poca applicazione pratica in 
virtù  del  divieto  alle  società  commerciale.  Infatti,  dopo  recenti  modifiche  il  campo  di 
applicazione è stato un po ampliato (società tra professionisti), però è ancora piccolo. 
Tenendo  conto  di  questo  si  espone  di  modo  unitario  la  disciplina  della  società 
semplica e della collettiva che formano uno “statuto generale” delle società di persone. 
 
 
L’atto costitutivo - forma e contenuto 
 
Società  semplice:  ​Il  contratto  “non  è  soggetto  a  forma  speciali,  salvo  quelle 
richieste  dalla  natura  dei  beni  conferiti”  (2251),  non  sono  dettate  disposizioni 
specifiche per quanto riguarda il contenuto dell’atto costitutivo. 
Le  società  semplice  hanno  bisogno  di  iscrizione  nel  registro  delle  imprese  con 
funzione  di  certificazione  anagrafica  e  di  pubblicità  notizia.  Questo  tuttavia  non  si 
applica  alle  società  semplici  esercenti  attività  agricola per cui l’iscrizione ha funzione di 
pubblicità legale.  
Si  può  dire  che,  via  di  regola,  la  costituzione  della  societá  semplice  ha  massima 
semplicità  formale  e  sostanziale  perché  la  registrazione  non  incide  né  sull'esistenza  né 
sulla  disciplina.  Il  contratto  di  società  semplice  può  essere  concluso  anche verbalmente 
o risultare da comportamenti concludenti (società di fatto). 
 
Società in nome collettivo: ​sono  dettate  regole  di  forma (2296) e di contenuto 
(2295)  che  sono  prescritte  solo  ai  fini  dell’iscrizione  della  società  nel  registro  delle 
imprese,  condizione  di  regolarità  della  società,  ma non condizione di esistenza. L’omessa 
registrazione  comporta  che  i  rapporti  fra  società  e  terzi  siano  regolati  sotto  alcuni 
aspetti dalla disciplina della societa semplice (2297).  
Così  si  distingue  tra  società regolare o irregolare (senza atto costitutivo o senza 
iscrizione  di  esse).  L’atto  costitutivo  deve  essere  redatto  per  atto  pubblico  o scrittura 
privata autenticata che deve contenere le seguenti indicazioni:  
✓ Cognome, nome, luogo, data di nascita, domicilio e cittadinanza dei soci. 
✓ Ragione sociale (nome di uno o più soci con l’indicazione del rapporto sociale). 
✓ Soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società. 
✓ Sede e eventuali sedi secondarie. 
✓ Oggetto sociale. 
✓ I conferimenti valore ad essi attribuito e il modo di valutazione. 
✓ Prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera. 
✓ Nome  secondo  le  quali  gli  utili  devono  essere  ripartiti  e  la  quota  di  ciascun socio 
negli utili e nelle perdite. 
✓ Durata della società. 
L’indicazione  dei  soci  amministratori  e  rappresentanti, nonché le norme sugli utili 
e  quota  possono  essere supplite da norme di legge (2257 e 2263). La generalità dei soci, 
la ragione sociale e l’oggetto sociale sono elementi indispensabili. 
 

 
 

Forma: ​La  libertà  di  forma  per  la  costituzione  delle  società  di  persone  incontra 
un  limite  quando  forme  speciali  sono  richieste  dalla  natura dei beni conferiti (2251). Na 
forma  scritta,  a  pena  di  nullità, è necessaria quando il conferimento ha per oggetto beni 
immobili  o  diritti  reali  immobiliari,  anche  per  semplice  godimento  a  tempo  eccedente  i 
nove anni.  
Tuttavia,  ci  sono  opinione  diverse  nel  senso  che  nullo  solo  sarebbe  il  vincolo  del 
socio  conferenti  e  non della società (requisito di validità solo del conferimento). Ancora, 
qualora  il  conferimento  a  titolo  di  proprietà  non  sia  indispensabile  per  lo  svolgimento 
dell'attività  sociale  l’applicazione  del  principio  di  conservazione  del  contratto  consente 
di  interpretare  la  volontÀ  delle  parti  nel  senso  che l'immobile è stato conferito a titolo 
di godimento infranovennale. 
 
 
Società di fatto, società occulta 
 
Quando  la  società  si  perfeziona  per  fatti  concludenti si parla di società di fatto. 
La  società  di  fatto  è  regolata  dalle  norme  della  società  semplice  se  l'attività  non  è 
commerciale  e delle norme della collettiva irregolare se l’attività è commerciale. ​Questo 
implica  che  una  società  di  fatto  è  esposta  al  fallimento  al  pari  di  ogni  imprenditore 
commerciale. Il fallimento della società determina automaticamente il fallimento di tutti 
i soci siano palesi od occulti. 
 
  Società  occulta:  ​Dalla  società  con  soci  occulti  va  tenuto  distinto  il  fenomeno 
della  società  occulta.  La  società  occulta  è  costituita  con  l’espressa  e  concorde  volontà 
dei  soci  di  non  rilevarne  l’esistenza all’esterno. Così la società esiste nei rapporti interni 
fra  i soci, ma non viene esteriorizzata, la società si presenta come impresa individuale di 
uno dei soci o anche di un terzo. 
Lo  scopo  del  patti  tra  le  persone  è  limitare  la  responsabilità  nei  confronti  dei 
terzi  al  matrimonio  del  solo  gestore,  evitando  che  la  società  e  gli  altri  soci  rispondono 
delle obbligazioni di impresa e siano esposti al fallimento.  
La  giurisprudenza  e  la  dottrina  hanno  reagito  contro  questo  fenomeno 
sostenendo  che  la  mancata  esteriorizzazione  della  società  non  impedisce  ai  terzi  di 
invocare  la  responsabilità  anche  della  società  occulta  e  degli altri soci. L’onere dei terzi 
è  provare  l’esistenza  del  contratto  di  società  e  che  gli  atti  posti  in  essere  siano 
riferibili a tale società.  
L’opinione, accolta dalla legge con la riforma del diritto fallimentare implica che il 
fallimento  dell’imprenditore  individuale  è  esteso  alla  societá  ed  agli  altri  soci  occulti. 
Infine, ha bisogno di distinguere “socio occulto di società palese” e “società occulta”: 
✓ Socio  occulto  di  società  palese:  ​l’attività  di  impresa  è  volta  in  nome  della 
società  e  ad  essa È imputabile tutti i suoi effetti, la partecipazione alla società è 
titolo  sufficiente  a  fondare  la  responsabilità  ed  il  fallimento  sia  dei  soci  palesi 
sia di quelli occulti. 
✓ Società  occulta:  ​l’attività  di  impresa  non  è  svolta  in  nome  della  società,  così  gli 
att  nn  sono  ad  essa  formalmente  imputabili.  Il  fallimento  della  società  occulta  è 
norma  eccezionale,  la  disciplina  non  comporta  che  l'attività  di  impresa  sia 
imputata  alla  società  in  tutti  i  suoi  effetti  attivi  e  passivi.  Infine,  si  deve 

 
 

escludere  che  la  società  occulta  sia  direttamente  responsabile  verso  i  terzi  per 
le  obbligazioni  contratte  in  nome  dall’imprenditore  ,  finché  quest’ultimo  non  è 
dichiarato fallito. 
 
 
La società apparente  
 
La  societá  apparente,  creata  dalla  giurisprudenza  è  un  mezzo  per  il 
coinvolgimento  del maggior numero possibile di persone nel fallimento di un imprenditore 
individuale.  Ancorché  non  esistente  nei  rapporti  tra  i  presunti  soci,deve  considerarsi 
esistente  all’esterno  quando due o più persone operino in modo da ingenerare nei terzi la 
ragionevole  opinione  che  essi  agiscono  come  soci  e  quindi  da  determinare  in  essi 
l’incolpevole  affidamento  circa  l’esistenza  effettiva  della  società.  Così  la  società 
apparente  sarebbe  assoggettata  a  fallimento  come  una  società  di  fatto  realmente 
esistente. 
 
La  figura  è  criticata  dalla  dottrina,  tuttavia  la  giurisprudenza  continua  a  far 
vivere  e  ad  applicare  la  sua  creatura:  se  per  tutelare  i creditori dell’impresa la legge fa 
fallire  le  società  che  esistono  nei  rapporti  interni  ma  non  di  fronte  ai  terzi  (società 
occulta), perché i giudici non dovrebbero far fallire la società che “esistono” di fronte ai 
terzi ma non esistono nei rapporti interni (società apparente)? Un'altra volta, la figura è 
troppo questionata. 
 
 
La partecipazione degli incapaci 
 
La  partecipazione  ad  una  società  di  persone  richiede  la  capacità  di  agire  ed  è 
atto  eccedente  l’ordinaria  amministrazione.  Le  partecipazione  degli  incapaci  ad  una 
società  in  nome  collettivo  è  inoltre  per  legge  equiparata  all'esercizio  individuale  di 
un’impresa commerciale. Perciò: 
✓ Il  minore,  l’interdetto  e  l’inabilitato  non  possono  partecipare  ex  novo  ad  una 
società  in  nome  collettivo.  Con  l'autorizzazione  del  tribunale  possono  solo 
conservare  la  partecipazione  ​che  ad  essi  provenga  per  donazione  o  per 
successione.  Inoltre,  in  caso  di  interdizione  o  di  inabilitazione  il  tribunale  può 
autorizzare  la  ​continuazione  ​della  partecipazione,  sempre  ché  gli  altri  soci  non 
deliberino l'esclusione del socio interdetto o inabilitato (2286). 
✓ Il  minore  emancipato  può  anche  partecipare  alla  costituzione  di  una  collettiva  o 
aderirvi successivamente, con l’autorizzazione del tribunale. 
✓ Il  beneficiario  dell’amministrazione  di  sostegno  può partecipare alla costituzione 
di  una  società  in  nome  collettivo  o  aderirvi  successivamente  senza 
autorizzazione,  salvo  che  sia  diversamente  disposto  nel  decreto 
dell’amministratore di sostegno. 
Per  espresso  dettato  legislativo,  la  disciplina  trova  applicazione  anche  quando  la 
collettiva  non  esercita  attività  commerciale,  ma  non  si  può  applicarsi  alle  società 
semplici  dato  che  le  norme  in  tema  di  imprenditore  individuale  richiamate  sono  riferite 
solo agli imprenditori commerciali. 

 
 

 
 
 
 
 
Partecipazione di società in società di persone 
 
Per  le  società  di  capitali  la  partecipazione  di  società  in  società  è  stata  risolta 
affermativamente dall’articolo 2361 del codice civile sia pure con alcune cautele: 
✓ L'assunzione  di  partecipazione  comportanti  responsabilità  illimitata  deve  essere 
deliberata dall’assemblea. 
✓ Gli  amministratori  devono  dare  specifiche  informazioni  nella  nota integrativa del 
bilancio su tali partecipazioni. 
✓ Se  tutti  i  soci  illimitatamente  responsabili  di una società di persone sono società 
di  capitale,  il  bilancio  della  società  di  persone  deve  essere  redatto  secondo  le 
norme della società per azioni. 
In  base  alla  nuova  disciplina,  è  da  ritenere  lecito  inoltre  che  una  società  di 
capitale  sia  amministratore  di  una  società  di persone. La stessa risposta va anche per la 
partecipazione  di  società  di  persone in altre società di persone perché non esiste norma 
che  o  vieti.  Gli  argomenti  contrari  a  questi  non  sono  convincente  (intuitus  personae  e 
norme  specifiche sulle persone fisiche una volta che il primo è carattere normale ma non 
essenziale  delle  società  di  persone  mentre  le  norme  specifiche  non  escludo  la 
partecipazione di persone giuridiche) 
 
 
L’invalidità della società 
 
Il  codice  non  detta  disposizioni  specifiche  per  quanto  riguarda  l’invalidità  del 
contratto  costitutivo  di  una  società  di  persone.  Valgono  perciò  in  materia  le  cause  di 
nullita e annullabilita (1418 e 1425) previste dalla disciplina generale dei contratti. Così: 
✓ Esiste  nullità:  ​Quando  il  contratto  è  contrario  a  norme  imperative,  l’oggetto  è 
impossibile o illecito o quando è illecito il motivo comune determinante 
✓ Esiste  annullabilità:  In  caso  di  incapacità  delle  parti  o  di  consenso  viziato  per 
errore, violenza o dolo. 
 
È  necessario  tuttavia  distinguere  fra  cause  di  invalidità  che  colpiscono  l’intero 
contratto  di  società  (esempio:  oggetto  illecito)  e  le  invalidità  che  colpiscono  solo  la 
singola  partecipazione  (esempio:  partecipazione  di  un  minore non autorizzato). La regola 
è  la  seconda  almeno  che  la  partecipazione  viziata  è  essenziale  per  il  conseguimento 
dell'oggetto sociale (1420 e 1446). 
 
La  problematica  dell’invalidità  è più complesso quando ‘l'attività sociale è iniziata. 
In  tema  di  società  di  capitale (2332), la dichiarazione di nullità di una società per azioni 
non  pregiudica  l’efficacia  degli  atti  compiuti  dopo  l'iscrizione  nel  registro  e  non libera i 
soci  dall'obbligo  di  eseguire  i  conferimenti  ancora  dovuti,  ancora,  la  nullità  non  può 

 
 

essere  dichiarata  se  la  causa  di  essa  è  stata  elimitte  con  la  modificazione  dell’atto 
costitutivo.  
 
È  opinione  diffusa  che  questa  disciplina  é  operante  a  tutti  le  società di capitale, 
ma  non  alle  società  di  persone.  Campobasso  discorda  nel  senso  che  l'articolo  2332 
esprime principio generale a tutte le società: l'eliminazione della stessa per il futuro. 
Seguendo l’opinione di Campobasso, dopo il scioglimento della società:  
✓ Restano  in  vita  tutti  gli  atti  precedentemente  posti  in  essere  in  nome  della 
società. 
✓ I soci non sono liberati dall’obbligo di eseguire i conferimenti promessi. 
✓ Resta  ferma  l’autonomia  patrimoniale  della  società  e  la  responsabilità  personale 
dei soci per le obbligazioni sociali. 
✓ Con  la  sentenza  di  nullità  si  apre il procedimento di liquidazione della società che 
porterà  all’estinzione  della  stessa  dopo  aver  soddisfatto  i  creditori  sociali  e 
ripartito fra i soci l’eventuale residuo attivo di liquidazione. 
 
 
__________________________________________________03/02/2018 
 
➢ Lezione 6: L'ordinamento patrimoniale 
 
I conferimenti 
 
L’obbligo  di  conferimento  è  essenziale  per  l’acquisto  della  qualità  di  socio.  nella 
società  di  persone  “il  socio  è  obbligato  a  eseguire  i  conferimenti  determinati  nel 
contratto  sociale  “  (2253).  All’eventuale  silenzio  in  merito  dei  conferimenti  dell'atto 
costitutivo supplisce la legge con norme dispositive suscettibili di prova contraria: 
✓ Nel  silenzio  del  contratto  si  presume  che  tutti  i  conferimenti  devono  essere 
eseguiti in danaro (2342) 
✓ Se  i  conferimenti  non  sono  determinati  si  presume  che  i  soci  siano  obbligati  a 
conferire  in  parti  uguali  tra  loro  quanto  è  necessario  per  il  conseguimento 
dell'oggetto sociale (2253). 
Nelle  società  di  persone  può  essere  conferita  ogni  entità  (bene  o  servizio) 
suscettibile  di  valutazione  economica  ed  utile  per  il  conseguimento  dell’oggetto  sociale. 
Esempi:  danaro,  proprietà  o  godimento  di  beni,  prestazione  di  garanzia,  credito  sul 
mercato,  servizi,  ecc.  Lasempice  responsabilità  personale  ed  illimitata  per  le 
obbligazione  sociali  non  configura  conferimenti  perché  è  solo  un  effetto  legale 
dell’acquisto della qualità di socio. 
 
Il  codice  detta  una  specifica  disciplina  per  alcuni  tipi  di  conferimenti diversi dal 
danaro: conferimento di beni in natura, conferimento di crediti e d’opera. 
✓ Conferimento  di  beni  in  proprietà:  ​Disciplinato  dalle  norme  sulla  vendita 
(2254).  Il  socio  è  perciò  tenuto  alla garanzia per evizione e per vizi, il rischio del 
perimento  per  caso  fortuito  della  cosa  conferita  fin  quando  la  proprietà  non  sia 
passata.  Se  si  tratta  di  cose  individuate  solo  nel  genere,  il  trasferimento  solo 
accade  in  seguito  alla  loro  specificazione.  Il  perimento  della  cosa  prima  che  la 

 
 

proprietà  sia  acquistata  dalla  società  comporta  che  il  socio  può  essere  escluso 
dalla società (2286). 
✓ Conferimento  di  beni  in  godimento:  ​Per  le  cose  conferite  in  godimento,  il 
rischio  resta  a  carico  del  socio  che  le  ha  conferito.  Questi  potrà  perciò  essere 
escluso  dalla  società qualora la cosa perisca o il godimento diventi impossibile per 
causa non imputabile agli amministratori.  
La  garanzia  per  il  godimento è poi regolata con invio alle norme sulla locazione. In 
sintesi  il  socio  ha  diritto  alla  restituzione  del  bene  al  termine  della società nello 
stato  in  cui  si  trova.  Tuttavia  se  il  bene  È perito o è stato deteriorato per causa 
imputabile  alla  società  il  socio  ha  diritto  al  risarcimento  dei  danni  a  carico  del 
patrimonio sociale, salva l’azione contro gli amministratori (2281). 
✓ Conferimento  di  crediti:  ​In  caso  di  insolvenza  del  debitore  ceduto,  il  socio 
risponderà  nei  confronti  della  società  nei  limiti  del  valore  assegnato  al  suo 
conferimento,  sarà  inoltre  tenuto  al  rimborso  delle  spese  ad  a  corrispondere  gli 
interessi su pena di potere essere escluso dalla società. 
✓ Socio  d’opera:  ​Nelle  società  di  persone  il  conferimento  può  essere  costituito 
anche  dall’obbligo  del  socio  di  prestare  la  propria  attività  lavorativa  a  favore 
della  società.  Il socio d’opera non è un lavoratore subordinato e il compenso per il 
suo  lavoro  è  rappresentato  dalla partecipazione ai guadagni della società. Il socio 
d’opera corre perciò il rischio di lavorare invano. 
Ancora,  i  soci  possono  escludere  il  socio  di  opera  per  “la sopravvenuta inidoneità 
a  svolgere  l’opera  conferita”  (2286).  Peculiare  è  anche  il  trattamento  in  sede  di 
liquidazione:  il  socio  d’opera  partecipa  in  proporzione  alla  sua  parte  nei  guadagni 
solo  alla  ripartizione  dell’eventuale  attivo  che  risulta  dopo  il  rimborso  del  valore 
nominale  del  conferimento  ai  soci  che  hanno  apportato  capitali.  Infine,  in 
mancanza  di  pattuizioni,  la  parte  del  socio  d’opera  è  determinata  dal  giudice 
secondo equità (2263). 
 
 
Patrimonio sociale e capitale sociale 
 
I  conferimenti  dei  soci  formano  il  patrimonio  iniziale  della  società  che  diventa 
proprietaria  dei  beni  conferiti.  I  soci  non  possono  pertanto  servirsi  delle  cose 
appartenenti  al  patrimonio  sociale  per  fini  estranei  a  quello  della  societa  (2256).  la 
violazione del divieto espone al risarcimento dei danni ed al all’esclusione dalla società. Il 
divieto è però derogabile col consenso di tutti gli altri soci. 
 
La  nozione  di capitale sociale è del tutto assente nella società semplice e nessuna 
norma  è  dettata  per  garantire  il  patrimonio  netto  della  società.  Anzi,  non  è  neppure 
richiesta  la  valutazione  iniziale  dei  conferimenti,  questo  si  spiega  col  fatto  che  la 
società  semplice,  in  quanto  destinata  all’esercizio  di  attività  non  commerciale,  non  È 
obbligata alla tenuta delle scritture contabili. 
 
Una  disciplina  del  capitale  sociale  è  dettata  per  la  società  in  nome  collettivo.  È 
prescritto  che  l’atto  costitutivo  indichi  non  solo  i  conferimenti  dei  soci  ma  anche  il 

 
 

valore  ad  essi  attribuito  e  il  modo  di  valutazione, tuttavia, non è prevista una forma per 


la valutazione dei conferimenti diversi dal denaro.  
 
Ancora,  i  conferimenti  d’opera  e,  per  alcuni,  anche  dei  beni  in  godimento,  non 
hanno  bisono  di  valutazione  tenendo  conto  la  separazione  dell'articolo  2295  sui 
conferimenti d’opera nell’atto costitutivo. 
 
Le  lacune  normative  si  riflettono,  poi,  sulla  corretta  applicazione  delle  due  sole 
norme dettate a tutela dell'integrità del capitale sociale: 
✓ L’articolo  2303  vieta  la  ripartizione  fra  i  soci  di  utili  non  realmente  conseguiti 
(utili  fittizi),  cioè  che  non  corrispondono  ad  un'eccedenza  del  patrimonio  netto 
rispetto  al  capitale  sociale  nominale.  In  questo  senso,  la  riduzione  del  capitale 
sociale  per  perdite  consiste  nell'eseguire  la  cifra  del  capitale  sociale  nominale 
alla  consistenza  del  patrimonio  netto  è  sempre  facoltativa  nella  società  in  nome 
collettivo. 
✓ L’articolo  2306  vieta  agli  amministratori  di  rimborsare  ai  soci  i  conferimenti 
eseguiti  o  di  liberarli  dall’obbligo  di  ulteriore  versamenti  in  assenza  di  una 
specifica  deliberazione  di  riduzione  del  capitale  sociale,  soggetta  ad  iscrizione 
nel  registro  delle  imprese.  In  questi  casi,  ai  creditori  è  riconosciuto  il  diritto  di 
opporsi  alla  riduzione  del  capitale.  Nonostante  l’opposizione,  il  tribunale  può 
disporre  che  la  riduzione  abbia  ugualmente  luogo,  previa  prestazione  da  parte 
della società di un’idonea garanzia a favore dei creditori opponenti (2306). 
 
 
La partecipazione dei soci agli utili e alle perdite 
 
Tutti  i  soci  hanno  diritto  di  partecipare  agli  utili  e  partecipano alle perdite della 
gestione  sociale.  Essi  godono  tuttavia  della  massima  libertà  nella  determinazione  delle 
parti.  Non  è  necessario  che  la  ripartizione  sia  proporzionale  ai  conferimenti.  L’unico 
limite  posto  è  il  divieto  di  patto  leonino  (2265)  applicabile sia nell’atto costitutivo come 
nei patti parasociali. Stabilisce l’articolo 2263: 
✓ Se  il  contratto  nulla dispone le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite 
si presumono proporzionali ai conferimenti. 
✓ Se neppure il valore dei conferimenti è determinato, le parti si presumono uguali. 
✓ Se  è  determinata  soltanto  la  parte  di  ciascuno  nei  guadagni  si  presume che nella 
stessa  misura  debba  determinarsi  la  partecipazione  alle  perdite  (anche  la regola 
inversa è valida). 
✓ La  parte  spettante  al  socio  d’opera  se  non  determinata  dal  contratto  è  fissata 
dal giudice secondo equità. 
✓ La  determinazione  della parte di ciascun socio può essere anche demandata ad un 
terzo che opererà come arbitratore (2264). 
 
Diritto  agli  utili:  ​Nella  società  semplice  il  diritto  del  socio  di  percepire  la  sua 
parte  di  utili  nasce  con  l’approvazione  del  rendiconto  e  se  il  compimento  degli  affari 
sociali  dura  oltre  un  anno,  deve  essere predisposto dai soci amministratori al termine di 
ogni anno salvo che il contratto stabilisca un termine diverso. 

 
 

Nelle  società  in  nome  collettivo  tale  norma  va  coordinata  con  l’obbligo  di  tenuta 
delle  scritture  contabili  (bilancio  di  esercizio  con  osservanza  dei  criteri  stabiliti  per  il 
bilancio  della  società  per  azioni).  Il  bilancio  deve  essere  predisposto  dai  soci 
amministratori  e  l'approvazione  compete  a  tutti  i  soci,  tuttavia  ci  sono  opinioni 
divergenti se l’approvazione debba avvenire all’unanimità o a maggioranza. 
 
Nelle  società  in  nome  collettivo  l’approvazione  del  rendiconto  o  del  bilancio  è 
condizione  sufficiente  perché  ciascun  socio  possa  pretendere  l’assegnazione  della  sua 
parte  di  utili  (2262).  Così  nella  società  di  persone,  in  mancanza  di  clausolo  dell’atto 
costitutivo,  la  maggioranza  dei  soci  non  può  deliberare  la  non  distribuzione  degli  utili 
accertati  ed  il  conseguente  loro  reinvestimento  nella  società. A tal fine sarà necessario 
il consenso di tutti i soci. 
 
Le  perdite:  ​Le  perdite  incidono  direttamente  sul  valore  della  singola 
partecipazione  sociale  riducendolo  proporzionalmente,  con la conseguenza che in sede di 
liquidazione,  il  socio  si  vedrà  rimborsare  una  somma  inferiore  al  valore  originario  del 
capitale  conferito.  Solo  all'atto  dello  scioglimento  della  società  i  liquidatori  possono 
richiedere  ai  soci  illimitatamente  responsabili  le  somme  necessarie per il pagamento dei 
debiti sociali in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite. 
 
 
La responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali 
 
Nella  società  semplice  e  nella  società  in nome collettivo delle obbligazione sociali 
risponde,  innanzitutto,  la  società  col  proprio  patrimonio  e  la  responsabilità  (2267). 
Tuttavia  questa  garanzia  non  è  esclusiva,  dato  che  per  le  obbligazioni  sociali  risponde 
personalmente ed illimitatamente anche i tipi di società. 
✓ Società  semplice:  ​La  responsabilità  personale  di  tutti  i  soci  è  principio 
dispositivo  parzialmente  derogabile:  per  i  soci  non  investiti  di  potere  di 
rappresentanza  la  responsabilità  personale  può  essere  esclusa  o  limitata  da  un 
apposito  patto  sociale  che  può  essere  opponibile  ai  terzi  se  di  loro  conoscenza 
con mezzi idonei (2267). 
✓ Società in nome collettivo: ​la  responsabilità  illimitata  e  solidale di tutti i soci è 
inderogabile. 
 
In  entrambi  le  società  si  applica  la  regola  che  “chi  entra  a  far  parte  di  una 
società  già  costituita  risponde  con  gi  altri  soci  per  le  obbligazioni  sociali  anteriori 
all’acquisto  della  qualità  di  socio”  (2269).  Inoltre,  lo  scioglimento  parziale  del  rapporto 
sociale  non  fa  venir  meno  la  responsabilità  personale  del socio per le obbligazioni sociali 
anteriori al verificarsi di tali eventi.  
 
Tuttavia,  verso  i  terzi  che  hanno  fatto affidamento incolpevole sulla persistente 
qualità  di  socio  l’ex  socio risponderà anche per le obbligazioni sorte dopo lo scioglimento 
del  rapporto  sociale  (società  semplice  e  collettiva  irregolare).  Mentre  nella  collettiva 
regolare  l’opponibilità  ai  terzi  delle  cause  di  scioglimento  del  rapporto  sociale  resta 

 
 

soggetta  al  regime di pubblicità legale delle modificazioni dell’atto costitutivo (2300), lo 


stesso vale per le società semplice esercente attività agricola. 
 
Dall’iscrizione  dello  scioglimento  del  rapporto  nel  registro  delle  imprese  decorr 
inoltre  il  termine  annuale  entro  cui  l’ex  socio  può  essere  dichiarato  fallito  a seguito del 
fallimento della società. 
 
Responsabilità della società e dei soci 
 
Nella  società  semplice  e  nella  società  in  nome  collettivo  i  creditori  sociali  hanno 
di  fronte  a  sé  più  patrimoni  su  cui  soddisfarsi:  il  patrimonio  della  società  ed  il 
patrimonio  dei  singoli  soci  illimitatamente  responsabile.  TUttavia,  i  soci  sono 
responsabili  in  solido  fra  loro  (2267)  ma  in  via  sussidiaria  rispetto  alla  società  quanto 
godono del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale (2268 e 2304). 
 
Il  beneficio  di  beneficio  di  preventiva  escussione  opera  però  diversamente  nella 
società  semplice  e  nella  collettiva  irregolare,  rispetto  alla  società  in  nome  collettivo 
regolare: 
✓ Nella  società  semplice  il  creditore  può  rivolgersi  direttamente  al  singolo  socio 
illimitatamente  responsabile  e  sará  questi  a  dover  invocare  la  preventiva 
escussione  del  patrimonio  sociale  indicando  i  beni  sui  quali  il  creditore  possa 
agevolmente  soddisfarsi.  La  disciplina  è  la  stessa  la  società  in  nome  collettivo 
irregolare,  tuttavia  in  questo  caso  sempre  tutti  i  soci  avranno  la  responsabilità 
solidale ed illimitata. 
✓ Nella  società  in  nome  collettivo  regolare,  il  beneficio  di  escussione  opera 
automaticamente  Anche  se  la  società  è  in  liquidazione,  i  creditori  sociali  non 
possono  pretendere  il  pagamento  dai  singoli  soci,  se  non  dopo  l’escussione  del 
patrimonio  sociale  (2304).  È  necessario che i creditori abbiano infruttuosamente 
esperito  l’azione  esecutiva  sul  patrimonio  sociale.  Eccezione  all’azione  esecutiva 
sul  patrimonio  sociale  accade  quando  circostanze  oggettive  dimostrano 
l'inutilità`della  stessa.  Esempio:  azione  esecutiva  inutilmente  tentata  da  altro 
creditore senza che nel frattempo siano mutata le condizioni della società. 
 
Ricorrendo  le  condizioni  per  poter  agire  contro  i  soci,  il  creditore  sociale  potrà 
chiede  a  ciascuno  di  essi  i  pagamento  integrale  del  proprio  credito.  Il  socio  che  ha 
pagato  potrà  esercitare  azione  di  regresso  verso  gli  altri,  secondo  la  misure  della 
partecipazione  di ciascuno nelle perdite. Ma ancor prima dovrà agire in regresso verso la 
società  per  l’intero  debito,  tuttavia  i  soci  non  sono  responsabili  in  questo  caso  in  via 
sussidiaria,  ma  in  via  concorrente,  una  volta  che  i  sono  giuridicamente  trattati  come 
garanti delle obbligazioni sociali. 
 
 
I creditori personali del socio 
 
Il  patrimonio  della  società  è  insensibile  alle  obbligazioni  personali  dei  soci  ed 
intangibile  da  parte  dei  creditori  di  questi  ultimi.  Il  creditore  personale  del  socio  non 

 
 

può  in  alcun  caso  aggredire  direttamente  il  patrimonio  sociale.  Anche  è  vietata  la 
compensazione  di  debito  personali  con  credito  della  società,  neanche  l’inverso.  Il 
creditore personale, tuttavia non è sprovvisto di tutela e nelle società di persone può: 
✓ Far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore 
✓ Compiere  atti  conservativi  sulla  quota  allo  stesso  spettante  nella  liquidazione 
della società (2270).  
 
Nella  società  semplice  e in nome collettivo irregolare, il creditore particolare del 
soco  puó  inoltre  chiedere  la  liquidazione  della  quota  del  suo  debitore  provando  che  gli 
altri  beni  del  debitore  sono  insufficienti  a  soddisfare  i  suoi  crediti.  La  richiesta  opera 
come  causa  di  esclusione  di  diritto  del socio e la società sarà solo tenuta a versargli una 
somma di danara corrispondente al valore della quota al momento della domanda (2289).  
 
Per  la  società  in  nome  collettivo  regolare  “il  creditore  particolare  del  socio, 
finché  dura  la  società,  non  può  chiedere  la  liquidazione  della  quota  del  socio  debitore 
(2305)  neppure  se  prova  che  gli  altri  beni  dello  stesso  siano  insufficienti a soddisfarlo. 
Tale  regola  vale  fino  alla  scadenza  della  società  fissata  nell’atto  costitutivo.  I  soci 
possono  prorogare  la  durata  della  società  ma  tale  decisione  non  può  pregiudicare  i 
creditori particolari dei soci. Così:  
✓ Se  la  proroga  è  espressa ed iscritta nel registro delle imprese: ​il  creditore 
particolare  può  opporsi  giudizialente  alla  proroga  entro  3  mesi  dall’iscrizione 
della  delibera.  Se  l'opposizione  è  accolta la società deve liquidare a suo favore la 
quota del socio debitore.   
✓ Se la proroga è tacita: ​si  applica  la  disciplina  dettata  dall’articolo  2270  per  la 
società  semplice,  cioè,  il  creditore  personale  potrà  chiedere  in  ogni  tempo  la 
liquidazione  della  quota  dimostrando  l’insufficienza  degli  altri  beni  del  suo 
debitore. 
 
 
__________________________________________________04/02/2018 
 
➢ Lezione 7: Attività sociale 
 
Modello legale e modelli statutari 
 
La  disciplina  dell'attività  sociale  nella  società  semplice  e  nella  società  in  nome 
collettivo  si  caratterizza  per  l’ampio  spazio  lasciato  all’autonomia  negoziale.  Il 
legislatore  prevede  un  modello  fondato  sulla  distinzione  amministrazione-modificazioni 
dell’atto costitutivo basato sui seguenti principi: 
✓ Ogni  socio  illimitatamente  responsabili  è  investito  del  potere  di amministrazione 
e di rappresentanza della società (2257, 2266) 
✓ È  per  contro  necessario  il  consenso  di  tutti  i  soci  per  le  modificazioni  del 
contratto sociale (2252) 
Questo  modello  legale  non  ha  carattere  rigido  e  si  applicano  solo  se  i  soci  non 
hanno diversamente disposto nell’atto costitutivo 
 

 
 

 
L’amministrazione della società 
 
L’amministrazione  è  l'attività  di  gestione  dell’impresa  sociale.  Il  potere  di 
amministrare  è  il  potere  di  compiere  tutti  gli  atti  che  rientrano  nell’oggetto  sociale. 
L’atto costitutivo può prevedere che l’amministrazione sia riservata solo ad alcuni soci.  
 
Amministrazione  disgiuntiva:  ​se  l’atto  costitutivo  nulla  dispone  trova 
applicazione il model legale dell'amministrazione disgiuntiva, ciascun socio è investito del 
potere  di  intraprendere  da  solo  tutte  le  operazioni  che  rientrano  nell’oggetto  sociale 
senza  autorizzazione  o  informazione  degli  altri  soci.  Tuttavia  gli  altri  soci 
amministratori  hanno  ​diritto  di  opposizione  ​esercitato  prima  che  l’operazione  sia 
compiuta,  paralizzando  il  potere  decisorio  del  singolo  amministratore  in  ordine 
all’operazione contestata. 
La  soluzione  del  conflitto  è  rimessa  alla collettività dei soci amministratori e non 
che  devono  decidere  alla  maggiorana  per  quote  di  interesse  e  non  per  teste.  In 
alternativa,  l’atto  costitutivo  può  stabilire  che  la  decisione  venga  deferita  ad  uno  o  più 
terzi  arbitratori.  L’amministrazione  disgiunta  è  veloce  ma  pericolosa.  Il  legislatore 
perciò  prevede  anche  un  metodo  alternativo  di  amministrazione,  l’amministrazione 
congiuntiva. 
 
Amministrazione  congiuntiva:  ​Deve  essere  espressamente  convenuta  dai  soci 
nell’atto  costitutivo,  dato  che  nel  silenzio  la  regola  è  l’amministrazione  disgiunta.  In 
questo  tipo  di amministrazione è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per 
il compimento delle operazione sociale.  
L’atto  costitutivo  può  tuttavia  prevedere  che  per  l’amministrazione  o  per 
determinati  atti  sia  necessario  il  consenso  della  maggioranza  dei  soci  amministratori 
calcolata  secondo  la  parte  attribuita  a  ciascuno  negli  utili.  L'amministrazione  congiunta 
può  quindi  atteggiarsi  come  amministrazione  all’unanimità  (la  regola),  come 
amministrazione a maggioranza ovvere all’unanimità per determinati atti e a maggioranza 
per  altri.  Tuttavia,  gli  amministratori  possono  agire  individualmente  quando  vi  sia 
urgenza  di  evitare  un  danno  alla  società.  Entrambi  amministrazione,  disgiuntiva  e 
congiuntiva, possono essere ancora fra loro combinate 
 
 
Amministrazione e rappresentanza 
 
Il  potere  di  rappresentanza  è  il  potere  di  agire  nei  confronti  dei  terzi  in  nome 
della  società  (esterno),  dando  luogo  all’acquisto  di  diritti  e  all’assunzione  di obbligazioni 
(2266).  Così  è  diverso  dal  potere  di  gestione  (decidere  il  compimento  degli  atti  sociali, 
interno).  Secondo  il  modello  legale  vi  è  puntuale  coincidenza  tra  potere  gestorio  e  di 
rappresentanza, la rappresentanza è non solo sostanziale, ma anche processuale. 
 
L’atto  costitutivo  può  tuttavia  prevedere  una  diversa  regolamentazione  del 
potere  di  gestione  e  del  potere  di  rappresentanza:  riservando  la  rappresentanza  ad 
alcuni  soci  amministratori  (dissociazione  soggettiva),  stabilendo  per  la  rappresentanza 

 
 

modalità  di  esercizio  diversa  da  quelle  valevoli  per  il  potere  di  gestione,  limitando 
l'estensione del potere di rappresentanza del singolo amministratore, ecc. 
 
Nelle  società  in  nome  collettivo  regolare,  le  limitazioni  del  potere  di 
rappresentanza  sono  opponibili  ai  terzi  solo  dopo  di iscritte nel registro delle imprese o 
se non si provi che terzi ne hanno avuto effettiva conoscenza (2298).  
 
Nella  società  in  nome  collettivo  irregolare  l’omessa  registrazione  si  ritorce 
contro  i  soci:  si  presume  che  ogni  socio  che  agisce  per  la  società  abbia  la 
rappresentanza  sociale  anche  in  giudizio.  I  patti  modificativi  del  potere  di 
rappresentanza  non  sono opponibili ai terzi a meno che non si provi che questi ne erano a 
conoscenza (2297). 
 
Con  la  società  semplice  le  limitazioni  originarie  sono  sempre  opponibili  ai  terzi 
sicché  su  costoro  incombe  l'onere  di  accertare  se  il  socio  che  agisce  in  nome  della 
società  ha  effettivamente  il  potere  di  rappresentanza.  Le  limitazioni  successive  o 
l’estinzione  del  potere di rappresentanza devono invece essere portate a conoscenza dei 
terzi  con  mezzi  idonei.  Alle  società  semplice  esercente  attività  agricola,  in  virtù  della 
pubblicità  legale  trova  applicazione  disciplina  identica  a  quella  delle  società  in  nome 
collettivo. 
 
 
I soci amministratori 
 
La  nomina  dei  soci  investiti  può  accadere  nell’atto  costitutivo  o  in atto separato. 
La  revoca  dell'amministratore  nominato  nel  contratto  sociale  comporta  una  modifica  di 
quest’ultimo  (decisa  all’unanimità  se  non  è  convenuto  diversamente)  e  la  evoca  solo  può 
occorrere con giusta causa (2259).  
 
L’amministratore  nominato  per  atto  separato  è  revocabile  secondo  le  norme  del 
mandato,  anche  se  non  esiste  giusta  causa,  salvo  il  diritto  al  risarcimento  dei  danni 
(1725).  È  infine  stabilito  che  la  revoca  per  giusta  causa  può  in  ogni  caso  essere chiesta 
giudizialmente da ciascun socio. 
 
Per  quanto  riguarda  i  diritti  e  gli  obblighi  degli  amministratori  l’articolo  2260 
stabilisce  che  essi  “sono  regolati  dalle  norme  sul  mandato”,  tuttavia  hanno  diversa 
natura  del  mandato  ed  anche  ci  sono  molti  deroghe  delle  regole  su  mandato.  Dai  poteri 
degli  amministratori  restano  esclusi  solo  gli  atti  che  comportano  modificazione  del 
contratto sociale.  
 
Come  doveri  gli  amministratori  devono  tenere  le  scritture  contabili  e  redigere il 
bilancio  di  esercizio,  provvedere  agli  adempimenti  pubblicitari  connessi  all’iscrizione nel 
registro  delle  imprese  (2296,  2301, 2302). Specifiche sanzioni penali sono per gli stessi 
previste  anche  in  caso  di  fallimento  della  società.  Infine,  le  numerosi  obblighi  imposti 
dalla  legge  o  dall’atto  costitutivo  possono  essere  sintetizzate  nel  dovere  generale  di 
amministrare la società con diligenza del mandatario. 

 
 

 
Gli  amministratori  sono  poi  solidalmente  responsabili  verso  la  società  con 
conseguente  obbligo  di  risarcire  i  danni  alla  stessa  arrecati,  tuttavia  la  responsabilità 
non  si  estende  a  quegli  amministratori  che  dimostrino  di  essere  esenti  da colpa (2260). 
L’azione  si  prescrive  in  cinque  anni  e  può  essere  esercitata  solo  da  chi  abbia  la 
rappresentanza legale della società.  
 
Infine,  i  soci  amministratori  hanno  diritto  al  compenso  per  il  loro  ufficio 
(presunzione  di  onerosità)  almeno  che  tutti  i  soci  siano  amministratori,  che  sia  oggetto 
di  conferimento da parte del socio d’opera o che l'attività amministrativa di alcun soci si 
è  già  tenuto  conto  nell’atto  costitutivo  con  il  riconoscimento  di  una  più  elevata 
partecipazione agli utili. 
 
 
I soci non amministratori 
 
Quando  l’amministrazione  della  società  è  riservata  soltanto  ad  alcuni  soci,  il 
legislatore  riconosce  ai  soci  esclusi  dall’amministrazione  ami  poteri  di  informazione  e 
controllo (2261): 
✓ Il  diritto  di  avere  dagli  amministratori  notizie  dello  svolgimento  degli  affari 
sociali, eccetto segreto aziendale. 
✓ Diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione (scritture contabili) 
✓ Diritto  di  ottenere  il  rendiconto  degli  affari  sociali  quando  gli  affari  cui  fu 
costituita  la  società  sono  stati  compiuti  oppure,  se  la  società  dura oltre un anno, 
al termine di ogni anno, salvo disposizione contrattuale diversa. 
 
 
Il problema dell’amministratore estraneo 
 
È  possibile  che  i  soci  affidino  l'amministrazione  della  società  ad  un  non  socio? 
Nella  società  per  accomandita  semplice  il  divieto  è  legale  (2318), negli altri la legge non 
da  risposta.  Campobasso  ritiene  che  almeno  la  società  in  nome  collettivo  può  avere 
amministratore  estraneo  (eccetto,  per  legge,  la  società  tra  avvocati),  una  volta  che  i 
creditori  della  società  sarebbero  garantiti  già  della  responsabilità  personale  ed 
illimitate dei soci per le obbligazioni sociali. 
 
Il  terzo  amministratore  gestisce  l’impresa  sociale  nell’interesse  esclusivo  dei 
soci.  Perciò  è  revocabile  per  loro  volontà  anche  se  designato  nell'atto  costitutivo.  La 
posizione  del  terzo  amministratore, così, può essere assimilata a quella di un mandatario 
generale  o  di  un  institore.  Pertanto  la  nomina  di  un  amministratore  estraneo  non  priva i 
soci  del  potere  di  direzione  dell’impresa  comuna,  è  solo  un  modo  di  esercitare  tale 
potere.  Infine,  in  questi  casi  molte  volte  la  giurisprudenza  ammette  il  terzo 
amministratore come socio apparente. 
 
 
Divieto di concorrenza 

 
 

 
Nella  società  in  nome  collettivo,  ma  non  nella  semplice,  incombe  su  tutti  i  soci 
l’obbligo  di  non  esercitare  attività  concorrente  con  quella  della  società,  neanche 
partecipare  come  socio  illimitatamente  responsabile  ad  altra  società  concorrente 
(2301).  Tuttavia,  il  divieto  non  impedisce  al  socio  di  partecipare  come  socio 
illimitatamente responsabile in altra società concorrente di persone o di capitali.  
 
La  violazione  del  divieto  espone  il  socio  al  risarcimento  dei  danni  nei  confronti 
della  società  e  legittima  gli  altri  soci  a  deciderne  l’esclusione.  Il  divieto  tuttavia non ha 
carattere  assoluto,  potendo  essere  rimosso  dagli  altri  soci  se  il  consenso  si presume se 
la  situazione  concorrenziale  preesisteva  al  contratto  sociale  e  gli  altri  soci  ne  erano  a 
conoscenza (2301). 
 
 
Le modificazioni dell’atto costitutivo 
 
Nelle  società  semplice  ed  in  nome  collettivo  il  contratto  sociale  può  essere 
modificato  soltanto  con  il  consenso  di  tutti  i  soci,  se  non  è  convenuto  diversamente 
(2252) .  Eccezione,  però,  le  deroghe  introdotte  dalla  riforma  del  diritto  societario  del 
2003  per la trasformazione delle società di capitali, fusione e scissione (approvate salvo 
disposizione  diversa  dell’atto  costitutivo  a  maggioranza  secondo  le  quote  di 
partecipazione agli utili). 
 
Fra  le  modificazione  del  contratto  sociale  rientrano  anche  i  mutamenti  nella 
composizione  della  compagine  sociale,  il consenso è necessario per il trasferimento della 
quota  sociale  si  fra vivi che a causa di morte. In mancanza, il trasferimento per atto fra 
vivi  ed  anche  la  costituzione  di  diritti  reali  sulla  quota  sono  improduttivi  di  effetti  per 
la  società  e  gli  altri  soci.  Il  consenso  al  trasferimento  può  essere  dato  anche  in  via 
preventiva o risultare da comportamenti concludenti. 
 
Nella  società  in  nome  collettivo  le  modificazioni  dell’atto  costitutivo  sono 
soggette  a  pubblicità  legale per essere opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi 
ne  erano  a  conoscenza.  La  modificazione  è  tuttavia  perfetta  e  produttiva  di  effetti 
indipendemente  dall’iscrizione,  se  non  diversamente  disposto  per  legge  (2306  e  2503). 
Lo stesso vale per le società semplici esercenti di attività agricola. 
 
Nella  collettiva  irregolare,  le  modificazioni  dell’atto  costitutivo  devono  essere 
portate  a  conoscenza  dei  terzi  con  mezzi  idonei  e  non  sono  opponibili  a  coloro  che  le 
abbiano senza colpa ignorate. Lo stesso vale per le società semplici. 
 
 
Metodo collegiale e principio maggioritario 
 
Il  consenso  di  tutti  i  soci  è  richiesto  per  le  modifiche  dell’atto  costitutivo 
(2252),  mentre  il  principio  maggioritario  è  utilizzato:  sull’opposizione  (maggioranza  per 
quote),  sull’esclusione  di  un  socio  (2287).  Infatti,  mancano  diverse  previsione  in  altri 

 
 

decisioni.  Così  la  dottrina  vede  negli  articoli  2252  (unanimità)  e  2257  (maggioranza per 
quote) due regole distinte con autonomo campo di applicazione: 
✓ Unanimità: ​il  consenso  di  tutti  i  soci  è  necessario, salvo diverso accordo, quando 
la  decisione  tocca  le  basi  organizzative  della  società.  Esempi:  revoca  del  socio 
amministratore  nominato  nell’atto  costitutivo,  cambiamento  del  metodo  di 
amministrazione,  la  trasformazione  delle  società  di  persone.  Eccezioni,  dopo 
2003, la trasformazione in società di capitali, la fusione e la scissione. 
✓ Maggioranza:  ​troverà  applicazione  quando  si  tratti  di  decisioni  che  attengono 
alla  gestione  dell’impresa  comune:  nomina  e  revoca  degli  amministratori  per  atto 
sperato, approvazione del bilancio, ecc. 
 
Altro  problema  omesso  dal  legislatore  è  il  metodo  della  decisione  dei  soci  nelle 
società  di  persone. La dottrina e la giurisprudenza quasi unanime sono dell’opinione che il 
metodo  assembleare  (convocazione  dei  soci,  riunione,  discussione,  votazione)  ia 
superfluo  nelle  società  di  persone,  a  sostegno  di  tale  scelta  si  invoca  l'assenza  di 
personalità  giuridica  delle  societá  di  persone  e  l’esigenza  di  rapidità  ed  elasticità  delle 
decisioni. 
 
Tuttavia,  ci  sono  opinioni  discordanti  perché  il  metodo  collegiale  è  largamente 
presente  in tutti i gruppi associativi di diritto privato, siano o meno dotati di personalità 
giuridica.  Ancora,  avrebbe  bisogno  di  una  coerenza  sistematica  nella  disciplina  delle 
società di capitali e di persone.  
 
Orbene,  è  difficile  sostenere  che  nelle  società  di persone debbano valere regole 
procedimentali  più rigorose di quelle previste per la società a responsabilità limitata che 
adotta  in  mancanza  di  diversa  disposizione  dell’atto  costitutivo  il  metodo  collegiale  per 
le  deliberazioni  dei  soci.  Infine,  nulla  impedisce  che  il  metodo  assembleare  sia 
espressamente previsto e regolato dall’atto costitutivo. 
 
 
__________________________________________________05/02/2018 
 
➢ Lezione 8: Scioglimento  
 
Scioglimento del singolo rapporto sociale 
 
Il  singolo  socio  può  cessare  di  far  parte  della  società  per  morte,  recesso  od 
esclusione.  Il  principio  di  fondo  che  domina  tali  vicende  è  quello  della  conservazione 
dell’ente  societario.  Il  venir  meno  di  uno  o  più  soci  non  determina  in  alcun  caso  lo 
scioglimento  della  società,  di  per  sé  comporta  solo  la  necessità  di  definire  i  rapporti 
patrimoniali  fra  i  soci  superstiti  ed  il  socio  uscente  o  gli  eredi  del  socio  defunto, 
attraverso la liquidazione della quota sociale. 
 
Il  venir  meno  della  pluralità  dei  soci  opera  come  causa  di  scioglimento  della 
società  solo  se  la  pluralità  non  è  ricostituita  nel  termine  di  sei  mesi  (2272).  La  logica 

 
 

della  conservazione  dei  valori  produttivi costituiti da una impresa operante prevale sulla 


disciplina contrattuale e pervade di sé la materia dello scioglimento del singolo rapporto. 
 
La  morte  del  socio:  ​La  morte  del  socio  produce  come  effetto  ex  lege  lo 
scioglimento  del  rapporto  fra  tale  socio  e  la  società,  con  il  conseguente  obbligo  per  i 
soci superstiti di liquidare la quota del socio defunto ai suoi eredi nel termine di sei mesi 
(2284)  (2289).  I  soci  superstiti  non  sono  tenuti  a  subire  il  subingresso  in  società  degli 
eredi del defunto. 
Tuttavia,  ci  sono  altre  due  possibilità  ai  soci  superstiti  che  devono essere decisi 
dai soci superstiti nel termine di sei mesi concesso per la liquidazione della quota.: 
✓ Scioglimento anticipato della società: ​In tale caso gli eredi devono attendere la 
conclusione  delle  operazioni  di  liquidazione  della  società  per  partecipare  con  i 
soci superstiti alla divisione dell’attivo che residua dopo l’estinzione dei debiti. 
✓ Continuare la società con gli eredi: ​In tal caso È necessario il consenso di tutti 
i  soci  e  di  tutti  gli  eredi,  che  perciò  diventano  soci  per  atto  fra  vivi  e  non  iure 
successionis.  Senza  accordo,  ciascuno  degli  eredi  diventa  socio  in  proporzione 
della sua quota ereditaria. 
L’articolo  2284  lascia  ampia  libertà  di  predeterminare  le  conseguenza  della 
morte  dei  soci  una  volta  che  ha  come  forma  “salve  le  diverse  disposizioni  del  contratto 
sociale, vediamo le più importanti: 
✓ Clausola di consolidazione: ​La quota del socio defunto resterà acquisita agli altri 
soci, mentre agli eredi sarà liquidato solo il valore della stessa.  
✓ Clausola  di  continuazione  con  gli  eredi  (tutti  o  alcuni):  ​I  soci  manifestano  in 
via  preventiva  il  consenso  al  trasferimento  della  quota  mortis  causa, 
precludendosi  le  alternative  di  liquidazione  e  di  scioglimento.  Le  clausole  di 
continuazione si distingue in tre gruppi: 
○ Vincola  solo  i  soci  superstiti  (facoltativa):  ​Gli  eredi  sono  liberi  di 
scegliere se aderire alla società o richiedere la liquidazione. È valida. 
○ L’obbligo  degli  eredi  di  entrare  in  società  (obbligatoria):  ​Ha  come 
conseguenza  il  risarcimento  dei  danni  ai  soci  superstiti ove non prestino il 
proprio consenso (necessario per l’assunzione della qualità di socio). 
○ L’automatico  subingresso  (successione):  ​Gli  eredi  diventano 
automaticamente soci per effetto dell’accettazione dell’eredità. 
Le  clausole  “obbligatorie”  e  “di  successione”  sono  accettate  dalla  giurisprudenza 
e  parte  dalla  dottrina  (l’eredi  può  rifiutarsi  rifiutando  di  accettare  l’eredità), 
tuttavia  non  ha  un  consenso  in  virtù  del  divieto  di  patti  successori,  nonché  la 
necessità di consenso per diventare socio. 
 
Recesso: ​È  lo  scioglimento  del  rapporto  sociale  per  volontà  del  socio  (2285). Se 
la  società  è  a  tempo  indeterminato,  ogni  socio  può  recedere  liberamente.  Il  recesso 
deve  essere  comunicato  a  tutti  gli  altri  soci  con un preavviso di almeno 3 mesi e diventa 
produttivo di effetti solo dopo che sia decorso tale termine. 
Se  la  società  è  a  tempo  determinato  il  recesso  è  ammesso  solo  se  sussiste  una 
giusta  causa  (quando  il  recesso  costituisce  reazione  ad  un  illegittimo  comportamento 
degli altri soci tale da incrinare la reciproca fiducia).  

 
 

La  volontà  di  recedere  per  giusta  causa  deve  essere  potata  a  conoscenza  degli 
altri  soci  ma  ha  effetto  immediato.  Il  recesso  per  giusta  causa  è  anche  possibile  nella 
società  a  tempo  indeterminato,  non  il  vantaggio  che il socio non è tenuto ad attendere il 
decorso dei 3 mesi. 
Infine,  il  contatto  sociale  può  prevedere  altre  ipotesi  di  recesso  oltre  quelle 
stabilite  per  legge,  ma  non  può  privare  il  socio  della  facoltà  di  recedere  nelle  ipotesi 
legali. 
 
Esclusione:  ​L’esclusione  ha  in  alcuni  casi  luogo  di  diritto  (2288)  ed  in  altri  è 
facoltativa (decisione degli soci, 2286. È escluso di diritto: 
✓ Il  socio  che  sia  dichiarata  fallito,  salvo  che  non  si  tratti  di  fallimento 
conseguente  al  fallimento  della  società. L’esclusione opera dal giorno stesso della 
dichiarazione di fallimento. 
✓ Il  socio  il  cui  creditore  particolare  abbia  ottenuto  la  liquidazione  della  quota. 
Opera quando la liquidazione è effettivamente avvenuta. 
I  fatti  che  legittimano  la  società  a  deliberare  l'esclusione  di  un  socio  sono 
stabiliti dall’articolo 2286 e possono essere raggruppati in tre categorie: 
✓ Gravi inadempienze degli obblighi che derivano dalla legge o dal contratto sociale, 
tra  cui  il  comportamento  ostruzionistico,  cioè  la  non  esecuzione  del  contratto  in 
buona fede. 
✓ L’interdizione e l’inabilitazione del socio. 
✓ Sopravvenuta  impossibilità  di  esecuzione  del  conferimento  per  causa  non 
imputabile  agli  amministratori.  Esempio:  perimento  della  cosa  che  il  socio  si  era 
obbligato  a  conferire  in  proprietà  prima  che  la  proprietà  stessa  sia  stata 
acquistata dalla società. 
L’esclusione  è  deliberata  dalla  maggioranza  dei  soci  calcolata  per  teste  non 
computandosi  nel  numero  il  socio  da  escludere  (2287).  La  deliberazione  motivata  deve 
essere  comunicata  al  socio  escluso  ed  ha  effetto  decorsi  30  giorni dalla comunicazione, 
termine  per  il  cui  il  socio  può  fare  opposizione  al  tribunale.  In  caso  di  accoglimento 
dell'opposizione  il  socio  è  reintegrato  nella  società  con  effetto  retroattivo, 
partecipando ai risultati medio tempore dell’attvità sociale. 
in  caso  di  società  di  due  soci  l'esclusione  è  pronunciata  direttamente  dal 
tribunale  su  domanda  dell’altro  (2287)  operante  nel  momento  in  cui  la  sentenza  sia 
passata  in  giudicato,  tuttavia,  l’atto  costitutivo  può  anche  prevedere  che  le  questioni 
relative all’esclusione siano deferite alla decisione di arbitri. 
 
Liquidazione  della  quota:  ​In  tutti  i  casi  in  cui  il  rapporto  sociale  si  scioglie 
limitatamente  ad  un  socio,  questi  o i suoi eredi hanno diritto alla liquidazione della quota 
sociale.  La  liquidazione  è  una  somma  di  danaro,  ciò  significa  che  il  socio  non  può 
pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà o godimento. 
Il  valore  della  quota  è  determinato  in  base  alla  situazione  patrimoniale  della 
società  (2289)  tenendo  però  conto  anche  dell’esito  delle  eventuali  operazioni  ancora  in 
corso.  Il  pagamento deve essere effettuato entro 6 mesi dal giorno in cui si è verificato 
lo  scioglimento  del  rapporto  (2289)  e  nell'ipotesi  di  scioglimento  su  richiesta  del 
creditore particolare, entro 3 mesi dalla richiesta. 
 

 
 

 
Scioglimento del singolo rapporto sociale 
 
Le  cause  di  scioglimento  della  società  semplice,  valide  anche  per  la  collettiva, 
sono fissate dall’articolo 2272. Vediamole: 
✓ Il  decorso  del  termine  fissato  nell’atto  costitutivo  senza  proroga,  neanche 
tacita, della durata della società (2273) 
✓ Il  conseguimento  dell'oggetto  sociale  o  la  sopravvenuta  impossibilità  di 
conseguirlo.  Fra  questi  si  inserisce  l'instabile  discordia  fra  i  soci  che  determina 
la paralisi assoluta e definitiva dell’attività sociale. 
✓ La  volontà  di  tutti  i  soci  o,  salvo  che  l’atto  costitutivo  non  preveda  che  lo 
scioglimento può essere deliberato a maggioranza. 
✓ Il venir meno della pluralità dei soci se nel termine di 6 mesi non è ricostituita 
✓ Le altre cause previste dal contratto sociale. 
La  società  in  nome  collettivo  ha  come  cause  di  scioglimento,  ancora,  il fallimento 
ed  il  provvedimento  dell’autorità  governativa  con  cui  si  dispone  la  liquidazione  coatta 
amministrativa  della  società.  Tutte  le  cause  di  scioglimento  operano  automaticamente 
(di diritto) per il solo fatto che si sono verificate. 
 
Società in stato di liquidazione: verificatasi una causa di scioglimento la società 
entra  automaticamente  in  stato  di  liquidazione  e  nella  società  in  nome  collettivo  deve 
essere  espressamente  indicata  negli  atti  e  nella  corrispondenza.  Qui  comincia  il 
procedimento  di liquidazione (soddisfacimento dei creditori sociali e la distribuzione fra 
i soci dell’eventuale residuo attivo).  
L’ulteriore  attività  della società deve tendere solo alla definizione dei rapporti in 
corso  e  perciò  i  poteri  degli  amministratori  sono  per  legge  limitati  al  compimento  degli 
affari  urgenti,  rispondendo  personalmente  e  solidalmente  per  gli  affari  intrapresi  al  di 
là  di  questo  (2279).  Sorge  inoltre  il  diritto dei soci a che si dia avvio al procedimento di 
liquidazione  attraverso  la  nomina  dei  liquidatori  (2275).  Resta  fermo  l’obbligo  di 
eseguire  i conferimenti ancora dovuti sia pure nei limiti in cui i fondi disponibili risultano 
insufficienti per il pagamento dei debiti sociali (2280) 
I  creditori  personali  dei  soci  dovranno  attendere  l’espletamento  della 
liquidazione  della  società  per  potersi  rivalere  sulla  quota di liquidazione. I soci potranno 
autorizzare  o  ratificare  gli  atti  non  urgenti  compiuti  dai  soci  amministratori  e  le  nuove 
operazioni effettuate dai liquidatori, così rimuovendo i limiti legali posti ai loro poteri.  
Infine,  la  revoca  della  liquidazione  (deliberata  dai  soci)  importa  la  continuazione 
della  stessa  società  e  non  costituzione di una nuova. La decisione di revoca dovrà essere 
adottata  all’unanimità,  dato  che  nelle  società  di  persone  il  diritto  individuale  alla 
liquidazione della quota non è disponibile senza il consenso di ciascuno socio. 
 
Procedimento di liquidazione: ​Il  procedimento  leale  di  liquidazione  (potrà avere 
altro  determinato  dal  contatto  sociale  o  al  momento  dello  scioglimento)  inizia  con  la 
nomina  di  uno  o  più  liquidatori  che  richiede  il  consenso  di  tutti  i  soci  salvo  disposizione 
contraria, in caso di disaccordo fra i soci, i liquidatori sono nominati dal tribunale. 

 
 

I  liquidatori  possono  essere  revocati  per  volontà  di  tutti  i  soci,  o  dal  tribunale 
per  giusta  causa  su  domanda  di  uno  o  più  soci  che deve essere portata a conoscenza dei 
terzi (con il registro nel caso della società in nome collettivo regolare). 
I  liquidatori,  che  possono  essere  anche  non  soci,  prendono  il  posto  degli 
amministratori. Gli amministratori e i liquidatori redigono insieme l’inventario (bilancio di 
apertura  della  liquidazione)  e  in  questo  momento  vengono  fissate  le  eventuali 
responsabilità degli amministratori, dopo questo la loro competenza si esaurisce. 
Dopo  questo,  i  liquidatori  devono  definire  i rapporti che si ricollegano all'attività 
sociale: conversione in denaro dei beni, pagamento dei creditori, ripartizione ai soci. 
I  liquidatori  sono  investiti  del  potere  di  compiere  tutti  gli  atti  necessari  per  la 
liquidazione, però su di loro incombe un duplice divieto: 
✓ Non  possono  intraprendere  nuove  operazioni,  su  pena  di  rispondere 
personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi nei confronti dei terzi. 
✓ Non  possono  ripartire  fra  i  soci,  neppure  parzialmente,  i  beni  sociali  finché  i 
creditori  sociali  non  siano  stati  pagati  o  non  siano  stata  accantonate  le  somme 
necessarie  per  pagarli  (2280).  La  violazione  del  divieto  espone  i  liquidatori  a 
responsabilità civile nei confronti dei creditori ed è sanzionata penalmente. 
Per  il  resto  sono  regolati  dalle  norme  stabili  per  gli  amministratori  (2276). 
L’ultima  procedura  della  liquidazione  è  l’eventuale  conversione  dell’attivo  patrimoniale 
residuo  in  denaro.,  se  i  soci  non  hanno  convenuto che la ripartizione dei beni sia fatta in 
natura (caso di divisione delle cose comuni): 
✓ Il  saldo  attivo  è  destinato  innanzitutto  al  rimborso  del  valore  nominale  dei 
conferimenti, secondo la valutazione fattane in contratto. 
✓ L’eventuale  eccedenza  è  poi  ripartita  fra  tutti  i  soci  in  proporzione  della 
partecipazione di ciascuno nei guadagni. 
Infine,  nella  società  in  nome  collettivo  i  liquidatori  devono  redigere  il  bilancio 
finale  ed  il  piano  di  riparto  (2311).  IL  bilancio  ed  il  piano  vanno  comunicati  ai  soci  e  si 
intendono  approvati  se  non  sono  impugnati  dai  soci  nel  termine  di  due  mesi  dalla 
comunicazione.  In  caso  di  impugnazione  giudiziale,  si  può  separare  la  divisione  del 
bilancio  e  con  l’approvazione  del  bilancio  i  liquidatori  sono  liberati  di  fronte  ai  soci,  una 
volta che alla divisione i liquidatori sono estranei. 
 
Estinzione  della  società:  ​Nella  società  in  nome  collettivo  irregolare  la  chiusura 
del  procedimento  di  liquidazione  determina  l’estinzione  della  società.  Nella  società  in 
nome  collettivo  registrata  e  nella  società  semplice  è  prescritta  la  cancellazione  della 
società dal registro delle imprese. 
Infatti,  nella  società  di  nome  collettivo  sui  liquidatori  incombe  l’obbligo  di 
chiedere  la  cancellazione  della  società  e  l’obbligo  di  depositare  presso  le  persone 
designate  dalla maggioranza dei soci, le scritture contabili ed i documenti affinché siano 
conservati per dieci anni dalla cancellazione (2312). 
La  cancellazione  può  anche  essere  disposta  d’ufficio  quando l’ufficio del registro 
rilevi  alcune  circostanza  sintomatiche  dell’assenza  di  attività  sociale.  Formalmente,  la 
cancellazione è condizione necessaria per l’estinzione della società. 
Dopo  la  cancellazione,  però,  possono  avere  creditori  insoddisfatti  che  possono 
agire  nei  confronti  dei  soci  che  restano  personalmente  ed  illimitatamente  responsabili 

 
 

per  le  obbligazione  sociali  insoddisfatte  e  possono  inoltre  agire  anche  nei  confronti  dei 
liquidatori se il mancato pagamento è imputabile a colpa o dolo di questi ultimi (2633). 
 
Il  fallimento  della società: ​I  creditori  della  società  in  nome  collettivo  possono 
infine  chiedere  il  fallimento  della  società  entro  1  anno  dalla  cancellazione  della  società 
dal registro delle imprese se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o 
entro l’anno successivo. 
In  caso  di  impresa  individuale  o  di  cancellazione  d’ufficio  degli  imprenditori 
collettivi,  è  però  fatta  salva  la  facoltà  per  il  creditore  o  per  il  pubblico  ministero  di 
dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine. 
La  regola  del  fallimento  vale  anche  in  estensione  dei  soci  illimitatamente 
responsabili  se  l’insolvenza  della  società  attenga,  in  tutto  o  in  parte,  a  debiti  esistenti 
alla data della cessazione della responsabilità illimitata. 
In  base  alle  nuove  regole  si  deve  concludere  che  le  società  irregolari  possono 
essere  dichiarati  fallite  senza  limiti  di  tempo dopo la cessazione dell'attività d’impresa: 
senza registro non si può cancellare il registro. 
Infine,  in  caso  di  una  società  con  cancellato  registro  che  continua  l'attività 
d’impresa  si  può  estendere  per  analogia  la  soluzione  per  la  cancellazione  d'ufficio  della 
società  e  consentire  ai  creditori  ed  al  pubblico  ministero  la  prova  che  la  società  ha 
fraudolentemente continuato ad operare dopo la cancellazione. 
 
 
__________________________________________________06/02/2018 
 
➢ Lezione 9: La società in accomandita semplice 
 
La  società  in  accomandita  semplice  (s.a.s)  (2313-2324)  è  una  società  di  persone 
che si differenzia dalla società in nome collettivo per la presenza di due tipi di soci: 
✓ Soci  accomandatari:  ​rispondono  solidalmente  ed  illimitatamente  per  le 
obbligazioni sociali. Solo loro possono essere amministratori. 
✓ Soci  accomandanti:  ​rispondono  limitatamente  alla  quota  conferita,  sono 
obbligati  nei  confronti della società ad eseguire i conferimenti promessi mentre i 
creditori sociali non hanno azione diretta nei loro confronti. 
 
La  disciplina  della  s.a.s  è  modellata  su  quella  della  società  in  nome  collettivo 
(2315)  e  ha  come  ruolo  la  specifica  funzione  economica  di  consentire  l’aggregazione  di 
soggetti  che  intendono  gestire  personalmente  gli  affari  sociali  e  di  soggetti  che 
intendono finanziare l'attività dei primi ma con rischio e poteri limitati. 
 
L’accomandita  semplice  è  il  solo  tipo  di  società  di  persone  che  consente 
l’esercizio  in  comune  di  un’impresa  commerciale  con  limitazione  del  rischio  e  non 
esposizione  a  fallimento  personale  per  alcuni  soci.  Il  nodo  della  disciplina  della  s.a.s 
risiede nella ricerca di un punto di equilibrio fra due esigenze: 
 
✓ Evitare  un  uso  anomalo  e  distorto  di  tale  tipo  di  società  con  la  previsione  di 
rigorosi  divieti  a  carico  dei  soci  accomandanti,  con  sanzioni  patrimoniali  per  la 

 
 

loro  violazione.  Esempi:  formazione  della  ragione sociale e divieto di immistione a 


carico degli accomandanti (2314 e 2320) 
✓ L’esigenza  di  non  estraniare  del  tutto  i  soci  accomandanti  dall'attività  della 
società.  Esempi:  poteri  riconosciuti  per  legge  o  attribuibili  per  contratto  ai  soci 
accomandanti (2318 e 2320). 
 
 
 
 
 
Costituzione della società 
 
Per  la  costituzione  della  s.a.s  valgono  le  regole  per  la  società  in  nome  collettivo, 
aggiungendosi  l'indicazione  di  quali  soni  i  soci  accomandatari  e  quali  gli  accomandanti 
(2316).  L’atto  costitutivo  è  soggetto  ad  iscrizione  nel  registro  delle  impresa  con 
conseguenza di irregolarità della società non iscritta. 
 
Ragione  sociale:  ​Diverso  della  società  in  nome  collettivo,  nella  s.a.s  la  ragione 
sociale  deve  essere  formata  col  nome  di  almeno  uno  dei  soci  accomandatari  e  con 
l’indicazione del tipo sociale per evitare che chi entra in contatto di affari con la società 
possa fare affidamento alla responsabilità personale dei soci accomandanti. 
La  sanzione  per  l’uso  del  nome  dell’accomandante  implica  che  lui  risponderà 
illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari per le obbligazioni sociali (2314), 
però  mantiene  la  caratteristica  di  accomandatario  nei  rapporti interni non partecipando 
all’amministrazione. 
 
Partecipazione  di  incapaci:  ​Si  applicano  le  regole  della  società  in  nome 
collettivo,  tuttavia  non  quando  l’incapace  assume  la  veste  di  accomandante  perché 
rischia  solo  il  capitale  conferito.  Infine,  le  regole  di  società  in  nome  collettivo  sono 
applicabile anche alla partecipazione di altra società e dei conferimenti. 
 
 
I soci accomandanti e l’amministrazione della società 
 
L’articolo  2318  pone  il  principio  che  i  soci  accomandatari  hanno  gli  stessi  diritti 
ed  obblighi  dei  soci  della  collettiva  e  che  l’amministrazione  (gestione e rappresentanza) 
soltanto può essere conferita ai soci accomandatari. 
 
Agli  accomandanti  sono  tuttavia  riconosciuti  per  legge,  o  possono  essere 
riconosciuti per contratto, alcun diritti e poteri:  
✓ Diritto  di  concorrere  con  gli  accomandatari  alla  nomina  e  alla  revoca  degli 
amministratori  quando  fatta  in  atto  separato  (ha  bisogno  del  consenso  di  tutti  i 
soci  accomandatari  e  l’approvazione  di  tanti  soci  accomandanti  che 
rappresentanza  la  maggioranza  del  capitale  sociale).  È  invece  necessario  il 
consenso di tutti per la revoca dell'amministratore nominato nell’atto costitutivo. 

 
 

✓ Il  socio  accomandante  può  chiedere  giudizialmente  la  revoca  per  giusta  causa 
degli amministratori. 
✓ Gli  accomandanti  possono  trattare  o  concludere  affari  in  nome  della  società  sia 
pure  solo  in  forza  di  una  procura  speciale  per  singoli  affari,  assoggettati  alle 
direttive degli amministratori. 
✓ Prestare la loro opera, all’interno della società sotto direzione. 
✓ Possono,  se  l’atto  costitutivo  lo  consente,  dare  autorizzazioni  e  pareri  per 
determinate  operazioni,  nonché  compiere  atti  di  ispezione e di controllo. Ancora, 
ha  diritto  di  avere  comunicazione  annuale  del  bilancio  e  di  controllarne 
l’esattezza. Inoltre, concorrono all’approvazione del bilancio. 
Al di là di questi poteri scatta il divieto di immistione con le relative sanzioni. 
Divieto di immistione 
 
Il  contenuto  del  divieto  di  immistione  degli  accomandanti  nella  gestione  della 
società  implica  che  gli accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, salvo 
affari  singoli  con  procura  speciale.  L’accomandante  che  contravviene  a  tale  divieto 
assume  responsabilità  illimitata  e  solidale  verso  i  terzi  per  tutte le obbligazione sociale 
e può essere escluso dalla società con decisione maggioranza di tutti gli altri soci. 
 
Internamente,  l'accomandante  deve  ritenersi  privo  di  ogni  potere  decisionale 
autonomo.  Questo spiega, per esempio, perché i pareri o le autorizzazioni eventualmente 
previsti  dall’atto  costitutivo  non possono assumere carattere generale oppure perché gli 
accomandanti  non  possono  partecipare  alla  decisione  sull’opposizione  di  un 
amministratore  al  compimento  di un atto da parte di altro nel regime di amministrazione 
disgiuntiva.  Non  contrasta  invece  col  divieto  di  immistione  la  collaborazione  degli 
accomandanti sotto le direttive degli accomandatari. 
 
Esternamente,  l’accomandante  può  concludere  affari  in  nome  della  società  in 
forza  di  procura  speciale  per  singoli  affari.  Tuttavia,  è  preclusa  in  ogni  caso  la 
possibilità di agire di fronte ai terzi come procuratore generale o come institore. 
 
In  caso  delle  obbligazioni  nate  dall’atto  di  immistione  di  un  accomandante  la 
società  non  resta  obbligata,  cioè,  sarà  responsabile  verso  il  terzo  solo  l’accomandante 
che  ha  compiuto  l’atto.  Però  ancora  qui  si  perde il beneficio della responsabilità limitata 
er  tutte  le  obbligazioni  sociali.  L’accomandante  che  ha  violato  il  divieto  di  immistione  è 
esposto  infine  all'esclusione  dalla  società  che,  tuttavia,  non  potrà  essere  deliberata 
qualora l’atto di inerenza sia stata autorizzato o ratificato dagli amministratori. 
 
 
Trasferimento della partecipazione sociale 
 
Per  i  soci  accomandatari,  se  l’atto  costitutivo  non  dispone  diversamente  il 
trasferimento  per  atto  fra  vivi  della  quota  può  avvenire  solo  col  consenso  di  tutti  gli 
altri  soci  e  per  la  trasmissione  mortis  causa  sarà  necessario  anche  il  consenso  degli 
eredi. 
 

 
 

La  quota  degli accomandanti è liberamente trasferibile per causa di morte, senza 


che  sia  perciò  necessario  il  consenso  dei  soci  superstiti.  Per  il  trasferimento  fra  vivi  È 
necessario  il  consenso  dei  soci  che  rappresentano  la  maggioranza  del  capitale  sociale, 
salvo che l’atto costitutivo non disponga diversamente. 
 
 
Lo scioglimento della società 
 
La  duplice  categoria  di  soci  della  s.a.s  deve  permanere  per  tutta  la  vita  della 
società,  essendo  la  mancanza  di  uno  dei  due  e  la  non  sostituzione  in  6  mesi  causa  per  il 
scioglimento che si aggiunge a quelle già previste per la società in nome collettivo. 
Durante  i  sei  mesi,  se  sono  venuti  meno  i  soci  accomandanti  l'attività  della 
società  continua  normalmente.  Se  invece  sono  venuti  meno  i  soci  accomandatari,  gli 
accomandanti  devono  nominare  un  amministratore  provvisorio  i cui poteri sono per legge 
limitati  al  compimento  degli  atti  di  ordinaria  amministrazione.  L’amministratore 
provvisorio  non  assume  la  qualità  di  accomandatario,  purché  non  compia  atti  eccedenti 
l’ordinaria amministrazione. 
 
Spirato  il  termine  di  6  mesi  senza  ricostituzione  e  senza  procedimento  di 
liquidazione  la  società  si  trasformerà  tacitamente  in  collettiva  irregolare,  sempreché 
siano restati almeno due soci. 
 
Per  il  procedimento  di  liquidazione  e  l’estinzione  della  società  valgono  le  regole 
dettate  per  la  società  in  nome  collettivo.  Tuttavia,  cancellata  la  società  dal  registro 
delle  imprese,  i  creditori  rimasti  insoddisfatti  potranno  far  valere  i  loro  crediti  nei 
confronti  dei  soci  accomandanti  solo  nei  limiti  di  quanto  dagli  stessi  ricevuto  a  titolo di 
quota di liquidazione. 
 
 
Società in accomandita semplice irregolare 
 
È  irregolare  la  società  in  accomandita  semplice  il  cui atto costitutivo non è stato 
iscritto  nel  registro  delle  imprese. L’omessa registrazione non impedisce la nascita della 
società  e  purché  la  società  peri  sotto  una  ragione  sociale  che  ne  enunci  la  natura  di 
accomandita semplice resta ferma la distinzione fra soci accomandatari e accomandanti. 
 
Nelle  s.a.s  irregolari,  tuttavia,il  divieto  di  immistione  esterna  a  carattere 
assoluto:  neppure  il  rilascio  di  una  procura  speciale  per  singoli  affari  esonera 
l’accomandante  da  responsabilità  illimitata  verso  i  terzi  per tutte le obbligazioni sociali. 
Per  il  resto  vale  per  la  s.a.s  irregolare  la  stessa  disciplina  per  la  collettiva  irregolare. 
Sinteticamente: 
✓ I  creditori  sociali  possono  agire  direttamente  nei  confronti  dei  soci 
illimitatamente  responsabili  e  incombe  su  questi  ultimi  l’onore  di  chiedere  la 
preventiva  escussione  del  patrimonio  sociale  indicando  i  beni  sui  quali  i  creditori 
possono  agevolmente  soddisfarsi.  Viene  meno  il  beneficio  di  escussione 
automatica operante nella collettiva e nell’accomandita regolari. 

 
 

✓ I  creditori  particolari  del  socio  possono  chiedere  in  ogni  tempo  la  liquidazione 
della  quota  del  loro  debitore,  provando  che  gli  altri  beni  di  questi  siano 
insufficienti  a  soddisfarli.  Possibilità  questa  invece  preclusa  quando  la  società  è 
regolare per la durata prevista in contratto. 
✓ Si  presume  che  ciascun  socio  che  agisce  per  la  società,  anche  accomandante, 
abbia la rappresentanza sociale anche in giudizio. 
 
 
 
 
 

Potrebbero piacerti anche