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Diritto Privato
__________________________________________________10/12/2017
➢ Lezione 1: Responsabilità da fatto illecito
Il fatto illecito è disciplinato dagli articoli 2043 e 2059 del Codice Civile:
*Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto,
obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno* - art. 2043
*Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi
determinati dalla legge.* - art. 2059
Il fatto illecito è una fonte di responsabilità che consegue alla violazione del
precetto del neminem laedere (non offendere nessuno) e la responsabilità che di lui
deriva può prendere il nome di responsabilità aquiliana, extracontrattuale, da atto o
fatto illecito e ancora di responsabilità civile. Si può dire che l’articolo 2043 stabilisce
una clausola generale, la norma fondamentale sulla responsabilità extracontrattuale.
L’illecito civile, nel diritto italiano, è atipico, diverso del diritto penale.
Le diverse denominazione della responsabilità:
✓ Responsabilità civile: descrive l’effetto legale dell’illecito, ma trascura il
comportamento del danneggiante, significando una esigenza di far prevalere la
funzione riparatoria dell’istituto.
✓ Responsabilità da atto o fatto illecito: mette il fuoco sulla condotta del
danneggiante, far prevalere una funzione sanzionatoria dell’istituto.
✓ Responsabilità aquiliana: Il termo ha radice nell’istituto della lex Aquilia.
✓ Responsabilità extracontrattuale: indica il contrapporsi della responsabilità
civile alla responsabilità gravante per inadempimento dell’obbligazione (art. 1218),
che deriva di un vincolo specifico e nell’obbligo di prestazione e non del dovere
generico di neminem laedere. Tuttavia, del fatto illecito nasce un’obbligazione,
quella di risarcire il danno (creditore - danneggiato // debitore - l’autore del
fatto illecito.
Il fatto illecito e l’inadempimento dell’obbligazione sono accomunati nel più ampio
concetto di illecito civile e il rimedio del risarcimento del danno è previsto in entrambi.
Secondo una diffusa opinione, l'inadempimento dell’obbligazione quando lede
anche diritti assoluti della persona, si configura come fatto illecito (esempio: operazione
chirurgica o contratto di trasporto di persona) e può accadere di essere tutelato da un
concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Il raziocinio è sbagliato
perché il cumulo delle azione costituisce un espediente da superarsi mediante
un’interpretazione secondo Costituzione: nell’ambito dei rapporti di fonte contrattuale,
possono venire interessi di natura esistenziale, suscettibili di essere lesi
dall’inadempimento che può cagionare anche danni non patrimoniali.
Il comportamento dannoso non dovrà, quindi, valutarsi alla stregua del generico
dovere di neminem laedere, ma della norma contrattuale regolatrice della condotta. Gli
articoli 1218 e 1223 possono riferirsi anche ai pregiudizi non patrimoniali cagionati dalla
lesione dei diritti inviolabili della persona.
L’obbligo al risarcimento ha il senso di far rispondere in modo consiste del fatto
dannoso estendendo la responsabilità anche per i danni non prevedibili al momento della
commissione del fatto. La legge tende a realizzare anche una funzione di prevenzione: a
minaccia del risarcimento indurre le persone ad evitare la commissione di illeciti. Le
funzioni sanzionatoria e di prevenzione si aggiungono a quella riparatoria.
Elementi del fatto illecito
✓ Comportamento commissivo od omissivo: Anche un atto omissivo può essere
tenuto come condotta quando il dovere di agire sia stabilito dalla legge o da una
clausola negoziale.
✓ Nesso di causalità: Ha bisogno di un nesso di causalità fra il comportamento
della persona e l’evento lesivo del bene tutelato. Tale nesso è ispirato al principio
della adeguatezza causale (alla persona soltanto può essere imputata le
conseguenze normale del suo comportamento).
Perciò, in materia civile va esclusa la teoria della condicio sine qua non che ha
avuto successo nel diritto penale in cui ogni condotta antecedenti è tenuta come
ruolo di causa dell’evento.
✓ Colpevolezza: Indica la contrarietà del comportamento della persona al modello
legale, idoneo ad evitare eventi lesivi dell’altrui diritto (colpa in senso
normativo).
Con riferimento alla persona, la colpevolezza è sia la volontà di produrre l’evento
lesivo (dolo), sia quale atteggiamento del soggetto che senza la volontà di causare
un determinato evento, ha tenuto un comportamento improvvido, causativo della
lesione del diritto altrui (colpa in senso proprio). La colpa è unificata penale e
civilmente per l’articolo 43 del Codice Penale, (negligenza, imprudenza, imperizia,
inosservanza di atto normativo). Nella culpa in senso proprio, non è responsabili
chi ha agito con la prudenza e diligenza necessarie ad evitare danni, nonostante
che l’evento lesivo si sia prodotto.
All’elemento della colpa si aggiunge la necessità che l’autore, per poterne
rispondere, sia capace di intendere e di volere al momento che lo ha posto in
essere (art. 2046). Tuttavia, se tale capacità manca per causa a lui imputabile,
tale assenza è irrilevante.
○ Imputazione del fatto e fattispecie speciali: Il sistema generale di
imputazione è integrato da ulteriori disposizioni (2049 - 2054) che
imputano a determinate persone fatti posti in essere da altri o
addirittura accadimenti addebitabili a cose o animali, per alcune di queste
si discorre di responsabilità indiretta o per fatto altrui. Con forte
✓ Legittima difesa: Prevista nell’articolo 2044, consiste nel danno cagionato
all'aggressore per impedire che la sua azione produca la lesione del diritto
proprio o altrui esonera la responsabilità. Tale disciplina trova integrazione
nell’articolo 52 del Codice Penale, rispettando, quindi, la proporzionalità.
La legittima difesa e la conseguente esclusione di responsabilità si fondano su di
un principio dell’universale riconoscimento del diritto di difendersi o di difendere
altri, escludendo del tutto la responsabilità per il danno.
La legittima difesa, perció, ha bisogno di una aggressione ingiusta sia ad un
interesse personale, sia patrimoniale. Esempio: la reazione dell'imprenditore nei
confronti di chi abbia tentato di sottrargli la clientela.
Tuttavia, la legittima difesa non può escludersi la responsabilità nei confronti dei
terzi danneggiati dall’aggredito nell’atto di difendersi. Qui, si può parlare del
stato di necessità.
✓ Esercizio di un diritto: Ricondotto all’articolo 51 del Codice Penale, coinvolge la
situazione quando il soggetto è autorizzato dalla legge a tenere un dato
comportamento per altri lesivo senza sorgere responsabilità. Nell'ambito civile,
tuttavia, ci sono alcuni casi che l’esercizio di diritto prevede una indennità per i
danni cagionati dall’agente volta a contemperare gli opposti interessi come sono
alcuni fattispecie in tema di accesso al fondo altrui (artt. 843, 924, 925).
Esempi: i immissioni, la liceità della pubblicità denigratoria dei prodotti
concorrenti quando l’apprezzamento sfavorevole costituisca il mezzo per mettere
in evidenza l'effettiva superiorità tecnica del prodotto, il diritto di cronaca con
divulgazione di notizie con rilevanza per la vita sociale e obiettivamente veri o
tali siano reputati in buona fede dal giornalista autore.
✓ Consenso dell’avente diritto: Altra causa di esclusione della responsabilità
prevista nell’articolo 50 del Codice Penale. Consiste nell’atto mediante il quale il
soggetto autorizza un fatto lesivo del proprio diritto, purché sia validamente
prestato ed abbia ad oggetto un diritto disponibile.
Distribuzione dell’onere della prova
L’onere di provare il fatto illecito altrui in tutti i suoi elementi incombe su chi
intende agire per la riparazione del pregiudizio subíto (art. 2697), tuttavia questa
regola subisce vari temperamenti ad opera della giurisprudenza, esempio: se il
danneggiante adduce la propria incapacità per non rispondere del fato, incombe su di lui
l’onere di provarla.
Anche la legge pone significative eccezione. Esse se presume in taluni fattispecie
il nesso di fra fatto lesivo e comportamento di determinate persone individuate sulla
base della loro posizione (artt. 2047-2054). Qui, incombe al ricondotto l’onere di
provare l’assenza di responsabilità, mentre il danneggiato deve provare solo la causalità
del danneggiante e del danno.
La legge disciplina la prova liberatoria del responsabile e al tempo stesso crea
modelli di comportamento in termini di diligenza ai quali le persone si devono adeguare
se non vogliono vedersi definitivamente imputare gli eventi dannosi.
Il principio della colpa: alcune critiche
Il principio della colpa è oggi sottoposto a critiche perché non avrebbe senso
voler ad ogni costo legare la responsabilità alla colpa quando è scontato che oggi gran
parte dei danni sono anonimi (difficile o impossibile trovare chi, nell’ambito
dell’organizzazione produttiva è l’autore dell’evento lesivo). Ancora, ci sono alcuni danni
inevitabili e soggetti che possono amministrare i danni che cagionano distribuendo sui
costi di produzione dei propri prodotti o servizi.
In definitiva, un sistema della responsabilità legato alla colpa oggi non
soddisferebbe le esigenze fondamentale di trasferire il danno dal danneggiato su
persona diversa.
Una nuova ottica potrebbe essere il risarcimento con funzione meramente
riparatoria e non sanzionatoria. In realtà oggi la responsabilità oggettiva, quella per
mera causalità, è un’eccezione (regole sull'attività di sfruttamento pacifico dell’energia
atomica, danni causati da oggetti spaziali, l’esercizio dell'attività mineraria, l'attività di
navigazione aerea e marittima) nonché le fattispecie dagli articoli 2049, 2053 e 2054.
Tuttavia, anche nell'imputazione oggettiva dell’evento deve di regola completarsi
il requisito soggettivo della colpa non essendo sufficiente ai fini della responsabilità il
mero fatto di ricoprire una determinata posizione (Esempi: artt. 2051, 2052 e 2053).
Talvolta la colpa è presunta fino a prova contraria. Restano eccezionali le ipotesi nelle
quali la legge fa carico a qualcuno di un evento dannoso sulla base del semplice nesso di
causalità. In fine, in questi casi c’è bisogno attenzione per determinare fino a che punto
la legge possa invertire l’onere della prova senza incorrere nella violazione dell’articolo 2
della Costituzione che riconosce il diritto di difesa.
__________________________________________________19/01/2018
➢ Lezione 2: Responsabilità speciali
Danno cagionato dall’incapace (articolo 2047)
*In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere,
il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace,
salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.
Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento
da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in considerazione delle
condizioni economiche delle parti, può condannare l'autore del danno a
un'equa indennità.*
Quando il danno è arrecato da persona incapace di intendere o di volere (sia
minore o maggiore di età), l’obbligo del risarcimento è posto dalla legge alle persone che
sono tenute alla sua sorveglianza che si presume, fino a prova contraria, non abbiano
fatto quanto era necessario per impedire il fatto dannoso (art. 2047).
Quindi, c’è una responsabilità per fatto altrui. Oggi si ritiene che un’espansione
di questa responsabilità a base di considerazioni solidaristiche. Il dovere di sorveglianza
non sorge soltanto da un vincolo giuridico ma anche da una relazione di fatto
(coabitazione, convivenza) di libera scelta (accoglimento dell’incapace nella propria
sfera personale o familiare). Esempio: È responsabile per il danno cagionato da un
bambino il marito della madre del minore che forma un unico nucleo familiare con la
donna e il fanciullo.
Infermi di mente: L’articolo 2047 configura a carico dei servizi psichiatrici
doveri con contenuto di sorveglianza. Così, l’azienda sanitaria, la quale non abbia svolto
azione preventiva di cura e sorveglianza nei confronti dell’infermo con pericolosità già
dimostrata, è tenuta al risarcimento dei danni dalla vittima.
Accertamento dell’incapacità: L’accertamento non va effettuato sulla base di
precisi indici normativi, costituisce invece un accertamento di fatto che deve essere
realizzato per il giudice con base nella comune esperienze e nozioni della scienza.
Prova liberatoria: Non si richiede comunque un controllo assoluto dell’incapace
da parte dei soggetti sorveglianti. La prova liberatoria consiste nella dimostrazione che
il fatto si è verificato nonostante il diligente esercizio della sorveglianza. Tuttavia, le
ragioni di lavoro o di legittima assenza non escludono la responsabilità dove non si sia
provveduto ad affidare ad altri la custodia dell’incapace (esempio: il professore può
avere responsabilità sull’atto dello studente).
Responsabilità sussidiaria dell’incapace: Il danneggiato può ottenere l'indennità
dallo incapace quando non riesca a conseguire il risarcimento da parte del sorvegliante.
Tuttavia, conforme l’articolo 2047 questa indennità può subire decurtazioni o non
essere possibile secondo equi temperamenti dettati dalle condizioni economiche
dell’incapace e del danneggiato.
Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori, dei maestri d’arte
(articolo 2048)
*Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato
dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette
alla tutela, che abitano con essi.
I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono
responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e
apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla
responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto.*
Per il fatto illecito dei minori di età non emancipati, ma capaci di intendere e di
volere, sono responsabili i genitori o il tutore con essi coabitanti, i quali, fino a prova
contraria, si presume non abbiano fatto quanto necessario per impedire il fatto.
Responsabili sono anche gli adottanti (dato che l’adozione conferisce loro lo status di
genitori), precettori (coloro che svolgono funzioni di vigilanza accessorie
all'insegnamento come gli istruttori sportivi, assistenti in una colonia di vacanze) e
coloro che insegnano un mestiere o un’arte (responsabili solo dei danni cagionati dai loro
allievi e apprendisti durante il tempo nel quale sono sottoposti alla loro sorveglianza).
Per il danno cagionato dai minori, i genitori sono responsabili indipendentemente
dall’esercizio della responsabilità genitoriale e la coabitazione è presupposto necessario,
tuttavia si reputa sussita anche qualora il minore si sia temporaneamente assentato.
Responsabilità concorrente: La responsabilità dei genitori, tutori, precettori e
maestri d’arte concorre con quella del minore. Il danneggiato può proporre azione contro
queste persone e nei confronti el minori. La culpa in educando dei genitori non esclude la
concorrente culpa in vigilando dei precettori e vice versa se l’evento è ricollegabile
anche ad una loro colpa.
Tenendo conto questa responsabilità concorrente, il genitore che abbia risarcito
il danno ha diritto di esercitare nei confronti del figlio l’azione di regresso (2055),
situazione diversa dell’articolo 2047 là dove questo non è possibile.
Prova liberatoria: Mentre l’articolo 2048 richiede una prova liberatoria negativa
(non aver potuto impedire il fato), la giurisprudenza richiede una prova liberatoria in
positivo (non essendo sufficiente l’impossibilità materiale di non aver potuto impedire il
fatto commesso in sua assenza).
Così, c’è bisogno di provare una vigilanza adeguata all'età, carattere, indole,
educazione per prevenire il comportamento illecito. Educazione e vigilanza sono
considerati obblighi correlati, sí che tanto maggiore deve essere la vigilanza quanto
minore è il livello di educazione raggiunto.
A livello dei precettori, vi sono due orientamenti:
○ Esige che il fatto illecito dell’allievo sia stato “repentino ed imprevedibile”
ma anche è necessario provare di aver adottato in via preventiva, le
misure organizzative o disciplinari idonee ad evitare la situazione di
pericolo.
○ Il dovere di vigilanza avrebbe carattere non assoluto, sí che sarebbe
necessario correlare il contenuto e l’esercizio in modo “inversamente
proporzionale” all’età e al grado di maturazione degli alunni.
Responsabilità degli insegnanti della pubblica amministrazione: La legge
prevede la sostituzione dell’amministrazione al pubblico funzionare quale soggetto
passivo dell’azione di danno, con esclusione dell’azione diretta verso quest’ultimo.
Tuttavia, rimane salva l’azione di regresso dell’amministrazione che abbia risarcito il
danno prodotto dal dipendente in dolo o colpa grave.
Responsabilità di coloro che insegnano un mestiere o un’arte: L’articolo 2048
in questo caso ha avuto scarso riscontro, ma può essere applicabile in presenza di un
insegnamento professionale. Tuttavia, c’è bisogno di fare la differenziazione dei casi
dove i danni causati dal minore occorrano nell'espletamento di incombenze affidategli
nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato non implicante apprendimento. In questi
casi, il datore di lavoro è tenuto al risarcimento con base dall'articolo 2049.
Responsabilità dei padroni e dei committenti (articolo 2049)
*I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal
fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle
incombenze a cui sono adibiti*
Sono presupposti per l’applicazione dell’articolo 2049:
✓ Un fatto illecito dei domestici o subordinati: Questo tuttavia non è sufficente
una volta che il fatto illecito può violare sia la regola generale (2043) sia di
posizioni diverse (2048, 2050, 2052, ecc.)
✓ L’esistenza di un rapporto di preposizioni fra questi ed i “committenti”: Il
rapporto è certamente individuabile nel lavoro subordinato e nel mandato, ma
esiste anche nelle relazioni temporanee ed occasionali tra chi sia in posizioni di
subordinazione per conto di altri.
○ Esempio: una persona che normalmente dipende di altri ma in caso
specifico ha fatto l’azione i subordinazione ad un terzo, tra il notaio e il
proprio coadiutore, tra il datore di lavoro e il figlio incaricato della guida
di un veicolo, tra un istituto religioso e l’economo dello stesso, ecc.
○ Si esclude il rapporto di preposizione tra appaltante e appaltatore dato
che quest’ultimo assume il rischio dell’opera ed anche il rapporto nel
contratto di agenzia, in quanto ‘agente ha una autonomia rispetto
all’imprenditore.
✓ Nesso di interdipendenza tra danno ed incombenze: Mentre la dottrina
suggerisce criteri restrittivi, la giurisprudenza ritiene per sufficiente un
semplice rapporto di “occasionalità necessaria”. Sono esempi casistici: furto di
oggetti contenuti nelle cassette di sicurezza di una banca con la complicità di
guardie giurate incaricate della sorveglianza, danni arrecati dal dipendente di
un’officina che, incaricato di ripaae un’autovettura, avea apporfittato della
detenzione della stessa per guidarla.
○ Non sussiste relazione tra danno ed esercizio se l'attività del commesso
abbia deviato completamente dall’ambito del rapporto con il committente
ovvero il commesso abbia perseguito finalità proprie alle quali il
committente non fosse interessato e si sia abusivamente servito della sua
posizione lavorativa. Esempio: la giurisprudenza ha riconosciuto
l'esclusione dell vincolo con il padrone quando l’evento dannoso sia
derivato da reciproci atti di violenza tra dipendente ed altro lavoratore.
Onere della prova: il committente deve provare l’interruzione del nesso tra le
mansioni affidate e l’illecito commesso dal dipendente. Il committente che abbia
risarcito il danno cagionato dal commesso può esperire azione di rivalsa per l’intera
somma pagate al terzo danneggiato.
In fine, si dice che l’articolo 2049 non è applicabile ad alcune discipline speciali
come l’armatore per i fatti dell'equipaggio, e quella del proprietario della pubblicazione
e dell’editore per i reati commessi col mezzo della stampa. La responsabilità della
pubblica amministrazione per fatti illeciti dei suoi dipendenti neanche è ricondotto a
questo articolo.
Responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa (articolo 2050)
*Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività
pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al
risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a
evitare il danno.*
Pericolose sono quelle attività che presentino, per loro natura o per le
caratteristiche dei mezzi adoperati, una rilevante probabilità di danno o potenziale
offensivo. Non importando, pertanto, il carattere imprenditoriale o no dell'attività e
l’obbligazione legale dell’assicurazione dell’attività.
Accertamento della pericolosità: L’accertamento va effettuato in concreto in
giudizio ex ante dell’attività (è ovvio che se l’accertamento fosse fatto ex post sarebbe
constatato il carattere pericoloso una volta che il danno è stato fatto). Accertata la
pericolosità occorre ancora indagare le sue caratteristiche.
Sono esempi di attività pericolose: l’accensione dei fuochi di artificio, carico,
scarico e movimentazione di merci esercitati nell’ambito portuale, la costruzione di una
diga o di un porto, lo svolgimento di attività farmaceutica, ecc.
Attivitá pericolosa x condotta pericolosa: Costituisce condotta pericolosa
quando un’attività normalmente innocua diventa pericolosa per la condotta negligente di
chi la esercita. In questi casi è applicabile l’articolo 2043 e non l’articolo 2050.
Nesso di causalità ed onere probatorio: tra l’attività pericolosa esercitata e il
danno deve sussistere un nesso di causalità, non è tuttavia necessaria la dimostrazione
del nesso eziologico specifico.
Per liberarsi dalla responsabilità, l’esercente l’attività pericolosa ha l’onere di
dimostrare l’adozione di “tutte le misure idonee ad evitare il danno”. La giurisprudenza
intende tale formula in modo rigoroso, avendo bisogno di una prova positiva dell’impiego
di ogni cura o misura atta ad impedire l’evento dannoso, comprese quelle non ancora
obbligatorie al momento del sinistro.
Il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori soltanto se la
sua incidenza e rilevanza sono tali da escludere il nesso di causalità tra l’attività
pericolosa e l’evento.
Ambito di applicazione: L’articolo 2050 è applicato a tutela dei terzi estranei
all'attività e non dei partecipanti alla stessa. Tuttavia, essa è stata applicata anche a
favore dei dipendenti di colui che esercita un'attività pericolosa e del lavoratore
autonomo che effettui una prestazione presso l’impresa che esercita l'attivitÀ
pericolosa.
Anche, sulle attività pericolose ci sono discipline specifiche come per la
navigazione aerea, circolazione stradale e l’attività medica che rientra nella
responsabilità del prestatore d’opera (art. 2236).
Infine, la disciplina del 2050 è applicabile anche a danni per effetto del
trattamento di dati personali, siano i datti in custodie di soggetti privati o della pubblica
amministrazione che in questi casi non gode di una presunzione di liceità che assiste, via
di regole, gli atti amministrativi.
Responsabilità per danno cagionato da cose in custodia (articolo 2051)
*Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in
custodia, salvo che provi il caso fortuito.*
Affinché sorga la responsabilità del “custode” è necessario che il danno sia stato
prodotto dalla cosa per un suo “connaturale dinamismo” o “intrinseca natura” questo
perché se il danno è prodotto non dalla cosa ma con la cosa si applica la disciplina
generale dell’articolo 2043. Non si richiede la pericolosità della cosa.
Custode: il proprietario, l'usufruttuario, l’enfiteuta, nel conduttore, nel
possessor, nel detentore, in genre, colui che esercita un effettivo e non occasionale
potere sulla cosa stessa tale da implicare l’uso e quindi la vigilanza e controllo. Esempi:
costruttore di un sovrappasso autostradale per i danni sofferti dall'utente colpito da
oggetto preveniente dal sovrappasso; l’utilizzatore di autoveicolo concesso in leasing; il
proprietario di un albero le foglie del quale avevano ostruito i canali di scarico di una
vicina villetta.
Onere probatorio: incombe al danneggiato provare l’esistenza di un potere fisico
sulla cosa da parte del custode e che il danno si è verificato nell’ambito del “dinamismo
connaturato alla cosa stessa”, nonché il nesso causale tra danno e cosa. Per liberarsi
dalla responsabilità il custode deve provare il “caso fortuito”. La giurisprudenza adotta
una nozione oggettiva di fortuito, individuato in un fatto imprevedibile e inevitabile
dotato di un autonomo impulso causale, la prevedibilità del fatto è valutata in base ad un
calcolo di probabilità. Nella nozione di fortuito rientrano la forza maggiore, il fatto del
danneggiato e il fatto del terzo (anche se il terzo non possa essere identificato).
Applicabilità alla pubblica amministrazione: L'estensione dell’articolo 2051 è
problematica. Secondo una posizione giurisprudenziale, la presunzione di responsabilità
sarebbe non applicabile agli enti pubblici per i danni dei beni demaniali perché non è
possibile esercitare la custodia di loro data la sua estensione e utilizzazione generale e
diretta da parte di terzi. Esempio: strade pubbliche.
Al contrario, la pubblica amministrazione può essere chiamata a rispondere per
l’articolo 2051 quando vi sia “concretezza e attualità del potere di fatto sulle cose
all’esito di un accertamento caso per caso”. Esempio: scale di un edificio universitario.
Tuttavia oggi la giurisprudenza ha asserito un altro principio: la responsabilità da
cose presuppone che il custode, sia la pubblica amministrazione, sia il privato, sia in
grado di esplicare sulla cosa una sorveglianza adeguata, non importanto l'ampiezza di
estensione del bene oggetto di sua custodia. Quindi, una tutela più rigida.
Responsabilità per danno cagionato da animali (articolo 2052)
*Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in
uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la
sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso
fortuito.*
Del danno, cagionato dal fatto proprio dell’animale (comportamento istintivo o
espressione della sua natura), risponde il proprietario dell’animale o chi lo ha in uso
(responsabilità alternative e non solidali), salva la prova liberatoria del caso fortuito.
Tenendo conto il fatto propri dell’animale, è esclusa la applicabilità dell’articolo
2052, per esempio, al danno derivante dal contagio di malattie infettive ed anche nel
caso in cui una persona ha inciampato su un cane. Per contro, il contatto fisico può
essere indispensabile, per esempio: è stata riconosciuta l’esistenza del nesso causale tra
il comportamento aggressivo della bestia e la caduta della vittima che tentava di
sfuggire.
Infine ha bisogno di vedere se l’animale non sia stato uno strumento nelle mani
dell’uomo, caso in cui si applicherà l’articolo 2043 dato che l’evento dipende dal
comportamento colpevole del proprietario ed anche se l’animale non è selvatici, caso in
cui costituisce beni patrimoniali indisponibili dello Stato avendo bisogno anche di
ricondurre all’articolo 2043.
Natura della responsabilità: La responsabilità dell’articolo 2052 divide la
dottrina che ora la considera come oggettiva ora come soggettiva.
○ Tese oggettiva: Si sottolinea che l’illecito prescinde da caratterizzazioni
psicologiche e che la custodia È elemento normativo per trasferire le
conseguenza dannose essendo in rischio inerente alla proprietà o alla
utilizzazione la giustificazione della responsabilità. Questa tese è la più
adottata dalla giurisprudenza.
○ Tese soggettiva: Afferma che dedurre dal fortuito la natura oggettiva
della responsabilità sembrerebbe togliere rilevanza alla condotta
diligente del custode, così la responsabilità costituisce colpa presunta per
la violazione del dovere di diligente custodia.
○ Tese mista: Non si può ricondurre la responsabilità dell’articolo 2052 né
al modello della responsabilità oggettiva né a quello della responsabilità
puramente soggettiva.
Questa azione può anche essere esercitata nei confronti non del giudice
responsabile, bensí dello Stato che potrà esercitare dopo l’azione di rivalsa contro il
giudice. Tuttavia, in caso di reato commesso dal magistrato, trova applicazione la
disciplina ordinaria della responsabilità civile e in questi casi lo Stato dispone di azione
di regresso per l’intero risarcimento prestato.
Responsabilità per danno ambientale
La disciplina è prevista nell’articolo 18 della legge 349/1986 ed anche negli
articoli 299 e susseguenti del codice dell’ambiente. Allo scopo di favorire le innovazioni
tecnologiche con minore impatto ambientale è indispensabile che l'obbligazione
risarcitoria sia collegata nell’an e nel quantum alla condotta esigibile da singoli soggetti.
Concetto di ambiente: L’ambiente si considera un “bene immateriale unitario”
ontologicamente distinto dai propri elementi costitutivi e la misurabilità del pregiudizio
si accompagna alla tipizzazione della entità suscettibili di integrare la nozione di danno
ambientale, cioè, includendo la mera compromissione delle condizioni qualitative e
quantitative di una risorsa naturale. Ancora, secondo l’articolo 191 del TFUE si considera
danno ambientale qualsiasi contaminazione che crei un pericolo, anche soltanto
potenziale, per la salute umana e per l’ambiente.
Legittimazione ad agire: È competenza del capo del Ministero dell’ambiente
l’esercizio dell'azione per il risarcimento del danno, eventualmente in sede penale. A
livello amministrativo le associazioni di protezione ambientale maggiormente
rappresentative possono anche intervenire. Questo, tuttavia, non impedisce che le
persone fisiche o giuridiche che sono o potrebbero essere colpite dal danno ambientale
o che vantino un interesse a partecipare al procedimento relativo all’adozione delle
misure di precauzione, prevenzione o ripristino presentino denunce ed osservazioni per
richiedere l’intervento statale nonché agiscono per l'annullamento di atti illegittimi e
per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo dell’azione amministrativa.
Imputazione: Il criterio di imputazione è collegato alla colpa, entre il diritto
comunitario delinea un regime di responsabilità oggettiva imperniato sul rischio di
determinati attività professionale pericolose.
Tutela preventiva: la disciplina assicura una rilevanza alle tecniche di tutela
preventiva. Cosi la riparazione in forma specifica è più privilegiata che il risarcimento
per equivalente pecuniario costretto ai casi dove il ripristino sia in parte impossibile o
eccessivamente oneroso.
Valutazione del danno: La giurisprudenza riconduceva il danno ambientale con la
valutazione di insieme della rilevanza sociale delle lesioni subite dall’ambiente nei suoi
multiformi aspetti. Tuttavia, la nuova disciplina ha sostituito il giudizio di equità per
precisi criteri di quantificazione della misura del danno risarcibile con finalità
integralmente compensativa del costo necessario per il ripristino.
__________________________________________________21/01/2018
➢ Lezione 3: Illecito e danno
Prevenzione dell’illecito e riparazione del danno
La legge ha effetto doppi nei casi di fatto illecito:
✓ Evitare che l'illecito accada: in realtà poco efficace ristretta ad alcuni misure
amministrative e penale. Infatti, oggi si prova di prestigiare di più la tutela
inibitoria, una volta che la sola tutela risarcitoria è specialmente strutturalmente
inadeguata ad assicurare una tutela giurisdizionale effettiva a diritti a contenuto
e funzione non patrimoniale, perché la lesione delle situazioni esistenziali è
normalmente caratterizzata dalla irreparabilità.
○ A difesa delle situazioni soggettive la legge civile non prevede una
generale azione inibitoria perché la legittima difesa e l’esclusione del
diritto al risarcimento che il danneggiato poteva evitare non sono mezzi di
prevenzione ma, solo hanno l’effetto di scoraggiare la commissione
dell’illecito. Anche in tema di scoraggiamento si trova la responsabilità
solidale dei coautori dell’illecito.
○ La legge disciplina soltanto fattispecie specifiche di inibizione. Esempi:
protezione delle cose che il soggetto ha in proprietà o in possesso e
l’azione a tutela del diritto di autore. Ancora, stabilisce ipotesi di far
cessare l’altrui condotta lesiva, esempio: atti di concorrenza sleale. Ci
sono, inoltre, previsioni normative di tutela inibitoria delle situazioni
esistenziali come l’azione di reclamo e di usurpazione.
○ La giurisprudenza è incline a ricorrere all'interpretazione estensiva o
analogica, allo scopo di ampliare l'ambito applicativo dell’azione inibitoria a
nuove situazioni soggettive (l’onore, la riservatezza, l’identità personale)
mentre la dottrina ammette l’applicazione generalizzata di mezzi di tutela
preventiva tenendo conto il rango primario delle situazioni soggettive
personali.
○ Oggi ci sono anche ipotesi di tutela collettiva di carattere preventiva,
specialmente nel campo della disciplina consumeristica e nel rapporto
contrattuale tra imprese.
○ Oltre al provvedimento inibitorio, il giudice può adottare tutte le misure
idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni
accertate.
✓ Riparare l’effetto negativo, eliminando il danno: La legge prevede, a favore
della persona offesa, un’azione generale per il risarcimento del danno. L’oggetto
di riparazione è l’effetto negativo prodotto dall'illecito che può riguardare i beni
in sé o le ulteriore conseguenze negative prodotte dall’illecito. Con l’azione per il
risarcimento, si ottiene la prestazione di una somma di denaro, compensativa, ma
non eguale a quella quo ante, che assume carattere di obbligazione potendo
essere generale o specifica a richiesta del danneggiato quando possibile.
○ Così, il risarcimento del danno ha assunto ruolo di rimedio generale e
soltanto in contrapposizione alla riparazione in forma specifica la qualifica
di risarcimento per equivalente. Infatti, il rimedio specifico non è molto
usato perché:
> Sua attuazione presuppone la possibilità concreta ricostituire la
situazione preesistente.
> Ci sono casi che la reintegrazione in forma specifica è
eccessivamente oneroso e il giudice dispone che il risarcimento
avvenga soltanto per equivalente.
○ La riparazione in forma specifica ha natura e obiettivi diversi del
risarcimento del danno per equivalente. La prima elimina gli effetti
materiale della lesione mentre il secondo compensa le perdite eliminando
solo gli effetti economici. La diversa funzione dei due è conformata dal
fatto che essi possono concorrere.
Concetto e tipi di danno
Il danno del quale si può ottenere la riparazione è l’alterazione in peius di una
situazione giuridica facente capo al soggetto passivo dell’illecito. Ad il peggioramento
vanno aggiunte le altre conseguenze negative che la nuova situazione, creata dall’illecito
ha prodotto per la persona. Con riferimento alla natura dell’interesse leso, il danno si
distingue in due categorie:
✓ Danno patrimoniale: pregiudizio arrecato o subito quale conseguenze della
lesione di un interesse di natura patrimoniale.
○ Il danno natura patrimoniale è distinto di danno con conseguenze di natura
economica una volta che danni non patrimoniali possono avere una
conseguenza patrimoniale (esempio: perdita di clientela per conto di una
notizia falsa).
○ Il danno patrimoniale, diminuzione patrimoniale, anche non si confonde con
danno ingiusto, una conseguenza della lesione di interessi giuridicamente
rilevante ed anche requisito per la responsabilità dei danni non
patrimoniali.
✓ Danno non patrimoniale: questa categoria è introdotta dall’articolo 2059 che ne
prevede la risarcibilità nei soli casi stabiliti dalla legge. La nozione è quella di
“danno morale soggettivo”, cioè, l’ingiusto turbamento dello stato d’animo o lo
stato di angoscia transeunte generato dall’illecito.
○ Questo danno prima aveva solo l’ipotesi normativa quando in presenza di
un illecito civile integrante anche una fattispecie di reato, rafforzando il
carattere sanzionatoria della responsabilità civile. Tuttavia, affinché il
danno morale sia risarcibile non si richiede che l’illecito s configuri come
penalmente rilevante, essendo sufficiente che il fatto sia astrattamente
previsto come reato.
○ La legittimazione ad agire spetta al danneggiato ma anche ai prossimi
congiunti, purché sia accertato un particolare legame affettivo con la
vittima. Questi possono agire iure proprio in caso di pregiudizio immediato
e diretto del fatto dannoso. Esempio: familiari di una persona che abbia
subito lesioni personali gravissime.
○ L’evoluzione dell’ordinamento ha ampliato le previsioni legislative al di
fuori della materia penale: Esempi: ingiusta privazione della libertà
personale, durata non ragionevole del processo, illecito di dati personali,
condotte o atti discriminatori, confronti dei disabili.
Il danno biologico: per molto tempo, l’articolo 2059 e sua ristrettezza dei “casi
previsti nella legge” sono stati ostacoli alla tutela di alcuni situazioni. Giustamente per
questo, rispetto alla salute, la giurisprudenza ha creato una terza categoria, il danno
biologico, risarcibile in base al combinato disposto degli articoli 32 della Costituzione e
dell’articolo 2043 del Codice Civile.
Il danno biologico si colloca fuori del concetto di danno non patrimoniale e si
identifica con l’evento del fatto lesivo della salute. La liquidazione del danno biologico
presuppone, infatti, che sussista una salute residua, cioè, che il danneggiato rimanga in
vita per un tempo sufficiente perché si concretizzi quella perdita di utilità che è
fontadell’oblgazine risarcitoria.
Tuttavia, si può chiedere la risarcibilità iure proprio del danno biologico subito
dai familiare là dove le sofferenze loro causate dalla morte ne abbiano determinato una
lesione dell’integrità psicofisica.
Il danno biologico è stato sviluppato e oggi favorisce l'estensione dell’area della
risarcibilità in casi di fatti lesivi fonte di un peggioramento della qualità della vita, danni
non essenzialmente patrimoniali in senso stretto. Sono così indennizzabili i danni alla
sfera sessuale, da stressa, alla serenità familiare, ecc.
Nuovi orientamenti: Oggi la Corte Costituzionale ritiene che l'interpretazione
costituzionale dell’articolo 2059 tende ad estendere l’ambito di applicazione ad “ogni
danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona”
compreso il danno biologico, il danno morale soggettivo ed altri pregiudizi che siano
conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto.
Infatti, “il riconoscimento nella Costituzione dei diritti inviolabili inerenti alla
persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la
tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di
riparazione del danno non patrimoniale”.
In un sistema costituzionale che pone l’essere umano quale valore primario
caratterizzante, non si può discorrere di atipicità per la lesione di interessi patrimoniali
(2043) e di tipicità per la lesione della persona (2059). È quindi preferibile riferire
l'applicabilità dell’articolo 2059 al solo danno morale soggettivo, riconducendo
all’articolo 2043 le fattispecie atipiche dei danni ingiusti anche non patrimoniali.
L’articolo 2043 acquisisce così un ruolo primario nel sistema della responsabilità civile in
tutti i settori dell’ordinamento.
Diritto Amministrativo
__________________________________________________03/10/2017
➢ Lezione 1: L’indirizzo politico-amministrativo ed i principi
I modelli di amministrazione secondo la Costituzione
Dal quadro costituzionale emergono almeno tre modelli diversi di
amministrazione. Per lungo tempo la dottrina ha affermato che di questi tre modelli,
nessuno è prevalente, nessuno è principale. Però, dopo la riforma del Titolo V, Parte II,
della Costituzione, avvenuta con la legge costituzionale 3/2001, si può affermare che il
modello prevalente è quello autonomistico. Loro sono:
✓ Modello indipendente: Art. 97 e 98 della Costituzione Italiana prevede una
amministrazione efficiente e imparziale che è indipendente dal Governo perché i
pubblici uffici sono organizzati per leggi.
✓ Modello autonomistico: Art. 5 della Costituzione. È il modello del decentramento
amministrativo e della promozione delle Regioni e delle autonomie locali
(soprattutto i Comuni), capaci di esprimere un proprio indirizzo politico
amministrativo (anche conflittuale con quello del Governo dello Stato). È il
modello più forte dopo la riforma nella legge costituzionale di 2011, ma è in crisi
per le esigenze di contenere la spesa pubblica e per la crescente perdita di peso
di credibilità delle forze politiche.
✓ Modello accentrato: art. 95 della Costituzione, per il quale il Presidente del
Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile.
Egli mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e
coordinando l'attività dei Ministri. I Ministri sono responsabili collegialmente
degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.
Questa legge, quando individua la responsabilità dei ministri.
L’indirizzo politico amministrativo
Ci sono due principali teorie per capire l’indirizzo politico amministrativo.
✓ Teoria di Mortati e Crisafulli: Non c’è indipendenza tra potere politico e
potere amministrativo. Il potere politico guida l'amministrazione
✓ Teoria di Massimo Severo Gianini e Scocca: Le due attività sono separate. La
funzione del diritto amministrativo è diverse dell'indirizzo politico perché le due
hanno regolamenti e trattamenti diverse per la Costituzioni.
○ Un altro fondamento è l’art. 4 del decreto legislativo di 30 marzo 2001
che distingue tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo che sono di
competenza dei politici e funzioni amministrative e gestionali che sono di
competenza dei dirigenti amministrativi. Le attività di diritto
amministrativo dei politici sono soltanto:
> L'adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi, compresi
tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno;
> Le attività di gestione finanziaria, tecnica e amministrativa
mediante autonomi poteri di spesa e di organizzazione delle risorse
umane, strumentali e di controllo.
In resumo, la funzione dell'attività amministrativa dei politici è raggiungere
l'obiettivo dei governi. Nel frattempo, i dirigenti sono responsabili nella via
amministrativa, quindi non possono il dirigente scusarsi della responsabilità affermando
che erano sulla influenza politica. Ma i dirigenti hanno condizionamenti politici perché
sono nominati per i politici (art. 19 del d.l 165/2001). Quando sono selezionati, devono
essere por una durata adeguata agli obiettivi da raggiungere (non inferiore a tre anni e
non superiore a cinque).
Spoil system: Il comma 8 dell’art 19 del d.l. 165/2001 dice che gli incarichi dei
dirigenti statali cessano decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia al Governo (più
precisamente cessano gli incarichi di vertice e quelli affidati al personale non
appartenente al ruolo unico dei dirigenti). L’art. 19 riguarda la dirigenza statale, ma una
situazione simile vige anche a livello regionale e degli enti locali.
Atti politici, Atti amministrativi e Atti di alta amministrazione
È importante distinguere un atto politico de un atto amministrativo perché il atto
amministrativo può essere valutato nella attività giurisdizionale. mente che l’art. 24
della legge 31 marzo 1889 e il decreto 26 de 1924 hanno stabilito l’inammissibilità del
ricorso al giudice amministrativo quando si tratti di atti o di provvedimenti emanati
nell'esercizio del potere politico.
La giurisprudenza, tuttavia, ha elaborato una categoria intermedia: gli atti di
alta che presentano caratteristiche di atto politico e di atto amministrativo, esempio,
gli atti di nomi di posizioni pubblici di strategia (Capo di Stato Maggiore della Difesa e
degli Ambasciatori, assessori comunali, ecc.)
Questi atti mantengono la natura di atto amministrativo e può essere preso al
giudiziario. Sono atti con grande discrezionalità, ma soggetti al regime amministrativo e
che stanno espandendo: Atti che prima erano politici oggi capiamo come atti di alta
amministrazione.
La pubblica amministrazione per poter svolgere la sua attività deve trovare titolo
e fondamento nelle disposizioni di legge. Nell Stato di diritto emerge la distinzione fra
il potere legislativo, quello giurisdizionale e quello esecutivo-amministrativo: l'esercizio
di quest’ultimo potere è disciplinato dalle norme di legge. Il principio è nell’art. 97
della Costituzione e nell'articolo 1 della legge 241/1990. Vediamo il articolo 1:
L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è
retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità
e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e
dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché ai
princípi dell’ordinamento comunitario.
Con una modifica, introdotta nel 2009, l’art. 22 della legge n. 241 del 1990 ha
stabilito che il diritto di accesso agli atti e ai documenti amministrativi (considerate
le sue rilevanti finalità di pubblico interesse) costituisce principio generale dell’attività
amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la
trasparenza.
È un principio defendido dal secolo XVIII per Alexis de Tocqueville, Georg
Jellinek e è anche uno dei fondamenti della dottrina sociale della chiesa (1931). Loro
hanno creduto che la divisione degli funzioni fa il stato funzionare meglio. Il principio di
sussidiarietà è presente nella costituzione tedesca i dopo adotado per il diritto
comunitario con il trattato di Maastricht.
Nell’Italia, abbiamo il art. 118 e l’art. 4 del decreto legislativo 267/2000.
Possiamo distinguere tra due sussidiarietà, una orizzontale e una verticale:
Il principio di leale collaborazione impone un obbligo di cooperazione e di coesione
tra i vari soggetti pubblici, che si traduce in un metodo di lavoro che privilegia
l’interazione, lo scambio, l’intesa e, se possibile, l’utilizzo in comune di risorse, in vista
del raggiungimento di un fine condiviso.
● Principi che regolano l’attività amministrativa e il codice europeo di buona
condotta amministrativa
Il 6 settembre 2001, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione con la
quale ha approvato il codice di buona condotta amministrativa. Ogni cittadino
dell’Unione, le imprese, le associazioni e i soggetti residenti nell’Unione hanno il diritto
di presentare una denuncia al Mediatore.
La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ha indicato, come diritti
fondamentali il diritto ad una buona amministrazione (art. 41) ed il diritto di sottoporre
al Mediatore europeo casi di cattiva amministrazione (art. 43). Con l’entrata in vigore
del Trattato di Lisbona nel dicembre 2009, la Carta dei diritti fondamentali ha lo stesso
valore giuridico dei Trattati istitutivi dell’Unione europea. Di conseguenza, ogni
cittadino europeo è divenuto titolare del diritto a una buona amministrazione delle
questioni che lo riguardano da parte delle istituzioni europee. Ci sono 9 principi nella
carta (vedi articoli 4, 5, 6, 8, 12, 16, 17, 18 e 26) e molti di loro coincidono con i principi
dell'ordinamento giuridico italiano interno.
Se c’è un soggetto che può fare qualcosa, oppure pretendere qualcosa di altro
questo si configura una situazione attiva. Se, invece, il soggetto deve dare, fare o non
fare qualcosa, oppure deve subire il comportamento altrui ha una situazione passiva. Alle
situazioni giuridiche di vantaggio corrispondono situazione giuridiche soggettive di
svantaggio in capo ad altri soggetti, gli altri soggetti hanno il dovere di rispettare le
prime.
✓ L’interesse legittimo: Esistono due fondamentali situazioni giuridiche soggettive
di vantaggio per i privati:
○ Situazione giuridiche soggettive di diritto soggettivo: riguarda i
rapporti tra i privati ed è disciplinata dal codice civile.
○ Situazione giuridiche soggettive di interesse legittimo: riguarda i
rapporti tra le pubbliche amministrazioni e i privati ed è disciplinata dal
diritto amministrativo.
Quindi, nella situazione di interesse legittimo ci sono due situazione giuridiche
attive, l’interesse del privato e il potere della pubblica amministrazione.
L’interesse legittimo, sempre collegato necessariamente ad un potere della
pubblica amministrazione, serve a contenere l’esercizio di questo potere nei limiti
delle norme e delle esigenze della funzione amministrativa. Un esempio di
interesse legittimo sarebbe la pretesa di un straniero di ottenere il visto sul
passaporto. Lo Stato valuta se concedere il visto, ma la pubblica amministrazione
è tenuta al corretto esercizio del proprio potere. L’interesse legittimo del
privato contribuisce a determinare il corretto esercizio del potere pubblico.
La giurisdizione italiana: In Italia, il giudice ordinario ha giurisdizione, di regola,
soltanto sui diritti soggettivi, mentre il giudice amministrativo ha giurisdizione,
di regola, soltanto sugli interessi legittimi. L’Unione Europea non conosce affatto
questa distinzione.
Gli implicazioni sulla distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo
La distinzione delle due giurisdizioni, ordinaria (diritto soggettivo) e
amministrativo (interesse legittimo) è riconosciuta a livello costituzionale come si può
vedere negli articoli 24 comma 1, 103 comma 1 e 113 comma 1.
Legge 2248/1865: Con la nascita del Regno d’Italia (1861), una delle principali
questioni da risolvere venne individuata nella necessità di leggi sulla unificazione
amministrativa. Questa legge abolì i giudici del contenzioso amministrativo e ha
attribuito molte questione amministrative alle autorità amministrativa.
La legge, in fatto privava di tutela giurisdizionale e lasciava all’arbitrio delle
pubbliche amministrazioni questioni importanti. Esempio: permesso per porto d’armi, per
pubblici spettacoli, per aprire alberghi. La questione fu cambiata con la legge
5992/1989 per la tutela degli interessi legittimi.
Teorie sulla natura dell’interesse legittimo
In tema di natura dell’interesse legittimo si possono ricordare le seguenti
principali teorie:
✓ Teoria dell'interesse occasionalmente o indirettamente protetto: L’interesse
legittimo sarebbe un interesse individuale coincidente o comunque strettamente
connesso con l’interesse pubblico e protetto soltanto attraverso la tutela
giuridica di quest’ultimo.
✓ Teoria dell’interesse legittimo come protezione contro i poteri della pubblica
amministrazione: Questa è la teoria più convincente, per questa teoria
l’interesse legittimo è sempre collegato necessariamente ad un pubblico potere e
serve a contenere l’esercizio di questo potere nei limiti delle norme e delle
esigenze della funzione amministrativa.
In base al tipo di interesse materiale protetto si distinguono:
○ Interessi legittimi pretensivi: In cui titolari pretendono un’attività
diretta dell’amministrazione ad ampliare la loro sfera giuridica.
○ Interessi legittimi oppositivi: Legittimano i titolari ad opporsi di fronti a
provvedimenti amministrativi riduttivi della loro sfera giuridica.
○ Interessi legittimi partecipativi: Gli interessi partecipativi sono tipici di
una società in cui i cittadini non si limitano, passivamente, ad assorbire
servizi ma sono anche inseriti, attivamente, nei circuiti decisionali
dell’amministrazione.
__________________________________________________22/01/2018
➢ Lezione 3: Attività vincolata e discrezionale
La distinzione tra attività discrezionale e attività vincolata riguarda il rapporto
che intercorre fra la norma giuridica che disciplina una determinata attività
amministrativa (attività vincolata) e la libertà di azione e di scelta lasciata alla pubblica
amministrazione che deve svolgere tale attività (attività discrezionale).
Attività vincolata
Lo svolgimento dell'attività vincolata costituisce un obbligo giuridico per la
pubblica amministrazione che la svolge nei limiti, nei casi, nelle forme ed alle condizioni
stabilite da una legge, regolamento, o da un’altra norma giuridica. La decisione che
l’amministrazione deve prendere in queste attività è l’unica possibile. Sono esempi:
✓ Ordinanza di demolizione di un immobile abusivo: I presupposti previsti
direttamente dal legislatore sono l’accertamento dell’abusività delle opere
realizzate in assenza del permesso di costruire o in totale difformità rispetto a
quanto consentito dal permesso di costruire. Per esse provvedimento vincolato
non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico.
✓ Casi di autorizzazione: Il provvedimento amministrativo autorizzatorio deve
essere rilasciato sulla base dell'accertamento di requisiti o di presupposti certi.
È esempio il permesso di costruire che è vincolato dalle norme che disciplinano
l'attività edificatoria all’interno del Comune.
✓ Emanazione di un provvedimento di recupero di somme corrisposte in
eccedenza: Prima un atto discrezionale, oggi un atto vincolato per osservare la
legge. La relatività storica può riguardare casi di attività vincolate/discrezionale.
Attività discrezionale
L’attività discrezionale fino alla prima metà dell’ottocento: In presenza di un
atto amministrativo, rispettando la rigida separazione dei poteri, non erano ammesse
invasioni del potere giudiziario nei confronti del potere amministrativo-esecutivo. Così
l’intervento giudiziale solo sarebbe possibile nei casi di attività vincolata quando la
pubblica amministrazione non avesse rispettato la legge.
Il cambiamento di orientamento in Francia: Nella seconda metà dell’ottocento
il Consiglio di Stato introduce lo sviamento di potere come vizio dell’atto amministrativo
discrezionale, permettendo l’inizio del controllo giudiziale su questi atti.
Quello che ha motivato il cambiamento di posizione fu il caso Vernhes del
provvedimento amministrativo di tasse sui bagnanti con fondamento nell’autorizzazione
legale di emanare provvedimenti a tutela della sicurezza e moralità pubblica. Il Consiglio
ha ritenuto che il sindaco ha sviato potere.
Si capisce come sviamento del potere quella deviazione del potere che un
soggetto appartenente alla pubblica amministrazione commette quando usa del suo
potere discrezionale per un caso o per motivi diversi da quelli in relazione ai quali il
potere è stato conferito.
Oggi sono esempi di attività discrezionale:
✓ Pianificazione urbanistica: Atto che coinvolge una pluralità di interesse e così
rientra nel potere discrezionale dell’amministrazione comunale l’impostazione da
dare agli strumenti urbanistici.
✓ Valutazione di impatto ambientale: È una valutazione anticipata finalizzata alla
tutela preventiva dell’interesse pubblico ambientale. La valutazione non si
sostanzia in mere verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità
ambientale ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a
valutare il sacrificio ambientale rispetto all’utilità socio-economica.
✓ Rateizzazione per il pagamento degli oneri di urbanizzazione: la quota di
contributo relativa agli oneri di urbanizzazione va corrisposta al Comune all'atto
del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell’interessato, può essere
rateizzata.
Quindi, la discrezionalità consiste nel margine di scelta che la norma rimette
all’amministrazione affinché essa possa individuare, tra quelle consentite, la soluzione
migliore per curare nel caso concreto l’interesse pubblico. L’amministrazione può
esercitarla nei limiti della norma di conferimento e dei principi generali dell’azione
amministrative e sul rispetto di tali limiti può sindacare il giudice che pondera gli
interessi pubblici e privati rilevanti nella fattispecie.
*Sono interessi pubblici primari quelli individuati dalle norme attributive
e che l’amministrazione è tenuta a massimizzare. Sono interessi
secondari gli interessi pubblici o privati dei quali l’amministrazione
titolare deve garantire il minor sacrificio possibile*
Quindi, la discrezionalità tecnica è l’attività si giudizio a contenuto scientifico. In
questi casi l'amministrazione deve operare una valutazione, che, a differenza delle
ipotesi di discrezionalità amministrativa, non viene effettuata alla luce di interessi
primari e secondari, bensì in base a parametri tecnici e non implica una manifestazione
di volontà, ma soltanto di giudizio.
Giustamente per questo alcuni autori capiscono l’espressione “discrezionalità
tecnica” come sbagliata perché il termine discrezionalità è indice di una valutazione e di
una conseguente scelta tra gli interessi coinvolti in una fattispecie. La discrezionalità
tecnica dovrebbe, quindi, più propriamente essere indicata come "valutazione tecnica".
Controllo del giudice sulla discrezionalità tecnica
In passato, il giudice non poteva sindacare le valutazioni tecniche in modo da
avere una propria valutazione che si sostituisse a quella dell’amministrazione. In epoca
recente, il giudice si spinge fino a verificare l’attendibilità e la correttezza dei criteri
tecnici utilizzati, per quanto non incida sulla condivisibilità dei risultati. Per questo il
giudice si può servire del Consulente Tecnico d’Ufficio. I meri accertamenti tecnici oggi
sono considerati sempre sindacabili, non esiste più una riserva di valutazione tecnica in
capo alla pubblica amministrazione.
Discrezionalità mista: A volte la discrezionalità amministrativa presenta anche i
caratteri della discrezionalità tecnica, si parlerà allora di discrezionalità mista.
__________________________________________________23/01/2018
➢ Lezione 4: Atti e provvedimenti amministrativi
Sono atti amministrativi tutti gli atti compiuti dalle pubbliche amministrazioni
nell'esercizio di funzione pubblica. La definizione ha carattere formale e esclude,
quindi, gli atti da corpi legislativi, giudiziari, oppure da soggetti privati. Anche,
presuppone che per essere svolto, l’atto amministrativo ha bisogno di un soggetto della
pubblica amministrazione che lo sviluppi.
Altre volte, invece, la pubblica amministrazione svolge attività allo stesso modo
in cui le svolgerebbe qualsiasi privato cittadino I questi casi non avviene il compimento
di atti amministrativi. Ma quindi, si chiede, chi è la pubblica amministrazione?
*Articolo 1 comma 2 del d.l 165/2001: amministrazioni pubbliche sono
tutte le amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e le scuole, le
aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le
Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e
associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case
popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
tutti gli enti pubblici non economici, le amministrazioni, le aziende e gli
enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) ed anche il CONI*
Una digressione storica
Con la rivoluzione francesa e la separazione dei poteri tra legislativo giudiziario,
amministrativo gli atti del Re, della Corona, sono stati sostituiti nell’ambito
amministrativo da atti amministrativo. Infatti, il termine “atti amministrativi’ ha origine
accademica. In Germania verso la fine del 700 si manifestano notevoli studi delle
scienze amministrative, tra cui, la pubblica amministrazione apparendo il concetto
dell’atto amministrativo. Oggi, molte cose sono cambiate e la non interferenza del
giudice negli atti amministrative è stata cambiata per una intervenzione giustificata in
alcuni casi.
Atti amministrativi interni ed esterni
✓ Atti amministrativi esterni: producono effetti nei confronti di soggetti esterni,
terzi, nei rapporti intersoggettivi tra privati ed amministrazione. Così, gli atti
con efficacia esterna possono ledere le situazioni giuridiche soggettive di altre
persone. Esempio: provvedimenti amministrativi.
✓ Atti amministrativi interni: si limitano a produrre effetti nei confronti di altri
soggetti o organi appartenenti alla pubblica amministrazione. Così non possono
produrre effetti lesivi nei confronti di terzi. Esempi: circolari, atti istruttori.
I pareri sono atti amministrativi che qualche volta possono avere efficacia
esterna, quindi, atti esterni, ma che la maggior parte del tempo sono atti interni.
Ancora, per quanto riguarda il diritto di accesso dei cittadini agli atti amministrativi
(articolo 22 della legge 241/1990) e ammesso l’accesso sia nei confronti degli atti
interni sia degli esterni.
Distinzione tra atto e provvedimento amministrativo
✓ Provvedimento amministrativo: Atti amministrativi unilaterali, tipici, nominati,
attraverso i quali una pubblica amministrazione dispone, statuisce, comanda, con
incidenza immediata e diretta su situazioni giuridiche soggettive, con effetti
costitutivi, modificativi, estintivi. Esempi: autorizzazioni, concessioni,
espropriazioni, sanzioni amministrative.
○ Il provvedimento è caratterizzato dall’imperatività che lo garantisce
anche se invalido la produzione unilaterale nella sfera giuridica dei
destinatari effetti (costitutivi, modificativi, estintivi) di situazioni
giuridiche soggettive ora con il consenso e, in alcuni casi, anche contro la
volontà dei destinatari.
✓ Atti amministrativi non provvedimentali: Sono caratterizzati in negativo, cioÈ,
non sono provvedimenti amministrativi. Esempi: le certificazione, autenticazioni,
comunicazioni, notificazioni.
L’atto amministrativo modifica unilateralmente una situazione giuridica
soggettiva e l’imperatività si manifesta con una gradualità che raggiunge la maggiore
intensità nei casi in cui il provvedimento è emanato contro la volontà degli interessati.
Esempio: espropriazione per pubblica utilità. Invece, è più attenuata quando è emanato
su richiesta o con il consenso degli interessati. Esempio: permesso di costruire.
Il provvedimento, di regola, è l’atto culminante di un iter procedurale denominato
procedimento amministrativo. Esempi: in seguito ad un procedimento concorsuale i
vincitori vengono nominati dipendenti di una pubblica amministrazione; un soggetto
chiede di aprire uno stabilimento su un’area demaniale, si apre un procedimento del quale
verrà rilasciata una concessione amministrativa.
Poteri amministrativi e provvedimenti
Casetta sottolinea che i provvedimenti costituiscono esercizio di poteri
amministrativi e individua alcune categoria di poteri (provvedimenti) amministrativi:
✓ Autorizzatori ✓ Di programmazione e
✓ Concessori pianificazione
✓ Ablatori ✓ Di imposizione di vincoli
✓ Sanzionatori ✓ Di controllo
✓ Di ordinanza
L’unica critica incede sull’ultimo elemento, cioè, il potere di controllo, una volta
che l’attività di controllo deve essere nettamente distinta dall'attività di
amministrazione attiva cui appartengono tutti gli altri poteri. Ancora alle categorie
sopra elencate di provvedimenti amministrativi, bisogna aggiungere i provvedimenti di
secondo grado: annullamenti, revoche, convalide, ecc. di precedenti provvedimenti.
Provvedimenti autorizzatori
Vasta categoria che comprende assensi, licenze, permessi, nulla osta, dispense,
omologazioni, ecc. Sono provvedimenti autorizzatori atti che rimuovono dei limiti, degli
ostacoli all'esercizio dei diritti o dei poteri che già appartengono al soggetto che chiede
l’autorizzazione.
Esempio: l’articolo 16 comma 2 della Costituzione stabilisce il diritto di uscire dal
territorio ma per fare questo ha bisogno del passaporto o della carta di identità.
Quindi, lo scopo dell’autorizzazione è quello di accertare e valutare la conformità dei
vari interessi privati ai vari interessi pubblici specifici affidati alla cura della
amministrazione. Di fronte al potere autorizzatorio il destinatario è titolare di un
interesse legittimo pretensivo rivolto al conseguimento dell'autorizzazione. Alcuni fanno
la distinzione tra due tipi di autorizzazione:
✓ Autorizzazione dichiarative: l’autorità amministrativa si limita ad una mera
attività dei presupposti e requisiti soggettivi già esistenti che vincolano la
pubblica amministrazione al rilascio delle autorizzazioni.
✓ Autorizzazioni costitutive: non sussiste alcun diritto soggettivo in capo al
destinatario, ma diversa situazione giuridica di vantaggio, costituita
dall’aspettativa legittima (situazione preliminare che anticipa un'altra situazione
giuridica soggettiva attiva e strumentale in quanto direttamente finalizzata alla
nuova situazione).
○ Esempio: apertura di clinica privata, le persone che vogliono aprire questi
stabilimenti hanno un'aspettativa legittima mentre hanno qualificazione,
ma hanno bisogno di autorizzazione.
Sono figure specifiche di autorizzazione:
Permesso di costruire: prima denominato “concessione edilizia” e “licenza
edilizia” il permesso di costruire è necessario per tre tipologie di interventi, quelle che
non rientrano in queste tre categorie di regola sono assoggettati alla Segnalazione
Certificata Inizio Attività (S.C.I.A):
○ Interventi di nuova costruzione: per esempio nei casi di costruzione o
ampliamenti di fabbricati fuori terra o interrati, realizzazione di
infrastrutture e di impianti, l'installazione di manufatti leggeri,
imbarcazioni, campers, ambienti di lavoro, ecc.
Dispensa: provvedimento con il quale l’amministrazione, nell'esercizio di una sua
potestà discrezionale, esonera un soggetto o più soggetti dall'adempimento di un
obbligo. La dispensa è una legittimazione, in via eccezionale, a che un soggetto non
compia una determinata attività, deve trovare giustificazione nella previsione di una
norma giuridica.
Un soggetto, invece di richiedere alla pubblica amministrazione
un’autorizzazione, una licenza, una concessione non costitutiva, un permesso o un nulla
osta potrebbe conseguire un analogo risultato con la segnalazione certificata di inizio
attività (S.C.I.A.) oppure con il silenzio assenso.
✓ S.C.I.A: L’art. 19 della legge 241/1990, sul procedimento amministrativo
disciplina la Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) che intende ridurre
gli oneri amministrativi a carico dei privati, consentendo loro di svolgere
un’attività economica, iniziando dalla data di presentazione di una semplice
segnalazione, la SCIA, all’amministrazione pubblica competente. La SCIA
consente di iniziare l’attività immediatamente e senza necessità di attendere la
scadenza di alcun termine. Per conseguire tale finalità acceleratoria, alla SCIA
devono essere allegate le attestazioni di tecnici abilitati, con gli elaborati
progettuali necessari per consentire le verifiche successive.
○ L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti
e dei presupposti, adotta motivati provvedimenti di divieto di
prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di
essa, salvo che, se possibile, l'interessato provveda a conformare alla
normativa vigente la stessa attività ed i suoi effetti entro un termine
fissato dall'amministrazione.
○ Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti, all'amministrazione è
consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il
patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la
sicurezza pubblica o difesa nazionale e previo motivato accertamento
dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante
conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente.
○ L’art. 19 prevede anche numerosi casi in cui non è ammissibile
l’utilizzazione della SCIA, quali, per fare solo degli esempi, la presenza di
vincoli ambientali, paesaggistici o culturali o quando si sia in presenza di
atti riguardanti la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, ecc.
✓ Silenzio assenso: è disciplinato dall’art. 20 della legge 241/1990. Nei
procedimenti che iniziano su domanda del soggetto interessato per il rilascio di
provvedimenti, il silenzio dell'amministrazione equivale al provvedimento di
accoglimento della domanda. Per aversi questa equivalenza è necessario che il
silenzio dell’amministrazione si sia protratto per il termine di conclusione del
procedimento fissato. L’amministrazione può impedire la prosecuzione
dell’attività, esercitando suoi poteri di autotutela (annullamento o revoca degli
effetti). Anche ci sono numerosi casi in cui non è possibile il silenzio assenso.
Esempio: autorizzazioni preposte alla difesa nazionale, pubblica sicurezza, ecc.
Provedimenti concessori
I provvedimenti concessori consistono in provvedimenti costitutivi di diritti
soggettivi a favore del concessionario.
✓ Concessioni su beni appartenenti alla pubblica amministrazione: come esempio
abbiamo la concessione per aprire uno stabilimento balneare sulla spiaggia o la
concessione di acque pubbliche per uso domestico.
✓ Concessioni su settori riservati alla pubblica amministrazione: come esempio la
concessione di servizi pubblici.
In sostanza le concessioni vengono rilasciata dalla amministrazione su beni
oppure in settori che sono ad essa riservati e che entrano nella disponibilità dei privati
dopo il rilascio delle concessioni.
Comparazione provvedimenti autorizzativi e concessori
○ Concessioni di pubbliche potestà e di pubbliche funzioni: concessioni di
tesoreria, di esattoria, ecc.
○ Concessioni di vantaggi economici: Concessioni di sussidi, premi
indennizzi, contributi, sovvenzioni che sono sottoposti all’articolo 12 della
legge 241/1990 che richiede prima di concedere a qualcuno questo diritto
deve approvare un regolamento in cui stabilisce i criteri e le modalità che
seguirà nelle singole concessioni, si vuole evitare ingiustificati favoritismi
o scelte arbitrarie.
○ Concessioni di costruzione e gestione di opere pubbliche: un
imprenditore privato che costruisce e gestisce la piscina comunale oppure
un parcheggio comunale aperto al pubblico.
✓ Concessioni costitutive: il diritto attribuito dalla pubblica amministrazione al
privato concessionario è totalmente nuovo, quindi, costituiscono, creano un
diritto nuovo.
○ Costitutive di status: concessione della personalità giuridica a un
entente, della cittadinanza ad una persona fisica, ecc.
○ Costitutive di particolari diritti soggettivi: decreto prefettizio di
cambiamento di nomi e cognomi delle persone
○ Per l’esercizio di attività professionali a numero chiuso: rientrano le
concessioni di sedi farmaceutiche o di piazze notarili, mentre il primo è
riconosciuto dalla maggior parte della dottrina e giurisprudenza come
autorizzazione.
Altri caratteristiche sulle concessioni traslative: Il soggetto attributario di
una concessione da parte di una pubblica amministrazione assume la natura di sostituto
di quella pubblica amministrazione e, relativamente ai poteri pubblici trasferiti, è esso
stesso pubblica amministrazione.
In materia di concessioni traslative, in particolare di concessioni di beni pubblici,
accanto al provvedimento amministrativo di concessione, di regola, è presente anche un
contratto che fissa i rispettivi diritti, obblighi e responsabilità della pubblica
amministrazione e del concessionario. Per questo si parla di concessione-contratto. Il
contratto accede al provvedimento amministrativo di concessione.
Tuttavia, l’atto fondativo del rapporto tra amministrazione e concessionario è il
provvedimento concessorio, essendo il contratto soltanto uno strumento ausiliario,
accessorio, idoneo alla regolazione degli aspetti patrimoniali del rapporto.
Di conseguenza al contratto che accede alla concessione si applicano le
disposizioni del codice civile però sempre tendendo presenta la persistenza e prevalenza
del potere pubblico.
Incidenza del diritto dell’unione europea sulle concessioni: Il diritto
dell’Unione in questo tema ha avuto lo scopo di dare una disciplina comune ai vari Stati
per evitare la creazione di fenomeni distorsivi della concorrenza e del mercato. Fino ad
oggi il diritto dell’Unione ha disciplinato soltanto alcuni settori: dei contratti disciplinati
dalla direttiva 2014/23 e le direttive 2014/24 e 2014/25, ed anche delle concessioni
oggetto della direttiva 206/123 relativa ai servizi nel mercato interno.
La direttiva 2014/23 regola contratti che rientrano nel settore degli appalti
pubblici e che riguardano le concessioni per la costruzione e gestione di opere pubbliche
e gestione di opere pubbliche e le concessioni per la realizzazione e gestione di servizi.
Ad essi si applicano gli stessi principi che operano per gli appalti pubblici: economicità,
efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione,
trasparenza, proporzionalità, pubblicità, parità di trattamento, non esclusione delle
microimprese, delle piccole e delle medie imprese.
Per quanto riguarda le concessioni oggetto della direttiva 2006/123 (direttiva
Bolkestein) è necessario considerare che questa normativa parte dalla constatazione
che i servizi rappresentano il 70% del PIL e dei posti di lavoro nella maggior parte degli
Stati Membri. Così la direttiva vuole conseguire una maggiore competitività del mercato
di servizi ed anche superare l’elevato numero di ostacoli presenti nel mercato interno
che impediscono l’esercizio di stabilimento e la libera circolazione dei servizi (protetti
dai trattati).
In base alla normativa quando il numero di autorizzazioni, licenze, concessioni
disponibili per una determinata attività risulta limitato per via della scarsità delle
risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, le pubbliche amministrazioni
devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti
garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata
pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. Le
autorizzazioni, licenze, concessioni sono rilasciate per una durata limitata adeguata. Non
sono ammessi i rinnovi automatici.
Sono assoggettate alla normativa in esame le concessioni riguardanti: i servizi
alle imprese, quali i servizi di consulenza manageriale e gestionale, i servizi di
certificazione e di collaudo, i servizi di gestione delle strutture, compresi i servizi di
manutenzione degli uffici, i servizi di pubblicità o i servizi connessi alle assunzioni e i
servizi degli agenti commerciali, ecc. Ma sono escluse le concessioni che riguardano: i
servizi non economici d’interesse generale, i servizi finanziari quali l’attività bancaria, il
credito, l’assicurazione, i titoli, gli investimenti, i fondi, i servizi di pagamento e quelli di
consulenza nel settore degli investimenti, ecc.
Orientamento della giurisprudenza per la scelta dei concessionari mediante
procedure ad evidenza pubblica: I giudici amministrativi ritengono, rinvenibili
direttamente nel Trattato (quali il rispetto della libertà di stabilimento, la libera
prestazione dei servizi, la par condicio, la imparzialità e la trasparenza), che le
pubbliche amministrazioni siano assoggettate all’obbligo di esperire procedure di
evidenza pubblica ai fini della individuazione del soggetto concessionario. Siffatto
orientamento giurisprudenziale vale anche in materia di concessioni di beni pubblici.
Anche in caso di concessione di beni pubblici, le pubbliche amministrazioni sono
tenute a dare corso a una procedura competitiva per la scelta del concessionario.
Infatti, la mancanza di una procedura competitiva circa l’assegnazione di un bene
pubblico suscettibile di sfruttamento economico, introduce una barriera all’ingresso al
mercato, determinando una lesione alla parità di trattamento, in violazione dei principi
del diritto dell’Unione europea di concorrenza e di libertà di stabilimento.
I problemi di attuazione della direttiva Bolkestein in tema di concessioni per
il commercio sulle aree pubbliche e di concessioni demaniali marittime, fluviali e
lacuali: In relazione alle concessioni per il commercio sulle aree pubbliche, l’art. 6,
comma 8, del D.L 244/2016 e sue modifiche hanno disposto che il termine delle
suddette concessioni, in essere è prorogato al 31 dicembre 2018.
La proroga sottrae le concessioni non ancora scadute ai procedimenti di evidenza
pubblica e alla concorrenza. Invece, le nuove concessioni dovranno rispettare tali
procedimenti.
In relazione alle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali, con finalità
turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse,
sportive, ecc., l'art. 34 del D.L 179/2012 e sue modifiche hanno disposto che il termine
di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge
stesso e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino al 31 dicembre 2020.
È intervenuta però la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha
ha dichiarato che una legge italiana che preveda la proroga automatica delle suddette
concessioni, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati, è in
contrasto con l’art. 12 della Direttiva e con l’art. 49 del TFUE.
__________________________________________________24/01/2018
➢ Lezione 5: Il procedimento amministrativo
Percorso storico
È necessario distinguere tra procedimento e provvedimento amministrativo: il
procedimento riguarda il percorso, il provvedimento di regola è l’atto conclusivo.
Tuttavia, in urgenza il provvedimento può non essere preceduto da un procedimento.
In Italia per lungo tempo è mancata una legge sul procedimento amministrativo e
alcuni principi generali sono stati stabiliti con la legge 241/1990 che fino ad oggi ha
subito moltissime modificazione ed aggiunte diventando una legge sul procedimento.
Questo percorso storico, infatti, comincia con la dottrina e la nozione di atto
composto (le sequenze di atti erano conosciute) perché prima del provvedimento vi
erano gli atti preparatori, si dava meno importanza all’iter amministrativo e più
importanza al atto finale, l’unico importante ai fini dell’impugnazione giurisdizionale
perché solo essi poteva determinare una lesione della situazione giuridica di altri.
È in Austria che si è sviluppata la concezione del procedimenti amministrativo
quale prima sede di tutela ei diritti dei cittadini (legge di 1925). I giuristi austriaci
avevano posto in luce che l’attività amministrativa e giurisdizionale sono omogenee
differenziandosi soltanto per la posizione dell’autorità. Anche negli Stati Uniti la tutela
specifica si è contratta nel procedimento amministrativo che ha assunto una finalità ed
una struttura quasi giurisdizionali.
In Italia attualmente si riconosce che il procedimento costituisce la forma
della funzione amministrativa. Al fine di fornire garanzie ai cittadini, l’attività
amministrativa È sempre più disciplinata mediante regole che riguardano lo svolgimento
del procedimento. L’attività amministrativa è “procedimentalizzata”.
Concetto di procedimento e il procedimento informatico
Procedimento amministrativo: una serie di atti, con diversa natura e funzione,
compiuti da diverse figure soggettive, ma tutti collegati e coordinati in vista dell’atto
finale. Questo atto finale, di regola, è costituito dal provvedimento amministrativo, che
rappresenta l'estrinsecazione del potere amministrativo.
*Articolo 2 della legge 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale) -
lo Stato, le Regioni, gli enti locali e le altre pubbliche amministrazioni
assicurano la disponibilità, la gestione, l'accesso, la trasmissione, la
conservazione e la fruibilità dell'informazione in modalità digitale e si
organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più
appropriate le tecnologie dell'informazione e della comunicazione”*
Gran parte delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale si applicano
anche ai soggetti privati:
✓ Disposizioni concernenti i documenti informatici, le firme elettroniche,
pagamenti informatici, libri e scritture.
✓ Disposizioni relative alla formazione, gestione, conservazione e trasmissione dei
documenti informatici.
L’articolo 3 del codice riconosce il diritto a favor del cittadini dell’uso delle
tecnologie e stabilisce che i cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed
ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche
amministrazioni e con le società, interamente partecipate da enti pubblici o con
prevalente capitale pubblico. Nella disciplina del codice, quella che direttamente
interessa al procedimento amministrativo, tra altri, è l’articolo 41 comma 1:
*Le pubbliche amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi
utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nei casi e
nei modi previsti dalla normativa vigente*
Questo articolo, tuttavia, non ha un significato limitativo, quindi, impone
l’utilizzazione più ampia possibile delle tecnologie con la sola salvaguardia della tutela
della riservatezza.
Dal comma 1 dell’articolo 41 si ricava anche la definizione di procedimento
amministrativo informatico: il procedimento gestito dalle pubbliche amministrazioni con
le tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
In base al comma 3, i regolamenti pubblica amministrazione provvedono ad
individuare termini non superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di
propria competenza. Però, il comma 4 aggiunge che, in casi di particolare complessità, i
regolamenti possono individuare termini non superiori a centottanta giorni per la
conclusione dei procedimenti. Entro termini maggiori possono concludersi i procedimenti
di acquisto della cittadinanza italiana e quelli riguardanti l’immigrazione.
In apparenza, l’art. 2, comma 2, riguarda soltanto i termini dei procedimenti delle
amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, ma anche le Regioni e gli enti locali
debbono provvedere a prestabilire i termini procedimentali.
Termine generale residuale di 30 giorni: I termini per la conclusione del
procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della
domanda (art. 2, comma 6). Se una amministrazione non ha fissato i termini dei
procedimenti, si applica il termine generale di 30 giorni della legge 241/1990.
Sospensione dei termini procedimentali: La sospensione del termine ha come
conseguenza che non si computa il solo periodo di sospensione, invece i giorni trascorsi
prima della sospensione si sommano a quelli successivi al periodo di sospensione.
In base all’articolo 2 comma 7, i termini per la conclusione possono essere sospesi
per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni per l’acquisizione di
informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti
già in possesso dell’amministrazione o non direttamente acquisibili presso altre
amministrazioni. La sospensione dei termini procedimentali per un periodo superiore a
trenta giorni è ammessa nei casi in cui sia necessario acquisire preventivamente le
valutazioni tecniche di organi od enti appositi.
Conseguenze del mancato rispetto dei termini: Il Comma 9 dell’articolo 2
stabilisce tre conseguenze per il mancato rispetto dei termini: la valutazione della
performance individuale, della responsabilità disciplinare e la valutazione della
responsabilità amministrativo-contabile.
L’articolo 2 bis ancora stabilisce come conseguenza il danno da ritardo, cioè
l’obbligo di risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza
dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. Infine, è possibile la
responsabilità penale dell’articolo 328 sul rifiuto o sull’omissione di atti di uffici ed
anche l’esercizio dei poteri sostitutivi di un’altra pubblica amministrazione che è
individuato da ogni amministrazione in caso di inerzia procedimentale.
Se si verifica l’inerzia procedimentale, il privato può rivolgersi al soggetto cui è
stato attribuito il potere sostitutivo, affinché, entro un termine pari alla metà di quello
originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o
con la nomina di un commissario.
Interruzione dei termini: L’interruzione comporta la conseguenza che, dopo
l’evento interruttivo, il termine procedimentale comincia a decorrere dall’inizio. Esempio
di interruzione è la comunicazione al richiedente dei motivi che impedirebbero
l’accoglimento della sua domanda come prevede l’articolo 10-bis della legge 241/1990.
Silenzio inadempimento
Nei casi in cui non opera il silenzio assenso, cioè, nei casi eccezionali, il decorso
del termine per concludere il procedimento, senza che l’Amministrazione abbia
provveduto, comporta la formazione del silenzio-inadempimento.
Tuttavia, non si può dimenticare che in sostanza, il silenzio mantenuto dalla P.A. è
di per sé illegittimo, innanzitutto per violazione dei principi di legalità e di tipicità degli
atti amministrativi in quanto l’amministrazione non può astenersi dall’assumere
determinazioni sulla domanda del privato e non può rifiutarsi di provvedere, dato che la
conclusione del procedimento con un provvedimento espresso costituisce un diritto
dell’interessato.
In caso di inadempimento degli obblighi della pubblica amministrazione, la
cognizione del giudice si deve necessariamente differenziare nelle due ipotesi di inerzia
tenuta a fronte di attività vincolata ed a fronte di attività discrezionale:
✓ Attività vincolata: è possibile valutare la fondatezza della pretesa, perché, la
norma esaurisce in sé tutti i presupposti dell'azione ed il decorso del termine
determina il sorgere dell'interesse al ricorso.
✓ Attività discrezionale: il giudice può dichiarare l'obbligo di provvedere, ma non
può valutare la fondatezza dell'istanza, in quanto la norma conferisce
all’amministrazione lo svolgimento di un'attività di esame e di cura degli interessi
pubblici.
Silenzio diniego / Silenzio rigetto / Silenzio devolutivo
Silenio diniego: In alcune specifiche ipotesi le norme di legge collegano
all'inerzia dell’amministrazione l’effetto del diniego di un provvedimento favorevole.
Questi ipotesi hanno bisogno di espressa previsione. I casi più ricorrente nella pratica
sono quelli dell’articolo 25 comma 4 della legge 241/1990 (richiesta di accesso ai
documenti amministrativi) e dall'articolo 36 del testo unico dell’edilizia (richiesta di
permesso di costruire).
Silenzio rigetto: Il significato più preciso è quello che si ricollega alla storia di
questa figura di silenzio che venne creato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato in
riferimento al ricorso gerarchico. In sintesi, il silenzio rigetto è quel silenzio
dell’amministrazione che si forma in relazione al ricorso gerarchico quando il superiore
non si pronuncia nei 90 giorni e al quale si intende respinto a tutti gli effetti (simile al
silenzio diniego).
Silenzio devolutivo: Questa tipologia è prevista dall’articolo 17 della legge
241/1990 che versa su valutazioni tecniche. Il responsabile del procedimento può
chiedere le valutazioni tecniche non fornite nei termini procedimentali da una pubblica
amministrazione ad un’altra dotata di equivalente qualificazione e capacità tecnica
oppure ad istituti universitari.
__________________________________________________25/01/2018
➢ Lezione 6: Diritto di accesso e invalidità dei provvedimenti amministrativi
Il diritto di accesso può essere esercitato nel corso del procedimento
amministrativo ma può anche essere esercitato a procedimento concluso oppure a
prescindere da qualsiasi procedimento. La disciplina di questa materia si inserisce nella
tendenza di “democratizzare” l’attività amministrativa nel tentativo di riconoscere ai
cittadini il potere di esercitare un controllo sullo suo svolgimento.
Percorso storico
In passato esisteva una barriera tra l'azione dei pubblici poteri ed i soggetti da
essa direttamente o indirettamente investiti: il segreto di ufficio. L’articolo 15 del
testo unico sugli impiegati civili dello Stato, prima di essere sostituito dall’articolo 28
della legge 241/1990, imponeva all’impiegato il segreto d’ufficio in vista dell'eventuale
pregiudizio derivante all'Amministrazione o a terzi dalla divulgazione di atti. La
minacciosa formulazione dell’articolo 15 aveva creato e diffuso un atteggiamento di
segretezza in forza del quale le copie degli atti e dei documenti delle erano, si
rilasciate, rilasciate con molte difficoltà.
La legge 241/1990 cambia questo, se finora il segreto era la regola e la pubblicità
l'eccezione, ora è il contrario. Di fronte all'esercizio del diritto di accesso, è
l’amministrazione che deve giustificare il proprio rifiuto all'accesso, motivandolo con la
necessità di proteggere uno o più degli interessi previsti dal legislatore. Così, sono
collegati al diritto d’accesso i principi costituzionali della libertà del pensiero, articolo
21 della Costituzione, e il diritto di difesa dell’articolo 24.
Infatti prima dell’entrata in vigore della legge 241/1990 alcuni leggi
riconoscevano il diritto di accesso in casi specifici. Esempio: assicurazione della
divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente ed il diritto di accesso ai
documenti in materia ambientale con la legge 349/1986;
Diritto di accesso agli atti e documenti degli enti locali: la legge 142/1990
sostituita dal decreto legislativo 267/2000 ha fissato i principi della pubblicità degli
atti amministrativi e dell’accesso agli atti dei Comuni e delle Province in suo articolo 10.
Sono eccezione alla pubblicità quelli atti riservati per espressa indicazione di legge o
per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco conformemente con
il regolamento o riguardando la riservatezza delle persone, gruppi o imprese.
Diritto di accesso nella legge 241/1990
Il diritto di accesso viene sancito come principio dell’attività amministrativa e
riguarda tutte le pubbliche amministrazione. Vediamo l’articolo 22 della legge.
Modalità di esercizio del diritto: La richiesta di accesso va rivolta alla
pubblica amministrazione che detiene il documento e deve indicare gli estremi del
documento oppure gli elementi che ne consentano l’individuazione. La richiesta deve
essere motivata, giustificando la necessarietà del documento e l’accesso può avvenire
anche in via telematica. Il procedimento di accesso può avere inizio attraverso:
○ Istanza informale: Consiste in una richiesta anche verbale da sottoporre
all’esame immediato della pubblica amministrazione, senza formalità.
○ Istanza formale: Può essere prescelta dall’interessato. È necessaria
qualora non risulti possibile l’accoglimento della richiesta informale ovvero
quando sorgono dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua
identità, ecc. La domanda formale è scritta e l’interessato deve indicare i
propri dati personali nonché gli estremi di un documento di identità, i
documenti cui vuole accedere come questi documenti gli servono.
Ricevuta la domanda, se l’amministrazione ritiene di non poterla accogliere deve
con provvedimento motivato:
○ Respingerla: Quando la richiesta riguarda documenti esclusi dal diritto di
accesso ai sensi dell’articolo 24 della legge 241/1990.
○ Limitarla: Solo ad uno o alcuni dei documenti richiesti nel caso in cui
parte dei documenti non si accessibile in base allo stesso articolo 24.
○ Differirla: Quando la conoscenza dei documenti possa impedire o
ostacolare lo svolgimento dell’azione amministrativa, specialmente nella
fase istruttoria del procedimento che culminerà nel documento.
L’esame dei documenti è gratuito e il rilascio di copie è subordinato soltanto al
rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, di
diritti di ricerca e di visura.
Il silenzio diniego in relazione al diritto di accesso
Al silenzio della pubblica amministrazione (30 giorni dal ricevimento della
richiesta) viene equiparato a un diniego, come prevede il comma 4 dell’articolo 25 della
legge 241/1990. Contro il diniego lo stesso comma prevede tre forme di tutela, in caso
di diniego espresso o tacito, di differimento oppure di limitazione:
✓ Ricorso al tribunale amministrativo regionale (TAR): il richiedente può
presentare ricorso nel termine di trenta giorni che decorrono dalla conoscenza
della decisioni negativa. Il ricorso deve essere notificato all’amministrazione e ad
almeno un soggetto controinteressato. Il TAR decide con sentenza in forma
semplificata, sua decisione è appellabile al Consiglio di Stato. in questi giudizi, le
parti possono stare in giudizio senza l’assistenza del difensore (articolo 23 del
DL 104/2010). L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un
proprio dipendente a ciò autorizzato.
✓ Rivolgersi al difensori civico competente per ambito territoriale: il
richiedente nello stesso termine di 30 giorni nei confronti degli atti delle
amministrazioni comunali, provinciali e regionali può rivolgersi al difensore civico.
Qualora tale organo non sia stato istituito la competenza è attribuita al
difensore competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore.
✓ Rivolgersi alla Commissione azionale per l’acesso: Nei casi degli atti delle
amministrazioni centrale e periferiche dello Stato. La commissione è prevista
nell'articolo 27 della legge 241/1990.
Il difensore civico o la Commissione si pronunciano entro trenta giorni dalla
presentazione della richiesta di tutela del diritto di accesso. Senza pronuncia, il ricorso
si intende respinto. Invece, se loro ritengono illegittimo il diniego o il differimento ne
informano il richiedente e lo comunicano all'amministrazione che ha disposto il diniego o
differimento. Se l’amministrazione non emana il provvedimento confermativo motivato
entro 30 giorni della comunicazione, l’accesso é consentito.
Esclusioni del diritto di accesso: I casi in cui non è consentito il diritto di
accesso sono previsti dall’articolo 24 della legge 241/1990. Sono quattro casi:
○ Documenti coperti da segreto di Stato oppure da segreto o divieto di
divulgazione espressamente previsto dalla legge o da apposito regolamento
governativo.
○ Procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme.
○ Procedimenti della pubblica amministrazione diretti all’emanazione di atti
normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione
per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano.
○ Procedimenti selettivi, limitatamenti ai documenti amministrativi
contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale di terzi.
Lo stesso articolo ancora stabilisce che il governo può prevedere ulteriori casi di
sottrazione all’accesso di documenti amministrativi:
○ Quando dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e
individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all'esercizio della
sovranità nazionale e alla continuità delle relazioni internazionali.
○ Quando l'accesso possa arrecare pregiudizio ai procedimenti della politica
monetaria e valutaria.
○ Quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il
personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine
pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità.
Il diritto di accesso e la tutela della privacy
L’articolo 24 comma 7 della legge 241/1990 pone la questione del rapporto tra il
diritto di accesso ai documenti amministrativi e la tutela dell’altrui riservatezza. La
legge tende a far prevalere il diritto di accesso sulla tutela della privacy ma questa
prevalenza non è assoluta. Si può individuare due regole:
✓ Se l’accesso riguarda documenti contenenti dati sensibili e giudiziari: sono
dati sensibili i dati riguardanti profili delicati della vita privata (origine razziale
ed etnica, convinzioni religiosi e filosofiche, adesione a partiti, ecc). In tali casi
l’accesso è consentito nei limiti che sia indispensabile. Si può consentire l’accesso
e il rilascio di copie oscurando le parti dei documenti da mantenere riservate.
Infatti, la legge 15/2005 che ha modificato la legge 241/1990 ha introdotto
l’articolo 21 septies che ha creato la figura della nullità. Tuttavia, nonostante
l’introduzione della nullità, la tipica sanzione prevista per la difformità dei
provvedimenti amministrativi è l’annullabilità. Ci sono quattro figure di nullità previste
dall’articolo 21 che devono essere intese a numero chiuso, loro sono:
✓ Mancanza degli elementi essenziali del provvedimento: L’articolo 21 non ha
chiarito che cosa bisogna intendere per elementi essenziali. Su questo la dottrina
e la giurisprudenza hanno manifestato diverse orientamenti. Seguiamo l’opinione
di Sandulli e di Casetta con 5 elementi essenziali del provvedimento:
○ Soggetto: Non sono provvedimenti amministrativi gli atti provenienti da
autorità che non fanno parte del complesso dei soggetti della pubblica
amministrazione. Esempio: organi costituzionali, legislativi e giudiziari.
Neanche sono considerati provvedimenti amministrativi gli atti emessi da
soggetti privati investiti di pubbliche funzioni come i notai.
○ Anche qui la giurisprudenza ha ritenuto che il venir meno dell’imputabilità
dell’atto all’amministrazione, per interruzione del rapporto organico
determina la nullità per mancanza di soggetto, uno degli elementi essenziali.
○ Contenuto: Il contenuto di provvedimento è costituito da tutte le
statuizioni sia necessarie (che individua e caratterizza un determinato tipo
di provvedimento) sia facoltative (clausole accessorie e elementi
accidentali, cioè, la condizione e il termine).
> Condizione: Avvenimento futuro e incerto a cui verificarsi è
subordinato l’inizio degli effetti (condizione sospensiva) oppure la
cessazione degli effetti (condizione risolutiva)
> Termine: elemento temporale iniziale e finale dell’efficacia di un
provvedimento, quindi, avvenimento certo.
○ Di regola, l’inserimento di una clausola non consentita dalla legge non
determina l'invalidità del provvedimento ma solo della clausola che si ritiene
come non apposta.
○ Infine, nel provvedimento può esserci un contenuto implicito o naturale del
provvedimenti che è costituto dalle disposizioni operanti in virtù della legge
anche se la legge non è espressamente richiamate nel singolo
provvedimento. Esempio: il rilascio del permesso di costruire è a titolo
oneroso, quindi, comporta il pagamento degli oneri e del costo di costruzione
peró la legge non specifica quanto si deve pagare, nonostante il non
pagamento configure mancanza di contenuto.
○ Oggetto: il provvedimento deve avere un oggetto, cioè, l’elemento passivo
di riferimento la porzione di realtà giuridica e materiale su cui il
provvedimento è destinato ad incidere. L’oggetto del provvedimento deve
essere lecito, possibile, determinato o determinabile. Esempio: il
provvedimento disciplinare deve indicare il dipendente nei cui confronti
opera detto provvedimento.
○ Finalità: il provvedimento è preordinato alla cura di un concreto interesse
pubblico. Deve ritenersi nullo il provvedimento per il quale non risulti lo
specifico interesse pubblico perseguito. È nullo il provvedimento che revoca
altro senza specificare il concreto interesse pubblico con la revoca.
○ Forma: L’esternazione può avvenire in forme diverse ma prevale la forma
scritta. Oggi si tende ad accettare il principio della libertà delle forme.
Infatti, esistono alcuni atti che richiedono la forma orale ed esistono forme
orali che vanno documentate per iscritto, in questi casi la verbalizzazione o
documentazione non è la forma dell’atto, ma la forma di pubblicità.
○ Negli anni recenti si affermano forme informatiche: documenti e
provvedimenti amministrativi informatici. Il provvedimento è nullo quando
manchi la forma prescritta. Esempio: un’ordinanza di demolizione emanata
oralmente.
○ Elementi non essenziali: La motivazione e la volontà non rientrano tra gli
elementi essenziali.
> Motivazione: La motivazione è quella parte del provvedimento in
cui vengono esternate le ragioni di fatto e di diritto del
provvedimento che hanno determinato l’amministrazione a
provvedere in senso positivo o negativo. Se manca la motivazione il
provvedimento non è nullo, ma è annullabile per violazione di legge,
più specificamente l’art. 3 della legge 241/1990. Se, invece, la
motivazione del provvedimento è presente, ma è contraddittoria, il
provvedimento è viziato da eccesso di potere.
> Volontà: La volontà del soggetto ha grandissima rilevanza nel
diritto privato. Invece, il provvedimento amministrativo è
sottoposto alla preventiva determinazione normativa. Gli effetti
del provvedimento non sono determinati dalla volontà, ma sono
stabiliti dalle norme. I provvedimenti amministrativi sono tipici e
nominati, quindi, non è rilevante la volontà psicologica della
persona che ha emanato il provvedimento, mentre è rilevante la
volontà oggettivata risultante dal provvedimento.
✓ Difetto assoluto di attribuzione: Chiamato anche carenza di potere, rientrano
due ipotesi:
○ Difetto assoluto di attribuzione di funzione: Un provvedimento viene
emanato sulla base di un potere che l'ordinamento positivo non ha
assolutamente attribuito, il potere esercitato non è riconducibile ad alcuna
fattispecie normativa, è una carenza in astratto del potere. Diversa è,
invece, la situazione in cui l'amministrazione è effettiva titolare del potere,
ma esercita questo potere in assenza dei suoi concreti presupposti. In
questa situazione il provvedimento non è nullo, ma annullabile.
○ Incompetenza assoluta: Che compreende due figure. Nella prima una
amministrazione adotta un atto che l'ordinamento giuridico attribuisce al
potere legislativo o al potere giudiziario. Nella seconda una amministrazione
emana un provvedimento in una materia completamente estranea al suo
settore di competenza.
✓ Violazione o elusione del giudicato: Si ha violazione quando l’amministrazione
resta del tutto inerte nei confronti di una sentenza passata in giudicato, dichiara
formalmente di non volere adempiere o assume un provvedimento che contraddice
il giudicato o che lo attua solo parzialmente. Si ha elusione del, quando
l’amministrazione adotta un provvedimento che, nega l’esecuzione della decisione.
✓ Altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge: In realtà, prima del
vigore dell’articolo 21 septies già esistevano specifiche previsioni legali di nullità.
Esempi: l'assunzione degli impiegati civili dello Stato senza lo svolgimento del
pubblico concorso previsto dalla normativa è nulla di diritto e non produce alcun
effetto a carico dell'Amministrazione, la nullità delle alienazioni, convenzioni e
atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti a tutela dei beni che
presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.
Il codice del processo amministrativo ha sottoposto le azioni di nullità a precisi
termini. La legge ha stabilito che per i casi di mancanza degli elementi essenziale,
difetto assoluto di attribuzione, nonché altri casi specifiche hanno termine di
decadenza di 180 giorni, mentre la nullità della violazione o elusione del giudicato si
prescrive col decorso di 10 anni dal passaggio in giudicato della sentenza.
Annullabilità: Già abbiamo detto che nel diritto amministrativo la nullità è
residuale e limitata alle quattro figure previste. In coerenza con questa impostazione,
anche la violazione del diritto dell’Unione Europea non implica nullità, ma vizio di
legittimità con conseguente annullabilità. L’invalidità relativa può essere determinata da
vizi di legittimità oppure da vizi di merito:
✓ Vizi di legittimità: Sono, per l’articolo 21 della legge 241/1990 le violazioni di
legge, gli eccessi di potere e le incompetenze relative.
○ Incompetenza relativa: Oggi si determina in buona sostanza una
restrizione dell’area dell’incompetenza assoluta (e quindi delle cause di
nullità) alle sole ipotesi in cui l’atto sia stato posto in essere da parte di
un’amministrazione che non solo non è competente in relazione a quello
specifico atto, ma che non ha neanche alcuna competenza nel settore di
riferimento interessato. L’incompetenza relativa può essere per
territorio, oppure per materia oppure per valore.
○ La competenza può essere attribuita secondo diversi criteri: materia,
territorio o valore economico, gerarchia (che può ammettere come rimedio
il ricorso gerarchico). In casi di contrasto sull’interpretazione o
l’applicazione delle norme relative alla competenza sorgono conflitti che
possono essere:
> Conflitti reali: si configura quando il conflitto nasce in
conseguenza del provvedimento emanato da un organo ritenuto,
da parte di un altro organo, emesso in violazione della sua
competenza.
> Conflitti virtuali: sorge quando il conflitto è determinato dalla
sola possibilità astratta che siano emanati atti ritenuti lesivi delle
diverse sfere di competenza.
I conflitti possono, poi, essere positivi o negativi a seconda se due o più
organi si dichiarano competenti o incompetenti ad adottare lo stesso atto.
○ Violazione di legge: Contrasto tra l’atto amministrativo e l’ordinamento
giuridico indipendentemente dal dolo o dalla colpa dal soggetto. Il
contrasto può essere deve sussistere nei confronti di una legge (materiale
Irregolarità: è la forma più lieve di difformità del provvedimento dal modello
legale e tipico. Dà luogo a vizi di scarso rilievo che non incidono sulla validità dell'atto
amministrativo. La figura dell’irregolarità è stata elaborata dalla giurisprudenza in
riferimento a casi per i quali è sembrato eccessivo disporre la nullità o l’annullabilità. In
questi casi, bisogna intervenire per la regolarizzazione dell'atto. L'irregolarità può dare
luogo a sanzioni disciplinari per i soggetti che hanno adottato l'atto irregolare.
Esempi: se non viene indicato in un provvedimento la possibilità di ricorso avverso
di esso, viene reso scusabile l'errore nella sua impugnazione; se gli atti non sono in
regola con le norme sull’imposta di bollo; la mancata traduzione del provvedimento di
diniego di rinnovo del permesso di soggiorno in una lingua conosciuta dal cittadino
extracomunitario costituisce irregolarità.
Infine, si dice che l’articolo 21 octies comma 2 amplia la platea delle irregolarità
del provvedimento amministrativo ove il vizio dedotto non implichi modifica del
contenuto nel provvedimento stesso. Infatti, l’articolo 21 octies prevede le irregolarità:
*Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul
procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del
provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento
amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione
dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio
che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato*
Diritto Commerciale
__________________________________________________02/02/2018
➢ Lezione 1: Le società - nozione, contratto e conferimenti
Le società sono organizzazioni di persone e di mezzi create dall'autonomia
privata per l’esercizio in comune di un’attività produttiva. Sono le strutture
organizzative tipiche, anche se non esclusive (ci sono fondazioni, consorzi), previste
dall’ordinamento per l'esercizio in forma associata dell'attività di impresa.
Le societa costituiscono la categoria di imprese collettive nel contempo più
numerosa e più importante anche perché questo è l’assetto organizzativo di regola
assunto dalle imprese di media e grande dimensione ed anche ci sono casi di forma
societaria da parte dell’iniziativa pubblica. Le società formano nel nostro ordinamento
un sistema composto da una pluralità di tipi. Sono dieci le previsioni dal legislatore
(codice civile + diritto comunitario):
✓ Società semplice (2251-2290) ✓ Società a responsabilità
✓ Società in nome collettivo limitata
(2291-2312) ✓ Società cooperative
✓ Società in accomandita semplice ✓ Mutue assicuratrici
(2313-2324) ✓ Società europea
✓ Società per azioni ✓ Società cooperativa europea
✓ Società in accomandita per
azioni
Sono riconosciute per società di persone: Società semplice, società in nome
collettivo, società in accomandita semplice.
Sono riconosciute per società di capitali: Società per azioni, società in
accomandita per azioni, società a responsabilità limitata.
La nozione di società tuttavia è solo una: Con il contratto di società due o più
persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un'attività
economica allo scopo di dividerne gli utili (2247). L’articolo è muto per quanto riguarda
la disciplina dei singoli tipi di società, cioè, il profilo organizzativo dell’attività. Infatti,
l’articolo solo fissa i caratteri minimi comuni del fenomeno societario.
Nozione di società
Questa nozione di contratto di società era fino al 1993 la nozione stessa di
società, tuttavia oggi si ci sono le società da parte di una sola persona e quindi con atto
non contrattuale (società a responsabilità limitata e società per azioni), che pertanto
possono essere costituite anche con atto unilaterale.
costituiti da beni e da servizi: denaro, beni in natura trasferiti in proprietà o anche
concessi in semplice godimento alla societa, prestazione di attività lavorativa, ecc.
L'importante per il conferimento è la suscettibilità di valutazione economica
e l'utilità allo svolgimento dell'attività di impresa. L'articolo 22467 trova piena
applicazione solo nelle società di persone e della società a responsabilità limitata, nelle
società per azioni ci sono limitazioni (esempio: le prestazioni d’opera o di servizi non
possono comporre i conferimenti).
Patrimonio sociale: Complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno
capo alla società. Inizialmente costituito dai conferimenti successivamente subisce
continue variazioni qualitative e quantitative. La consistenza del patrimonio sociale è
accertata periodicamente attraverso il bilancio di esercizio. Il patrimonio netto è la
differenza positiva fra attività e passività.
Il patrimonio sociale costituisce la garanzia generica (2740) principale (se per
le obbligazioni sociali rispondono anche i soci col proprio patrimonio) od esclusiva (se si
tratta di un tipo di società nel quale per le obbligazioni risponde solo la società) dei
creditori della società.
Capitale sociale: È un’entità numerica che esprime il valore in denaro dei
conferimenti quale risulta dalla valutazione compiuta nell'atto costitutivo della
società. Capitale sociale 100 vuol dire che i soci si sono obbligati a conferire (capitale
sottoscritto) e/o hanno conferito (capitale versato) denaro o altre entità che avevano
tale valore monetario.
Il capitale sociale nominale rimane immutato nel corso della vita della società,
fin quando con modifica dell’atto costitutivo non se ne decide per l’aumento o la
riduzione. È quindi un valore storico che ha due funzioni:
✓ Funzione vincolistica: I soci possono ripartirsi durante la vita della società solo
la parte del patrimonio netto che supera l’ammontare del capitale sociale,
assumendo ai creditori il ruolo di garanzia patrimoniale supplementare.
✓ Funzione organizzativa: In tutte le società è termine di riferimento per
accertare periodicamente se la società ha conseguito utili o ha subito perdite. Il
capitale sociale nominale svolge un ruolo organizzativo più specifico nelle società
di capitali: è base di misurazione di alcune situazioni soggettive dei soci di
carattere amministrativo (voto) e patrimoniale (utili) che spettano a ciascun
socio in misura proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritto.
L’esercizio in comune di un’attività economica
Il scopo-mezzo del contratto di società ed oggetto sociale si definisce la
specifica attività economica che i soci si propone di svolgere. Tale attività deve
essere predeterminata nell’atto costitutivo e può essere modificato osservando regole
specifiche seconda del tipo di società.
Oggetto sociale: deve consistere nello svolgimento di un'attività (serie di atti)
economica (produttiva, con contenuto patrimoniale condotta con metodo economico e
finalizzata allo scambio di beni e servizi) comune (preordinata alla realizzazione di un
risultato unitario, imputabile al gruppo, non significa stessi poteri amministrativi).
Infine, è necessario che chi agisce nei rapporti esterni sia abilitato ad agire per
conto del gruppo ed ulteriormente agisca in nome dello stesso. Il carattere comune
dell'attività consente una sicura distinzione tipologica fra società ed associazione in
partecipazioni (2549). In questo l'attività di impresa resta propria ed esclusiva
dell’associante: i singoli atti sono posti in essere solo in suo nome, la gestione è anche
riservata all'associazione.
Scopo-fine delle società: L’ultimo elemento caratterizzante le società è
costituito dallo scopo perseguito dalle parti. L’articolo 2247 enuncia solo uno dei
possibili scopi: lo scopo di divisione degli utili.
Una società può essere costituita per svolgere attività di impresa allo scopo di
conseguire utili (lucro oggettivo), destinati ad essere divisi fra i soci (lucro soggettivo).
Per questo scopo tipico le società di persone e di capitali vengono definite società
lucrative. Società sono però anche le societa cooperative e queste devono perseguire
per legge uno scopo mutualistico (fornire ai soci beni, servizi od occasioni di lavoro a
condizioni più vantaggiose che costituisce un vantaggio patrimoniale diretto con
maggiore remunerazione del lavoro o risparmio di spesa). In sintesi anche la società
cooperativa opera con metodo economico e realizza uno scopo economico ma non è
società istituzionalmente preordinata per la realizzazione di uno scopo di lucro.
Infine c’è lo scopo consortile, una società consortile È tenuta ad operare con
metodo economico e per la realizzazione di uno scopo economico dei soci, consistente in
un particolare vantaggio patrimoniale degli imprenditori consorziati: sopportazione di
minori costi o realizzazione di maggiori guadagni nelle rispettive imprese. Le società
consortili, per contro, non devono necessariamente perseguire uno scopo di lucro in
senso proprio.
__________________________________________________02/02/2018
➢ Lezione 2: Società e impresa - Le società occasionali
L'attività delle società presenta di regola tutti i caratteri propri dell'attività di
impresa (2082): attività produttiva esercitata in modo professionale ed organizzato.
Le società di regola sono titolari di un’impresa collettiva e ad essere è applicabile la
disciplina dell'attività di impresa. Esempio: anche le società sono esposte al fallimento.
Tuttavia, le società possono essere utilizzate anche per l’esercizio di attività produttiva
a carattere non imprenditoriale, é il caso delle società occasionali e le società fra
professionisti.
Società occasionali: L’articolo 2247 richiede la produttività ma non fa cenno
alcuno al requisito della professionalità, richiesto dall’articolo 2082 per l’acquisto della
qualità di imprenditore. Così, l’esercizio in comune di un'attività economica non
professionale (occasionale) da vita ad una società, ma non ad un’impresa per difetto
del requisito della professionalità. Si distinguono tre ipotesi diversi:
✓ Società di servizi che offrono prodotti complessi: per la cui realizzazione sono
necessarie anche prestazioni professionali dei soci o dei terzi, prestazioni che
hanno carattere strumentale e servente che non si identifica con quello tipico di
alcuna delle professioni intellettuali. Ingegnere.
✓ Società fra professionisti: Società che hanno come oggetto unico ed esclusivo
l’esercizio in comune dell'attività professionale agli stessi riservata per çegge.
Esempio: società fra notai per l’esercizio della professione notarile. Gli incarichi
professionali sono assunti dalla società e la società che giuridicamente si obbliga
ad eseguire le relative prestazioni professionali.
Infatti, il problema dell’ammissibilità delle società fra professionisti si poneva
solo per le professioni protette (disciplina nella legge 1815/1939, libertà dei
professionisti non protetti di non operare sulle regole fissate per il contratto
d’opera intellettuale né in rispetto al principio della personalità della prestazione,
diventando il professionista in comune produttore di servizi acquistando la
qualità di imprenditore commerciale (2238) e così, in questi casi, non avrà società
senza impresa).
Alle professioni protette parte della dottrina e la giurisprudenza ritenevano che
il carattere rigorosamente personale della prestazione, imposto dall’articolo
2232, non fosse conciliabile con l'esercizio della professione da parte di un ente
impersonale qual è una società, sottraendo eventualmente ogni responsabilità
civile personale e diretta nei confronti dei terzi,dato che il contratto d’opera
intellettuale viene stipulato con la società e non con i soci professionisti.
Tuttavia, nel quadro di un più ampio disegno di riforma degli ordini professionali
la legge 183/2011: ha abrogato la legge 1815/1939 e consentendo in via generale
“la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate
nel sistema ordinistico secondo i modelli societari del codice civile”. Ferma
restando la libertà di mantenere in vita o costituire nuove associazioni
professionali nella vecchia forma degli studi professionali.
In fine, si può partecipare anche soci non professionisti per la fornitura di
prestazioni tecniche o per finalità di investimento. La società professionale
segue alcuni requisiti:
> Deve avere come oggetto esclusivo l’esercizio dell'attività professionale
da parte dei soci, può trattarsi di più attività (società multiprofessionali).
> La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad
altra società tra professionisti.
> La denominazione deve contenere l’indicazione di società tra
professionisti.
> Il socio professionista è tenuto all’osservanza del codice deontologico del
proprio ordine, ma anche la società. La cancellazione del socio
professionista dall’albo di appartenenza comporta anche l’esclusione dalla
società, secondo le modalità fissate dall’atto costitutivo.
> L’utente ha diritto di chiedere che la prestazione sia realizzata da un
particolare ocio professionista di sua fiducia, in mancala designazione
viene effettuata dalla società, individuando il professionista incaricato
che sarà responsabile in solido con la società verso il cliente per
È possibile a questo punto fissare gli elementi di distinzione fra e società e le
associazione. Esse risiedono nella natura dell’attività e nello scopo-fine perseguibile.
✓ L'attività delle società è positivamente individuata: attività produttiva condotta
con metodo lucrativo mentre le associazioni hanno attività aperta.
✓ Lo scopo-fine delle società è un scopo economico (lucrativo, consortile o
mutualistico), mentre è estraneo allo schema delle società l’istituzionale
devoluzione a terzi. Le associazioni, a sua volta sono enti con scopo ideale.
Qualificato anche come gruppo associativo è il caso dello svolgimento di attività
produttiva con metodo non economico (produzione di beni o servizi che vengono erogati
gratuitamente o a prezzo politico) oppure ancora quando l'attività produttiva è condotta
con metodo economico, ma gli utili conseguiti sono istituzionalmente devoluti a scopi di
beneficenza. Esempio: ente privato che offre spettacoli a prezzo di mercato ma al fine
di ricavarne fondi che per statuto devono essere integralmente destinati allo sviluppo
della cultura teatrale.
In sintesi, l’autodestinazione della società (scopo lucrativo o economico)
contrasta con l’eterodestinazione (scopo ideale) delle associazioni. Tuttavia, in pratica
ci sono gruppi associativi che ricorrono alla forma societaria, più comoda ed agibile,
ricorrendo all’espediente di dichiarare nell’atto costitutivo un'attività economica ed un
scopo lucrativo che poi in fatto non vengono perseguiti. Queste forme, però sono
illegittimi se non nei casi espressamente previsti dalla legge.
L’opinione non è pacifica, tuttavia, il sistema del codice civile non offre dati che
consentono di affermare la derogabilità statutaria dello scopo di lucro, nonostante non
sia causa di nullità della società per azioni la mancanza dello scopo di lucro. Inoltre,
l’espresso riconoscimento legislativo delle società consortili se dimostra che le società
di capitali possono essere utilizzate anche per uno scopo economico non lucrativo, non
dimostra affatto che delle stesse ci si possa servire uno scopo non economico.
Nella legislazione speciale ci sono casi di società, in genere per azioni, senza
scopo di lucro oggettivo e/o soggettivo, in maggioranza società di prevalente
partecipazione pubblica, ma anche fondi mutualistici per la promozione e sviluppo della
cooperazione, società di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari,
società sportive professionistiche ed, infine, le imprese sociali.
Imprese sociali: le imprese sociali sono organizzazioni private che esercitano
senza scopo di lucro e in via stabile e principale attività d’impresa fine della produzione
o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale. In considerazione delle finalità di
interesse generale realizzate dalle imprese sociali, il legislatore concede alle stesse il
privilegio di poter assumere la forma di qualsiasi organizzazione privata e se viene
adottata la forma societaria resta fermo il divieto di distribuire utili.
Le imprese sociali sono soggette alla vigilanza del Ministero del lavoro e il
Ministero dispone la perdita della qualifica se riscontri l’assenza delle condizioni per il
riconoscimento o violazione della relativa normativa. Ne consegue la cancellazione
dell’impresa dal registro e l’obbligo di devolvere il patrimonio ad enti non lucrativi
determinati dallo statuto. Il che rende manifesto il carattere eccezionale della
disciplina dell’impresa sociale.
Società e comunione
Dopo aver enunciato la nozione di società, il legislatore stabilisce che “la
comunione costituita o mantenuta al solo scopo di godimento di una o di più cose è
regolate dalle norme in tema di comunione”. Questo perche ci sono differenza fra
società e comunione:
Società Comunione
destinati allo svolgimento di un’attività di impresa. Così sono vietate le societa di mero
godimento, abuso dell’istituto societario ed un abuso a danno dei creditori personali dei
comproprietari.
Non bisogna tuttavia cadere in facili ma non corrette generalizzazione, cioè, la
stessa attività può costituire nel contempo godimento di beni preesistenti e attività
produttiva di nuovi beni o servizio. Esempio: una società immobiliare che ha per oggetto
la gestione di un alberto, utilizzando l’immobile conferito dai soci è legittima, in tal caso,
l’immobile è elemento di una più complessa organizzazione di fattori produttivi
finalizzata alla produzione di servizi che non si esauriscono nelle pure prestazioni
locative.
Società e “comunione di impresa”
È possibile che dalla comunione si passi alla società. Ipotesi questa che
classicamente si verifica, per esempio, quando più figli ereditano l’azienda paterna e
proseguono in comune l'attività di impresa. Necessario e sufficiente perché una
comunione si trasformi in società di fatto è che i comproprietari si servano dei beni
relativi per l’esercizio di una comune attività di impresa.
L’opinione è discutibile nel senso che manca un accordo delle parti anche in
merito ai conferimenti e questo accordo non è dato rinvenire quando i comproprietari si
limitano a utilizzare l’azienda comune in una comune attività di impresa. L'obiezione crea
così il fenomeno della comunione di impresa. L’obiezione è però priva di fondamento.
L’effettivo esercizio di attività di impresa da parte dei compriretari di un’azienda è
oggettivamente apprezzabile come non equivoco atto di destinazione societaria dei
relativi beni.
L’impresa coniugale
In base all’articolo 177 del codice civile formano oggetto della comunione legale
fra coniugi anche “le aziende gestite da entrambi e costituiti dopo il matrimonio”.
L’azienda coniugale è certamente un’impresa collettiva e nulla vieta ai coniugi di
costituire una società per il relativo esercizio. Nel silenzio è però applicabile la
disciplina propria della comunione familiare.
L’applicazione della disciplina della comunione familiare comporta che i creditori
di impresa potranno soddisfarsi su tutti i beni della comunione, anche se estranei
all’azienda, ma alla pari con gli altri creditori (186). Ancora, i creditori di impresa
possono aggredire anche patrimonio personale di ciascun coniugi ma solo nella misura
della metà del credito, in via sussidiaria.
L’inverso è anche previsto, i creditori particolari del singolo coniuge possono
soddisfarsi direttamente anche sui beni della comunione legale tra cui i beni aziendali.
La normativa della società semplice detta i principi applicabile anche alla
collettiva ed nell'accomandita semplice per i rinvii dalla legge (2293 e 2315). La società
semplice così costituisce prototipo normativo, tuttavia trova poca applicazione pratica in
virtù del divieto alle società commerciale. Infatti, dopo recenti modifiche il campo di
applicazione è stato un po ampliato (società tra professionisti), però è ancora piccolo.
Tenendo conto di questo si espone di modo unitario la disciplina della società
semplica e della collettiva che formano uno “statuto generale” delle società di persone.
L’atto costitutivo - forma e contenuto
Società semplice: Il contratto “non è soggetto a forma speciali, salvo quelle
richieste dalla natura dei beni conferiti” (2251), non sono dettate disposizioni
specifiche per quanto riguarda il contenuto dell’atto costitutivo.
Le società semplice hanno bisogno di iscrizione nel registro delle imprese con
funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia. Questo tuttavia non si
applica alle società semplici esercenti attività agricola per cui l’iscrizione ha funzione di
pubblicità legale.
Si può dire che, via di regola, la costituzione della societá semplice ha massima
semplicità formale e sostanziale perché la registrazione non incide né sull'esistenza né
sulla disciplina. Il contratto di società semplice può essere concluso anche verbalmente
o risultare da comportamenti concludenti (società di fatto).
Società in nome collettivo: sono dettate regole di forma (2296) e di contenuto
(2295) che sono prescritte solo ai fini dell’iscrizione della società nel registro delle
imprese, condizione di regolarità della società, ma non condizione di esistenza. L’omessa
registrazione comporta che i rapporti fra società e terzi siano regolati sotto alcuni
aspetti dalla disciplina della societa semplice (2297).
Così si distingue tra società regolare o irregolare (senza atto costitutivo o senza
iscrizione di esse). L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico o scrittura
privata autenticata che deve contenere le seguenti indicazioni:
✓ Cognome, nome, luogo, data di nascita, domicilio e cittadinanza dei soci.
✓ Ragione sociale (nome di uno o più soci con l’indicazione del rapporto sociale).
✓ Soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società.
✓ Sede e eventuali sedi secondarie.
✓ Oggetto sociale.
✓ I conferimenti valore ad essi attribuito e il modo di valutazione.
✓ Prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera.
✓ Nome secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ciascun socio
negli utili e nelle perdite.
✓ Durata della società.
L’indicazione dei soci amministratori e rappresentanti, nonché le norme sugli utili
e quota possono essere supplite da norme di legge (2257 e 2263). La generalità dei soci,
la ragione sociale e l’oggetto sociale sono elementi indispensabili.
Forma: La libertà di forma per la costituzione delle società di persone incontra
un limite quando forme speciali sono richieste dalla natura dei beni conferiti (2251). Na
forma scritta, a pena di nullità, è necessaria quando il conferimento ha per oggetto beni
immobili o diritti reali immobiliari, anche per semplice godimento a tempo eccedente i
nove anni.
Tuttavia, ci sono opinione diverse nel senso che nullo solo sarebbe il vincolo del
socio conferenti e non della società (requisito di validità solo del conferimento). Ancora,
qualora il conferimento a titolo di proprietà non sia indispensabile per lo svolgimento
dell'attività sociale l’applicazione del principio di conservazione del contratto consente
di interpretare la volontÀ delle parti nel senso che l'immobile è stato conferito a titolo
di godimento infranovennale.
Società di fatto, società occulta
Quando la società si perfeziona per fatti concludenti si parla di società di fatto.
La società di fatto è regolata dalle norme della società semplice se l'attività non è
commerciale e delle norme della collettiva irregolare se l’attività è commerciale. Questo
implica che una società di fatto è esposta al fallimento al pari di ogni imprenditore
commerciale. Il fallimento della società determina automaticamente il fallimento di tutti
i soci siano palesi od occulti.
Società occulta: Dalla società con soci occulti va tenuto distinto il fenomeno
della società occulta. La società occulta è costituita con l’espressa e concorde volontà
dei soci di non rilevarne l’esistenza all’esterno. Così la società esiste nei rapporti interni
fra i soci, ma non viene esteriorizzata, la società si presenta come impresa individuale di
uno dei soci o anche di un terzo.
Lo scopo del patti tra le persone è limitare la responsabilità nei confronti dei
terzi al matrimonio del solo gestore, evitando che la società e gli altri soci rispondono
delle obbligazioni di impresa e siano esposti al fallimento.
La giurisprudenza e la dottrina hanno reagito contro questo fenomeno
sostenendo che la mancata esteriorizzazione della società non impedisce ai terzi di
invocare la responsabilità anche della società occulta e degli altri soci. L’onere dei terzi
è provare l’esistenza del contratto di società e che gli atti posti in essere siano
riferibili a tale società.
L’opinione, accolta dalla legge con la riforma del diritto fallimentare implica che il
fallimento dell’imprenditore individuale è esteso alla societá ed agli altri soci occulti.
Infine, ha bisogno di distinguere “socio occulto di società palese” e “società occulta”:
✓ Socio occulto di società palese: l’attività di impresa è volta in nome della
società e ad essa È imputabile tutti i suoi effetti, la partecipazione alla società è
titolo sufficiente a fondare la responsabilità ed il fallimento sia dei soci palesi
sia di quelli occulti.
✓ Società occulta: l’attività di impresa non è svolta in nome della società, così gli
att nn sono ad essa formalmente imputabili. Il fallimento della società occulta è
norma eccezionale, la disciplina non comporta che l'attività di impresa sia
imputata alla società in tutti i suoi effetti attivi e passivi. Infine, si deve
escludere che la società occulta sia direttamente responsabile verso i terzi per
le obbligazioni contratte in nome dall’imprenditore , finché quest’ultimo non è
dichiarato fallito.
La società apparente
La societá apparente, creata dalla giurisprudenza è un mezzo per il
coinvolgimento del maggior numero possibile di persone nel fallimento di un imprenditore
individuale. Ancorché non esistente nei rapporti tra i presunti soci,deve considerarsi
esistente all’esterno quando due o più persone operino in modo da ingenerare nei terzi la
ragionevole opinione che essi agiscono come soci e quindi da determinare in essi
l’incolpevole affidamento circa l’esistenza effettiva della società. Così la società
apparente sarebbe assoggettata a fallimento come una società di fatto realmente
esistente.
La figura è criticata dalla dottrina, tuttavia la giurisprudenza continua a far
vivere e ad applicare la sua creatura: se per tutelare i creditori dell’impresa la legge fa
fallire le società che esistono nei rapporti interni ma non di fronte ai terzi (società
occulta), perché i giudici non dovrebbero far fallire la società che “esistono” di fronte ai
terzi ma non esistono nei rapporti interni (società apparente)? Un'altra volta, la figura è
troppo questionata.
La partecipazione degli incapaci
La partecipazione ad una società di persone richiede la capacità di agire ed è
atto eccedente l’ordinaria amministrazione. Le partecipazione degli incapaci ad una
società in nome collettivo è inoltre per legge equiparata all'esercizio individuale di
un’impresa commerciale. Perciò:
✓ Il minore, l’interdetto e l’inabilitato non possono partecipare ex novo ad una
società in nome collettivo. Con l'autorizzazione del tribunale possono solo
conservare la partecipazione che ad essi provenga per donazione o per
successione. Inoltre, in caso di interdizione o di inabilitazione il tribunale può
autorizzare la continuazione della partecipazione, sempre ché gli altri soci non
deliberino l'esclusione del socio interdetto o inabilitato (2286).
✓ Il minore emancipato può anche partecipare alla costituzione di una collettiva o
aderirvi successivamente, con l’autorizzazione del tribunale.
✓ Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può partecipare alla costituzione
di una società in nome collettivo o aderirvi successivamente senza
autorizzazione, salvo che sia diversamente disposto nel decreto
dell’amministratore di sostegno.
Per espresso dettato legislativo, la disciplina trova applicazione anche quando la
collettiva non esercita attività commerciale, ma non si può applicarsi alle società
semplici dato che le norme in tema di imprenditore individuale richiamate sono riferite
solo agli imprenditori commerciali.
Partecipazione di società in società di persone
Per le società di capitali la partecipazione di società in società è stata risolta
affermativamente dall’articolo 2361 del codice civile sia pure con alcune cautele:
✓ L'assunzione di partecipazione comportanti responsabilità illimitata deve essere
deliberata dall’assemblea.
✓ Gli amministratori devono dare specifiche informazioni nella nota integrativa del
bilancio su tali partecipazioni.
✓ Se tutti i soci illimitatamente responsabili di una società di persone sono società
di capitale, il bilancio della società di persone deve essere redatto secondo le
norme della società per azioni.
In base alla nuova disciplina, è da ritenere lecito inoltre che una società di
capitale sia amministratore di una società di persone. La stessa risposta va anche per la
partecipazione di società di persone in altre società di persone perché non esiste norma
che o vieti. Gli argomenti contrari a questi non sono convincente (intuitus personae e
norme specifiche sulle persone fisiche una volta che il primo è carattere normale ma non
essenziale delle società di persone mentre le norme specifiche non escludo la
partecipazione di persone giuridiche)
L’invalidità della società
Il codice non detta disposizioni specifiche per quanto riguarda l’invalidità del
contratto costitutivo di una società di persone. Valgono perciò in materia le cause di
nullita e annullabilita (1418 e 1425) previste dalla disciplina generale dei contratti. Così:
✓ Esiste nullità: Quando il contratto è contrario a norme imperative, l’oggetto è
impossibile o illecito o quando è illecito il motivo comune determinante
✓ Esiste annullabilità: In caso di incapacità delle parti o di consenso viziato per
errore, violenza o dolo.
È necessario tuttavia distinguere fra cause di invalidità che colpiscono l’intero
contratto di società (esempio: oggetto illecito) e le invalidità che colpiscono solo la
singola partecipazione (esempio: partecipazione di un minore non autorizzato). La regola
è la seconda almeno che la partecipazione viziata è essenziale per il conseguimento
dell'oggetto sociale (1420 e 1446).
La problematica dell’invalidità è più complesso quando ‘l'attività sociale è iniziata.
In tema di società di capitale (2332), la dichiarazione di nullità di una società per azioni
non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti dopo l'iscrizione nel registro e non libera i
soci dall'obbligo di eseguire i conferimenti ancora dovuti, ancora, la nullità non può
essere dichiarata se la causa di essa è stata elimitte con la modificazione dell’atto
costitutivo.
È opinione diffusa che questa disciplina é operante a tutti le società di capitale,
ma non alle società di persone. Campobasso discorda nel senso che l'articolo 2332
esprime principio generale a tutte le società: l'eliminazione della stessa per il futuro.
Seguendo l’opinione di Campobasso, dopo il scioglimento della società:
✓ Restano in vita tutti gli atti precedentemente posti in essere in nome della
società.
✓ I soci non sono liberati dall’obbligo di eseguire i conferimenti promessi.
✓ Resta ferma l’autonomia patrimoniale della società e la responsabilità personale
dei soci per le obbligazioni sociali.
✓ Con la sentenza di nullità si apre il procedimento di liquidazione della società che
porterà all’estinzione della stessa dopo aver soddisfatto i creditori sociali e
ripartito fra i soci l’eventuale residuo attivo di liquidazione.
__________________________________________________03/02/2018
➢ Lezione 6: L'ordinamento patrimoniale
I conferimenti
L’obbligo di conferimento è essenziale per l’acquisto della qualità di socio. nella
società di persone “il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel
contratto sociale “ (2253). All’eventuale silenzio in merito dei conferimenti dell'atto
costitutivo supplisce la legge con norme dispositive suscettibili di prova contraria:
✓ Nel silenzio del contratto si presume che tutti i conferimenti devono essere
eseguiti in danaro (2342)
✓ Se i conferimenti non sono determinati si presume che i soci siano obbligati a
conferire in parti uguali tra loro quanto è necessario per il conseguimento
dell'oggetto sociale (2253).
Nelle società di persone può essere conferita ogni entità (bene o servizio)
suscettibile di valutazione economica ed utile per il conseguimento dell’oggetto sociale.
Esempi: danaro, proprietà o godimento di beni, prestazione di garanzia, credito sul
mercato, servizi, ecc. Lasempice responsabilità personale ed illimitata per le
obbligazione sociali non configura conferimenti perché è solo un effetto legale
dell’acquisto della qualità di socio.
Il codice detta una specifica disciplina per alcuni tipi di conferimenti diversi dal
danaro: conferimento di beni in natura, conferimento di crediti e d’opera.
✓ Conferimento di beni in proprietà: Disciplinato dalle norme sulla vendita
(2254). Il socio è perciò tenuto alla garanzia per evizione e per vizi, il rischio del
perimento per caso fortuito della cosa conferita fin quando la proprietà non sia
passata. Se si tratta di cose individuate solo nel genere, il trasferimento solo
accade in seguito alla loro specificazione. Il perimento della cosa prima che la
proprietà sia acquistata dalla società comporta che il socio può essere escluso
dalla società (2286).
✓ Conferimento di beni in godimento: Per le cose conferite in godimento, il
rischio resta a carico del socio che le ha conferito. Questi potrà perciò essere
escluso dalla società qualora la cosa perisca o il godimento diventi impossibile per
causa non imputabile agli amministratori.
La garanzia per il godimento è poi regolata con invio alle norme sulla locazione. In
sintesi il socio ha diritto alla restituzione del bene al termine della società nello
stato in cui si trova. Tuttavia se il bene È perito o è stato deteriorato per causa
imputabile alla società il socio ha diritto al risarcimento dei danni a carico del
patrimonio sociale, salva l’azione contro gli amministratori (2281).
✓ Conferimento di crediti: In caso di insolvenza del debitore ceduto, il socio
risponderà nei confronti della società nei limiti del valore assegnato al suo
conferimento, sarà inoltre tenuto al rimborso delle spese ad a corrispondere gli
interessi su pena di potere essere escluso dalla società.
✓ Socio d’opera: Nelle società di persone il conferimento può essere costituito
anche dall’obbligo del socio di prestare la propria attività lavorativa a favore
della società. Il socio d’opera non è un lavoratore subordinato e il compenso per il
suo lavoro è rappresentato dalla partecipazione ai guadagni della società. Il socio
d’opera corre perciò il rischio di lavorare invano.
Ancora, i soci possono escludere il socio di opera per “la sopravvenuta inidoneità
a svolgere l’opera conferita” (2286). Peculiare è anche il trattamento in sede di
liquidazione: il socio d’opera partecipa in proporzione alla sua parte nei guadagni
solo alla ripartizione dell’eventuale attivo che risulta dopo il rimborso del valore
nominale del conferimento ai soci che hanno apportato capitali. Infine, in
mancanza di pattuizioni, la parte del socio d’opera è determinata dal giudice
secondo equità (2263).
Patrimonio sociale e capitale sociale
I conferimenti dei soci formano il patrimonio iniziale della società che diventa
proprietaria dei beni conferiti. I soci non possono pertanto servirsi delle cose
appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quello della societa (2256). la
violazione del divieto espone al risarcimento dei danni ed al all’esclusione dalla società. Il
divieto è però derogabile col consenso di tutti gli altri soci.
La nozione di capitale sociale è del tutto assente nella società semplice e nessuna
norma è dettata per garantire il patrimonio netto della società. Anzi, non è neppure
richiesta la valutazione iniziale dei conferimenti, questo si spiega col fatto che la
società semplice, in quanto destinata all’esercizio di attività non commerciale, non È
obbligata alla tenuta delle scritture contabili.
Una disciplina del capitale sociale è dettata per la società in nome collettivo. È
prescritto che l’atto costitutivo indichi non solo i conferimenti dei soci ma anche il
Nelle società in nome collettivo tale norma va coordinata con l’obbligo di tenuta
delle scritture contabili (bilancio di esercizio con osservanza dei criteri stabiliti per il
bilancio della società per azioni). Il bilancio deve essere predisposto dai soci
amministratori e l'approvazione compete a tutti i soci, tuttavia ci sono opinioni
divergenti se l’approvazione debba avvenire all’unanimità o a maggioranza.
Nelle società in nome collettivo l’approvazione del rendiconto o del bilancio è
condizione sufficiente perché ciascun socio possa pretendere l’assegnazione della sua
parte di utili (2262). Così nella società di persone, in mancanza di clausolo dell’atto
costitutivo, la maggioranza dei soci non può deliberare la non distribuzione degli utili
accertati ed il conseguente loro reinvestimento nella società. A tal fine sarà necessario
il consenso di tutti i soci.
Le perdite: Le perdite incidono direttamente sul valore della singola
partecipazione sociale riducendolo proporzionalmente, con la conseguenza che in sede di
liquidazione, il socio si vedrà rimborsare una somma inferiore al valore originario del
capitale conferito. Solo all'atto dello scioglimento della società i liquidatori possono
richiedere ai soci illimitatamente responsabili le somme necessarie per il pagamento dei
debiti sociali in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite.
La responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali
Nella società semplice e nella società in nome collettivo delle obbligazione sociali
risponde, innanzitutto, la società col proprio patrimonio e la responsabilità (2267).
Tuttavia questa garanzia non è esclusiva, dato che per le obbligazioni sociali risponde
personalmente ed illimitatamente anche i tipi di società.
✓ Società semplice: La responsabilità personale di tutti i soci è principio
dispositivo parzialmente derogabile: per i soci non investiti di potere di
rappresentanza la responsabilità personale può essere esclusa o limitata da un
apposito patto sociale che può essere opponibile ai terzi se di loro conoscenza
con mezzi idonei (2267).
✓ Società in nome collettivo: la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci è
inderogabile.
In entrambi le società si applica la regola che “chi entra a far parte di una
società già costituita risponde con gi altri soci per le obbligazioni sociali anteriori
all’acquisto della qualità di socio” (2269). Inoltre, lo scioglimento parziale del rapporto
sociale non fa venir meno la responsabilità personale del socio per le obbligazioni sociali
anteriori al verificarsi di tali eventi.
Tuttavia, verso i terzi che hanno fatto affidamento incolpevole sulla persistente
qualità di socio l’ex socio risponderà anche per le obbligazioni sorte dopo lo scioglimento
del rapporto sociale (società semplice e collettiva irregolare). Mentre nella collettiva
regolare l’opponibilità ai terzi delle cause di scioglimento del rapporto sociale resta
può in alcun caso aggredire direttamente il patrimonio sociale. Anche è vietata la
compensazione di debito personali con credito della società, neanche l’inverso. Il
creditore personale, tuttavia non è sprovvisto di tutela e nelle società di persone può:
✓ Far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore
✓ Compiere atti conservativi sulla quota allo stesso spettante nella liquidazione
della società (2270).
Nella società semplice e in nome collettivo irregolare, il creditore particolare del
soco puó inoltre chiedere la liquidazione della quota del suo debitore provando che gli
altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti. La richiesta opera
come causa di esclusione di diritto del socio e la società sarà solo tenuta a versargli una
somma di danara corrispondente al valore della quota al momento della domanda (2289).
Per la società in nome collettivo regolare “il creditore particolare del socio,
finché dura la società, non può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore
(2305) neppure se prova che gli altri beni dello stesso siano insufficienti a soddisfarlo.
Tale regola vale fino alla scadenza della società fissata nell’atto costitutivo. I soci
possono prorogare la durata della società ma tale decisione non può pregiudicare i
creditori particolari dei soci. Così:
✓ Se la proroga è espressa ed iscritta nel registro delle imprese: il creditore
particolare può opporsi giudizialente alla proroga entro 3 mesi dall’iscrizione
della delibera. Se l'opposizione è accolta la società deve liquidare a suo favore la
quota del socio debitore.
✓ Se la proroga è tacita: si applica la disciplina dettata dall’articolo 2270 per la
società semplice, cioè, il creditore personale potrà chiedere in ogni tempo la
liquidazione della quota dimostrando l’insufficienza degli altri beni del suo
debitore.
__________________________________________________04/02/2018
➢ Lezione 7: Attività sociale
Modello legale e modelli statutari
La disciplina dell'attività sociale nella società semplice e nella società in nome
collettivo si caratterizza per l’ampio spazio lasciato all’autonomia negoziale. Il
legislatore prevede un modello fondato sulla distinzione amministrazione-modificazioni
dell’atto costitutivo basato sui seguenti principi:
✓ Ogni socio illimitatamente responsabili è investito del potere di amministrazione
e di rappresentanza della società (2257, 2266)
✓ È per contro necessario il consenso di tutti i soci per le modificazioni del
contratto sociale (2252)
Questo modello legale non ha carattere rigido e si applicano solo se i soci non
hanno diversamente disposto nell’atto costitutivo
L’amministrazione della società
L’amministrazione è l'attività di gestione dell’impresa sociale. Il potere di
amministrare è il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale.
L’atto costitutivo può prevedere che l’amministrazione sia riservata solo ad alcuni soci.
Amministrazione disgiuntiva: se l’atto costitutivo nulla dispone trova
applicazione il model legale dell'amministrazione disgiuntiva, ciascun socio è investito del
potere di intraprendere da solo tutte le operazioni che rientrano nell’oggetto sociale
senza autorizzazione o informazione degli altri soci. Tuttavia gli altri soci
amministratori hanno diritto di opposizione esercitato prima che l’operazione sia
compiuta, paralizzando il potere decisorio del singolo amministratore in ordine
all’operazione contestata.
La soluzione del conflitto è rimessa alla collettività dei soci amministratori e non
che devono decidere alla maggiorana per quote di interesse e non per teste. In
alternativa, l’atto costitutivo può stabilire che la decisione venga deferita ad uno o più
terzi arbitratori. L’amministrazione disgiunta è veloce ma pericolosa. Il legislatore
perciò prevede anche un metodo alternativo di amministrazione, l’amministrazione
congiuntiva.
Amministrazione congiuntiva: Deve essere espressamente convenuta dai soci
nell’atto costitutivo, dato che nel silenzio la regola è l’amministrazione disgiunta. In
questo tipo di amministrazione è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per
il compimento delle operazione sociale.
L’atto costitutivo può tuttavia prevedere che per l’amministrazione o per
determinati atti sia necessario il consenso della maggioranza dei soci amministratori
calcolata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili. L'amministrazione congiunta
può quindi atteggiarsi come amministrazione all’unanimità (la regola), come
amministrazione a maggioranza ovvere all’unanimità per determinati atti e a maggioranza
per altri. Tuttavia, gli amministratori possono agire individualmente quando vi sia
urgenza di evitare un danno alla società. Entrambi amministrazione, disgiuntiva e
congiuntiva, possono essere ancora fra loro combinate
Amministrazione e rappresentanza
Il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome
della società (esterno), dando luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni
(2266). Così è diverso dal potere di gestione (decidere il compimento degli atti sociali,
interno). Secondo il modello legale vi è puntuale coincidenza tra potere gestorio e di
rappresentanza, la rappresentanza è non solo sostanziale, ma anche processuale.
L’atto costitutivo può tuttavia prevedere una diversa regolamentazione del
potere di gestione e del potere di rappresentanza: riservando la rappresentanza ad
alcuni soci amministratori (dissociazione soggettiva), stabilendo per la rappresentanza
modalità di esercizio diversa da quelle valevoli per il potere di gestione, limitando
l'estensione del potere di rappresentanza del singolo amministratore, ecc.
Nelle società in nome collettivo regolare, le limitazioni del potere di
rappresentanza sono opponibili ai terzi solo dopo di iscritte nel registro delle imprese o
se non si provi che terzi ne hanno avuto effettiva conoscenza (2298).
Nella società in nome collettivo irregolare l’omessa registrazione si ritorce
contro i soci: si presume che ogni socio che agisce per la società abbia la
rappresentanza sociale anche in giudizio. I patti modificativi del potere di
rappresentanza non sono opponibili ai terzi a meno che non si provi che questi ne erano a
conoscenza (2297).
Con la società semplice le limitazioni originarie sono sempre opponibili ai terzi
sicché su costoro incombe l'onere di accertare se il socio che agisce in nome della
società ha effettivamente il potere di rappresentanza. Le limitazioni successive o
l’estinzione del potere di rappresentanza devono invece essere portate a conoscenza dei
terzi con mezzi idonei. Alle società semplice esercente attività agricola, in virtù della
pubblicità legale trova applicazione disciplina identica a quella delle società in nome
collettivo.
I soci amministratori
La nomina dei soci investiti può accadere nell’atto costitutivo o in atto separato.
La revoca dell'amministratore nominato nel contratto sociale comporta una modifica di
quest’ultimo (decisa all’unanimità se non è convenuto diversamente) e la evoca solo può
occorrere con giusta causa (2259).
L’amministratore nominato per atto separato è revocabile secondo le norme del
mandato, anche se non esiste giusta causa, salvo il diritto al risarcimento dei danni
(1725). È infine stabilito che la revoca per giusta causa può in ogni caso essere chiesta
giudizialmente da ciascun socio.
Per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli amministratori l’articolo 2260
stabilisce che essi “sono regolati dalle norme sul mandato”, tuttavia hanno diversa
natura del mandato ed anche ci sono molti deroghe delle regole su mandato. Dai poteri
degli amministratori restano esclusi solo gli atti che comportano modificazione del
contratto sociale.
Come doveri gli amministratori devono tenere le scritture contabili e redigere il
bilancio di esercizio, provvedere agli adempimenti pubblicitari connessi all’iscrizione nel
registro delle imprese (2296, 2301, 2302). Specifiche sanzioni penali sono per gli stessi
previste anche in caso di fallimento della società. Infine, le numerosi obblighi imposti
dalla legge o dall’atto costitutivo possono essere sintetizzate nel dovere generale di
amministrare la società con diligenza del mandatario.
Gli amministratori sono poi solidalmente responsabili verso la società con
conseguente obbligo di risarcire i danni alla stessa arrecati, tuttavia la responsabilità
non si estende a quegli amministratori che dimostrino di essere esenti da colpa (2260).
L’azione si prescrive in cinque anni e può essere esercitata solo da chi abbia la
rappresentanza legale della società.
Infine, i soci amministratori hanno diritto al compenso per il loro ufficio
(presunzione di onerosità) almeno che tutti i soci siano amministratori, che sia oggetto
di conferimento da parte del socio d’opera o che l'attività amministrativa di alcun soci si
è già tenuto conto nell’atto costitutivo con il riconoscimento di una più elevata
partecipazione agli utili.
I soci non amministratori
Quando l’amministrazione della società è riservata soltanto ad alcuni soci, il
legislatore riconosce ai soci esclusi dall’amministrazione ami poteri di informazione e
controllo (2261):
✓ Il diritto di avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari
sociali, eccetto segreto aziendale.
✓ Diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione (scritture contabili)
✓ Diritto di ottenere il rendiconto degli affari sociali quando gli affari cui fu
costituita la società sono stati compiuti oppure, se la società dura oltre un anno,
al termine di ogni anno, salvo disposizione contrattuale diversa.
Il problema dell’amministratore estraneo
È possibile che i soci affidino l'amministrazione della società ad un non socio?
Nella società per accomandita semplice il divieto è legale (2318), negli altri la legge non
da risposta. Campobasso ritiene che almeno la società in nome collettivo può avere
amministratore estraneo (eccetto, per legge, la società tra avvocati), una volta che i
creditori della società sarebbero garantiti già della responsabilità personale ed
illimitate dei soci per le obbligazioni sociali.
Il terzo amministratore gestisce l’impresa sociale nell’interesse esclusivo dei
soci. Perciò è revocabile per loro volontà anche se designato nell'atto costitutivo. La
posizione del terzo amministratore, così, può essere assimilata a quella di un mandatario
generale o di un institore. Pertanto la nomina di un amministratore estraneo non priva i
soci del potere di direzione dell’impresa comuna, è solo un modo di esercitare tale
potere. Infine, in questi casi molte volte la giurisprudenza ammette il terzo
amministratore come socio apparente.
Divieto di concorrenza
Nella società in nome collettivo, ma non nella semplice, incombe su tutti i soci
l’obbligo di non esercitare attività concorrente con quella della società, neanche
partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente
(2301). Tuttavia, il divieto non impedisce al socio di partecipare come socio
illimitatamente responsabile in altra società concorrente di persone o di capitali.
La violazione del divieto espone il socio al risarcimento dei danni nei confronti
della società e legittima gli altri soci a deciderne l’esclusione. Il divieto tuttavia non ha
carattere assoluto, potendo essere rimosso dagli altri soci se il consenso si presume se
la situazione concorrenziale preesisteva al contratto sociale e gli altri soci ne erano a
conoscenza (2301).
Le modificazioni dell’atto costitutivo
Nelle società semplice ed in nome collettivo il contratto sociale può essere
modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente
(2252) . Eccezione, però, le deroghe introdotte dalla riforma del diritto societario del
2003 per la trasformazione delle società di capitali, fusione e scissione (approvate salvo
disposizione diversa dell’atto costitutivo a maggioranza secondo le quote di
partecipazione agli utili).
Fra le modificazione del contratto sociale rientrano anche i mutamenti nella
composizione della compagine sociale, il consenso è necessario per il trasferimento della
quota sociale si fra vivi che a causa di morte. In mancanza, il trasferimento per atto fra
vivi ed anche la costituzione di diritti reali sulla quota sono improduttivi di effetti per
la società e gli altri soci. Il consenso al trasferimento può essere dato anche in via
preventiva o risultare da comportamenti concludenti.
Nella società in nome collettivo le modificazioni dell’atto costitutivo sono
soggette a pubblicità legale per essere opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi
ne erano a conoscenza. La modificazione è tuttavia perfetta e produttiva di effetti
indipendemente dall’iscrizione, se non diversamente disposto per legge (2306 e 2503).
Lo stesso vale per le società semplici esercenti di attività agricola.
Nella collettiva irregolare, le modificazioni dell’atto costitutivo devono essere
portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei e non sono opponibili a coloro che le
abbiano senza colpa ignorate. Lo stesso vale per le società semplici.
Metodo collegiale e principio maggioritario
Il consenso di tutti i soci è richiesto per le modifiche dell’atto costitutivo
(2252), mentre il principio maggioritario è utilizzato: sull’opposizione (maggioranza per
quote), sull’esclusione di un socio (2287). Infatti, mancano diverse previsione in altri
decisioni. Così la dottrina vede negli articoli 2252 (unanimità) e 2257 (maggioranza per
quote) due regole distinte con autonomo campo di applicazione:
✓ Unanimità: il consenso di tutti i soci è necessario, salvo diverso accordo, quando
la decisione tocca le basi organizzative della società. Esempi: revoca del socio
amministratore nominato nell’atto costitutivo, cambiamento del metodo di
amministrazione, la trasformazione delle società di persone. Eccezioni, dopo
2003, la trasformazione in società di capitali, la fusione e la scissione.
✓ Maggioranza: troverà applicazione quando si tratti di decisioni che attengono
alla gestione dell’impresa comune: nomina e revoca degli amministratori per atto
sperato, approvazione del bilancio, ecc.
Altro problema omesso dal legislatore è il metodo della decisione dei soci nelle
società di persone. La dottrina e la giurisprudenza quasi unanime sono dell’opinione che il
metodo assembleare (convocazione dei soci, riunione, discussione, votazione) ia
superfluo nelle società di persone, a sostegno di tale scelta si invoca l'assenza di
personalità giuridica delle societá di persone e l’esigenza di rapidità ed elasticità delle
decisioni.
Tuttavia, ci sono opinioni discordanti perché il metodo collegiale è largamente
presente in tutti i gruppi associativi di diritto privato, siano o meno dotati di personalità
giuridica. Ancora, avrebbe bisogno di una coerenza sistematica nella disciplina delle
società di capitali e di persone.
Orbene, è difficile sostenere che nelle società di persone debbano valere regole
procedimentali più rigorose di quelle previste per la società a responsabilità limitata che
adotta in mancanza di diversa disposizione dell’atto costitutivo il metodo collegiale per
le deliberazioni dei soci. Infine, nulla impedisce che il metodo assembleare sia
espressamente previsto e regolato dall’atto costitutivo.
__________________________________________________05/02/2018
➢ Lezione 8: Scioglimento
Scioglimento del singolo rapporto sociale
Il singolo socio può cessare di far parte della società per morte, recesso od
esclusione. Il principio di fondo che domina tali vicende è quello della conservazione
dell’ente societario. Il venir meno di uno o più soci non determina in alcun caso lo
scioglimento della società, di per sé comporta solo la necessità di definire i rapporti
patrimoniali fra i soci superstiti ed il socio uscente o gli eredi del socio defunto,
attraverso la liquidazione della quota sociale.
Il venir meno della pluralità dei soci opera come causa di scioglimento della
società solo se la pluralità non è ricostituita nel termine di sei mesi (2272). La logica
La volontà di recedere per giusta causa deve essere potata a conoscenza degli
altri soci ma ha effetto immediato. Il recesso per giusta causa è anche possibile nella
società a tempo indeterminato, non il vantaggio che il socio non è tenuto ad attendere il
decorso dei 3 mesi.
Infine, il contatto sociale può prevedere altre ipotesi di recesso oltre quelle
stabilite per legge, ma non può privare il socio della facoltà di recedere nelle ipotesi
legali.
Esclusione: L’esclusione ha in alcuni casi luogo di diritto (2288) ed in altri è
facoltativa (decisione degli soci, 2286. È escluso di diritto:
✓ Il socio che sia dichiarata fallito, salvo che non si tratti di fallimento
conseguente al fallimento della società. L’esclusione opera dal giorno stesso della
dichiarazione di fallimento.
✓ Il socio il cui creditore particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota.
Opera quando la liquidazione è effettivamente avvenuta.
I fatti che legittimano la società a deliberare l'esclusione di un socio sono
stabiliti dall’articolo 2286 e possono essere raggruppati in tre categorie:
✓ Gravi inadempienze degli obblighi che derivano dalla legge o dal contratto sociale,
tra cui il comportamento ostruzionistico, cioè la non esecuzione del contratto in
buona fede.
✓ L’interdizione e l’inabilitazione del socio.
✓ Sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento per causa non
imputabile agli amministratori. Esempio: perimento della cosa che il socio si era
obbligato a conferire in proprietà prima che la proprietà stessa sia stata
acquistata dalla società.
L’esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci calcolata per teste non
computandosi nel numero il socio da escludere (2287). La deliberazione motivata deve
essere comunicata al socio escluso ed ha effetto decorsi 30 giorni dalla comunicazione,
termine per il cui il socio può fare opposizione al tribunale. In caso di accoglimento
dell'opposizione il socio è reintegrato nella società con effetto retroattivo,
partecipando ai risultati medio tempore dell’attvità sociale.
in caso di società di due soci l'esclusione è pronunciata direttamente dal
tribunale su domanda dell’altro (2287) operante nel momento in cui la sentenza sia
passata in giudicato, tuttavia, l’atto costitutivo può anche prevedere che le questioni
relative all’esclusione siano deferite alla decisione di arbitri.
Liquidazione della quota: In tutti i casi in cui il rapporto sociale si scioglie
limitatamente ad un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto alla liquidazione della quota
sociale. La liquidazione è una somma di danaro, ciò significa che il socio non può
pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà o godimento.
Il valore della quota è determinato in base alla situazione patrimoniale della
società (2289) tenendo però conto anche dell’esito delle eventuali operazioni ancora in
corso. Il pagamento deve essere effettuato entro 6 mesi dal giorno in cui si è verificato
lo scioglimento del rapporto (2289) e nell'ipotesi di scioglimento su richiesta del
creditore particolare, entro 3 mesi dalla richiesta.
Scioglimento del singolo rapporto sociale
Le cause di scioglimento della società semplice, valide anche per la collettiva,
sono fissate dall’articolo 2272. Vediamole:
✓ Il decorso del termine fissato nell’atto costitutivo senza proroga, neanche
tacita, della durata della società (2273)
✓ Il conseguimento dell'oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di
conseguirlo. Fra questi si inserisce l'instabile discordia fra i soci che determina
la paralisi assoluta e definitiva dell’attività sociale.
✓ La volontà di tutti i soci o, salvo che l’atto costitutivo non preveda che lo
scioglimento può essere deliberato a maggioranza.
✓ Il venir meno della pluralità dei soci se nel termine di 6 mesi non è ricostituita
✓ Le altre cause previste dal contratto sociale.
La società in nome collettivo ha come cause di scioglimento, ancora, il fallimento
ed il provvedimento dell’autorità governativa con cui si dispone la liquidazione coatta
amministrativa della società. Tutte le cause di scioglimento operano automaticamente
(di diritto) per il solo fatto che si sono verificate.
Società in stato di liquidazione: verificatasi una causa di scioglimento la società
entra automaticamente in stato di liquidazione e nella società in nome collettivo deve
essere espressamente indicata negli atti e nella corrispondenza. Qui comincia il
procedimento di liquidazione (soddisfacimento dei creditori sociali e la distribuzione fra
i soci dell’eventuale residuo attivo).
L’ulteriore attività della società deve tendere solo alla definizione dei rapporti in
corso e perciò i poteri degli amministratori sono per legge limitati al compimento degli
affari urgenti, rispondendo personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi al di
là di questo (2279). Sorge inoltre il diritto dei soci a che si dia avvio al procedimento di
liquidazione attraverso la nomina dei liquidatori (2275). Resta fermo l’obbligo di
eseguire i conferimenti ancora dovuti sia pure nei limiti in cui i fondi disponibili risultano
insufficienti per il pagamento dei debiti sociali (2280)
I creditori personali dei soci dovranno attendere l’espletamento della
liquidazione della società per potersi rivalere sulla quota di liquidazione. I soci potranno
autorizzare o ratificare gli atti non urgenti compiuti dai soci amministratori e le nuove
operazioni effettuate dai liquidatori, così rimuovendo i limiti legali posti ai loro poteri.
Infine, la revoca della liquidazione (deliberata dai soci) importa la continuazione
della stessa società e non costituzione di una nuova. La decisione di revoca dovrà essere
adottata all’unanimità, dato che nelle società di persone il diritto individuale alla
liquidazione della quota non è disponibile senza il consenso di ciascuno socio.
Procedimento di liquidazione: Il procedimento leale di liquidazione (potrà avere
altro determinato dal contatto sociale o al momento dello scioglimento) inizia con la
nomina di uno o più liquidatori che richiede il consenso di tutti i soci salvo disposizione
contraria, in caso di disaccordo fra i soci, i liquidatori sono nominati dal tribunale.
I liquidatori possono essere revocati per volontà di tutti i soci, o dal tribunale
per giusta causa su domanda di uno o più soci che deve essere portata a conoscenza dei
terzi (con il registro nel caso della società in nome collettivo regolare).
I liquidatori, che possono essere anche non soci, prendono il posto degli
amministratori. Gli amministratori e i liquidatori redigono insieme l’inventario (bilancio di
apertura della liquidazione) e in questo momento vengono fissate le eventuali
responsabilità degli amministratori, dopo questo la loro competenza si esaurisce.
Dopo questo, i liquidatori devono definire i rapporti che si ricollegano all'attività
sociale: conversione in denaro dei beni, pagamento dei creditori, ripartizione ai soci.
I liquidatori sono investiti del potere di compiere tutti gli atti necessari per la
liquidazione, però su di loro incombe un duplice divieto:
✓ Non possono intraprendere nuove operazioni, su pena di rispondere
personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi nei confronti dei terzi.
✓ Non possono ripartire fra i soci, neppure parzialmente, i beni sociali finché i
creditori sociali non siano stati pagati o non siano stata accantonate le somme
necessarie per pagarli (2280). La violazione del divieto espone i liquidatori a
responsabilità civile nei confronti dei creditori ed è sanzionata penalmente.
Per il resto sono regolati dalle norme stabili per gli amministratori (2276).
L’ultima procedura della liquidazione è l’eventuale conversione dell’attivo patrimoniale
residuo in denaro., se i soci non hanno convenuto che la ripartizione dei beni sia fatta in
natura (caso di divisione delle cose comuni):
✓ Il saldo attivo è destinato innanzitutto al rimborso del valore nominale dei
conferimenti, secondo la valutazione fattane in contratto.
✓ L’eventuale eccedenza è poi ripartita fra tutti i soci in proporzione della
partecipazione di ciascuno nei guadagni.
Infine, nella società in nome collettivo i liquidatori devono redigere il bilancio
finale ed il piano di riparto (2311). IL bilancio ed il piano vanno comunicati ai soci e si
intendono approvati se non sono impugnati dai soci nel termine di due mesi dalla
comunicazione. In caso di impugnazione giudiziale, si può separare la divisione del
bilancio e con l’approvazione del bilancio i liquidatori sono liberati di fronte ai soci, una
volta che alla divisione i liquidatori sono estranei.
Estinzione della società: Nella società in nome collettivo irregolare la chiusura
del procedimento di liquidazione determina l’estinzione della società. Nella società in
nome collettivo registrata e nella società semplice è prescritta la cancellazione della
società dal registro delle imprese.
Infatti, nella società di nome collettivo sui liquidatori incombe l’obbligo di
chiedere la cancellazione della società e l’obbligo di depositare presso le persone
designate dalla maggioranza dei soci, le scritture contabili ed i documenti affinché siano
conservati per dieci anni dalla cancellazione (2312).
La cancellazione può anche essere disposta d’ufficio quando l’ufficio del registro
rilevi alcune circostanza sintomatiche dell’assenza di attività sociale. Formalmente, la
cancellazione è condizione necessaria per l’estinzione della società.
Dopo la cancellazione, però, possono avere creditori insoddisfatti che possono
agire nei confronti dei soci che restano personalmente ed illimitatamente responsabili
per le obbligazione sociali insoddisfatte e possono inoltre agire anche nei confronti dei
liquidatori se il mancato pagamento è imputabile a colpa o dolo di questi ultimi (2633).
Il fallimento della società: I creditori della società in nome collettivo possono
infine chiedere il fallimento della società entro 1 anno dalla cancellazione della società
dal registro delle imprese se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o
entro l’anno successivo.
In caso di impresa individuale o di cancellazione d’ufficio degli imprenditori
collettivi, è però fatta salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di
dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine.
La regola del fallimento vale anche in estensione dei soci illimitatamente
responsabili se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti
alla data della cessazione della responsabilità illimitata.
In base alle nuove regole si deve concludere che le società irregolari possono
essere dichiarati fallite senza limiti di tempo dopo la cessazione dell'attività d’impresa:
senza registro non si può cancellare il registro.
Infine, in caso di una società con cancellato registro che continua l'attività
d’impresa si può estendere per analogia la soluzione per la cancellazione d'ufficio della
società e consentire ai creditori ed al pubblico ministero la prova che la società ha
fraudolentemente continuato ad operare dopo la cancellazione.
__________________________________________________06/02/2018
➢ Lezione 9: La società in accomandita semplice
La società in accomandita semplice (s.a.s) (2313-2324) è una società di persone
che si differenzia dalla società in nome collettivo per la presenza di due tipi di soci:
✓ Soci accomandatari: rispondono solidalmente ed illimitatamente per le
obbligazioni sociali. Solo loro possono essere amministratori.
✓ Soci accomandanti: rispondono limitatamente alla quota conferita, sono
obbligati nei confronti della società ad eseguire i conferimenti promessi mentre i
creditori sociali non hanno azione diretta nei loro confronti.
La disciplina della s.a.s è modellata su quella della società in nome collettivo
(2315) e ha come ruolo la specifica funzione economica di consentire l’aggregazione di
soggetti che intendono gestire personalmente gli affari sociali e di soggetti che
intendono finanziare l'attività dei primi ma con rischio e poteri limitati.
L’accomandita semplice è il solo tipo di società di persone che consente
l’esercizio in comune di un’impresa commerciale con limitazione del rischio e non
esposizione a fallimento personale per alcuni soci. Il nodo della disciplina della s.a.s
risiede nella ricerca di un punto di equilibrio fra due esigenze:
✓ Evitare un uso anomalo e distorto di tale tipo di società con la previsione di
rigorosi divieti a carico dei soci accomandanti, con sanzioni patrimoniali per la
✓ Il socio accomandante può chiedere giudizialmente la revoca per giusta causa
degli amministratori.
✓ Gli accomandanti possono trattare o concludere affari in nome della società sia
pure solo in forza di una procura speciale per singoli affari, assoggettati alle
direttive degli amministratori.
✓ Prestare la loro opera, all’interno della società sotto direzione.
✓ Possono, se l’atto costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per
determinate operazioni, nonché compiere atti di ispezione e di controllo. Ancora,
ha diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e di controllarne
l’esattezza. Inoltre, concorrono all’approvazione del bilancio.
Al di là di questi poteri scatta il divieto di immistione con le relative sanzioni.
Divieto di immistione
Il contenuto del divieto di immistione degli accomandanti nella gestione della
società implica che gli accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, salvo
affari singoli con procura speciale. L’accomandante che contravviene a tale divieto
assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazione sociale
e può essere escluso dalla società con decisione maggioranza di tutti gli altri soci.
Internamente, l'accomandante deve ritenersi privo di ogni potere decisionale
autonomo. Questo spiega, per esempio, perché i pareri o le autorizzazioni eventualmente
previsti dall’atto costitutivo non possono assumere carattere generale oppure perché gli
accomandanti non possono partecipare alla decisione sull’opposizione di un
amministratore al compimento di un atto da parte di altro nel regime di amministrazione
disgiuntiva. Non contrasta invece col divieto di immistione la collaborazione degli
accomandanti sotto le direttive degli accomandatari.
Esternamente, l’accomandante può concludere affari in nome della società in
forza di procura speciale per singoli affari. Tuttavia, è preclusa in ogni caso la
possibilità di agire di fronte ai terzi come procuratore generale o come institore.
In caso delle obbligazioni nate dall’atto di immistione di un accomandante la
società non resta obbligata, cioè, sarà responsabile verso il terzo solo l’accomandante
che ha compiuto l’atto. Però ancora qui si perde il beneficio della responsabilità limitata
er tutte le obbligazioni sociali. L’accomandante che ha violato il divieto di immistione è
esposto infine all'esclusione dalla società che, tuttavia, non potrà essere deliberata
qualora l’atto di inerenza sia stata autorizzato o ratificato dagli amministratori.
Trasferimento della partecipazione sociale
Per i soci accomandatari, se l’atto costitutivo non dispone diversamente il
trasferimento per atto fra vivi della quota può avvenire solo col consenso di tutti gli
altri soci e per la trasmissione mortis causa sarà necessario anche il consenso degli
eredi.
✓ I creditori particolari del socio possono chiedere in ogni tempo la liquidazione
della quota del loro debitore, provando che gli altri beni di questi siano
insufficienti a soddisfarli. Possibilità questa invece preclusa quando la società è
regolare per la durata prevista in contratto.
✓ Si presume che ciascun socio che agisce per la società, anche accomandante,
abbia la rappresentanza sociale anche in giudizio.