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002.1 Forme musicali 500.

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Il repertorio del liuto rinascimentale


La pratica polifonica del liuto, che si afferma verso la fine del XV secolo con
l’abbandono del plettro e l’uso delle dita, contribuisce alla creazione di un
immenso repertorio, gran parte del quale è fortunatamente giunto fino a noi. Lo
sviluppo di questa pratica – polifonica e solistica – va di pari passo con
l’evoluzione della scrittura musicale, che si realizza sia attraverso la redazione di
manoscritti sia grazie all’invenzione della stampa musicale. questa avvenne
all’inizio del secolo a Venezia, ad opera dell’editore Ottaviano Petrucci e segnò
una vera rivoluzione nella diffusione della pratica musicale e del liuto. Nello
stesso tempo il manoscritto rimase un importante mezzo di registrazione
dell’evento musicale, sia per utilizzo personale del singolo musicista sia per l’uso
didattico.
Il grande corpus di musica solistica per liuto che è rimasto non deve indurre a
pensare che lo strumento fosse utilizzato solo in questa veste: dobbiamo
considerare che l’aspetto improvvisativo, specialmente riguardo ai grandi virtuosi,
non fu abbandonato ma soprattutto che altri generi venissero coltivati. Ci si
riferisce innanzitutto alla pratica dell’accompagnamento della danza ma
soprattutto dell’accompagnamento del canto. È sopravvissuto infatti un discreto
corpus di musica per canto e liuto, che rappresenta solo l’aspetto più evidente di
una pratica diffusissima secondo cui il liutista (che spesso era anche il cantore)
intavolava le parti vocali inferiori di una frottola, madrigale o chanson ed eseguiva
la parte del soprano.

La pratica improvvisativa nel rinascimento


Si parla spesso di stile improvvisativo nella musica per liuto rinascimentale e
questo perché è certo che i musicisti professionisti dell’epoca erano in grado di
realizzare all’impronta svariate formule compositive e ornamentali. Si potrebbe
anche affermare che l’uso dell’intavolatura sia nato come un mezzo per registrare
sulla carta gli effetti di un’esecuzione estemporanea. Come già si è detto, questa
pratica veniva dalle epoche precedenti, in cui gli strumentisti erano per lo più
degli improvvisatori. In particolare essi erano in grado di improvvisare su un tenor
delle parti contrappuntistiche, calcolando i possibili collegamenti tra le note
principali e unendole grazie al repertorio di formule ornamentali precedentemente
memorizzato. Con procedimenti simili erano in grado di imparare le formule per
realizzare l’imitazione. Del resto, nella stessa epoca era diffusa la pratica del
‘cantare a libro’, cioè l’arte di cantare canoni e pezzi polifonici da parte di due o
più cantori. I liutisti erano dunque in grado di improvvisare sia brani liberi sia
brani polifonicamente più strutturati.

ll ricercare
Il ricercare può essere considerato la conquista della musica strumentale avvenuta
tra la fine del'400 e l'inizio del '500. I primi esempi che ci sono rimasti possono
darci un'idea sull'origine, più che di una forma musicale ben precisa, di una
maniera di suonare: un fenomeno che fu sicuramente vasto e complesso ma del
quale ci è rimasto poco dato che è da collegare con la tradizione non scritta. Il
primo elemento che può essere riscontrato è l'assenza di una struttura predefinita
in favore di una libera elaborazione di un materiale musicale che è invece
individuabile abbastanza facilmente:

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• elementi di improvvisazione monodica: passaggi di scale che esplorano i
registri dello strumento e mettono alla prova le capacità virtuosistiche
dell'esecutore;
• elementi di improvvisazione polifonica: formule di scale per seste, terze, e
decime che spesso si organizzano in progressioni; anche qui la componente
di esplorazione delle possibilità sonore dei registri dello strumento è
evidente;
• elementi di contrappunto vocale: il linguaggio che dominava l'ambiente
musicale colto non poteva essere sconosciuto ai liutisti che lo inseriscono
nel ricercare: a volte con delle vere e proprie citazioni incorporate nel
brano;
• elementi di contrappunto strumentale: parallelamente all'affermazione del
liuto si diffonde la musica strumentale d'insieme: scritta secondo la
grammatica del contrappunto vocale ma con inflessioni piè strumentali:
sfruttamento dei registri strumentali ed uso diffuso della progressione:
melodica se osservata in una voce; contrappuntistica se vista nella struttura
del brano che di solito è imitativo;

La combinazione di questi elementi in strutture che potremmo definire "modulari"


trae probabilmente la sua origine dalla pratica improvvisativa: è noto infatti che
l'improvvisatore dispone di una serie di formule ben conosciute e si limita a
modificarle e a combinarle secondo l'estro del momento. I liutisti rinascimentali
potevano attingere quindi sia alla tradizione strumentale a cui appartenevano sia
alle manifestazioni della musica scritta. L'interpretazione musicale sarà dunque
rivolta ad individuare il carattere proprio di ognuna di queste sezioni collegandole
poi in maniera convincente. Ovviamente, una volta superato il momento analitico,
sarà necessario arrivare ad un'esecuzione il più possibile spontanea e non troppo
razionalistica che unisca i vari elementi all'interno della logica strumentale.

La tradizione spagnola è, insieme a quella italiana, fondamentale nello sviluppo


della musica strumentale del '500. Anch'essa denuncia le sue origini nell'arte, da
noi solo immaginabile, degli improvvisatori del '400. Luys Milan ne è il
rappresentante piè singolare per la completa indipendenza del suo discorso
musicale dai modelli vocali del tempo: il termine fantasia sta per lui ad indicare
che il contenuto di un brano deriva solo dalla fantasia e dall'operosità dell'autore
che l'ha composta (non da un modello preesistente). Un caso particolare è quella
della fantasia di consonancias y redobles: si tratta di un genere che vede
l'alternarsi di due situazioni musicali contrastanti: le consonancias sono
successioni accordali scritte in valori lunghi; i redobles sono veloci passaggi di
scale situate nei vari registri dello strumento. L'atmosfera musicale del brano
passa così di continuo da un clima di espressività melodico-armonica ad una
situazione di virtuosismo tecnico. Milan spiega che questo genere è volgarmente
detto para hazer dedillo, cioè per esercitare i passaggi monodici (fatti con l’indice
a mo’ di plettro); nel suo caso si tratta invece di un arte raffinata che necessita di
spiegazione per trovare su natural ayre, il suo andamento naturale: Milan
prescrive di eseguire le consonancias ad un tempo lento (con el cornpas a
espacio) e i redobles veloci (con el compas apriessa), e ciò nonostante questi
siano già scritti in valori piè brevi rispetto alle prime: crome contro semibrevi e
minime. Si tratta del tañer de gala, maniera di suonare con eleganza senza dover
necessariamente tenere rigidamente il tactus: una maniera che ricorda la
'sprezzatura', cioè la disinvoltura un po' sprezzante del gentiluomo descritto dal
Castiglione (non a caso Milan è autore di una versione spagnola del Cortegiano)

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che in questo caso gli consente di giocare con il ritmo senza però perderne il
controllo.

Le elaborazioni per liuto su tenor derivano dalla bassadanza quattrocentesca.


Questa danza aristocratica veniva di solito ballata con l'accompagnamento di due
strumenti: uno eseguiva un tenor costituito da note lunghe mentre l'altro
improvvisava un discanto fiorito. Esistono diversi brani per liuto che ricordano
questa pratica raggruppando sullo strumento le due voci. Un caso molto
interessante è quello della Spagna di Vincenzo Capirola. In questa versione per
strumento solo probabilmente la funzionalità alla danza andava perduta. Il
carattere della danza può tuttavia essere reso dall'accentuazione ternaria del
tenor. La linea superiore costituisce un ottimo studio tecnico e della sonorità nei
vari registri dello strumento. La resa del fraseggio è invece più problematica,
essendo ipotizzabili due soluzioni: un'esecuzione piana e veloce che metta in
evidenza la linearità delle frasi oppure l'introduzione di formule di ineguaglianza
ritmica: quest'ultima possibilità sembra più interessante purché non si esageri
spezzando le frasi e non si rompa la regolarità del tactus. La forma piè semplice
di ineguaglianza nella tecnica liutistica ottenuta mediante la differente
accentuazione data dalla tecnica p-i, che in un brano di sapore arcaico come
questo può essere piuttosto marcata. Piccole variazioni possono essere poi
ottenute anticipando o ritardando leggermente l'i rispetto al p, (ma sempre
rimanendo nel tempo!)

Le intavolature vocali
La letteratura liutistica del primo '500 è strettamente collegata al mondo musicale
rappresentato dalle edizioni che Ottaviano Petrucci pubblicava a Venezia,
contemporaneamente alle prime intavolature, e che comprendevano la
produzione, sia vocale che strumentale, dei migliori musicisti fiamminghi del
tempo. Il ruolo svolto da liutisti quali lo Spinacino non va però inteso come quello
di semplici trascrittori: implica piuttosto un intervento creativo in senso
strumentale che rende unico ed originale l'adattamento del brano. La tecnica
dell'intavolatura dello Spinacino consiste nel portare il brano originale sul terreno
delle possibilità strumentali attraverso i mezzi a disposizione del liutista: uso di
formule melodiche 'personali'; semplificazione o arricchimento del tessuto
polifonico a seconda della convenienza strumentale; inserimento di diminuzioni
per spezzare i valori lunghi. Questi elementi contribuiscono a creare una versione
libera e soggettiva del modello originale: in maniera molto simile a quanto è
accaduto nel nostro secolo per le interpretazioni di brani famosi da parte dei
maestri del jazz. Gli adattamenti di brani vocali e strumentali costituivano inoltre
la parte più significativa di queste edizioni: essi venivano posti avanti ai ricercari,
che ancora avevano un ruolo secondario e di introduzione al contenuto principale.

Il ricercare contrappuntistico ed imitativo


Lo sviluppo del ricercare in senso contrappuntistico avviene ad opera di Marco da
L'Aquila prima e in un secondo tempo di Francesco da Milano. Ciè che nella forma
precedente era accenno di procedimenti polifonici ed imitativi qui diventa
elaborazione contrappuntistica evoluta. Il brano è strutturato in sezioni ben
individuate che possono essere ricollegate alla struttura del mottetto polifonico.
Ovviamente l'esperienza del passato non è dimenticata e l'elemento
improvvisativo-strumentale continua a presentarsi. Il tentativo di individuare una
distinzione tra i termini ricercare e fantasia, sebbene abbia dato luogo a varie
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congetture, non si rivela particolarmente utile ai fini del nostro studio. Entrambi i
termini hanno a che fare con l'elemento di ricerca e di invenzione personale
dell'esecutore-compositore; il primo è piè antico, poi spesso si confondono: lo
stesso brano può essere identificato da entrambi in fonti differenti. Pur
conservando la tradizione strumentale, che si esprime con l'inserimento di
passaggi di scale e di progressioni, Francesco introduce uno stile
contrappuntistico di derivazione prettamente vocale, adattandolo perfettamente
alle possibilità e alla sonorità dello strumento. Il ricercare che segue è uno degli
esempi più puri di questo genere. Dallo stile polifonico vocale Francesco da
Milano prende la divisione in episodi -che nel contemporaneo mottetto
corrispondono alle frasi del testo - ed anche espedienti contrappuntistici quali
l'imitazione e le entrate a voci pari (voci acute contrapposte a voci gravi).

Il ricercare e la fantasia alla metà del 500


La trasformazione del Ricercare nel corso del '500 va di pari passo con
l'evoluzione della tecnica strumentale e del linguaggio musicale in senso lato. Alle
tessiture contrappuntistiche scarne e severe tipiche del periodo di Josquin si
sostituisce la sonorità piena e opulenta dello stile palestriniano in cui
predominano linee vocali ben modellate, con una netta preferenza per i gradi
congiunti, che si combinano contrappuntisticamente a formare un'architettura
possente. La musica per liuto risente fortemente di questo stile e la tendenza sarà
verso un progressivo ispessimento della tessitura e una sonorità più piena e ricca.
Naturalmente l'elemento strumentale continua sempre ad essere presente ma lo
troviamo trattato separatamente da quello contrappuntistico. Inizia infatti a
diffondersi un tipo di ricercare in cui si presenta, verso la fine, dopo la parte
contrappuntistica, una sezione virtuosistica, di solito a due voci: una linea di
basso (che può anche riprendere il tema iniziale) su cui si snoda una diminuzione
veloce.
L'elaborazione contrappuntistica raggiunge con la fine del '500 il punto di
massimo sviluppo. Da una parte, specialmente in Italia, si avverte l'influenza della
scuola veneziana, con la sonorità grandiosa, l'uso brillante del contrappunto e, in
alcuni casi, l'imitazione della scrittura a piè cori. Dall'altra si forma una sorta di
stile "internazionale" che viene diffuso attraverso antologie che raggruppano
autori di varia estrazione, quali le raccolte di Besard, Adrianssen, R. Dowland,
Fuhrmann, etc. Dal punto di vista compositivo, l'elemento nuovo di questa fase
consiste nell'uso di un unico tema che viene trattato ed esposto nelle maniere piè
varie.
LA SCRITTURA IDIOMATICA PER LIUTO
La combinazione di accordi e formule di contrappunto strumentale è tipica della
scrittura idiomatica per liuto. Per contrappunto strumentale intendiamo quei
procedimenti che, pur rispettando le regole contrappuntistiche, sfruttano le
possibilità strumentali:
• Il brano non è impostato su un numero definito di voci ma queste potranno
aggiungersi e togliersi liberamente,
• Le voci non sono vincolate necessariamente ai registri vocali ma si
estendono più liberamente sullo strumento.
• Passaggi di terze, seste e decime parallele, progressioni
• Ampi passaggi rapidi e diminuiti
• Sezioni accordali.
In questo stile sono scritti alcuni tipi di ricercare e fantasia, ma specialmente le
elaborazioni di bassi ostinati, passemezzi, romanesche, etc., di autori piè evoluti
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che ricercavano qualcosa di più delle semplici formule accordi-diminuzioni. A
questo genere appartengono anche quei brani, originalmente vocali, che sono
stati adattati al liuto semplificando la struttura polifonica, adattandola al
linguaggio dello strumento, ed aggiungendo passaggi di diminuzioni.

Elaborazioni di bassi ostinati


Un'altra pratica molto viva nella letteratura liutistica del '500 è l'elaborazione dei
cosiddetti ‘bassi ostinati’. Con questo nome si intendono tutti quei modelli basati
su un giro armonico prefissato su cui il compositore imposta la composizione del
brano. In ordine di importanza questi brani sono caratterizzati da:
1. la sequenza armonica
2. la linea del basso
3. la linea melodica

Come è facile intuire la linea del basso può presentarsi in forme diversificate
(stesso accordo in posizioni differenti), mentre la sequenza armonica è l’elemento
più stabile. In alcuni casi una particolare versione di un basso ostinato può essere
caratterizzata da una linea melodica ben definita: ad esempio la canzone
elisabettiana Greensleeves è scritta sulla Romanesca; ma altre romanesche hanno
melodie completamente diverse.
I bassi ostinati più praticati nel ‘500 sono: Il Passamezzo antico, il Passamezzo
moderno, la Romanesca, le prime forme della Follia.
Questa pratica si protrae ben oltre i limiti della musica rinascimentale per divenire
una delle espressioni più caratteristiche del barocco con la Follia, la Passacaglia, la
Ciaccona), l’aria di Ruggero, l’aria di Fiorenza.
I cicli di variazioni su bassi ostinati sono trattati dai liutisti e dai vihuelisti del ‘500
nei modi più disparati. Si va da versioni molto semplici ad altre più elaborate che
realizzano soprattutto variazioni con diminuzioni più o meno virtuosistiche che si
sviluppano sulla struttura armonica del brano.
Una forma più elaborata si ha nel caso in cui le variazioni sono di carattere
contrappuntistico: si tratta di un genere sviluppato dagli autori più impegnati,
quali Vincenzo Galilei, Simone Molinaro, Lorenzino etc. i quali utilizzano il basso
ostinato come sostegno per una scrittura a più voci che si serve dei vari
espedienti della polifonia, imitazione compresa.

La musica di danza
La musica di danza percorre tutto il secolo e tutti i paesi, assumendo via via i
caratteri dei vari stili nazionali.
In Italia la musica di danza si trova sia nei primi manoscritti sia nelle raccolte a
stampa, a iniziare da quella di Joan ambrosio Dalza del 1508. Di solito le danze
sono costruite sopra schemi armonici semplici su cui si svolgono le ripetizioni
variate: in questo senso, rientrano anche nel genere del basso ostinato. In Dalza
troviamo la sequenza Pavana-Saltarello-Piva, in cui lo schema armonico è
praticamente lo stesso mentre la musica viene adattata al ritmo e al movimento
dei vari passi di danza: la Pavana in tempo binario lento, il saltarello in tempo
ternario e la piva sempre in tempo ternario ma raddoppiato. Gli storici della
musica hanno individuato in questa successione i primi elementi di quella che
sarà la suite.

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L’intavolatura stampata da Giovanni Antonio Casteliono nel 1536 è un’altra
importante fonte di danze italiane della prima metà del secolo. Le danze sono
tutte attribuite a Pietro Paolo Borrono da Milano; la maggior parte si presenta
nella successione pavana-saltarello seguita da altri due saltarelli, forse collegabili
a mo’ di suite. Anche in questo caso, come in Dalza, la prima coppia pavana-
saltarello è scritta sullo stesso schema armonico, come ad esempio il passamezzo
antico della Pavana detta la Milanesa. In altri casi i titoli delle danze suggeriscono
con il titolo l’esistenza di una versione vocale (“Monta su che son de vella” etc.). In
altri casi appare evidente il collegamento con un repertorio comune di musiche
strumentali di danza (ad es. Saltarello “La Traditorella” si trova in altre versioni sia
per liuto sia per consort di strumenti).
Dal punto di vista strutturale anche in Borrono si conferma l’esposizione di un
tema costruito su un basso ben identificabile, seguito da una serie di variazioni
che si svolgono secondo il principio della diminuzione; le varie sezioni sono
identificate dalla dicitura ‘alio modo’.

Con il progredire del secolo la scrittura della danza per liuto dimostra un
progressivo allontanamento dalla funzionalità coreografica per sviluppare un
linguaggio più autonomo e complesso dal punto di vista compositivo e
contrappuntistico. Rientrano in questa sfera; le danze Giovanni Paolo Paladino che
pubblica i suoi libri di liuto in Francia col nome di Jean Paul Paladin; le danze di
Vincenzo Galilei, conservate nel manoscritto autografo Gal6 della Biblioteca
Nazionale di Firenze; le danze di Giacomo Gorzanis, Giovanni Antonio Terzi,
Simone Molinaro Lorenzo Tracetti (noto come Lorenzino). In particolare si
sviluppa la combinazione passamezzo-saltarello e la romanesca. In questa
tipologia rimane solo la base armonica della danza mentre la musica si sviluppa in
una serie di variazioni che mettono in evidenza l’inventiva e il virtuosismo del
compositore/esecutore utilizzando e alternando ingredienti quale la diminuzione,
la scrittura polifonica e l’imitazione. Un aspetto particolare è quello
dell’esplorazione delle varie posizioni del liuto: il passamezzo ad esempio,
(normalmente in sol) poteva essere trasportato a partire da varie posizioni: la, fa,
re, fino a raggiungere tonalità e posizioni lontane (in realtà l’impostazione modale
restava immutata ma si immaginava di trasferirla nelle varie ‘poste’ del liuto). Ciò,
oltre che un aumento delle difficoltà del brano, produceva variazioni sonore ed
espressive dovute alla differente resa nelle varie posizioni e combinazioni di corde
a vuoto e tastate del liuto. Galilei e Gorzanis arrivano a scrivere cicli di
passemezzi e saltarelli composti su tutte le dodici ‘poste’ del liuto (oggi diremmo
le dodici tonalità). Questa arditezza strumentale trova una corrispondenza nella
formulazione teorica e pratica, da parte di Galilei, del posizionamento dei tasti del
liuto secondo il temperamento equabile.
Un ruolo importante viene conservato ancora dalla gagliarda, che col suo
andamento ternario non troppo rapido favorisce l’esecuzione di rapide
diminuzioni e di elaborazioni contrappuntistiche.

Tuttavia ancora nella metà e poi verso la fine del XVI secolo continua un filone di
danze più leggere dal punto di vista strutturale e contrappuntistico (Rotta,
Barbetta, Abondante) per arrivare alle raccolte espressamente dedicate
all’accompagnamento della danza, come sono quelle di Fabrizio Caroso e Cesare
Negri.

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Anche in Francia si sviluppa una ricca tradizione di danze per liuto, che inizia con
la raccolta di Pierre Attaignant del 1530 Dixhuit Basses Dances. La danza che
caratterizza maggiormente questa raccolta è la bassadanza, che nella sua
accezione quattrocentesca consisteva in una esecuzione più o meno improvvisata
su un tenor. In Attaignant sembra piuttosto che il tenor sia passato alla voce
superiore, arricchito da diminuzioni e sostenuto da un basso aggiunto. Anche qui
come in Borrono si trovano diversi titoli che rimandano a originali vocali.
Altre raccolte di danze francesi sono quelle stampate da Adrien Le Roy e
Guillaume Morlaye a partire dagli anni cinquanta del secolo. Oltre al consueto
procedimento di ripetere le varie sezioni delle danze arricchendole con
diminuzioni, si inizia a notare una caratteristica di quello che potremmo chiamare
l’idioma liutistico francese: la pratica di spezzare gli accordi alternando il basso
con le parti superiori, giocando anche su effetti di controtempo. Si tratta con tutta
probabilità dei primi esperimenti su quello che nel barocco diventerà lo stile
brisée che trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di spezzare le armonie
ripercuotendole in modo da ovviare alla naturale decadenza del suono del liuto.
Sul finire del secolo le danze rinascimentali iniziano a passare di moda e si
affermano la corrente e la volta, la prima delle quali diventerà una delle danze
cardine dello stile barocco: entrambe in tempo ternario e molto simili dal punto di
vista dell’aspetto musicale, sono caratterizzate da un andamento più scorrevole
rispetto alla gagliarda (di solito ¾ in uno), che favorisce l’uso sempre più
accentuato dello stile spezzato. Queste danze tra la fine del XVI e l’inizio del XVII
si diffondono in maniera capillare anche in Italia, Germania, Paesi Bassi e
Inghilterra.

Le danze costituiscono, rispetto ai generi polifonici della fantasia e delle


intavolature vocali, la parte preponderante del repertorio liutistico inglese: esse
vengono trattate in un modo tutto particolare, che va inquadrato nello spirito
della musica elisabettiana, rappresentata da autori quali John Dowland, Anthony
Holborne, John e Robert Johnson. Innanzitutto molte danze hanno un corrispettivo
vocale, elemento questo che rimanda ad una possibile influenza francese. Alcuni
esempi ben noti di Dowland: la pavana Lachrimae è Flow my teares nel secondo
libro di songs; la gagliarda Earl of Essex Galliard è Can she excuse nel primo libro
di songs. Sia per questa derivazione vocale, sia per la naturale propensione della
musica inglese, così legata ai generi popolari della ballata, la componente
melodica ed espressiva si presenta in modo inconfondibile. Le danze, siano esse
gagliarde –il genere più comune-, pavane, allemande o brani liberi, sono quasi
sempre tripartite con ogni sezione principale seguita dalla sua diminuzione (A-Aʹ
B-Bʹ C-Cʹ).
Verso la fine dell’epoca elisabettiana la nuova moda francese della volta e della
corrente si diffonde anche in Inghilterra dove prende sempre di più il posto della
gagliarda.

Il preludio e la toccata
Verso la fine del ‘500 si presenta un nuovo tipo di composizione chiamato
preludio. Si tratta di un tipo di brano non molto lungo che prende le mosse dal
ricercare rinascimentale di tipo improvvisativo. Probabilmente utilizzato come
introduzione ad un brano o ad una serie di brani più sostanziosi (la suite non è
ancora codificata). Normalmente inizia con un breve sequenza di accordi in valori
lunghi, seguita da spunti contrappuntistici intercalati da passaggi. Si fa sempre
più forte la componente retorica: in cui ogni sezione è caratterizzata da un
‘sentimento’, un ‘affetto’ che devono colpire chi ascolta. Si sta aprendo la strada
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verso il barocco. Il preludio diventa toccata. Autori di preludi sono Lorenzino
Tracetti, Besard, Mertel,
La toccata, come espressione del barocco, è di solito più lunga e più elaborata. Se
la variazione su basso ostinato ha un carattere di unitarietà dato dalla sua stessa
struttura, la toccata è l’opposto. Le sezioni possono essere contrastanti; le
possibilità idiomatiche degli strumenti vengono esplorate anche arrivando a limiti
impensabili nel ‘500. Michelangelo Galilei, Alessandro Piccinini, Gerolamo
Kapsperger in ordine di presa di distanza dagli schemi tradizionali; quest’ultimo
in particolare si fa promotore di un genere molto avanzato che fa uso di vari
effetti che trovano la loro massima applicazione nelle toccate per chitarrone:
l’arpeggio, gli ornamenti, i passaggi legati con la mano sinistra, le dissonanze e i
ritmi stravaganti.

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