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ll ricercare
Il ricercare può essere considerato la conquista della musica strumentale avvenuta
tra la fine del'400 e l'inizio del '500. I primi esempi che ci sono rimasti possono
darci un'idea sull'origine, più che di una forma musicale ben precisa, di una
maniera di suonare: un fenomeno che fu sicuramente vasto e complesso ma del
quale ci è rimasto poco dato che è da collegare con la tradizione non scritta. Il
primo elemento che può essere riscontrato è l'assenza di una struttura predefinita
in favore di una libera elaborazione di un materiale musicale che è invece
individuabile abbastanza facilmente:
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• elementi di improvvisazione monodica: passaggi di scale che esplorano i
registri dello strumento e mettono alla prova le capacità virtuosistiche
dell'esecutore;
• elementi di improvvisazione polifonica: formule di scale per seste, terze, e
decime che spesso si organizzano in progressioni; anche qui la componente
di esplorazione delle possibilità sonore dei registri dello strumento è
evidente;
• elementi di contrappunto vocale: il linguaggio che dominava l'ambiente
musicale colto non poteva essere sconosciuto ai liutisti che lo inseriscono
nel ricercare: a volte con delle vere e proprie citazioni incorporate nel
brano;
• elementi di contrappunto strumentale: parallelamente all'affermazione del
liuto si diffonde la musica strumentale d'insieme: scritta secondo la
grammatica del contrappunto vocale ma con inflessioni piè strumentali:
sfruttamento dei registri strumentali ed uso diffuso della progressione:
melodica se osservata in una voce; contrappuntistica se vista nella struttura
del brano che di solito è imitativo;
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che in questo caso gli consente di giocare con il ritmo senza però perderne il
controllo.
Le intavolature vocali
La letteratura liutistica del primo '500 è strettamente collegata al mondo musicale
rappresentato dalle edizioni che Ottaviano Petrucci pubblicava a Venezia,
contemporaneamente alle prime intavolature, e che comprendevano la
produzione, sia vocale che strumentale, dei migliori musicisti fiamminghi del
tempo. Il ruolo svolto da liutisti quali lo Spinacino non va però inteso come quello
di semplici trascrittori: implica piuttosto un intervento creativo in senso
strumentale che rende unico ed originale l'adattamento del brano. La tecnica
dell'intavolatura dello Spinacino consiste nel portare il brano originale sul terreno
delle possibilità strumentali attraverso i mezzi a disposizione del liutista: uso di
formule melodiche 'personali'; semplificazione o arricchimento del tessuto
polifonico a seconda della convenienza strumentale; inserimento di diminuzioni
per spezzare i valori lunghi. Questi elementi contribuiscono a creare una versione
libera e soggettiva del modello originale: in maniera molto simile a quanto è
accaduto nel nostro secolo per le interpretazioni di brani famosi da parte dei
maestri del jazz. Gli adattamenti di brani vocali e strumentali costituivano inoltre
la parte più significativa di queste edizioni: essi venivano posti avanti ai ricercari,
che ancora avevano un ruolo secondario e di introduzione al contenuto principale.
Come è facile intuire la linea del basso può presentarsi in forme diversificate
(stesso accordo in posizioni differenti), mentre la sequenza armonica è l’elemento
più stabile. In alcuni casi una particolare versione di un basso ostinato può essere
caratterizzata da una linea melodica ben definita: ad esempio la canzone
elisabettiana Greensleeves è scritta sulla Romanesca; ma altre romanesche hanno
melodie completamente diverse.
I bassi ostinati più praticati nel ‘500 sono: Il Passamezzo antico, il Passamezzo
moderno, la Romanesca, le prime forme della Follia.
Questa pratica si protrae ben oltre i limiti della musica rinascimentale per divenire
una delle espressioni più caratteristiche del barocco con la Follia, la Passacaglia, la
Ciaccona), l’aria di Ruggero, l’aria di Fiorenza.
I cicli di variazioni su bassi ostinati sono trattati dai liutisti e dai vihuelisti del ‘500
nei modi più disparati. Si va da versioni molto semplici ad altre più elaborate che
realizzano soprattutto variazioni con diminuzioni più o meno virtuosistiche che si
sviluppano sulla struttura armonica del brano.
Una forma più elaborata si ha nel caso in cui le variazioni sono di carattere
contrappuntistico: si tratta di un genere sviluppato dagli autori più impegnati,
quali Vincenzo Galilei, Simone Molinaro, Lorenzino etc. i quali utilizzano il basso
ostinato come sostegno per una scrittura a più voci che si serve dei vari
espedienti della polifonia, imitazione compresa.
La musica di danza
La musica di danza percorre tutto il secolo e tutti i paesi, assumendo via via i
caratteri dei vari stili nazionali.
In Italia la musica di danza si trova sia nei primi manoscritti sia nelle raccolte a
stampa, a iniziare da quella di Joan ambrosio Dalza del 1508. Di solito le danze
sono costruite sopra schemi armonici semplici su cui si svolgono le ripetizioni
variate: in questo senso, rientrano anche nel genere del basso ostinato. In Dalza
troviamo la sequenza Pavana-Saltarello-Piva, in cui lo schema armonico è
praticamente lo stesso mentre la musica viene adattata al ritmo e al movimento
dei vari passi di danza: la Pavana in tempo binario lento, il saltarello in tempo
ternario e la piva sempre in tempo ternario ma raddoppiato. Gli storici della
musica hanno individuato in questa successione i primi elementi di quella che
sarà la suite.
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L’intavolatura stampata da Giovanni Antonio Casteliono nel 1536 è un’altra
importante fonte di danze italiane della prima metà del secolo. Le danze sono
tutte attribuite a Pietro Paolo Borrono da Milano; la maggior parte si presenta
nella successione pavana-saltarello seguita da altri due saltarelli, forse collegabili
a mo’ di suite. Anche in questo caso, come in Dalza, la prima coppia pavana-
saltarello è scritta sullo stesso schema armonico, come ad esempio il passamezzo
antico della Pavana detta la Milanesa. In altri casi i titoli delle danze suggeriscono
con il titolo l’esistenza di una versione vocale (“Monta su che son de vella” etc.). In
altri casi appare evidente il collegamento con un repertorio comune di musiche
strumentali di danza (ad es. Saltarello “La Traditorella” si trova in altre versioni sia
per liuto sia per consort di strumenti).
Dal punto di vista strutturale anche in Borrono si conferma l’esposizione di un
tema costruito su un basso ben identificabile, seguito da una serie di variazioni
che si svolgono secondo il principio della diminuzione; le varie sezioni sono
identificate dalla dicitura ‘alio modo’.
Con il progredire del secolo la scrittura della danza per liuto dimostra un
progressivo allontanamento dalla funzionalità coreografica per sviluppare un
linguaggio più autonomo e complesso dal punto di vista compositivo e
contrappuntistico. Rientrano in questa sfera; le danze Giovanni Paolo Paladino che
pubblica i suoi libri di liuto in Francia col nome di Jean Paul Paladin; le danze di
Vincenzo Galilei, conservate nel manoscritto autografo Gal6 della Biblioteca
Nazionale di Firenze; le danze di Giacomo Gorzanis, Giovanni Antonio Terzi,
Simone Molinaro Lorenzo Tracetti (noto come Lorenzino). In particolare si
sviluppa la combinazione passamezzo-saltarello e la romanesca. In questa
tipologia rimane solo la base armonica della danza mentre la musica si sviluppa in
una serie di variazioni che mettono in evidenza l’inventiva e il virtuosismo del
compositore/esecutore utilizzando e alternando ingredienti quale la diminuzione,
la scrittura polifonica e l’imitazione. Un aspetto particolare è quello
dell’esplorazione delle varie posizioni del liuto: il passamezzo ad esempio,
(normalmente in sol) poteva essere trasportato a partire da varie posizioni: la, fa,
re, fino a raggiungere tonalità e posizioni lontane (in realtà l’impostazione modale
restava immutata ma si immaginava di trasferirla nelle varie ‘poste’ del liuto). Ciò,
oltre che un aumento delle difficoltà del brano, produceva variazioni sonore ed
espressive dovute alla differente resa nelle varie posizioni e combinazioni di corde
a vuoto e tastate del liuto. Galilei e Gorzanis arrivano a scrivere cicli di
passemezzi e saltarelli composti su tutte le dodici ‘poste’ del liuto (oggi diremmo
le dodici tonalità). Questa arditezza strumentale trova una corrispondenza nella
formulazione teorica e pratica, da parte di Galilei, del posizionamento dei tasti del
liuto secondo il temperamento equabile.
Un ruolo importante viene conservato ancora dalla gagliarda, che col suo
andamento ternario non troppo rapido favorisce l’esecuzione di rapide
diminuzioni e di elaborazioni contrappuntistiche.
Tuttavia ancora nella metà e poi verso la fine del XVI secolo continua un filone di
danze più leggere dal punto di vista strutturale e contrappuntistico (Rotta,
Barbetta, Abondante) per arrivare alle raccolte espressamente dedicate
all’accompagnamento della danza, come sono quelle di Fabrizio Caroso e Cesare
Negri.
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Anche in Francia si sviluppa una ricca tradizione di danze per liuto, che inizia con
la raccolta di Pierre Attaignant del 1530 Dixhuit Basses Dances. La danza che
caratterizza maggiormente questa raccolta è la bassadanza, che nella sua
accezione quattrocentesca consisteva in una esecuzione più o meno improvvisata
su un tenor. In Attaignant sembra piuttosto che il tenor sia passato alla voce
superiore, arricchito da diminuzioni e sostenuto da un basso aggiunto. Anche qui
come in Borrono si trovano diversi titoli che rimandano a originali vocali.
Altre raccolte di danze francesi sono quelle stampate da Adrien Le Roy e
Guillaume Morlaye a partire dagli anni cinquanta del secolo. Oltre al consueto
procedimento di ripetere le varie sezioni delle danze arricchendole con
diminuzioni, si inizia a notare una caratteristica di quello che potremmo chiamare
l’idioma liutistico francese: la pratica di spezzare gli accordi alternando il basso
con le parti superiori, giocando anche su effetti di controtempo. Si tratta con tutta
probabilità dei primi esperimenti su quello che nel barocco diventerà lo stile
brisée che trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di spezzare le armonie
ripercuotendole in modo da ovviare alla naturale decadenza del suono del liuto.
Sul finire del secolo le danze rinascimentali iniziano a passare di moda e si
affermano la corrente e la volta, la prima delle quali diventerà una delle danze
cardine dello stile barocco: entrambe in tempo ternario e molto simili dal punto di
vista dell’aspetto musicale, sono caratterizzate da un andamento più scorrevole
rispetto alla gagliarda (di solito ¾ in uno), che favorisce l’uso sempre più
accentuato dello stile spezzato. Queste danze tra la fine del XVI e l’inizio del XVII
si diffondono in maniera capillare anche in Italia, Germania, Paesi Bassi e
Inghilterra.
Il preludio e la toccata
Verso la fine del ‘500 si presenta un nuovo tipo di composizione chiamato
preludio. Si tratta di un tipo di brano non molto lungo che prende le mosse dal
ricercare rinascimentale di tipo improvvisativo. Probabilmente utilizzato come
introduzione ad un brano o ad una serie di brani più sostanziosi (la suite non è
ancora codificata). Normalmente inizia con un breve sequenza di accordi in valori
lunghi, seguita da spunti contrappuntistici intercalati da passaggi. Si fa sempre
più forte la componente retorica: in cui ogni sezione è caratterizzata da un
‘sentimento’, un ‘affetto’ che devono colpire chi ascolta. Si sta aprendo la strada
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verso il barocco. Il preludio diventa toccata. Autori di preludi sono Lorenzino
Tracetti, Besard, Mertel,
La toccata, come espressione del barocco, è di solito più lunga e più elaborata. Se
la variazione su basso ostinato ha un carattere di unitarietà dato dalla sua stessa
struttura, la toccata è l’opposto. Le sezioni possono essere contrastanti; le
possibilità idiomatiche degli strumenti vengono esplorate anche arrivando a limiti
impensabili nel ‘500. Michelangelo Galilei, Alessandro Piccinini, Gerolamo
Kapsperger in ordine di presa di distanza dagli schemi tradizionali; quest’ultimo
in particolare si fa promotore di un genere molto avanzato che fa uso di vari
effetti che trovano la loro massima applicazione nelle toccate per chitarrone:
l’arpeggio, gli ornamenti, i passaggi legati con la mano sinistra, le dissonanze e i
ritmi stravaganti.