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John Berger.
I
Precisione
Obbedienza
Lealtà
Intelligenza
Zelo
Intraprendenza
Affabilità
Dalla finestra della sala da pranzo, col vento nei capelli, Rahel
vedeva la pioggia tambureggiare sul tetto di lamiera arrugginita di
quella che un tempo era la fabbrica di conserve della nonna.
Conserve & Composte Paradiso.
Stava fra la casa e il fiume.
Una volta facevano sottaceti, succhi, conserve, curry e ananas in
scatola. E marmellata di banane (illegalmente) dopo che la FPO) (Food
Product Organization) l'aveva messa al bando perché secondo i loro
standard non era né una marmellata né una gelatina. Troppo liquida per
essere marmellata, troppo densa per essere gelatina. Una consistenza
ambigua, dissero, inclassificabile.
Stando ai loro libri.
Ripensandoci ora, Rahel aveva l'impressione che queste difficoltà
con le classificazioni, nella sua famiglia, andassero molto più a fondo
della semplice questione marmellatagelatina.
Forse Ammu, Estha e lei erano quelli che avevano trasgredito più
gravemente. Ma non erano stati i soli, ce n'erano stati altri. Tutti loro
avevano infranto delle regole. Tutti loro avevano sconfinato in territori
proibiti. Tutti loro avevano violato le leggi che stabilivano chi
bisognava amare e come. E quanto. Le leggi che facevano nonne le
nonne, zii gli zii, madri le madri, cugini i cugini, marmellata la
marmellata e gelatina la gelatina.
C'era stato un tempo in cui glizii erano diventati padri, le madri
amanti e le cugine erano morte e avevano avuto il loro funerale.
Un tempo in cui l'impensabile era diventato pensabile e
l'impossibile era successo davvero.
La polizia trovò Velutha ancor prima del funerale di Sophie Mol.
Aveva i polsi lacerati dove le manette toccavano la pelle. Fredde
manette dall'odore amaro di metallo. Come i corrimano d'acciaio della
corriera e l'odore delle mani del bigliettaio che ci stava attaccato.
Quando tutto fu finito, Baby Kochamma disse: -Raccoglierai ciò
che hai seminato . Come se lei non avesse avuto niente a che fare né
con la Semina né col Raccolto. Con i suoi minuscoli piedi tornò al
ricamo a punto croce. Le loro piccole punte non toccavano mai il
pavimento. Era stata lei ad avere l'idea che Estha fosse Restituito.
Il dolore e l'amarezza di Margaret Kochamma per la morte della
figlia si attorcigliavano dentro di lei come una molla rabbiosa. Non
disse mai niente, ma nei giorni che passò ad Ayemenem prima di
tornare in Inghilterra, prendeva a schiaffi Estha tutte le volte che
poteva.
Rahel stette a guardare Ammu che riempiva il piccolo baule di
Estha.
-Forse hanno ragione loro disse Ammu in un soffio. -Forse un
ragazzino ha bisogno del suo Baba.
Rahel vide che i suoi occhi erano morti, rossi e morti.
II
La falena di Pappachi
Il noto entomologo Shri Benaan John Ipe, figlio del defunto Rev. E. John
Ipe di Ayemenem (noto come Punnyan Kunju), è stato colpito da un grave
attacco di cuore ed è deceduto al Kottayam General Hospital la scorsa
notte. Intorno alle ore 1.05 di mattina aveva accusato dolori al petto, ed era
stato ricoverato d'urgenza. La fine è sopraggiunta alle 2.45. Shri Ipe aveva
goduto di ottima salute fino agli ultimi sei mesi. Lascia la moglie
Soshamma e due figli.
Alla sua morte, Pappachi lasciò bauli stipati di abiti costosi e una
scatola da cioccolatini di latta piena di fermacravatta che Chacko
distribuì a taxisti di Kottayam. I fermacravatta furono fusi e trasformati
in anelli e pendenti per le doti delle figlie nubili.
Quando i gemelli chiesero a cosa servissero i fermacravatta, -Per tenere
ferme le cravatte rispose Ammu, rimasero elettrizzati da questo granello
di logica scoperta in quella che fino ad allora era sembrata una lingua
illogica. Ferma + cravatta = Fermacravatta. Questo, ai loro occhi,
rivaleggiava con la precisione e la logica della matematica.
Fermacravatta dava loro una straordinaria (ed esagerata) soddisfazione,
e un affetto autentico nei confronti della lingua inglese.
Ammu diceva che Pappachi era un incurabile CCP britannico.
CCP era l'abbreviazione di chhichhi poach, che in hindi significava
scopino da cesso. Chacko diceva che la giusta definizione per tipi come
Pappachi era Anglofilo. Disse a Rahel ed Estha di guardare Anglofilo
sul Grande dizionario enciclopedico del Reader" s Digest. Diceva:
Persona ben disposta verso gli inglesi. Poi Estha e Rahel dovettero
cercare disporre.
Diceva:
Alla fine avevano i peli delle braccia ritti, dorati alla luce della
lampada da notte. Mentre leggeva, Ammu faceva la voce stentorea,
come quella di Shere Khan. O piagnucolosa, come quella di Tabaqui.
-Cos'è tutto questo blaterare di scelta? Per il toro che ho appena
ammazzato! Dovro star qui ad ascoltare le tue fandonie. per fare quello
che è solo il mio dovere? Sono io, Shere Kahn, che ti parlo!
-E sono io, Rakshka [la Diavolessa], che rispondo! gridavano i
gemelli con voci squillanti. Non contemporaneamente, ma quasi.
-Il cucciolo d'uomo è mio, Lungri... mio e basta ! Non sarà ucciso.
Vivrà per correre col branco e per cacciare col branco; e alla fine, stai
attento, tu, cacciatore di piccoli cuccioli nudi, tu mangiatore di rane,
assassino di pesci, sarà lui a cacciare te!
Baby Kochamma, che era stata incaricata della loro educazione,
aveva letto loro La tempesta raccontata da Charles e Mary Lamb.
-Là dove l'ape sugge, suggo anch'io saltavano su a dire Estha e
Rahel. -In una primula è il letto mio.
Così quando l'amica missionaria australiana di Baby Kochamma,
la signorina Mitten, una volta che andò in visita ad Ayemenem regalò a
Estha e Rahel un libro per bambini, Le avventure di Susie la
Scoiattolina -, loro si sentirono offesi nel profondo. Prima lo lessero
dall'inizio alla fine. La signorina Mitten, che apparteneva alla setta dei
Cristiani Rinati, disse che era lievemente Seccata con loro, quando
glielo lessero ad alta voce, ma alla rovescia.
-eL erutnevva id cisuS al anilottaiocS. nU onittam id arevamirp
cisuS al anilottaiocS is òilgevs.
Mostrarono alla signorina Mitten come fosse possibile leggere sia
malayalam che Madam I" m Adam al diritto e alla rovescia. Lei non lo
trovò divertente, e saltò fuori che non sapeva neppure cosa fosse il
malayalam. Le dissero che era la lingua che tutti parlavano nel Kerala.
Lei disse che aveva la vaga impressione che invece si chiamasse
keralese. Estha, che ormai provava una vera e propria antipatia per la
signorina Mitten, le disse che per quel che ne sapeva lui la sua era
un'Impressione Profondamente Stupida.
La signorina Mitten si lamentò con Baby Kochamma della villania
di Estha, e anche del fatto che leggevano alla rovescia. Disse a Baby
Kochamma che aveva visto Satana nei loro occhi. anataS ien orol ihcco.
Furono obbligati a scrivere: Non leggeremo più alla rovescia. Non
leggeremo più alla rovescia. Cento volte. Al diritto.
Pochi mesi più tardi la signorina Mitten fu travolta e uccisa da un
camioncino del latte a Hobart, mentre usciva da un campo da cricket. I
gemelli pensarono che c'era una giustizia nascosta, nel fatto che il
camioncino del latte si era rovesciato.
COCHIN
32
Inquilab Zindabad!
Thozhilali Ekta Zindahad!
Tanti anni dopo, in una secca mattina d'autunno, nel nord dello
stato di New York, su un treno domenicale che da Grand Central la
portava a Croton Harmon, Rahel si ricordò tutto all'improvviso.
Quell'espressione sul viso di Ammu. Come una tessera di un puzzle
finita al posto sbagliato. Come un punto di domanda che viaggia per le
pagine di un libro senza mai fermarsi alla fine di una frase.
Quello sguardo come marmo negli occhi di Ammu Il luccicare del
sudore sopra il labbro. E il gelo di quell'improvviso, ferito silenzio.
Che significato aveva tutto questo?
Il treno la domenica era quasi vuoto. Dall'altra parte del corridoio
che divideva i sedili, una donna con le guance ardenti e i baffi tossiva
sputando catarro, che avvolgeva in piccoli cartocci di carta di giornale
strappata dalla pila di giornali della domenica che teneva in grembo.
Sistemava i pacchettini in file ordinate sul sedile vuoto di fronte a lei,
come se stesse mettendo su una scuderia di catarro. E intanto
chiacchierava fra sé e sé, con una voce morbida e piacevole.
La memoria era quella donna sul treno. Folle, per il modo in cui
setacciava cose oscure chiuse in un cassetto e ne emergeva con quelle
più improbabili: uno sguardo sfuggente, una sensazione. L'odore di
fumo. Un tergicristallo. Gli occhi di marmo di una madre. E quasi
normale invece nel modo in cui lasciava larghi tratti di oscurità coperti
da un velo. Nonricordati.
La pazzia della sua compagna di viaggio confortò Rahel. La
portava più addentro al ventre alienato di New York. Via da quell'altra
cosa più terribile, che la perseguitava. Un odore amaro di metallo, come
i corrimano d'acciaio della corriera, e l'odore delle mani del bigliettaio
dopo averli toccati. Un uomo giovane con la bocca da vecchio.
Fuori, l" Hudson luccicava e gli alberi avevano il colore
rossobruno dell'autunno. Era appena un po'"freddo.
-C'è un capezzolo per aria disse Larry McCaslin a Rahel, e posò
dolcemente il palmo della mano, attraverso la sua maglietta di cotone,
su quel capezzolo gelato e sulla sua protesta. Poi si domandò perché
Rahel non sorridesse.
Lei si domandò perché mai, quando pensava a casa sua, era
sempre coi colori del legno scuro e oleoso delle barche e del cuore
vuoto delle lingue di fiamma che guizzavano nelle lampade d'ottone.
L'aveva vista? Era matto sul serio? Sapeva che lei era là?
Non si erano mai sentiti in imbarazzo a esporre i loro corpi l'uno
davanti all'altro, ma non erano mai stati abbastanza vecchi (insieme) per
sapere cosa fosse l'imbarazzo.
Adesso lo erano diventati. Abbastanza vecchi.
Vecchi.
L'età in cui si è vitalmente morituri.
Che parola buffa, vecchio, detta da sola, pensò Rahel. E la Disse
tra Sé: Vecchia.
Rahel sulla porta del bagno. Fianchi stretti. (-Dille che le ci vorrà
un cesareo! aveva detto a suo marito un ginecologo sbronzo mentre
aspettavano il resto al distributore di benzina.) Una lucertola sopra una
carta geografica stampata sulla maglietta stinta. Lunghi capelli incolti,
con un tocco di henne rosso scuro, le allungavano dita disordinate lungo
la schiena. Il diamante nella narice mandava lampi. Qualche volta. E
qualche volta no. Un sottile braccialetto d'oro con teste di serpente
ardeva come un cerchio di luce arancione attorno al suo polso. Esili
serpenti si fronteggiavano sibilando, testa a testa. La fede nuziale che
sua madre aveva fatto fondere. La peluria ammorbidiva la linea delle
sue braccia magre e spigolose.
A un primo sguardo sembrava fosse cresciuta dentro la pelle della
madre. Zigomi alti, fossette profonde quando sorrideva. Ma era più
lunga, più dura e più piatta, più spigolosa di Ammu. Meno attraente,
forse, per quelli che amavano in una donna morbidezza e rotondità.
Solo i suoi occhi erano incontestabilmente più belli. Grandi. Luminosi.
Occhi da annegarcisi, aveva detto Larry McCaslin, scoprendolo a sue
spese.
Cinema Abilash
Du du du (Rahel pensò)
tre ragazze col tutù.
Fermatevi un po'
Lento esclamò.
Pensava che Lento fosse una persona. Lento Kurien. Lento Kutty.
Lento Mol. Lento Kochamma.
Lento Kutty. Svelto Vergbese. E Kuriakose. Tre fratelli forforosi.
Ammu la fece in un batter d'occhio. Contro la parete della tazza, perché
non si sentisse il rumore. La durezza presa dal padre le aveva
abbandonato gli occhi, che erano di nuovo Ammuocchi. Aveva
profonde fossette nel suo sorriso e non sembrava più arrabbiata. Per
Velutha o le bolle di saliva.
Era un Buon Segno.
Estha Da Solo, nel LUI, doveva pisciare, tra palline di canfora e
cicche di sigaretta, nell'orinatoio. Pisciare nella tazza sarebbe stato un
Disonore. Per pisciare nell'orinatoio, era troppo basso. Gli occorreva
dell'Altezza. Cercò l'Altezza e, in un angolo del LUI, la trovò. Una
scopa sudicia, una bottiglia ammaccata piena a metà di un liquido
lattiginoso (fenolo) con delle cose nere che galleggiavano dentro. Uno
straccio afflosciato e due latte rugginose piene di niente. Avrebbero
potuto contenere prodotti delle Conserve Paradiso. Rondelle di ananas
sciroppate. O fette. Fette di ananas. L'onore era salvo grazie alle latte di
sua nonna; Estha Da Solo sistemò le latte rugginose piene di niente
davanti all'orinatoio. Ci salì sopra, un piede su ciascuna, e pisciò con
cura, senza quasi oscillare. Come un Uomo. Le cicche di sigaretta,
prima umide, adesso erano inzuppate, e giravano vorticosamente.
Difficile accenderle... Quando ebbe finito, Estha spostò le latte davanti
al lavandino con lo specchio. Si lavò le mani e si bagnò i capelli. Poi,
reso nano dalle dimensioni del pettine di Ammu, troppo grosso per lui,
ricostruì con cura il suo ciuffo. Prima tutti i capelli indietro, poi in
avanti e arrotolati di fianco, proprio sul bordo della fronte. Rimise il
pettine in tasca, scese dalle latte e le rimise al loro posto con la
bottiglia, lo straccio e la scopa. Fece un inchino a tutti. All'intero
plotone. La bottiglia, la scopa, le latte, lo straccio floscio.
- Inchino , disse, e sorrise, perché da quando era più piccolo gli era
rimasta l'impressione che si dovesse dire - Inchino quando ci si
inchinava. Che per farlo si dovesse dirlo. - Inchino, Estha , dicevano. E
lui faceva l'inchino e diceva: -Inchino , e loro si guardavano e ridevano,
e lui si allarmava.
Estha Da Solo dai denti disuguali.
Fuori, rimase ad aspettare sua madre, sua sorella e la sua
babyprozia. Quando uscirono, Ammu disse: -Tutto okay, Esthappen?
Estha disse: - Okay , e annuì con precauzione per non disfare il
ciuffo.
Okay? Okay. Rimise il pettine nella borsa di lei. Ammu sentì
un'improvvisa fitta d'amore per quel suo piccolo riservato e dignitoso
con le scarpe beige a punta, che aveva appena portato a termine il primo
compito da adulto. Gli passò le dita amorevoli fra i capelli,
distruggendo il ciuffo.
L'Uomo con la Torcia d'acciaio Eveready disse che il film era già
cominciato, che dovevano sbrigarsi. Salirono di corsa i gradini rossi
coperti dal vecchio tappeto rosso. Scale rosse con rosse chiazze di sputo
negli angoli rossi. L'Uomo con la Torcia appallottolò il suo mundu e se
lo tenne ripiegato sotto le palle, con la sinistra. Mentre saliva, i muscoli
dei polpacci si irrigidivano sotto la pelle come pelose palle di cannone.
Teneva la torcia con la destra. Con la mente correva avanti.
- E da tanto che è cominciato , disse.
Così si persero l'inizio. Si persero la tenda di velluto a pieghe che
saliva lentamente, con i bulbi di luce nei grappoli di nappine gialle, e la
musica che doveva essere Baby Elephant Walk da Hatari! O la Colonel
Bogey" s March.
Ammu prese Estha per mano. Baby Kochamma, mentre saliva
ansimando, prese Rahel. Baby Kochamma, appesantita dai suoi meloni,
non voleva ammettere neppure con se stessa che non vedeva l'ora di
godersi il film. Preferiva pensare che lo stava facendo solo per amore
dei bambini. Nel suo cervello teneva un archivio ordinato e organizzato
delle Cose che Faceva Per Gli Altri, e delle Cose che Gli Altri Non
Avevano Fatto Per Lei.
Quel che amava di più erano le prime scene con le suore, e sperava
di non essersele perse. Ammu spiegava a Estha e Rahel che la gente
amava sempre di più ciò in cui si poteva meglio Identificare. Rahel
pensò che forse lei si Identificava meglio con Christopher Plummer, che
faceva la parte del comandante von Trapp. Chacko non si identificava
per niente con lui e lo chiamava Comandante von Ciapp Trapp.
Rahel era come una zanzara eccitata al guinzaglio. Volava. Senza
peso. Su per i gradini. Due giù. Uno su. Faceva cinque gradini mentre
Baby Kochamma ne saliva uno.
Si mette i bigodini
sotto il velo. Io lo so!
La voce era fuori dal film. Era chiara e forte, e tagliava l'oscurità
gracchiante di ventilatori e noccioline masticate. C'era una suora tra il
pubblico. Le teste ruotavano come tappi di bottiglia. Le nuche tutte nere
si trasformarono in facce con labbra e baffi. Labbra sibilanti con denti
da squalo. Molte. Come francobolli su una cartolina.
- Shhh! dicevano in coro.
A cantare era Estha. Una suora col ciuffo. Suor Elvis Pelvis.
Non poteva farne a meno.
- Buttatelo fuori! disse il Pubblico quando lo scovò.
Stazitto o Vafuori. Vafuori o Stazitto.
Il pubblico era un Grande Uomo. Estha era un Piccolo Uomo, con
i biglietti.
- Estha, per amor del cielo, stà ZITTO ! disse Ammu in un potente
bisbiglio.
Ed Estha stette ZITTO. Le labbra e i baffi si girarono di nuovo.
Ma allora, senza preavviso, la canzone ricominciò, ed Estha non poteva
fermarla.
- Ammu, non posso andare fuori a cantarla? chiese Estha (prima
che Ammu gli desse uno schiaffo). -Torno dopo la canzone.
- Ma non pensare che ti porti ancora in giro con me , disse Ammu.
- Ci stai mettendo tutti in imbarazzo.
Ma Estha non poteva trattenersi. Si alzò per uscire. Oltrepassò
l'arrabbiata Ammu. E Rahel, concentrata sullo schermo attraverso le
ginocchia. E Baby Kochamma. E il Pubblico che dovette spostare di
nuovo le gambe. Inquaeinlà. La scritta sopra la porta diceva USCITA
con lettere di luce rossa. Estha uscì.
Nell'atrio, le aranciate aspettavano. Le limonate aspettavano. Le
cioccolate squagliate aspettavano. I divanetti da auto blu elettrico, di
pelle e gommapiuma, aspettavano. I manifesti Presto su questi schermi!
aspettavano.
Estha Da Solo sedette sul divanetto da auto di pelle e
gommapiuma, nell'atrio della Sala della Principessa del Cinema
Abilash, e cantò. Con voce da suora, chiara come acqua limpida.
Prendere
un raggio di luna
non si può
cantava Estha.
-Ehi! disse l'Uomo delle Aranciate e delle Limonate. - Guarda che
questa è la mia ora di Pausa. Presto dovrò alzarmi e lavorare. Perciò
non posso farti star qui a cantare canzoni inglesi. Smettila. Il suo
orologio da polso d'oro era quasi nascosto dai peli ricciuti
dell'avambraccio. La catena d'oro era quasi nascosta dai peli del petto.
La camicia sintetica bianca era aperta fin dove iniziava il rigonfiamento
del ventre. Aveva l'aspetto di un orso ingioiellato e poco amichevole.
Dietro di lui c'erano specchi in cui la gente poteva guardarsi mentre
beveva bevande fredde, rinfrescanti. Per rifarsi i ciuffi e sistemare le
basette. Gli specchi guardavano Estha.
- Potrei compilare un Reclamo Scritto contro di te , disse l'Uomo a
Estha. -Che ne dici? Ti piacerebbe un Reclamo Scritto?
Estha smise di cantare e si alzò per rientrare in sala.
- Già che sono in piedi , disse l'Uomo delle Aranciate e delle
Limonate, - già che mi hai svegliato durante la mia Ora di Pausa, già
che mi hai disturbato, almeno vieni a prendere una bibita. E il minimo
che puoi fare.
Aveva una faccia non rasata e tutta mascelle. I suoi denti, come
tasti di pianoforte ingialliti, guardavano il piccolo Elvis the Pelvis.
- No, grazie , disse Elvis educatamente. - La mia famiglia mi sta
aspettando. E ho finito la mia paghetta.
- Porchetta? disse l'Uomo delle Aranciate e delle Limonate con i
denti che continuavano a guardarlo. - Prima le canzoni inglesi, e adesso
la Porchetta! Ma dove vivi? Sulla luna?
Estha si girò per andarsene.
- Aspetta un attimo! disse brusco l'Uomo delle Aranciate e delle
Limonate. - Solo un attimo! disse ancora, più gentilmente. - Mi
sembrava di averti fatto una domanda.
I suoi denti gialli erano magnetici. Guardavano, sorridevano,
cantavano, annusavano, si muovevano. Ti ipnotizzavano.
-Ti ho chiesto dove vivi , disse, tessendo la sua odiosa tela.
-Ayemenem , disse Estha. -Vivo ad Ayemenem. Mia nonna è la
padrona delle Conserve & Composte Paradiso. E il socio occulto.
- Ah sì, eh? disse l'Uomo delle Aranciate e delle Limonate. -E con
chi va a occultarsi? Fece una risata cattiva che Estha non capì. - Non
importa. Non capiresti.
-Vieni, prendi una bibita , disse. -Una Bibita Fredda E" gratis.
Vieni. Vieni e raccontami di tua nonna.
Estha andò. Attratto dai denti gialli.
- Qui. Dietro il banco , disse l'Uomo delle Aranciate e delle
Limonate. Abbassò la voce a un sussurro. - Dev'essere un segreto,
perché le bibite non sono permesse prima dell'intervallo. E un Atto
Severamente Vietato.
- Passibile di Denuncia , aggiunse dopo una pausa.
Estha andò dietro il Banco dei Rinfreschi per la sua Bibita Fredda
Gratis. Vide i tre sgabelli alti, sistemati in fila perché l'Uomo delle
Aranciate e delle Limonate ci potesse dormire. Il legno lucido per l'uso.
- Ora, se gentilmente mi vuoi tenere questo , disse l'Uomo delle
Aranciate e delle Limonate porgendo a Estha il pene, attraverso il dhoti
di morbida mussola bianca, - io ti preparo la bibita. Arancia? Limone?
Estha lo prese, perché doveva.
- Arancia? Limone? disse l'Uomo. - Limonearancia?
Prese una bottiglia fredda e una cannuccia. Così adesso lui teneva
una bottiglia in una mano e un pene nell'altra. Duro, bollente, venoso.
Niente a che vedere con un raggio di luna.
La mano dell'Uomo delle Aranciate e delle Limonate si chiuse su
quella di Estha. L'unghia del pollice era lunga come quella di una
donna. Mosse la mano di Estha su e giù. Prima piano. Poi in fretta.
La limonata era fredda e dolce. Il pene bollente e duro.
I tasti del pianoforte guardavano.
-Così tua nonna ha una fabbrica? disse l'Uomo delle Aranciate e
delle Limonate. - Che genere di fabbrica?
- Molti prodotti , disse Estha senza guardare, con la cannuccia in
bocca. - Succhi di frutta, salamoie, marmellate, curry. Fette di ananas.
-Bene , disse l'Uomo delle Aranciate e delle Limonate.
- Benissimo.
La sua mano strinse più forte quella di Estha. Stretta e sudata. E
sempre più veloce.
Attorno a un palazzo
corre un povero cane pazzo
presto date un pezzo di pane
a quel povero pazzo cane.
V
Il Paese degli Dei
Anni più tardi, quando Rahel vi tornò, il fiume la salutò col sorriso
spettrale di un teschio: buchi dove prima c'erano i denti e una mano
scheletrica che si sollevava da un letto d'ospedale.
Due cose erano successe.
Lui si era ristretto. E lei era cresciuta.
A valle avevano costruito uno sbarramento per l'acqua salata, in
cambio di voti da parte della potente lobby dei coltivatori di riso. Lo
sbarramento regolava il flusso di acqua salata dalle lagune che si
aprivano sul Mare Arabico. Così adesso avevano due raccolti all'anno
invece di uno. Più riso in cambio di un fiume.
Sebbene fosse giugno, e piovoso, il fiume adesso era solo un
rigagnolo gonfio. Un sottile nastro di acqua fangosa che lambiva
stancamente le due rive fangose, decorato qua e là dall'occhieggiare
argentato di un pesce morto. Era soffocato da alghe grasse, le cui brune
radici pelose oscillavano come sottili tentacoli sotto l'acqua. Uccelli
acquatici dalle ali di bronzo le attraversavano. Con i loro piedi piatti,
prudenti.
Una volta il fiume aveva il potere di evocare la paura. Di cambiare
le vite. Ma adesso i suoi denti erano stati limati, lo spirito svanito. Era
solo un lento, limaccioso nastro verde che traghettava spazzatura fetida
nel mare. Sacchetti di plastica dai colori brillanti sbocciavano sulla sua
superficie viscosa e piena di alghe, come aerei fiori subtropicali.
I gradini di pietra, che una volta avevano condotto i bagnanti
all'acqua e i pescatori al pesce, erano completamente scoperti e
conducevano da un nessunposto a un altro nessunposto, come un
assurdo monumento con niente da commemorare. Le felci si facevano
strada tra le crepe.
Sull'altra riva, le ripide sponde fangose si trasformavano di colpo
nelle basse mura di fango di un sobborgo di casupole diroccate. I
bambini sporgevano il sedere dal bordo e facevano i loro bisogni
direttamente nel fango vischioso e risucchiante del letto scoperto del
fiume. I più piccoli lasciavano che le loro scie gocciolanti ,color senape
scendessero da sole fino al fiume. Alla fine, verso sera, il fiume si
riscuoteva per accettare le offerte giornaliere e trascinarle nel fango fino
al mare, lasciando linee ondulate di spessa feccia bianca al suo
risveglio. A monte, madri pulite lavavano panni e vasellame in affluenti
non inquinati. La gente faceva il bagno. Torsi separati dal corpo si
insaponavano, sistemati come busti scuri su un nastro verde ondulato e
sottile.
Nelle giornate calde l'odore di merda saliva dal fiume e si posava
su Ayemenem come un cappello.
Nell'entroterra, dall'altra parte, una catena di alberghi a cinque
stelle aveva comprato il Cuore di Tenebra.
Dal fiume non si poteva più raggiungere la Casa della Storia (dove
un tempo mormoravano gli antenati con l'alito che sapeva di mappe
ingiallite e le unghie dei piedi spesse). Aveva voltato la schiena ad
Ayemenem. Gli ospiti dell'albergo venivano traghettati attraverso le
lagune dritto da Cochin. Arrivavano con il motoscafo, aprendo una V di
schiuma nell'acqua e lasciandosi dietro una pellicola arcobaleno di
benzina.
Dall'hotel si godeva una bella vista, ma anche lì l'acqua era densa
e avvelenata. Avevano messo cartelli di Vietato bagnarsi scritti con
grafia elaborata. Avevano costruito un muro alto per chiudere fuori il
suburbio e impedirgli di invadere la proprietà di Kari Saipu. Ma per
l'odore non c'era molto da fare.
Però avevano una piscina per nuotarci dentro. E tanduri di pesce
fresco e crepe suzette nel menu.
Gli alberi erano ancora verdi, il cielo ancora azzurro, ed era già
qualcosa. Così andavano avanti a pubblicizzare a destra e a manca il
loro paradiso puzzolente. - Il Paese degli Dei , lo definivano nei
dépliant; perché - e loro, la gente furba dell'hotel, lo sapevano - alla
puzza, come alla povertà degli altri, bisognava semplicemente fare
l'abitudine. Una questione di disciplina. Di Rigore e Aria Condizionata.
Nient'altro.
** kathakali è la tipica forma di danza del Kerala. Si è sviluppato nella sua forma attuale a
partire dal ZVII secolo. Gli argomenti descritti sono presi dai grandi poemi epici indiani, il
Mahabharata (come in questo caso) e il Ramayana (N.d.T.)
Le rappresentazioni avevano luogo accanto alla piscina. Mentre i
tamburi tambureggiavano e i danzatori danzavano, gli ospiti
dell'albergo sguazzavano nell'acqua con i loro figli. Mentre Kunti
rivelava il suo segreto a Kama sulla riva del fiume, coppie amoreggianti
si rubavano l'un l'altra l'olio doposole. Mentre padri giocavano giochi
sessuali sublimati con figlie rimaste adolescenti, Putana allattava il
piccolo Krishna al suo seno avvelenato. Bhima sbudellava Dushasana e
inzuppava nel sangue i capelli di Draupadi.
La veranda posteriore della Casa della Storia (dove si era riunito
un gruppo di poliziotti Toccabili, e dove avevano fatto scoppiare un'oca
gonfiabile) era stata chiusa e trasformata nell'ariosa cucina dell'albergo.
Quel che di peggio vi si poteva combinare, adesso, erano kebab o crème
caramel. Il Terrore era passato. Vinto dall'odore di cibo. Zittito dai
brontolii dei cuochi. Dall'allegro tritatrita di aglio e zenzero. Dallo
Sventramento di piccoli animali: porcellini, capretti. Dai cubetti di
carne. Dal pesce diliscato.
Qualcosa giaceva sepolto nel terreno. Sotto l'erba. Sotto ventitré
anni di pioggia di giugno.
Una piccola cosa dimenticata.
Niente di cui il mondo avrebbe sentito la mancanza.
Un orologio da bambino di plastica, con le ore dipinte sopra.
Dieci alle due, diceva.
Una banda di bambini seguì Rahel nella sua passeggiata.
-Ciao, hippy , dissero, con venticinque anni di ritardo.
- Cometichiami?
Poi qualcuno le tirò un sasso, e la sua infanzia fuggì agitando le
braccia sottili.
Sulla via del ritorno, aggirando la Casa di Ayemenem, Rahel
sbucò nella via principale. Anche qui le case erano nate come funghi, ed
era solo il fatto che se ne stavano rannicchiate sotto gli alberi e che gli
stretti sentieri che le congiungevano con la via principale non erano
rotabili a dare ad Ayemenem un'apparenza di quiete rurale. In realtà la
popolazione si era gonfiata fino a farle raggiungere le dimensioni di una
cittadina. Dietro la fragile facciata verdeggiante viveva una calca di
persone che si poteva radunare quasi senza preavviso. Per picchiare a
morte un conducente d'autobus distratto. Per rompere i finestrini di una
macchina che aveva osato avventurarsi fuori il giorno di uno sciopero
dell'Opposizione. Per rubare l'insulina d'importazione di Baby
Kochamma e le sue focaccine alla crema, che venivano dritte dritte dal
Forno Centrale di Kottayam.
Fuori dalla Lucky Press, il Compagno K. N.M. Pillai era in piedi
accanto al muretto di confine e parlava con un uomo dall'altra parte. Le
braccia del Compagno Pillai erano incrociate sul petto, e le mani
stringevano le ascelle con atteggiamento possessivo, come se qualcuno
gliele avesse appena chieste in prestito e lui avesse rifiutato di darle via.
L'uomo di là del muro faceva scorrere un mazzo di fotografie in un
sacchetto di plastica con aria di interessamento forzato. Le foto erano
per la maggior parte del figlio del Compagno K. N.M. Pillai, Lenin, che
viveva e lavorava a Delhi - facendo l'imbianchino, l'idraulico e
l'elettricista - per l'ambasciata tedesca e quella olandese. Per placare
ogni timore dei suoi datori di lavoro riguardo alle sue simpatie
politiche, si era leggermente modificato il nome. Levin, si faceva
chiamare adesso. P. Levin.
Rahel cercò di passare inosservata, anche se era assurdo pensarlo.
-Aiyyo, Rahel Mol! disse il Compagno K. N.M. Pillai,
riconoscendola all'istante. - Orkunnilley? Il Compagno Zio? - Uwer ,
disse Rahel.
Si ricordava di lui? Ma certo che si ricordava.
La domanda e la risposta non erano che un preambolo di cortesia.
Entrambi sapevano che ci sono cose che si possono dimenticare. E cose
che non si possono dimenticare – che siedono in scaffali pieni di
polvere come uccelli impagliati con occhi obliqui e minacciosi.
-Allora! disse il Compagno Pillai. -Penso che sei in Ameirica
adesso, eh?
- No , disse Rahel. - Sono qui.
- Sissì , sembrava un po'"impaziente. - Ma per il resto sei in
Ameirica, credo.
Il Compagno Pillai scrociò le braccia. I suoi capezzoli
occhieggiarono verso Rahel dalla cima del muro, come gli occhi di un
Sanbernardo.
- Riconosciuta? chiese il Compagno Pillai all'uomo delle foto,
indicando Rahel col mento.
L'uomo non l'aveva riconosciuta.
- La figlia della figlia della vecchia Kochamma delle Conserve
Paradiso , disse il Compagno Pillai.
L'uomo sembrò perplesso. Era chiaramente un forestiero. E non un
mangiatore di sottaceti. Il Compagno Pillai tentò un'altra strada.
-Punnyan Kunju? chiese. Il Patriarca d'Antiochia fece una breve
apparizione su per aria e agitò la mano rinsecchita.
Per l'uomo delle foto, le cose cominciarono a collocarsi al posto
giusto. Annuì con entusiasmo.
- Il figlio di Punnyan Kunju? Benaan John Ipe? Che prima stava a
Delhi? disse il Compagno Pillai.
- Uwer; uwer, uwer , disse l'uomo.
- La figlia di sua figlia è questa qui. Sta in Ameirica adesso.
L'uomo annuiva come se ne andasse della sua vita mentre l'albero
genealogico di Rahel si chiariva davanti ai suoi occhi.
- Uwer, uwer, uwer. In Ameirica, adesso. Sì? Non era una
domanda. Era ammirazione allo stato puro.
Ricordò vagamente l'ombra di uno scandalo. Aveva dimenticato i
particolari, ma si ricordava che c'entravano sesso e morte. Era stato sui
giornali. Dopo un breve silenzio e un'altra serie di piccoli su e giù del
capo, l'uomo porse al Compagno Pillai il sacchetto di fotografie.
- Okay, compagno, io vado.
Doveva prendere la corriera.
VI
Canguria a Cochin
Tacco punta
Tacco punta
C'era
Una ragazza
Alta e
Magra e
Bionda
I capelli
I capelli
Avevano il chiaro colore del
Gin nnn ger (sinìssinìs, dès)
C'era
Una ragazza...