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Bastoni da lancio, boomerang, scettri… e non solo

Qualche nuovo spunto dall’arte rupestre preistorica

Tomaso Di Fraia* Presentiamo qui, in modo necessariamente sintetico, una classe di


Caterina Ciabarra ** manufatti, solitamente di legno ma talora anche di osso o altri ma-
teriali, definibili complessivamente “bastoni ricurvi”. Natural-
mente la genericità dell’espressione abbraccia vari tipi, che in base
al modo di utilizzazione si possono suddividere in due gruppi:
1) strumenti da lancio; 2) strumenti tenuti con la mano durante
l’uso, sia che si tratti di un’utilizzazione pratica, sia per un’osten-
tazione simbolica.

La documentazione
Il repertorio di tali manufatti è ricavabile da documenti iconogra-
fici e da oggetti veri e propri, peraltro molto più rari.
Le raffigurazioni note (Cassen 20121) si riferiscono ad almeno
cinque tipi di manufatti reali:
1) bastone con un’estremità ricurva almeno a semicerchio (o
“bastone da pastore”, latino pedum, francese crosse); non è uno
strumento da lancio;
2) bastone da lancio sinuoso, conosciuto soprattutto attraverso
affreschi egizi, in cui appare utilizzato per la caccia a volatili;
3) bastone da lancio angolare, costituito da due tratti diritti,
congiunti con un angolo di un’ampiezza generalmente compresa
tra i 130° e 160°; usato per la caccia, non consente il ritorno;
4) boomerang, o bastone da lancio con rotazione e con ritorno;
5) arpione (o arpone); in questo caso l’estremità distale (la pun-
ta) non è ricurva ma diritta, mentre un elemento ricurvo od obli-
quo è inserito poco distante da essa.
Le più antiche rappresentazioni di bastoni ricurvi, con angolo
da 90° fino a circa 150-160°, risalgono al Paleolitico e sono austra-
liane; sono presenti ad esempio in un riparo sotto roccia nel Kim-
berley, dove sono datati a 17.000 anni da oggi (fig. 1). A Çatal
Höyük (VII-VI millennio a.C.) vi sono raffigurazioni di caccia al
cervo e al toro con l’uso di bastoni corti, con l’estremità ricurva e
ingrossata. Nella Grotta del Chopo (Spagna, V millennio a. C.)
sono dipinte scene di caccia a cervi e bovidi mediante bastoni, che
in qualche caso sono simili a quelli di Çatal Höyük, in altri sem-
brano bastoni angolari o boomerang.
In alcune pitture stilizzate su vasi egizi predinastici si vedono
uomini su barche armati di bastoni ricurvi. La situazione è più

* Ricercatore indipendente, referente.


** Ricercatore indipendente.
1 
Rimando a questo lavoro per la ricca bibliografia e per molte illustrazioni non
inserite nel presente contributo.
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Tomaso Di Fraia – Caterina Ciabarra Bastoni da lancio, boomerang, scettri… e non solo
Qualche nuovo spunto dall’arte rupestre preistorica

3. Particolare dell’affresco dalla


Tomba di Menna.

chiara in alcuni affreschi fune- 1. Pittura in un riparo sotto roccia trovati boomerang, bastoni con un’estremità ricurva e ispessita,
nel Kimberley (Australia) (da http:// bastoni lievemente arcuati, bastoni sinuosi e infine bastoni da pas-
rari molto più tardi (XVIII di- www.bradshawfoundation.com/).
nastia), in cui compaiono cac- seggio. Alcuni di questi ultimi recano segni di usura e quindi, a
2. Affresco dalla Tomba di differenza della maggioranza di tutti gli altri, sono stati effettiva-
ciatori che, ritti su piccole bar- Menna (XVIII dinastia) (da http://
che, lanciano bastoni sinuosi per abbattere volatili colpendoli sul www.osirisnet.net/popupImage. mente usati dal faraone in vita, ma ciò non meraviglia, perché sap-
collo (figg. 2 e 3). Ovviamente i bastoni in legno avevano il pregio php?img=/tombes/nobles/ piamo che Tutankhamon era affetto da equinismo e dal morbo di
di essere recuperabili in acqua. menna69/photo/menna_c2_ Köhler, che gli rendevano difficile la deambulazione.
northwall_marsh_01_bg.jpg&sw=
Una tavoletta da Tell-el-Amarna (3250-3100 a. C.) mostra che 1360&sh=768&wo=0&so=61).
Nella pre-protostoria euroasiatica, almeno dall’VIII millennio
bastoni da lancio molto incurvati erano usati, insieme alla lancia e a. C., è documentato un numero piuttosto limitato di reperti inter-
all’arco, anche nella caccia a grossi quadrupedi. Nella famosa ta- pretabili come bastoni da lancio e boomerang (fig. 4; Cassen 2012,
voletta di Narmer il falcone Horus afferra un bastone la cui estre- p. 189, fig. 8).
mità uncinata è infilata nel naso del nemico sconfitto, ma tale ma-
nufatto non sembra una vera e propria arma. Problemi interpretativi
Nella preistoria europea la crosse è rappresentata incisa o in
bassorilievo in vari siti rupestri e stele in Francia e nella penisola Bastoni da lancio
iberica, ma è presente anche su stele ubicate nelle steppe pontiche Come abbiamo già visto, in alcuni casi l’interpretazione di qualche
(Cassen, L’Helgoualc’h 1992). Infine essa compare come elemen- tipo di bastone è certa (bastoni sinuosi per la caccia agli uccelli sul
to decorativo sulla ceramica vascolare di vari siti europei datati tra Nilo), in altri è abbastanza evidente, anche se le precise modalità
3500 e 2500 anni a. C. (Cassen, L’Helgoualc’h 1992, fig. 6). di utilizzazione possono essere solo ipotizzate (come nelle raffigu-
Quanto ai manufatti veri e propri, a Wyrie Swamp, in Austra- razioni di caccia ai cervi). Anche per gli esemplari relativamente
lia, nel 1973 fu rinvenuto quello che allora risultò il più antico corti e con una estremità piegata e ingrossata, Serge Cassen, giu-
boomerang; è in legno di Casuarina stricta e risale a 8000-9000 stamente a mio parere, rivendica l’uso come bastoni da lancio
anni a. C. Tuttavia, anche se ancora non c’è un accordo unanime, (Cassen 2012, p. 189).
diversi studiosi interpretano come boomerang un oggetto in avo- Tuttavia alcune tesi di Cassen appaiono molto deboli o del tutto
rio di mammut rinvenuto a Oblazowa (Polonia) e datato 23.000 infondate, specialmente quando egli si avventura in interpretazioni
anni a. C. (Valde-Nowak et alii 1987). È una sorta di croissant lie- di tipo simbolico. Nelle citate scene di caccia sul Nilo, Cassen cre-
vemente asimmetrico, a sezione biconvessa e con le estremità ap- de di poter assimilare il lancio del bastone all’atto sessuale e quin-
puntite (fig. 4), che in base alla morfologia e a considerazioni bali- di, trattandosi di contesti funerari, alla forza rigenerativa: “La
stiche si ritiene potesse funzionare come boomerang (Bordes scène du lancer de bâton peut être interprétée comme l’équivalent
2009), anche se è possibile che si tratti di una versione per uso de l’union charnelle du personnage central et de son épouse, ga-
cerimoniale. Da una sepoltura egizia predinastica (circa 3700 anni rantissant la renaissance du défunt” (Resche, Cassen 2009, p. 871).
a.C., località sconosciuta), oggi esposta al Museo Egizio di Torino, Non posso discutere qui nei dettagli tale interpretazione, che tut-
proviene un bastone arcuato (fig. 5); del corredo funerario fanno tavia resta a mio parere una mera illazione, priva di riscontri pro-
parte anche delle frecce, ma non possiamo stabilire se tale pano- banti. Infatti, anche se alcuni elementi delle suddette scene posso-
plia sia da guerra o da caccia. A Gebelein fu rinvenuto da Schia- no avere una valenza simbolica, la caccia vi è rappresentata con
parelli un bastone lungo 94 cm curvato a un’estremità, di epoca precisione realistica, come si può vedere ad esempio dagli uccelli
un po’ più tarda. Sempre in Egitto sono poi documentati vari tipi che il lanciatore tiene nella mano sinistra come richiamo (fig. 3).
di bastoni; in particolare nella tomba di Tutankhamon sono stati

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4. Bastoni ricurvi e boomerang


della preistoria euro-asiatica
(da Cassen 2012).

5. Sepoltura egizia predinastica


(Museo Egizio di Torino;
foto G. Giannessi).
Il bastone da pastore o crosse
Serge Cassen è lo studioso che in modo più approfondito si è
occupato dei manufatti in questione e in particolare della crosse
(Cassen, L’Helgoualc’h 1992, Cassen 2012, Resche, Cassen
2009). Dopo aver descritto la documentazione sia figurativa sia
materiale di questo oggetto, Cassen afferma: “Le caractère sa-
cré de la crosse est une donnée essentielle dans la culture néo-
lithique. La liaison de ce symbol avec de très grandes stèles
pouvant représenter un personnage extra-humain lui confère
une valeur d’embléme du pouvoir” (Cassen, L’Helgoualc’h
1992, p. 234). Anche la presenza di tale simbolo su alcuni par-
ticolari tipi vascolari, come la coupe-à-socle (probabile brucia-
profumi) rinvenuta nel sito delle grandi stele (incise con lo stes-
so simbolo) di Locmariaquer, rafforzerebbe tale interpretazio-
ne. Cassen comunque, come molti altri studiosi, considera “la
crosse comme l’auxiliaire du berger chargé de la conduite et de
la sauvegarde du troupeau”. Dunque essenzialmente un basto-
ne da pastore, che può essere utilizzato come sostegno lungo il
cammino, come prima arma di difesa, nonché come strumento
per radunare le pecore o per bloccarne qualcuna arpionandole
le zampe. Come fondamentale strumento del pastore, esso arri-
va a rappresentarne le virtù, l’autorità, la capacità di guidare il
gregge come un capo sa guidare il suo popolo; in ultima analisi
assurge a simbolo del potere. Anche se può sembrare strano
che un oggetto apparentemente banale possa assumere tale va-
lore simbolico, la documentazione etnografica ci fornisce im-
portanti conferme. Ad esempio presso le tribù Hopi i bastoni
con un’estremità ricurva potevano essere collocati presso altari
per propiziare le piogge (“agganciando” le nuvole), o usati nei
riti di passaggio della pubertà, fino a diventare status symbols e
insegne particolari.
Se sul possibile cambiamento di funzione e significato della
crosse si può essere d’accordo in linea generale, non siamo tut-
tavia autorizzati ad assimilare a tale simbolo tutte le raffigura-
zioni di crosse, in diversi contesti e su diversi supporti. Discu-
terò ora qualche caso concernente questa problematica.
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6. Raffigurazioni di crosses su de crocs pour le mouvoir dans l’eau puis de le tirer par la queue
megaliti francesi (da Cassen 2012). … à l’aide de cordages” (Cassen 2012, p. 199).
Ma questa interpretazione incontra due ostacoli. Anzitutto è
improbabile che lo strumento rappresentato possa corrispondere
(nella presunta scena di pesca) a un bastone da pastore, perché
questo non è certo adatto funzionalmente per arpionare un ceta-
ceo; semmai dovremmo pensare a un arpione o gancio, come pe-
raltro sembra ammettere implicitamente lo stesso Cassen usando
il termine croc. Ma se così fosse, ne deriverebbe che egli si prende
la libertà di interpretare la stessa figura ora come bastone da pa-
store e ora come arpione. Se poi si volesse sostenere che la presun-
ta crosse è rappresentata accanto al cetaceo soltanto in forza della
sua valenza simbolica, verrebbe del tutto a cadere qualunque in-
terpretazione funzionale e si porrebbe il problema di spiegare
quale rapporto c’è tra un simbolo di potere e la presunta cattura
di un cetaceo. Per superare l’inverosimiglianza delle proporzioni
(l’asta della crosse è troppo corta) Cassen osserva: “… sur des
stèles comme Men Bronzo ou le Grand Menhir, deux crosses res-
pectivement aux prises avec un oiseau et un cachalot: ces scènes
mythologiques exceptionnelles n’ont pas devoir à conserver la
proportion réaliste des objets par rapport aux animaux” (Cassen
2012, p. 206), ma è tutto da dimostrare che tali scene siano ricon-
ducibili a miti e che le scene mitologiche possano ignorare il ri-
spetto delle proporzioni. È poi inverosimile che si arpioni la coda
Megaliti e cetacei e non il corpo di un cetaceo, quando è lo stesso Cassen a precisare
Cassen, dopo aver interpretato come cetacei alcune figure incise che esso può essere tirato sì per la coda, ma per mezzo di corde.
su megaliti, precedentemente identificate come asce o come asce- Infine ben quattro crosses si trovano accanto ad un’ascia nella Ta-
aratro (Cassen, Vaquero 2000), nel caso del Grand Menhir di ble des Marchands e sicuramente in questo caso non possono
Locmariaquer crede di riconoscere una crosse2 sulla coda di un svolgere nessuna funzione pratica.
capodoglio (fig. 6; Cassen 2012, fig. 14). Egli ritiene che tale stru- Cassen evoca il mito anche a proposito delle armi utilizzate da
mento servisse nella realtà per afferrare il cetaceo: “… le moyen Perseo per uccidere un mostro marino, secondo la descrizione di
usuel d’extraire un tel animal de l’océan est de s’en saisir à l’aide Ovidio: terga ferae pressit dextroque frementis in armo Inachides
ferrum curvo tenus abdidit hamo (Metamorph. IV, vv. 719-720),
2 
Per la verità tale figura non è chiaramente percepibile nella foto pubblicata
ma stranamente vi vede un “étrange instrument crochu difficile à
(Cassen, Vaquero 2000, fig. 168) e, proprio perché il solco è meno marcato, si imaginer” (Cassen 2012, p. 199), mentre sembra chiaro che Ovi-
pone anche il problema di verificare se essa sia contestuale all’incisione del ce- dio descrive un arpione con un grosso dente (hamus). Inoltre Cas-
taceo o eseguita in un altro momento. Questa riserva, virtualmente applicabile sen sembra non distinguere tra questa arma e quella usata poco
a qualunque raffigurazione complessa, è molto più pesante nei casi in cui uno
stesso motivo è ripetuto più volte sullo stesso supporto (si veda più avanti le dopo da Perseo per colpire il mostro in vari punti del corpo (nunc
quattro crosses nella Table des Marchands). Come possiamo essere certi che i terga cavis super obsita conchis, nunc laterum costas, nunc qua tenu-
vari esemplari siano stati eseguiti tutti nello stesso momento? Che non si tratti issima cauda desinit in piscem); in questo caso si tratta non di
di una pura eventualità astratta è dimostrato ad es. dal tumulo di Gavrinis, dove un’arma da getto, ma di una spada ricurva o pennato (falcato…
parecchie lastre, frutto di reimpiego, sono state istoriate una seconda volta (Le
Roux 1995). ense), che può colpire efficacemente un pesce in movimento. Tra
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9. Figure di arpioni sulla


Parete Manzi di Montelapiano
(foto T. Di Fraia).
10. Figure di aste con
7. Figura di probabile capodoglio appendici sulla Parete Manzi
sulla Parete Manzi di di Montelapiano (foto T. Di Fraia
Montelapiano (foto T. Di Fraia, su ricalco).
elaborazione G. Furiassi).
8. Figure di arpioni sulla
Parete Manzi di Montelapiano
(foto T. Di Fraia).

l’altro Cassen scorrettamente cita solo il colpo portato da Perseo


presso la coda, forse per avvalorare la sua interpretazione del rap-
porto tra crosse e coda del cetaceo sul Grand Menhir. Insomma,
non si capisce bene il senso di questo excursus; ma se intendeva
dimostrare che nel mito si descrivono situazioni e cose solo vaga-
mente simili a referenti reali, l’obiettivo è stato mancato.
Vediamo ora un potenziale riscontro per le raffigurazioni di ce- più o meno lunga con un dente diritto o curvo presso un’estremi-
tacei. Sulla Parete Manzi di Montelapiano (CH) (Di Fraia 2016) tà. Poiché oltre al cetaceo sono raffigurati almeno una decina di
tra le numerose figure incise sembra di riconoscere un capodoglio, pesci, possiamo verosimilmente ipotizzare uno scenario di pesca
colpito da uno o più arpioni (fig. 7). La figura è ottenuta sfruttan- con arpioni, certamente in mare nel caso del capodoglio, ma forse
do parte di una precedente incisione (per la parte inferiore della anche in ambiente fluviale. Se vogliamo riconoscere un certo gra-
testa) e alcune crepe naturali (parte superiore della testa e occhio). do di realismo all’arpione dipinto (fig. 9), dovremmo concludere
Un segno semicircolare che fuoriesce all’altezza dell’occhio sem- che l’estremità distale difficilmente potrebbe essere in materiale
bra riprodurre il tipico sbuffo del cetaceo. Se tale interpretazione diverso dal metallo e ciò daterebbe la figura all’età del bronzo o
è corretta, non sono per ora in grado di fornire una spiegazione più probabilmente del ferro (per la cronologia delle frequentazio-
della presenza di tale animale, ammesso che ne abbia una specifica ni, vedi anche l’iscrizione analizzata più avanti, le cui implicazioni
(referenziale o simbolica3) e non rientri semplicemente nel reper- complessive non possono tuttavia essere discusse qui). Solo un
torio ittico raffigurato sulla parete. I segni interpretabili come ar- paio di figure hanno un’estremità ricurva a semicerchio e potreb-
pioni (tutti incisi, tranne uno dipinto in rosso: figg. 8 e 9) ricorro- bero quindi suggerire qualche frequentazione di pastori. D’altra
no numerosi in vari punti della parete; sono costituiti da un’asta parte, poiché il sito di Montelapiano si trova lungo un asse impor-
tante per la transumanza, non possiamo nemmeno escludere che i
È stata proposta anche un’immotivata e improbabile interpretazione fallica
3 

(Cassen, Vaquero Lastres 2003, p. 104).

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pastori potessero praticare anche la pesca in mare lungo la costa


abruzzese e pugliese.
Una particolare figura, rappresentata a Montelapiano da due
esemplari, uno inciso e l’altro dipinto (fig. 10), mostra analogie con
esemplari del Dolmen du Berceau, a Saint-Piat (Chevalier 1972,
fig. 2). È un’asta diritta, terminante con uno o due uncini, al di
sotto del quale (o più in basso, nel caso di Saint-Piat) compare un
semicerchio: forse una corda o un anello cui fissare una corda?
Tuttavia mentre a Montelapiano l’estremità distale è appuntita e
dunque potrebbe riferirsi a un arpione, gli esemplari francesi sem-
brano terminare con un’ascia o comunque un elemento trasversale.

Alcuni simboli di potere egizi ed etrusco-latini


Cassen, che a partire dalle raffigurazioni presenti sui megaliti fran-
cesi ha elaborato un complesso sistema interpretativo per le asso- 11. Iscrizione sulla Parete Manzi Infine, anche per i due oggetti simbolici tenuti in mano dal fa-
di Montelapiano (foto T. Di Fraia). raone, il flagello (nekhekh) e il bastone con l’estremità a punto
ciazioni tra gli oggetti qui discussi4, ha proposto tra l’altro un sin-
golare collegamento. Dopo aver osservato che la principale fun- interrogativo (heqat), le interpretazioni sembrano troppo sempli-
zione del lituus quirinal (“scettro sacerdotale e regale del primo re cisticamente univoche: il flagello per cereali sottolinea la sua fun-
di Roma”) era la delimitazione dello “spazio celeste, corrispon- zione di provveditore per il nutrimento del popolo, mentre la crosse
dente allo spazio terrestre, che doveva essere augurato mediante il (scettro heqat) indica il suo ruolo di pastore, di guida (Cassen 2012,
movimento degli uccelli, …” catturati da questa figura virtuale, p. 184, traduzione dello scrivente). È vero che il flagello può ser-
egli propone “un’analogia tra questo templum e la figura quadran- vire per battere i cereali, ma è anche un’arma, e lo scettro può in-
golare incisa sulle stele del Morbihan” (Cassen 2012, p. 180, tra- dicare la funzione di pastore-guida del popolo, ma anche quella di
duzione dello scrivente). Ma l’accostamento del concetto di tem- garante delle risorse animali accanto a quelle vegetali.
plum latino alla figura quadrangolare incisa sulle stele del Mor- Bastano questi esempi per mostrare come sia necessaria la mas-
bihan del IV-III millennio a.C. è veramente improponibile, sia per sima prudenza quando si affrontano problemi interpretativi di
l’enorme distanza crono-culturale, sia perché a fronte di una con- tale complessità. (T.D.)
cezione religiosa documentata da fonti scritte abbiamo, per le ste-
le in questione, soltanto illazioni ricavate da elementi iconografici L’iscrizione sulla Parete Manzi di Montelapiano
preistorici di difficilissima lettura. Nello stesso ambito etrusco-la- Si tratta di alcuni segni lievemente incisi, delimitati in alto e destra
tino, tra pedum (bastone pastorale) e lituus Cassen opera un’assi- da una linea pure incisa. Le lettere, alte da 8 a 12 mm, dalle di-
milazione non motivata e poco verosimile. mensioni e dal modulo irregolari, sono di difficile lettura. Quella
più probabile sembra la seguente (fig. 11):
4 
Su tale elaborazione devo dichiarare il mio radicale dissenso. Per il metodo,
qui mi limito a sottolineare, oltre al fatto - già segnalato nella nota 2 - che Cas- APPIÍUM
sen trascura i possibili problemi di diacronia, la sua tendenza a formulare ipo-
tesi che non sono “falsificabili” (sensu Popper), cioè non offrono una serie di L’uso, la forma e la foggia dei segni richiamano l’alfabeto me-
elementi di supporto che possano essere discussi ed eventualmente confutati, dio-adriatico (o sudpiceno)5, utilizzato nelle iscrizioni provenienti
ma si limitano a suggerire un’interpretazione virtuale tra le molte astrattamente
immaginabili. Nel merito delle questioni, abbiamo già visto la disinvoltura con dall’area a est dell’Appennino, compresa tra i fiumi Chienti a nord
cui Cassen esamina il rapporto fra crosse e cetaceo del Grand Menhir, ma è
stupefacente, ad es., come lo stesso simbolo nel caso della Table des Marchands,
che appartiene allo stesso contesto culturale, sia interpretato come bastone da 5
Sulla grafia delle singole lettere: Marinetti, 1985, p. 59; Morandi, 1982, p. 66;
lancio e associato ad animali terrestri (Cassen, Vaquero Lastres 2003, p. 116). Rocchi, 1992, pp. 36-37; sull’alfabeto in generale: Morandi, 1993, pp. 561-562.

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e Sangro a sud6; questo alfabeto, secondo Morandi, avrebbe risen- Bibliografia T. Di Fraia 2016
tito, in maniera più o meno diretta, dell’influenza greca (conside- The filiform rock engravings of Parete
L. Bordes 2009 Manzi of Montelapiano (Chieti, Italy),
rando anche la vicinanza alle colonie della Magna Grecia)7. Bâtons de jet: des outils préhistoriques in AttiUISPP, 11, pp. 77-87.
Per quanto riguarda l’interpretazione, esiste la possibilità che si méconnus. Approche aérodynamique
tratti di un idronimo composto da due termini: ap-, una radice et expérimentation, in C. Dumas A.L. Ferraz 2009
(ed.), La Restitution du geste Approche méthodologiques d’un
indoeuropea che sta per acqua o fiume8, e piìum, un richiamo alla ensemble de monolithes décorés
préhistorique. Approches
forma dell’infinito perfetto (πιεῖν) del verbo greco πίνω, che signi- expérimentales en Archéologique Néolithiques de la région d’Évora
fica bere; potrebbe riferirsi alla presenza di un corso d’acqua o Préhistorique, pp. 56-60. (Alentejo, Portugal), in Valcamonica
eventualmente ad un luogo dove è possibile bere. Symposium XXIII, pp. 151-162.
In alternativa, potrebbe essere interpretato come un elemento R. Cagnat 1914
Cours d’èpigraphie latine, Paris. C.T. Le Roux 1995
onomastico, ovvero il praenomen Appius, che però risulta attestato Gavrinis, Paris, Éd. J.-P. Gisserot.
in epigrafi latine, di solito in forma abbreviata (Ap-), a partire dal S. Cassen 2007
III secolo a.C.9 Dal punto di vista paleografico, questa incisione Un pour tous, tous contre un… A. Marinetti 1985
Symboles, mythe et histoire à travers Le iscrizioni sudpicene, I. Testi,
ricorda altre iscrizioni, databili tra la metà del VI e la prima metà une stèle morbihannaise du Ve Firenze.
del V secolo a.C.10, ma si differenzia dalle altre per l’irregolarità millénaire, in A. Testa, L. Barray,
P. Brun (a cura di), Pratiques A. Morandi 1982
funéraires et sociétés. Nouvelles Epigrafia italica. Roma.
approches en archéologie et en
anthropologie sociale, pp. 37-67. A . Morandi 1993
Le iscrizioni medio-adriatiche,
S. Cassen 2012 in A. Prosdocimi (a cura di), Popoli
La crosse, point d’interrogation ? e civiltà dell’Italia antica, VI.
Poursuite de l’analyse d’un signe
néolithique, notamment à B. Pellegrini 1990
Locmariaquer (Morbihan), Toponomastica italiana: 1000 nomi di
L’anthropologie 116, pp. 171-216. città, paesi, frazioni, regioni, contrade,
fiumi, monti spiegati nella loro origine
S. Cassen, J. L’Helgoualc’h 1992 e storia, Milano.
Du symbole de la crosse, Revue
archéologique de l’Ouest, Suppl. n. 5, F. Resche, S. Cassen 2009
pp. 223-235. Une ou des “crosses” en égyptien
hiéroglyphique?, in S. Cassen
S. Cassen, J. Vaquero 2000 (a cura di), Autour de la Table.
La Forme d’une chose, in S. Cassen Explorations archéologiques et
(a cura di), Eléments d’architecture. discours savants sur des architectures
Chauvigny, Éd. chauvinoises, Mém. néolithiques à Locmariaquer,
19, pp. 611-656. Morbihan. (Table des Marchands
et Grand Menhir), Université
S. Cassen, J. Vaquero Lastres 2003 de Nantes, Nantes, pp. 859-880.
Le Désir médusé, in J. Guilaine
(a cura di), Expressions symboliques, G. Rocchi 1992
6
Marinetti, 1985, p. 61. manifestations artistiques du Lettura e interpretazione dei testi
7
Morandi, 1982, p. 67. Néolithique et de la Protohistoire, medio-adriatici-medio-italici, Teramo.
8
Attestata per esempio nell’antico indiano (ap-), nella Tabula Peutingeriana Paris, pp. 91-118.
(Apos), in Dacia, con formazioni in -s- nell’Illirico Meridionale (Apsos), per P. Valde-Nowak, A. Nadachowski,
l’affluente del fiume Foglia nel Pesarese (Apsa), presso Bologna (Aposa) e pres- Y. Chevalier 1972 M. Wolsan 1987
so Rimini (Apusa o Ausa). Vd. Pellegrini, 1990, p. 368. Les gravures du dolmen du Berceau Upper Palaeolithic boomerang made
(Saint-Piat, Eure-et-Loir), in BSPF, of a mammoth tusk in south Poland,
9
Cagnat, 1914, p. 42. in Nature 329, pp. 436-438.
tomo 69, n. 7, pp. 200-205.
10
Morandi, 1982, p. 67; cfr. grafia delle iscrizioni di Crecchio (Morandi, 1982,
pp. 69-70, n. 18) e di Capestrano (Morandi, 1982, pp. 70-71, n. 19).
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Riassunto / Abstract Manufatti definibili genericamente “bastoni ricurvi” sono noti fin dalla prei-
storia, sia come reperti che come elementi iconografici (in particolare nell’arte
rupestre), ma sono presenti anche nell’antico Egitto e nel mondo greco, etru-
sco e romano. Nella tradizione etnografica strumenti analoghi sono utilizzati
anche in contesti rituali. Il francese usa il nome “neutro” crosse, ma in altre
lingue esistono vari nomi per i diversi tipi: bastone da lancio, boomerang, lago-
bolon, pedum, lituus, hekat. Si va dall’arma da caccia o da guerra, a oggetti lu-
dico-competitivi, a simboli di potere politico o religioso. Poiché anche all’in-
terno di una stessa cultura si possono cogliere evoluzioni nella loro funzione e
nel significato simbolico, si tenta di ricostruirne le funzioni originarie e le mo-
tivazioni per cui ne è stato modificato l’uso e/o il significato. Inoltre si ricerca-
no eventuali tratti comuni nelle funzioni e nei valori che le diverse culture
hanno attribuito a tali manufatti, nonché le possibili ragioni del loro successo
e dell’ampia diffusione.

Artefacts generically definable “curved sticks” are known since prehistoric times,
both as objects and as iconographic elements (particularly in rock art), but they
are also present in ancient Egypt and Greek, Etruscan and Roman civilizations.
In the ethnographic tradition similar instruments are also used in ritual contexts.
The French uses the neutral name crosse, but in other languages there are differ-
ent names for different types: throwing stick, boomerang, lagobolon, pedum,
lituus, hekat. They range from hunting or war weapons, to ludic and competitive
objects, to political or religious power symbols. Because even within the same
culture we can recognize changes in their function and symbolic meaning, we try
to reconstruct the original functions and the reasons why they have changed the
use and/or meaning. Also we seek some common traits in functions and values
that different cultures have attributed to such artefacts as well as the possible
reasons for their success and wide diffusion.

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