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La questione omerica

I pilastri su cui si erge gran parte della tradizione culturale occidentale sono l’Iliade e l’Odissea, due poemi
epici composti, secondo la tradizione antica, da Omero vissuto nell’VIII secolo A.C. A partire dall’ XVIII
secolo la comunità degli studiosi moderni cominciò a discutere su chi fosse davvero l’autore di questi
capolavori e soprattutto se Omero fosse mai esistito. Primo fra tutti François Hédelin, abate d’Aubignac, nel
1715 sostenne in un suo scritto che Omero non fosse mai veramente esistito e che le sue opere non
consistessero in altro che una raccolta di canti composti in epoche diverse, unificati successivamente.
L’abate giustificò la sua teoria dicendo che all’epoca di Omero la scrittura non esisteva ancora, e quindi un
poema così lungo non poteva assolutamente essere stato tramandato interamente a memoria.
Contemporaneamente in Italia, Gianbattista Vico affrontò la questione omerica nel III capitolo dei
suoi Principii di una Scienza Nuova, intitolato "Discoverta del vero Omero”. Anche Vico era dell’opinione
che la figura di Omero non avesse alcuna solidità storica e sosteneva che le opere lui attribuite dovevano
essere considerate piuttosto "l’espressione del patrimonio collettivo dei ricordi del popolo greco nel suo
tempo favoloso”. Vico nell’orchestra illuminista è una voce fuori dal coro: nato a Napoli, elabora una
propria teoria della conoscenza che a prima vista non sembra rientrare né nei canoni del razionalismo né in
quelli dell’empirismo. All’interno della Scienza Nuova è possibile notare, anche solo indirettamente,
l’influenza di Spinoza, in particolare nella parte in cui è presente l’interpretazione di Omero. Dall’analisi
spinoziana del Vecchio Testamento Vico ha ripreso quell’approccio critico alle fonti classiche, che però ha
ritenuto illegittimo per la Bibbia. La questione omerica che viene affrontata nel terzo libro della Scienza
Nuova, è stata dallo stesso discussa in precedenza nelle Dissertationes dallo stesso Vico. La più lunga delle
Dissertationes, la quarta, è dedicata ad Omero: Vico in questo scritto attribuisce ad Omero ancora una
storicità. Successivamente Vico dedicherà l'intero terzo libro della SN ad Omero. La questione omerica è
per Vico un banco di prova per la sua nuova visione intellettuale, la così detta " antropologia culturale.
Teorizzando la storicità dei modi di comprensione del reale nelle tre età degli dei, degli eri e degli uomini
Vico sostiene che "essi popoli furono quest'Omero". Omero è insomma sperduto fra la folla "de' greci",
contaminato dalle varietà culturali, espressive, storiche e in, sostanza, lo sviluppo storico. Dialettica
dell'illuminismo di Horkheimer e Adorno dedica alcune pagine alla tentazione del canto delle Sirene a cui è
sottoposto Odisseo. L'eroe greco, eroe di Sé, deve lottare contro le Sirene, cioè contro la natura che
cancella ogni individualità e vince creando la classe dei lavoratori. I rematori, a cui impone la cera nelle
orecchie, sono il simbolo di questa vittoria a cui nega il privilegio di ascoltare il canto . Odisseo però non si
sottrae al piacere, anzi gli si concede, godendo però di un’arte depotenziata, essendo egli stesso legato
all’albero della nave, esattamente come l’industriale non gode la soddisfazione del lavoro dopo aver fatto
trasformare la natura dai suoi lavoratori. La discussione affrontata da Vico è di una modernità unica: la
figura di Omero resta viva anche se sono passati secoli. Ma la domanda che ci si potrebbe porre è perché
scegliere proprio Omero. Scegliere omero è in sostanza scegliere di partire da un teorema indimostrabile
come punto di partenza per spiegare come l’Occidente sia diventato ciò che è. Vico prende in esame sia
l’Iliade sia l’Odissea ma si concentra in particolare sulla prima, in quanto Achille è una perfetta incarnazione
dell’uomo dell’età degli eroi. Odisseo d’altro canto è l’eroe dell’identità: la sua lotta contro il canto delle
Sirene e della ricerca del piacere immediato è anche la lotta dell’uomo moderno che cerca di sfuggire al
“godimento mortale”. Achille invece è l’eroe della civiltà della vergogna: Achille ci mostra come in quella
mentalità il senso dell’onore e del dovere debbano essere valutati più della vita stessa. Per Omero non è la
morte ad essere bella, ma è bella la scelta di una vita eroica, anche se condurrà alla morte. Resta però il
fatto che mentre Achille decide di combattere per se stesso, per la sua gloria, Odisseo parte per il suo
viaggio per la famiglia. Sono quindi due personaggi quasi antitetici nel carattere e negli scopi.

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