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ERODOTO E LE SCELTE DI SPARTA:

RICOSTRUZIONE DELLE DINAMICHE


DELLA POLITICA INTERNA LACEDEMONE
FRA 560 E 479 A.C.*
Rossella Gioiosa
1. Premessa

Q uello della politica interna di Sparta è un tema che fa registrare negli studi
moderni, anche recenti, un grande interesse.  È un tema la cui indagine
 

*  Il presente lavoro riprende temi e spunti della mia Tesi di Dottorato in Storia Antica (Storia e
Storiografia dell’Antichità Classica) discussa nel Marzo 2008 presso l’Università degli Studi di Peru-
gia. Desidero ringraziare vivamente per i preziosi consigli e la cortese disponibilità la Prof.ssa Luisa
Prandi ed il Prof. Aldo Corcella.
  Cfr. G.B. Grundy, The population and policy of Sparta in the fifth century, JHS 28, 1908, 77-96 ; G. Dick-
ins, The growth of Spartan policy, JHS 32, 1912, 1-44 ; G.B. Grundy, The Policy of Sparta, JHS 32, 1912, 261-269 ;
G. Dickins, The growth of Spartan policy – A reply, JHS 33, 1913, 111-112 ; J. Wolski, Pausanias et le problème de
la politique spartiate (480-470), « Eos » 47, 1954, 75-94 ; A. Andrewes, The government of the classical Sparta,
in E. Badian (Ed.), Ancient Society and Institutions, Studies pres. to V. Ehrenberg on his 75th birthday, Ox-
ford 1966, 1-20 ; J. Wolski, Les changements intérieurs a Sparte a la vielle des guerres médiques, REA 69, 1967,
31-49 ; D. Lotze, Bemerkungen zur machtpolitischen Interpretation spartanischen Verhaltens in den Jahren 479-
477 v. Chr., « Klio » 52, 1970, 255-275 ; W.E. Thompson, Observation on Spartan Politics, RSA 3, 1973, 47-58 ; P.
Carlier, La vie politique à Sparte sous le règne de Cléomène ier. Essai d’interprétation, « Ktèma » 2, 1977, 65-84 ;
D. Harvey, Leonidas the Regicide ?, Speculations on the death of Kleomenes, in G.W. Bowersock - W. Burkert
– M.C. Putnam (Eds.), Arktouros, Hellenic Studies presented to B. M. Knox on the occasion of his 65th
birthday, Berlin-New York 1979, 253-260 ; P.A. Rahe, The selection of Ephors at Sparta, « Historia » 29, 1980,
385-401 ; P.J. Rhodes, The selection of Ephors at Sparta, « Historia » 30.4, 1981, 499-503 ; D.H. Kelly, Policy-
making in the Spartan Assembly, « Antichton » 15, 1981, 47-61 ; V.M. Strogetskij, Some features of the internal
political struggle in Sparta at the end of the VIth – begin. of the vth century B. C. Cleomenes and Demaratus,
VDI 161.3, 1982, 38-49 ; C.L. Huxley, Herodotos on the myth and politics in early Sparta, PRIA 83, 1983, 1-16 ;
A. Roobaert, Isolationnisme et Impérialisme Spartiates de 520 à 469, Leuven 1985 ; K.L. Noethlichs, Bestec-
hung, Bestechlichkeit und die Rolle des Geldes in der spartanischen Außen- und Innenpolitik vom 7.-2.Jh.v.Chr.,
« Historia » 36, 1987, 129-170 ; G.L. Cawkwell, Cleomenes, « Mnemosyne » 46, 1993, 506-527 ; A. Barello, Il
processo di Cleomene e la crisi dinastica di Sparta, in M. Sordi (a cura di), Processi e politica nel mondo antico,
Milano 1996, 19-27 ; L. Thommen, Lakedaimonion Politeia. Die Entstehung der spartanischen Verfassung,
Historia, Einzelschriften 103, Stuttgart 1996 ; N. Richer, Les éphores. Études sur l’histoire et sur l’image de
Sparte (viiie-iiie siècle avant Jésus-Christ), Paris 1998 ; M. Meier, Kleomenes I, Demaratos und das spartanische
Ephorat, GFA 2, 1999, 89-108 ; M. Meier, Zwischen Königen und Damos, Überlegungen zur Funktion und Ent-
wicklung des Ephorats in Sparta (7.-4. Jh. v. Chr.), ZRG 117, 2000, 43-102 ; U. Bultrighini, Cleomene, Erodoto
e gli altri, in E. Luppino Manes (a cura di) Storiografia e regalità nel mondo greco, 2003, 51-119 ; E. Lévy,
Sparte : histoire politique et sociale jusqu’à la conquête romain, Paris 2003 P. Carlier, Cleomene I, re di Sparta,
in C. Bearzot – F. Landucci (a cura di), Contro le leggi immutabili : gli Spartani fra tradizione e innovazione,
Milano 2004, 33-51 ; S. Link, Die Ehrenrechte der Spartanischen Könige, « Philologus » 148.2, 2004, 222-244 ; A.
Luther, Könige und Ephoren. Untersuchungen zur spartanischen Verfassungsgeschichte, Frankfurt am Main
2004 ; E. Dimauro, Re contro. La rivalità dinastica a Sparta fino al regno di Agide II, Alessandria 2008.
«mediterraneo antico», x, 1-2, 2007
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comporta delle difficoltà che risultano imprescindibilmente legate a due fattori
fondamentali : da un lato alla scarsa disponibilità di informazioni riguardanti le
 

decisioni e le azioni dello stato lacedemone ; dall’altro al fatto che nessuna delle
 

fonti storiografiche giunte sino a noi è spartana.


Le ragioni della carenza di notizie vanno ricercate in larga misura nel carattere
di segretezza che dominava la mentalità spartana e aveva implicazioni notevoli
su molteplici aspetti della vita sociale e politica della città. In un recente contri-
buto David ha ben evidenziato come la pratica del silenzio fosse parte integrante
già dell’ajgwghv dei giovani e come al suo uso corrispondessero diverse funzioni e
svariati significati. Nella sfera politico-istituzionale il silenzio segnava al pari delle
grida alcuni momenti durante le riunioni dell’assemblea e caratterizzava l’attività
di controllo che gli efori esercitavano in particolare sui re, ma soprattutto era
un mezzo per nascondere informazioni potenzialmente pericolose e far fronte a
situazioni critiche.  In un simile stato di cose era abbastanza difficile che notizie
 

sugli affari dello stato spartano trapelassero al di fuori della città, ad eccezione,
naturalmente, di quelle che i Lacedemoni erano disposti a rendere note.   

Quanto alla mancanza di fonti storiografiche spartane, se è vero che ciò va


imputato al processo di selezione in larga misura casuale che opera nella trasmis-
sione dei testi antichi, è altrettanto vero che nel caso della città laconica deve aver
contribuito in maniera notevole anche la scarsa propensione dei Lacedemoni nei
confronti della parola scritta.  L’assenza di una storiografia locale, tuttavia, non
 

deve far credere che gli Spartani fossero incapaci di compiere una riflessione sul
proprio passato.  Al contrario, il fatto che essi nutrissero un interesse nei con-
 

fronti della loro storia è provato ad esempio dalle liste dei re e degli efori, oltre
che dall’esistenza di una ricca tradizione orale confluita in opere di autori stra-
nieri. 
 

È attraverso la testimonianza di questi ultimi che dobbiamo necessariamente


leggere la storia di Sparta.
Il presente studio si propone di indagare le dinamiche della politica interna la-
cedemone nell’arco cronologico compreso fra la metà del vi sec. a.C. e il 479 a.C.
attraverso quello che è senza dubbio il testimone degno di maggiore considera-
zione : Erodoto.
 

Lo storico di Alicarnasso non solo ci restituisce, per dirla con le parole di Lévy,
« le premier tableau de Sparte parvenu jusqu’à nous »,  ma è anche la fonte che
     

  E. David, Sparta’s kosmos of silence, in S. Hodkinson – A. Powell (Eds.), Sparta New Perspectives,
London 1999, 117-146.
  Sulla impossibilità già da parte degli storici di età classica di documentarsi in maniera esaustiva
sui fatti di Sparta cfr. K.M. Cragg, Herodotus’ presentation of Sparta, Michigan 1976, 50 s. e E.N. Tiger-
stedt, The Legend of Sparta in Classical Antiquity, Stockholm 1965, 25.
  Sul carattere principalmente orale della società spartana cfr. P. Cartledge, Literacy in the spartan
oligarchy, JHS 98, 1978, 25-37.
  Così F. Jacoby, Die Fragmente der griechischen Historiker, iiib, Leiden 1955, 615.
  Cfr. L. Thommen, Spartas fehlende Lokalgeschichte, « Gymnasium » 107.5, 2000, 299-408.
  E. Lévy, La Sparte d’Hérodote, « Ktèma » 24, 1999, 123.
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contiene il maggior numero di informazioni e, soprattutto, per molti avvenimen-
ti è la sola di cui disponiamo.   

Va poi sottolineato che Erodoto ha avuto la possibilità di compiere le sue ri-


cerche sul posto : egli afferma infatti di essere stato nel villaggio spartano di Pita-
 

ne.  Ha potuto cioè documentarsi in una condizione privilegiata se pensiamo alla


 

chiusura e alla segretezza dello stato lacedemone di cui si è appena detto. 10 Gli  

studiosi credono che fra i referenti spartani di Erodoto si possano annoverare al-
cuni membri delle due famiglie reali o, per lo meno, alcuni personaggi vicini agli
ambienti della diarchia. 11 In realtà è veramente difficile, tranne in casi davvero
 

unici, 12 dare un’identità precisa ai relatori dello storico dal momento che egli qua-
 

si sempre si limita a dire di aver appreso le notizie che riferisce dai ‘Lacedemoni’.
Tuttavia il solo fatto che sia venuto a conoscenza delle tradizioni orali di quello
che era « the most secretive of Greek states » 13 non è certo privo di significato.
     

Fin qui i vantaggi del resoconto erodoteo su Sparta. Di fronte ad essi stanno
però dei limiti. È naturale, infatti, che Erodoto, come ogni altro storico, sia stato
condizionato nella sua ricostruzione dei fatti non solo dallo stato della tradizio-
ne, ma anche dalle proprie convinzioni personali, dalle proprie inclinazioni politi-
che ed ideologiche, dalla propria capacità o volontà di essere imparziale. Bisogna
quindi valutare se e in che misura tali fattori hanno avuto influenza quando egli
narra di Sparta e dei Lacedemoni. 14 L’approccio più corretto al problema ci sem-
 

bra quello indicato da Cragg : bisogna servirsi della testimonianza erodotea pren-
 

  Cfr. Huxley, Herodotos, cit., 2. 9  Hdt. iii 55, 2.


10  Sul soggiorno spartano di Erodoto cfr. Huxley, Herodotos, cit., 2 ; F. Jacoby, Herodotos, in RE Sup-
pl. ii, 1913, col. 275 ; A. Hauvette, Hérodote, historien des guerres médiques, Paris 1984, 35.
11  Cfr. W.W. How-J. Wells, A commentary on Herodotus, ii, Oxford 1912, 20 ; T. Glover, Herodotus,
Berkeley 1924, 60 s. ; C. Hignett, Xerxes’Invasion of Greece, Oxford 1963, 31 ; Harvey, Leonidas, cit., 254 ;
L.H. Jeffery, [Rec :] Boring (T. A.), Literacy in Ancient Sparta (Mnemosyne Suppl. 54, 1979), JHS 101, 1981,
191 ; Huxley, Herodotos, cit., 2 ; P. Vannicelli, Erodoto e la storia dell’alto e medio arcaismo (Sparta-Tessa-
glia-Cirene), Roma 1993, 40.
12  L’unico referente di cui Erodoto ricorda il nome è un certo Archia, un prosseno dei Sami a
Sparta. Su Archia cfr. P. Cartledge, Sparta and Samos : a Special Relationship, CQ 32, 1982, 250 s. ; Cawk-
well, Cleomenes, cit., 507 s. ; Bultrighini, Cleomene, cit., 2003, 76.
13  Cfr. Huxley, Herodotos, cit., 2.
14  La questione della parzialità di Erodoto è molto dibattuta. Per alcuni studiosi le Storie sono uno
scritto di propaganda periclea (cfr. E. Meyer, Forschungen zur alten Geschichte, II, Halle 1899, 196 ss. ;
Jacoby, Herodotos, cit., col. 355 e 359 s. ; H.B. Wright, The Campaign of Plataea, New Haven 1904 ; V.
Ehrenberg, From Solon to Socrates, London 1968, 232 ss. ; H. Bengtson, Griechische Geschichte, München
1960, 152 ; D. Harvey, The political sympathies of Herodotus, « Historia » 15, 1966, 254-255). Altri, al contra-
rio, hanno rintracciato nell’opera le prove dei sentimenti antiateniesi dell’autore (cfr. H. Strasburger,
Herodot und das perikleische Athen, « Historia » 4, 1955, 1-25 ; J. Schwartz, Hérodote et Périclès, « Historia »
18, 1969, 367-370 e K. Meister, La storiografia greca, trad. it., Roma-Bari, 20015). Molti, pur riscontrando
che in Erodoto è presente una generale propensione a recepire una lettura degli avvenimenti in
chiave filoateniese, gli riconoscono una indipendenza intellettuale e un rigore metodologico grazie
ai quali egli non può assolutamente essere considerato sostenitore incondizionato di alcuna parte
politica (cfr. fra gli altri Hignett, Xerxes’Invasion, cit., 36 ; V.M. Strogetskij, Herodotus and the Alcmaeoni-
des, VDI 141, 1977, 145-155 ; J.A.S. Evans, Herodotus and Athens ; the evidence of the encomium, AC 48, 1979,
112-118 ; W.G. Forrest, Herodotos and Athens, « Phoenix » 38, 1984, 1-11 ; L. Prandi, Tre questioni erodotee,
Aevum(ant) 4, 1991, 78-89 ; M. Ostwald, Herodotus and Athens, ICS 16, 1991, 137-148).
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dendo in considerazione ogni singolo passo senza « a priori assumptions about
 

what position Herodotus wished to advocate or denigrate » e tentare « to discern


   

meaning from the context and content of the passage itself ». 15    

È con questo spirito che nel presente studio si è tentato di ricostruire la storia
politica interna di Sparta fra la metà del vi e il 479 a.C. attraverso quella che, co-
me si è appena detto, è per molti avvenimenti l’unica fonte storiografica a nostra
disposizione, sicuramente la più ricca di informazioni e, con ogni probabilità, la
più attendibile a causa delle condizioni privilegiate di accesso al mondo lacede-
mone. 16 

Il lavoro offre innanzitutto un quadro sintetico di quegli avvenimenti della sto-


ria di Sparta che Erodoto narra e che si possono far ricadere nell’ambito della po-
litica estera. Tale sintesi ha come unico scopo quello di servire da contesto di rife-
rimento per comprendere meglio le dinamiche e le ragioni della politica interna.
Naturalmente Erodoto non fa alcun distinguo fra queste due sfere della politica
né tantomeno le mette in connessione fra loro, cosicché il nostro sforzo consiste
anche nel tentare di stabilire una collegamento fra le due : vale a dire di valutare se
 

e in che misura le azioni dell’una possono aver avuto influenza sull’altra.


L’indagine sulla politica interna si articola in due parti il cui punto di cesura è
rappresentato dalla battaglia di Maratona. Si tratta di un taglio cronologico che
scaturisce dalla constatazione di una disparità strutturale all’interno dell’opera
erodotea che investe anche la trattazione storica su Sparta. Quest’ultima non co-
stituisce certo l’argomento principale delle Storie che, come è noto, si propongo-
no invece di conservare memoria delle imprese compiute da Greci e Barbari e di
indagare la causa per la quale erano venuti a guerra fra loro. 17 Gli avvenimenti  

che vedono protagonista la città laconica, pertanto, si dipanano lungo questo filo
conduttore primario in maniera incidentale e per lo più in forma di digressioni
almeno finché non si arriva allo scontro diretto fra Greci e Persiani e, in particolar
modo, all’invasione della Grecia ad opera di Serse. Da questo momento in poi
gli excursus sui Lacedemoni tendono a diminuire e le vicende che li riguardano
seguono soprattutto la trama della narrazione principale.
L’analisi sulla politica interna è stata condotta attraverso l’approfondimento di
due argomenti principali : da un lato la successione dinastica al trono agiade ; dal-
   

l’altro le relazioni, per lo più conflittuali, che legano gli esponenti delle due casate
regali che di volta in volta si trovano insieme a governare. Questa particolare atten-
zione riservata alla diarchia rispetto alle altre componenti istituzionali dello stato

15  Cfr. Cragg, Herodotus’ presentation, cit., 70.


16  La tradizione extraerodotea è stata presa in considerazione soltanto quando presenta delle
differenze significative o aggiunge qualcosa di nuovo rispetto al resoconto dello storico di Alicar-
nasso, vale a dire soltanto quando le notizie da essa ricavabili sono effettivamente importanti per
la comprensione delle dinamiche della politica spartana. Questa impostazione metodologica non
scaturisce dalla volontà di sminuire la testimonianza di autori che siano diversi da Erodoto per sal-
vaguardare a tutti i costi la fondamentale credibilità di quest’ultimo. Dipende invece dalla semplice
constatazione che la quasi totalità delle altre fonti letterarie è posteriore ad Erodoto e ripercorre
sostanzialmente quanto egli per primo racconta. 17  Hdt., Proemio.
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spartano non deve stupire poiché riflette semplicemente lo stato della tradizione :  

le nostre fonti, infatti, tramandano informazioni più numerose e più dettagliate a


proposito dell’operato dei re rivelandosi, al contrario, molto lacunose circa il ruo-
lo delle altre forze politiche. Ciò non significa, tuttavia, che abbiamo rinunciato
del tutto a valutare quest’ultimo aspetto. Nella fattispecie abbiamo tentato di far
luce sui rapporti fra regalità ed eforato prendendo in considerazione soprattutto i
mutamenti che investono tali rapporti nei diversi momenti storici e nelle singole
circostanze contingenti. A tal proposito, è utile sottolineare che la concezione di
una vita politica interna in evoluzione è oggi largamente accettata dagli studiosi
in contrasto con quanto si credeva in passato, quando l’opposizione fra eforato e
regalità veniva intesa come un carattere costante della storia di Sparta, addirittura
quello che meglio la rappresentava conferendole un tratto di forte specificità. 18  

Allo stesso tempo abbiamo cercato di comprendere, quando gli avvenimenti ri-
portati lo rendevano possibile, anche il peso della gerusia e dell’assemblea. Ciò
è risultato sicuramente più arduo non solo perché esse assai raramente trovano
posto nella narrazione, ma anche perché la terminologia con la quale Erodoto il
più delle volte designa gli organi dello stato lacedemone è molto generica e crea
spesso incertezza. Egli, ad esempio, si serve soltanto del sostantivo a[rconte~ per
indicare i magistrati che di volta in volta prendono parte alle decisioni, oppure
menziona in maniera ancora più sommaria semplicemente oiJ Lakedaimovnioi o oiJ
Spartih`tai in riferimento all’assemblea.

2. Contesto di riferimento: cenni sulla politica estera di Sparta


in Erodoto
Erodoto narra molti episodi di storia spartana che possiamo far ricadere nell’am-
bito della politica estera : si tratta di operazioni militari e diplomatiche che occu-
 

pano lo spazio cronologico di circa novanta anni entro il quale lo storico racchiu-
de la sua opera.
Non è questa la sede per proporre un’analisi approfondita di ognuno di questi
accadimenti, 19 ne presenteremo pertanto un quadro sintetico che vuole essere
 

utile alla comprensione delle questioni relative alla politica interna. A tale scopo
ci interessa soprattutto mettere in luce come le operazioni militari e le azioni

18  Tale interpretazione è ben inquadrata e già contestata da Carlier, La vie politique, cit., 65 s.
che fa notare : « Pour beaucoup d’auteurs, parmi les plus illustres, l’histoire de Sparte est à peu près
terminée au milieu du vie siècle : Sparte s’est ‘figée’, toutes les institutions qui font d’elle un État
réactionnaire, militaire e policier sont en place : du point du vue politique, la dictature des éphores
est établie, et leur autorité tyrannique, dont la fonction est de maintenir une stricte discipline dans la
cité, s’exerce tant sur les rois que sur les citoyens et les non-citoyens, hilotes et périèques ». Egli si ri-
ferisce in particolare a H.T. Wade-Gery, The Growth of the Dorian States, in CAH, iii, Cambridge 1925,
558-570 ; G. Glotz, Histoire Grecque, i, Paris 1925, 335-374 ; Bengtson, Griechische Geschichte, cit., 116 ; cfr.
anche Dickins, The growth, cit., 1-44. Contra, fra gli altri, Andrewes, The government, cit., 8-10 ; I. Hahn,
Aspekte der spartanischen Außenpolitik im V. Jh., AAntHung 17, 1968, 286-289 ; Carlier, La vie politique,
cit., 69 s. ; M. Clauss, Sparta, Eine Einführung in seine Geschichte und Zivilisation, München 1983, 9 e
135 s. 19  Per la trattazione sistematica rimando al mia Tesi di Dottorato.
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diplomatiche dello stato lacedemone si caratterizzino per una certa mutabilità
e contraddittorietà nelle scelte e nei comportamenti. In particolare alcune volte
appaiono dirette al solo controllo del Peloponneso o delle regioni vicine nell’ot-
tica di una politica di chiusura entro confini territoriali ristretti, invece altre volte
testimoniano l’interesse degli Spartani per aree geografiche molto lontane dalla
loro patria nell’ottica di una politica di maggiore espansione.
Fra la metà del vi secolo ed il primo decennio del v secolo a.C. Sparta rie-
sce a consolidare in maniera significativa la propria posizione di città egemone
all’interno del Peloponneso grazie ad alcune campagne militari vittoriose che
le permettono di estendere i propri confini territoriali ad aree strategicamente
importanti : da un lato con la sconfitta dei Tegeati ottiene a nord il controllo di
 

parte dell’Arcadia ; 20 dall’altro con la battaglia di Tirea, 21 prima, e con quella di


     

Sepeia, 22 poi, indebolisce Argo e rende più sicura la frontiera orientale. Allo stesso
 

tempo i Lacedemoni cominciano a coltivare una politica che mira a conseguire il


dominio sul Peloponneso anche attraverso la creazione di alleanze : si tratta della  

cosiddetta politica filo-achea, che trova la sua espressione simbolica nell’accogli-


mento a Sparta delle ossa di Oreste traslate da Tegea. 23 Le intese che iniziano
 

a formarsi in questo periodo porteranno alla costituzione della lega peloponne-


siaca, ma nella loro forma embrionale è probabile che si configurino per lo più
come vincoli di xeniva fra Spartiati al potere e notabili di altre città rette da governi
politicamente allineati a quello lacedemone. 24 La volontà di estendere la propria
 

sfera di influenza in aree geografiche vicine favorendo la nascita di governi ‘allea-


ti’ spinge i Lacedemoni ad intraprendere fra il 511 e il 506 a.C. alcune spedizioni
contro Atene. 25 Il fine iniziale è quello di cacciare i Pisistratidi, ma il tentativo di
 

Cleomene di imporre Isagora per ostacolare il democratico Clistene rivela l’inten-


to di promuovere la creazione di governi oligarchici. 26 Sempre nell’ottica di un
 

20  i 65-68. 21  i 82-83. 22  vi 75, 3-82.


23  Hdt. i 67, 2-68, 6. Cfr. Dickins, The growth, cit., 22 ; H.T. Wade-Gery, Sparta : The Beginnings of the
League, in CAH, iii, Cambridge 1929, 565-567 ; D. M. Leahy, The Bones of Tisamenus, « Historia » 4, 1955,
30 ; C.L. Huxley, Early Sparta, London 1962, 67-71 ; W.G. Forrest, Storia di Sparta. 950-192 a.C., trad. it.,
Bari 1970, 105-108 ; P. Cartledge, Sparta and Lakonia, London 1972, 139 ; L.H. Jeffery, Archaic Greece. The
City-States c. 700-500 B. C., London 1976, 121 s. ; C. Calame, Spartan genealogies : the mythological repre-
sentation of a spatial organization, in J. Bremmer (Ed.), Interpretation of Greek mythology, London 1987,
177 ; M. Nafissi, La nascita del kosmos, Napoli 1991, 140 s. ; I. Malkin, Myth and territory in the Spartan
Mediterranean, Cambridge 1994, 26 ss. ; J.B. Salmon, Sparta, Argo e il Peloponneso, in S. Settis (a cura di),
I Greci : Storia, Cultura, Arte e Società, ii 1, Torino 1997, 855.
24  Cfr. U. Kahrstedt, Griechisches Staatsrecht : Sparta und seine Symmachie, i, Göttingen 1922, 81 ss. ;
G.L. Cawkwell, Sparta and her allies in the sixth century, CQ 43.2, 1993, 370-373 ; Salmon, Sparta, cit., ii
1, 856. 25  v 55 ; 62 - 67, 1 ; 69-76 ; 90-93.
26  È ovvio che l’intervento spartano contro i Pisistratidi non può essere spiegato semplicemente
ricorrendo al Leitmotiv che fa della città laconica la nemica delle tirannidi nel mondo greco. La for-
mulazione più esplicita di questa teoria si trova in Tucidide I 18, dove la politica antitirannica perse-
guita da Sparta a favore di molte città greche è presentata come diretta conseguenza del fatto che
essa stessa non era mai stata governata da regimi tirannici ma al contrario aveva avuto una buona e
stabile costituzione. Tuttavia, l’affermazione tucididea è dettata non solo dalla esigenza di sintesi che
i capitoli sull’Archaiología imponevano all’autore, ma anche – come fa notare A. Paradiso, Tempo della
erodoto e le scelte di sparta 351
consolidamento della rete di alleanze va inteso l’intervento di Cleomene ad Egina
del 492 a.C. : il re su richiesta degli Ateniesi muove contro gli Egineti colpevoli
 

di aver ceduto alla richieste di sottomissione avanzate da Dario. 27 Le ragioni di  

quest’atto vanno cercate non tanto nella volontà spartana di arginare la minaccia
persiana, quanto piuttosto nella volontà di colpire indirettamente la rivale Argo, 28  

alleata di Egina nella guerra che quest’ultima combatteva da tempo contro Ate-
ne. 29 Del resto la scarsa preoccupazione dei Lacedemoni rispetto alle pericolose
 

iniziative dei Medi sembrerebbe provata anche dalla loro assenza a Maratona. 30  

Fra gli anni Cinquanta e gli anni Venti del vi secolo notevole è anche l’atten-
zione di Sparta per regioni lontane dal Peloponneso. La città, infatti, mostra a più
riprese di essere interessata ad intervenire in una serie di operazioni che hanno il
loro campo d’azione nell’Egeo : è pronta ad accogliere le richieste di alleanze del
 

re lido Creso costretto a fronteggiare il persiano Ciro ; 31 non esita ad accordare


   

la sua protezione agli Ioni d’Asia minacciati anch’essi da Ciro ; 32 conduce una    

spedizione a Samo contro Policrate su istanza di alcuni fuoriusciti che il tiranno,


con la collaborazione di Cambise, aveva cercato di eliminare. 33 Tale interesse va,  

però, scemando drasticamente nell’ultimo ventennio del vi secolo e nel primo


decennio del v, vale a dire durante il regno di Cleomene. Infatti in questo arco di
tempo Sparta, pur continuando ad essere la destinataria principale di diverse pro-
poste di alleanza che la porterebbero ancora una volta in Asia contro i Persiani,
nega sistematicamente il suo sostegno : respinge prima il samio Meandrio, 34 poi
   

il tiranno di Mileto Aristagora 35 ed infine una delegazione scita. 36 In questo pe-


   

riodo – precisamente nell’ultimo decennio del vi secolo – l’attenzione dello stato


lacedemone verso regioni transmarine sembrerebbe testimoniata esclusivamente
dalle imprese di un gruppo di Spartani che, guidati dal principe Dorieo, peregrina-
no attraverso il Mediterraneo nel tentativo di fondare una colonia prima in Libia
e poi in Sicilia. 37  

tradizione, tempo dello storico : Thuc. I.18 e la storia arcaica spartana, SStor 28, 1995, 35 – da motivazioni
ideologiche e propagandistiche in base alle quali viene riconosciuto a Sparta ‘il ruolo di difensore
della libertà’. Sul topos della politica antitirannica di Sparta vedi anche R. Bernhardt, Die Entstehung
der Legende von der tyrannenfeindlichen Außenpolitik Spartas im sechsten und fünften Jahrhundert v. Chr.,
« Historia » 36, 1987, 257-289 con bibliografia precedente.
27  vi 48, 2-51 ; 61-66 ; 73.
28  Cfr. Forrest, Storia di Sparta, cit., 131 ; Bultrighini, Cleomene, cit., 91 ; C. Fornis, Esparta : historia,
sociedad y cultura de un mito historiográfico, Barcelona 2003, 82.
29  v 82-87. La cronologia di questa guerra è incerta, probabilmente va datata intorno al 506 a.C.
Cfr. D. Musti, Storia greca. Linee di sviluppo dall’età micenea all’età romana, Roma-Bari, 19955, 280.
30  vi 106 e 120. 31  i 56 e 69. 32  i 141. 33  iii 39 ; 44-47 ; 54-57.
34  iii 142-148. 35  v 49-51. 36  vi 84, 2.
37  v 42, 2-47. Sono convinti che le imprese di Dorieo non vadano considerate l’opera di un singolo
ma godano dell’appoggio dello stato L. Braccesi, L’Enigma Dorieo, Hespería 11, Roma 1999 ; Id., Do-
rieo, un monumento e un epitafio, in Erodoto e l’Occidente, Kokalos Suppl. 15, Roma 1999, 41-46 ; R. Ganci,
I “segni” cadmei e gli Egeidi nella tradizione erodotea su Dorieo spartano, in Erodoto e l’Occidente, Kokalos
Suppl. 15, Roma 1999, 241-259. Pensano, invece, ad un’iniziativa individuale G. Mastruzzo, Osserva-
zioni sulla spedizione di Dorieo, « Sileno » 3, 1977, 137 ; A.J. Graham, Colony and Mother City in Ancient
Greece, Chicago 1983, 8 ; F. Sartori, Agrigento, Gela e Siracusa, in Dall’Italía all’Italia, Padova 1993, 155.
352 rossella gioiosa
Passiamo ad illustrare brevemente la condotta dei Lacedemoni negli anni del-
la seconda guerra persiana. In occasione di questa seconda spedizione, Sparta, a
differenza di quanto aveva fatto durante l’invasione di Dario, prende subito parte
in maniera attiva ai preparativi di guerra e alle trattative diplomatiche messe in
atto per fermare l’avanzata di Serse : è presente al congresso dei Greci all’Istmo, 38
   

accetta di guidare la coalizione antipersiana, 39 partecipa alla spedizione in Tes-


 

saglia presso Tempe 40 e schiera alle Termopili un corpo scelto con a capo il re
 

Leonida. 41 Dopo la sconfitta delle Termopili, gli Spartani mutano radicalmente il


 

loro atteggiamento, quasi non fossero più disposti a continuare l’opposizione : si  

preoccupano soltanto di rendere difendibile la loro posizione nel Peloponneso 42  

e non vincono la loro riluttanza neanche quando Atene minaccia di passare dalla
parte dei Persiani. 43 Soltanto le forze peloponnesiache che compongono la flotta
 

continuano la lotta, ma appaiono poco motivate ed il loro navarco Euribiade non


nasconde persino l’intenzione di ritirarsi. 44 Una nuova inversione di tendenza si
 

registra con la campagna di Platea : l’esercito spartano, che con la sua improvvisa
 

partenza testimonia il repentino cambio di orientamento, riporta in Beozia una


vittoria che, al di là delle mistificazioni del racconto erodoteo, va attribuita com-
pletamente al valore dei Lacedemoni e del loro comandante Pausania. 45 Sul fron-  

te del mare, però, subentra nuovamente la rinuncia : dopo la battaglia di Micale,


 

infatti, Leotichida decide di ricondurre in patria i Peloponnesiaci e lascia ai soli


Ateniesi la prosecuzione delle operazioni nell’Egeo. 46  

Concludendo, le vicende alterne della politica estera spartana sembrano deter-


minate dal coesistere all’interno dello stato lacedemone di due tendenze opposte :  

Sul possibile coinvolgimento degli Egeidi nelle azioni del principe spartano cfr. F. Vian, Les origines
de Thèbes, Kadmos et les Spartes, Paris 1963, 255 ; M. Miller, The Talassocracies, Studies in Cronography,
ii, New York 1971, 39 ; M. Nafissi, A proposito degli Aigheidai : grandi ghéne ed empori nei rapporti Sparta-
Cirene, AFLPer 18, 1980/81, 185-205 ; Id., Battiadi ed Aigheidai : per la storia dei rapporti fra Cirene e Sparta
in età arcaica, in G. Barker – J. Lloyd – J. Reynols (Eds.), Cyrenaica in Antiquity, Oxford 1985, 375-382 ; P.
Vannicelli, Gli Egidi e le relazioni fra Sparta e Cirene in età arcaica, QUCC 41, 1992, 55-73.
38  vii 145. 39  vii 149. 40  vii 172-175.
41  vii 202-238. Sulle ragioni strategiche del comportamento di Leonida cfr. J.R. Grant, Leonidas’
‘Last Stand’, « Phoenix » 15, 1961, 14-27 ; A. Dascalakis, Les raisons réelles du sacrifice de Léonidas et l’im-
portance historique de la bataille des Thermopyles, StudClas 6, 1964, 57-82 ; J.A.S. Evans, The Final Problem
at Thermopylae, GRBS 5, 1964, 231-237 ; R. Hope Simpson, Leonidas’ Decision, « Phoenix » 26, 1972, 1-11.
Sulla trasformazione della sconfitta delle Termopili in un successo ideologico attraverso la versione
della cosiddetta Leggenda cfr. J.H. Hooker, Spartan Propaganda, in A. Powell (Ed.), Classical Sparta  :
techniques behind her success, London 1989, 135 e M. Lombardo, Erodoto sulle Termopili : Leonida, De-
marato e l’Ideologia Spartiata, in M. Giangiulio (a cura di), Erodoto e il ‘modello erodoteo’. Formazione e
trasmissione delle tradizioni storiche in Grecia, Trento 2005, 192, che riprende alcuni concetti di Hooker
sulla ‘state propaganda’. 42  viii 71-74. 43  ix 6-7.
44  viii 49.
45  ix 10-70. A proposito dell’interpretatio ateniese del racconto erodoteo sulla campagna di Platea
cfr. R.W. Macan, Herodotus, The Seventh, Eighth, and Ninth Books with Introduction and Commentary, ii,
London 1908, 361 s. ; How-Wells, A commentary, cit., ii, 387 ss. ; A. Mele, La battaglia di Platea, AFLN
5, 1955, 19 ss. ; R. Nyland, Herodotos’ Sources for the Plataiai Campaign, AC 61, 1992, 80 ss. ; M. Bettalli,
Erodoto e la battaglia di Platea, in M. Giangiulio (a cura di), Erodoto e il ‘modello erodoteo’. Formazione e
trasmissione delle tradizioni storiche in Grecia, Trento 2005, 215 ss. 46  ix 114.
erodoto e le scelte di sparta 353
la prima spinge perché Sparta estenda i propri confini territoriali e la propria sfera
di influenza ben al di fuori del Peloponneso ; la seconda cerca di limitarne il cam-
 

po d’azione all’area peloponnesiaca o, al massimo, alle regioni confinanti.


Secondo un modello teorico senza dubbio semplicistico i sostenitori della pri-
ma tendenza sarebbero i re, mentre i sostenitori della seconda tendenza sarebbero
gli efori. 47 Nelle pagine che seguono abbiamo, invece, cercato di mostrare come
 

all’interno dell’aristocrazia spartana si combattano delle lotte che non si possono


ridurre alla rigida opposizione monarchia-eforato e come, di conseguenza, sia
di gran lunga più complesso e articolato il panorama degli esponenti delle due
tendenze.

3. Politica interna: dalla metà del vi secolo


alla battaglia di Maratona
3. 1. La successione al trono agiade
Nel v libro Erodoto offre un interessante spaccato di storia interna spartana : la vi-  

sita di Aristagora a Cleomene diviene infatti l’occasione per una digressione sulle
vicissitudini matrimoniali del re Anassandrida e sugli antefatti della successione al
trono alla morte dello stesso.
Anassandrida aveva in moglie una figlia di sua sorella dalla quale non aveva
avuto prole, per questa ragione gli efori gli consigliano di ripudiare la donna e di
sposarne un’altra. Di fronte al rifiuto del re di abbandonare la prima sposa, i magi-
strati si consultano con i geronti e gli concedono di avere due mogli. Dalla secon-
da nasce Cleomene, ma poco dopo anche la prima rimane incinta divenendo così
oggetto delle preoccupazioni dei parenti dell’altra e degli efori, tanto che questi
ultimi addirittura ne sorvegliano il parto. Ella dà alla luce Dorieo e, poco dopo,
genera altri due figli, Leonida e Cleombroto. Alla morte di Anassandrida diviene
re Cleomene « non per valore personale, ma per diritto di nascita », così Dorieo,
   

non ritenendo giusto essere governato dal fratello, lascia Sparta. 48  

Due questioni che emergono dal resoconto erodoteo meritano approfondimen-


to : in primo luogo, le motivazioni e i protagonisti delle lotte interne all’aristocra-
 

zia spartana che, a quanto pare, fanno da sfondo a tutta la vicenda ; in secondo  

luogo, le relazioni fra eforato e monarchia sia durante il regno di Anassandrida


che durante quello di Cleomene.
Nei capitoli appena citati appare chiara l’importanza delle strategie matrimo-
niali nelle dinamiche che regolano la successione dinastica. I protagonisti della
narrazione sono Anassandrida, le due mogli e gli efori, tuttavia si intuisce che un

47  Questo modello è stato ben illustrato da Wolski, Pausanias, cit., 75-94, sp. 90 « La politique
spartiate, depuis la fin du vième siècle, oscillait entre deux pôles, dont l’un était passif, l’autre actif.
Les partisans de la première, principalement les éphores … prescrivaient a l’état spartiate une poli-
tique prudente, fermée dans les frontières étroites du Péloponese. D’autre part, les partisans de la
politique active, les rois en tête, visaient à agrandir la puissance de Sparte au-delà de ses frontière ».
Lo studioso si rifà a K.J. Beloch, Griechische Geschichte, II2 2, Berlin-Leipzig 1931, 90 ss. ; Grundy, The
population, cit., 77-96 ; Dickins, The growth, cit., 1-42. 48  Hdt. v 39-42, 2.
354 rossella gioiosa
ruolo fondamentale spetta ai gruppi aristocratici che promuovono le intese co-
niugali e ai quali appartengono evidentemente le due spose. Esse, e soprattutto la
loro prole, sono lo strumento di cui questi gruppi si servono per tentare la scalata
al trono agiade. Ciò risulta evidente dalla tensione che provoca nei parenti della
seconda moglie la notizia che anche la prima è incinta : essi, sicuri di essersi garan-
 

titi l’accesso al potere regale tramite l’erede che la loro protetta sta per mettere al
mondo, vedono improvvisamente i loro progetti minacciati dalla gravidanza del-
l’altra. 49 Troviamo assai probabile l’ipotesi avanzata da Bultrighini sulla sterilità
 

di Anassandrida e sulla eventualità, per nulla remota, che la seconda sposa fosse
stata fornita al re con « l’optional dello stato interessante ». Partendo da questo
   

presupposto, lo studioso spiega nel modo seguente la situazione che ne deriva :  

l’entourage che sostiene la prima donna, resosi conto della manovra messa in atto
dagli avversari, risponde prontamente e in maniera analoga facendo in modo che
anche ella generi un rampollo per la casa reale. 50  

Nel caso della seconda moglie di Anassandrida alcuni indizi forse ci consentono
anche di individuare quali sono le cerchie aristocratiche che reggono le fila di que-
ste complesse alleanze matrimoniali : la donna era, stando a quello che si desume
 

dalla genealogia riferita da Erodoto, una pronipote di Chilone. 51  

Chilone è annoverato nella lista dei Sette Saggi 52 e da una tradizione confluita in
 

Diogene Laerzio apprendiamo che fu eforo nella seconda metà del vi secolo a.C.
e prw`to~ eijshghvsato ejfovrou~ toi`~ basileu`si parazeugnuvnai. 53 Nafissi ritiene che
 

49  Cfr. v 41, 1-2.


50  Bultrighini, Cleomene, cit., 59-64. Lo studioso mette in luce le analogie con le vicende matrimo-
niali di Aristone, padre di Demarato, per le quali cfr. infra, 16.
51  v 41, 3. Lo storico dice che ella era figlia di Prinetade, figlio di Demarmeno. Quest’ultimo pare
fosse, a sua volta, figlio di Chilone. Cfr. P. Poralla – A.S. Bradford, A Prosopography of Lacedaemonians,
from the Earliest Time to the Death of Alexander the Great, transl. Engl., Chicago 19852, nr. 230, che rico-
struiscono l’albero genealogico. Cfr. anche T. Lenschau, König Kleomenes I von Sparta, « Klio » 31, 1938,
425. 52  Cfr. Plat. Prt., 343a.
53  Le informazioni provengono dallo storico Sosicrate che si rifarebbe al cronografo Apollodoro
di Atene (II secolo a.C.). Cfr. D. L. I 68, 6 (Apollod. fr. 16 = FGrHist 244 F 335c) gevgone d∆ e[foro~
kata; th;n penthkosth;n e{kthn ∆Olumpiavda - Pamfivlh dev fhsi kata; th;n e{kthn kai; prw`ton e[foron
genevsqai - ejpi; Eujqudhvmou, w{~ fhsi Swsikravth~. kai; prw`to~ eijshghvsato ejfovrou~ toi`~ basileu`si
parazeugnuvnai: Satuvro~ d∆ Lukou`rgon. Nel testo è riportata anche l’opinione di Panfila, erudita di
età neroniana, che arretra la cronologia alla sesta Olimpiade e fa di Chilone il primo eforo, ma ella,
a quanto pare, fraintende le parole di Sosicrate. Cfr. a tal proposito Nafissi, La nascita del kosmos, cit.,
124-129 con bibliografia precedente e discussione dei diversi emendamenti proposti dagli studiosi.
Nafissi, in particolare, aderisce alla spiegazione di L. Pareti, Origini e sviluppo dell’eforato spartano,
in Studi minori di Storia antica, I, Roma 1958, I. Secondo quest’ultimo il fraintendimento di Panfila
deriva dall’ambiguità della frase prw`to~ eijshghvsato ejfovrou~ toi`~ basileu`si parazeugnuvnai, che può
riferirsi ad un accrescimento del potere dell’eforato o alla creazione della magistratura. La gram-
matica interpreta nel secondo modo e di conseguenza alza la cronologia di Chilone all’inizio della
lista degli efori. In generale, le diverse correzioni ipotizzate dagli studiosi dimostrano che essi danno
credito alla datazione di Sosicrate, e, al tempo stesso, pensano che costui alluda ad un processo di
trasformazione dell’eforato di cui è protagonista il nostro saggio. Scettico, da ultimo, sulla figura di
Chilone quale creatore dell’eforato anche A. Luther, Chilon von Sparta, in A. Goltz - A. Luther – H.
Schlange Schöningen (Hrsgg.), Gelehrte in der Antike, Alexander Demandt zum 65. Geburtstag, Köln-
Weimar-Wien 2002, 1-16.
erodoto e le scelte di sparta 355
Erodoto, la fonte più antica su Chilone, negli unici due luoghi in cui ne fa men-
zione, lasci intravedere gli indirizzi fondamentali del programma portato avanti
dallo spartano durante il suo eforato, vale a dire la lotta contro la tirannide e la
promozione di una politica di chiusura peloponnesiaca. Nel primo passo (I 59) lo
storico di Alicarnasso racconta un aneddoto in cui Chilone sconsiglia all’ateniese
Ippocrate di mettere al mondo dei figli, da lui sarebbe infatti nato Pisistrato. Nel
secondo (vii 235) Demarato, nel suggerire a Serse di attaccare il Peloponneso da
Citera, ricorda che già il saggio, « temendo ogni viaggio di uomini », aveva am-
   

monito i Lacedemoni sui pericoli che potevano arrivare dall’isola. 54 Thommen  

sostiene a ragione che l’osservazione che Erodoto mette in bocca a Chilone a pro-
posito di Citera potrebbe essere stata condizionata da una situazione riscontrabile
negli anni della guerra del Peloponneso, quando gli Ateniesi fanno dell’isola una
base per le proprie operazioni contro la Laconia. Non crediamo, tuttavia, che sia
nel giusto quando sminuisce l’importanza anche della prima testimonianza ero-
dotea per il fatto che la politica antitirannica dei Lacedemoni è « ein Produkt der  

im fünften Jahrhundert entstandenen Tyrannisideologie Athens ». 55 Senz’altro è    

vero che Sparta non intraprese delle campagne militari contro i regimi individuali
concepite come pura lotta ideologica e che questa è una visione anacronistica di
stampo ateniese. Tuttavia tali campagne, seppure con un altro scopo, ebbero luo-
go : erano, come abbiamo detto in precedenza, finalizzate a consolidare il potere
 

della città laconica favorendo in altri stati la nascita di governi filolacedemoni. 56  

Chilone potrebbe quindi essere stato il promotore di una opposizione alla tiran-
nide intesa come strumento di rafforzamento politico basato sulla creazione di
alleanze. Tanto più che esiste un testo papiraceo databile al ii secolo a.C. in cui si
legge che lo spartano, in veste di eforo, « abbatté le tirannidi fra i Greci ». 57
     

Ritorniamo a Diogene Laerzio ed in particolare all’affermazione « e per primo  

[Chilone] propose che efori fossero posti a freno dei re ». Qui si fa cenno, seppure
 

in maniera assai generica, alla facoltà dell’eforato di porre in un certo qual modo
dei limiti al potere regale. Questa prerogativa trova per noi la sua prima attesta-
zione letteraria proprio nel racconto erodoteo su Anassandrida di cui ci stiamo
occupando ; è utile, infatti, ricordare che sono gli efori ad imporre all’Agiade di
 

prendere una seconda moglie. Nella narrazione, per di più, colpisce l’atteggia-
mento di forte parzialità che essi dimostrano nei confronti di questa donna : per  

assicurarne l’accesso al trono innanzitutto accusano di sterilità la prima moglie


del re, poi si preoccupano di sorvegliare il parto della malcapitata, ma soprattut-
to sono disposti a venir meno persino al loro compito di controllori del rispetto
delle norme tradizionali dal momento che permettono che Anassandrida, poievwn
oujdamw`~ Spartihtikav, abbia due spose. 58  

In conclusione, se si prende in considerazione la parentela che unisce la seconda


moglie del re a Chilone ed il ruolo cruciale dell’eforato in tutta la vicenda, ci sono

54  Nafissi, La nascita del kosmos, cit., 132-135.


55  Thommen, Lakedaimonion Politeia, cit., 76. 56  Cfr. supra, 6 s.
57  PRylands 18 = FGrHist 105 F 1. Sul papiro cfr. anche infra, 13. 58  V 40, 2.
356 rossella gioiosa
degli indizi per pensare che le cerchie aristocratiche che tentano di promuovere il
nuovo matrimonio siano legate ai Chilonidi.
È molto difficile, al contrario, stabilire quale sia la fazione che si oppone a que-
sti ultimi. Lo storico di Alicarnasso ci dice che la prima moglie di Anassandrida
era una nipote del re in quanto figlia della sorella, pertanto per via materna era
anche lei un’agiade. Non conosciamo però la provenienza della famiglia paterna.
Qualcuno ha ipotizzato che possa trattarsi degli Egeidi, 59 tuttavia questa proposta
 

si basa soltanto su un probabile ma non accertato coinvolgimento di questi ultimi


nelle imprese di Dorieo. 60  

È importante interrogarsi sul ruolo che Anassandrida assume in questa storia.


Ciò ci consente anche di approfondire l’altra questione di cui si è detto prima :  

vale a dire la natura delle relazioni fra il re e l’eforato.


Per alcuni l’Agiade subisce l’attacco degli efori che mirano ad indebolirne il
potere. 61 Egli, attraverso il matrimonio con una sua consanguinea, si era preoc-
 

cupato di rafforzare le basi economiche sulle quali poggiava il suo regno. Le pra-
tiche endogamiche, infatti, servivano ad evitare il rischio di frammentazione del
patrimonio conseguente al diritto, di cui godeva la donna spartana, di ereditare
i beni paterni. 62 L’importanza di tale prassi, soprattutto per le famiglie regali,
 

appare evidente se si pensa che in una società come quella lacedemone, in cui la
stabilità politica era garantita in larga misura proprio dall’immobilismo economi-
co, alla conservazione del patrimonio era legata strettamente la conservazione
del potere. 63 Il rifiuto di Anassandrida di ripudiare la donna, quindi, non è dettato
 

da ragioni affettive, come chiarisce Erodoto, 64 ma rappresenta il tentativo del re


 

di opporre resistenza all’aggressione di cui è vittima. Nonostante riesca a salva-


guardare il primo matrimonio, tuttavia alla fine è costretto a cedere di fronte al
consiglio, per la verità abbastanza minaccioso, 65 di prendere un’altra sposa. Altri,
 

invece, credono che l’Agiade sia complice degli efori e dei Chilonidi con i quali
vuole effettivamente imparentarsi ; egli però al tempo stesso non ha intenzione
 

di perdere i privilegi economici che gli derivano dalla prima unione, pertanto,
nel momento in cui si oppone al divorzio, di fatto « sta contrattando i termini del
 

nuovo accordo matrimoniale ». 66    

In realtà entrambe le letture si fondano su pochissimi elementi nei quali si è


creduto di vedere le prove dell’opposizione o, al contrario, dell’adesione di Anas-

59  Così Miller, The Talassocracies, cit., II, 38 s. 60  Cfr. supra, 7 e n. 37.
61  Così Forrest, Storia di Sparta, cit., 118 s.
62  Cfr. D. Schaps, Women in Greek inheritance law, CQ 25, 1975, 53-57.
63  Cfr. Bultrighini, Cleomene, cit., 58, che cita S. Hodkinson, Property and wealth in classical Sparta,
London 2000. Cfr. anche S. Hodkinson, Inheritance, Marriage and Demography : Perspectives upon the
Success and Decline of Classical Sparta, in A. Powell (Ed.), Classical Sparta  : techniques behind her success,
London 1989, 79-121, sp. 82-89.
64  Cfr. v 39 lo storico dice che la donna era ‘carissima’ al re e quest’ultimo la difende davanti agli
efori che ne accusano la sterilità.
65  Cfr. Hdt. v 40, 1 i{na mhv ti ajlloi`on peri; seu` Spartih`tai bouleuvswntai.
66  Così Bultrighini, Cleomene, cit., 61-65.
erodoto e le scelte di sparta 357
sandrida al programma politico di matrice chiloniana, programma che, come si
è detto, intende limitare il raggio d’azione di Sparta all’area peloponnesiaca, o al
massimo alle regioni limitrofe, e mira, attraverso il recupero dell’identità achea
e attraverso la lotta antitirannica, alla creazione di alleanze capaci di accrescere
la potenza lacedemone. Quanti sostengono che il re non condivida tali principi
si appellano al fatto che egli chiama il figlio nato dalla prima moglie Dorieo, cioè
‘il dorico’, per sottolineare la continuità con i re conquistatori e di conseguenza
la sua ostilità alla politica filo-achea delle alleanze. 67 Quanti pensano il contrario,
 

ricorrono alla testimonianza del già citato Papiro Rylands 18 in cui sono elencate
una serie di campagne antitiranniche e accanto al nome di Chilone appare quello
di Anassandrida. 68  

In verità non è semplice accertare se il re sia d’accordo o in contrasto con gli


efori poiché non si riesce a capire fino a che punto egli sia partecipe delle nuove
direttive che questi ultimi tentano di imporre nell’amministrazione dello stato
spartano. Erodoto si limita a dire che alcune iniziative che rientrano nella co-
siddetta politica filo-achea avvengono durante il regno di Anassandrida, ma non
specifica quale fu il ruolo del re in esse. D’altra parte, durante il regno dello stesso,
non mancano neanche azioni ispirate ad orientamenti di governo di segno oppo-
sto, come le promesse di aiuto a Creso e agli Ioni e la spedizione a Samo. Anche
per queste il racconto erodoteo tace l’identità dei protagonisti, cosicché non sap-
piamo a chi siano realmente riconducibili le decisioni di intervento, infine non ci
aiutano di certo le scarsissime informazioni sull’operato dell’altro re Aristone.
In generale a proposito delle relazioni fra eforato e monarchia si ha l’impressio-
ne che gli efori al tempo di Anassandrida abbiano un certo potere sui re, sebbene
si tratti di un potere che ha bisogno per essere esecutivo dell’appoggio di altre
forze politiche : i geronti, ma soprattutto gli Spartiati che, a giudicare dalle pa-
 

role di Erodoto, avrebbero potuto prendere seri provvedimenti nei confronti del
sovrano. Naturalmente è lecito domandarsi se gli Spartiati agivano in piena auto-
nomia o erano comunque indirizzati dagli efori. Questa seconda ipotesi sembra
più probabile, anche perché gli efori presiedevano l’assemblea e le decisioni prese
da quest’ultima erano comunque passibili della loro lettura visto che l’assemblea
esprimeva il suo voto attraverso le grida. 69  

È bene, infine, sottolineare che nessuna fonte antica parla di un cambiamen-

67  Cfr. Huxley, Early Sparta, cit., 71 ; Forrest, Storia di Sparta, cit., 118 s. ; C.M. Stibbe, Chilon of Spar-
ta, MNIR 46, 1985, 14 ; Nafissi, La nascita del kosmos, cit., 144. Senza dubbio l’abbandono delle guerre
di conquista ebbe delle ripercussioni negative sul prestigio personale dei re dal momento che questi
avevano fondamentalmente poteri militari (cfr. Hdt. VI 56-58) e dovevano gran parte della loro auto-
rità al carisma che erano in grado di esercitare sul popolo proprio in virtù delle campagne vittoriose.
A proposito dell’importanza del consenso popolare cfr. anche P. Carlier, La Royauté en Grèce avant
Alexandre, Strasbourg 1983, 284.
68  Cfr. Bultrighini, Cleomene, cit., 54 s. Anche per Lenschau, König Kleomenes I, cit., 424 s. « Im Ein-
verständnis mit dem Ephoren Chilon hatte Anaxandridas die neue Politik Spartas begonnen ».
69  Cfr. Thuc. i 87, dove si legge anche che l’eforo Stenelaida, proprio per evitare che vi fossero
dubbi nel momento in cui si doveva decidere la guerra contro Atene, chiede di esprimere il voto
attraverso lo spostamento fisico dei partecipanti all’assemblea.
358 rossella gioiosa
to legislativo che interessi la sfera di influenza dell’eforato, 70 mentre è più pro-
 

babile che una trasformazione graduale negli equilibri di forza tra i vari organi
istituzionali sia avvenuta nel corso del VI secolo in seguito all’emergere di nuove
circostanze politiche e sociali, ad esempio in seguito alla diminuzione del potere
e del prestigio dei re una volta terminate le guerre di conquista del Peloponne-
so. Chilone può aver dato un contributo importante nell’assetto di questi nuovi
equilibri, ma egli non può certo aver determinato di volontà propria alcun tipo di
cambiamento.
Meno contraddittorio e indubbiamente più disteso appare il rapporto fra efora-
to e monarchia durante il regno di Cleomene.
Non è escluso che gli efori abbiano avuto un ruolo cruciale già al momento del-
l’ascesa al trono di quest’ultimo facendo in modo che venisse preferito al fratello
Dorieo, proprio come in passato si erano prodigati per la madre candidandola
per le seconde nozze di Anassandrida. Essi, come è ovvio, non potevano essere
gli stessi che avevano sostenuto la donna, dal momento che la magistratura aveva
durata annuale, tuttavia è assai probabile che in quegli anni venissero eletti con
una maggioranza interna favorevole ai gruppi chiloniani. Certo Erodoto dice che
Cleomene divenne re perché era oJ presbuvtato~ e che gli Spartiati lo elessero
crewvmenoi tw`/ novmw/, 71 ma la delusione di Dorieo lascia pensare che forse sarebbe
 

stata possibile anche una decisione diversa. 72  

Ad ogni modo se non abbiamo prove certe per affermare che Cleomene godes-
se del favore degli efori ancor prima della sua elezione, possiamo senz’altro dire
che per tutta la durata del suo regno è palese una quasi totale assenza d’attrito
non solo con l’eforato ma anche con le altre componenti istituzionali. Il ruolo
degli efori, infatti, appare molto limitato, ma alla luce di un’analisi attenta dei dati
presenti in Erodoto si può dire che ciò avviene non perché sia cambiato il loro
potere rispetto ai tempi di Anassandrida, bensì perché essi avallano le scelte e le
iniziative del re. Sono citati esplicitamente soltanto tre volte : quando Cleomene si
 

rivolge a loro per allontanare il samio Meandrio da Sparta affinché questi non cor-
rompa i cittadini col suo denaro, 73 quando i nemici di Cleomene accusano que-
 

st’ultimo presso di loro per non aver preso Argo dopo i fatti di Sepeia 74 e quando  

vengono chiamati come testimoni da Leotichida contro Demarato. 75 L’Agiade  

ottiene l’allontanamento di Meandrio, l’assoluzione dall’accusa e la destituzione


di Demarato. Nelle ultime due circostanze è certamente coinvolta anche l’assem-
blea ; infatti nel primo caso Erodoto dice che Cleomene pista; kai; oijkovta ejdovkee
 

70  Cfr. Richer, Les éphores, cit., 126 e Fornis, Esparta, cit., 72-74.
71  v 42, 2. Cfr. anche vii 205 Leonida non pensava assolutamente di aver accesso al regno dixw`n
oiJ ejovntwn presbutevrwn ajdelfew`n. Sulle regole di successione regale cfr. Carlier, La Royauté, cit., 240-
248.
72  Cfr. Lévy, Sparte, cit., 164-166 : dal momento che Anassandrida era stato autorizzato ad avere
due mogli, « on pouvait se demander si la deuxième femme, mère de Cléomène, devait vraiment
être considérée comme une épouse légitime, à l’égale de la future mère de Dorieus, ou si elle n’était
qu’une épouse secondaire, simple donneuse d’enfants pour le cas où la première continuerait à se
montrer stérile ». 73  iii 148. 74  vi 82. 75  vi 65.
erodoto e le scelte di sparta 359
Spartihvth/si levgein kai; ajpevfuge pollo;n tou;~ diwvkonta~, nel secondo caso che
e[doxe Spartihvth/si ejpeirevsqai to; crhsthvrion to; ejn Delfoi`si eij ∆Arivstwno~ ei[h
pai`~ oJ Dhmavrhto~ .. ajnoivstou d∆ genomevnou ejk pronoivh~ th`~ Kleomevneo~ ej~ th;n
Puqivhn. È importante, poi, ricordare, un provvedimento legislativo che va ancora
una volta a tutto vantaggio di Cleomene, vale a dire il novmo~ che dopo la dicosta-
siva di Eleusi stabilisce che un solo re conduca l’esercito in guerra e che l’altro resti
in patria. 76 Questa legge ha come immediata conseguenza quella di accrescere la
 

differenza fra il potere dei due monarchi ; 77 infatti è normale che il re che gode di
   

maggior prestigio e del consenso popolare si veda affidate le spedizioni militari ed


abbia pertanto la possibilità di controllare la politica estera.
In ultima analisi possiamo dire che è probabile che Cleomene facesse in modo
ogni anno di far eleggere come efori membri della sua fazione. 78 Ne consegue  

che, se è vero che gli efori possono esercitare un controllo sui re, è anche vero che
i re possono esercitare un controllo sugli efori. Appare poi evidente che quando
un re beneficia dell’appoggio dell’eforato o delle altre componenti politiche si de-
terminano inevitabilmente degli squilibri nelle casate reali. Questa è sicuramente
una delle motivazioni più importanti alla base del costante disaccordo fra i re. 79  

3. 2. I conflitti fra le due famiglie regali : Cleomene e Demarato


 

Il prestigio indiscusso ed il potere pressoché incontrastato di cui gode Cleomene


spiegano il ruolo di secondo piano ed la condotta di Demarato.
Erodoto introduce la figura di Demarato soltanto quando racconta i fatti di
Eleusi 80 e poi quelli di Egina 81, ma il re era già in carica ai tempi delle spedizioni
   

contro Atene e quando Aristagora arriva a Sparta per chiedere aiuti ; malgrado  

ciò, in entrambi i casi non vi è nessun accenno a lui.


Ad Eleusi Demarato si trova insieme con Cleomene a capo di un grande eserci-
to che quest’ultimo aveva radunato da tutto il Peloponneso per attaccare l’Attica.
Al momento dello scontro con l’armata ateniese, però, i Corinzi defezionano, 82  

l’Euripontide allora ne appoggia la ritirata e induce anche gli altri alleati a fare lo
stesso, riuscendo in questo modo ad impedire al suo collega di portare a termine

76  v 75. 77  Cfr. Carlier, Cleomene I, cit., 46-48.


78  Così Andrewes, The government, cit., 9 e Carlier, Cleomene I, cit., 38-39.
79  Esso è così frequente che Erodoto lo presenta quasi come una caratterista insita nel-
la natura stessa della regalità spartana facendolo risalire già a Euristene e Procle, i gemelli
capostipiti delle due famiglie reali (vi, 52, 8), ma è chiaro che scaturisce di volta in volta da
motivazioni contingenti.
80  v 75, 1 Dhmavrhto~ oJ ∆Arivstwno~, ejw;n kai; ou|to~ basileu;~ Spartihtevwn, kai; sunexagagwvn te th;n
stratih;n ejk Lakedaivmono~ kai; oujk ejw;n diavforo~ ejn tw`/ provsqe crovnw/ Kleomevnei.

81  VI 51 Dhmavrhto~ oJ ∆Arivstwno~ .. ejw;n kai; ou|to~ basileu;~ Spartihtevwn, oijkivh~ d∆ th`~ uJpodee-
stevrh~.
82  I Corinzi si rifiutano di attaccare Atene perché indebolendo quest’ultima avrebbero favorito la
loro rivale Egina. L’isola era infatti in guerra con la città attica (cfr. Hdt. V 83-87 s.). Per le motivazio-
ni corinzie cfr. E. Will, Korinthiaka, Parigi 1955, 654 ss.
360 rossella gioiosa
la spedizione. 83 È evidente che l’azione di Demarato è tesa ad indebolire la posi-
 

zione dell’Agiade e a rafforzare la propria : egli fa fallire l’impresa nella convinzio-


 

ne « di guadagnare un certo numero di simpatie esterne : quella degli Ateniesi che


   

libera da un gran pericolo, quella dei Corinzi la cui manovra riesce pienamente,
quella degli altri alleati di cui precede e forse giustifica la partenza ». 84 Cleomene,
   

però, ancora una volta fa valere la sua autorità e, tramite il novmo~ che impedisce
ad entrambi i re di condurre l’esercito fuori da Sparta, di fatto riesce ad escludere
il collega da ogni ingerenza in materia di politica estera. 85 L’Euripontide, da parte
 

sua, contrattacca servendosi nuovamente di appoggi esterni : fa leva sugli Egineti


 

perché si rifiutino di consegnare a Cleomene gli ostaggi che questi era andato a
reclamare su richiesta degli Ateniesi. Erodoto racconta infatti che l’egineta Crio,
parlando ejx ejpistolh`~ th`~ Dhmarhvtou, accusa Cleomene di essere stato corrotto
dagli Ateniesi e di agire senza il consenso del governo spartano visto che è assente
l’altro monarca. 86 Demarato forse spera in tal modo di ottenere l’abbandono del-
 

la legge prima menzionata. 87 Egli oramai manifesta in maniera palese la propria


 

opposizione e comincia anche a calunniare il collega a Sparta mentre questi è


assente. 88 La reazione di Cleomene a questo punto si fa drastica. Il re si adopera
 

per far destituire Demarato e a tal fine lo accusa di non essere figlio legittimo di
Aristone. Questi, dopo due matrimoni dai quali non erano nati eredi, aveva avuto
una terza moglie, già sposa dell’amico Ageto al quale egli l’aveva sottratta con
l’inganno. La donna aveva dato alla luce Demarato, ma il parto era avvenuto pri-
ma che il tempo di gestazione fosse giunto al termine alimentando così il dubbio
sulla paternità di Aristone. Erodoto riferisce che anche quest’ultimo, appresa la
notizia della nascita del figlio, aveva mostrato di fronte agli efori la sua perplessità.
Cleomene non agisce da solo ma con l’aiuto di Leotichida al quale offre in cambio
della sua collaborazione il trono del collega. Leotichida come Demarato era un
Euripontide e fra i due esisteva una vecchia inimicizia poiché il secondo aveva
sottratto al primo la promessa sposa, una certa Percalo, figlia di Chilone figlio di
Demarmeno. 89 Leotichida aveva, dunque, due buone ragioni per sbarazzarsi di
 

Demarato e così lo accusa sotto giuramento di non essere re legittimo di Sparta.


Egli chiama inoltre come testimoni gli efori che avevano assistito all’incredulità
di Aristone al momento della nascita del figlio. Gli Spartani decidono allora di
interrogare sulla questione l’oracolo di Delfi, ma Cleomene riesce a corrompere
la Pizia e Demarato viene deposto. 90  

È ragionevole pensare che dietro i tentativi di boicottaggio di Demarato ai dan-


ni dell’altro re non vi sia soltanto un mero desiderio di rivalsa personale. Più pro-
babilmente l’Euripontide sperava, attraverso il recupero della propria autorità,
di riuscire ad imporre delle scelte politiche differenti rispetto a quelle che stava
portando avanti il suo collega. Purtroppo non possiamo dire con certezza quali

83  Cfr. v 75. 84  Così Carlier, Cleomene I, cit., 45 s. 85  Cfr. supra, 15.
86  Cfr. vi 50-51. 87  Così Carlier, Cleomene I, cit., 50. 88  Cfr. vi 61, 1.
89  Cfr. Hdt. vi 65, 2. Sulle implicazioni politiche di questa vicenda matrimoniale cfr. infra, 17.
90  Hdt. vi 61-67, 1.
erodoto e le scelte di sparta 361
fossero le sue idee in materia visto che egli non ebbe mai l’opportunità di metterle
in atto, alcuni indizi lasciano però supporre che Demarato fosse fra quelli che, in
opposizione ai Chilonidi, auspicavano una maggiore apertura verso una politica
che impegnasse Sparta anche in regioni lontane dal Peloponneso. Del resto, la
presenza di esponenti di tale tendenza nella città laconica sembra provata dalla
sollecitudine con cui Cleomene si preoccupa di allontanare prima Meandrio e poi
Aristagora : la paura dell’Agiade che gli stranieri corrompano qualche Spartiata
 

disposto ad abbracciare la loro causa manifesta la consapevolezza da parte del re


che essi avrebbero potuto trovare facilmente dei sostenitori. 91 Bultrighini ritiene
 

che Demarato potrebbe essere fra questi poiché le vicende matrimoniali che inte-
ressano il padre, come era accaduto per Anassandrida, vedono coinvolte le fazioni
aristocratiche di Sparta e sembra che la madre, la terza moglie di Aristone, appar-
tenesse alle cerchie antichiloniane. In effetti Erodoto dice che la donna era « figlia  

di gente ricca » ed in più racconta che per un prodigio divino era diventata da brut-
 

tissima bellissima 92 e che, sempre grazie ad un intervento soprannaturale, aveva


 

generato Demarato. 93 Proprio questa sorta di sacralità che la circonda spinge lo


 

studioso a credere che ella appartenga a gruppi antichiloniani ; nella narrazione  

erodotea, infatti, una certa superiorità caratterizza – a causa della provenienza


delle fonti dello storico – i personaggi, soprattutto femminili, legati alle fazio-
ni contrapposte a Cleomene e ai Chilonidi. 94 Un’ulteriore conferma a proposito
 

della formazione dei due schieramenti politici, sulla quale si è cercato di far luce
finora, potrebbe venire dal tentativo di Leotichida di attirare a sé i Chilonidi at-
traverso l’unione con Percalo. Egli, servendosi della solita strategia delle alleanze
matrimoniali, vuole crearsi una posizione di forza rispetto a Demarato ed è chia-
ro che per raggiungere il suo scopo deve rivolgersi ai nemici del re. Quest’ultimo,
da parte sua, ne capisce le intenzioni e per vanificarle gli sottrae la sposa. 95 Non  

è un caso che Cleomene, nel momento in cui decide di sbarazzarsi del collega, si
rivolge proprio a Leotichida : sa, infatti, di trovare in lui un sicuro alleato.
 

In conclusione possiamo dire che Demarato si oppone a Cleomene soprattutto


mediante il ricorso ad appoggi che cerca al di fuori di Sparta. L’esistenza di fazio-
ni contrapposte che abbiamo cercato di delineare dimostra però che egli aveva
anche in patria alcuni sostenitori e che di conseguenza Cleomene non godeva del
totale consenso. Del resto Erodoto dice chiaramente che l’Agiade è accusato di
corruzione dopo la battaglia di Sepeia per aver rinunciato alla conquista di Argo
proprio « dai suoi avversari » ; 96 sono poi certamente questi ultimi che lo denun-
       

91  Cfr. Hdt. iii 148, 2 e V 50, 3-51. Cfr. Bultrighini, Cleomene, cit., 68 ; J. Roisman, Maiandrios of
Samos, « Historia » 34, 1985, 273 s. ; A. Paradiso, Gorgo, la Spartana, in N. Loraux (a cura di), Grecia al
femminile, Roma-Bari 1993, 114. 92  Cfr. vi 61.
93  Cfr. vi 68-69 Demarato, dopo essere stato deposto, chiede spiegazioni alla madre a proposito
della sua nascita e delle dicerie sul conto del padre, ella gli risponde che era nato prematuro e che il
padre poteva essere o Aristone o l’eroe Astrabaco, che pochi giorni dopo le nozze le aveva fatto visita
con le sembianze del marito. 94  Bultrighini, Cleomene, cit., 61 s., 66 ss.
95  Cfr. Id., 67 ss. 96  Cfr. vi 82, 1.
362 rossella gioiosa
ciano per aver indotto la Pizia a dichiarare il falso su Demarato ; 97 infine anche il
   

suo suicidio appare molto anomalo. 98  

4. Politica interna: dalla battaglia di Maratona al 479 a.C.


4. 1. La successione al trono agiade da Cleomene a Pausania
Il racconto di Erodoto sulle vicende spartane del decennio compreso fra il 490 e il
480 a.C. è particolarmente lacunoso. Come abbiamo visto in precedenza, Sparta
non prende parte alla battaglia di Maratona, mentre dieci anni più tardi partecipa
alle trattative diplomatiche che precedono l’invasione di Serse e soprattutto, al
passo delle Termopili, è protagonista assoluta del primo atto di resistenza contro
il nemico. 99 Vi è, dunque, un importante cambiamento di rotta nella politica este-
 

ra, al quale forse corrisponde un qualche mutamento interno da ricercare negli


anni che intercorrono fra la prima e la seconda guerra persiana. Il dato riscontra-
bile più facilmente riguarda la successione sul trono degli Agiadi : alla morte di  

Cleomene il potere regale passa al fratello Leonida.


Erodoto non ci racconta molto sulle modalità e le condizioni in cui avviene tale
passaggio, tuttavia le parole con le quali introduce il nuovo re destano una cer-
ta curiosità e meritano di essere considerate con attenzione. Lo storico presenta
Leonida in qualità di comandante dell’esercito greco diretto alle Termopili, e in
questa occasione, dopo averne tracciato la genealogia, informa il lettore del fatto
che questi era divenuto re ‘inaspettatamente’ (vii 204 panto;~ tou` strateuvmato~
hJgeovmeno~ Lakedaimovnio~ h\n Lewnivdh~ .. kthsavmeno~ th;n basilhivhn ejn Spavrth/
ejx ajprosdokhvtou). Spiega, quindi, l’espressione ejx ajprosdokhvtou : Leonida non
pensava di poter ottenere il regno poiché esso spettava ai suoi due fratelli mag-
giori, Cleomene e Dorieo, ma Cleomene era morto senza lasciare figli maschi e
Dorieo aveva perso la vita in Sicilia. 100 Erodoto precisa inoltre che Leonida aveva
 

ottenuto il regno per due motivi : sia perché era più vecchio del fratello Cleombro-
 

to, sia perché aveva sposato Gorgo, la figlia di Cleomene. 101 Quanto qui esposto,
 

però, più che stabilire un nesso causale e subitaneo fra i fatti che portano Leonida
sul trono di Sparta, sembra rispondere all’esigenza di conferire organicità alla nar-
razione ricollegandola ai capitoli in cui si era parlato, prima, delle lotte dinastiche
fra Cleomene e Dorieo, 102 e poi della fine dei due. 103 Bisogna, pertanto, riflettere
   

su due questioni la cui chiarezza, a nostro parere, non è del tutto immediata :  

innanzitutto quali sono le circostanze ‘improvvise’ che determinano l’elezione


di Leonida ; in secondo luogo quale peso poteva aver avuto nelle dinamiche di
 

successione il matrimonio con Gorgo.


Cominciamo dal secondo interrogativo. Dalle parole di Erodoto sembra che
questa unione costituisca un motivo aggiuntivo in grado di spiegare l’accesso di
Leonida al potere regale, sebbene la ragione fondamentale della successione resti

97  Cfr. vi 74, 1. 98  Su questo argomento cfr. infra, 20 ss.


99  Cfr. supra, 8. 100  Cfr. Hdt. v 45-48. 101  Hdt. vii 205, 1.
102  Cfr. v 42. 103  Cfr. v 43-48 e vi 74-75.
erodoto e le scelte di sparta 363
la maggiore età di quest’ultimo rispetto al fratello Cleombroto. È probabile, pe-
rò, che in questo caso la regola della primogenitura non fosse sufficiente, perché,
come racconta altrove lo storico di Alicarnasso, a Sparta circolava il dubbio che gli
ultimi due figli di Anassandrida fossero gemelli. 104 Se questa osservazione è perti-
 

nente, il matrimonio avrebbe una valenza essenzialmente dinastica, sarebbe det-


tato, cioè, dall’esigenza di conquistare una posizione di forza rispetto a Cleombro-
to. 105 Accanto a questa motivazione, poi, ve ne è un’altra connessa ad interessi di
 

tipo economico : a Sparta le pratiche endogamiche servivano – come abbiamo già


 

detto a proposito del primo matrimonio di Anassandrida 106 – ad evitare il rischio


 

di frammentazione del patrimonio familiare e a garantire, di conseguenza, stabi-


lità e continuità di potere. Infine, nelle logiche che spingono Leonida a prendere
in moglie la nipote, bisogna considerare anche il ruolo delle élites aristocratiche il
cui appoggio, come era accaduto per Cleomene, sembra determinante non solo
nelle dinamiche di accesso al potere regale, 107 ma soprattutto nel garantire effica-
 

cia alle azioni e alle decisioni del re da esse favorito, in particolar modo nella lotta
che spesso oppone quest’ultimo al suo collega. È probabile allora che Leonida,
sposando Gorgo, si assicuri il consenso di quei gruppi che avevano già sostenuto
il padre di lei, vale a dire la cerchia dei Chilonidi. 108 Leonida otterrebbe in questo
 

modo due risultati : da una parte quello di rafforzare la propria posizione rispetto
 

ad altri probabili candidati al trono, dall’altra quello di aumentare il proprio pre-


stigio politico ai danni del collega Leotichida.
Nella vicenda di questa successione sarebbe importante anche capire se Cleo-
mene svolge una qualche funzione attiva, in altre parole se è egli stesso promoto-
re del matrimonio della figlia o se, al contrario, ne è del tutto estraneo. È ovvio,
infatti, che da ciò dipende anche la comprensione dei rapporti di potere che lega-
no Leonida, il suo predecessore ed i loro relativi entourages. Erodoto, però, non
dice nulla di esplicito a riguardo e la cronologia piuttosto incerta degli eventi non
è di molto aiuto. 109 Tuttavia, per inquadrare meglio le relazioni fra i due Agiadi e
 

per rispondere alla prima domanda posta in precedenza, vale a dire le condizioni
impreviste dell’ascesa al trono di Leonida, può essere utile analizzare l’excursus in
cui lo storico racconta le ultime fasi della vita di Cleomene.

104  Cfr. v 41, 3. Sulla possibilità che tale dubbio sia fondato cfr. Macan, Herodotus, cit., ii, 608.
105  Cfr. Harvey, Leonidas, cit., 255 e n. 8 ; Carlier, La Royauté, cit., 244 ; Z. Papastylou-Philiou, Le
problème de la succession de Cléomène I : (489/488 av J.-C.), « Dodone » 18, 1989, 5-15 ; V. Merante, Sulla
cronologia di Dorieo e su alcuni problemi connessi, « Historia » 19, 1970, 286 ss. e Bultrighini, Cleomene, cit.,
90. 106  Cfr. Hdt. v 39, 1. 107  Cfr. supra, 14 ss.
108  Cfr. ancora supra, 10 ss.
109  Sia la data del matrimonio che la data di nascita di Plistarco sono difficili da stabilire, alcuni
ipotizzano che quest’ultima sia da fissare non molto prima del 490 a.C. (D. Asheri, in Erodoto, Le
Storie. Libro ix : la battaglia di Platea, Milano 2006, 186), altri pensano al 485 a.C. (cfr. M. E. White,
Some Agiad dates, JHS 84, 1964, 149-151). Quanto alla morte di Cleomene, qualcuno indica il 491 (cfr.
Cawkwell, Cleomenes, cit., 514) ; la maggior parte degli studiosi la data fra il 489 e il 487 (cfr. K.J. Be-
loch, Griechische Geschichte, ii2 1, Strassburg 1913, 174 ; Lenschau, König Kleomenes I, cit., 428 ; Merante,
Sulla cronologia di Dorieo, cit., 274 ; Carlier, Cleomene I, cit., 36 ;) ; altri preferiscono il 484 (cfr. Barello,
Il processo, cit., 26 n. 13).
364 rossella gioiosa
A Sparta, dopo la cattura degli Egineti che avevano fatto atto di sottomissione a
Dario, si viene a sapere che Cleomene aveva corrotto la Pizia per far deporre De-
marato a vantaggio di Leotichida. Il re allora, intimorito, scappa in Tessaglia, poi
di qui si reca in Arcadia, dove trama rivolgimenti politici tentando di sollevare gli
abitanti della regione contro la sua patria. Gli Spartani, venuti a conoscenza delle
sue attività e temendone le conseguenze, lo riammettono in città ma Cleomene,
subito dopo il suo rientro, è colto da follia e, a causa delle sue azioni dissennate,
i parenti lo legano ad un ceppo. Il re allora si toglie la vita facendo scempio del
proprio corpo con un pugnale sottratto all’ilota che gli faceva da guardia. Ero-
doto a questo punto riporta diverse versioni sulla causa della follia di Cleomene
e non manca di sottolineare che, a suo avviso, il re aveva ‘pagato il fio a Dema-
rato’. 110
 

Il racconto è assai sintetico, ma contiene delle informazioni degne di conside-


razione. In primo luogo, la scoperta delle macchinazioni di Cleomene ai danni di
Demarato e la sua conseguente fuga da Sparta indicano un forte indebolimento
della posizione politica dell’Agiade. Quest’ultimo, come abbiamo visto in prece-
denza, riesce a governare in maniera pressoché incontrastata per gran parte della
durata del suo regno perché gode del consenso delle altre componenti istituzio-
nali dello stato spartano, in particolare dei gruppi aristocratici operanti attraverso
l’eforato e l’assemblea. 111 È evidente, allora, che la denuncia che lo colpisce è il
 

segno del crearsi di una nuova maggioranza, e inoltre con la fuga il re dimostra
di essere consapevole del fatto che non può più contare sui propri sostenitori. 112  

In secondo luogo, il resoconto erodoteo sembra lasciar intendere che Cleomene


durante la sua assenza abbia perso il proprio potere regale ; lo storico, infatti, spe-
 

cifica che gli Spartani, temendone le attività cospiratorie, lo riammisero in patria


« alle stesse condizioni alle quali anche prima aveva regnato ». 113 Se questa affer-
     

mazione implica la perdita dell’ajrchv, si può ipotizzare che, nel periodo di tempo
intercorso fra la fuga e il ritorno di Cleomene, fosse già avvenuta l’incoronazione
di Leonida o, per lo meno, che quest’ultimo cominciasse ad essere designato come
possibile candidato al trono. 114 Passiamo, infine, al dato dell’excursus che suscita
 

maggiore curiosità, ossia la notizia dell’improvvisa follia e del suicidio del re. Sen-
za dubbio Erodoto, sottolineando l’aspetto della tivsi~ nell’esprimere la propria
opinione sulla causa della fine di Cleomene, dà una lettura dell’accaduto in chiave
morale, 115 ma se ci si attiene ad una interpretazione più oggettiva non si può non
 

110  Hdt. vi 74-75 e 84. 111  Cfr. supra, 14 s.


112  Diversa era la situazione dopo i fatti di Argo : Cleomene pur essendo accusato dai suoi nemici
è ancora forte, l’assemblea infatti lo assolve da ogni accusa. Cfr. supra, 14.
113  vi 75, 1.
114  Cfr. Harvey, Leonidas, cit., 256 s. che insiste sul fatto che il vuoto di potere doveva essere per-
cepito a Sparta come un pericolo e porta altri esempi in cui l’allontanamento di un re ne aveva
determinato la sostituzione.
115  Cfr. Meier, Kleomenes I, cit., 105 e A. Griffiths, Was Kleomenes mad ?, in A. Powell (Ed.), Classical
Sparta : techniques behind her success, London 1989, 70-72.
erodoto e le scelte di sparta 365
riconoscere che « the reign of Kleomenes ended in mystery and scandal » 116 e non
     

sospettare che il re fosse stato eliminato dai propri avversari politici.


Si pone allora il problema di individuare tali avversari. Alcuni studiosi, secondo
la solita interpretazione dello scontro fra regalità ed eforato, pensano appunto
agli efori ; 117 invece altri, rivelando la difficoltà di dare un nome ai responsabili
   

del delitto, parlano genericamente degli Spartani. 118 Ma Erodoto non cita affatto
 

gli efori in questa vicenda, e fra gli Spartani – termine con il quale ci si riferisce
normalmente all’assemblea – dovevano esserci ancora dei sostenitori di Cleome-
ne. 119 L’unico indizio che lo storico fornisce nel suo resoconto dei fatti è la men-
 

zione dei proshvkonte~ del re quando parla delle misure di custodia prese per far
fronte alla follia di quest’ultimo. Il possibile coinvolgimento dei proshvkonte~ an-
che nell’omicidio è stato ben illustrato da Harvey che indica in Leonida e Gorgo
i parenti maggiormente interessati a sbarazzarsi del re appena ritornato. È facile
immaginarne il movente : la riabilitazione di Cleomene segnava per Leonida, sia
 

che fosse già asceso al trono sia che fosse in procinto di farlo, la fine di ogni aspira-
zione regale. I due, infatti, erano quasi coetanei e Leonida sarebbe potuto morire
prima del fratello, inoltre quest’ultimo avrebbe potuto generare un figlio maschio
che sarebbe divenuto il nuovo erede. 120 Forse i proshvkonte~ sono responsabili an-
 

che della scoperta degli intrighi orditi da Cleomene con la complicità della Pizia ai
danni di Demarato, scoperta che costrinse l’Agiade a fuggire da Sparta. 121  

Dunque la condizione inaspettata della ascesa al trono di Leonida, vale a dire


l’uscita del fratello dalla scena politica, potrebbe non essere stata poi così improv-
visa : se, infatti, come abbiamo visto, Leonida già durante l’assenza del fratello
 

aveva preso il suo posto o era in procinto di farlo, la follia di Cleomene può essere
stata un’invenzione dei parenti, forse un espediente per isolarlo ed impedirgli di
rivestire le funzioni regali. Ci domandiamo, insomma, se Leonida non sperasse,
in questo modo, di poter occupare il trono di Sparta almeno come reggente, e se
non si possa, quindi, ipotizzare che per un re insano di mente fossero messe in

116  Così J.F. Lazenby, The Defence of Greece, 490-479 B.C., Warminster 1993, 85. Di contro non man-
cano gli studiosi che accordano pieno credito alle parole di Erodoto fornendo spiegazioni di tipo
psicologico per la follia di Cleomene. A tal proposito cfr. Forrest, Storia di Sparta, cit., 132 s. ; D.
Kouretas, Caractérisation psychobiographique de quelques personnages marquants de l’antiquité hellénique,
« Platon » 28, 1976, 59-76 ; G. Devereux, Cléomène le roi fou. Étude d’histoire ethnopsychanalytique, Paris,
102 s. ; Richer, Les éphores, cit., 403 s.
117  Cfr. Dickins, The growth, cit., 32 ; G. Grote, A History of Greece, London 1907, 176 ; Lenschau,
König Kleomenes I, cit., 429.
118  Cfr. G.E.M. De Ste. Croix, Herodotus and King Cleomenes I of Sparta, in D. Harvey – R. Parker
(Eds.), Athenian Democratic Origins and Other Essays, Oxford 2004, 437.
119  A proposito del ruolo della ‘Volksversammlung’ nel richiamo in patria di Cleomene cfr. Thom-
men, Lakedaimonion Politeia, cit., 96.
120  Harvey, Leonidas, cit., 253-260. Cfr. anche Bultrighini, Cleomene, cit., 81 e n. 73, il quale insiste
più di Harvey sul coinvolgimento di Gorgo nell’assassinio del padre, non escludendo persino che la
donna potesse essere responsabile « dell’ideazione e organizzazione del parricidio », per il fatto che la
sua posizione si sarebbe indebolita sensibilmente se il padre avesse generato un erede maschio.
121  Così Barello, Il processo, cit., 26 s. che, tuttavia, collega la fine di Cleomene anche alla perdita di
controllo su Delfi da parte dei Tessali, amici del re e sostenitori della sua politica.
366 rossella gioiosa
atto le stesse misure alle quali si ricorreva quando un re era troppo giovane per
governare. Quanto alla morte, potrebbero esserci due possibilità : o Cleomene si  

è suicidato non sopportando la reclusione alla quale era stato costretto ; oppure i  

parenti lo hanno assassinato perché era ancora un personaggio pericoloso e la si-


tuazione della finta pazzia era troppo difficile da tenere nascosta. Questa seconda
ipotesi ci sembra più probabile, anche perché il suicidio, per un uomo dalla forte
personalità e dal temperamento combattivo come quello di Cleomene e soprat-
tutto con le modalità descritte da Erodoto, appare abbastanza incredibile.
Resta da domandarsi perché lo storico racconti i fatti in questo modo. Nel com-
plesso, dalla narrazione erodotea si ricava un quadro poco lusinghiero di Cleo-
mene, 122 pertanto è possibile che essa attinga a fonti di informazione ostili al re
 

ed interessate a tramandarne un ritratto denigratorio. Non possiamo dimostrare


che Erodoto avesse appreso la storia di Cleomene proprio da Gorgo e dal figlio
di lei Plistarco, 123 ma certamente lo storico riporta una versione ufficiale della
 

morte del re 124 ed è chiaro che, se essa fosse riconducibile proprio ai proshvkonte~,
 

risponderebbe all’interesse di questi ultimi di nascondere il proprio operato. 125 È  

probabile, tuttavia, che la vicenda non convincesse troppo neanche lo stesso Ero-
doto, che egli, cioè, percepisse degli avvenimenti non troppo limpidi dietro la suc-
cessione di Leonida, come proverebbe il ricorso alla genealogia di quest’ultimo
nel momento in cui egli è presentato al lettore. 126 Ha dimostrato, infatti, De Vido
 

che l’uso delle genealogie dei re spartani nelle Storie non è legato tanto ad intenti
celebrativi o a funzioni cronologiche, quanto piuttosto alla necessità di giustifica-
re la legittimità dinastica di personaggi che hanno « un’ombra pesante sul proprio
 

passato e con essa un segreto gravoso anche sul presente di re ». 127    

Crediamo che alla luce di questa ricostruzione si possa comprendere meglio


anche la scelta di Leonida di andare alle Termopili dalla quale era partita la nostra
riflessione. L’impegno attivo del nuovo re nella lotta contro il persiano segna pro-
prio una rottura rispetto alla politica del suo predecessore – volta per lo più al con-
solidamento della posizione di Sparta nel Peloponneso e a un limitato sviluppo
continentale – e si ricollega invece alla politica perseguita dai Lacedemoni prima
dell’avvento di Cleomene, che forse avrebbe potuto trovare un continuatore in
Dorieo. Come infatti abbiamo già messo in rilievo, le élites aristocratiche dei Chi-

122  Cfr. iii 148, 2 ; v 39, 1 ; v 42, 1 ; v 51, 2.
123  Così è ipotizzato da How-Wells, A commentary, cit., ii, 20 a proposito di v 49, 1.
124  Cfr. Harvey, Leonidas, cit., 255, il fatto che i Greci pur riportando diverse versioni sulla causa
della follia si rifanno ad una sola storia, appunto quella del suicidio, presuppone un’unica fonte,
« presumably it is the official Spartan line ».
125  Cfr. Bultrighini, Cleomene, cit., 80 che mette in evidenza come nella « tradizione tendenziosa e
riduttiva … che Erodoto raccoglie e codifica » sia presente, a fronte di una deminutio di Cleomene e
del suo regno, una edificazione di Gorgo, Leonida e Dorieo. 126  Cfr. vii 204.
127  S. De Vido, Genealogie di Spartani Re nelle Storie erodotee, QS 27, 2001, 220. La studiosa analizza i
casi di Leonida, Pausania e Leotichida. Cfr. anche Paradiso, Gorgo, cit., 114, la quale, a proposito del-
l’unione di Leonida e Gorgo, fa notare che la successione dinastica tramite matrimonio è un motivo
antichissimo che spesso in Erodoto serve da spiegazione convenzionale proprio dei sovvertimenti
dinastici.
erodoto e le scelte di sparta 367
lonidi avevano imposto ad Anassandrida come seconda moglie una donna appar-
tenente alla loro cerchia, dalla quale era nato Cleomene. Avevano poi appoggiato
l’ascesa al trono di quest’ultimo ai danni di Dorieo, figlio della prima moglie del
re, la quale, invece, faceva probabilmente parte di un gruppo aristocratico rivale
a quello dei Chilonidi. 128 È possibile allora che Leonida abbia voluto continuare
 

la politica di quei gruppi a cui era legato per via materna, i quali, come dimostra
la caduta in disgrazia di Cleomene, dovevano avere conquistato in quel momento
un potere maggiore rispetto ai loro avversari. Non va dimenticato poi che Leoni-
da si era assicurato anche l’appoggio di questi ultimi, o per lo meno li aveva resi
meno ostili, attraverso il matrimonio con Gorgo. 129  

Abbiamo detto in precedenza che dopo il disastro delle Termopili e la morte di


Leonida, la politica estera spartana vive nuovamente un periodo di chiusura e
ripiegamento su se stessa : i Lacedemoni, nonostante il malcontento e le pres-
 

sioni degli alleati, si dedicano esclusivamente alla fortificazione del Peloponneso


e sembrano aver abbandonato del tutto la causa comune ; poi, dopo una lunga  

titubanza, decidono di inviare a Platea il loro esercito, il cui contributo risulterà


decisivo per le sorti della guerra. 130  

Anche in politica interna nel breve lasso di tempo che separa la battaglia delle
Termopili dallo scontro finale in Beozia, si assiste a nuovi e importanti cambia-
menti e, ancora una volta, un ruolo di primo piano spetta agli Agiadi.
Morto Leonida, il trono passa al figlio Plistarco ma, non avendo ancora egli
l’età per governare, l’esercizio del potere regale doveva competere in qualità di
reggente a Cleombroto, fratello del re defunto e zio del nuovo sovrano. Erodoto
non dice nulla a riguardo, presenta semplicemente l’Agiade a capo dei Pelopon-
nesiaci accorsi a difendere l’Istmo dopo la disfatta dei Trecento, definendolo non
basileuv~ o, come avviene per Pausania, hJgemwvn, ma soltanto strathgov~. 131 L’uso  

di tale terminologia potrebbe ingenerare dubbi sulla effettiva reggenza di Cleom-


broto, ma bisogna considerare attentamente le circostanze. Innanzitutto, pur es-
sendo Cleombroto l’ovvio candidato al ruolo di tutore del giovane Plistarco, non
è detto che tale investitura, come anche il passaggio di potere al nuovo sovrano,
sia avvenuta in maniera così veloce ed automatica appena a Sparta giunse la no-
tizia della morte del re. In secondo luogo, è probabile che i Lacedemoni avessero
previsto già in precedenza di presidiare l’Istmo se lo scontro avesse avuto esito
negativo e che, indipendentemente dalla sorte di Leonida, il comando dell’ope-
razione fosse stato affidato a Cleombroto in qualità, appunto, di strathgov~. La
situazione istituzionale di questo periodo appare poco chiara soprattutto perché
Cleombroto muore pochi mesi dopo di Leonida, 132 ma la maniera in cui Erodoto
 

introduce Pausania, figlio di Cleombroto e tutore – questa volta esplicitamente

128  Cfr. supra, 9 ss. 129  Cfr. supra, 19 s. 130  Cfr. supra, 8.
131  Cfr. viii 71, 1.
132  Cfr. Hdt. ix 10, 2-3. Erodoto racconta che Cleombroto muore qualche tempo dopo aver con-
dotto in patria l’esercito dall’Istmo e che la ritirata fu decisa in seguito ad un’eclissi di sole interpreta-
ta come un presagio negativo. Il fenomeno astronomico è stato datato al 2 ottobre del 480 a.C.
368 rossella gioiosa
dichiarato – di Plistarco, lascia intendere che la reggenza era passata a lui soltanto
dopo la morte del padre. Lo storico, infatti, dopo aver detto che Pausania era stato
posto a capo dell’esercito diretto in Beozia in quanto ejpivtropo~ del cugino Plistar-
co a cui spettava l’hJgemonivh, informa il lettore, ricorrendo ad un gavr esplicativo,
della morte di Cleombroto, come se quest’ultima fosse stata la condizione deter-
minante dell’affacciarsi sulla scena politica del futuro vincitore di Platea. 133  

In conclusione, gli Spartani, dopo la morte di Leonida, si trovano nuovamente


ad affrontare il problema della successione, e questo, unito allo sgomento che
doveva aver provocato la perdita in battaglia di un re con il suo corpo scelto, po-
trebbe spiegare la loro resistenza di fronte alle ripetute sollecitazioni degli alleati.
In seguito, nel momento in cui improvvisamente stabiliscono di intervenire, la
situazione interna è ancora una volta mutata a causa dell’ascesa al trono agiade
di Pausania.
Questo nuovo passaggio di potere è avvenuto in un periodo compreso fra il
ritorno di Cleombroto dall’Istmo (ottobre 480) 134 e la partenza dell’esercito spar-
 

tano per Platea (giugno-luglio 479). 135 È probabile che in questo lasso di tempo si
 

fosse acceso a Sparta un dibattito sull’opportunità di prendere ancora parte al con-


flitto ; il racconto erodoteo, infatti, rivela che la decisione dello stato lacedemone
 

di inviare il suo contingente fu difficile e assai discussa. Bisogna chiedersi se tale


scelta sia stata determinata in qualche misura proprio dall’avvento di Pausania.
Erodoto racconta che gli Ateniesi, mentre Mardonio si dirige verso l’Attica per
invaderla una seconda volta, inviano ambasciatori agli Spartani per rimproverarli
di aver tradito gli alleati con la loro inattività e per chiedere loro di mandare al più
presto un esercito. Gli efori, ai quali i messi si sono rivolti, ritardano la loro rispo-
sta per dieci giorni, poi, su consiglio del tegeate Chileo, stabiliscono di spedire un
numeroso contingente guidato da Pausania. L’armata lascia la città di notte e gli
ambasciatori ateniesi, ai quali la decisione non è stata comunicata, apprendono
dell’accaduto soltanto il giorno seguente, quando ormai disperano di poter con-
tare ancora sulla collaborazione spartana. 136  

Il discorso dei delegati ateniesi è costruito senza dubbio secondo alcuni motivi
retorici che intendono contrapporre il comportamento di Atene a quello di Spar-
ta 137 e, allo stesso tempo, i commenti di Erodoto hanno lo scopo di sottolineare la
 

ristrettezza di vedute dei Lacedemoni, incapaci di cogliere la gravità del pericolo


e convinti di poter risolvere la situazione limitandosi a fortificare l’Istmo. 138 Tut-  

tavia, al di là delle ragioni propagandistiche del racconto erodoteo, 139 va senz’al-  

133  Cfr. ix 10, 2. Anche gli studiosi moderni esprimono la generale convinzione che Pausania ri-
vestì il ruolo che era stato già del padre. A tal proposito cfr. Carlier, La Royauté, cit., 318 ; Macan,
Herodotus, cit., ii, 608 ; Fornis, Esparta, cit., 93. 134  Cfr. supra, n. 132.
135  La datazione si desume dal fatto che gli Spartani in quel periodo stavano festeggiando le Iacin-
zie che nel 479 ebbero luogo alla fine giugno. Cfr. Hdt. ix 7, 1 ; How-Wells, A commentary, cit., ii, 288 ;
Hignett, Xerxes’Invasion, cit., 283-284. 136  Cfr. ix 6-11.
137  Cfr. ix 7, a1-b1. 138  Cfr. ix 8, 2. Cfr. anche vii 139, 2-4.
139  A proposito delle fonti sfavorevoli a Sparta utilizzate in questi capitoli da Erodoto, cfr. fra gli
altri Lazenby, The Defence, cit., 214.
erodoto e le scelte di sparta 369
tro detto che una parte degli Spartani realmente non voleva impegnarsi in uno
scontro diretto, ma considerava più conveniente dedicarsi ad un’azione difensiva
attraverso il presidio dell’unica via di accesso terrestre al Peloponneso, sperando
quindi che il conflitto trovasse definitiva soluzione mediante la sola offensiva della
flotta. 140 Doveva, però, esserci un’altra parte più propensa ad operare attivamen-
 

te al fianco degli alleati, che forse faceva sentire più forte la sua voce una volta
che i messi ateniesi erano arrivati in città. Si potrebbe spiegare in questo modo
il lungo indugio di dieci giorni che precede l’invio dell’esercito, a meno che esso
non sia stato effettivamente un modo per prendere tempo così da completare il
muro sull’Istmo. Tuttavia, lo stesso Erodoto, che pur prospetta tale spiegazione,
non manca di dire che il motivo per cui gli Spartani non si affrettarono risiedeva
nella convinzione che gli Ateniesi non avrebbero abbandonato la causa greca e
che, anche da soli, avrebbero affrontato il nemico. 141  

L’orientamento interventista ha la meglio dopo il discorso di Chileo di Tegea


che fa notare agli efori l’inutilità del muro, dal momento che il Peloponneso era
comunque accessibile per altre vie. Appare abbastanza strano che gli Spartani
abbiano avuto bisogno di uno straniero per capire che i Persiani avrebbero potuto
invadere il Peloponneso dal mare, cosicché la storia è sembrata tendenziosa ed il
personaggio di Chileo un espediente di Erodoto per introdurre nella narrazione
la figura del ‘saggio consigliere’. 142 In effetti, non sappiamo chi fosse questo Chi-
 

leo né, tanto meno, cosa facesse a Sparta. 143 Si è ipotizzato che il personaggio di
 

Chileo in realtà possa nascondere il reggente Pausania, 144 ma non disponiamo di


 

prove sufficienti per dimostrarlo.


Senza dubbio la partenza dell’esercito segnò un cambio di politica importante,
ma tale decisione – che maturò certo nei giorni in cui gli ambasciatori ateniesi si
trovavano a Sparta – non fu improvvisa, 145 piuttosto essa testimonia il prevalere
 

di una nuova corrente che già da qualche tempo cercava di imporre le proprie
idee in fatto di politica estera. Pausania potrebbe essere l’esponente di spicco di

140  Cfr. How-Wells, A commentary, cit., ii, 389. 141  Cfr. ix 7 b1 e 8, 1.


142  Cfr. G. Busolt, Griechische Geschichte bis zur Schlacht bei Chaeroneia, ii, Gotha 1895, 723 ; R. Lat-
timore, The Wise Adviser in Herodotus, CPh 34, 1939, 24 ss. ; Tigerstedt, The Legend of Sparta, cit., 101 ;
Roobaert, Isolationnisme, cit., 144 s.
143  Si è pensato ad un prosseno degli Spartani impegnato a favorire i rapporti fra la sua città e quel-
la lacedemone (cfr. Asheri, cit., 185), oppure ad un delegato degli alleati peloponnesiaci il cui compito
era quello di assicurare a Sparta la collaborazione di questi ultimi nel caso in cui si fosse deciso di
attaccare Mardonio (cfr. Lazenby, The Defence, cit., 215), o più semplicemente ad un modo simbolico
per documentare i contatti con gli alleati peloponnesiaci (Thommen, Lakedaimonion Politeia, cit.,
107). 144  Cfr. Dickins, The growth, cit., 33.
145  Il fatto che l’esercito sia partito di notte potrebbe essere interpretato come il segno di un mu-
tamento repentino e inatteso, ma la segretezza dell’azione potrebbe essere imputata alla necessità di
mantenere il più a lungo possibile all’oscuro gli Argivi, la cui neutralità era sospetta (How-Wells, A
commentary, cit., II, 289). Tuttavia potrebbero esserci state anche motivazioni più semplici come il bi-
sogno di sfruttare al massimo per la marcia il fresco delle ore notturne (cfr. Macan, Herodotus, cit., ii,
607). Non deve stupire neanche la velocità con cui l’armata fu organizzata e si è mise in movimento ;
possiamo immaginare, infatti, che, se gli Spartani intendevano presidiare l’Istmo, lo schieramento
delle forze militari fosse già stato predisposto a tale scopo (Lazenby, The Defence, cit., 215).
370 rossella gioiosa
questo nuovo orientamento, soprattutto se è lecito giudicare le sue convinzioni
dalle scelte di cui egli fu protagonista dopo Platea. 146  

Sarebbe interessante provare ad indagare la natura dei rapporti fra Pausania


con la parte interventista da un lato e gli efori dall’altro. Dickins dice che l’Agiade
‘forced the hands’ agli efori 147, ma la situazione appare in realtà più complessa :
   

bisognerebbe pertanto capire a quale titolo gli efori agiscono in questa particola-
re occasione, tanto più che questa è una delle pochissime volte che essi trovano
posto nella narrazione erodotea.
Il fatto che gli ambasciatori ateniesi si rivolgano agli efori è già di per sé un dato
rilevante. Meier, in un articolo sullo sviluppo dell’eforato, cita questo episodio
proprio per dimostrare che le competenze dei magistrati spartani si erano note-
volmente ampliate nel decennio compreso fra il 490 ed il 480. Egli opera un con-
fronto con la situazione, ben documentata da Erodoto, durante il regno di Cleo-
mene : a quel tempo era il re che non solo riceveva i messi, ma ordinava anche agli
 

efori di rendere esecutive le sue disposizioni. 148 Lo studioso spiega, poi, questo
 

cambiamento come una conseguenza delle aumentate esigenze di organizzazione


legate alla formazione delle alleanze peloponnesiache e al coordinamento delle
operazioni greche durante le guerre persiane ; in particolare tali esigenze avrebbe-
 

ro portato ad un processo di ‘Ausdifferenzierung’ delle funzioni dei diversi organi


istituzionali, del quale avrebbe approfittato soprattutto l’eforato. 149  

Tuttavia, pur essendo gli efori gli interlocutori diretti dei messi ateniesi, ciò non
significa che essi abbiano potuto decidere da soli sul da farsi ; al contrario, come
 

osserva Thommen, è difficile che l’invio delle truppe sia stato disposto « gegen  

den Willen der Mehrheit in der Volksversammlung ». 150 Spesso, infatti, si tende ad
   

attribuire scarsa considerazione al ruolo dell’assemblea, poiché essa, soprattutto


per il periodo in questione, è poco rappresentata nelle fonti antiche. Non man-
cano, però, alcuni esempi in grado di dimostrare il coinvolgimento attivo della
stessa proprio in decisioni riguardanti la guerra e la pace. 151  

In conclusione, possiamo ragionevolmente ipotizzare che nei mesi preceden-


ti la battaglia di Platea si fece strada in seno allo stato spartano una tendenza

146  Cfr. Thuc. i 94. Nella primavera del 478 il Reggente, favorevole alla prosecuzione della lotta
contro i Persiani, è a capo della flotta peloponnesiaca e conduce, insieme con gli Ateniesi, una spedi-
zione prima a Cipro e poi a Bisanzio. 147  Dickins, The growth, cit., 33.
148  Cfr. Hdt. iii 148 ; v 48-51.
149  Meier, Zwischen Königen, cit., 70-73. Sulle cause del cambiamento cfr. Thommen, Lakedaimo-
nion Politeia, cit., 55-112 e 148-150.
150  Thommen, Lakedaimonion Politeia, cit., 107 e n. 42.
151  Cfr. Hdt. vii 149, 2 (gli ambasciatori spartani, ai quali gli Argivi propongono una pace di trenta
anni, dicono di dover riferire all’assemblea) ; Hdt. v 64, 1 (l’assemblea conferisce a Cleomene l’inca-
rico di capo dell’esercito nella spedizione contro Atene) ; Thuc. i 87 (l’eforo Stenelaida sottopone al
voto dell’assemblea la dichiarazione di guerra contro Atene) ; Diod. xi 50, 3-5 (è l’assemblea il luogo
nel quale si discute sulla possibilità di portare in Asia la lotta contro i Persiani). In generale sul prob-
lema dell’assemblea ‘sous-estimé’ cfr. Lévy, Sparte, cit., 210-216 ; cfr. anche Andrewes, The government,
cit., 1-20, sp. 2 « The assembly was sovereign in the sense that its consent was necessary before posi-
tive action could be taken ».
erodoto e le scelte di sparta 371
che spingeva perché si continuasse la guerra contro i Persiani. Essa, pur avendo
probabilmente in Pausania il suo esponente più autorevole, era fortemente rap-
presentata nell’assemblea, e non è detto che non godesse anche del sostegno di
qualcuno degli efori.

4. 2. I conflitti fra le due famiglie regali : gli Agiadi e Leotichida


 

La famiglia regale degli Agiadi è senz’altro dominante nella vita politica di Sparta
del periodo finora preso in esame, mentre non può dirsi lo stesso del re euri-
pontide Leotichida. Questi, infatti, pur continuando a ricoprire la sua carica, è
pressoché assente nella narrazione erodotea degli anni che seguono la morte di
Cleomene. Ricompare, poi, soltanto nel racconto delle operazioni navali che si
concludono con la battaglia di Micale, ma anche in questo caso il suo ruolo resta
per lo più marginale. Tentare di definire la natura dei rapporti che, di volta in
volta, intercorrono fra Leotichida e ciascun re agiade può, a nostro avviso, fornire
un aiuto in più alla comprensione delle dinamiche di governo interne allo stato
spartano.
Partiamo innanzitutto dalla relazione fra Leotichida e Leonida. Se la ricostru-
zione delle vicende connesse all’ascesa al trono di Leonida – in particolare il suo
coinvolgimento nella morte di Cleomene – è esatta, 152 possiamo ipotizzare che i
 

rapporti fra i due re fossero improntati ad una marcata ostilità. È, infatti, del tutto
naturale che Leotichida, protetto di Cleomene, 153 vivesse un momento di forte
 

difficoltà dopo l’eliminazione dalla scena politica di quest’ultimo, e vedesse in


Leonida un temibile avversario.
Probabilmente la posizione dell’Euripontide fu in grande pericolo già dopo la
scoperta del falso oracolo in seguito alla quale Cleomene lasciò Sparta. La ragio-
ne è ovvia : tale vaticinio aveva contribuito in maniera decisiva alla destituzione di
 

Demarato e all’assunzione proprio di Leotichida, pertanto la rivelata mendacità


della Pizia rendeva il nuovo re di fatto un usurpatore. Non sappiamo, però, se egli
già allora sia andato incontro a conseguenze spiacevoli, dal momento che Erodo-
to non dice nulla a riguardo.
La situazione divenne, invece, assai più critica dopo la morte di Cleomene e lo
storico di Alicarnasso, questa volta, espone un episodio che ben testimonia, a no-
stro parere, l’indebolimento del prestigio e del potere di Leotichida. Giunti a Spar-
ta degli ambasciatori egineti che reclamavano la restituzione dei loro concittadini
catturati precedentemente da Cleomene e Leotichida su richiesta degli Ateniesi, il
governo lacedemone decise di porre rimedio alla controversia con la consegna del
re euripontide. Gli Egineti avevano, in effetti, accusato esplicitamente quest’ulti-
mo, e gli Spartani, dopo aver intentato un processo contro di lui, avevano emesso
la sentenza appena menzionata. 154 In particolare Erodoto dice che i Lacedemoni
 

152  Cfr. supra, 21 ss.


153  Per il racconto dell’ascesa al trono di Leotichida cfr. supra, 16 ss.
154  Cfr. Hdt. vi 85, 1.
372 rossella gioiosa
avevano sottoposto la questione ad un dikasthvrion, del quale sarebbe interessan-
te, per meglio inquadrare i nemici di Leotichida, conoscere la composizione. Non
si hanno attestazioni del ricorso ad un simile istituto a Sparta prima di questo
momento, ma Pausania il Periegeta riferisce di un dikasthvrion che alla fine del V
secolo a.C. avrebbe giudicato il re Pausania, specificando che esso era formato da
oi{ te ojnomazovmenoi gevronte~, ojktw; kai; ei[kosin o{nte~ ajriqmovn, kai; hJ tw`n ejfov-
rwn ajrchv, su;n d∆ aujtoi`~ kai; oJ th`~ oijkiva~ basileu;~ th`~ eJtevra~. 155 È probabile
che anche il tribunale incaricato di valutare la colpevolezza di Leotichida fosse co-
sì organizzato 156, oppure è possibile, come sostiene David, che l’organo deputato
 

per eccellenza al compito in questione fosse l’assemblea 157.  

È dunque chiaro che, se il dikasthvrion di cui parla Erodoto era analogo a quello
citato da Pausania, la sola presenza di Leonida già rappresentava una minaccia
per l’imputato, anche se l’Agiade non avrebbe certamente potuto condannare il
suo collega senza il consenso della maggior parte degli efori e dei geronti. Se, poi,
è più corretta l’interpretazione di David, dobbiamo immaginare che la sentenza
sia stata determinata da quelle fazioni aristocratiche già responsabili della caduta
in disgrazia di Cleomene, insieme naturalmente con gli efori che presiedevano
l’assemblea. Vale la pena di notare che in entrambi i casi questi ultimi – pur non
essendo gli unici a decidere – potrebbero aver avuto un peso rilevante, anche se
il loro operato, qui come altrove, non deve essere interpretato nell’ottica di una
opposizione di principio al potere regale. Re ed efori, infatti, agiscono a seconda
delle circostanze all’interno di un « Spannungsfeld von Konkurrenz und Zusam-
 

menarbeit ». 158 Così, ad esempio, se è vero che Cleomene per gran parte della sua
   

carriera gode dell’appoggio dell’eforato, è assai probabile che a partire dal suo
esilio ne avesse perso il consenso. Ad ogni modo, qualunque sia stata la corte inca-
ricata di giudicare Leotichida, crediamo che questi difficilmente si sarebbe potuto
salvare se era divenuto il bersaglio di quelle stesse forze politiche che erano già
riuscite a liberarsi del suo ben più potente collega e sostenitore.
Stranamente però ciò accadde. Erodoto racconta che, mentre gli Egineti sta-
vano per portar via Leotichida, un certo Teaside, di cui non si sa nulla se non
che era a Sparta ajnh;r dovkimo~, consigliò loro di non farlo, dal momento che gli
Spartani, che ora consegnavano il loro re, in futuro avrebbero potuto ricredersi
e divenire pericolosi. 159 La storia è abbastanza curiosa e ancora una volta, come
 

nel caso di Chileo, grazie all’intervento di un personaggio altrimenti sconosciuto

155  Cfr. Paus. iii 5, 2.


156  Sulla prassi giudiziaria dei processi regali cfr. G. Busolt, Griechische Staatskunde, ii3, München
1926, 677 e 681 ; R.J. Bonner – G. Smith, The Admnistration of Justice in Sparta, CPh 37, 1942, 113-118 ;
G.E.M. De Ste. Croix, The Origins of the Peloponnesian War, London 1972, 132-133 e 350-353.
157  E. David, The Trial of Spartan Kings, RIDA 32, 1985, 131-140, analizza diverse testimonianze
letterarie in cui la procedura giudiziaria sembra affidata piuttosto all’assemblea, da ciò deduce che
supporre la presenza del dikasthvrion di cui parla Pausania per tutti i processi regali sia una ‘historical
distortion’ e che esso, anche nei casi in cui è esplicitamente citato dalle fonti, agisse su delega dell’as-
semblea. Contra Lévy, Sparte, cit., 177 e 182.
158  Cfr. Thommen, Lakedaimonion Politeia, cit., 98. 159  Cfr. vi 85, 2.
erodoto e le scelte di sparta 373
le risoluzioni spartane subiscono un netto mutamento di rotta. Certo Chileo si ri-
volgeva direttamente ai Lacedemoni mentre Teaside convince gli Egineti, tuttavia
ci chiediamo se fra i due episodi non si possa riscontrare un’analogia, in partico-
lare se questo non possa essere un espediente narrativo al quale Erodoto ricorre
per spiegare decisioni improvvise sulle cui motivazioni non è sufficientemente
informato. 160 

Bisogna allora domandarsi quale sia la vera causa in grado di imprimere un cam-
biamento di direzione al corso degli eventi e per quale ragione Leotichida, nono-
stante una larga opposizione, riesca a conservare il suo trono. Non è da escludere
che egli avesse ancora dei sostenitori in seno alle istituzioni, ma, se questi fossero
stati abbastanza influenti, probabilmente avrebbero ottenuto da subito l’assolu-
zione del re, senza esporlo al rischio della consegna agli Egineti. Pertanto questa
spiegazione da sola non è sufficiente. C’è da domandarsi, allora, se ad un certo
punto non ci sia stato un ripensamento da parte di coloro che lo avevano condan-
nato, forse in virtù del timore che l’espulsione di Leotichida potesse in qualche
modo riaprire la strada alla riabilitazione di Demarato. Crediamo che questa po-
trebbe essere stata anche la ragione per cui l’Euripontide, una volta scoperti gli
intrighi della Pizia, non sia andato incontro allo stesso destino di Cleomene. È
chiaro che gli Spartani non avrebbero potuto accettare il ritorno di un re che era
passato al nemico, dal momento che un eventuale coinvolgimento del Persiano
nei loro affari avrebbe messo in serio pericolo la loro libertà ed autonomia. Molti
episodi su Demarato che trovano posto nelle Storie, poi, dimostrano che egli era
considerato dai suoi concittadini un minaccioso traditore, forse qualcuno addirit-
tura lo reputava responsabile dell’attacco di Dario alla Grecia. 161  

È indubbio che questa vicenda, nonostante la sua positiva conclusione, offrì a


Leotichida un segno tangibile dell’instabilità del suo potere. Egli, inoltre, non è
più menzionato da Erodoto finché non si arriva alla narrazione delle operazioni
navali della primavera del 479 che lo vedono a capo della flotta degli alleati, men-
tre troviamo il suo collega Leonida alle Termopili ed il navarco Euribiade impe-
gnato sul fronte del mare. Pertanto è ragionevole pensare che al silenzio delle
fonti corrisponda anche una perdita di influenza del re negli affari della città.
Cosa potrebbe essere accaduto in questo lasso di tempo ? La ricomparsa di Leo-
 

tichida può essere forse messa in relazione con un ritrovato prestigio politico ?  

Crediamo che Leotichida potrebbe aver cercato una occasione di riscatto duran-
te l’assenza di Leonida. Tale prassi non era per nulla sconosciuta a Sparta, basti
dire che già Demarato aveva tentato di acquisire consensi a danno di Cleomene
calunniandolo mentre questi era temporaneamente lontano dalla città. 162 Presu-  

mibilmente Leotichida avrà provato a stringere un’intesa con qualcuno che, come
lui, aveva dei validi motivi per liberarsi di Leonida, mettendo in atto, cioè, quella

160  Cfr. supra, 25.


161  Cfr. A. Dovatour, La menace de Démarate, REG 50, 1937, 464-467. A proposito dei lovgoi ostili a
Demarato, cfr. vi 49-50 ; vii 235 e vii 239. Cfr. anche Cragg, Herodotus’ presentation, cit., 171 ss. e D.
Boedeker, The two faces of Demaratus, « Arethusa » 20, 1987, 185-201. 162  Cfr. Hdt. vi 51.
374 rossella gioiosa
stessa strategia di cui si era già servito, insieme con Cleomene, per eliminare De-
marato. 163 Pensiamo che forse avrebbe potuto trovare un alleato in Cleombroto ;
   

si ricorderà, infatti, che assai probabilmente costui era candidato al trono al pari
del fratello Leonida, ma quest’ultimo era riuscito ad assicurarsi la successione
tramite il matrimonio con Gorgo. 164  

Va detto chiaramente che la situazione fin qui delineata è soltanto ipotetica, per
essa non disponiamo di prove sicure, ma vi è un indizio, che riteniamo possa esse-
re preso in considerazione : il ritiro delle truppe dall’Istmo ordinato da Cleombro-
 

to in seguito all’eclissi di sole dell’ottobre del 480. Abbiamo detto in precedenza


che dopo la sconfitta delle Termopili Sparta vive di nuovo un momento di ripie-
gamento su se stessa e di chiusura nei confronti degli alleati ; 165 ci domandiamo,
   

dunque, se questo non possa suggerire un’affinità fra le convinzioni politiche del
nuovo reggente e quelle di Leotichida, il quale, fedele agli insegnamenti di Cleo-
mene, avrà spinto per una linea che privilegiava la difesa del Peloponneso. Po-
tremmo pertanto pensare che fra Leotichida e Cleombroto ci fosse un rapporto di
collaborazione, purtroppo la breve durata del regno di quest’ultimo ci impedisce
di fare ulteriori valutazioni.
Certamente Leotichida non poté beneficiare a lungo del nuovo stato di cose
ed è probabile che dopo la morte del suo collega si sia trovato ancora una volta
in una posizione di isolamento. Ciò potrebbe avergli suggerito di mettere in atto
anche con il nuovo reggente Pausania la stessa strategia di alleanza sperimentata
con Cleombroto. Crediamo che questa potrebbe essere una chiave di lettura per
spiegare l’inaspettata presenza di Leotichida alla guida della flotta greca che nella
primavera del 479 raggiunge prima Egina e poi Delo. In altre parole l’Euripontide
preferì assecondare la politica interventista di Pausania, pur non condividendola,
poiché questo era il prezzo da pagare in cambio della protezione che il figlio di
Cleombroto era in grado di offrirgli. 166 L’adesione forzata ad un’azione militare
 

che non lo convinceva del tutto spiegherebbe il numero esiguo di navi, appena
110, e lo scarso spirito di iniziativa dimostrato sin dalle fasi iniziali della campagna.
Da subito, infatti, il re si rifiuta di spingersi oltre Delo temendo di addentrarsi in
uno spazio sconosciuto. 167 Quando, poi, al termine della battaglia, si discute sulla
 

maniera in cui proteggere gli Ioni dai Persiani, propone con gli altri comandanti
peloponnesiaci la soluzione militarmente meno impegnativa : evacuare la Ionia e  

trasferirne gli abitanti in Grecia, in particolare nei porti commerciali dai quali si
sarebbero dovuti scacciare i popoli che avevano parteggiato per i Medi. 168 Infine,  

quando si rende conto che i ponti sull’Ellesponto sono spezzati, decide di ricon-
durre in patria la flotta peloponnesiaca, mentre gli Ateniesi cominciano l’assedio
di Sesto. 169  

163  Cfr. Hdt. vi 64-66. 164  Cfr. supra, 19 s. 165  Cfr. supra, 23.
166  Cfr. Hdt. viii 131 e supra, 29. 167  Cfr. Hdt. viii 132.
168  Cfr. Hdt. ix 106, 2-3. Il capitolo è caratterizzato da una « coloritura propagandistica ateniese (di
età periclea) », ma ciò non pregiudica la storicità del dibattito. Così Asheri, cit., 324.
169  Cfr. Hdt. ix 114, 2.
erodoto e le scelte di sparta 375
Non bisogna, però, nascondere che a questa ipotesi si possono muovere due
obiezioni. In primo luogo, va fatta una considerazione di ordine cronologico :  

non abbiamo la certezza che nella primavera del 479 Cleombroto fosse già morto
e Pausania avesse assunto la reggenza, ma per tali fatti possiamo soltanto stabilire
come terminus post quem il mese di ottobre del 480, che vede il ritiro di Cleombro-
to dall’Istmo, e come terminus ante quem l’estate del 479, che vede Pausania a capo
dell’esercito diretto a Platea. 170 In secondo luogo, la partenza della flotta forse tro-
 

va ragione semplicemente nella volontà spartana di cercare di risolvere il conflitto


sul mare per evitare lo scontro terrestre in Beozia. 171 In questo caso, però, non
 

si capisce bene la necessità si sostituire Leotichida ad Euribiade ; quest’ultimo,  

infatti, sebbene non si fosse distinto per le sue doti di comando, proveniva pur
sempre da una spedizione vittoriosa, per la quale aveva anche ottenuto in patria
premi e onorificenze. 172 Forse gli Spartani, facendo cadere la loro scelta su un re,
 

intendevano dimostrare agli alleati di prendere sul serio l’impresa, 173 ma, se così  

fosse, probabilmente sarebbe stato più convincente inviare ancora una volta un
Agiade.
Il racconto di Erodoto si ferma alla presa di Sesto, pertanto non ci permette di
esaminare i rapporti fra Leotichida e Pausania negli anni che seguono la vittoria
sui Persiani. Tuttavia lo storico racconta, in un ennesimo excursus che supera i
limiti cronologici della sua opera, la fine di Leotichida. Veniamo così a sapere
che il re conduce una spedizione per sottomettere la Tessaglia, ma l’impresa non
giunge a buon fine poiché egli si lascia corrompere dal denaro dei Tessali. Scoper-
to dai suoi concittadini e accusato dinanzi ad un tribunale, scappa a Tegea dove
poi muore. 174 Alcuni studiosi hanno rilevato delle analogie con la fine di Pausa-
 

nia raccontata da Tucidide, 175 arrivando così alla conclusione che i due re hanno
 

condiviso lo stesso destino poiché perseguivano una politica comune contro la


quale si battevano efori e geronti : i diarchi sostenevano una politica di espansione
 

territoriale, mentre i magistrati prediligevano una politica di chiusura capace di


mantenere intatto l’assetto economico e sociale di Sparta. 176  

Ci sembra che una simile interpretazione finisca per semplificare troppo le co-
se. Riteniamo infatti, come abbiamo tentato di dimostrare finora nel corso dei
questo lavoro, che non si possa porre come postulato l’esistenza di schieramenti
così netti e immobili nel tempo e non si debba cadere nella tentazione di inqua-
drare le istanze della politica spartana in un modello teorico sempre valido pur di
trovare per esse una spiegazione. Probabilmente le ragioni di molte scelte con-
tinueranno a sfuggirci semplicemente perché non disponiamo di informazioni
sufficienti per giudicarle.

170  Cfr. supra, 23 s. 171  Così How-Wells, A commentary, cit., ii, 389.
172  Cfr. Hdt. viii 124, 2. 173  Così Lazenby, The Defence, cit., 204.
174  Cfr. Hdt. vi 72. 175  Cfr. Thuc. i 94-96, 1 ; i 128-134. Cfr. infra, n. 177.
176  Cfr. Wolski, Les changements, cit., 31-49 ; Beloch, Griechische Geschichte, cit., ii 2 2, 90 ; Grundy,
The population, cit., 92 s. ; Dickins, The growth, cit., 1-42. Fra gli studi più recenti, cfr. Fornis, Esparta,
cit., 100-103.
376 rossella gioiosa
A nostro avviso, pertanto, bisogna riflettere su alcune questioni prima di affer-
mare che Pausania e Leotichida siano stati eliminati dagli stessi avversari. Innan-
zitutto, va detto che Erodoto, nonostante fosse a conoscenza di quanto traman-
datoci da Tucidide sul reggente, 177 racconta la fine di Leotichida ma non quella
 

di Pausania. Certo questa è una prova basata su un argumentum ex silentio e come


tale rischia di essere un po’ debole. Bisogna, poi, sottolineare che diverso è il ca-
po di accusa che colpisce i due re : l’Agiade è posto sotto processo per medismo,
 

l’Euripontide soltanto per corruzione. 178 Infine, per capire se i due avevano un
 

progetto politico comune, è essenziale interrogarsi sulle motivazioni che portano


Leotichida in Tessaglia.
Molti studiosi sono propensi a credere che la spedizione fosse tesa a punire il
medismo dei Tessali e ne fissano la datazione negli anni immediatamente successi-
vi alla vittoria sui Persiani. 179 Questa lettura si basa fondamentalmente sull’inten-
 

zione di rivalersi sui medizzanti palesata a Samo dai capi peloponnesiaci della flot-
ta greca 180 e su un aneddoto narrato da Plutarco in cui gli Spartani propongono
 

di espellere dal consiglio anfizionico i popoli che erano passati al nemico. 181 Essa,  

però, pone un problema di tipo cronologico per nulla secondario. Sappiamo che
Leotichida muore nel 469, 182 ma Erodoto indica una stretta continuità temporale
 

fra il fallimento della spedizione e la destituzione del re, pertanto appare più logi-
co fissare vicino a quest’ultima data l’impresa militare. 183 È chiaro che, in questo
 

177  Cfr. Thuc. 94-96 e 128-134. Pausania viene richiamato in patria da Bisanzio perché accusato da-
gli Ioni e dagli Ateniesi di aspirare alla tirannide e di collaborare con i Persiani. A Sparta viene prima
processato, poi imprigionato ed infine ucciso. Cfr. Hdt. viii 3, 2 « Respinti i Persiani … [gli Ateniesi],
prendendo a pretesto la prepotenza di Pausania, privarono gli Spartani del comando ». In generale
sul ritratto di Pausania in Erodoto e in Tucidide cfr. M. Nafissi, Tucidide, Erodoto e la tradizione su Pau-
sania nel V secolo, RSA 34, 2004, 147-180 : Erodoto nel complesso non esprime un giudizio negativo sul
Reggente, mentre in Tucidide confluiscono tradizioni, sia di provenienza ateniese sia di provenienza
lacedemone, ostili allo Spartiata.
178  In realtà qualcuno dei moderni estende l’accusa di medismo anche a Leotichida per il fatto
che la corruzione è messa in atto da un popolo che parteggiava per i Persiani, ma il nesso è piuttosto
arbitrario. Così J. Wolski, MHDISMOS et son importance en Grèce à l’époque des guerres médiques, « His-
toria » 22, 1973, 7.
179  Cfr. fra gli altri Beloch, Griechische Geschichte, cit., ii2 1, 62 ; White, Some Agiad dates, cit., 145 ;
H. D. Westlake, The Medism of Tessaly, JHS 56, 1936, 23 ; Wolski, MHDISMOS, cit., 7 ; A.S. Schieber,
Leotychidas in Thessaly, AC 51, 1982, 13. 180  Cfr. Hdt. xi 106.
181  Plut. Them., 20, 3.
182  La data è generalmente condivisa dalla critica moderna e si ricava incrociando la testimonian-
za di Diod. xi 48, 1, secondo la quale il successore di Leotichida Archidamo II regnò per 42 anni, con
altre di Thuc. (iii, 1, 1 e iii 26, 1-2 ;), dalle quali si deduce che Archidamo morì nel 427/426. Un’altra
notizia ricavabile sempre da Diod. xi 48, 1 fissa la data della morte di Leotichida nel 476/475, ma essa
è ritenuta un errore dello storico che confonde l’arcontato di Phaidon (476/475) con quello di Phaion
(469/468).
183  Così E. Meyer, Forschungen, cit., ii, 502-509 ; A. Ferrabino, Qessalw`n politeiva, in Entaphia : in
memoria di Emilio Pozzi, Torino 1913, 113 ss. ; M. Sordi, La Tessaglia dalle guerre persiane alla spedizione di
Leotichida, RIL 86, 1953, 320 ss. ; Ead., La Lega tessala fino ad Alessandro Magno, Roma, 1958, 93 e 101-102 ;
Ead., Atene e Sparta dalle guerre persiane al 462/1 a.C., « Aevum » 50, 1976, 28 n. 9, 39 ; U. Cozzoli, Un
combattimento nei pressi dell’Ossa tramandato da un epigramma sepolcrale, RSI 13, 1976, 382 s. ; Roobaert,
Isolationnisme, cit., 249-252 e 257. Chi, invece, pur ammettendo che Leotichida fosse morto nel 469,
erodoto e le scelte di sparta 377
caso, non si può più pensare che l’attacco spartano fosse volto contro il medismo
dei Tessali. Lo storico di Alicarnasso, d’altra parte, non parla affatto di uno scopo
punitivo, né tanto meno esso è menzionato dalle altre fonti che conservano me-
moria dell’evento. 184 Ci sembra, poi, particolarmente convincente, un argomento
 

a favore della datazione bassa proposto dalla Sordi. La studiosa mette in evidenza
che intorno al 465 alcune città della Tessaglia meridionale, prima legate a Larissa,
cominciano a battere moneta indipendente, e collega questo cambiamento alla
spedizione di Leotichida. La documentazione numismatica attesterebbe, cioè, che
il re spartano non fallì completamente nell’impresa ma assoggettò la parte me-
ridionale della regione ; il testo erodoteo, d’altronde, precisa che egli fu accusato
 

per non aver sottomesso ‘tutta’ la Tessaglia. 185 La spedizione, collocata all’inizio
 

degli anni Sessanta del v secolo, assume un significato storico del tutto diverso :  

essa è una campagna di conquista conseguente alla divisione delle sfere di recipro-
ca influenza, alla quale Sparta e Atene giungono dopo quasi dieci anni di lotta per
l’egemonia su terra e su mare. Intorno al 470, infatti, Sparta rinuncia all’egemonia
navale ed Atene a quella terrestre. La decisione per i Lacedemoni non fu per nulla
semplice e soprattutto non fu unanime. Diodoro testimonia l’esistenza di un di-
battito fra quanti si battevano per l’accrescimento del dominio marittimo e quanti
ritenevano più utile il consolidamento del potere terrestre. Alla fine prevalse il
secondo orientamento, di cui si faceva portavoce « uno della gerusia ». 186 Il nuovo
     

stato di cose portò naturalmente all’eliminazione di Pausania, sostenitore della


prima tendenza. La presenza di Leotichida in Tessaglia, invece, indica che egli era
vicino alle posizioni di quanti premevano per l’espansione sulla terraferma. 187  

Quindi i due re non avevano un progetto politico comune, al contrario essi


erano esponenti di due indirizzi che ad un certo punto si trovano in netta opposi-
zione. Di conseguenza non si può neanche pensare che siano stati eliminati dagli
stessi avversari, ma piuttosto che siano stati uno nemico dell’altro. Abbiamo visto,
infatti, che i responsabili della caduta in disgrazia di Pausania vanno cercati fra
quanti condividevano le idee di Leotichida. Allo stesso modo possiamo ipotizzare
che l’accusa di corruzione che colpisce quest’ultimo provenga da coloro che inve-
ce supportavano l’Agiade.

continua a datare la spedizione nei primi anni dopo Platea, è costretto a ricorrere a diverse soluzioni :
alcuni pensano che l’accusa di corruzione sia stata mossa al re diversi anni dopo la spedizione come
pretesto per eliminarlo (Beloch, Griechische Geschichte, cit., ii2 2, 190) ; altri pensano che Leotichida
sia stato destituito nel 476/5, ma sia morto del 469/8 (C.F. Lehmann-Haupt, Pausanias, Heros Ktistes
von Byzanz, « Klio » 17, 1921, 67 ss.), ma questa ipotesi mal si accorda con l’anno dell’ascesa al trono
di Archidamo II.
184  Cfr. Plut. Mor., 859 b 10 – e 2 e Paus. iii 7, 9.
185  M. Sordi, Scritti di storia greca, Milano 2002, 123-127.
186  Cfr. Diod. xi 50. Lo storico narra di un’assemblea che ebbe luogo a Sparta nel 475 a.C. in cui ve-
niva discussa l’eventualità di riacquistare l’egemonia navale, di cui godeva al momento la sola Atene
e, per conseguenza, di continuare la lotta contro i Persiani : i newvteroi spingevano perché si riacqui-
stasse l’egemonia ma Etoimarida, uno della gerusia, riuscì a convincere gli Spartiati ad abbandonare
il progetto. Cfr. Sordi, Atene e Sparta, cit., 32 che propone di datare l’assemblea al 471 a.C.
187  Cfr. Sordi, Atene e Sparta, cit., 25-41.
378 rossella gioiosa
Sintetizzando, Erodoto ci offre solo due informazioni da cui abbiamo tenta-
to di ricostruire la natura dei rapporti fra Leotichida e Pausania. La prima, che
presenta l’Euripontide al comando della flotta alleata, fa presupporre che questi,
seppure per necessità, avesse offerto la sua collaborazione al collega. La seconda,
la spedizione in Tessaglia, mostra che i due re si erano separati e parteggiavano
per due linee d’azione diametralmente opposte. Tale cambiamento non stupi-
sce se si pensa che i due avvenimenti si collocano a distanza di dieci anni l’uno
dall’altro ; è probabile, quindi, che in questo lasso di tempo Leotichida si sia con-
 

quistato il consenso di quanti in patria non vedevano di buon occhio l’operato di


Pausania dopo Platea, ed abbia portato avanti la vecchia politica di rafforzamento
continentale ereditata da Cleomene e dalla quale ideologicamente non si era mai
allontanato.

5. Conclusioni
In seguito alla nostra indagine, pensiamo di poter proporre la seguente ricostru-
zione delle dinamiche politiche dello stato lacedemone fra il 560 e il 479 a.C.
Durante il regno di Anassandrida, la politica estera della città laconica oscilla
palesemente fra due tendenze che tentano entrambe di imporsi senza che nes-
suna abbia la meglio sull’altra : una spinge affinché la città laconica rafforzi la
 

propria posizione egemonica in ambito peloponnesiaco attraverso gli strumenti


delle annessioni territoriali (le operazioni miliari a Tegea e Tirea) e delle alleanze
(la cosiddetta “politica delle ossa” o “filoachea”) ; l’altra spinge affinché l’interes-
 

samento lacedemone si rivolga anche ad aree geograficamente più lontane (le


promesse di aiuto a Creso e agli Ioni e la spedizione a Samo). Durante il regno di
Cleomene è visibile, invece, il netto prevalere della prima tendenza : Cleomene si
 

impegna, infatti, a consolidare l’impero terrestre di Sparta (la battaglia di Sepeia)


e la rete di alleanze (gli interventi ad Atene ed Egina), mentre si oppone sistema-
ticamente ad ogni iniziativa che porti ad un coinvolgimento in regioni transma-
rine (il rifiuto a Meandrio, agli ambasciatori sciti e ad Aristagora). Dietro queste
diverse concezioni in materia di politica estera vi sono gruppi aristocratici che
si contendono il potere e cercano di portare avanti i loro progetti attraverso due
canali : da una parte hanno accesso alle cariche istituzionali più importanti, prima
 

fra tutte l’eforato ; dall’altra cercano di legarsi alle casate regali attraverso la pro-
 

mozione di alleanze matrimoniali, come dimostra appunto il doppio matrimonio


di Anassandrida. La politica di chiusura peloponnesiaca sembra avere i suoi mag-
giori esponenti nei Chilonidi. Costoro riescono ad attrarre a sé il re Anassandrida,
ma è soprattutto grazie a Cleomene che vedono realizzato il loro programma
e godono di un potere così forte da non lasciare pressoché nessuno spazio agli
avversari. La politica di espansione oltre il Peloponneso, invece, sembra avere i
suoi rappresentanti nelle cerchie antichiloniane, le quali, a quanto pare, gravitano
attorno a Dorieo e a Demarato.
Con il regno di Leonida gli equilibri di potere cambiano. È molto probabile
che dietro l’ascesa al trono di quest’ultimo vi siano degli avvenimenti non trop-
erodoto e le scelte di sparta 379
po limpidi, in particolare che egli sia implicato nella morte di Cleomene con la
complicità della moglie Gorgo. Di certo egli gode dell’appoggio degli avversari
di Cleomene, già responsabili dell’indebolimento politico e dell’esilio di quest’ul-
timo. Costoro potrebbero essere identificati proprio con le élites aristocratiche
rivali dei Chilonidi alle quali Leonida era legato per via materna e delle quali evi-
dentemente persegue la politica. La partenza per le Termopili, infatti, dimostra
che le scelte del nuovo re sono molto diverse da quelle del suo predecessore, che
erano volte soltanto, come si è detto, al consolidamento della posizione di Sparta
nel Peloponneso e a un limitato sviluppo continentale. Leonida si ricollega invece
alla politica che Sparta tentava di mettere in atto prima dell’avvento di Cleomene
e che forse avrebbe potuto trovare un continuatore in Dorieo. Durante la reggen-
za di Cleombroto, la città laconica vive nuovamente un periodo di chiusura ma
non è facile capire fino in fondo le idee di quest’ultimo a causa della breve durata
del suo regno. Indipendentemente da esse, comunque, è del tutto comprensibile
che Sparta dopo il disastro delle Termopili si mostri più cauta. Tuttavia è utile
sottolineare che in questo lasso di tempo il dibattito sull’opportunità di prendere
o meno ancora parte al conflitto doveva essere ugualmente acceso ; soltanto così,  

infatti, si possono spiegare le forti indecisioni che precedono l’invio dell’esercito


spartano a Platea. Con Pausania prevale ancora una volta la corrente interven-
tista. Essa potrebbe avere avuto il suo esponente di spicco proprio nel figlio di
Cleombroto, ma è probabile che fosse fortemente rappresentata anche nell’as-
semblea e non è escluso che godesse persino del sostegno di qualcuno degli efori.
È infine il caso di spendere qualche parola su Leotichida, il re euripontide che
era stato seguace fedele di Cleomene e che, alla morte di quest’ultimo, si trova a
dividere il trono prima con Leonida, poi con Cleombroto e infine con Pausania. Il
processo che lo vede imputato dopo la morte di Cleomene e il ruolo marginale e
poco convincente che egli riveste negli anni della resistenza a Serse sono ulteriori
conferme dell’indebolimento di quella parte che promuoveva una politica di chiu-
sura peloponnesiaca alla quale l’Euripontide aderiva.

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