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I Miei Incontri Con Rol e Fellini PDF
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PERSONAGGI
di Manuela Pompas. Filippo Ascione, che è stato aiuto-regista e amico di Federico Fellini, racconta i suoi
incontri con il regista e con Gustavo Adolfo Rol
«Negli anni ’80 ero aiuto regista di Fellini (con lui ho fatto Ginger e Fred, L’intervista, i film degli anni ’80)), di cui
ero diventato molto amico; ci vedevamo tutti i giorni anche quando non lavoravamo», mi racconta Filippo
Ascione, sceneggiatore. «Il mio incontro con Gustavo Adolfo Rol è avvenuto proprio tramite Federico, che era
molto attratto dal mistero. Conoscendo la sua amicizia con Rol, gli chiedevo sempre di farmelo conoscere; e
lui mi diceva sempre: “Per me è più facile farti conoscere il Papa... Anch’io ho impiegato tanto tempo prima
che mi ricevesse; e l’ho conosciuto grazie alla mia amicizia con Dino Buzzati”. Per cui a un certo punto ho
rinunciato a chiederglielo. Federico mi avevo detto più volte: “Se lui decide di conoscerti, un giorno in qualche
modo succederà, come è successo con me”. Dopo alcuni anni, un pomeriggio che stavo con Federico in
corso Italia (a quel tempo avevo circa trent’anni) stavamo in silenzio, mi
è venuto spontaneo chiedergli “Come faccio a vedere anche una sola
volta Rol?”. In quel momento squilla il telefono ed è Rol che gli chiedeva
di me, parlandogli di me, dicendo il mio nome, mentre Federico
rispondeva: “Sì, sì, è seduto davanti a me, è proprio così, sì, è cosi”, va
bene, domani veniamo a Torino”. Poi mi dice, come se fosse normale:
“Sai è Rol, stranamente come succede con lui in modo junghiano e
misterioso, sa tutto a distanza. Vuole che tu vada da lui solo, senza di
me”. Quella sera stessa sono partito subito per Torino col vagone letto,
anche se l’appuntamento era per il pomeriggio del giorno dopo».
Il mio primo incontro con Rol Filippo Ascione, nel periodo in cui era
Come è stato l'incontro con questo aiuto regista di Fellini.
grande personaggio?
«Quando sono arrivato da lui, era solo e mi stava aspettando; mi ha fatto
sedere, mi ha offerto un caffè e Abbiamo parlato di tante cose, anche di
cinema, di Federico, e a un certo punto aveva individuato qual era il mio
problema, quello che mi pesava di più e mi disse “Lei (ci siamo sempre
dati del lei), lei ora è preparato per assistere a questo esperimento”.
Quindi mi ha portato in quella che lui chiamava la stanza degli
esperimenti. Tra me e lui c’era un tavolo ovale. A un certo punto ho visto
che in una sedia accanto a lui una figura femminile che si componeva
piano piano, un po’ sfocata: in lei ho riconosciuto mia madre e non mi
sono spaventato. Vedevo la sua bocca che parlava muovendo solo le
labbra, con parole che però non capivo, e così Rol: entrambi muovevano la bocca senza suono durante un
tempo che mi sembrò infinito, ore e ore (ed invece erano passati pochi minuti). Poi è finita, lui mi ha parlato,
mi ha detto delle cose molto personali su di me e la mia vita. Poi gli ho chiesto: “Mi fa un po’ di giochi”, come
li chiamava Fellini. Così lui ha fatto alcuni esperimenti, con le carte, che si muovevano e si mischiavano da
sole, oppure dicevo un seme e quando le voltavo erano diventate tutte dello stesso seme. Per quella volta mi
bastava, ero soddisfatto di quanto mi aveva detto e di ciò che avevo visto.
Quando sono tornato in albergo ho subito chiamato mia madre e ho scoperto che alle 5 del pomeriggio,
mentre io facevo quell’esperimento con Rol, era sul letto, perché l’aveva preso un gran sonno. Le chiesi
com’era vestita e aveva lo stesso grembiule che avevo visto su quella materializzazione.
Quando me ne sono andato, lui mi salutò dicendomi di restare in contatto».
Le previsioni di Rol
Ma che cosa ti è rimasto impresso di Rol?
«Oltre ai suoi fenomeni, mi ha colpito la sua figura. Ricordo ad esempio le lunghe chiacchierate fatte al
telefono. Una volta ero seduto qui in sala e lui mi disse che ero sdraiato su un divano su cui ci sono state
molte persone buone e molte cattive.
Non era vero, come credevo, che fosse di famiglia, di parenti di mio padre e che provenisse dalla Calabria, ma
stava a Roma. Dovevo buttarlo? No, ma su quel divano c’è tanta storia. Mia madre mi disse che era della
nonna paterna, che l’aveva dato al figlio.
Per caso tempo dopo incontro una sceneggiatrice, il cui padre era amico del fratello di mio nonno, un
giornalista direttore dell’Avanti, molto amico di Mussolini. E su quel divano, mi raccontò, a Roma si sedevano
fascisti e antifascisti. “Tuo zio“, mi disse “era antifascista, come tuo padre, entrambi tra le poche persone che
Mussolini rispettava, tanto da frequentare il suo salotto dove si incontravano letterati, giornalisti. Quando lo
zio è tornato casa, si è portato dietro il divano. Quindi Rol aveva visto addirittura chi ci stava quel divano».
So che lui era fissato con periodo napoleonico, in casa aveva quadri e
oggetti che lo ricordavano...
«A questo proposito ricordo che una volta che ero andato a trovarlo con
Federico, ci accolse insieme ad altri invitati sua moglie, una persona molto
discreta, distinta, gentile, di origine norvegese. Lui era stato chiamato in
ospedale per confermare una diagnosi (spesso lo chiamavano quando
non era chiaro cosa esattamente avesse il paziente e qualche volta era
entrato anche in sala operatorio, oppure andava in corsia). Lei ci raccontò
che quella notte non aveva chiuso occhio. “Tutta la notte da questa stanza
è passata la cavalleria napoleonica, facendo così tanto rumore che non ho
potuto chiudere occhio”. E poi con una certa ingenuità diceva: “Federico,
ha visto com’è bravo mio marito?”, dopo che magari Rol aveva fatto uno
dei suoi prodigi, come far sparire un mobile».
Personaggi (Https://Www.Karmanews.It/Cat/Rubriche/Personaggi/)
12 aprile 2018
Manuela Pompas (Https://Www.Karmanews.It/Author/F2309u2ntg4hth/)
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