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Il ciclo delle purine è legato a un accumulo di acido urico che è poco solubile. Abbiamo due
patologie conclamate, una, la gotta, in netta diminuzione, i casi si vedono in maniera
estremamente ormai rara.
Nell’altro caso (calcolosi) si può avere la formazione di cristalli di acido urico. Nell’immagine si può
vedere un campione di urina al microscopio in cui si possono notare dei cristalli regolari, appuntiti
e luminescenti. Questi cristalli possono precipitare sia a livello del rene (come si può vedere
nell’immagine) ma anche delle piccole articolazioni, ovvero quelle delle mani dei piedi. (Sono
grosse articolazioni per esempio quelle del gomito, ginocchio e spalla e ci sono forme
infiammatorie che colpiscono le grandi articolazioni che hanno caratteristiche fondamentalmente
diverse.) In questi noduli avviene la stessa cosa che avviene quando abbiamo una reazione a
corpo estraneo, cioè come nell’aterosclerosi: si instaura un’infiammazione all’inizio acuta, dove
tutti gli scopi infiammatori hanno come fine ultimo l’eliminare l’oggetto estraneo, quando
quest’oggetto estraneo è ineliminabile, come per esempio qualcosa di organico o una pallottola di
fucile, si crea intorno una reazione cronica che causa stati infiammatori cronici estremamente
dolorosi. L’iperuricemia, sia nella forma gottosa sia legata alla calcolosi renale, senza ancora questi
sintomi conclamati, fa parte di un quadro definito di sindrome metabolica caratterizzato
dall’ipertensione, obesità, dalla dislipidemia e dal diabete di tipo 2. Quest’ultime sono tutte
patologie dovute a stili di vita errati, caratterizzati indubbiamente non da ristrettezze alimentari
quanto da abbondanza alimentare. L’iperuricemia può caratterizzare quadri anche molto più
generali di malattie cardiopatiche che possono andare dall’ipertensione essenziale al rischio di
infarto o all’insufficienza cardiaca, è quindi un sintomo che un medico deve sempre tenere in
considerazione come una spia di un dismetabolismo che può poi focalizzarsi in patologie più
conclamate.
Legate al metabolismo delle purine ci sono altre due malattie trasmesse in maniera mendeliana:
una è l’immunodeficienza ereditaria, che è dovuta a deficit dell’adenina deaminasi (SCID) e
quindi di quell’enzima che deamina l’adenina e la fa diventare inosina e quindi, anche se è un
enzima che noi inquadriamo in un pathway metabolico, l’effetto di questo deficit non è un
iperuricemia, ma patologia che con l’acido urico c’entra poco. Questo significa che nell’ottica del
Ferretti Elisa
Lezione n°18 Professore Bussolino 29/03/17
fatto che noi viviamo grazie a una rete genica e che le nostre proteine fanno più cose e che il loro
output è determinato da un sistema complesso, da una rete di interazioni, si può capire come
questa adenina deaminasi, oltre a partecipare al metabolismo delle purine, ha anche funzioni
ancor non ben chiarite che la legano a un deficit congenito e a un disordine immunologico.
L’immunodeficienza congenita si differenzia da quella acquisita che è quella di tipo virale, non solo
da HIV ma anche da una serie di altri virus.
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La sintesi delle pirimidine ha una filosofia opposta alla sintesi delle purine, in quanto per
quest’ultime si monta sullo zucchero la base azotata, per le pirimidine invece si fa la base azotata e
poi la si trasferisce sullo zucchero, che è sempre la forma attiva del ribosio-5-fosfato, quindi il
5-fosforibosilpirofosfato. L’anello pirimidinico è fatto da due pezzi che derivano dal
carbamoilfosfato e dall’acido aspartico. Anche questa è una via epatica e citosolica. Purine e
pirimidine sono fatte nel fegato. Dopodiché si prende la base azotata e si fa UTP. La base azotata
viene montata sul fosforibosilpirofosfato e poi può essere metilata a CTP, trasformata in TMP e
andare verso la sintesi del DNA. Il carbamoilfosfato si trova in due vie metaboliche:
Si parte dal bicarbonato HCO3- e ne si attiva transitoriamente uno dei gruppi alcolici, producendo il
carbossifosfato e poi si ha come output finale l’ingresso di una molecola di NH2 a formare
carbammato. Il carbammato viene poi fosforilato a carbamoilfosfato, che sarebbe la forma
attivata. Più nello specifico: il doppietto elettronico libero del gruppo NH2 della glutammina funge
da nucleofilo per la carica parziale positiva del dipolo carbonio-ossigeno del gruppo carbonilico
(del carbossifosfato). Questi due elettroni sono attratti dalla carica parziale e questa carica parziale
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è esaltata dalla presenza del fosfato e otteniamo l’acido carbammico. L’acido carbammico, sia per
entrare nel ciclo dell’urea che nella via di sintesi delle pirimidine, deve essere ulteriormente
attivato a carbamoilfosfato. Quindi viene reintrodotta una molecola di fosfato da dove l’avevamo
tolta. L’altro gruppo alcolico del bicarbonato, che è deprotonato, è la sede in cui leghiamo NH2.
La carbamoilfosfato sintetasi è codficata da due geni diversi, uno per le pirimidine e l’altro per il
ciclo dell’urea. Le differenze tra i due geni sono:
● Il luogo di lavoro, in quanto la carbamoilfosfato sintetasi 2 sta nel citoplasma per la sintesi
di pirimidine citoplasmatiche, mentre la carbamoilfosfato sintetasi 1 per il ciclo dell’urea
(un metabolismo che un po’ avviene nel mitocondrio e un po’ nel citoplasma) sta nel
mitocondrio e quindi la carbamoilfosfato sintetasi 1 è mitocondriale.
● Il donatore del gruppo NH2: il substrato di questi due enzimi è uguale per quanto riguarda
ATP (2 molecole) e bicarbonato (1 molecola), ma nel caso della carbamoilfosfato sintetasi
2 per la sintesi delle pirimidine il donatore è la glutammina, nel caso del ciclo dell’urea si
usa NH3 o ione ammonio libero.
Il carbamoilfosfato più
l’aspartato formano una
struttura aperta: si lega
l’aminogruppo
dell’aspartato con il
carbamoilfosfato, facendo
uscire il fosfato e
formando un legame
diammide. Questa
struttura si chiama
carbamoilaspartato. Poi
avviene una serie di
reazioni multiple (che tagliamo ☺) per formare la struttura chiusa. La base azotata è infatti per
antonomasia chiusa. Otteniamo la chiusura utilizzando l’amminogruppo del carbamoilfosfato che
proveniva dalla glutammina (in blu) con il gruppo carbossilico che si trovava sulla catena laterale
dell’aspartato. Si arriva a tutti gli effetti alla base azotata, che però è ancora lontana dall’essere
una base azotata che entra nei nucleotidi; questa base azotata frutto della chiusura dell’anello si
chiama acido diidroorotico. La prima cosa che facciamo per avvicinarsi alla base azotata degli acidi
nucleici è togliere gli idrogeni andando ad ossidare la molecola. Dall’acido diidroorotico, ad opera
di una specifica deidrogenasi, otteniamo acido orotico, che è la base azotata che viene montata
sul riboso.
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In questo modo abbiamo le basi necessarie per fare parte dei nostri acidi nucleici, ci manca la base
azotata TMP, specifica del DNA. L’evoluzione poteva scegliere diverse strategie:
● Poteva produrre la base azotata ossidata, ovvero un TMP inutile per poi andarlo a ridurre
● Poteva, come ha fatto, prendere i nucleotidi che fanno parte di quello che può in potenza
essere trasformato in maniera più semplice in TMP, ovvero dall’ADP si può fare dADP, da
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GTP dGTP, dal CTP dCTP. Questi tre, modificandolo lo zucchero, rientrano nel DNA. L’UDP
viene ridotto a uridindeossiriboso, che poi viene metilato dalla timidilato sintasi a formare
TMP specifico per il DNA.
L’alternativa era fare dall’UDP, con il riboso in stato ossidato, un TDP e poi ridurlo a dTDP, ma dal
punto di vista funzionale ottenere timidilato nella forma in cui il riboso è nella forma ossidata non
serve a nulla, invece avere UDP serve sia per fare acidi ribonucleici, sia potenzialmente per fare
acidi desossiribonucleici trasformandolo con semplice metilazione, per esempio, nella base
corretta, così che si facciano meno sprechi.
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Questo enzima è fatto da quattro subunità, due alfa e due beta. Il sito catalitico è compreso dalla
subunità beta, in cui è importante un residuo di tirosina, e due residui di cisteina presenti sulla
subunità alfa. Poi ci sono due siti allosterici, infatti questo enzima deve essere regolato in modo da
rendere disponibile a una cellula che va in replicazione una quantità equimolare di basi azotate.
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dirà di smettere di utilizzare GTP e di iniziare a utilizzare UMP. (Le singole combinazioni
che si trovano sulle slide non sono da sapere).
Di quest’enzima dobbiamo capire due cose: prima come facciamo a sostituire un OH- con un H- e
in secondo luogo come possiamo rigenerare l’enzima in modo tale che possa continuare a
lavorare, dal momento che l’enzima non si distrugge mai.
Per ridurre le due cisteine ossidate a formare il ponte disolfuro dobbiamo avere un donatore di
elettroni. L’evoluzione ha scelto qualcosa di simile: due molecole di glutatione. Una proteina detta
glutaredoxina, che sta in forma ridotta, si ossida e diventa glutaredoxina ossidata e riduce il
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Si può avere un’altra via simile che utilizza un’altra proteina detta tioredoxina, che sta in forma
ridotta e viene ossidata in tioredoxina ossidata. Poi abbiamo una tioredoxina reduttasi che ha
come gruppo prostetico, covalentemente legato, una molecola di FADH2, che si ossida riducendo
la tioredoxina e può poi essere rigenerato sempre utilizzando NADPH.
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Lezione n°18 Professore Bussolino 29/03/17
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L’altro farmaco è
l’aminopterina, che è
componente di un
antibattericida, formato
dall’associazione di questo
farmaco più un sulfamidico
(nome commerciale: bactrim o
eusaprim). Fondamentalmente
questo farmaco ha specificità
per la tetraidrofolato reduttasi
batterica e quindi è selezionato
come agente battericida.
C’è un altro farmaco utilizzato in combinazione ad altri farmaci nella cura di certe leucemie e
malattie autoimmuni che si chiama methotrexate e che ha come bersaglio quest’enzima. In tutte
le situazioni in cui si ha un'alta proliferazione cellulare o batterica e quindi si ha bisogno di tanto
DNA, se si va a bloccare una via che fa una delle quattro basi necessarie a DNA, evidentemente la
DNA polimerasi smette di funzionare perché le manca uno dei substrati.
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(Di questa presentazione ne faremo solo dei pezzi perché contiene cose che abbiamo già fatto a
lezione, per esempio c’è tutta una serie di diapositive che riassumono cosa succede ai lipidi e ai
carboidrati nel muscolo, nel fegato e nel tessuto adiposo in condizioni di abbondanza di nutrienti
piuttosto che di scarsità di nutrienti. Per esempio nel muscolo quando siamo in abbondanza di
glucoso, se il muscolo non sta lavorando faremo glicogeno mentre se è attivo faremo acido
piruvico. Poi c’è una parte sull’insulina che avete visto ieri).
L’importante è avere una visione integrata del metabolismo, vedere in un unico colpo cosa
succede contemporaneamente nel muscolo, nel fegato e nel tessuto adiposo in alcune vie
metaboliche. Questa è una lettura trasversale del metabolismo perché vede il problema a livello
dei metaboliti, noi dobbiamo anche avere lettura di tipo verticale, cioè cosa succede a livello di
cellula, tessuto e organismo.
Esistono dei sensori a livello cellulare, a livello d’organo e di organismo che servono a integrarlo. Il
dogma del metabolismo nei primati è di mantenere una quantità di glucoso sufficiente nel sangue
per alimentare in modo particolare il cervello, in secondo luogo una quantità di energia disponibile
nel plasma per alimentare le funzioni degli altri organi. L’integrazione può avvenire a livello di
cellula grazie a due enzimi che sono l’AMP chinasi (AMPK) e TOR. Questi due enzimi stanno a
monte delle singole vie di segnale che abbiamo visto per il glucagone piuttosto che per l’insulina.
Possiamo avere una necessità generale dell’organismo, ovvero poco glucoso o tanto glucoso,
pochi lipidi, tanti lipidi, glucagone o insulina, ma poi possiamo anche avere delle situazioni cellulari
che si intersecano su questa struttura, cioè possiamo avere una struttura cellulare che
indipendentemente dall’ipoglicemia o dall’iperglicemia temporalmente riflette la situazione
precedente. Dunque possiamo avere una situazione di abbondanza di nutrienti ma la periferia dei
nostri tessuti, che non ha ancora ricevuto questi nutrienti, può trovarsi ancora come se fosse
affamata. Quindi dobbiamo avere dei sensori locali che si integrano con i sensori dell’organismo.
A livello dell’organismo abbiamo una regolazione veloce e una più lenta. Fanno parte della
regolazione veloce l’insulina e il glucagone e poi, per quelle situazioni chiamate di “stress” in cui
c’è il concetto di “scappa o attacca” e per cui dobbiamo rendere in maniera disponibile
dell’energia in relazione alle emozioni e al pericolo, le 2 catecolamine: epinefrina e norepinefrina.
Poi abbiamo un meccanismo più lento che è regolato dai ritmi circadiani che possono essere
giornalieri ovvero quelli più conosciuti. Esiste nel sistema nervoso centrale un vero e proprio
gruppo di geni che regola questo mestiere: i CLOCK genes. Ma possiamo avere dei ritmi circadiani
più lenti ancorché sconosciuti: il fatto che uno in primavera si sente più stanco, per esempio,
riflette determinati cambiamenti. Anche l’animale che va in letargo sicuramente spiega bene il
concetto di ritmo circadiano non giornaliero, ma stagionale. Questi sono controllati da una serie di
eventi, come cortisolo, ormoni tiroidei, ormoni leptina e grelina che regolano l’appetito e in più
tutta la regolazione che vede il sistema nervoso centrale.
Se noi vogliamo provare a quantizzare le varie modalità di regolazione del metabolismo a livello
cellulare, abbiamo tantissimi esempi di controllo enzimatico come la regolazione covalente e
allosterica. La regolazione covalente rispetto alla regolazione generale del metabolismo occupa
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Lezione n°18 Professore Bussolino 29/03/17
1/4. Il ruolo giocato dal controllo enzimatico, allosterico e covalente, occupa circa 1/8. Invece i due
sensori molecolari AMPK e TOR sono gli intermediari generali di quello che avviene per gli stimoli
che vengono dall’esterno, come gli ormoni e i segnali dei ritmi circadiani, e gli eventi trascrizionali
e enzimatici che stanno all’interno della cellula.
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Nel tessuto adiposo inibisce la vie anaboliche. Se noi andiamo a vedere i target molecolari
enzimatici: volendo attivare la glicolisi attiva la fosfofruttochinasi-2; volendo favorire l’utilizzo di
glucoso aumenta i trasportatori GLUT1 e GLUT4; volendo inibire la sintesi di acidi grassi blocca gli
enzimi che fanno acidi grassi; blocca la sintesi del colesterolo inibendo l’idrossimetilglutaril
reduttasi; blocca la sintesi dei trglicerdi inibendo l’acil trasnferasi; blocca la sintesi di glicogeno
inibendo la glicogeno sintasi e così via.
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