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Abbiamo detto che József Hoene Wroński fu, soprattutto, un matematico; anche se quest'uomo
eclettico si occupò praticamente di tutto, dalla filosofia all'occultismo, dall'economia alla
giurisprudenza, dalla fisica alla politica. Ha legato il suo nome, infatti, alla creazione del cosiddetto
«determinante wronskiano», usato per verificare se due soluzioni di una equazione differenziale
ordinaria di secondo grado siano dipendenti o indipendenti. Tuttavia, il suo nome è oggi quasi
caduto nell'oblio, tranne che presso una ristretta cerchia di specialisti.
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Difficilmente lo troviamo ricordato in una storia generale del pensiero matematico. Egli non è citato
né nella vasta Storia della matematica di Carl B. Boyer (traduzione italiana dell'Istituto Editoriale
Internazionale, Milano, 1976), né nella altrettanto documentata monografia di Eric T. Bell I grandi
matematici (Sansoni, Firenze, 1966). Una sorta di vendetta della scienza accademica nei confronti
di un personaggio decisamente scomodo, che ebbe l'inaudita pretesa di fondare una specie di nuova
religione «assoluta» sulla base della prova matematica?
In effetti, la rigida divisione fra matematica e religione è una caratteristica del pensiero occidentale
moderno. Non si ritrova presso gli antichi - basti pensare alla scuola mistico-filosofica e scientifica
di Pitagora -, né in altre culture moderne, ad esempio quella dell'India (dove le due cose vanno
spesso di pari passo e si trovano affiancate nella ricerca di una singola persona). Sia come sia,
Hoene Wroński era, già al suo tempo, un personaggio decisamente fuori dalle righe, e i suoi
molteplici e vulcanici interessi - ma specialmente quelli di natura mistica e d esoterica - non erano
tali far predisporre benevolmente il mondo scientifico nei suoi riguardi.
Di fatto, almeno un matematico italiano suo contemporaneo si interessò alle sue ricerche nel campo
delle scienze matematiche. Si tratta del romano Paolo Ruffini (1765-1822), autore di una Teoria
generale delle equazioni, in cui si dimostra impossibile la soluzione algebrica delle equazioni
generali di grado superiore al quarto (1798), che al Wroński dedicò lo studio: Intorno al metodo
generale, proposto dal signor Hoene Wroński onde risolvere le equazioni di tutti i gradi, del 1816
(e pubblicata nelle Memorie della Società Italiana, XVIII, nel 1820).
Come matematico, Hoene Wroński si era impegnato particolarmente - come si è visto - nello studio
delle funzioni algebriche e dei differenziali. Ma, come filosofo, i suoi interessi abbracciavano
soprattutto l'ambito della storia, convinto com'era - sulla scia di Gioacchino a Fiore e di Andrzej
Towianski - che una nuova epoca dell'umanità stesse per incominciare, e che la nazione polacca
fosse stata chiamata a svolgervi un ruolo essenziale.
Questo il ritratto che ne delineava una delle più grandi esperte di letteratura della Polonia, Marina
Bersano Begey, nella sua Storia della letteratura polacca (Casa Editrice «Academia», Milano,
1953, p. 147):
Un altro lato originale del pensiero messianico polacco è nell'opera di Józef Hoene-Wroński
(1778-1853), autore anche di studi filosofico-matematici un po' confusi (Philosophie de la
technique algoritmique; Le Sphinx ou le nomotechnique séhélienne, ecc.). Gli scritti messianici:
Prodrome due Messianisme; Métapolitique messianique; Secret politique de Napoléon comme base
de l'avenir du monde, professano un vago messianesimo napoleonico.
L'imperatore è dal Wroński considerato nuovo salvatore e ultimo grande riformatore dell'Umanità,
sull'esempio del quale la sovranità divina e quella nazionale umana si debbono conciliare.
Il culto di Napoleone, peraltro, era piuttosto diffuso fra i Polacchi, sia in patria che in esilio. Era
stato lui - infatti - a restaurare, sia pure per pochi anni, fra il trattato di Tilsit e la disastrosa
campagna di Russia (1807-1812), uno Stato polacco indipendente: il Granducato di Varsavia (cfr.
Stanislaw Arnold-Marian Zychowski, Précis d'histoire de Pologne, Éditions «Polonia», Varsovie,
1963, p. 79), a ciò spinto anche dalla relazione avuta con la giovane contessa Maria Laczyński
Walewska, da cui nacque un figlio.
Ma anche nel resto d'Europa la figura dell'imperatore aveva colpito fortemente alcuni settori delle
classi colte, specialmente nella prima fase della sua carriera, quando ancora sussisteva l'equivoco di
una Francia liberatrice dei popoli oppressi; senza contare il suo fascino personale, cui non
sfuggirono neppure personaggi della statura di Goethe, Hegel e del nostro Alessandro Manzoni. A
maggior ragione i Polacchi, che, avendo perduto la propria indipendenza ad opera di quelle stesse
potenze che ora erano schierate contro Napoleone (e molti storici sostengono che le spartizioni della
Polonia "salvarono" la Francia rivoluzionaria nel 1792), nei suoi confronti non avevano nulla da
perdere e tutto da sperare.
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Comunque, tornando a Hoene Wroński, dopo la caduta di Napoleone il suo messianismo dovette
rinunziare, ovviamente, alla figura di un condottiero vittorioso e si spiritualizzò, un poco come era
accaduto alla fede dei profeti dell'Antico Testamento dopo la distruzione del regno d'Israele e la
deportazione; o alle stesse comunità cristiane dei primi tempi, quando videro allontanarsi il giorno
della seconda venuta di Cristo, da esse - all'inizio - creduta imminente.
Anche la prospettiva escatologica si andava allargando. Non si trattava più soltanto della
resurrezione dell'indipendenza polacca, bensì, attraverso di essa, di una nuova forma di convivenza
internazionale, basata su principi di giustizia e solidarietà. Un po' come Giuseppe Mazzini per gli
Italiani, Hoene Wroński (e, più di lui, Towiański) tenne accesa la fiammella della speranza di un
riscatto nazionale, ma collocandola in un panorama più ampio, europeo e mondiale, fortemente
colorito di valori religiosi e di aspettative soteriologiche.
Il nucleo essenziale della sua concezione consiste nella capacità dello spirito slavo in generale, e
polacco in particolare, di operare una mediazione e una sintesi (ancora la triade dialettica di Hegel!)
fra il momento etico-religioso rappresentato dallo spirito latino, e il momento speculativo
rappresentato dallo spirito germanico.
L'aspetto più sconcertante - e meno conosciuto - delle teorie filosofiche di Hoene-Wroński, profeta
inascoltato che aveva sperato di essere l'elemento catalizzatore di un generale risveglio politico-
spirituale dell'Europa, è, accanto alla sua propensione per l'occultismo (non certo rara nella Parigi
dei primi anni del XIX secolo), la suggestione che su di esse esercitò una figura estremamente
controversa, come quella di Eugéne Vintras.
Non è questa la sede per soffermarci su questo stranissimo personaggio, che già in vita accese
intorno a sé sospetti, derisione, ripugnanza, ma che fu anche venerato come un santo da una ristretta
cerchia di seguaci, che gli rimasero fedeli sino alla morte, avvenuta nel 1875. Ex operaio dal
modesto livello di istruzione, ma fortemente ispirato sul piano religioso, Vintras aveva fondato
dapprima un piccolo gruppo di preghiera, del quale faceva parte anche l'abate Charvoz, chiamato
"Opera della misericordia"; e, più tardi - nonostante le denunce del vescovo di Bayeux, nel 1841 e
la scomunica di papa Pio IX, nel 1848 - una sedicente "Chiesa del Carmelo". Dicendosi ispirato
direttamente dalla Santa Vergine, che lo avrebbe salvato dalle fiamme dell'Inferno spalancate per
inghiottirlo, Vintras soleva celebrare una funzione particolare, da lui denominata Sacrificio
provittimale di Maria.
Alcuni testimoni riferivano che, nel corso di quella messa, avvenivano dei veri e propri miracoli; ad
esempio, che il calice vuoto si riempiva di sangue, e altre cose del genere. Altri, invece,
sostenevano che quella funzione era niente di meno che una messa nera, nel corso della quale
Vintras officiava - e questo è storicamente provato - indossando sui paramenti una croce capovolta:
ciò che ricordava apertamente la simbologia satanica.
Mistico o satanista, Vintras era e rimase un personaggio discusso ed enigmatico, che tuttavia
esercitò un influsso più profondo di quanto non si crederebbe sulla società e sulla cultura francese
del suo tempo. Tra gli intellettuali che ne furono influenzati c'era l'occultista Sain-Yves d'Alveydre,
che si professò apertamente suo ammiratore, almeno in un primo momento; salvo poi cercare di
mascherare il suo debito intellettuale con questi, sostenendo che la sua istruzione in materia
esoterica proveniva da un'alta personalità della casta bramanica.
E c'era anche József Hoene Wroński, il quale - dopo l'eclisse dell'astro napoleonico - aveva finito
per elaborare una curiosa teologia messianica derivandola, almeno in parte, proprio dagli
insegnamenti di Vintras e dei suoi seguaci (cfr. Francis X. King, Il libro completo delle streghe e
dei demoni: titolo originale: Withcraft and Demonology, 1987; traduzione di Michela Masci,
Gremese Editore, Roma, 1988, pp. 114-115).
Ma alla teologia di Vintras - se così possiamo chiamarla -, nonché dal suo gruppetto di fedelissimi
seguaci, prese le mosse anche un personaggio di lui più ancora controverso, per non dire sinistro:
l'abate Boullan. Se Vintras era ancora, forse, relativamente in buona fede riguardo all'ortodossia dei
suoi insegnamenti e delle sue pratiche rituali, Boullan era un uomo malvagio, che praticava
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sicuramente il satanismo e che, quasi certamente, era dedito anche al sacrificio umano, nel corso
delle sue messe nere. Anche di lui non è questa la sede per parlare; ci riserviamo di farlo in altro
luogo. Rimane il fatto che le dottrine di Vintras non dovevano essere poi così innocenti, se esse
poterono fornire una base di partenza per la sinistra carriera di un adoratore del Diavolo, come lo
era l'abate Boullan.
NOTA BIOBIBLIOGRAFICA.
József Maria Hoene Wroński nasce a Wolsztyn, nei pressi di Poznán (in tedesco: Posen, nella
cosiddetta Grande Polonia), il 23 agosto 1778 e muore l'8 agosto 1853 a Neuilly. Si era trasferito in
Francia nel 1801, dunque sei anni prima che Napoleone restaurasse il Granducato di Varsavia; e vi
rimase fino alla morte. Scelse di scrivere i suoi libri in francese, la lingua internazionale delle
persone colte, perché desideroso di diffondere presso un pubblico più vasto i suoi ambiziosi progetti
di rigenerazione politico-morale. Soleva dire che il suoi ideale quello di era servire la causa della
Polonia attraverso la Francia.
Tra le sue numerose opere, ricordiamo quelle principali di argomento mistico e filosofico:
Philosophie critique découverte par Kant (1803); Prodrome du Messianisme (1831); Messianisme
ou la reforme absolue du savoir humain (1847); Philosophie absolue de l'histoire (1852). Alcune
altre sono contenute nella citazione del brano di Marina Bersano Begey.
Ricordiamo, inoltre, le ricerche compiute sulla figura e l'opera profetico-filosofica di Hoene-
Wroński, da parte di uno studioso italiano, Gerardo Cunico: Il messianismo politico. Hoene-
Wroński, Mickiewicz, Cieszkovski, su Humanitas, Casa editrice Morceliana, Brescia, fasc. 1-2 del
2005, pp. 200-220; e Filosofia assoluta e storia della filosofia in József Hoene-Wroński, nel
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secondo volume degli Atti del XXXIII Congresso della Società Filosofica Italiana, tenutosi a
Genova dal 30 aprile al 3 maggio del 1998.