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Concorso Caffè letterario Moak.

Caffè Merkaba
un racconto di Ugo Pennacino-Torino-Italy 2018.

"Merkaba indica un campo di contro rotazione della luce che


comprende sia lo spirito Ka che il corpo Ba o la realtà: un veicolo
spazio tempo." Vittorio Baccelli.
"La scienza non è nient'altro che una perversione se non ha come
suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell'umanità."
Nikola Tesla.

Non c'era alcuna possibilità di spegnersi e di andare


temporaneamente nel regno dei morti per un riposo di qualche ora.
Il lavoro andava fatto e l'ultima telefonata del capo era stata
quasi offensiva. Restava una settimana per consegnare la ricerca o
avrei dovuto tornare ad iscrivermi nelle liste dei disoccupati.
Tenendo presente il tempo che avrei impiegato per arrivare a pagare
tutti i conti avrei fatto a meno di dormire. Avevo un contratto a
Progetto come Ricercatore presso il Centro Studi sulle Nuove
Religioni a Torino. E’ una piccola ma fornita Biblioteca privata
vicino a Piazza Solferino, dotata di un piano terra dove sono
ubicati gli uffici e di un sotterraneo dove sono custoditi 35.000
volumi e 200 riviste. All'ingresso sulla sinistra, il bagno molto
confortevole con i suoi asciugamani in tessuto e le piastrelle
immacolate. Dopo il piccolo vestibolo la scrivania circondata da
archivi alti fino al soffitto di Luca il Bibliotecario, dallo
sguardo severo ma sereno, che custodisce con competenza e
professionalità scritti di religioni e culti misteriosi. La luce
proviene dall'alta finestra, divisa a metà da un vetro opaco per
garantire la privacy e inonda luminosa il ripiano della sua
scrivania. Su un piccolo mobiletto il computer portatile acceso, la
stampante digitale sul tavolo accanto ai tabulati, il fax sul
davanzale e tra timbri e quotidiani, il telefono che riceve dai
visitatori occasionali, la richiesta di prenotazione per accedere
agli archivi. Sulla destra il salotto del dottor P.Z. direttore
editoriale e conclude il piano terra, l'ufficio dal ricercato
arredamento del dottor M.I. direttore del Centro ed autore di
numerose pubblicazioni a carattere esoterico. Al sotterraneo si
accede da una scala circolare che scende verso la luce al neon.
Nell'ampia sala di lettura dal pavimento piastrellato perfettamente
pulito, si trova la mia scrivania, con alle spalle scaffali in legno
con riviste di culti contemporanei e locandine che invitano a
convegni e manifestazioni. La luce arriva anche da piccole finestre
luminose in alto sulla destra che danno sul marciapiede della
strada. Ricoprono la parete di sinistra ed il fondo dell'ampia sala
di lettura, gli alti archivi dai vetri opachi chiusi a chiave. Da un
ingresso nascosto da una tenda in tessuto, si entra nella Biblioteca
dove gli scaffali ruotano con manovelle girevoli aprendo o chiudendo
i varchi per l'accesso alle opere. L'atmosfera è gelida come quella
di un obitorio ed in quel freddo, lavoravano le mie modeste cellule
grige scaldate dalla passione per il nuovo incarico. La ricerca che
stavo effettuando riguardava un prete benedettino esorcista della
provincia di Verona, padre Pellegrino Ernetti esperto in pre
polifonia, dedito alla registrazione della voce dei defunti con il
magnetofono e di don Luigi Borello della società di San Paolo
laureato in fisica e dei loro studi sulla crono visione o la scienza
per rivedere le immagini del passato. Ero stato selezionato per
quell'incarico per la mia abilità nelle ricerche e perché ero stato
preso per fame. Non riuscendo a lavorare anche nel weekend avvolto
da una coperta, avevo scelto per terminare la relazione, una
villetta a due piani al numero 7 di via Jardin Alpin a Meyrin in
Svizzera, poco distante dal CERN dove è attivo il Large Hadron
Collider,l’acceleratore di particelle, ospite di una amica che non
voleva restare tale, ma che non ispirava al mio apparato genitale
alcun interesse. Dai capelli vermigli e dagli occhi azzurri della
stessa consistenza di quelli delle bambole, aveva un corpo che non
lasciava nulla all'immaginazione ma era il suo modo di fare da
infermiera per amor dell'arte che mi urtava profondamente.
Era comunque gentile con la sua bellezza e la sua laurea in fisica e
per questa sua cortesia l'avrei invitata a cena possibilmente a sue
spese. Avevo cominciato le ricerche per la relazione due mesi fa,
poi avevo fatto la prima stesura e l'avevo consegnata per la
supervisione. Era stata approvata dal direttore ma la conclusione
del capolavoro era ancora lontana. L'editore aveva le sue scadenze
con i ritmi di mercato, ma cervello ed ispirazione si accendevano
autonomamente e senza guardare il mio estratto conto. Attualmente la
villa con il suo ampio giardino era abbandonata all'uso quotidiano e
relegata al ruolo di sede per le conferenze a carattere scientifico.
Dopo un breve viaggio in aereo da Milano che non mi aveva consentito
un adeguato riposo, l'avevo raggiunta in taxi dall'aeroporto di
Ginevra. Immersa in un parco privato aperto al pubblico durante
l'estate, aveva viali ben curati con panchine per l'occasionale
abbronzatura e cespugli fioriti di viole e ranuncoli. Ponti in legno
attraversavano piccole cascate di acqua fresca che spandevano
armoniosa serenità e graziosi laghetti dalle superfici trasparenti
dove nuotavano pesci colorati, rallegravano il visitatore.
Era arredata in maniera confortevole con i mobili in stile Liberty,
di cui la maggior parte coperti da teli che non mi ero preso la
briga di scostare. Stanze ampie con grandi finestre e corridoi,
lasciavano respirare il lungo appartamento senza creare luoghi
freddi o caldi ma garantivano un piacevole conforto anche grazie al
riscaldamento autonomo. Il proprietario a me sconosciuto, aveva
impreziosito le pareti di quadri di ogni dimensione. Cornici
pregiate incorniciavano capolavori ad olio con la rinascita
metafisica della pittura figurativa di Antonio Nunziante e la
pittura astratta dagli orizzonti curvi, dell'inconscio e della
visione di Mario Raciti e poi litografie ed acqueforti di autori
contemporanei. Le pareti vuote avevano una tappezzeria dai colori
intensi come il rosso vermiglione o il porpora per i salotti,
piastrelle azzurro oltremare o blu cobalto per i bagni, ed il verde
smeraldo per lo studio dove era aperto il mio portatile in attesa
che terminassi di scrivere la pagina lasciata incompleta. Notte o
giorno non era importante, data la mia abitudine di isolarmi dal
resto del mondo chiudendo le persiane. Il problema era mantenermi
sveglio e per evitare di sprofondare nelle tenebre dovevo trovare
uno stimolante che potesse garantirmi un quarantotto ore di lavoro
senza interruzioni. Avevo preso l'abitudine di bere del caffè
solubile in confezioni giganti da supermercato e ne avevo portato
una con me in valigia. Questi granellini mescolati con l'acqua
calda, creavano una brodaglia nera come l'inchiostro che ingurgitavo
come una cattiva medicina. La ragazza mi aveva fatto la spesa prima
di lasciarmi le chiavi, spinta da una dichiarata simpatia per la mia
persona e per la mia fame arretrata di lavoratore precario, ma non
avevo ancora controllato l'inventario dei suoi acquisti. Era stata
molto gentile anche con il suo invito di tenermi compagnia, ma una
ventata di ormoni anche se molto apprezzata, mi avrebbe distolto
dall'incarico che dovevo portare a termine. L'orologio sulla
scrivania alle mie spalle segnava la mezzanotte e probabilmente la
luce esterna che filtrava dalle persiane era quella della luna. Il
piano terra era disabitato perché il proprietario era deceduto da
tempo. Mentre la casa era stata ristrutturata al piano superiore, il
piano terra aveva conservato le suppellettili originarie.
Era appartenuto ad un veggente della loggia Lucifero, ex membro
dell'Associazione Pitagorica Reghini, una confraternita che aveva le
sue basi morali nell’anti cattolicesimo e nel paganesimo e definiva
il cristianesimo: diabolico e nemico dello spirito. Linda la mia
amica dai capelli rossi, mi aveva confessato che il proprietario del
primo piano, dove mi trovavo attualmente, era un suo professore
universitario con il quale aveva avuto una sfrenata relazione
sentimentale che le aveva procurato le chiavi non soltanto del cuore
ma anche di quella residenza, che utilizzava come luogo di
appuntamenti clandestini. Un mese fa il professore era stato
coinvolto in uno scandalo per presunte molestie sessuali con una sua
allieva, dove la sua fantasia di vecchio satiro si era spinta troppo
oltre. I giornali ne avevano parlato in terza pagina soffocati dai
soliti scandali del politico di turno e dai furti autorizzati alla
pubblica amministrazione ma la gogna mediatica, aveva costretto il
professore docente di una cattedra in fisica teorica, a trasferirsi
in un luogo solitario ed esotico dove l'estradizione non aveva alcun
effetto. Gran Maestro della Fraternità di Urantia il cui scopo è
trasmettere un insieme complesso di informazioni sulla storia degli
universi e dei super universi che costituiscono il mondo, proponeva
alle sue "allieve", una cosmogonia estremamente complicata che
ruotava intorno a riti dionisiaci che scatenavano le fantasie più
perverse. Tutti i locali erano disponibili a venire visitati, tranne
uno chiuso a chiave, accanto alla porta della camera da letto che
avrei lasciata inutilizzata. Lo stomaco mi ricordava che non avevo
ancora ingurgitato cibi solidi ma avevo paura dell'effetto colpo di
sonno. Il frigo era effettivamente dotato di ogni cibo che un single
avrebbe potuto apprezzare, dalle cotolette surgelate alla macedonia
sotto vuoto. Il problema restava il sonno, quel piacevole
intorpidimento che mi avrebbe alleviato dai dolori articolari e
dalle nevralgie bioculari causate dallo schermo del computer. Ma
dovevo terminare il lavoro prima di finire il conto in banca. Chiusi
la porta del frigo e mentre il mio cervello andava avanti con la
stesura, mi diressi alla piccola porta dello studio che il
proprietario assente a tempo indeterminato aveva lasciato
incustodita. Era chiusa, senza chiavistelli e non presentava sistemi
di allarme che se molestati avrebbero potuto svegliare il tranquillo
riposo degli animali del parco. Una volta avevo rotto la chiave
della porta d'ingresso del mio minuscolo appartamento e il conto
senza fattura del fabbro per la sostituzione non richiesta di una
serratura quasi nuova, mi aveva convinto a tenerne una copia sempre
nella giacca. Doveva esserci un modo per poter entrare senza
ricorrere ad un'ascia o all'esplosivo. Sicuramente il professore
l'aveva riposta in un vaso o in un cassetto e quindi avrei passato
il tempo in attesa dell'ispirazione in una solitaria caccia al
tesoro. Dove poteva averla nascosta, tenendo presente che il locale
era all'interno della casa e che quindi non era richiesta una
particolare segretezza? Lasciai vagare lo sguardo per la stanza, dai
mobili alla cristalliera, dai tappeti persiani ai quadri, fino alle
foto di famiglia del professore che scrutavano annoiate il mio
lavoro ancora incompiuto. Avevo sonno, ma le scariche di adrenalina
per quella caccia notturna lo avevano allontanato temporaneamente.
Portandomi dietro il portatile guardai in tutti i possibili
nascondigli, battendo la zona come se avessi dovuto fare una
ispezione di polizia. Avrei scelto una collocazione segreta ma di
facile fruizione in modo da potermela ricordare anche dopo molto
tempo. Infatti la copia della chiave era nel vaso delle finte e
variopinte orchidee che ornavano in un nutrito mazzo, l'ingresso
della camera da letto. L'orologio segnava le due, alle tre sarebbe
stata l'ora del diavolo e magari la sua presenza mi avrebbe fatto
compagnia. Aperta la pesante porta vidi un locale illuminato a
giorno. Il laboratorio era ordinato, ampio ed attrezzato, l'intero
arredamento stonava per la sua modernità con il resto della casa.
Lungo le pareti correvano una serie di tubi luminescenti di luce
rotante ed il soffitto ed il pavimento erano di metallo lucido
perfettamente pulito. Un ronzio cupo in sottofondo come di una
macchina in movimento era la colonna sonora. La parete di fronte
presentava una vetrata spessa dove erano riposti contenitori
colorati in materiale plastico con etichette che indicavano il
composto chimico. La stanza nel complesso era vuota ed avvolta in
una strana luminescenza. La porta si era chiusa autonomamente alle
spalle ma la chiave giaceva sicura in una delle mie tasche. Scorsi
dei taccuini. Alcuni presentavano diagrammi indecifrabili, altri
erano in lingua straniera. Poi c'era una pila di dvd con delle
sedute di lavoro registrate e degli hard disk esterni per il lavoro
di archiviazione dal computer. Un piccolo portatile su uno dei
ripiani superiori riluceva nella sua custodia. Un frigo a scomparti
e un piccolo fornello da cucina erano inglobati nella struttura.
C'erano formule e citazioni da vecchi libri sui taccuini. Aveva
anche gli ultimi testi di fisica quantistica sulla teoria delle
stringhe e su quella degli universi multipli. La lettura si faceva
interessante e più approfondivo perdendomi nelle citazioni e nei
diagrammi di Feynman, più la mia curiosità si faceva appassionata.
In uno dei cassetti c'era anche una biografia di Tesla e le sue
teorie sui campi magnetici ed il capolavoro della dottoressa Lisa
Randall sui "passaggi curvi": l'evoluzione di un mondo a geometria
curva con il Bulk o volume pluridimensionale dove la teoria M o
l'artefatto enigmatico, è potenzialmente in grado di fornire una
struttura veramente completa sulle super stringhe, promuovendo la
teoria delle stringhe a teoria quantistica della gravità. Un ampio
quaderno presentava uno scritto sulla teoria di Ronald Mallet del
flusso circolare di radiazione elettromagnetica in un anello laser.
Con l'utilizzo dell'energia laser si è in grado di generare un
intenso e continuo flusso di luce dove le curve temporali chiuse per
la distorsione spazio tempo in un cilindro rotante, potrebbero
condurre una ipotetica particella nucleare nel passato. La posizione
nello spazio di un oggetto e la sua struttura non sono modificabili
senza l'intervento di una energia fisica ben definita e per evitare
l'enorme richiesta che non si sarebbe potuta generare nel
laboratorio, il fascio di luce laser avrebbe dovuto passare
attraverso una energia moltiplicante che ne diminuisse la velocità
ed incrementasse la dispersione molecolare. Il fotone essendo privo
di massa, per comunicare la carica elettromagnetica avrebbe
interagito solo con oggetti elettricamente carichi o con le piccole
scariche sinaptiche della mente. Il professore sembrava sicuro di
riuscire ad attivare quella porzione del cervello che gran parte
della razza umana mantiene ancora inutilizzata. Gli appunti si
facevano sempre più criptici e così abbandonai la lettura. Era tutto
molto pulito e l'ordine era chiaramente una sua qualità. Doveva
viverci in quel laboratorio e se aveva come me il problema
dell'ispirazione, sicuramente nel frigo avrebbe dovuto tenere dei
generi di conforto. C'erano provette e contenitori in materiale
plastico con sostanze scure ed etichettate con le marche dei
principali caffè che rendevano il professore sicuramente un esperto
in materia. Anche lui aveva il problema di come massimizzare il
tempo per rendere ogni secondo altamente proficuo. Nel frigo c'era
anche una agenda moak con indicate le miscele e le dosi da usare per
ciascun preparato. Ma quale miscela sarebbe stata la più indicata
per consentirmi di passare il weekend portando a termine il lavoro?
Guardai l'intero elenco con la storia di ciascuna ed il composto
chimico per realizzarla. Avevo soltanto l'imbarazzo della scelta e
restava il fatto che il mio caffè solubile aveva come unica qualità
quella di farmi correre in bagno. Presi la miscela Krono
dall'elevatissimo profumo di fiori e miele seguito da una bella
punta di frutta secca a nocciolo con note speziate di liquirizia,
tabacco, rabarbaro con sentori di erbe aromatiche e di caramello e
cereali e una punta balsamica di menta, anice ed erbe alpine e mi
diressi al fornello usando la caffettiera che si trovava sul piccolo
lavandino.
Accesi il fornello sovrastato dal cupo ronzio dei generatori che
respiravano come gigantesche cicale nel sottofondo. Dopo pochi
minuti la miscela era pronta. La tazza risplendeva per le luci e per
lo smalto del contenitore. Aveva un buon sapore.
Intenso e penetrante e con un piacevole retrogusto amaro che sapeva
di erbe esotiche come il peyote.
Ripulito il lavello fin nei minimi particolari grazie alla calda
intensità della luce, riposi la caffettiera nel cerchio lasciato dal
suo proprietario.
La luminosità era diventata particolarmente vibrante o forse era la
bevanda che stava cominciando a fare il suo effetto. Sentivo un
calore irradiarsi dappertutto e tenendo presente che il corpo è
composto in maggior parte di liquidi, stavo per raggiungere un punto
di piacevole ebollizione. Il cervello si accese e tornò
l'ispirazione. Attivai il computer per terminare il lavoro che mi
avrebbe garantito qualche mese di serenità economica. Mi sentivo
rilassato come dopo un buon sonno ristoratore. Mi appoggiai su un
supporto ribaltabile del laboratorio e continuai a scrivere la
relazione.
Guardai attraverso la vetrata, imprigionata in un cubo di
plexiglass, la foto di un uomo sulla cinquantina in abiti datati che
doveva essere il Veggente, circondato da un gruppo di signori
vestiti di nero seduti in circolo davanti alla villa immersa nel
parco. Ricordava la riunione di un convegno.
Alle loro spalle un gruppo di trenta ragazze dall'aria stordita.
La foto sembrava risalire ad un periodo del passato, prima della
seconda grande guerra. Mi sentivo pieno di energia e l'orologio
digitale da polso segnava le tre.
L'ispirazione era tornata con un ritmo scandito dal metronomo
cerebrale che indicava parola dopo parola il percorso da seguire.
Un bagliore e la vista diventò intermittente come se fossi stato
colpito da flash ripetuti. I colori si fecero più vividi e la stanza
diventò trasparente. Il verde della parete ed il rosso dei tappeti
della stanza accanto si fecero più brillanti e sembravano pulsare.
Le immagini dei quadri diventarono come le teste liquide ed urlanti
dei dipinti di Bacon ed il silenzio diventò assordante dallo
scandire ritmico del respiro e dal ticchettio delle dita sulla
tastiera.
La testa era circondata da un cerchio di luce ed il mio volto pareva
trasfigurato nello specchio della vetrata e ciascun poro brillava
indipendente segnando i tratti somatici con impulsi luminosi come
nella tecnica del puntinismo di Seurat.
La mia figura si stava dissolvendo in particelle elettriche dai
sapori impercettibili. Vedevo me stesso in piedi alla tastiera del
computer, teso e concentrato a concludere il lavoro. Restai un tempo
indefinibile nella luce bianca della pittura del soffitto
contemplando questo fenomeno di bilocazione con lo spazio che
diventava quadridimensionale. Nell'intensità cromo dinamica dello
straordinario scenario da ipercubo che si stava componendo, non
c'erano massa e gravità e le pareti diventarono cristalli, colorati
in giallo e vermiglio di un delicato pastello prima poi accesi con
tutta la rabbia del colore. Lo sguardo era tutto e come un occhio
onnipotente, attraversava la campagna illuminata nel verde di un
visore notturno e poi c'era il cielo immenso vuoto e profondo con il
suo spazio scuro senza stelle che sovrastava il parco buio e gelido
come il cuore di un cadavere. Il pavimento si lasciò attraversare e
raggiunsi una dimensione olografica della realtà. Spirali azzurrate
e stringhe eterotiche fluttuanti come increspature di luce nel
tessuto del tempo, erano corde vibranti dai sapori tesi di un vigore
ibrido. Il liquido che avevo bevuto con il suo gusto estremo, aveva
causato un mutamento strutturale ampliando facoltà chiaramente
occulte. Mentre in alto, restavo nel presente, appoggiato in piedi
al supporto ribaltabile del laboratorio a terminare la mia opera
sperando in un capolavoro degno di un aumento, in basso sembravo
seduto su una poltrona di pelle in un piccolo stanzino.
Un calendario da muro citava il 1940 ed ero sicuro di trovarmi al
piano inferiore della residenza dove si svolgevano le conferenze.
L'illuminazione era garantita dai crepitii elettrici per la gravità
statica e dai leggeri bagliori delle radiazioni ultraviolette dovute
al trasferimento.
Il ripostiglio della servitù dove ero finito, rivelava degli
scaffali di coperte, tovaglie ed attrezzi per le pulizie.
La mia consistenza era diafana e trasparente. Non mi riflettevo
negli specchi e avevo solo un contorno evanescente di luce
azzurrata. Attraversai la porta del ripostiglio e mi trovai in una
sala immensa. Stucchi al soffitto con ritratti ad ovale sulle porte,
lampadari di cristallo spenti ma tintinnanti per le gocce in vetro
di Murano sospese al vento della notte che proveniva dalle ampie
finestre. Ritratti appesi di nobili di altri tempi che mi fissavano
austeri e poi odalische nude adagiate su morbidi cuscini che
fissavano provocanti il visitatore. L'intera sala aveva dei tavoli
addossati alle pareti rivestite in legno, ricoperte di tovaglie
rosse dai bordi in pizzo. Al centro piccoli tavoli circolari con
drappi del medesimo colore, la dividevano da una libreria alta fino
al soffitto piena di volumi, che veniva riflessa dai numerosi
specchi di circa tre metri che moltiplicavano la luce di alte
candele come ceri da funzione liturgica. C'era anche un pianoforte a
muro chiuso con ai lati appliques spente, ma tutto intorno nell'aria
arrivava da lontano una musica di canti sommessi al suono di flauti,
che faceva risorgere dal silenzio sensazioni di piacevole attesa.
La luce si era fatta più evidente nell'architrave della porta
principale ed era apparsa una fanciulla nuda con un mantello nero
sulle spalle che lasciava intravedere il rosso della fodera. Era
sorridente e bella e bianca dove il nero era l'inchiostro di un
calamaio proibito. Alla testa di un gruppo di coetanee dagli sguardi
fissi segnava il passo. Il gruppo danzava e sembrava celebrare un
rito millenario per risvegliare desideri che la notte e l'oscurità
portano in sogno. Cercai di portarmi all'estremità della sala e di
nascondere i miei contorni luminescenti tra i panneggi delle tende
che ornavano le alte finestre. Le ragazze non erano sole ma seguite
da uomini in abiti scuri di buon taglio. Non sembravano vedermi e la
mia fisicità apparente poteva venire attraversata da sguardi ed
oggetti senza subire ferita. Due ragazze ogni dieci portavano alti
stendardi rossi con simboli massonici ricamati in oro che
oscillavano come bandiere al ritmo della danza che attraversava il
salone, in un girotondo gioioso di seni oscillanti e di gambe
snelle. Gli uomini si sedettero attorno ai tavolini al centro della
sala mentre intorno le giovani adolescenti continuavano a danzare.
L'orchestra dei flauti a sette canne erano le ultime sei ragazze che
suonavano ritmando sul posto, la danza delle compagne. Il lungo
tavolo e la sua superficie in legno pregiato, diventarono l'altare
per una rappresentazione pagana, sotto lo sguardo di una figura alta
ed intensa che doveva essere il proprietario. Il Veggente doveva
celebrare qualche rito a me sconosciuto e rimasi a guardarlo mentre
dirigeva la rappresentazione dal profumo dionisiaco, come un
sapiente regista. Osservava ammirato e compiaciuto, accarezzando due
fanciulle alte dai capelli neri, vestite da simbolici drappi
trasparenti. Le sue mani anziane ed esperte, praticavano languide
carezze sulle sporgenze tornite e disponibili. Lentamente la danza
arrivò alla sua conclusione fino a quando ad ogni tavolo due ragazze
erano accanto a ciascun membro.
Il soffitto trasparente continuava a rilevare la stanza al piano
superiore e la mia figura concentrata al computer nella luce
pulsante del viaggio temporale.
Nell'appartamento sottostante restavo spettatore di quel sabba
gioioso mentre il tempo viaggiava fermo in quella iper dimensione di
presente e passato. Le ragazze lasciarono cadere a terra i loro
mantelli ed appoggiarono gli stendardi alle pareti della sala e poi
con gli abiti, restarono a terra gli ultimi pudori. Rimasi a
guardare quello spettacolo dal vivo che andava con i suoi sospiri, a
sommergere l'ondata giocosa dei flauti che ritmava gli incontri
dalle molteplici posture. Il rito si stava concludendo per il lento
scandire dei ritmi della passione e della musica che sembrava
rallentare la scena per cercare di allontanare il momento
dell'estasi. Il mio orologio segnava sempre le tre di notte ma ore
sembravano trascorse. La stanza si stava svuotando e gli adoratori
del culto esoterico, andavano ricomponendosi nella serietà dei loro
abiti austeri. Le fanciulle restarono a giocare nude in una sala,
correndo a piedi nudi sulla superficie grigia di cenere che
ricopriva il pavimento come polvere di ali di angeli decaduti e la
luce del camino fiammeggiante coloriva i corpi di una passione
ardente ormai sopita. Gli uomini dopo essersi rivestiti restarono
seduti ai tavolini e cominciarono a bere da caraffe colorate in un
allegro convivio.
Il Veggente come un figlio del Sole, nudo e avvolto da una toga
rosso porpora, beveva e rideva partecipando con gusto alle
celebrazioni. L'estasi filosofica era un rito esoterico accessibile
a pochi. Segreto o incomunicabile al volgo. Metafisico perché si
sviluppava negli stati superiori della coscienza. Lo scopo era
unico: raggiungere la conoscenza, l'immortalità, la beatitudine, la
perfezione dove l'anima si immerge per sette eternità attraversando
la Nona Porta. Sic Luceat Lux. Mentre la celebrazione sembrava
giungere alla sua conclusione mi chiedevo dove si fosse nascosto il
professore. Non era all'estero per qualche viaggio di affari ma
sicuramente trasferito, in questa nuova dimensione. La casa era
grande ed il suono era la compagnia delle risa delle fanciulle ed il
brusio delle voci ed il tintinnio dei bicchieri. Dietro una porta si
sentiva un rumore come di legno contro legno e le grida soffocate di
una ragazza. La visione olografica della mia mente superò la
concentrazione degli atomi della porta e trovai il professore e
l'allieva in un gioco di incroci e di scambi che non aveva nulla di
culturale.
La tridimensionalità del vecchio che avevo riconosciuto da una foto
sullo scrittoio dello studio al piano superiore, aveva qualcosa di
brillante. Un alone selvaggio di luce che si irradiava in corpuscoli
luminescenti e aggrediva la stanza con contrasti di luce che
cangiavano il colore delle tappezzerie damascate. Ammirava se stesso
riflesso nello specchio della sala, mentre introduceva con violenza
quella parte turgida dal desiderio e dal viagra in orifizi ancora
incontaminati.
I suoi occhi saettavano demoniaci nella sua contemplazione.
I capelli grigi con una traccia di biondo erano radi e scompigliati
dallo sforzo ed il corpo accuratamente depilato imperlato da rivoli
di sudore. Con un sorriso di compiacimento ghignava beffardo mentre
accompagnava il movimento ritmico delle anche schiaffeggiando la
ragazza sul volto ed incitandola a non terminare precocemente
quell'estasi a lungo desiderata. La ragazza dal corpo sinuoso e
bianco come una lastra di ghiaccio caldo, cercava di divincolarsi e
di fuggire alla presa. Il professore si era fermato e con uno
schiaffo era riuscito a provocare un grido nella giovane, causando
l'apertura della bocca che ora veniva riempita da un desiderio caldo
e gelatinoso. Con un calcio l'allontanò da se e rimase a guardasi
esausto ma felice nello specchio. C'era riuscito. Era arrivato dove
voleva. In quella dimensione temporale delimitata dal cerchio di
luce, dove atomi impalpabili eccitavano lo stesso spazio, lasciando
sempre rinnovato nel tempo quel piacere che sarebbe andato perduto.
Il suo sguardo diventò più attento, non hai lamenti della ragazza
che non era abituata ad un simile trattamento, ma alla mia immagine
che si era delineata nello specchio. La mia improvvisa fisicità
dovuta al meccanismo di Higgs per cui le particelle acquisiscono
massa ed i miei abiti confortevoli, lo avevano fatto sussultare. Una
simile modernità era ancora lontana dalla mente degli stilisti di
quell'epoca. Raccolse i suoi vestiti appoggiati sulla sedia
spintonando la ragazza verso l'uscita. Mi rivolse un sorriso seccato
e con un cenno del capo mi invitò ad avvicinarmi. Era stupito della
mia presenza e che avessi scoperto il segreto della sua sparizione.
Gli raccontai degli eventi generati dal caso e da una notte di
lavoro, dove il caffè dalla sua curiosa miscela era diventato
l'elemento catalizzatore. Ci sedemmo entrambi esausti
dall'esperienza di una notte insonne. Nella cornice della fotografia
che aveva imprigionato poi nel plexiglass, aveva trovato le
indicazioni lasciate dal Veggente per trovare il volumetto di
ricette. Aveva seguito le sue indicazioni fino a trovare la giusta
miscela che consentiva di trasformare la mente umana in una macchina
del tempo e di proiettarla nel periodo voluto. Il periodo che aveva
scelto era il giorno della celebrazione di un rito massonico e
propiziatorio di quell'estate del 1940 che lo avrebbe messo sullo
stesso livello temporale del proprietario della villa. Ci aveva
messo un anno a costruire l'impianto utilizzando i fondi deviati da
una ricerca sperimentale e la scoperta della miscela di caffè aveva
fatto il resto. Esausto ma felice di quel selvaggio accoppiamento
aveva cercato di darmi una spiegazione scientifica della mia
presenza in quella dimensione, ma la mia cultura letteraria era
riuscita ad afferrare soltanto poche nozioni, al torrente di
informazioni scientifiche che era riuscito a trasmettermi tra un
respiro di affanno e l'altro.
La sola differenza tra i mondi dimensionali è la loro lunghezza
d'onda. Questa è la chiave dell'intero universo. Quello che faceva
questa miscela era innescare un processo per mutare con l'utilizzo
dell'anello laser, la lunghezza d'onda. Lo spazio è un pieno
continuo nel quale non è possibile esista il vuoto. Ogni volta che i
suoni o le immagini di un avvenimento colpiscono la materia vengono
trasformati in energia statica che possono in determinate condizioni
venire resuscitati e rivissuti.
Il Big Bang è stato l'origine non solo di questo universo ma anche
di tutti gli universi paralleli presenti in una diversa lunghezza
d'onda. Il Super universo è una sfera in espansione con al centro il
Big Bang. Le linee d'universo individuali si espandono in lunghezza
ed in larghezza irradiando a partire dal centro. Ogni singolo evento
su una linea d'universo ha infinite possibilità ed esiti. Nel
cercare di immaginare un super universo con infinite possibilità è
come una stanza con tanti specchi che riflettono altre stanze. La
macchina della distorsione temporale permette di uscire da quella in
cui ti trovi ed andare a quella accanto. La sorgente di energia che
permette di distorcere la gravità deriva da due micro singolarità
create con un impianto circolare. L'evento duale degli orizzonti e
la loro massa viene manipolata iniettando elettroni sulla superficie
delle rispettive ergo sfere e questo procedimento viene garantito
dalle batterie di backup di una sottostazione al CERN che non
vengono utilizzate durante i normali esperimenti ma delle quali si
può accedere in maniera occulta grazie ad una autorizzazione
falsificata. La misurazione della divergenza della linea d'universo
è una osservazione variabile isolata nell'unità di distorsione come
un sonar di gravità che mantiene costante le variabili di campo.
L'unità di distorsione raggiunge il suo obiettivo di destinazione
usando dei sensori di gravità molto sensibili e orologi atomici.
Impostando una data, il sistema di controllo della sottostazione del
CERN gestisce il campo gravitazionale e consente di raggiungere le
coordinate prefissate. Il campo generato cattura le singolarità
all'interno di un potente acceleratore di circa un teraelettronvolt
di energia e la loro massa ed il loro movimento sono alterate per
calibrare la misura della ergosfera per il trasferimento cellulare.
Quello che viene creato nel nostro caso è un anello temporale in cui
siamo sospesi sempre nello stesso spazio tempo alterando la funzione
d'onda tridimensionale ed il principio antropico per cui noi viviamo
in quell'universo la cui struttura sia compatibile con la nostra
esistenza. In pratica erano sempre le tre del mattino di quella
notte di luglio del 1940 e gli unici che sembravano consci della
ripetitività degli eventi, eravamo io, il Veggente ed il Professore.
Gli altri diventavano semplici pedine da poter usare a nostro
piacimento.
Il Professore sembrava contento di poter parlare con qualcuno di
familiare e mi chiese se avevo conosciuto la sua studentessa dai
capelli rossi. Fece degli apprezzamenti così toccanti che mi fecero
capire che non era solo abile sui libri di fisica ma anche nei
giochi sadomaso. La porta della sala si aprì e il Veggente che nel
frattempo aveva indossato degli abiti più adatti al suo ruolo, entrò
nella stanza. Il Professore fece le presentazioni e spiegò la mia
presenza inopportuna. Il Veggente non sembrava infastidito, ma
felice di poter condividere con me quella esperienza di una vita
immortale. L'idea di rivivere all'infinito quell'evento non mi
rendeva particolarmente felice. Il professore aveva programmato un
anello laser che garantiva a chiunque avesse attraversato la stanza
di restare per sempre in quella brana di sospensione temporale. Ero
dunque sparito completamente dalla mia dimensione e non vi avrei
fatto più ritorno o esisteva la possibilità di ritornare al mio
lavoro e di rivedere le stelle? <Da quanto tempo è che va avanti
questa storia?> gli chiesi. <Da circa un mese.> Rispose affabile.
<Quindi è da un mese che si ripete sempre la stessa festa e da che
ora a che ora?> < Da mezzanotte fino alle sei del mattino poi tutto
ricomincia da capo. Naturalmente c'è la possibilità di apportare
delle variabili pur rimanendo nella stessa costante spazio
temporale.> Aggiunse il Professore pettinandosi la chioma di un
biondo spento. <Se non avessimo programmato questo incontro sarei
dovuto morire il prossimo mese di un male incurabile.> Continuò il
Veggente cercando di spiegare la situazione. <Ho scelto questo
momento sapendo che i gusti del Professore coincidevano con i miei!>
Era tutto molto chiaro adesso ma mi stavo chiedendo come avrei fatto
ad uscire da quella situazione abbastanza spiacevole. <Cerca di
vederne i lati positivi.> Mi disse il Professore. <Puoi sempre
divertirti quanto ti pare senza dover rendere conto a nessuno. Gli
altri non sanno di questa loro condizione e possiamo manipolarli
come vogliamo.> Per lui era un gioco e doveva anche essere l'unica
soluzione ad una realtà che lo aveva emarginato per sempre con lo
scandalo sessuale.< In questa dimensione temporale possiamo
comportarci normalmente mangiando e bevendo o non è necessario?>
Chiesi cercando di razionalizzare. <Puoi fare quello che vuoi.> Mi
rispose il Veggente con un sorriso cercando di portarmi dalla loro
parte. Mi era venuta fame così decisi di recarmi in cucina per fare
uno spuntino. <Io vado a mangiare qualcosa.> Dissi alzandomi. <Voi
continuate pure il vostro festino.> I due sembravano molto contenti
della mia risposta e mi invitarono a partecipare. Li ringraziai
scusandomi e mi diressi alle cucine della villa.
Due ragazze nude stavano rincorrendosi tra loro lanciando acute
grida di divertimento.
La cucina era ampia. Padelle e casseruole erano appese vicino al
forno ed una superficie di marmo lucido faceva da bancone. Seduta
sul lavandino una ragazza nuda stava mangiando un frutto con fare
sbarazzino. Mi diressi al frigo ignorandola come se fosse fatta di
materia oscura. Mi salutò con un cenno della mano e mi invitò a
gustare dell'uva. Rifiutai ed aperto il grosso frigo trovai
all'interno tutto il necessario per aumentare il mio colesterolo.
Ma in quella dimensione sarei potuto ingrassare? Tirai fuori un
piatto di cacciagione già cominciata e mi sedetti al tavolo della
servitù mentre la ragazza continuava a guardarmi. Era molto carina
con quel bel corpo magro dai seni sodi e dalle lunghe gambe. Mangiai
alcune fette di carne mentre la guardavo con compiaciuta insistenza.
Non sembrava rendersi conto della situazione e del mio abbigliamento
eccessivamente moderno. Arrivò un'altra ragazza bionda e minuta e si
diresse verso la caraffa d'acqua bevendo dei lunghi sorsi.
Mi sentivo sazio e felice. Mi alzai e guardai le due fanciulle nude
che mi stavano sorridendo. Il mio orologio da polso segnava sempre
le tre di notte. Ero stanco, frastornato dal loro profumo ormonale e
piuttosto eccitato.
Le ragazze mi guardarono ammiccanti. Poi più che il dolore della
separazione dal mio mondo poté il digiuno.
Dovevano essere passate delle ore o forse dei minuti o forse mi ero
semplicemente spento dopo l'accoppiamento inusitato. Non mi era dato
saperlo data l'inutilità del mio orologio digitale.
La pendola dell'anticamera segnava invece la mezzanotte e di
conseguenza il rito avrebbe dovuto ricominciare. Mi diressi
nell'ampia sala e vidi arrivare la folla delle ragazze e dei
gentiluomini con tanto di frac e cilindro. Il Veggente ed il
Professore li stavano ricevendo con esagerata cortesia. <Ti sei
divertito in cucina? Com'era la selvaggina?> Mi chiese ammiccando il
Professore che salutava palpeggiando le ragazze che si sottraevano
alle sue carezze lascive ridendo sguaiatamente. <Devo dire di aver
fatto un pasto completo.> Risposi sorridendo e cercando di reggergli
il gioco. Salutai anch'io i gentiluomini ritirando cappelli e
cappotti come se fossi della servitù. Il Veggente stava dando delle
disposizioni alle ragazze invitandole a spogliarsi nel vestibolo.
Il rito della Mors Osculi o bacio della morte avrebbe avuto inizio
tra poco. Il Professore intratteneva i fratres Lucis facendo battute
piccanti ed invitando i signori ad entrare in sala in attesa delle
ragazze. Le suonatrici del flauto di Pan cominciarono i loro
esercizi di riscaldamento mentre le danzatrici indossavano nude i
mantelli di color nero e porpora. Non mi rendevo ancora conto delle
variabili che avevano messo in atto i due satiri ma la mia
sensazione era che il rituale si stava sempre di più concentrando
verso gli accoppiamenti sessuali che sul significato massonico
dell'evento. Li lasciai ai loro divertimenti e mi recai nella stanza
dove mi ero trasferito dal piano superiore in questo tempo
circolare. Avevo lasciato il portatile sulla sedia e volevo vedere
se per pura follia continuava a funzionare. Attraversai la sala
principale ancora illuminata di corrente elettrica, mentre alcuni
signori in frac avevano cominciato l'accensione delle candele.
Entrai nello stanzino afferrai il computer, mi sedetti e lo accesi.
Era partito grazie alla batteria che segnava una ricarica completa
ma il segnale di Microsoft Edge non dava alcun collegamento.
I flauti avevano cominciato a suonare la danza degli incontri per
l'estasi filosofica e di conseguenza avevo del tempo da dedicare per
trovare una soluzione. Uscito dallo stanzino vidi arrivare la prima
ragazza nuda che non sembrava vedermi. Prima del rito erano state
tutte drogate con una mistura di secrezioni sessuali ed allucinogeni
chiamata Amrita. Attraversai il gruppo delle danzatrici, mentre
fuori dalla sala i gentiluomini in silenzio, aspettavano ansiosi il
momento del loro ingresso per partecipare alla messa rossa. Salutai
con un cenno il Professore ed il Veggente che vedevo molto contenti
di ritornare alla loro principale occupazione. Vagai per le sale
ampie e spaziose e completamente deserte, fino a quando scorsi un
ampio scalone che conduceva al piano superiore. A metà della scala
c'era un intenso bagliore di luce liquida vibrante che rifletteva la
sala come uno specchio distorto. Mi avvicinai indisturbato e mi
sedetti con il portatile su uno dei gradini. C'era come un doppio
riflesso. Il muro di luce opaca non poteva essere valicato ma potevo
attraversare la prima cornice vibrante. Non potevo andare al piano
superiore. Non potevo ritornare al mio tempo e mi chiedevo quanto
ancora avrebbe fatto effetto la miscela di caffè sul mio organismo.
Mentre ero perso in quella triste meditazione scorsi ai piedi della
cornice di luce vibrante una presa elettrica. Il mio computer era
dotato di una spina universale così effettuai il collegamento ed
accesi il portatile. Sentii un grido. Non era di piacere e di
felicità ma sembrava quello di un animale ferito. Lasciai il
computer inserito e lo abbandonai temporaneamente. Le grida
arrivavano da una delle stanze ed erano veramente strazianti. La
porta della sala era chiusa così la buttai giù con un calcio. Il
Professore era nudo e stava inchiodando una delle ragazze sul tavolo
in mogano dopo averla legata. Aveva uno sguardo bestiale. Quando
entrai stava per iniziare a sistemare i piedi in modo da consentire
una posizione definitivamente stabile per il futuro accoppiamento.
Lo colpii al viso poi ficcai un fazzoletto da tasca nella bocca
della ragazza per cercare di avere un po' di silenzio.
Il vecchio sembrava sorpreso. <Ma che diavolo ti prende! Ti rendi
conto che fra qualche ora sarà tornata come prima!> Tornai a
zittirlo poi cercai qualcosa per poter far leva sui chiodi e
liberare la ragazza. <Non pensa di aver superato il limite? Dove
vuole arrivare?> Mi guardò fisso con uno sguardo terribile. <Da
nessuna parte. Sono già dove voglio essere e prima o poi anche tu
dovrai adattarti!> Si era alzato ed era uscito nudo dalla stanza.
Avevo liberato la ragazza facendo leva con una posata di robusto
argento e le stavo bendando le mani con dei tovaglioli. La poverina
mi guardava come un animale ferito e le scariche di adrenalina
avevano ormai superato l'influenza delle droghe che avrebbero dovuta
tenerla docile e remissiva. La portai in braccio in una delle camere
da letto dopo averla stordita con una bottiglia di brandy. Uscito
dalla stanza guardai il portatile sempre acceso e collegato alla
presa, in tempo per sentire le grida festose delle ragazze
tramutarsi in urla di paura e di dolore. In fondo al corridoio la
luce crepitava di bagliori e le grida avevano sostituito i canti
cerimoniali. Mi avvicinai lentamente alla sala ed alla sua luce
fiammeggiante. Volevo scappare ma non riuscivo a muovermi.
Lentamente avanzai e nell'architrave della porta cominciarono ad
arrivare al mio cervello le prime inquadrature. Lo sguardo stentava
a mettere a fuoco la pira che consumava con una fiamma selvaggia il
corpo di una delle fanciulle, mentre le altre in preda al terrore,
correvano nude inseguite da uomini nudi ed armati di coltelli e
bastoni.
Il Veggente ed il Professore erano in disparte coperti di sangue ed
osservavano con compiacimento, l'orgia di sesso e di dolore che si
stava consumando. Gli uomini dopo aver terminato il rito, avevano
ricevuto l'ordine di eliminare le ragazze ed ognuno stava dando
libero sfogo alla sua fantasia. Nella stanza c'era un forte odore di
carne bruciata che l'incenso non poteva più soffocare. Il pavimento
in legno era intriso di sangue ed anche le pareti presentavano
schizzi arteriosi.
Solo il soffitto con il suo cupo biancore stendeva un sudario di
dolore sui resti delle povere fanciulle. Restai a guardare la scena
per un tempo incalcolabile e provai orrore per quel mondo in cui il
forte per la sua brama di potenza, di ricchezza e di piacere
sessuale aveva diritto a ridurre ad un oggetto il più debole. Stavo
sprofondando in un circuito temporale eterno senza più memoria,
senza più colpa, senza più morale ed etica, dove la parola uomo o
belva assumeva lo stesso significato.
La pendola della sala segnava le ore sei. Mi sentivo stordito con la
vista annebbiata. Poi fu un bagliore bianco ed i piccoli globi di
luce azzurrata tornarono a formare l'immagine della sala del rito,
spoglia e vuota nella penombra. Ora la pendola segnava di nuovo la
mezzanotte. La palingenesi dell'anello laser avrebbe generato di
nuovo l'evento della iniziazione della Mors Osculi. <Devi cercare
anche tu di divertirti.> Disse il Professore battendomi una mano
sulla spalla. <Ricordati che non puoi andare da nessuna parte.> Mi
sorrise allegro nel suo abito scuro ed in compagnia del Veggente,
tornò a ricevere gli ospiti che stavano arrivando. Gli uomini erano
tornati a salutare e le ragazze festose a prepararsi per la
cerimonia. Chiesi al Professore quanto sarebbe durato l'effetto
della miscela e lui mi rispose con un sorriso sardonico che
l'effetto sulle mie molecole era permanente e fino a quando il
generatore di campo fosse stato acceso non sarei potuto tornare nel
mio mondo. Il Veggente mi sorrise e mi invitò, se non ero
interessato alle celebrazioni orgiastiche, ad usufruire dell'ampia e
fornita biblioteca che avrei trovato poche stanze più avanti o della
cucina con il suo frigo sempre pieno di gustose pietanze. Ringraziai
entrambi e con una scusa mi diressi al portatile che avevo lasciato
alla parete di luce liquida a metà delle scale. Avevo freddo e mi
sentivo stanco non tanto fisicamente perché ad ogni riapertura del
cerchio tornavo come prima, ma per l'esperienza mentale che si
imprigionava nella mia memoria olografica aumentando la mia
solitudine. Mi sedetti sulle scale e cercai di effettuare un
collegamento Internet ma la frase “non sei connesso ed il Web non é
lo stesso senza di te” si congelava sul desktop colorato che
presentava una foto della mia attrice preferita sorridente e
gioiosa. Ma non c'era alcuna gioia in quel luogo. Solo un dolore
pulsante alle tempie per quella oscurità prolungata dei sentimenti e
del cuore. Per quell'abisso immenso e vuoto che sembrava tornare
all'infinito dove ogni desiderio sembrava diventato possibile.
Il collegamento si verificò inspiegabile alle tre di una notte.
La pagina di Google si era materializzata. I colori erano nitidi e
non sembravano esserci dei rallentamenti. Cercai l'indirizzo email
che aveva all'università la ragazza dai capelli rossi e lo trovai
nell'elenco che avevo sul mio sito di posta elettronica.
Le ho inviato questo racconto al sito lindapa@unimi.it.
Essendo una blogger accanita forse riuscirò a trovarla on line nel
campus della sua Università.
Ho scritto anche al sito del Cern, Ti.Operation@cern.ch per avvisare
i supervisori di fare un controllo sui picchi improvvisi di energia
che si possono verificare dopo la mezzanotte.
Ho inviato alla segreteria del caffè Moak questo racconto per
sospendere la produzione della miscela Krono i cui componenti sono
da loro prodotti, prima che finisca nei supermercati.
Se leggete questo scritto dovete avvertire le Autorità di Pubblica
Sicurezza di venire qui a Meyrin a spegnere l'interruttore generale
della corrente elettrica per far cessare tutto e per farmi tornare a
casa.
La chiave della porta del laboratorio è nella mia tasca ma il
Professore mi ha assicurato che basta interrompere l'energia per
causarne l'apertura. Potete controllare la mia identità temporanea
di lavoratore a Progetto scrivendo al cesnur_to@virgilio.it.
Chiedete del Bibliotecario Luca che potrà garantire la mia seria
professionalità e la fede sincera del mio cuore.
Qui sono sempre le tre del mattino e tutto ricomincia come un nuovo
inizio. Ho cercato di salvare alcune delle ragazze da un supplizio
orribile ma tutto sembra inutile.
Sono stanco ed ho paura di non poter resistere.
Ho evitato che le ragazze venissero drogate ma dopo un breve
conflitto sono diventate comunque prede degli uomini in nero.
Ho provato a convincere gli uomini della sconsideratezza di quella
celebrazione ma né il ricorso ad una morale sociale né quello ad una
autorità religiosa o all'Onnipotente hanno sortito alcun effetto.
Basta che avvertiate l'Autorità costituita e tutto questo sarà stato
solo un lungo incubo.
La batteria si sta scaricando e non sono sicuro di avere abbastanza
energia per inviare questo racconto.
Ogni notte alle tre sono qui, seduto ai piedi della scala, vicino
alla luce in attesa del trasferimento.
Dovete solo interrompere il generatore di corrente elettrica!
Aiutatemi a tornare a casa!
Aiutatemi a tornare al Purgatorio della mia vita quotidiana prima
che l'Inferno di questa dimensione mi porti via per sempre.
Il Ricercatore a Progetto.

N.B.
Il racconto è frutto di fantasia e persone, cose, fatti o luoghi sono pura invenzione. Forse!

Ugo P. Il Redattore

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