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VOCI DAL NOVECENTO

LO SGUARDO TOTALIZZANTE DELLA FILOSOFIA:


GIOVANNI GENTILE E LA SCIENZA
(Giacomo Borbone)

chi, volendo filosofare, rifugge dallidealismo,


come chi volesse camminare senza muoversi
Giovanni Gentile

Introduzione

In questo lavoro analizzeremo gli aspetti principali della rifles-


sione gentiliana sul rapporto tra filosofia e scienza, per un motivo
molto semplice: Giovanni Gentile (1875-1944) ha fornito unimma-
gine della scienza del tutto compatibile con alcune delle pi mature
riflessioni dellepistemologia contemporanea (seppur imbrigliata
nelle dande di un idealismo attuale troppo assolutizzante).
In effetti, lattualismo gentiliano stato uno dei pi potenti tentativi
di assolutizzazione della filosofia di cui lumanit sia stata capace1, ma
al contempo tale filosofia si dimostrata troppo onnivora. Non pen-
siamo che tutto lo scibile umano possa essere risolto allinterno della
filosofia e, sempre in questo frangente, non pensiamo che la vastissima
ricchezza della scienza possa essere considerata, in guisa riduttiva, solo
un momento dialettico-speculativo della pura indagine filosofica.

1
Non dello stesso avviso Emanuele Severino, secondo il quale, proprio per una
corretta interpretazione del pensiero gentiliano, necessario abbandonare ogni
lettura assolutistica dellattualismo. Secondo il filosofo bresciano, che si muove
allinterno della sua riflessione sugli immutabili, Gentile cerca, per lappunto,
di distruggere gli assoluti i quali renderebbero impossibile levidenza suprema,
cio il divenire. In realt, Gentile riduce tutta la conoscenza a filosofia, assolu-
tizzando questultima e ritenendola, pertanto, la fonte di ogni vera conoscen-
za. Sullinterpretazione severiniana della filosofia di Gentile cfr. E. Severino,
Giovanni Gentile distruttore degli assoluti, in Aa. Vv., Giovanni Gentile. La
filosofia, la politica, lorganizzazione della cultura, Atti del convegno di studi
organizzato dal Comune di Roma nel cinquantenario della morte di Giovanni
Gentile, Roma 21-22 maggio 1994, Venezia, Marsilio, 1995, pp. 57-59.
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Siamo, invece, inclini a ritenere, sulla scia di Ludovico Geymonat


(1908-1991), che pensiero filosofico e pensiero scientifico, non sono
affatto in antitesi luno con laltro, ma sono due facce della medesima
razionalit che faticosamente si fa strada nella storia delluomo2.
Giovanni Gentile, invece, aveva una particolare vocazione a re-
legare tutto lo scibile umano, compresa la scienza, nello sguardo
totalizzante della filosofia, provocando di fatto (e nello specifico)
una scissione che aveva come naturale conseguenza la riduzione
della scienza ad ancella della filosofia. Non a caso, nelle pagine ini-
ziali del suo Sistema di logica, il filosofo di Castelvetrano ebbe ad
affermare che le scienze particolari si distinguono dalla filosofia
appunto per questo, che esse sono particolari, laddove la filosofia
stata sempre la scienza universale3.
Non ci sentiamo di condividere la, sia pur originale, impostazio-
ne gentiliana, ma non ci sentiamo neanche di condannarla in toto,
dato che, a nostro avviso, il filosofo di Castelvetrano colse un aspet-
to essenziale della scienza che sfugg a tanta epistemologia del No-
vecento (salvo eccezioni).
In effetti, come cercheremo di dimostrare nel corso del presente
lavoro, la concezione gentiliana della scienza, seppur filtrata attra-
verso le lenti dellidealismo attuale, era perfettamente in grado di
competere con le pi mature riflessioni sulla scienza che allepoca
trovavano sbocco nellEuropa dinizio Novecento, anche se un ren-
dez-vous con gli scienziati e con gli epistemologi (soprattutto italia-
ni) non avvenne mai, essendo il filosofo di Castelvetrano totalmente
assorbito dal suo progetto di riforma culturale nazionale (senza per
questo voler condannare Gentile ed assolvere la controparte, avendo
anche questultima molte colpe sulla coscienza)4.

2
L. Geymonat, Introduzione a Id., Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. I,
Lantichit-Il medioevo, Milano, Garzanti, 1977, p. 17.
3
G. Gentile, Sistema di logica come teoria del conoscere, (Scritti filosofici, vol. IV),
vol. I, Bari, Laterza, 1922, p. 6.
4
Sul rapporto tra filosofia e scienza in Italia, con un particolare approccio storico-
speculativo, cfr. la premessa di A. Escher Di Stefano al suo volume Storicismo,
Spiritualismo, Ermeneutica, vol. II, Storicismo epistemologico e storicismo
marxista, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003, pp. 11-94. In questo fran-
gente si veda anche il seguente volume: A. Guerraggio - P. Nastasi (a cura di),
6
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Lenucleazione dei principali temi della riflessione gentiliana


sulla scienza dovr certamente intrecciarsi con alcune tematiche
squisitamente filosofiche, se non altro perch Gentile si approccia
alla scienza avendo in mente sempre lattualismo. Non a caso, lio
che vien facendo s stesso, il problema della prassi umana, le sue
giovanili critiche al marxismo, ecc., sono tutti temi squisitamente
filosofici ma al contempo essenziali per una corretta comprensione
dellidea gentiliana di scienza.
Lanalisi di tale tematica implica la necessaria contestualizzazio-
ne storico-filosofica dellattualismo, ovvero una filosofia sorta in un
costante confronto con la dialettica dei distinti di Benedetto Croce
(1866-1952), con il quale condivideva le critiche tanto al positivi-
smo quanto al marxismo, per favorire la cosiddetta rinascita delli-
dealismo; ma non essendo questo il luogo per una tale ricostruzione,
ci limiteremo solamente allanalisi di alcuni temi filosofici utili per
la comprensione dellidea gentiliana di scienza.

Dallio trascendentale alla prassi marxiana

Scopo primario della speculazione gentiliana il superamento


del dualismo kantiano il quale, notoriamente, non andava oltre la
distinzione tra fenomeno e noumeno; Immauel Kant (1724-1804),
ponendo in essere tale distinzione, finiva col sostenere un realismo
gnoseologico che presupponeva una realt esterna gi data al sog-
getto pensante, e che Gentile non avrebbe mai potuto accettare.
Questa posizione equivaleva, nella sostanza, ad un ingenuo
concetto della realt da intendersi come qualche cosa di opposto
allo spirito5; non a caso, il filosofo di Castelvetrano individua il

Gentile e i matematici italiani. Lettere 1907-1943, Torino, Bollati Boringhieri,


1993. Per uno sguardo dinsieme del pensiero di Gentile si vedano invece i se-
guenti lavori di carattere generale: Aa. Vv., Giovanni Gentile. La vita e il pen-
siero, a cura della Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici, 14 voll.,
Firenze, Sansoni, 1948-1972; A. Negri, Giovanni Gentile, 2 voll., Firenze, La
Nuova Italia, 1975; A. Lo Schiavo, Introduzione a Gentile, Roma-Bari, Laterza,
1974 e G. Brianese, Invito al pensiero di Gentile, Milano, Mursia, 1996.
5
G. Gentile, Recensione a F. Enriques, Problemi della scienza, Zanichelli, Bologna,
1906, in La Critica, vol. 6, 1908, p. 444.
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fulcro della filosofia kantiana proprio nella sintesi a priori e nel ruolo
in essa assunto dallIo penso.
Egli scorge nellio trascendentale kantiano un aspetto di immen-
sa portata filosofica dal quale bisognava necessariamente partire ma,
a detta di Gentile, il filosofo di Knigsberg fu reo di non aver portato
alle sue estreme conseguenze i risvolti filosofici dellIo penso6.
Del resto, Gentile risolve tutta la realt nel pensiero e sebbene
Kant avesse cercato, come nessuno prima di lui, di porre in luce il
ruolo attivo del pensiero, secondo Gentile questi non riusc nel suo
intento poich rinchiuso negli angusti limiti di un dualismo trincera-
to nella diade fenomeno-noumeno7.
Non a caso Gentile, a proposito di Kant, scrisse che questultimo

[] bifronte come Giano; se guardate alla cosa in s al dualismo


della conoscenza e della realt, Kant fenomenista ed scettico. Ma
Kant ha unaltra faccia, che quella in cui saffiss chi dopo di lui
fece progredire il pensiero filosofico, e diede quindi il vero valore
alla filosofia kantiana nella storia del pensiero. Kant, volere o non
volere, fonda il nuovo concetto delloggetto, come produzione dello
spirito, e trasforma profondamente il concetto della fenomenalit.
Il suo fenomeno oggettivo, la necessaria soggettivit del reale.
Kant lautore della famosa rivoluzione eliocentrica dellessere e
del pensiero. Egli parte dalla scienza e arriva al fenomeno; non va

6
Com noto, fu il maestro di Gentile Donato Jaja (1839-1914) ad incitarlo allo
studio di Kant, come si evince anche dal carteggio tra i due (cfr. G. Gentile - D.
Jaja, Carteggio, 2 voll., Firenze, Sansoni, 1969), ma anche vero che nono-
stante tale suggerimento lapprofondimento della problematica speculativa del
kantismo, e il suo collegamento essenziale con il problema storiografico della
filosofia italiana a lui contemporanea, discendeva da una pi attenta e personale
meditazione degli scritti di Spaventa, R. Faraone, Kant e la filosofia italiana
del Risorgimento nellinterpretazione di Giovanni Gentile, in P. Di Giovanni (a
cura di), Giovanni Gentile. La filosofia italiana tra idealismo e anti-idealismo,
Milano, Franco Angeli, 2003, p. 61.
7
Gi nel suo lavoro su Antonio Rosmini (1797-1855) e Vincenzo Gioberti (1801-
1852) il Nostro, nel tentativo di superare il dualismo kantiano, gettava le basi
dellattualismo, ritenendo lidea come la realt stessa e il pensiero pertanto
come lo stesso principio dellessere, G. Gentile, Rosmini e Gioberti. Saggio
storico sulla filosofia italiana del Risorgimento (Opere complete vol. XXV),
Firenze, Sansoni, 1958, p. 81.
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dal fenomeno alla scienza, e perci la sua conclusione non pu es-


sere logicamente lo scetticismo, ma la soggettivit della realt;
ossia lidealismo8.

proprio dallio trascendentale kantiano che bisogna partire per


comprendere larco di volta dellattualismo gentiliano e cio il con-
cetto di prassi. Gentile, lungi dallaver inferto un colpo mortale al
materialismo marxiano, in realt ne metabolizz il concetto di prassi
che tanta parte esercit sullidealismo attuale.
Ma partiamo da Kant.
Per il filosofo di Knigsberg lIo penso una proposizione em-
pirica, cio

esprime unintuizione empirica indeterminata, cio una percezio-


ne, [] ma precede lesperienza, che deve determinare loggetto
della percezione mediante la categoria rispetto al tempo; e lesi-
stenza non ancora qui una categoria, come quella che si riferisce,
non a un oggetto dato indeterminato, sibbene a un oggetto tale,
di cui si ha un concetto, di cui si vuol sapere se sia anche posto
fuori di questo concetto, o no. Una percezione indeterminata qui
significa soltanto qualcosa di reale, che dato, solo per il pensiero
in generale; quindi non come fenomeno, e neppure come cosa in
(noumeno), ma come qualcosa che esiste in realt, e che, nella
proposizione Io penso designato come tale. Giacch bisogna
notare che, se io ho detto empirica la proposizione Io penso, con
ci non voglio dire che lIo in questa proposizione sia una rappre-
sentazione empirica; che anzi essa una rappresentazione intel-
lettuale pura, poich appartiene al pensiero in generale. Ma, senza
una rappresentazione empirica qual sia, che fornisca la materia al
pensiero latto: Io penso, non potrebbe aver luogo; e lempirico
non se non la condizione dellapplicazione o delluso della facol-
t intellettuale pura9.

8
Id., La teoria della conoscenza del Martinetti, in Id., Saggi critici. Serie prima,
Napoli, Ricciardi, 1921, p. 182. Cfr. anche G. Gentile, Fenomeni e noumeni
nella filosofia di Kant, in La Critica, vol. 2, 1904, pp. 417-424.
9
I. Kant, Critica della ragion pura, trad. it. di G. Gentile e L. Lombardo-Radice,
Roma-Bari, Laterza, 1996, p. 274 nota.
9
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Quindi Kant, in antitesi al cogito ergo sum di Ren Descartes


(1596-1650)10, considera lIo penso come la condizione oggettiva
della conoscenza degli oggetti, in quanto esso, con la sua attivit
unificatrice, funge da legislatore della natura e non come suo crea-
tore. Ci significa che sebbene lIo penso funga da mediatore sinte-
tico, tuttavia la sua attivit o, come la chiama Kant, spontaneit, sar
sempre limitata dalla (e alla) conoscenza fenomenica; pertanto lIo
penso kantiano finito.
Gentile cerca di portare alle sue estreme conseguenze ci che
Kant aveva lasciato incompiuto11, cio trasformare lIo trascenden-
tale in un Io infinito dal quale tutto sgorga, ponendosi, in tal fatta,
in continuit con lasse Vico-Fichte-Hegel. Infatti da Giambattista
Vico (1668-1744) eredita il principio del verum et factum conver-
tuntur (laddove vero e fatto si traducono nella prassi trasformatrice
del soggetto, quindi: verum et fieri convertuntur), da Johann Got-
tlieb Fichte (1762-1814) la filosofia della prassi, mentre da Georg
Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) eredita la dialettica che gli
permette di pensare il divenire senza ipostatizzarlo (dialettica che
Gentile riformer, come vedremo pi avanti).
Ma il tentativo gentiliano di rendere infinito il concetto kantiano
di Io trascendentale lo si trova gi nella Dottrina della scienza di
Fichte, laddove questultimo pose le basi per una filosofia della pras-
si ereditata (anche se mai esplicitamente rivendicata) tanto da Karl
Marx (1818-1883) quanto da Gentile12.

10
Afferma Kant: La coscienza di me stesso (apperceptio) latto del soggetto di
fare di s stesso un oggetto, ed puramente logica (sum), senza determinazione
delloggetto (apprehensio simplex). Il pensiero, la rappresentazione di me stesso
con coscienza, precede ogni giudizio. Non posso dire Penso, dunque sono (co-
gito, ergo sum), e non procedo nella conoscenza grazie a tale rappresentazione,
ma, se essa deve fornire un giudizio, (io sono pensante) si tratta di un giudizio
identico, non progressivo, Id., Opus postumum. Passaggio dai principi me-
tafisici della scienza della natura alla fisica, a cura di V. Mathieu, Bologna,
Zanichelli, 1963, p. 299.
11
A proposito dellIo nella speculazione gentiliana si veda A. Negri, Lattualismo
gentiliano e il destino dellIo, in Idee, nn. 28-29, 1995, pp. 11-32.
12
In effetti, Roger W. Holmes, in un suo lavoro sullidealismo gentiliano, not per-
fettamente la concordanza di fondo tra la filosofia della prassi fichtiana e quella
gentiliana, al punto da affermare che curioso che Gentile non faccia riferimento
10
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In maniera analoga alloperazione successivamente svolta da Genti-


le13, Fichte inizialmente riprende la tematica dellIo penso con un certo
entusiasmo, appunto perch il grande filosofo di Knigsberg aveva ri-
conosciuto nellio penso il principio supremo di tutta la conoscenza14.
Fichte formula, almeno inizialmente, qualcosa di analogo, rite-
nendo lIo non solo il principio della conoscenza astratta o forma-
le, ma anche di quella materiale (ovviamente in senso metaforico).
Stando cos le cose, Fichte giunge alla conclusione in base alla qua-
le lIo non pu essere finito ma infinito, distaccandosi radicalmen-
te dallIo penso kantiano. Tuttavia Fichte, che aveva ben in men-
te il problema, a suo dire rimasto insoluto, del noumeno (per Kant
pensabile ma non conoscibile), cerca di risolvere questo dualismo
mettendo in risalto in primo luogo lautocoscienza dellIo, espressa
dal ben noto principio di identit A=A. LIo, secondo Fichte, deve
porre s stesso, altrimenti non sarebbe possibile pensare alcunch,
in quanto non si pu pensare assolutamente nulla, senza pensare in
pari tempo il proprio Io, come cosciente di se stesso; non si pu mai
astrarre dalla propria autocoscienza15. Allo stesso tempo, c una
realt esterna che si pone di fronte allIo che Fichte, invece, deduce
da questultimo di modo che lIo pone anche il non-Io. In questa
relazione tra Io e non-Io viene a mancare lassolutezza dellIo pro-
prio perch questultimo si concretizza, si particolarizza nel non-Io

molto spesso a Fichte, per tutti i filosofi tedeschi Fichte il fratello spirituale di
Gentile a questi pi vicino, R.W. Holmes, The Idealism of Giovanni Gentile, New
York, The MacMillan Company, 1937, p. 4. Daltronde, ci che lascia perplessi
proprio la sproporzione esistente nei suoi [di Gentile] scritti tra i riferimenti alla
filosofia di Kant ed Hegel, assai numerosi ed espliciti, e quelli a Fichte e Schelling,
quasi inesistenti, M. Berlanda, Gentile e lipoteca kantiana. Linee di formazione
del primo attualismo (1893-1912), Milano, Vita e Pensiero, 2007, p. 150.
13
Ecco cosa scrive Gentile a proposito delloperazione svolta da Fichte: La conqui-
sta di Fichte quella del concetto dellIo come unit di Io e non-Io: ossia egli ha
il merito di avere approfondito il concetto kantiano della categoria mostrandone
la generazione, e dimostrando che lIo non pu pensare altro, se non pensando se
stesso come se stesso insieme ed altro: sintesi positiva degli opposti, G. Gentile,
Le origini della filosofia contemporanea in Italia: i neokantiani e gli hegeliani,
vol. III parte II (Opere complete, vol. XXXIV), Firenze, Le Lettere, 2003, p. 157.
14
N. Abbagnano, Storia della filosofia, vol. II, Torino, U.T.E.T., 1966, p. 47.
15
J.G. Fichte, Fondamenti della dottrina della scienza, trad. it. a cura di A. Tilgher,
Bari, Laterza, 1945, pp. 54-55.
11
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(cio una cosa finita). Come uscire allora da questa impasse? Secon-
do Fichte lIo oppone allio divisibile un non-io divisibile, quindi il
non-io, che si oppone allio-finito, viene riassorbito dallIo infinito
che lo pone16. Questo aspetto della filosofia fichtiana, cio lio che
vien facendo s stesso, sembra avere in effetti molte affinit con
la filosofia della prassi contenuta nelle marxiane Tesi su Feuerbach
(come anche collattualismo gentiliano).
La prassi gentilianamente intesa trova anchessa, al pari di quel-
la marxiana, le sue radici nella Dottrina della scienza di Fichte e
tale aspetto, anche se non del tutto esplicitato da Gentile, porter
questultimo a considerare Marx un idealista nato.
Questi temi vennero dal Nostro sviluppati in quello che possia-
mo considerare il primo vero lavoro filosofico gentiliano, cio La
filosofia di Marx17, al cui interno sono gi contenuti i germi tanto
dellattualismo quanto dellidea gentiliana di scienza.
La filosofia di Marx, pubblicata per la prima volta nel 1899 dalla
casa editrice Spoerri18 di Pisa, raccoglie due saggi intitolati, rispetti-
vamente, Una critica del materialismo storico19 e La filosofia della
prassi; i quali costituiscono, fuor di dubbio, unoriginalissima ri-
lettura della prassi marxiana in chiave idealistica20 (cosa alquanto
singolare se pensiamo al fatto che allepoca nessun marxista italiano
riusc a cogliere i temi idealistici della filosofia marxiana).

16
Cfr. Ibid., pp. 181-182.
17
Da questo punto in poi mi ispiro in parte a quanto gi scritto in G. Borbone,
La disputa sul materialismo storico. Origini e conseguenze del dibattito Croce-
Gentile sul marxismo, in I. Pozzoni (a cura di), Voci dallOttocento, vol. II, Vil-
lasanta, Limina Mentis, 2011, pp. 345-382.
18
Cfr. la prima edizione di questo scritto: G. Gentile, La filosofia di Marx, Pisa,
Spoerri, 1899.
19
Pubblicato per la prima volta nella rivista Studi storici, diretta da A. Crivellucci.
Cfr. G. Gentile, Una critica del materialismo storico, in Studi Storici, vol. VI,
1897, pp. 379-423.
20
A proposito del rapporto Gentile-Marx si vedano i seguenti lavori: E. Centineo,
Attualismo e marxismo, in Giornale Critico della Filosofia Italiana, vol. I,
1964, pp. 139-147; A.J. Gregor, Giovanni Gentile and the philosophy of the
young Marx, in Journal of History of Ideas, 1963, pp. 213-230; R. Fiorito,
La lettura gentiliana di Marx e Labriola, in Critica marxista, n. 6, 1967, pp.
141-151 e A. Tosel, Le Marx actualiste de Gentile et son destin, in Archives de
Philosophie, vol. LVI, 1993, pp. 561-572.
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Linterpretazione gentiliana del marxismo, in ogni caso, diver-


ge per molti aspetti da quella crociana, specialmente in relazione al
marxismo inteso quale filosofia della storia. Mentre per Benedetto
Croce21 il marxismo non era una filosofia della storia, anche perch
questultima secondo il filosofo abruzzese era impossibile, invece per
Gentile il marxismo ha il valore di una filosofia della storia22, intesa,
ovviamente, quale effettiva possibilit di fare previsioni scientifiche.
Gentile, la cui conoscenza filosofica del pensiero marxiano era
connotata da un maggiore spessore teoretico rispetto a quella crocia-
na, si avvicin al pensatore di Treviri in un modo differente rispetto
al filosofo abruzzese. Mentre, infatti, Croce ebbe modo di frequen-
tare personalmente il suo maestro e poi amico Antonio Labriola
(1843-1904), Gentile invece fu mosso da precise ragioni filosofiche
determinate dalla filosofia dellattualismo che Gentile stava nel con-
tempo elaborando mediante la sua riforma della dialettica hegeliana,
in quegli anni ancora in uno stato relativamente embrionale. In ef-
fetti, Giovanni Gentile, come ha scritto Gabriele Turi in una sua bio-
grafia dedicata al filosofo di Castelvetrano, alla ricerca del nesso
tra soggetto e oggetto sulla linea percorsa da Kant e quindi da Hegel
e dagli hegeliani, fino a Spaventa, non poteva non interrogarsi su
come la questione fosse stata posta da Marx, lhegeliano di sinistra
che anche in Italia, negli anni Novanta, era al centro dellattenzione
di tanti uomini politici e intellettuali di diverso orientamento, solle-
citati dal moto ascendente del socialismo23.
Il punto di partenza pi importante dellanalisi gentiliana del
marxismo verte proprio su questo punto, laddove il filosofo dellat-
tualismo scrive che bisogna perci esaminare un po pi accura-
tamente se il materialismo storico, formalisticamente considerato
(come interessa pel proposito nostro) possa e debba riputarsi una
filosofia della storia24. Gentile, oltre a fare riferimento alle (poche)

21
Cfr. B. Croce, Materialismo storico ed economia marxistica, Roma-Bari, Laterza, 1977.
22
Su questo punto cfr. G. Gentile, Il marxismo di Benedetto Croce, in Id., Fram-
menti di Storia della Filosofia (Opere complete, vol. LIII), Firenze, Le Lettere,
1999, pp. 217-221.
23
G. Turi, Giovanni Gentile. Una biografia, Torino, U.T.E.T., 2006, p. 57.
24
G. Gentile, Il materialismo storico nella dissertazione inedita del 1897, a cura
di I. Volpicelli, Roma, Armando, 1980, p. 80.
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opere disponibili di Marx ed Engels, fa anche ampio e costante rife-


rimento ai Saggi di Labriola; ed proprio nellanalisi di un passo del
Cassinate che Gentile si pone un interrogativo:

Ma chi non vede che qui si combatte quella falsa subbiettivit, del-
la quale un gran pezzo che la storia ha fatto piena giustizia? La
necessit del divenire storico, cos come il Labriola la significa e la
concepisce, chi non saccorge che appunto quella necessit sub-
biettiva che il Croce non vuole ammettere, e che d luogo alla pre-
visione dellavvenire? Quella necessit nel processo della storia,
in quanto noi la vediamo []25.

Secondo Gentile, quella necessit che nel processo della storia,


viene per lappunto ammessa esplicitamente dal Prof. Labriola26; in-
somma, Gentile fortemente convinto, come lo era Labriola, che il
marxismo sia una filosofia della storia. Secondo il filosofo di Castelve-
trano, quindi, la concezione di Marx non pu non essere una filosofia
della storia perch essa volta a precisare lessenza del processo sto-
rico e la natura dialettica di esso27. Su questo punto quanto mai si-
gnificativa una lettera di Gentile a Croce, laddove il primo cos scrive:

Quando il Labriola, volendo delimitare il significato di questaltro


modo di prevedere il futuro, offerto dalla sua dottrina, restringe il
suo concetto nella frase previsione morfologica, non ha detratto
nulla, secondo me, al carattere dogni previsione28.

Partito da tali premesse, Gentile afferma che nel materialismo


storico vanno distinti due aspetti, uno di carattere formale ed uno di
carattere contenutistico: per quanto concerne il primo aspetto egli
ritiene che Marx abbia ripreso la forma da Hegel per via della dia-
lettica, per quanto riguarda il contenuto, esso consiste nella mate-
ria contrapposta allidea di Hegel: Si fa un merito a Marx daver

25
Ibid., p. 84.
26
Ibid., p. 85.
27
U. Spirito, Il comunismo, Firenze, Sansoni, 1970, p. 85.
28
G. Gentile, Lettera a B. Croce, Pisa, 17 gennaio, 1897, in Id., Lettere a Benedetto
Croce, vol. I, Firenze, Sansoni, 1972, p. 23.
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VOCI DAL NOVECENTO

capito in ci seguendo Hegel che la storia umana un divenire


per processo di antitesi, e daver veduto in ci opponendosi ad
Hegel che non lIdea o che altro di astratto che si sviluppa dia-
letticamente, ma la societ stessa; cio la societ in quello che ha
in se stessa di essenziale ed originario, il fatto economico, dal qua-
le tutti i fenomeni sociali dipendono e derivano. Due cose bisogna
dunque distinguere nella dottrina storica di Marx: la prima, mutuata
da Hegel, che il procedimento dialettico; e la seconda, il contenuto
o soggetto di questo procedimento, che si contrappone a quello di
Hegel. Sicch due sono gli aspetti da cui va considerata la dottrina
medesima da chi voglia tentarne una valutazione teorica: laspetto
della forma, e laspetto del contenuto29. Gentile sembra pertanto
accettare il punto di vista di Marx; tuttavia, secondo il filosofo di
Castelvetrano, questultimo non intese a fondo lessenza del discor-
so hegeliano sui concetti di obiettivit ed immanenza, cos come
essi vengono specificati nella Fenomenologia dello Spirito e nella
Logica di Hegel. In questo caso Gentile afferma che lIdea, lungi
dallessere opposta alla realt , per Hegel, lessenza stessa del reale
[]. E la materia del materialismo storico, lungi dallessere esterna
ed opposta allIdea di Hegel, vi dentro compresa, anzi una cosa
medesima con essa30. Ecco perch, in un passo successivo, Gentile
afferma che se il materialismo storico vuole essere pi che una
semplice veduta metodologica, utile allo storiografo, considerato
dallaspetto filosofico ci riesce uno de pi sciagurati deviamenti del
pensiero hegeliano, in quanto riconduce ad una metafisica (scienza
necessaria ed assoluta) del reale, inteso come oggetto alla maniera
prekantiana; e, quel che pi, trascina alla concezione di una dialet-
tica, determinabile a priori, del relativo31.
In tal caso necessario ricorrere alla lettura gentiliana delle Tesi
su Feuerbach di Marx per meglio comprendere il discorso sul con-
cetto di praxis.
Oggettivamente Gentile centra in pieno il bersaglio quando affer-
ma che proprio nel concetto di prassi che sta la chiave di volta di

29
Id., La filosofia di Marx (Opere complete, vol. XXVIII), Firenze, Sansoni, 1958, p. 36.
30
Ibid., pp. 54-55.
31
Ibid., p. 58.
15
VOCI DAL NOVECENTO

questa costruzione filosofica32. Lanalisi di Gentile prende le mosse,


come gi specificato, dalla lettura delle Tesi di Marx, facendo rife-
rimento soprattutto alla prima. Leggiamo a tal proposito la tesi in
questione:

Il difetto principale di ogni materialismo fino ad oggi, compreso


quello di Feuerbach, che loggetto, il reale, il sensibile conce-
pito sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attivi-
t umana sensibile, come attivit pratica, non soggettivamente.
accaduto quindi che il lato attivo stato sviluppato dallidealismo
in contrasto col materialismo, ma solo in modo astratto, poich na-
turalmente lidealismo ignora lattivit reale, sensibile come tale33.

Prima di ulteriori analisi circa il contenuto del passo test citato


opportuno fare alcune precisazioni in merito alla traduzione del
termine oggetto; il termine oggetto, cui Marx fa riferimento, quel-
lo che in tedesco viene espresso in due modi, o col termine Objekt,
ovvero ci che sta di fronte al soggetto passivamente, senza che il
soggetto abbia qualche relazione con lo stesso, oppure col termine
Gegenstand, ovvero ci che il soggetto crea e pone davanti a s. Tale
distinzione fondamentale per capire la critica che Marx intende
muovere sia al vecchio materialismo sia allidealismo.
Fatte queste necessarie precisazioni, procediamo allinterpreta-
zione delle tesi marxiane proposta da Gentile. Questultimo, muo-
vendo proprio dalla lettura di questo scritto di Marx, inizia con una
serie di precisazioni circa lerrore in cui questi si sarebbe imbattuto.
Lerrore di Marx, secondo Gentile, consistette proprio nel rovesciare
la dialettica hegeliana; quindi, secondo il filosofo di Castelvetrano,
si tratta di rovesciare, in senso idealistico, il rovesciamento gi ope-
rato da Marx nei confronti di Hegel.

32
Ibid., p. 72. Analoghe considerazioni riguardanti linterpretazione gentiliana del
concetto marxiano di prassi sono contenute in D. Fusaro, Bentornato Marx!
Rinascita di un pensiero rivoluzionario, Milano, Bompiani, 2009, p. 101 nota,
laddove il giovane filosofo torinese definisce Gentile, e non a torto, come il pi
acuto e geniale critico di Marx.
33
K. Marx, Tesi su Feuerbach, in Id., Scritti filosofici-giovanili, Bergamo, Fabbri
Editori, 1998, p. 182.
16
VOCI DAL NOVECENTO

Giochi di parole a parte, Gentile infatti afferma che o il pensiero


, e pensa; o non pensa, e non pensiero. Se pensa fa. Dunque la
realt, loggettivit del pensiero, continua Gentile una conse-
guenza della sua natura stessa34; questa, secondo il filosofo sicilia-
no, una delle prime conseguenze del realismo marxista35. Come
gi scrisse Antonio Labriola, noi non possiamo renderci conto ade-
guatamente del pensiero, se non pensando in atto36. Quindi Gentile,
che riprender queste tesi nello scritto Latto del pensare come atto
puro e nella Teoria generale dello Spirito come Atto puro37, non in-
tende riferirsi allactus purus di Aristotele (384/383 a.C. - 322 a.C.)
e quindi ad un atto gi realizzato, bens allatto in fieri38. Successiva-
mente, tuttavia, Gentile afferma che Marx non fa se non sostituire
al pensiero la materia; ma una materia fornita della medesima attivi-
t, che una volta si ritenne privilegio del pensiero; e questa attivit si
studia di definire con gli stessi caratteri, perch, continua Gentile,
questi caratteri erano stati esattamente determinati da Hegel39.
Quindi la soluzione del problema, secondo il filosofo siciliano,
non pu che consistere in un ritorno ad Hegel, che un invera-
mento razionale del processo storico40. In buona sostanza, secondo
Gentile la massima aporia del materialismo storico consiste nel fatto
che Marx crede di capovolgere la dialettica hegeliana per renderla
concreta, per uninesatta interpretazione dellIdea hegeliana, conce-
pita platonicamente come trascendente, ignorando che, dopo Kant,
le trascendenze platoniche sono bandite dalla filosofia41. La realt,

34
G. Gentile, La filosofia di Marx, cit., p. 82.
35
Ibidem.
36
A. Labriola, Discorrendo di socialismo e di filosofia, in Id., Scritti filosofici e
politici, vol. II, a cura di F. Sbarberi, Torino, Einaudi, 1976, p. 770.
37
Cfr. G. Gentile, Teoria generale dello Spirito come Atto puro, Bari, Laterza,
1920 e Id., Latto del pensare come atto puro, Firenze, Sansoni, 1937, inseri-
to poi nel volume La riforma della dialettica hegeliana (Opere complete, vol.
XXVII), Firenze, Sansoni, 1954, pp. 183-195.
38
Sul rapporto tra atto aristotelico ed atto gentiliano si veda G. Sasso, Giovanni
Gentile: filosofo aristotelico o megarico?, in Id., La potenza e latto. Due saggi
su Giovanni Gentile, Firenze, La Nuova Italia, 1998, pp. 1-100.
39
G. Gentile, La filosofia di Marx, cit., p. 86.
40
Ibidem.
41
A. Bruno, Marxismo e idealismo italiano, Firenze, La Nuova Italia, 1979, p. 73.
17
VOCI DAL NOVECENTO

secondo Gentile, si risolve nel pensiero, ragion per cui la verit stes-
sa non esiste al di fuori delluomo ma interna alluomo stesso, os-
sia veritas habitat in interiore homine, tanto per mutuare un concetto
gi espresso da SantAgostino (354-430) in De vera religione. Un
passo molto significativo di Eugenio Garin (1909-2004) sintetizza
abbastanza bene il discorso finora intrapreso:

Ora Gentile, tutto preso dallorientamento gnoseologico dellidea-


lismo, lo venne svolgendo con impeccabile rigore fino a risolvere il
processo del reale nella coscienza che il soggetto ne ha, che poi,
risolto tutto nellatto onde se ne diviene consapevoli latto stesso
dellautocoscienza, che non soltanto un porre, ma un autoporsi.
Dimostrata la praticit del conoscere in quanto il conoscere fare,
vero anche, reciprocamente, che la prassi tutta risolta nellatti-
vit del pensiero, onde nellattualit dellatto si concreta il fiat della
creazione42.

Il che ci porta dritti al cuore stesso dellattualismo gentiliano per


la strutturazione del quale innegabile quanto il marxismo, nono-
stante le critiche mossegli da Gentile, sia stato determinante. Infatti,
come ha ben evidenziato Manlio di Lalla, nonostante la repulsa fi-
nale, lacquisizione della prassi, come attivit che tende ad assorbire
in s tutta la realt, facendo coincidere il mondo del conoscere e il
mondo del fare, ormai un dato acquisito nella speculazione genti-
liana e, continua lAutore, le conseguenze di queste premesse non
tarderanno43.

Scienza e filosofia in Gentile

Le riflessioni giovanili di Gentile, che abbiamo visto concretizzar-


si nei suoi studi su Marx (senza tralasciare limportanza del saggio su
Rosmini e Gioberti), ponevano laccento sullIo penso kantiano ride-
clinato in senso fichtiano; la riforma della dialettica hegeliana operata
da Gentile va letta proprio in questottica. La tematica gnoseologica

E. Garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1960, vol. I, Bari, Laterza, 1997, p. 215.
42

M. Di Lalla, Vita di Giovanni Gentile, Firenze, Sansoni, 1975, p. 84.


43

18
VOCI DAL NOVECENTO

relativa al rapporto soggetto-oggetto costituisce, in fin dei conti, la


spina dorsale dello stesso attualismo gentiliano ed in virt di questo
idealismo attuale che possibile comprendere la concezione gentilia-
na della scienza.
Ma in cosa consiste questo idealismo gentiliano? Esso, scrive
Gentile nella sua Teoria generale dello Spirito come Atto puro, la
teoria dello spirito come atto che pone il suo oggetto in una molte-
plicit di oggetti, risolvendo la loro molteplicit e oggettivit nellu-
nit dello stesso soggetto44. Cos facendo Gentile critica il principio
di identit A=A poich, come afferma il filosofo di Castelvetrano,
la necessit logica del reale o concreto processo del pensiero, il
quale schematicamente potrebbe piuttosto formularsi: A = non A.
Infatti ogni atto di pensiero negazione di un atto di pensiero: un
presente in cui muore il passato; quindi unit di questi due mo-
menti; pertanto il principio di identit devessere sostituito non
dunque da quello egualmente astratto del divenire, puro e semplice,
ma dal principio della dialettica o del pensiero come attivit che si
pone negandosi45.
Ma questa critica del principio di identit fa tuttuno con la rifor-
ma della dialettica hegeliana che Gentile eredita da Bertrando Spa-
venta (1817-1883)46, la quale imperniata sulla differenza tra dia-
lettica del pensato e dialettica del pensare; pensare che, nella rifles-
sione spaventiana, corrisponde anche ad agire ed operare47. Lerrore
di Hegel, secondo Gentile, consistette proprio nellaver ipostatizzato
il divenire tramite lunit di essere e non-essere, rendendo con ci
possibile proprio quel concetto antidialettico per eccellenza, a cui

44
G. Gentile, Teoria generale dello Spirito come Atto puro, cit., p. 205.
45
Id., Latto del pensare come atto puro, cit., p. 20.
46
Cfr. B. Spaventa, Le prime categorie della logica di Hegel, in Atti della R. Acc.
delle scienze morali e politiche di Napoli, vol. I, 1864, pp. 123-185.
47
Cos scriver Gentile: Se per dialettica [] sintende la scienza della relazio-
ne, si pu affermare che la dialettica antica, quella di Platone, la dialettica
del pensato, laddove la nuova dialettica, richiesta dalla dottrina kantiana delle
categorie, la dialettica del pensare. Tra le due dialettiche c un abisso: labisso
che divide lidealismo moderno dallantico. La dialettica del pensato , si pu
dire, la dialettica della morte; la dialettica del pensare, invece, la dialettica della
vita, La dialettica del pensato e la dialettica del pensare, in Id., La riforma
della dialettica hegeliana, cit., p. 5.
19
VOCI DAL NOVECENTO

subito si mette capo, della neutralizzazione del divenire nel divenu-


to, per cui, come lessere svanisce nel non-essere, anche il divenire
svanirebbe nella negazione del divenire48.
In questo sfondo concettuale, che non possiamo approfondire ul-
teriormente per ovvie ragioni di spazio49, come si inserisce la rifles-
sione gentiliana sulla scienza? Per chiarire questo punto dobbiamo
procedere a ritroso ed estrapolare lidea gentiliana di scienza cos
come emerge dalla sua giovanile critica al marxismo.
Dallanalisi critica del marxismo che Gentile compie nei suoi stu-
di su Marx possibile rinvenire una concezione abbastanza sofistica-
ta della scienza i cui aspetti essenziali, invece, sfuggono alla lettura
puramente metodologica crociana del marxismo. Daltronde Croce
considerava il marxismo nientaltro che un mero canone dinterpreta-
zione storica, sminuendo, in tal fatta, lidea marxiana di scienza. Ma
in cosa consiste lidea marxiana di scienza che Croce svaluta e che
invece Gentile riabilita e coglie nella sua essenza? Molto semplice-
mente, Marx considerava la scienza come idealizzazione.
Tale approccio trova nel filosofo polacco Leszek Nowak (1943-
2009) uno dei suoi massimi esponenti, assieme ad altri membri del-
la cosiddetta Scuola di Pozna tra cui A. Klawiter, I. Nowakowa,
K. astowski, K. Brzechczyn, J. Brzeziski, e altri. Non essendo
questa la sede per trattare diffusamente un argomento cos vasto50,
precisiamo brevemente come lapproccio idealizzazionale sia consi-
stito innanzitutto nel dimostrare i limiti dellempirismo nellambito
della concettualizzazione del pensiero scientifico. In particolare, per

48
Id., Il concetto hegeliano del divenire, in Id., La riforma della dialettica hegelia-
na, cit., p. 17.
49
Sullattualismo gentiliano si vedano i seguenti lavori: V. La Via, Lidealismo at-
tuale di Giovanni Gentile. Saggio di esposizione sistematica, Trani, Vecchi, 1925;
C. Albanese, Pensiero e realt secondo lattualismo, Roma, Angelo Signorelli,
1926; H.A. Cavallera, Limmagine allo specchio. Il problema della natura del
reale dopo lattualismo, Firenze, Le Lettere, 1991; Id., Immagine e costruzione del
reale nel pensiero di Giovanni Gentile, Roma, Fondazione Ugo Spirito, 1994 e L.
Di Stefano, Giovanni Gentile e lattualismo, Palermo, Edizione Thule, 1981.
50
Su questi argomenti consigliamo la lettura dei seguenti lavori di Francesco
Coniglione: Realt e astrazione. Scuola polacca ed epistemologia post-posi-
tivistica, Acireale-Roma, Bonanno, 2010 (1 ed. nel 1990); Nel segno della
scienza. La filosofia polacca del Novecento, Milano, Franco Angeli, 1996.
20
VOCI DAL NOVECENTO

la Scuola di Pozna, le procedure di astrazione e generalizzazione,


che per gli empiristi stanno alla base del processo di formazione dei
concetti, non soddisfano le esigenze della metodologia scientifica,
la quale mette in atto una procedura da loro definita col termine di
idealizzazione consistente nel focalizzare ci che essenziale
nel fenomeno, separandone lessenza dallapparenza51.
Il merito daver posto in maniera sistematica linadeguatezza
della generalizzazione induttiva stato, per lappunto, di Leszek
Nowak, il quale interpretava lastrazione marxiana da un punto di
vista idealizzazionale; insomma, esiste una differenza sostanziale
tra astrazione ed idealizzazione, che Nowak individua proprio nel
Capitale di Marx; questi in effetti utilizza il termine di astrazione,
ma Nowak lo intende come idealizzazione proprio per distinguer-
lo dal classico modo empiristico di intendere luso dellastrazione:

[] usiamo astrazione intendendo, per esempio, che il contenuto


di un dato termine stato costruito astraendo da certe propriet di
specifici oggetti e prendendo in considerazione altre caratteristiche.
In questo senso, una teoria astratta semplicemente una teoria su
insiemi di oggetti, insiemi caratterizzati dal fatto di prescindere da
certe caratteristiche degli oggetti e di prenderne in considerazione
altre. Nellaltro significato, la teoria astratta sidentifica con una te-
oria idealizzazionale che tratta determinati tipi ideali52.

La differenza tra procedimento astrattivo e procedimento idea-


lizzante consiste nel fatto che, mentre il primo viene attuato dallin-
telletto umano ricavando concetti universali dalla conoscenza di
oggetti particolari (mediante la generalizzazione dai fatti empirici),
invece nellidealizzazione si procede alla messa tra parentesi di
aspetti della realt fenomenica che sono ritenuti secondari, per in-
vece operazionalizzare funzionalmente quei fattori che si ritengono
essenziali. Nonostante un asserto idealizzazionale descriva uno stato
ideale e non reale, tuttavia possibile passare da stati idealizzati a

51
L. Nowak, Lapproccio idealizzazionale alla scienza: una rassegna, in F. Coniglione
- R. Poli (a cura di), La realt modellata, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 38.
52
L. Nowak, La scienza come idealizzazione: i fondamenti della metodologia marxiana,
trad. it. di Riccardo Casimiro Lewaski, Bologna, Il Mulino, 1977, p. 18.
21
VOCI DAL NOVECENTO

stati meno idealizzati, e di conseguenza pi vicini alla realt, tramite


la cosiddetta procedura della concretizzazione53.
Dalla discussione gentiliana sul marxismo possibile enucleare
uninteressante riflessione in merito alle cosiddette astrazioni; difat-
ti, ci che risulta essere interessante ai fini del nostro discorso lin-
terpretazione gentiliana delle astrazioni marxiane, la quale consente
al filosofo di Castelvetrano di cogliere in un modo pi corretto e nel-
la sua essenza filosofica quellaspetto metodologico invece criticato
da Croce; infatti, se Croce, nella sua interpretazione delleconomia
marxiana riesce a coglierne laspetto metodologico peculiare (cio
la metodologia idealizzazionale), tuttavia lo svuota di ogni carattere
gnoseologico per via della sua diffidenza nei confronti delle astra-
zioni. Infatti Benedetto Croce colse la natura idealizzante di alcune
assunzioni marxiane (e qui sta la grandezza del filosofo abruzzese);
tuttavia, Croce vedeva in ci laspetto debole e pseudo-scientifico di
tutta la complessa costruzione presente nel capolavoro marxiano (e
qui sta invece la debolezza crociana, cio nel non aver compreso a
fondo questo aspetto epistemologico tanto del marxismo quanto del-
le scienze tout court). Ma questa svalutazione crociana dei concetti
ideali impiegati dagli scienziati (come avveniva, ad esempio, nella
fisica galileiana o in quella newtoniana) trova una sua ragion des-
sere allinterno della cosiddetta dialettica dei distinti; in effetti noi
sappiamo che Croce considerava la Logica e lEstetica, rispettiva-
mente, intuizione delluniversale e intuizione del particolare, e que-
sti due distinti connotavano la sfera teorica, mentre la sfera pratica
era data dallEtica e dallEconomia, le quali erano, rispettivamente,
volizione delluniversale e volizione del particolare. Croce aveva
bene in mente il carattere particolare della storia, da lui assimilata
allarte; non a caso nel suo primo scritto filosofico, cio La storia
ridotta sotto il concetto generale dellarte del 189354, Croce cerca
di restituire la Storia alla sua concretezza, riducendola allintuizione

53
Su questo punto sia lecito rinviare a G. Borbone, Leszek Nowak and the Ideali-
zational Approach to Science, in Linguistic and Philosophical Investigations,
vol. 10, 2011, pp. 125-149.
54
Cfr. B. Croce, La storia ridotta sotto il concetto generale dellarte, in Id., Primi
saggi, Bari, Laterza, 1919, pp. 3-41.
22
VOCI DAL NOVECENTO

del particolare per eccellenza, cos come appunto fa larte55. Alla


luce della dialettica dei distinti facile comprendere che per Croce
il procedere per astrazione tipico delle scienze naturali e fisiche, ma
ad esso si contrappone il metodo individualizzante della narrazione
storica o dellarte. La preferenza di Croce per queste ultime ricerche
e le simpatie per la concretezza storica, che viene sempre richiamata
in contrapposizione a coloro che vogliono imporre alla fluente realt
schemi predeterminati, fa s che egli veda nellastrattezza della
trattazione marxiana pi un limite che un pregio56.
Invece Gentile, pur senza aver dedicato particolare attenzione al
carattere proprio delleconomia di Marx, coglie la natura essenzia-
lista delle astrazioni marxiane, superando in tal guisa lanalisi cro-
ciana. Tuttavia, come afferma Coniglione, la posizione di Gentile
in merito pi articolata e complessa, poich per il filosofo di Ca-
stelvetrano la conoscenza astratta inscindibilmente connessa alla
conoscenza scientifica, alla scienza tout court, e cio alla filosofia
speculativa57.
Ci significa che se per Croce non poteva esserci nessun ponte
fra le astrazioni scientifiche ed il concreto divenire della storia, per
Gentile, invece, le astrazioni scientifiche coincidono con il momento
speculativo o razionale del pensiero. In questo frangente Gentile, a
differenza di Croce, si conferma un fedele discepolo di Hegel, in
quanto sembra riprendere la nota tripartizione postulata dal filoso-
fo di Stoccarda a proposito dei tre momenti della logicit. Secondo
Hegel, questultima ha tre aspetti: ossia lastratto o intellettuale, il
dialettico o negativo-razionale e lo speculativo o positivo-razionale,
ma in ogni caso:

55
Su questo punto, in modo lapidario, Croce cos scrive: O si fa scienza, dunque,
o si fa arte. Sempre che si assume il particolare sotto il generale, si fa scienza;
sempre che si rappresenta il particolare come tale, si fa arte. Ora, noi abbiamo
visto che la storiografia non elabora concetti, ma riproduce il particolare nella
sua concretezza; e perci le abbiamo negato i caratteri della scienza. dunque
facile conseguenza, sillogismo in tutta regola, concludere: che, se la storia non
scienza, devessere arte, Ibid., pp. 23-24.
56
F. Coniglione, Astrazione e modelli di scientificit in Croce e Gentile, in Synaxis,
XV/2, 1997, p. 696.
57
Ibid., p. 699.
23
VOCI DAL NOVECENTO

Questi tre aspetti non fanno gi tre parti della logica, ma sono mo-
menti di ogni atto logico reale, cio di ogni concetto o di ogni verit
in genere. Essi possono esser posti tutti insieme sotto il primo mo-
mento, lintellettuale, e per questo mezzo tenuti separati tra loro; ma
cos non vengono considerati nella loro verit58.

Hegel, ponendosi in netta antitesi allintellettualismo kantiano,


afferma che lintelletto considera le cose nella loro fissit, astrattez-
za, trascurando in tal fatta le loro reali determinazioni; per tal motivo,
aggiunger Hegel nel 81 dellEnciclopedia, il terzo aspetto della
logicit, cio il momento speculativo o positivo-razionale, conce-
pisce lunit delle determinazioni nella loro opposizione; ed ci
che vi ha di affermativo nella loro soluzione e nel loro trapasso59.
In questo modo Hegel postula la superiorit della ragione sullin-
telletto, in quanto la ragione in grado di risolvere le opposizioni
(tesi-antitesi), che lintelletto, dal suo canto, considera isolatamente.
Ma, come nota Coniglione, il filosofo di Castelvetrano distin-
gue la categoria come tale dalla categoria come concetto: la prima
non pensabile, in quanto essa nel fatto, che loggetto ed il pre-
supposto logico della scienza, e pertanto si attua nel fatto del co-
noscere concreto60; mentre la seconda, per dirla con Gentile, la
categoria di cui si occupa la logica, la quale in una filosofia che
identifica lessere col pensiero (o come idea, o come prassi sensibi-
le), assume dignit di metafisica o di filosofia propriamente detta61.
A sua volta, la categoria come tale deve essa stessa diventare con-
cetto, altrimenti non sarebbe possibile n studiarla n conoscerla,
poich, sostiene Gentile, la categoria come tale nel fatto, mentre
la categoria-concetto nella scienza. Pi avanti Gentile afferma che
il fatto loggetto ed il presupposto logico della scienza; non la
scienza. Cos la categoria funzione che si attua (quindi nulla di
indipendente e per s stante) nel fatto del conoscere concreto; ma
se questa categoria vogliamo sussumerla nella scienza, se vogliamo

58
G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, trad. it. a
cura di B. Croce, Roma-Bari, Laterza, 1994, 79.
59
Ibid., 81.
60
F. Coniglione, Astrazione e modelli di scientificit in Croce e Gentile, cit., p. 700.
61
G. Gentile, La filosofia di Marx, cit., p. 151.
24
VOCI DAL NOVECENTO

conoscerla e studiarla, non possibile che essa non diventi concetto,


e quindi insieme non si fissi come per s stante62. Gentile sostiene
che la scienza vuole quella da lui definita ipostasi dellastratto, cio
unipostasi ferma nella sfera astratta e quindi ben lungi dallesse-
re concreta come lastrazione marxiana (ci riferiamo alla procedura
dellastrazione e della concretizzazione presente nel modello mar-
xiano impiegato nel Capitale). Ma una cosa va messa in evidenza,
ossia

il fatto che il pensiero speculativo e la filosofia vengono da Gentile


equiparate al pensiero astratto, per cui questultimo diviene anche
il carattere dellautentica scienza e non solo delle scienze natura-
li, come riteneva Croce. Ed il marxismo, autentica filosofia, esso
stesso caratterizzato dallessere una ricerca astratta. Infatti, difen-
dendo Marx da coloro che vedono in lui un nemico delle specula-
zioni astratte, Gentile cita con approvazione il brano di Croce []
nel quale Il Capitale viene definito come una ricerca astratta, per
sostenere che appunto lo stesso Croce finisce per ammettere che
tutti gli scritti di Marx sono filosofici, pi che storici e descrittivi.
[] Pertanto, come forma, la ricerca di Marx astratta; e ci si-
gnifica per Gentile che essa speculativa, autenticamente filosofica,
e pertanto scientifica63.

In questo caso la posizione di Gentile si complica maggiormente,


poich questultimo fa riferimento, come specifica Coniglione64, a
due tipi di astrazione: da un lato abbiamo lastrazione intesa come
procedura teorica mirante a fissare concetti astratti al fine di perve-
nire alla conoscenza (che Coniglione chiama astrazione), dallaltro
lastrazione tipica dellintelletto astratto (astrazione) criticato da
Hegel (e anche criticato tanto da Marx quanto da Engels, in quanto
lintelletto astratto non in grado di risolvere, come abbiamo gi det-
to, le opposizioni). A detta di Coniglione la prima forma di astrazione
non viene esplicitata da Gentile in una forma chiara, al punto che non
si capisce se questultimo la intenda come semplice generalizzazione

62
Ibidem.
63
F. Coniglione, Astrazione e modelli di scientificit in Croce e Gentile, cit., p. 701.
64
Cfr. Ibid., p. 703.
25
VOCI DAL NOVECENTO

di fatti empirici o come concetto idealizzazionale; mentre il secondo


tipo di astrazione, invece, ci d in negativo ci che per Gentile deve
essere il carattere autentico dellastrazione scientifica (astrazione):
essa deve avere natura essenzialistica, deve cogliere non le regolarit
fenomeniche, ma i nessi profondi del reale e deve pervenire ad una
unit sistematica della conoscenza, cio a teorie quanto pi compren-
sive possibili, sistematiche, universali65. proprio la natura essen-
zialista dellastrazione il tratto peculiare dellidea marxiana di scien-
za che Gentile, a differenza di Croce, riesce ad individuare, tanto da
affermare che il filosofo di Treviri si riferiva a una realt essenziale,
a una realt che al di l dei fenomeni; e le cose, di cui diceva daver
trovato la dialettica, non eran gi tutte le cose, necessarie o acciden-
tali, di cui la storia ci schiera innanzi linfinita schiera fenomenica;
ma eran le cose nella loro intima e, dicasi pure, metafisica sostanza,
determinata materialisticamente nella vita economica66.
Per quel che concerne questo aspetto delle astrazioni marxiane, il
divario tra Croce e Gentile quasi abissale: il filosofo abruzzese con-
cepisce le idealizzazioni marxiane alla stessa stregua delle generaliz-
zazioni empiriche di stampo aristotelico, mentre Gentile, al contrario
e a ragion veduta, rilevava il carattere insieme essenzialista e idealiz-
zazionale del modello scientifico applicato da Marx67. I presupposti
epistemologici crociani, daltronde, non potevano non avere carattere
convenzionalista sostanzialmente analogo a quello degli empiriocriti-
cisti come Ernst Mach (1838-1916) e Richard Avenarius (1843-1896),
visto e considerato che Croce soleva rifarsi proprio a questi autori per
legittimare le sue riflessioni epistemologiche. Pertanto, Croce indivi-
dua, correttamente, laspetto metodologico peculiare del marxismo,

65
Ibidem.
66
G. Gentile, La filosofia di Marx, cit., p. 130.
67
Lastrazione marxianamente intesa trova gi le sue radici nella Scienza della
logica di Hegel, laddove questultimo, in perfetta analogia con una concezione
essenzialista della scienza, afferm che il pensare astrattivo non si deve riguar-
dare come un semplice scartare la materia sensibile, la quale non soffrirebbe con
ci alcun pregiudizio nella sua realt, ma anzi il togliere ed il ridurre quella
materia, come semplice fenomeno, allessenziale, essenziale che si manifesta
soltanto nel concetto, G.W.F. Hegel, Scienza della logica, vol. II, Roma-Bari,
Laterza, 2004, p. 664.
26
VOCI DAL NOVECENTO

cio il suo essere un modello astratto-idealizzato, ma opera, di fatto,


una confusione fra semplice astrazione aristotelica ed idealizzazione
scientifica, con la conseguenza di un approdo a conclusioni conven-
zionaliste che nulla hanno a che fare col carattere essenzialista del
materialismo storico; Gentile, attraverso una critica solo filosofica,
coglie invece laspetto essenzialista e la natura idealizzazionale delle
astrazioni marxiane, portando alla luce quanto era sfuggito alla lettura
puramente metodologica crociana del marxismo. Giovanni Gentile, in
guisa certamente geniale, coglie pertanto un aspetto essenziale della
scienza sfuggito a tanta epistemologia del Novecento, se pensiamo
ad esempio al misconoscimento dellidealizzazione presente nei padri
del neopositivismo ed alla confusione fra modelli ideali e situazioni di
fatto commessa da Karl R. Popper (1902-1994)68.

Conclusione

Dalla lettura gentiliana del marxismo, che non possibile sgancia-


re dal confronto con quella crociana, emergono i lineamenti essenziali
dellidea gentiliana di scienza e del suo rapporto con la filosofia.
La posizione crociana circa tale rapporto ha natura anti-scientifica,
in quanto il filosofo abruzzese concepiva la scienza come una pseu-
do-forma di conoscenza: essa quindi non pu in alcun modo tessere
un dialogo con la filosofia, la quale, sempre secondo labruzzese,
ci d la vera ed unica forma di conoscenza. La conseguenza di un
tale modo di concepire la conoscenza scientifica, che affonda le sue
radici nella critica al positivismo69 ed alla sua pretesa di oggettivit,

68
Ovviamente, sia il neopositivismo che il popperismo presero in considerazione
le idealizzazioni scientifiche, ma mentre il neopositivismo soleva trattare que-
ste ultime in modo tale da non inficiare le premesse fondamentali della propria
impostazione di fondo, Popper, per lappunto, molto spesso trattava leggi idea-
lizzazionali come fossero asserti fattuali. Su questi temi mi permetto di rinviare
a G. Borbone, Leszek Nowak e la scienza come idealizzazione. Saggio sullap-
proccio idealizzazionale alla scienza, in corso di stampa in Il Protagora.
69
Su questo punto si veda G. Cotroneo, La liquidazione crociana, in G. Benti-
vegna - F. Coniglione - G. Magnano San Lio (a cura di), Il positivismo italiano:
una questione chiusa?, Atti del Congresso tenutosi a Catania, 11-14 settembre
2007, Acireale-Roma, Bonanno, 2008, pp. 68-88.
27
VOCI DAL NOVECENTO

stata quella di una decisa e ferrea demonizzazione della scienza e


del suo statuto gnoseologico. Gentile, invece, coglie il lato gnoseo-
logico della scienza, tant vero che nella sua analisi delle astrazioni
marxiane enucle il lato essenzialista e veritativo della pratica scien-
tifica, ma tende ad assorbire ogni forma di conoscenza allinterno
dello sguardo totalizzante della filosofia, relegando cos il ruolo del-
la scienza ad ancella di questultima.
Lattualismo gentiliano stato molto spesso considerato, assie-
me alla crociana Filosofia dello Spirito, una forma di pensiero anti-
scientifico70, ma cos non (o non del tutto) per i motivi che abbiamo
sommariamente evidenziato nel corso del presente lavoro. Gentile
infatti conscio dellimportanza del pensiero scientifico e degli im-
mensi travagli intellettuali dei quali gli scienziati e gli epistemologi
si fanno carico; ma pi che attribuire al pensiero scientifico una sua
specifica autonomia, Gentile si limitato a risolverlo nella dialettica
dellattualismo.
proprio in ci che possibile cogliere laspetto pi debole della
riflessione gentiliana sulla scienza, cio il non aver compreso che
questultima non si lascia ingabbiare da alcun sistema filosofico,
come invece Gentile cerca di fare. In effetti fu lo stesso filosofo di
Castelvetrano ad affermare che tutto filosofia:

Che la scienza sia filosofia evidente che non pu esser messo in


dubbio da chi, come me, sostiene tutto essere filosofia; poich tutto
pensiero, e il pensiero autocoscienza, e questa autocoscienza di
s per lappunto lessenza della filosofia71.

Gentile, nella sua acuta analisi dellastrazione, non va oltre que-


sta sua ammissione del carattere veritativo della scienza poich rin-
chiuso negli angusti limiti della critica al positivismo, che del valore
culturale della scienza se ne era fatto portavoce sulla base di unot-
tica refrattaria ad ogni idealismo. A nostro avviso, un altro errore
commesso da Gentile consistito proprio in ci, ovvero nellaver
70
Cfr. S. Fuso, I nemici della scienza. Integralismi filosofici, religiosi e ambientalisti,
Bari, Dedalo, 2009, p. 33.
71
G. Gentile, Scienza e filosofia, in Id., Introduzione alla filosofia (Opere complete,
vol. XXXVI), Firenze, Sansoni, 1952, p. 171.
28
VOCI DAL NOVECENTO

confuso il modello di scienza positivista con la scienza tout court;


cosa, questa, che imped al filosofo di Castelvetrano di cogliere pi
in profondit il problema della razionalit scientifica72.
Gli scienziati, non meno dei filosofi, sono attraversati da pro-
fondi travagli intellettuali e tormentati da innumerevoli problemi
che essi cercano di superare tramite lindagine razionale. Gentile
afferma, in modo invero assai ingeneroso, che la scienza come
un mondo di spettri, dove lanima sente il freddo della morte73; ma
la scienza non asettica, non fredda come il marmo, ma umana
troppo umana, ed questa scienza alla quale Gentile voleva, in ef-
fetti, dare piena accoglienza ed ospitalit, come si evince da questo
lungo passo del suo Sistema di logica:

Questa filosofia, dicono gli scienziati, contro la scienza, che il


patrimonio pi prezioso dellumanit. Infeconda essa di ogni utile
applicazione alle necessit della vita, sbarra il passo alla scienza, il
cui valore, quando le argomentazioni di questa filosofia reggessero a
martello, dimostrato dai comodi che procura alluomo, dagli aiuti
che gli porge contro le forze avverse dalla natura, dal progresso che
rende possibile in tutte le forme della vita sociale. Certo, non si po-
trebbe discutere con gli scienziati della fecondit della filosofia, se
gli scienziati fossero quei puri scienziati che essi credono e cultori
di quellastratta scienza che guarda al particolare come tale e non sa
daltro. Ma poich la scienza come scienza particolare non e non
pu essere altro che unastrazione, e in realt anche gli scienziati
pensano e perci fanno filosofia, si pu invitare anche gli scienziati
a considerare prima di tutto che la pretesa infecondit della filosofia
una conseguenza del loro astratto modo di concepire la scienza.
La quale vive s nel particolare, ma come vita delluomo che non si
ridurrebbe a indagare nessuna parte della natura e nessun oggetto
comunque concepito, se la natura non fosse la sua natura, se logget-
to non fosse il suo oggetto: se cio egli non vi ritrovasse se stesso:
quel se stesso, a cui direttamente guarda questa filosofia. La quale

72
Su questo punto cfr. L. Accardi, Gentile e la cultura scientifica in Italia, in Aa.
Vv., Giovanni Gentile. La filosofia, la politica, lorganizzazione della cultura,
Venezia, Marsilio, 1995, pp. 77-91.
73
Id., Sommario di pedagogia come scienza filosofica, vol. I (Scritti filosofici, vol.
II tomo I), Bari, Laterza, 1923, p. 231.
29
VOCI DAL NOVECENTO

feconda perci di quella medesima fecondit che pu arrogarsi


qualunque pi positiva e utile scienza, in quanto rivolta a quelluo-
mo intorno al quale si aggirano tutte le scienze. Alle scienze come
atteggiamenti dello spirito la nostra filosofia vuole soltanto dare un
avvertimento, che conforme al loro stesso interesse, ammonendole
che quella realt a cui esse guardano non tutta la realt, e perci
astratta. La concretezza, che del tutto, nel pensiero stesso con cui
guardano alla loro realt. Che solo guardando a questo centro in cui
il principio della vita, da cui ogni realt germoglia, si pu vedere
lastratto come tale, e non chiedere ad esso ci che esso non pu
dare : la vita dello spirito, che libert, e gioia. Quella gioia, che
tutti desideriamo, sempre, anche nei nostri esperimenti, anche nelle
nostre osservazioni, anche nelle nostre ispezioni microscopiche, e
nelle nostre preparazioni e nei nostri calcoli, e nelle costruzioni dei
nostri diagrammi e nella speculazione di tutte le leggi, con cui ci
pare di meglio intendere tutta la nostra esperienza; e perfino nei
nostri sogni; sempre che pensiamo. Ma che lesperienza stessa ci di-
mostra irraggiungibile, se si scambia, ripeto, lastratto pel concreto,
e nel particolare, oltre la sua particolarit, non luomo sa scorgere
luniversale, nelloggetto il soggetto: se nel mondo, insomma, egli
non ritrova se stesso74.

Gentile, insomma, sembra voler rispondere al seguente interro-


gativo: che posto assegniamo alla scienza in una pi generale con-
cezione del mondo, cio allinterno di una filosofia? Il filosofo di
Castelvetrano, lungi dallaffermare, come avrebbe fatto Martin Hei-
degger (1889-1976), che Die Wissenschaft denkt nicht75, cio che la
scienza non pensa, sostenne invece la veracit del pensiero scien-
tifico e la sua annessa valenza filosofica; anche se questo suo in-
trinseco valore filosofico, nellottica gentiliana, veniva decisamente
ridimensionato.
Pertanto, Gentile, che non nega limportanza conoscitiva della
scienza, esclude categoricamente che questultima possa soddisfare
i nostri bisogni spirituali qualora non venga inserita allinterno di

74
Id., Sistema di logica come teoria del conoscere, vol. II (Scritti filosofici, vol. IV),
Bari, Laterza, 1923, pp. 337-338.
75
M. Heidegger, Was heit Denken?, in Id., Vortrge und Aufstze, Neske, Pfullingen,
1954, p. 133.
30
VOCI DAL NOVECENTO

una concezione del mondo con uno sguardo prospettico pi ampio


delle singole porzioni di realt che la scienza indaga. possibile, in
questottica, biasimare la posizione gentiliana?
Non del tutto: la posizione di Gentile rende, seppur in maniera
implicita, evidente il legame tra scienza e filosofia, poich lo scien-
ziato, allorquando si interroga sulle ricadute etiche, sociali o filoso-
fiche delle sue scoperte o delle sue indagini, allora egli, da scienziato
qual , indossa gli abiti del filosofo. Ma eccoci al rovescio della me-
daglia! Nella prospettiva gentiliana la scienza avrebbe un senso solo
allinterno di una generale concezione del mondo e quindi filosofia,
ma cos facendo la scienza perderebbe la sua specifica autonomia,
poich questultima irriducibile a qualsivoglia sistema filosofico,
cio una gabbia allinterno della quale la scienza sconta la sua pena.
Scienza e filosofia devono, invece, dialogare nel senso socratico
del termine, facendo valere le loro ragioni senza cercare un aprio-
ristico conflitto destinato a far fallire ogni pacifica relazione poten-
zialmente fruttuosa.
Lo stesso Gentile, in virt del suo sistema filosofico, non riusc
ad addolcire questo suo turbolento rapporto con la scienza, appun-
to perch il Nostro considerava la filosofia lunica vera scienza
(quella con la S maiuscola per intenderci). Secondo Gentile, per
dirla con Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling (1775-1854),
la filosofia lunica tra tutte le scienze che non pu ricevere il
proprio oggetto da nessunaltra, lunica che lo d a s stessa, che
deve determinare s stessa76.
Ma la scienza, anche se in guisa pi modesta, non agisce for-
se allo stesso modo? Non forse vero che la scienza si istituisce
puntando la sua attenzione conoscitiva verso un numero ristretto di
attributi della realt, che vengono cos a costituire la sua ontologia
regionale77, come pensava lo stesso Edmund Husserl (1859-1938)?
Noi sappiamo, dopo secoli di riflessione scientifica, che la scien-
za ha per lappunto un compito molto pi modesto delle pretese

76
F.G.G. Schelling, Filosofia della rivelazione, vol. I, a cura di A. Bausola,
Bologna, Zanichelli, 1972, p. 235.
77
E. Agazzi, Continuit e discontinuit fra scienza e senso comune, in Id., (a cura di),
Valori e limiti del senso comune, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 259.
31
VOCI DAL NOVECENTO

assolutizzanti di certa filosofia eccessivamente onnivora; la scien-


za indaga determinati fenomeni senza per questo volerne esaurire
limmensa ricchezza, abbandonando, in tal fatta, lideale dellasso-
luta oggettivit come anche la piaga del riduzionismo. Inoltre, come
ben sapeva Charles Darwin (1809-1882), esiste negli scienziati un
istinto della verit analogo allistinto della virt, il quale rende le
scoperte scientifiche degne di ammirazione a prescindere dalla loro
utilit meramente pratica. Il botanico John Stevens Henslow (1796-
1861) scrisse anni or sono che per quanto affascinante possa esse-
re unimpresa scientifica, tuttavia se rester totalmente inutilizzata,
sar inutile quanto i castelli in aria78, ma Darwin, commentando
questo passo in una lettera indirizzata proprio al botanico inglese,
scrisse le seguenti parole:

Chi vi ascolta non potrebbe dedurne che luso pratico di ogni scoper-
ta scientifica dovrebbe essere immediato e ovvio perch sia degna
di ammirazione? Il cloroformio non forse un bellissimo esempio
di una scoperta fatta attraverso ricerche puramente scientifiche, che
ha poi trovato quasi per caso unapplicazione pratica? Per quanto
mi riguarda, ho mire pi elevate, poich io credo esista, e lo sento
dentro di me, un istinto della verit, o della conoscenza o della sco-
perta, qualcosa che ha la stessa natura dellistinto della virt, e che
lavere un simile istinto sia motivo sufficiente per condurre ricerche
scientifiche senza che ne venga mai un risultato pratico79.

Non questa, in effetti, una concezione della scienza perfetta-


mente analoga a quella che Aristotele80 aveva della filosofia?

78
J.S. Henslow, Address Delivered in the Ipswich Museum, 9 marzo 1848, Ipswich,
S. Piper Old Butter Market, 1848, p. 9.
79
C. Darwin, Lettera a J.S. Henslow, 1 aprile 1848, Down Farnborough Kent, in
Id., Lettere 1825-1859, trad. it. di S. Stefani, Milano, Raffaello Cortina Editore,
1999, p. 136.
80
Cfr. Aristotele, La metafisica, I, 2, 982b, trad. it. a cura di C.A. Viano, Torino,
U.T.E.T., 2005.
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