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La cicala e le formiche

In un grande prato le formiche lavoravano senza sosta,


sotto il sole d'estate.
Si davano da fare per mettere da parte le provviste per
l'inverno. Ognuna di loro faticava al caldo, ogni giorno,
camminando per diversi metri alla ricerca di semi e cibo,
caricandosi sulle spalle pesi enormi da portare nel
formicaio, che si trovava tra le radici di un grosso albero.
Su un ramo di quello stesso albero se ne stava una cicala,
che passava le giornate a cantare, stando beata e serena
all'ombra delle foglie.
Guardava dall'alto le formiche che si davano da fare tra
l'erba, e non faceva altro che cantare.
Arrivato l'inverno, le formiche si rinchiusero nel formicaio,
dove i tutti i magazzini erano stati riempiti fino all'orlo di
scorte di cibo.
La cicala invece comincio' a trovarsi in difficolt: con la
brutta stagione, a fatica riusciva a trovare qualcosa da
mangiare.
Pens a tutto il cibo che le formiche avevano accumulato
passando per tutta l'estate sotto l'albero.
Raggiunse quindi il formicaio e buss alla porta.
"Ho fame - disse - Avete qualcosa da mangiare?"
Le formiche le dissero: "Certo, aspetta un attimo" e le
diedero un po' di semi e qualche briciola di pane
accumulati nei magazzini.
La cicala le ringrazi e torn contenta nella sua tana
sull'albero.
Anche il giorno dopo, tornata la fame, la cicala si present
alle formiche a chiedere da mangiare, e queste ancora si
affrettarono a darle qualcosa della loro scorta di cibo.
"Sono davvero fortunata - disse la cicala - e voi siete cos
buone ad aiutarmi, senza che io abbia fatto nulla in
cambio".
"Ti sbagli - dissero le formiche - perch tu hai cantato per
noi tutta l'estate alleviando la nostra fatica, quindi ora
volentieri ti diamo qualcosa in cambio, altrimenti moriresti,
e noi la prossima estate la passeremmo nella noia, senza
sentire il tuo bel canto".

Al lupo! Al lupo!
Un gruppo di pastori viveva insieme nello stesso villaggio.
Avevano un solo grosso gregge di pecore, e si erano
organizzati in modo che, durante le notti, solo uno di loro
restava sveglio per fare la guardia, mentre tutti gli altri
potevano dormire.
Una notte, il pastore di turno, preso dalla noia, penso' di
fare uno scherzo ai suoi compagni e si mise a gridare: "Al
lupo, al lupo!"
Tutti i pastori si svegliarono e corsero al pascolo in
pigiama, armati di bastoni e fucili per scacciare il lupo.
Il pastore di guardia disse loro che si era sbagliato, e che
non c'erano lupi in giro. Allora i suoi compagni tornarono
alle loro case, ma fecero fatica a dormire, tanto era stato
lo spavento.
Il pastore burlone fece lo stesso scherzo per altri tre turni,
continuando a prendersi gioco dei suoi colleghi.
Durante il suo quinto turno di notte, un branco di lupi si
avvicino' per davvero al gregge.
Il pastore, spaventato, si mise a urlare: "Al lupo, al lupo!"
Sentendo quelle grida, al villaggio tutti si svegliarono e
corsero al pascolo, senza pensare che poteva trattarsi del
solito sbaglio, perch avevano davvero a cuore sia le loro
pecore che il loro compagno.
Si avvicin a una vite e saltando cercava di raccogliere un
grappolo, ma non ci riusciva perch i rami erano troppo
alti.
Allora, scoraggiata e stanca, chiese direttamente alla vite
se poteva avere un grappolo, e la pianta, accorgendosi di
lei disse: "Certo, ci mancherebbe altro, sono ormai piena
di grappoli pesanti, tieni!" e lasci cadere un bel grappolo
di uva succulenta tra le zampe della volpe, che ringrazi e
corse tutta contenta alla sua tana nel bosco, a riempirsi la
pancia.

Il corvo e la volpe
Un corvo aveva visto un bel pezzo di formaggio, lasciato
da un contadino sul davanzale di una finestra di casa: lo
rub e vol sul ramo di un albero per mangiarlo in santa
pace.
Passava di l una volpe, che vide ci che il corvo aveva
fatto. Subito pens a come prendersi il formaggio.
Con un po' della sua astuzia avrebbe fatto aprire il becco
al corvo e il formaggio le sarebbe caduto dal becco del
corvo ai suoi denti. Per ci pens bene e concluse che
non e' giusto rubare perch altri rubano.
La volpe si present allora dal contadino e denunci il
corvo. Il contadino, allarmato, lasci un altro pezzo di
formaggio sul davanzale, ma ci mise anche una bella
trappola, perch sapeva che il corvo sarebbe tornato a
rubare.
Cos fu, e il corvo fin in gabbia, mentre la volpe fu
premiata dal contadino con il pezzo di formaggio.

Il leone e l'asino selvatico


Il leone era il pi potente di tutti, il temuto re di tutti gli
animali. Usava la sua forza per dominare sulle altre bestie,
e con prepotenza se ne cibava a suo piacimento.
Stanche di essere maltrattate e di finire preda del grosso
animale, un gregge di pecore decise di andare a vivere in
una grotta, dove il leone non sarebbe riuscito ad entrare.
Affamato, il re and alla grotta, ma l'entrata per lui era
troppo stretta, cos, fermatosi all'ingresso, ruggiva per
spaventare le pecore, ma queste si guardavano bene dal
mettere piede fuori dal loro rifugio.
Il leone pens dunque ad un piano per stanare le pecore,
e chiese a un asino di aiutarlo: sarebbe andato lui, che era
noto come animale mansueto, a convincere le pecore ad
uscire dalla grotta.
L'asino accett, ben contento di un compito come quello di
aiutare il suo re, il leone.
Quindi si rec all'ingresso della grotta, e fece un bel
discorso, cercando di convincere le pecore, ma queste,
sentendolo ragliare, se ne stavano ben chiuse dentro e gli
dissero: "Tu puoi urlare finch vuoi, carissimo, ma noi ti
conosciamo bene. Non ci lasciamo ingannare, perch sei
un asino, e anche se parli per il re, asino rimani!"

L'asino selvatico e l'asino domestico


Un asinello selvatico passava le sue giornate al pascolo,
nutrendosi mangiando quando poteva.
Il campo non era sempre generoso e spesso l'erba
scarseggiava per il tempo troppo freddo o troppo caldo.
Per questo motivo era piuttosto magro, tanto che sotto la
pelle si vedevano le sue costole.
Tutti insieme, a colpi di fucile e a bastonate, cacciarono il
branco di lupi e salvarono le pecore.
Il pastore burlone cap che aveva corso un brutto rischio:
se i suoi compagni non gli avessero creduto, le pecore, e
forse la sua stessa vita, sarebbero andate perdute.
Si pent allora del suo comportamento e smise di
prendersi gioco degli altri.

La volpe e l'uva
Era ormai arrivato l'autunno.
Una volpe aveva passato tutto il giorno in cerca di
qualcosa per sfamarsi, ma non avendo trovato nulla,
tornava con la pancia vuota alla sua tana. Aveva
setacciato tutto il bosco, arrivando fino al confine.
Mentre pensava che quello era solo l'inizio della stagione
terribile e che rischiava di morire di fame, vide una grande
vigna, piena zeppa di grappoli d'uva matura.
Il leone, l'orso e la volpe

Un grosso orso vagava affamato per la foresta alla ricerca


di un po' di cibo, quando vide un cesto pieno di provviste,
abbandonato probabilmente da qualche cacciatore.
Nello stesso momento arriv anche un grosso leone che
non mangiava da alcuni giorni.
I due si trovarono faccia a faccia, un po' imbarazzati e un
po' infastiditi dalla presenza l'uno dell'altro.
L'orso disse: "Sei il re, serviti pure".
Il leone rispose: "Sei arrivato prima tu, tocca a te".
Passava da quelle parti una giovane volpe che, sentendo
le voci dell'orso e del leone, si avvicino' incuriosita.
"Che succede?" chiese la volpe.
"Stiamo discutendo su chi deve mangiare per primo
questo cibo che abbiamo trovato" disse il leone.
La volpe sorrise e fece una proposta: "Ma ragazzi!
Possiamo dividercelo e mangiare insieme!"
Fu cos che i tre fecero un bel banchetto, e fecero anche
amicizia.
!

Il leone e la guerra
Il leone, re della foresta, decise un brutto giorno di fare
una guerra, come fanno tutti i re, ma si guardava bene
dall'andarci lui, e chiam a corte gli altri animali, suoi
sudditi.
Vennero tutti, dai pi grandi ai pi piccoli, perch il leone
aveva detto che tutti avrebbero avuto un ruolo nella
guerra.
Il re cominci ad assegnare ad ognuno il proprio compito,
cominciando dallelefante: "Tu hai molta forza. Andrai in
prima linea!"
Poi disse all'orso: "Anche tu sei agile e forte: andrai
all'attacco insieme all'elefante!".
Quando arrivarono davanti a lui gli asini e le lepri, il re
disse: "So che voi siete deboli e avete paura, ma un
compito lo avrete anche voi: voi asini avete una voce
potente per chiamare a raccolta i soldati, e voi lepri
porterete i miei ordini agli animali che combatteranno
prima linea."
Il leone, che credeva di essere saggio, sapeva che
nessuno era inutile e disse: "Dovete imparare che tutti
sono utili se usati al momento opportuno e sfruttando le
loro capacita'."
Fu il turno della volpe, e il leone le disse: "Tu che sei il pi
furbo degli animali, mi suggerirai cosa fare."

"Bene, mio re, te lo dico subito: non fare la guerra!"


Sugger la volpe.

!
Un giorno l'asino selvatico vide un suo simile, molto pi
sano e robusto di lui, che brucava l'erba in un grande prato
recitando da una staccionata. Era un asino addomesticato.
Osservandolo, l'asino selvatico disse: "Che bella vita! Lui
s che sta bene: spensierato, senza problemi e con il
cibo a volont".
In effetti all'asino domestico venivano serviti due pasti al
giorno, dormiva in una stalla pulita e il contadino, suo
padrone, lo teneva in forma.
Cos l'asinello appoggiava il muso alla staccionata e,
guardando l'altro, lo invidiava da morire.
Un giorno, per, lo incontr lungo un sentiero, e vide che
portava sul groppone quintali di legna, sacchi pieni di
grano e attrezzi per lavorare i campi; era cos carico che
faceva fatica a camminare.
Procedeva barcollando e stremato dal peso eccessivo che
il padrone gli aveva messo sulla schiena.
L'asino selvatico ebbe allora un'idea: si present al
padrone dell'asino domestico e si offr di aiutarlo, in
cambio di cibo e un posto nella stalla.
Il contadino accett volentieri e lo prese nella sua fattoria,
perch sapeva che correva il rischio di perdere il suo asino
stremato dalla fatica.
Ora i due asini si dividono il peso dei carichi in parti uguali,
sbrigano il lavoro pi velocemente e gli affari del contadino
vanno molto meglio.

!
Alla fine della giornata, l'uomo torn a casa e raccont
quello che gli era accaduto, poi vendette la scure d'oro e
con i soldi fece festa con tutti gli amici.

L'aquila e la tartaruga
Una tartaruga rompeva le scatole a un'aquila perch le
insegnasse a volare, e pi questa cercava di farle capire
che la cosa era contro natura, pi quella insisteva.
"Ma cosa ti costa? - disse la tartaruga - Basta che mi
sollevi in alto, poi
voler da sola
nell'aria!"
Allora l'aquila afferr
con i suoi artigli una
noce di cocco, e
disse: "Immagina
che questa sia la tua
testa e guarda cosa
succede". Quindi si
sollev in volo, e
raggiunti pochi metri
di altezza lasci cadere il frutto.
La noce di cocco cadde su una roccia e si ruppe in mille
pezzi.
"Anche se la mia testa pi dura della noce di cocco,
adesso ho capito - disse la tartaruga - e vado a piedi!

!
Lo gnomo Tremotino, noto anche come
Rumpelstilzchen, ma Tremotino e' piu' facile da
ricordare
Nel paese delle fiabe capita che quando il re vuole
sposarsi non ha che l'imbarazzo della scelta: si fa un giro
del proprio regno e si sceglie la fanciulla pi bella,
mettendo da parte i sentimenti. Se il re anche pigro, non
deve scomodarsi, e gli basta organizzare una serata di
gala per veder sfilare a corte le pretendenti.
Aggiungiamo che c' della gente disposta a tutto pur di
vedere la propria figlia sposare un re, o quantomeno un
principe, quindi la cosa non troppo difficile.
Si fa pi complessa se il re va in giro a cercar moglie per il
regno di qualcun altro, come capit con Paride e Elena,
ma non e' il nostro caso.
Tornando a noi, in genere la prescelta e' semplicemente la
pi bella del reame; non quella che piace, ma la pi bella,
la quale, da parte sua non ha nulla da ridire sulle nozze.
In qualche caso, per, questa tradizione genera qualche
inconveniente, come capito' alla sprovveduta figlia di un
mugnaio, il quale mise in giro la voce che la sua giovane
erede di nulla sapeva filare il fieno trasformandolo in oro.
Quando questa fantasia giunse alle orecchie del re, avido,
ecco che al mugnaio arriv l'ordine di portare la figlia a
corte.
Al diavolo anche la bellezza: una donna che trasforma il
fieno in oro la moglie giusta per un re.
Nemmeno sappiamo che nome ha la ragazza, ma non il
suo nome ad essere importante. Ella deve solo saper
filare il fieno trasformandolo in oro, come racconta suo
padre.
Per fortuna, ah, la fortuna, il re nemmeno vuole assistere a
questo prodigio: per questo la giovane aspirante sposa
viene rinchiusa nel fienile del castello perch trasformi il
fieno in oro. Ha l'intera notte per farlo.
La poveretta, rimasta sola, scoppia a piangere.
Nel buio del fienile, sicuramente disturbato dal pianto,
ecco che appare un piccolo gnomo.
I due nemmeno si presentano; la ragazza spiega la
drammatica situazione.
Gli gnomi, questa un'altra cosa normale nelle fiabe, sono
in grado di fare le cose pi disparate; quello che compare
in questa storia capace di filare il fieno in oro, anche se
vuole qualcosa in cambio.

La ragazza non crede alle sue orecchie, e gli offre la


collana che porta al collo. Lo gnomo accetta lo scambio.
Cos fu che la mattina seguente la ragazza si fece trovare
dal re con una bella serie di rocchetti di fili d'oro. Il re, a
questo punto, dovrebbe sposarla il giorno stesso, ma non
Il taglialegna e la scure
Un giorno, mentre andava nel bosco, a un taglialegna
cadde la scure nel fiume.
Non sapendo come recuperare il suo prezioso attrezzo da
lavoro, si sedette sulla riva del fiume e comincio' a
piangere. Senza la scure non poteva pi fare la legna e
guadagnarsi da vivere.
Pass da quelle parti Ermes, che, sentendo il taglialegna
lamentarsi, si commosse e decise di aiutarlo; si tuff nel
fiume e torn con una scure d'oro, chiedendo allo
sfortunato boscaiolo se fosse quella che aveva perso.
L'uomo rispose di no, perch la sua non era d'oro, e quindi
Ermes si tuff ancora in acqua a cercare di nuovo la scure
perduta.
Riemerse
finalmente
con la scure
del
taglialegna,
che subito
grid di
gioia nel
rivederla.
"E' questa!
E' proprio la
mia scure!"
Ammirato
dalla sua
onest,
Ermes gli
lasci anche
la scure
d'oro.
Abatino a Zuzzurro. Si avvalse della facolt di farsi dare
una mano dai sapienti del reame, i quali, se fossero stati
davvero saggi, avrebbero dato al re migliori consigli circa il
matrimonio.
Pass dunque il primo giorno, e puntuale apparve lo
gnomo. La regina cominci a leggere la lista di nomi, ma
non c'era quello del terribile e astuto piccoletto.
E' superfluo raccontarlo, ma di fatto nemmeno dopo il
secondo giorno fu pronunciato il nome dell'ignobile essere,
per quanto l'intera popolazione si ciment con la regina a
sciorinare nomi fino anche a citarne di mai sentiti. Non era
valido ne' Gianpieralberto ne' Filippantonio. Carluigino e
Pietrandrea men che meno.
Solo la sorte poteva aiutare la regina, e non manc.
Quando il terzo giorno, verso sera, alla presenza di tutti si
trovarono di fronte il perfido gnomo e la regina
sprovveduta, il colpo di scena: la donna in lacrime
consegn il proprio figlio al nanetto, che a fatica riusciva a
tenerlo in braccio.
Soddisfatto per aver trionfato, il piccoletto chiese alla
regina il nome del maschietto.
"Tremotino" rispose lei.
A questa parola lo gnomo spari' nel nulla, perch
Tremotino era anche il suo nome, come scritto nel titolo
del racconto.

!
L'oca d'oro
Le fiabe, in gran parte attribuite a due fratelli, sono in
realt racconti tramandati da persona a persona, da una
generazione all'altra. E' normale quindi che vengano
cambiate, in base a come uno se le ricorda.
Capita poi che qualcuno faccia confusione e raccontando
una storia la mescoli con un'altra. Senza dubbio la fiaba
dell'oca d'oro deve aver avuto un percorso piuttosto
tortuoso.
Racconta di un giovane che era considerato tanto ingenuo
da essere chiamato Grullo. Non se la passava tanto bene;
anche i suoi parenti lo trattavano male. Lui pero' non se ne
curava, perch se tutti pensavano fosse un ingenuo, era in
realt un ragazzo buono.
Era l'ultimo di tre fratelli.
Un giorno il maggiore dei tre and nel bosco a tagliare la
legna. La madre gli diede una bella focaccia e una bottiglia
di vino. Arrivato nel bosco, incontr un tipo strano, un
vecchio, che gli chiese un pezzo della focaccia e un sorso
di vino.
"Non se ne parla nemmeno" rispose il giovane, e and per
la sua strada. Trovato un grosso albero, prese la scure per
tagliarlo, ma gli cadde sul piede, costringendolo a tornare
a casa zoppicando per il dolore.
Non immagin che quanto successo era dovuto alla
maledizione lanciata dal vecchio tipo strano.
La stessa cosa capit al fratello di mezzo. Andato nel
bosco, anche lui incontr il vecchio omino, e anche lui
rifiut di dargli da mangiare e da bere.
Trovato l'albero da tagliare, dopo due colpi si fece male a
una spalla e dovette tornare a casa.
Fu Grullo allora a prendere la scure e ad andare nel
bosco, mentre i suoi fratelli lo deridevano e sua madre,
che non aveva fiducia in lui, con disprezzo gli diede una
focaccia mezza bruciata e il vino andato a male.
Arrivato nel bosco, Grullo, come i suoi fratelli, incontr
l'omino strano. Indovinate un po', anche a lui l'omino
chiese da mangiare.
Al contrario dei fratelli, il buon Grullo accett di dividere il
suo pranzo: "Ho soltanto una focaccia mezza
bruciacchiata - gli disse - e il vino acido, ma se ti va
bene te ne posso dare una parte".
Mangiarono e bevvero, poi il vecchio strano gli disse: "Hai
un cuore buono e dividi volentieri con altri quello che tuo.
Per questo voglio premiarti. Guarda quel vecchio albero;
abbattilo e troverai qualcosa nelle radici."
Grullo fece come gli fu detto, e dietro l'albero abbattuto
trov un'oca con le piume d'oro.
La prese in braccio e torn a casa, ma siccome era ormai
buio, si fermo' a passare la notte in una locanda, pagando
con una piuma d'oro dell'oca.
Il padrone della locanda aveva tre figlie che, vedendo
l'oca, non seppero frenare la loro curiosit e men che
meno il desiderio di impossessarsi delle preziose piume.
La maggiore delle sorelle aspett che Grullo si
addormentasse per afferrare l'oca, quando, per magia, le
sue mani rimasero appiccicate all'oca. Dietro di lei
arrivarono le altre due figlie che appena le si avvicinarono
rimasero appiccicate alla sorella.
Le tre passarono la notte una attaccata all'altra, tutte e tre
attaccate all'oca.
La mattina, quando Grullo si alz, prese in braccio l'oca e
se ne and, senza badare alle tre ragazze, che furono
costrette a seguirlo, incapaci di staccarsi dall'oca.
Un contadino che andava per i campi, invece, not la cosa
e con l'intenzione di aiutare le tre sorelle si avvicin
sarebbe abbastanza re se non volesse ancora pi oro, e
quindi fa rinchiudere la prodigiosa fanciulla nel fienile per
un'altra notte, dopo aver passato il giorno a riempirlo di
fieno.
La ragazza aveva un sola speranza: che lo gnomo
comparisse di nuovo. Eccolo spuntare fuori dal nulla, ma
questa volta la fanciulla non aveva pi nulla da offrire in
cambio. Nulla che possa interessare al piccoletto.
Lo gnomo le fece una proposta: le chiese in cambio il
primogenito.
Senza pensarci troppo, la ragazza veramente sprovveduta
accett, e durante la notte lo gnomo fil talmente tanto oro
da soddisfare persino l'avidit del re.
Il Re, finalmente convinto, mantenne la promessa e
organizz le nozze. La ragazza, colta da un improvviso
colpo di genio, si fa promettere che, una volta sposata,
non avrebbe dovuto filare altro oro.
Non fu un lieto fine, ma un buon intermezzo, durante il
quale re e regina vissero felici e spensierati, finch,
davvero brutto a dirsi, nacque il primo figlio, un bel
maschietto. Non fu brutto il fatto in se', intendiamoci bene,
ma tanto il fatto che lo gnomo si present a reclamare il
neonato, secondo il patto scellerato che la ragazza aveva
fatto.
La regina, disperata, cerc di convincere lo gnomo che
quanto promesso non poteva essere mantenuto, e il
piccoletto, da parte sua, sembr ancora farsi intenerire
dalle lacrime della ragazza. Perfido, il piccoletto cambi il
patto: avrebbe rinunciato al bambino e sarebbe sparito per
sempre se la regina avesse pronunciato il nome dello
gnomo entro tre giorni.
La regina trascorse tutta la notte sveglia, non a filare oro,
ma a compilare un lungo elenco di nomi, che andava da
Il giovane, che era grullo solo di nome, reclam la mano
della ragazza, che da parte sua sarebbe stata ben felice di
sposarsi con un uomo buono e divertente, ma il re cerc
mille scuse per opporsi.
Pretese che prima Grullo doveva portargli un uomo
capace di mangiare una montagna di pane.
Grullo pens subito al vecchio omino che gli aveva dato
l'oca d'oro.
And nel bosco dove aveva abbattuto l'albero e lo trov
seduto, con la faccia tutta triste. Il giovane domand che
cosa lo addolorasse tanto. "Come ricorderai, ho tanta
fame e non ho da mangiare.
Grullo lo condusse a corte, dove il re aveva fatto
raccogliere tutta la farina del regno e l'aveva fatta cuocere
in un'enorme montagna di pane. Il vecchio omino strano
non si fece pregare: prima che fosse sera aveva divorato
tutto.
Il re trov un'altra scusa per non far sposare la figlia con
Grullo: doveva portargli un uomo in grado di bere tutto il
vino che stava nelle cantine del palazzo reale.
Grullo si rec nuovamente nel bosco e trov l'omino che si
teneva la pancia. "Forse ho mangiato troppo. Avrei
bisogno di bere qualcosa". Udendo queste parole, Grullo
lo port di nuovo a corte, e sceso in cantina, l'omino vuot
le cento botti di vino del re.
Indispettito, il re disse a Grullo che avrebbe fatto sposare
la figlia solo in cambio di una nave capace di viaggiare sia
per mare che per terra.
Pensate forse che un vecchio omino strano, che regala
oche con le piume d'oro ed capace di bersi cento botti di
vino non abbia un mezzo di trasporto del genere?
Furono dunque celebrate le nozze, Grullo eredit il regno
e visse felice.
Le tre ragazze, il contadino, il mercante e i suoi due
aiutanti stanno ancora cercando di staccarsi dall'oca dalle
piume d'oro.

Il re Bazza di Tordo
Un re aveva una figlia bellissima, ma anche molto
antipatica, che riteneva tutti i pretendenti indegni di lei.
Respingeva tutti gli uomini, uno dopo l'altro, deridendoli.
Una giorno il re suo padre organizz una festa, sperando
con nell'occasione la figlia trovasse un marito.
I pretendenti furono messi in fila e condotti al cospetto
della principessa, ma per ciascuno di loro lei trovava
qualcosa da ridire, cos uno era troppo grasso: "Un
elefante!" un altro era troppo alto: "Una giraffa!", uno
troppo piccolo: "Sono pi alti i miei nani da giardino!", il
quarto troppo pallido: "Oh, un fantasma!", e cos via.
Trovava sempre qualcosa da ridire su ciascuno; in
particolare derise un re che aveva il mento un po' ricurvo.
"Oh - gli disse ridendo - quello ha il mento come il becco di
un tordo!"
Da quel momento lo chiamarono Bazza di Tordo.
Il vecchio padre si arrabbi vedendo la figlia prendersi
gioco dei pretendenti, e giur di darla in moglie al primo
mendicante che bussasse alla sua porta.
Alcuni giorni dopo un suonatore si mise a cantare sotto la
finestra del palazzo, chiedendo l'elemosina.
Quando il re lo sent, mand a prenderlo: era un suonatore
davvero lurido e vestito di stracci. Cant davanti al re e a
sua figlia e, quando ebbe finito, domand una modesta
ricompensa.
Il re disse: "Ecco la mia ricompensa: mia figlia!"
La principessa inorrid, ma il re mantenne la promessa
fatta e fece celebrare le nozze, poi disse: "Non voglio che
la moglie di un mendicante abiti nel mio castello, ora
vattene con tuo marito".
Il mendicante se ne and portandosela via.
Arrivarono in un grande bosco e la giovane ripudiata
principessa chiese: "Questo bel bosco a chi appartiene?"
"A re Bazza di Tordo. Sarebbe tuo non l'avessi rifiutato".
Poi attraversarono un grande prato e la giovane sposa
chiese ancora: "Questo prato a chi appartiene?"
"A re Bazza di Tordo. Sarebbe tuo non l'avessi rifiutato".
Arrivarono infine in una grande citt con palazzi di lusso
dai tetti colorati. La sposa chiese: "Che bella citt! A chi
appartiene?"
"A re Bazza di Tordo. Sarebbe tuo non l'avessi rifiutato".
Attraversata la citt, giunsero ad una piccola casetta: "O
cavolo! E questa casetta cos piccola, a chi appartiene?"
"E' la mia casa e adesso anche la tua, dove abiteremo
insieme".
"Dove sono i servi?"
"Ma quali servi! Devi farti da sola ci che e' necessario.
Accendi subito il fuoco e getta la pasta, che io sono stanco
morto.
Ma la principessa non sapeva accendere il fuoco e
cucinare, e il marito dovette darle una mano.
Quand'ebbero finito la cena, andarono a dormire, ma il
mattino presto, l'uomo fece svegliare la moglie perch
sbrigasse le faccende di casa. Dopo alcuni giorni le disse:
"Moglie, non possiamo continuare a mangiare senza
all'ultima della strana fila, finendo con rimanerci attaccato
anche lui.
Grullo procedeva ignaro di portarsi dietro una strampalata
processione.
Un mercante e i suoi due aiutanti fecero per accorrere in
aiuto del contadino, ma anche loro gli rimasero attaccati,
rendendo la fila pi lunga e pi comica.

Passava da quelle parti il re con sua figlia, che era affetta


da un male terribile: la principessa era sempre triste, e
niente la faceva divertire. Per questo il re aveva stabilito
che sarebbe andata in sposa a colui che fosse riuscito a
farla ridere.
Quando vide la scena di Grullo che si trascinava dietro
sette persone appiccicate tra loro, la principessa cominci
a ridere, e non la smetteva pi.
Il re si commosse al vedere la figlia ridere, ma quando i
suoi sudditi gli ricordarono quanto promesso sulla sorte
della principessa, torn serio, considerando poco
opportuno che la figlia andasse in sposa a uno noto come
Grullo.
Il re Bazza di Tordo le disse: "Non aver paura. Io sono tuo
marito. Sono il suonatore, e sono anche il soldato che ti ha
rotto le stoviglie. Ho fatto tutto questo per farti capire
quanto sia sbagliata la tua arroganza. Ma ora hai imparato
la lezione, e finalmente festeggeremo le nozze".
Questo avvenne alla presenza del padre della sposa,
complice del piano per far cambiare il carattere della figlia,
e degli abitanti dei due regni.
Io invece ero impegnato altrove.

La mucca con gli stivali


C'era una volta un mugnaio la cui ricchezza consisteva in
tre figli.
Prima di morire li chiam e divise tra loro i pochi beni
materiali che possedeva.
Al figlio maggiore lasci in eredita' il mulino, al secondo
una mucca, al terzo il gatto e un paio di stivali.
Come si conviene, i tre ragazzi si misero in societ e per
prima cosa decisero di dare una sistemata al mulino che
cadeva a pezzi, ma per fare questo occorrevano soldi.
Decisero cos di vendere la mucca.
Andarono al mercato in paese, e vendettero la mucca a un
ragazzo di nome Jack, famoso nella compravendita di
bestiame.
In un'altra fiaba, Jack aveva venduto la vecchia mucca di
famiglia in cambio di tre fagioli, li aveva seminati e li aveva
fatti fruttare arricchendosi, e quindi aveva potuto comprarsi
di nuovo una mucca, anche perch sua madre continuava
a fargli pesare la vendita di quella vecchia.
Con la mucca, i tre fratelli lasciarono a Jack il paio di stivali
in omaggio.
Non sapendo cosa farsene, Jack mise gli stivali alla
mucca e se ne torn a casa.
Lungo la strada Jack ragionava sul fatto che la mucca
aveva quattro zampe, quindi era necessario procurarsi un
altro paio di stivali, e forse la mamma non sarebbe stata
contenta.
Improvvisamente gli piomb accanto un ragazzino che
invece di camminare procedeva facendo lunghissimo salti:
a ogni passo che faceva corrispondevano sette leghe.
Una lega corrisponde a circa due miglia; un miglio
corrisponde a circa milleseicento metri, quindi quel
ragazzo faceva pi di ventidue chilometri con un solo
passo.
Per poco non cadde addosso a Jack. Si schiant invece
contro la mucca, finendo per terra.
"Ma cosa fai?" chiese Jack "Stai un po' attento!".
Il piccolo ragazzo, a terra, si aggiust il cappello che gli
era calato sulla faccia.
"E' colpa di questo cappello troppo grande. Gli stivali che
indosso sono magici e si adattano ai miei piedi, ma il
cappello, quello no, e mi cade sugli occhi. Per questo non
vi ho visto. Ti chiedo scusa. Mi chiamo Pollicino".
Jack gli tese la mano e lo aiut ad alzarsi.
"Davvero hai degli stivali magici?" gli chiese.
"Si', ma comincio a essere un po' stufo. Corro avanti e
indietro per conto del re tutto il giorno e non mi diverto pi
come prima".
"Vendimi gli stivali, allora. Mi servono per la mucca."
"Vedo che ne ha solo due - rispose Pollicino - pero' a me
servono per lavorare."
"Posso darti in cambio un bicchiere di latte."
"Non mi sembra un buon affare, sinceramente, anche se
ne assaggerei volentieri."
Jack allora si mise a mungere la mucca e fece bere il latte
a Pollicino.
"E' buonissimo! Non posso venderti gli stivali, ma forse
possiamo metterci in societ e vivere bene vendendo il
latte della tua mucca."
Fecero quindi un accordo vantaggioso per tutti: misero gli

stivali magici alla mucca, le montarono in groppa e la


spronarono.
La mucca, leggera come una libellula, volava da un paese
all'altro, e in ogni posto dove si fermavano, i due soci
vendevano il latte.
E vissero tutti felici e contenti, a parte il gatto, perch
qualcosa non gli tornava, e chi si sta chiedendo ancora
cosa un mugnaio.

!
guadagnare. Farai dei canestri di paglia" Ma la giovane
che fu principessa si fer facilmente le mani delicate.
"Non e' il tuo mestiere. Forse e' meglio che fili la lana"
Ma il filo era duro e la sposa si fer di nuovo le mani.
"Non sei buona a nulla: con te sono capitato male - disse il
marito - Proviamo a commerciare in pentole e stoviglie di
terracotta: venderai la merce al mercato"
"Ma se viene al mercato gente dal regno di mio padre, e
mi vede seduta a vendere, si prender gioco di me!"
Ma non c'era alternativa, e la donna cominci a vendere
pentole e vasi di terracotta.
Non le andava tanto male, perch per la sua bellezza
erano in tanti a comprare da lei.
Finch un giorno un soldato a cavallo, ubriaco, arriv di
corsa al mercato, finendo tra i vasi della donna e
mandandoli in mille pezzi.
Ella si mise a piangere, disparata.
Corse a casa e quando torn il marito gli raccont quanto
successo.
"Sono stato al castello del nostro re Bazza di Tordo e ho
saputo che hanno bisogno di una sguattera; mi hanno
promesso che ti prenderanno, cos ti guadagnerai da
vivere".
Fu cos che la principessa divenne una serva.
Arriv il giorno in cui si celebrarono le nozze del re, e la
serva fu portata a servire nella sala principale. Quando
arriv il re, tutto vestito d'oro e la vide, cos bella, la prese
per mano e le chiese di ballare.
Ma lei rifiut riconoscendo il re Bazza di Tordo,
vergognandosi per averlo respinto e preso in giro.
Guardando bene, not che assomigliava in modo
incredibile al marito.

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