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ADVENTURE

di Roberto Recchioni
1

Quando il ragazzo nacque, le cose avevano iniziato ad andare male gia da un po.
Forse e per questo che nessuno gli bado poi molto.
Lui, del resto, non aveva alcuna qualita che lo facesse spiccare tra tutti gli altri.
A dodici anni, non era alto ne basso. Non era robusto o esile, grasso o magro. I
suoi capelli non erano rossi come la fiamma o doro come il sole e nemmeno neri
come le piume dei corvi. Erano portati corti e, al pari dei suoi occhi, di un castano
scuro, senza alcuna sfumatura. I tratti del suo volto, regolari e anonimi, non
suscitavano disprezzo ma, tantomeno, simpatia: una fronte spaziosa ma non
prominente, un naso dritto e non troppo lungo, due orecchie che avevano proprio
la forma che le orecchie dovrebbero avere e una bocca con cui il ragazzo
sorrideva e piangeva in egual misura, perche come il suo aspetto era comune, allo
stesso modo lo era il suo carattere.
Non piu intelligente o coraggioso dei suoi compagni e nemmeno piu schivo o
riservato, il ragazzo sapeva stare insieme agli altri al pari di quanto sapesse stare
da solo. Amava giocare allaria aperta e, come tutti quelli della sua eta , aveva
marinato la scuola qualche volta anche se mai cos frequentemente da ricevere
una qualche punizione. Aveva spirito diniziativa ma non era il tipo da trascinare i
compagni in ardite imprese, pur non tirandosi mai indietro quando qualcuno si
prendeva il carico di tale responsabilita . Sapeva essere leale e onesto anche se
ogni tanto aveva tradito e mentito, sentendosi in colpa come chiunque altro per
averlo fatto. Scherzava e sapeva ridere degli scherzi ma ogni tanto perdeva la
calma e si arrabbiava. Certe volte era triste. Altre volte, felice.
Infine, il ragazzo non aveva voglie o strane cicatrici o qualsiasi altro segno di
riconoscimento distintivo, non era il figlio segreto di un re o di una strega, le
parche non avevano giocato con il suo destino, non era il prescelto per qualche
nobile impresa e non si parlava di lui in nessuna antica profezia.
Era un tipo cos anonimo che gli abitanti di Terra Arsa, il villaggio in cui era nato
e viveva, non avevano mai trovato un buon soprannome da dargli e, visto che il
suo vero nome era comune quanto lui, tutti lo chiamavano, semplicemente,
ragazzo.
2

Cera solo una ragione per cui il ragazzo si trovasse l, sulla soglia di quella scura
caverna, in procinto di muovere un passo che lo avrebbe portato chissa dove, e
questa ragione era spiegabile in sette parole: alle volte, i dodicenni fanno cose
stupide.
E il ragazzo aveva compiuto dodici anni giusto la settimana prima, quindi, anche
il gesto avventato che stava per compiere era, a conti fatti, del tutto normale.
Per quanto, probabilmente, mortale.
Si dice che le grandi avventure inizino tutte con un passo fuori dalla porta e quel
passo,il ragazzo lo fece abbandonando l'azzurro del cielo alle sue spalle per
sprofondare nel nero della grotta, davanti a lui. E non ci penso sopra molto.
A dire il vero, non ci penso sopra per nulla.
E quello fu un grosso sbaglio.
3

Quella mattina il Ragazzo si era svegliato presto, con lintenzione di andare a fare
una ricognizione tra i sentieri di Monte Fuligine, l'ammasso che dominava la valle
in cui si trovava il suo villaggio. Tom il Naso aveva detto di averci visto dei ratti
rossi da quelle parti e il ragazzo voleva vedere se era vero. Era da un pezzo che
quelle creature erano sparite dai dintorni e la loro rarita le aveva rese prede
prestigiose, nonostante il loro aspetto disgustoso e il loro odore, persino
peggiore. Aveva quindi indossato una maglietta scolorita che un tempo usava
come casacca per le partite di palla corda, un paio di jeans strappati su entrambe
le ginocchia e le sue vecchie Chuck Taylor. La madre lo avrebbe ucciso se avesse
indossato il farsetto buono per andare a giocare e, comunque, il ragazzo odiava il
farsetto buono. Prima di uscire, si era armato della sua fionda e di una manciata
di biglie di piombo che aveva infilato in una delle tasche dei jean. Nellaltra tasca
aveva messo il coltellino multiuso che gli era stato regalato per il suo
compleanno. Per un attimo aveva riflettuto se portarsi dietro anche la sua spada
di legno ma poi aveva desistito dallidea: era praticamente un giocattolo e lui,
ormai, era diventato grande. In una sacca di tela aveva messo un grosso pezzo di
pane e unabbondante fetta di formaggio, presi dalla dispensa e incartati nella
carta dargento. Dalla ghiacciaia aveva prelevato una lattina di coca e aveva
infilato pure quella nella sacca, insieme a un fumetto di Tiger Jack, in caso si fosse
annoiato. Infine, aveva scritto un biglietto per la madre che ancora dormiva: Non
torno per pranzo. Non preoccuparti, sto attento!
Poi era uscito e, proprio come aveva detto, non era tornato per pranzo.
Ma non era stato attento.
4

La prima parte della mattinata passata tra le rocce di Pietra Spaccata non era
stata tanto male. Il sole non batteva ancora forte e il ragazzo aveva prima
camminato qualche tempo e poi, quando era sicuro di aver trovato una posizione
favorevole, aveva preparato la sua trappola che consisteva semplicemente in un
pezzo di formaggio poggiato in terra e perfettamente visibile dal luogo in cui lui
si era nascosto con la fionda in mano. Appena un topo rosso fosse stato cos
stupido da farsi vedere, lui avrebbe preso la mira e lo avrebbe ucciso.
Era piuttosto orgoglioso della sua abilita con la fionda e non aveva alcun dubbio
che avrebbe colpito la sua presa. Se solo se ne fosse mai presentata una.
Per piu di un'ora il ragazzo aveva atteso sensa staccare mai gli occhi, poi aveva
iniziato ad annoiarsi e si era messo a leggere il suo fumetto, spiando da sopra le
pagine il pezzo di formaggio in terra.
Tiger Jack era un grande cacciatore ed era in grado di aspettare la sua preda per
giorni interi. Ma per quanto il ragazzo avrebbo voluto essere come lui, adesso
faceva caldo e proprio non ce la faceva a restare fermo piu a lungo. Forse Tom il
Naso si era inventato tutto, forse non c'erano topi rossi tra le rocce e lui stava
sprecando il suo tempo. O forse, semplicemente, non era stato fortunato.
Comunque fosse, era stufo e decise che tanto valeva farsi un giro e vedere se fosse
riuscito a trovare qualcos'altro.
Ed e cos che il ragazzo si imbatte nell'entrata della grotta.
5

La grotta si apriva sul fianco della montagna e la sua entrata non era rotonda e
ordinata come quelle che si vedono nelle illustrazioni dei libri di avventure. Era
piuttosto un taglio verticale, lungo e sbilenco, che al ragazzo ricordo quello che le
donne hanno tra le gambe e il pensiero lo mise a disagio.
La grotta prima non c'era. Di questo il ragazzo era certo. Tutti sapevano infatti
che nelle viscere di Monte Fuligine si trovavano un gran numero di tunnel,
caverne e tesori e gli avventurieri battevano le sue pareti scoscese alla costante
ricerca di un modo per potevi accedere. Se quella grotta ci fosse sempre stata,
qualcuno l'avrebbe trovata nel corso degli anni e l'avrebbe esplorata per
saccheggiarla.
Ma nessuno aveva mai raccontato al ragazzo la storia di come grandi eroi
facessero un tempo tappa nel villaggio, prima di andare a cercare fortuna nelle
viscere della terra. Una storia del genere lui l'avrebbe sentita di certo. No. Quella
grotta era nuova. Forse il monte aveva tremato e la roccia si era spaccata,
rivelando quell'entrata. O forse qualcuno, dall'interno, aveva aperto
quell'accesso. O forse ancora, la grotta si era aperta solo per lui perche lui era il
prescelto e, una volta che ci fosse entrato, avrebbe scoperto il suo glorioso
destino. Il ragazzo penso molto seriamente a quest'ultima ipotesi e poi la scarto :
lui non era speciale e non lo sarebbe mai stato, inutile illudersi.
Ma la grotta era reale. E lui l'aveva trovata. E questo avrebbe potuto cambiare le
cose. Sarebbe potuto tornare al villaggio e reclamarne la scoperta. Ci sarebbe
stata una ricompensa e tutti avrebbero parlato di lui.
Hai sentito della grotta del ragazzo?
Avrebbero detto per le strade.
I nostri affari andranno meglio adesso che il ragazzo ha scoperto quella grotta!
Avrebbero detto al mercato.
Il paese diventera famoso grazie alla grotta del ragazzo!!
Avrebbero detto tutti.
Proprio cos, quella era la cosa giusta da fare: tornare indietro, prendersi il
merito della scoperta e lasciare che fossero i grandi a sbrigarsela poi.
Il ragazzo ci rimuginava sopra quando un'idea comincio viscidamente a
insinuarglisi nella mente.
E se invece fosse entrato?
Giusto qualche metro. Giusto per poter dire di non essere solo il primo ad averla
trovata ma di essere il primo ad averla esplorata?
Forse, dentro quelle tenebre che gli si aprivano davanti, non c'erano solo
ricchezze e misteri.
Forse c'era anche un nome.
Il suo nome.
6

Un passo.
Ed era nella grotta.
Intorno a lui solo le tenebre.
Il ragazzo si aspettava che i suoi occhi ci avrebbero messo qualche secondo ad
adattarsi alla nuova condizione, quindi si fermo .
Ma quel buio era ostinato e tenace e non sembrava intenzionato a fargli il favore
di essere poco meno di quello che era: buio.
Il ragazzo fece un secondo passo.
Avrebbe dovuto portarsi dietro una torcia. E' cos che cera scritto nel manuale di
ogni buon avventuriero. E, insieme alla torcia, il manuale consigliava di avere con
se anche della corda (dieci metri almeno, di seta, se possibile), un acciarino, un
martello da roccia, chiodi da scalata, un coltello da caccia, un coperta o un
asciugamano, un mantello, un kit di primo soccorso, una scorta dacqua e
provviste per almeno tre giorni. E un'arma.
Perche nelle grotte ci sono i mostri, oltre ai tesori.
Il ragazzo, invece, aveva solo la sua fionda e uno zaino pieno di cose inutili.
Doveva tornare indietro e voleva farlo.
Ma fece un terzo passo, tanto per vedere cosa cosa sarebbe successo.
E visto che non era successo nulla, ne fece un quarto.
E quello fu l'ultimo.
7
Il pavimento non c'era piu .
Il ragazzo se ne accorse un momento prima di cadere nel buio.
L'attimo dopo il mondo aveva cominciato a inclinarsi, a capovolgersi e poi a
ruotare in avanti e indietro.
Sto per morire, aveva pensato il ragazzo. Ma quando aveva impattata contro la
dura roccia, alcuni metri piu in basso, era ancora vivo.
Gli facevano male le ginocchia e le spalle, in bocca aveva il sapore dolciastro del
sangie e quasi non riusciva piu a sentire il braccio destro da tanto che gli
formicolava. Ma era ancora vivo, di questo ne era certo.
Se sei morto, non provi dolore.
All'inizio non si mosse. La caduta gli aveva mozzato il fiato e l'idea di restare
sdraiato a respirare, non gli parve tanto male. Poi si mise sulle ginocchia e con la
mano sinistra tasto in giro. La roccia sotto di lui era umida e viscida e al buio non
riusce a trovare il suo zaino. Con molta cautela si mise in piedi e con una certa
sospresa scopr che nella mano destra serrava la fionda e che nelle tasche
c'erano ancora le sue biglie. Si poteva dire fortunato, se la parola fortuna si
fosse mai potuta ascrivere a un ragazzino sul fondo di un pozzo di pietra. In una
grotta sconosciuta. Senza viveri. Al buio.

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