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Per molti secoli l’energia idraulica dei fluidi è stata utilizzata dall’uomo per svolgere le più
disparate funzioni tra cui spingere i battelli, far ruotare i mulini e le ruote ad acqua. Oggi un
classico esempio di utilizzazione dell’energia idraulica dei fluidi è rappresentato dalle centrali
idroelettriche.
L’utilizzazione dell’energia idraulica di un fluido non è però limitata solamente alle
applicazioni nelle quali si sfrutta la loro azione dinamica. Tale forma di energia è, infatti,
tradizionalmente associata con la trasmissione di potenza per mezzo di un fluido in pressione
in cui l’energia è immagazzinata sotto forma di energia potenziale di pressione anziché sotto
forma di energia cinetica.
La trasmissione di potenza per mezzo di un fluido in pressione si basa su un semplice
principio fondamentale la cui enunciazione deve essere attribuita al francese Pascal che nel
1648 pubblicò un libro sull’idrostatica dove era formulata la famosa legge di Pascal: ”la
pressione esercitata su un fluido confinato si trasmette identicamente in tutte le direzioni ed
agisce perpendicolarmente alle superfici”. Pur costituendo un principio fondamentale
dell’idrostatica, Pascal, che era fondamentalmente un teorico, non riuscì a tradurre utilmente
in pratica il suo principio. Solo un secolo dopo Bramah fu in grado di realizzare i primi
dispositivi per l’utilizzazione pratica dell’energia idraulica di un fluido. Egli dimostrò che una
forza relativamente piccola applicata su un pistone di piccolo diametro che si muove lungo un
cilindro produceva una forza elevata su un pistone di grande diametro che scorreva in un altro
cilindro comunicante con il precedente ma caratterizzato da una corsa inferiore. Realizzò in
sostanza il sistema noto con il nome di torchio idraulico.
F1
A1
F2 F1 F
p1 = p 2 ⇒ = 2
A1 A 2
A2
da cui F2 = F1
A2 A1
se A 2 = 100 A 1 ⇒ F2 = 100 F1
Questo dispositivo che sta alla base di tutte le trasmissioni idrostatiche, si può ottenere
facilmente ponendo in comunicazone fra loro due cilindri con un condotto.
Si definisce R=A2/A1 il fattore di amplificazione del torchio idraulico.
Un rapporto fra i diametri pari a 10 (la cui realizzazione pratica non presenta alcuna
difficoltà), consente di ottenere un fattore di amplificazione R pari a 100. Pertanto se si
applica una forza di appena 300 N (corrispondente allo sforzo muscolare), si è in grado di
vincere la resistenza di 30 kN (ben 3 tonnellate).
Se si indica con h2 l’innalzamento che subisce il carico F2 per effetto dell’abbassamento h1
esercitato sul pistone 1 mediante l’applicazione della forza F1, si verifica che per
l’uguaglianza dei volumi spostati deve risultare: h1 A1 = h2 A2 ⇒ h2 = h1/R. Pertanto si nota
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 1
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che per il torchio idraulico vale il motto “quello che si guadagna in forza si perde in
spostamento”.
Nel martinetto si possono individuare due elementi fondamentali di un circuito idraulico:
- la pompa rappresentata dal pistone 1 che ha la funzione di convertire l’energia muscolare
di un operatore (energia meccanica) in energia idraulica o di pressione del liquido;
- l’attuatore rappresentato dal pistone 2 che riconverte l’energia idrostatica in energia
meccanica espressa dal prodotto della forza F2 per il suo spostamento h2.
b F
F1
F2
a
1 2
I martinetti attuali che sono utilizzati per il sollevamento di carichi sono stati perfezionati ed
assumono la configurazione rappresentata in figura 2.
Se nello schema di figura 2 sono noti F2 = 40 t, D1 = 10 mm, D2 = 200 mm, a = 600 mm, b=30
mm, si vuole determinare la forza F applicata all’estremo della leva ed il numero di corse
necessarie per realizzare uno spostamento del carico h2=15 mm risultando h1max=20 mm.
Poichè il fattore di amplificazione R=A2/A1 = (D2/D1)2=400 risulta F1 = F2/R = 100 kp
Per il principio della leva F1 b = F a da cui F = F1 b/a = 5 kp
Lo spostamento subito dal carico connesso al pistone 2, si realizza per effetto dello
spostamento del volume di liquido impresso con il pistone 1 e pari ad A1h1 che per il principio
di conservazione della massa è identico ad A2 h2.
Pertanto h1 =h2 A2/A1 = h2 R = 6 m ed Ncorse = h1/h1,max = 300 corse
carico carico
serbatoio
1 2
pompa
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 1
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due cilindri idraulici in serie. I due cilindri per semplicità sono uguali e richiedono entrambi
una differenza di pressione di 50 bar per azionare il rispettivo carico.
La pressione di 50 bar necessaria al cilindro (2) per azionare il carico si contrappone però allo
spostamento del carico azionato dal cilindro (1).
Poiché le aree dei 2 lati del pistone sono uguali è necessario che la pressione fornita dalla
pompa sia esattamente doppia di quella necessaria per l’azionamento del carico. Pertanto la
pompa deve garantire la pressione di 100 bar per l’azionamento del cilindro (1).
Questo tipo di connessione non è molto usata perché la contropressione che viene creata
dall’azionamento dei carichi più lontani dalla pompa costringono all’innalzamento della
pressione di alimentazione per la movimentazione anche dei carichi più vicini dalla pompa.
La connessione dei carichi in parallelo avviene invece più frequentemente e viene
schematizzata in figura 4.
F1 F2 F3
1 2 3
pompa
Nella figura 4 le forze valgono rispettivamente F1 = 500 kp, F2=750 kp, F3 =1000kp
In questa configurazione il fluido idraulico agisce preliminarmente sul sistema con minor
resistenza azionando pertanto il cilindro (1). Quando il pistone raggiungerà il fondo del
cilindro terminando la propria corsa, inizierà la movimentazione del cilindro (2). Il cilindro
(3) verrà movimentato per ultimo e solamente dopo che quello (2) ha raggiunto la posizione
di fine corsa.
L’azionamento contemporaneo dei carichi può essere reso possibile mediante delle valvole
che controllino la portata da inviare ad ogni cilindro.
Benché l’effetto di amplificare la forza fosse molto impressionate Bramah capì l’importanza
di questo principio da realizzare dei dispositivi che consentissero la trasmissione dell’energia
e non solo delle forze; pose cioè le basi per una efficiente forma di trasmissione di energia
attraverso il ciclo
In origine la potenza idraulica veniva sviluppata con una pompa a mano e l’energia idraulica
veniva riconvertita in energia meccanica utilizzando un pistone idraulico.
La diffusione dell’energia idraulica fu così rapida che nel 1860 Londra e Manchester
possedevano una stazione di generazione dell’energia idraulica dalla quale il fluido in
pressione veniva pompato verso le industrie che riconvertivano l’energia idraulica in energia
meccanica per l’azionamento delle macchine utensili. Solo nel 19° secolo l’apparizione delle
prime reti di trasmissione dell’energia elettrica ne rallentarono la crescita.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 1
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La capacità di sviluppare forze notevoli costituisce ancora oggi uno dei notevoli vantaggi dei
sistemi idraulici. Brunel realizzò un imponente sistema propulsivo navale impiegando 18
pistoni idraulici disposti 9 a prua e 9 a poppa della sua imbarcazione ottenendo una spinta
complessiva di 45 MN. Oggi le applicazioni che richiedono lo sviluppo di forze elevate si
trovano nell’industria metallurgica dove magli e presse richiedono forze di almeno 3MN.
L’elevato rapporto forza-peso costituisce un altro vantaggio dei sistemi idraulici per cui il
loro impiego attrae i progettisti in tutte le applicazioni dove il peso rappresenta un fattore
importante (campo aeronautico e missilistico). Per esempio a parità di potenza sviluppata una
pompa idraulica è notevolmente più compatta di un motore elettrico.
Le dimensioni e il peso ridotto sono da attribuire all’elevata pressione di lavoro dei sistemi
idraulici (pressioni di 350 bar risultano di uso corrente), mentre il magnete di un motore
elettrico di pari dimensioni può sviluppare un’azione equivalente ad una pressione massima di
circa 17 bar.
P=FV=pAV=pQ
La formula della potenza espressa sia in funzione delle grandezze meccaniche forza e velocità
sia in termini delle grandezze idrauliche pressione e portata volumetrica, mette in evidenza
che per una fissata potenza, le pompe idrauliche che lavorano a pressioni più elevate
elaborano portate più piccole e possono essere pertanto di dimensioni e pesi contenuti.
Si possono trovare pompe di 50 mm di diametro lunghe 75 mm e motori idraulici capaci di
sviluppare 0.6 kW aventi un diametro di appena 32 mm e una lunghezza di appena 50 mm.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 1
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Le macchine idrauliche rotative sono reversibili perché possono ruotare in entrambi i sensi,
possono raggiungere velocità di rotazione di 30.000 giri/min. con pesi minimi di soli 0.3 kg.
La conversione dell’energia idraulica in energia meccanica può essere ottenuta utilizzando sia
un attuatore lineare sia un motore idraulico. L’attuatore lineare denominato comunemente
cilindro è in grado di fornire una forza durante il suo movimento lineare, mentre il motore
rende disponibile sul proprio asse una coppia motrice ad un dato regime di rotazione.
La rigidità del comando idraulico è un altro importante vantaggio e questo dipende dal fatto
che l’olio idraulico utilizzato come fluido di lavoro è un fluido incomprimibile. Questa
caratteristica determina un’azione di smorzamento di eventuali disturbi indotti dal carico,
favorendo in modo diffuso l’utilizzazione di azionamenti e servocomandi di tipo idraulico in
campo aerospaziale e nell’industria delle macchine utensili.
Il mezzo utilizzato per realizzare la conversione dell’energia e l’amplificazione delle forze è
di norma costituito da olio minerale. L’olio idraulico deve mantenere elevati i rendimenti e
permettere un funzionamento regolare esente da disturbi e preservare l’usura dei componenti.
Gli oli idraulici utilizzati in oleodinamica presentano una viscosità superiore a quella
dell’acqua ma associano un’elevata azione protettiva (anticorrosione) con un alto potere
lubrificante che agevola il moto relativo delle parti striscianti. Spesso si impiegano degli
additivi che conferiscono all’olio caratteristiche particolari in relazione al campo di
applicazione.
Le principli funzioni svolte dall’olio idraulico in oleodinamica sono:
- Trasporto dell’energia (trasmissione di forze e coppie);
- Capacità lubrificanti dei componenti in moto relativo;
- Smaltimento del calore;
- Smorzamento delle oscillazioni di pressione
VISCOSITÀ E COMPRIMIBILITÀ
Il fluido di lavoro per gli impianti idraulici deve presentare bassa comprimibilità e buone
caratteristiche lubrificanti. Gli oli idraulici speciali soddisfano bene queste caratteristiche.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 1
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du dy N ms
τ=µ
dy
da cui µ = τ
du m 2 m = [ Pa s]
µ = µ 0,T e bp
Comprimibilità
Altre importanti proprietà dell’olio idraulico sono la compressibilità e la dilatazione termica.
Se si considera un volume V di olio contenuto all’interno di un cilindro sul quale viene
esercitata un’azione di compressione mediante un pistone, si osserva che nel campo fra 0÷500
bar ed una prefissata temperatura la riduzione di volume ha andamento lineare.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 1
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∆V ∆p
=− con β modulo di comprimibilità
V β
∆V=V1-V0 <0
∆p=p1-p0 >0
V0 V1
p0 p1
β è molto sensibile alle inclusioni d’aria. Per un olio minerale privo d’aria si può assumere β
= 14 102 MN/m2. Quindi quando si applica una pressione di 150 bar si verifica una riduzione
di volume di appena 1%. Nel campo 0÷500 bar si ha quindi al massimo una riduzione del
volume di appena 3.6%.
Per pressioni superiori a 500 bar l’olio diventa più rigido e la riduzione di volume risulta men
che lineare. Se inoltre si tiene conto anche dell’effetto di una variazione di temperatura del
fluido idraulico, esso si espande linearmente nel campo 0÷100°C quando la temperatura
aumenta
∆V ∆V
= γ (T1 − T0 ) ⇒ γ =
V0 V0 ∆T
Si definisce pertanto un coefficiente di dilatazione termica α che vale 6.5*10-4 °C-1.
Se invece il fluido non può espandersi a causa dell’aumento di temperatura si realizza un
aumento della pressione.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 1
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∆V ∆V ∆p ∆p bar
= γ ∆T − = ⇒ = γβ ≈ 9
V0 V0 β ∆T °C
La variazione relativa di volume derivante da entrambi gli effetti può essere espressa anche in
termini di variazione relativa della densità
∆ρ ∆V ∆p
=− = = −γ∆T
ρ0 V0 β
In certe applicazioni si usano degli oli idraulici che possiedono caratteristiche di resistenza
alla fiamma. Condizioni ambientali e regole anti-infortunistiche richiedono inoltre che in caso
di accensione locale il fuoco non possa propagarsi al liquido adiacente.
I liquidi termoresistenti che possiedono queste caratteristiche possono essere di natura
sintetica o a base acquosa.
La caratteristica di lubrificazione, protezione anti-corrosione, resistenza all’invecchiamento e
alla formazione di schiuma devono poter essere garantite.
CONVERSIONE DELL’ENERGIA
Se si considera il semplice circuito idraulico rappresentato in figura, si possono individuare i
principali componenti idraulici.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 1
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ALTERNATIVE
POMPE VOLUMETRICHE
ROTATIVE
DINAMICHE
La portata elaborata dalla pompa dipende dalla sua velocità di rotazione (macchina rotativa) e
dalla sua cilindrata. La cilindrata della pompa rappresenta il volume di fluido che la pompa
può teoricamente elaborare per ogni ciclo o rotazione. Le pompe possono essere a cilindrata
fissa o a cilindrata variabile.
ATTUATORI
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 1
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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a) b)
Figura 2 Pompe volumetriche dinamiche: a) centrifughe, b) assiali
Interni Esterni
compensate
non compensate
Stantuffi Radiali
Alternative Rotoalternative
a corpo cilindri fisso a corpo cilindri rotante Stantuffi Assiali
Quando esiste una tenuta fra l’ingresso e la mandata il fluido verrà inviato ogni volta che la
pompa esegue un ciclo completo. L’energia meccanica viene trasferita al fluido con il
meccanismo tipico dei sistemi chiusi, ovvero tramite il lavoro di pulsione.
Queste pompe richiedono sempre la presenza di una valvola di sicurezza (valvola di RELIEF)
per proteggere la pompa dalle sovrapressioni.
La pompa alternativa a pistoni raffigurata in figura 3 è il classico esempio di pompa
volumetrica.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Quando il pistone esegue la corsa di pompaggio la valvola di non ritorno sulla mandata viene
sollevata nel momento in cui la pressione all’interno del cilindro supera il valore di pressione
presente nella linea di mandata, mentre la valvola di aspirazione e forzata sulla sua sede.
Senza considerare le fughe interne ed esterne di fluido attraverso le tenute, tutto il fluido in
pressione raggiunge la mandata. Questo principio è valido per tutte le pompe volumetriche sia
alternative che rotative.
Pompe a palette
Lo schema di una pompa a palette è riportata in figura 4. Nelle più comuni installazioni
industriali le pompe a palette sono utilizzate per pressioni non superiori a 200 bar e sono
caratterizzate da una bassa rumorosità. Il rotore azionato da un motore primo possiede delle
cavità radiali in cui scorrono delle piastrine denominate appunto “palette”. La cassa statorica
è anch’essa circolare ma è montata eccentricamente rispetto all’asse di rotazione. Il valore
dell’eccentricità determina la cilindrata e quindi la portata della pompa. Quando l’eccentricità
è nulla la cilindrata e la portata sono anch’esse nulle.
Le camere o “vani” formate dalle palette con lo statore ruotando con il rotore scoprono la luce
di aspirazione incrementando via via il loro volume che si riempie d'olio fino a raggiungere il
volume massimo quando il fluido presente nella camera di pompaggio viene completamente
isolato. Solo quando il vano scopre la luce di mandata si realizza il rapido incremento di
pressione che raggiunge il valore presente nella linea di mandata e si realizza la successiva
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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diminuzione di volume quando l’olio viene forzato verso la mandata. La pressione che si
genera sulla linea di mandata è ancora una volta fissato dalla resistenza offerta dal carico.
Le palette scivolano sulla pista realizzata sulla cassa per mezzo della forza centrifuga che
agisce sulle lamelle. La tenuta può essere pertanto garantita solo ad una certa velocità di
rotazione. Per ottenere la tenuta anche alle basse velocità si ricorre a soluzioni particolari che
prevedono di alimentare la base delle palette con la pressione di mandata che le spinge contro
la pista con la forza strettamente necessaria a garantire la tenuta.
Pompe ad ingranaggi
Nei sistemi idraulici nei quali sono richiesti livelli di pressione relativamente bassi (140-180
bar), si utilizzano prevalentemente le pompe ad ingranaggi. Le velocità di rotazione sono
comprese fra 800-3000 giri/min e le cilindrate nel campo 1-200 cm3/giro. Uno schema di
pompa ad ingranaggi esterni è riportato in figura 5.
La pompa è composta da due ruote dentate perfettamente accoppiate all’interno di una cassa
sulla quale sono praticate le aperture in posizioni opposte per l’aspirazione e la mandata del
fluido. Una delle due ruote dentate è azionata dal motore primo mentre l’altra viene trascinata
in rotazione dalla ruota conduttrice.
Quando i denti delle due ruote si separano e transitano di fronte all’aspirazione realizzano una
piccola depressione che permette al fluido di entrare nella camera di pompaggio che si forma
tra i vani dei denti e la cassa. Quando i denti raggiungono la luce di mandata l’olio non ha più
spazio per rimanere all’interno della pompa ma è costretto ad uscire dalla luce di mandata
pertanto l’olio viene trasferito unicamente lungo i vani compresi tra la cassa e i denti delle
ruote dentate ed il loro accoppiamento deve prevenire il riflusso dell’olio dalla mandata verso
l’aspirazione. Per evitare la presenza della cavitazione la depressione nella linea di
aspirazione non deve superare il valore di 0.1-0.2 bar.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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L’autodistribuzione del flusso si ottiene con facilità nella soluzione con blocco cilindri
rotante. Infatti quando i pompanti iniziano la corsa che prevede l’aumento del volume
all’interno del rispettivo cilindretto, si scopre la luce di aspirazione attraverso la piastra di
distribuzione che è anch’essa forata. L’olio richiamato dal moto del pompante, entra nel
cilindretto quasi per mezza rotazione del corpo cilindri e fino a quando esso non viene isolato
dalla piastra di distribuzione che presenta una piccola zona cieca. Solo quando il pistone
inizia la corsa di pompaggio il cilindretto viene posto in comunicazione con la luce di
mandata attraverso l'apertura praticata sulla piastra di distribuzione, consentendo in tal modo
l’invio dell’olio presente nel pompante verso la linea di alta pressione del circuito.
In figura 9 è rappresentato lo schema di una pompa a pistoni assiali con piastra inclinata
dotata di compensatore automatico della pressione. Il compensatore di pressione permette di
controllare la posizione della piastra inclinata in modo da limitare automaticamente la
pressione alla mandata della pompa. Il sistema di compensazione si compone di:
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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• una valvola di compensazione comandata dalla pressione vigente sulla linea di mandata e
sulla quale agisce anche il carico di una molla;
• da un pistone attuatore, controllato dalla valvola, agente sul sistema basculante della
piastra inclinata anch’essa contrastata dal carico di una molla.
Fintanto che nella linea di mandata non viene raggiunto un fissato livello di pressione, la
pompa opera con la massima cilindrata perché la piastra, sospinta dalla molla, si trova alla
massima inclinazione. La pressione che vige alla mandata è continuamente applicata,
attraverso il passaggio A, alla valvola compensatrice. La posizione della valvola è
determinata dall’equilibrio fra la forza di pressione e il carico della molla agente all’altra
estremità della valvola di compensazione. Quando la pressione nella linea sale e attraverso il
passaggio A agisce sulla valvola compensatrice in modo da determinare una forza di
pressione sufficiente a vincere il carico della molla, l'otturatore della la valvola
compensatrice si solleva, e si ottiene il passaggio del fluido in pressione verso il pistone
attuatore. L’olio in pressione aziona il pistone attuatore che modifica l’inclinazione della
piastra nel senso di una riduzione della cilindrata. Se invece la pressione sulla linea decresce
allora la forza di pressione agente sulla valvola diminuisce e la molla di contrasto sposta la
valvola verso la chiusura del passaggio A, permettendo il drenaggio dell’olio, contenuto nel
pistone attuatore, attraverso il passaggio B verso la cassa. Il sistema compensatore riduce
pertanto la portata di fluido elaborata dalla pompa per mantenere la pressione nella linea al
valore selezionato dal precarico della molla agente sulla valvola di compensazione.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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disassata. Il blocco cilindri ruota di fronte alla piastra distributrice scanalata che mette in
comunicazione i cilindretti con l’aspirazione e la mandata della pompa.
L’angolo di inclinazione del corpo cilindri rispetto all’albero della pompa stabilisce la sua
cilindrata come l’inclinazione della piastra la determinava per la pompa a pistoni in linea.
Nei modelli a cilindrata variabile l’angolo di inclinazione del corpo cilindri può essere
modificato in modo manuale o automatico mentre è costante in quelli a cilindrata fissa.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Invece la differenza di pressione presente ai capi della macchina determina la coppia assorbita
dalla pompa ovvero quella disponibile all’asse del motore idraulico.
Tale relazione può essere facilmente determinata esprimendo la potenza richiesta/fornita dal
componente elementare di una macchina idrostatica a pistoni schematizzato in figura 11.
La differenza di pressione ∆p agli estremi del
t Cilindro
t+dt pistone determina la forza di pressione F che ne
permette lo spostamento lineare dsk. Tenendo
p1 p2 conto delle espressioni seguenti
Ak vk F
Ak
F = ∆p Ak dsk = vk dt Q = vk Ak
Pistone
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Pistone
ω
R
s Piastra di
Disttribuzione
β
R
US
CIT
A Corpo Cilindri
d
ING
RE
SS
O ω
Corpo Cilindri
USCITA d
d
ω
ω
2R
R
Piastra INGRESSO
Inclinata
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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La modalità di funzionamento delle macchine volumetriche si basa sul fatto che il volume
della camera di compressione subisce un aumento del volume durante la fase di aspirazione
della pompa ed una riduzione del volume durante la fase di compressione. Si può pertanto
affermare che il volume istantaneo trasferito da ciascun cilindro di una macchina a pistoni
dipende dall’angolo di rotazione ϑ dell’albero della pompa: Vi=Vi (ϑ). La portata volumetrica
istantanea elaborata da ciascun cilindro può essere quindi espressa come:
dVi dVi dϑ dV
Qi = = =ω i
dt dϑ dt dϑ
La portata istantanea fornita dalla pompa, composta da N cilindri, sarà quindi pari a
N N
dVi
Q = ω∑ = ω∑ Fi (ϑ) = ω N Fi (ϑ)
i =1 dϑ i =1
Poiché si deve valutare la portata fornita dalla pompa, il contributo definito dalla variazione
del volume deve essere limitata alla sola fase di mandata durante la quale si realizza la
riduzione del volume con la luce di mandata aperta e quella di aspirazione chiusa.
Pertanto la funzione Fi(ϑ) risulta così definita:
dVi
Fi (ϑ) = 0 dϑ
>0
F (ϑ) = − dVi dVi
<0
i dϑ dϑ
La portata media della macchina sarà determinata integrando fra 0 e 2π (un giro completo) la
portata istantanea.
ω 2π ωN 2 π ωNV0 ~
Q=
2π ∫0
Q dϑ =
2π ∫0
Fi (ϑ)dϑ =
2π
= ωV
Anche la coppia istantanea assorbita dalla pompa non è costante ma dipende dall’angolo di
rotazione ϑ.
dϑ dV dV N
dV
P = C ω = ∆p Q C = ∆p C = ∆p = ∆p ∑ i = ∆p N Fi (ϑ)
dt dt dϑ i =1 dϑ
Pertanto in analogia con quanto trovato per la portata media anche la coppia media sarà
determinabile con la seguente espressione:
∆p 2 π ∆pN 2 π ∆pNV0 ~
C= ∫
2π 0
C dϑ = ∫
2π 0
Fi (ϑ)dϑ =
2π
= ∆pV
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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S max
S= (1 − cos ϑ) = R tan β (1 − cos ϑ)
2
θ β 2.5
4
d
3 2
b
ω 2
V [cm3/giro]
F [cm3/rad]
1.5
R
1
2R
S 1
0
-1 Vi 0.5
dVi/dteta
-2
Smax 0
Corpo Cilindri 0 45 90 135 180 225 270 315 360 0 45 90 135 180 225 270 315 360
teta [degree] teta [degree]
3
Vi
2
0
0 45 90 135 180 225 270 315 360
teta [degree]
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Q p
ω
M P M
C
p Q
S
Nel definire il ciclo di lavoro compiuto dal fluido operativo si suole distinguere fra ciclo
ideale, ciclo limite e ciclo reale. Il ciclo ideale è quello che si ottiene considerando le
trasformazioni ideali realizzate con un fluido ideale, mentre il ciclo limite considera ancora le
trasformazioni ideali ma ottenute con un fluido reale. Il ciclo limite coincide con quello ideale
se si considera il fluido incomprimibile. Il ciclo reale invece si differenzia dal ciclo limite
perché si assume che anche le trasformazioni siano reali. I cicli ideale e reale di una macchina
operatrice volumetrica sono rappresentati sul piano pressioni-volumi totali di figura 17. In
realtà è più corretto definire la serie di trasformazioni reali eseguite dal fluido reale come
diagramma indicato piuttosto che come ciclo reale perché ottenuto rilevando la pressione
all’interno della camera di compressione e il volume spazzato dal pistone durante la sua corsa.
La comprimibilità del fluido comporta delle differenze delle fasi di compressione ed
espansione in quanto il fluido reale manifesta una riduzione di volume quando subisce un
aumento della pressione (fase di compressione) ed un aumento del volume durante la fase di
espansione. Inoltre tenendo conto delle perdite di carico all’aspirazione e alla mandata della
pompa, l’effettiva pressione che si presenta nella camera di compressione risulterà superiore a
quella presente alla mandata della macchina ed inferiore a quella della linea di aspirazione.
perdite
∆p esp. comp. di carico
Ciclo ideale
pmin aspirazione Llim = Vo∆p
V
Vmin Vmax
V0
La differenza che si presenta fra i lavori richiesti dalla pompa in sede ideale e in sede reale
permette di definire un rendimento idraulico o interno della pompa.
L id P
ηi = = id
L ind Pind
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Tale rendimento tiene conto esclusivamente delle perdite legate alle trasformazioni reali
subite dal fluido ma non tiene conto delle perdite meccaniche connesse al trasferimento
dell’energia dalla flangia di accoppiamento con il motore primo che aziona la pompa al fluido
stesso. In tal caso occorre definire il rendimento meccanico della pompa espresso come
rapporto fra la potenza indicata e quella assorbita dalla pompa:
Pind
ηm =
Pass
Durante il funzionamento della pompa si verificano inoltre anche delle perdite volumetriche
che si presentano attraverso dei trafilamenti di fluido sia interni che esterni alla macchina e
dovute all’elevata pressione di esercizio e all’inevitabile gioco presente fra le parti fisse e
quelle mobili del componente. Si definisce in tal modo anche un rendimento volumetrico
espresso come rapporto fra la portata reale fornita dalla pompa e quella teorica o ideale
aspirata dalla pompa.
Qr
ηv =
Qt
Pind P
Pass = = id
ηm ηm ηi
Poiché la potenza limite o ideale può essere espressa in funzione delle grandezze idrauliche si
ha che Pid = Qt ∆p e la potenza assorbita può essere così calcolata esclusivamente in funzione
delle grandezze idrauliche
Q t ∆p Q r ∆p Q ∆p
Pass = = = r
ηm ηi ηm ηi ηv ηtot
Il rendimento complessivo della pompa, definito dal prodotto dei tre rendimenti, e quello
volumetrico sono di norma forniti dai costruttori di pompe mentre non viene fornito il
rendimento interno perché dal punto di vista pratico è di difficile determinazione richiedendo
la rilevazione del diagramma indicato. Infatti conoscendo il rendimento totale e quello
volumetrico della pompa è possibile risalire al prodotto del rendimento interno per il
rendimento meccanico che viene indicato come rendimento meccanico-idraulico o anche
semplicemente rendimento meccanico.
η tot
η tot = η m η i η v ⇒ η m η i = η mh =
ηv
Pid Q t ∆p ω α V0 ∆p C t
ηmh = ηm ηi = = = =
Pass Cr ω Cr ω Cr
25
Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Per tutte le macchine operatici la coppia reale assorbita è ovviamente superiore a quella
teorica per la presenza delle perdite che possono essere messe in evidenza come perdite di
coppia ∆C; pertanto la coppia reale può essere indicata anche come somma della coppia
teorica e delle perdite di coppia Cr=Ct+∆C.
Ct 1 1
η mh = = = = f (α , ω , ∆p, µ )
C t + ∆C 1 + ∆C / C t 1 + ∆C
αV0 ∆p
Le perdite che occorre considerare nel definire il rendimento meccanico-idraulico sono legate
essenzialmente all’attrito meccanico presente fra gli organi meccanici in moto relativo fra
loro (cuscinetti e guarnizioni) e alle perdite interne legate all’attrito viscoso di natura
fluidodinamica presente nel fluido di lavoro e nei meati. Poiché si considera sia l’attrito secco
sia l’attrito viscoso, il rendimento in questione dipenderà sia dalla differenza di pressione,
come evidenzia l’espressione stessa del rendimento, sia dalla viscosità dinamica del fluido di
lavoro e sia dalla velocità di rotazione della pompa. Ipotizzando di mantenere costanti la
viscosità del fluido e il grado di regolazione della pompa si può mettere in evidenza la
dipendenza del rendimento meccanico-idraulico singolarmente sia dalla differenza di
pressione sia dalla velocità angolare della pompa.
η η
ηmh
ηmh
µ=cost. µ=cost.
ω=cost. ∆p =cost.
α=cost. α=cost.
∆p ω
Come si nota dalla figura 18 e dall’equazione precedente, a parità di tutte le altre grandezze, il
rendimento meccanico-idraulico vale zero quando non esiste nessun incremento di pressione
attraverso la pompa e tende all’unità quando la differenza di pressione tende all’infinito.
Invece a parità di differenza di pressione il rendimento meccanico-idraulico varia in funzione
della velocità angolare secondo un andamento tipico che deriva dalla dipendenza del
coefficiente d’attrito meccanico dalla velocità.
Q r Q t − ∆Q L ∆Q L ∆Q L
ηv = = = 1− = 1− = f (α , ω , ∆p, µ )
Qt Qt Qt αωV0
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Le perdite volumetriche dipendono non solo dalla velocità angolare della pompa ma anche
dalla viscosità dinamica del fluido di lavoro e dalla differenza di pressione. Infatti se
all’aumentare della velocità angolare le perdite volumetriche sono percentualmente più
piccole è altrettanto importante sottolineare che, a parità di altezza del meato, al crescere della
differenza di pressione la portata di trafilamento aumenta in maniera direttamente
proporzionale1 (figura 19).
Si può osservare sia dalla figura 19 che dall’espressione del rendimento volumetrico che esso
tende a meno infinito quando la velocità angolare tende a zero. Tale comportamento presenta
una spiegazione fisica in quanto deve esistere una velocità angolare minima della pompa
sufficiente a vincere le perdite volumetriche interne e quelle necessarie per la lubrificazione
prima che si possa manifestare una portata di fluido alla mandata della pompa.
η η
ηv
ηv
µ=cost. µ=cost.
ω=cost. ∆p=cost.
α=cost. α=cost.
∆p
∆pmax ωmin ω
p Q
C
Load M Load
ω
p Q
S
1
Un fluido incomprimibile che fluisce attraverso un piccolo meato piano è caratterizzato da un moto laminare
per cui la relativa portata volumetrica che interessa tale meato può essere espressa con la relazione di Hagen-
Poiseuille che stabilisce che la portata dipende sia dalle caratteristiche geometriche del meato sia dalla viscosità
dinamica del fluido ma che è anche direttamente proporzionale alla differenza di pressione presente agli estremi
del meato.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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pmax ammissione
ciclo ideale
∆p esp.
comp. Lid = Vo∆p
pmin scarico
V
Vmin Vmax
V0
Anche per le macchine motrici è possibile definire un ciclo ideale che assume la forma
rappresentata in figura 21. Il ciclo stavolta è percorso in senso orario e prevede sempre due
trasformazioni a pressione costante che sono l’ammissione e lo scarico e due trasformazioni a
volume costante che indicano una fase di compressione e una di espansione del fluido
contenuto nella camera di compressione. Quando il fluido ad alta pressione viene posto in
comunicazione con la luce di ammissione si verificherà lo spostamento del pistone con
l’aumento del volume e la conseguente rotazione dell’albero del motore solo se la pressione è
tale da permettere di vincere la resistenza del carico. Quando invece il singolo cilindro
comunica con la linea a bassa pressione esso realizzerà la riduzione del volume con lo scarico
del fluido dal motore.
Anche per il motore idraulico è quindi possibile effettuare un ragionamento analogo a quello
riportato precedentemente per le pompe che stabilisce che il volume elaborato da ciascun
cilindro del motore varia con l’angolo di rotazione ϑ: Vi=Vi (ϑ). Per calcolare le variabili
incognite siano esse istantanee o medie, ovvero la velocità angolare del motore e la differenza
di pressione ai suoi capi, si ricorda che:
dϑ dϑ dV dV
ω= = = Q/
dt dV dt dϑ
dV dϑ dV
C ω = ∆p Q ⇒ ∆p =C ⇒ ∆p = C /
dt dt dϑ
Pertanto sia la velocità angolare sia la pressione all’ammissione del motore non sono costanti
nel tempo ma variano periodicamente in relazione alla successione delle fasi in ciascun
cilindro. La fase che fornisce contributo alla rotazione del motore è, come detto, quella di
ammissione a cui compete l’aumento del volume di ogni cilindro, mentre la fase di scarico
con la luce di ammissione chiusa e la riduzione del volume non contribuisce alla rotazione.
Pertanto come per le pompe anche per i motori si introduce la funzione Fi(ϑ) al posto della
variazione di volume in modo da poter calcolare correttamente le grandezze istantanee
incognite.
N
ω = Q / ∑ Fi (ϑ) dVi
i =1
Fi (ϑ) = 0 dϑ
<0
con
F (ϑ) = dVi dVi
N
∆p = C / ∑ Fi (ϑ) i >0
i =1 dϑ dϑ
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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1 2π 1 2π V
2π ∫0
Fi ( ϑ) dϑ =
2π ∫0
dV = 0
2π
Q Q
ω= = ~
NV0 / 2π V
C C
∆p = = ~
NV0 / 2π V
Per tener conto del comportamento reale delle macchine motrici è possibile definire oltre al
ciclo ideale anche un ciclo limite e rilevare il corrispondente diagramma indicato come
riportato in figura 22. Anche in questo caso la comprimibilità del fluido determina delle
differenze per le due trasformazioni di espansione e compressione del fluido che solo dal
punto di vista ideale possono essere considerate a volume costante. Le perdite di carico
presenti all’ammissione e allo scarico della macchina determinano inoltre delle pressioni
nella camera del cilindro differenti da quelle presenti nelle rispettive linee.
La differenza presenti fra il diagramma indicato e il ciclo ideale del motore sono legate alle
perdite interne per cui si definisce un rendimento interno o idraulico in modo del tutto simile
a quanto visto per le pompe.
L ind Pind
ηi = =
L id Pid
scarico
pmin
V
Vmin Vmax
V0
La potenza utile disponibile all’asse del motore per l’azionamento del carico risulta però
inferiore a quella corrispondente al diagramma indicato per le perdite di tipo meccanico
(cuscinetti e guarnizioni di tenuta). Si definisce allora un rendimento meccanico
Pu
ηm =
Pind
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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Pind Pu P
ηmh = ηi ηm = = u
Pid Pind Pid
C r C t − ∆C ∆C ∆C
ηmh = = = 1− = 1− = f (α, ω, ∆p, µ )
Ct Ct Ct αV0 ∆p
Le perdite di coppia dipendono dalle perdite meccaniche che nascono dall’attrito sui perni e
su tutte quelle parti che si trovano in moto relativo fra loro e sulle guarnizioni di tenuta
sull’albero. Sono inoltre presenti anche le perdite di natura fluidodinamica nei meati che sono
strettamente dipendenti dalla viscosità del fluido e dalla velocità angolare del motore. Come
si nota dall’espressione del rendimento meccanico-idraulico, la coppia teorica cresce
linearmente con il salto di pressione attraverso il motore. Tuttavia anche le perdite di coppia
∆C aumentano con il ∆p ma in misura meno rapida da non causare una riduzione del
rendimento. E’ necessario in ogni caso realizzare una differenza minima di pressione fra
l’ammissione e lo scarico del motore affinché si possano vincere le perdite di coppia e
realizzare l’azionamento del carico (figura 23). La dipendenza del rendimento meccanico-
idraulico dalla velocità angolare si presenta esclusivamente per la quota delle perdite di
coppia perché il coefficiente d’attrito dipende dalla velocità angolare mentre la coppia teorica
è indipendente da essa (figura 23).
η η
ηmh
ηmh
µ=cost. µ=cost.
ω=cost. ∆p =cost.
α=cost. α=cost.
∆pmin ∆p ω
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 2
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alimentare il motore può essere espressa sommando alla portata teorica le perdite Qr=Qt+∆QL.
Il rendimento volumetrico del motore può allora esprimersi come:
Qt Qt 1 1
ηv = = = = = f ( α, ω, ∆p, µ )
Q r Q t + ∆Q L ∆Q L ∆Q L
1+ 1+
Qt αωV0
a) le fughe interne alla macchina dipendenti dalla differenza di pressione esistente fra la
bocca di ammissione e quella di scarico e dalla velocità angolare perché se questa
aumenta le fughe interne pesano percentualmente meno;
b) le fughe verso l’esterno (drenaggi) della macchina che dipendono ancora dalla
differenza di pressione tra la zona di ammissione e il carter e tra questi e lo scarico
∆QL=∆Qi+∆Qamm+∆Qsc =f(α, µ, ∆p, ω).
η η
ηv
ηv
µ=cost. µ=cost.
ω=cost. ∆p=cost.
α=cost. α=cost.
∆p
∆pmax ωmin ω
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 3
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CILINDRI OLEODINAMICI
I cilindri oleodinamici sono degli attuatori lineari che realizzando la conversione dell’energia
idraulica in energia meccanica producono una forza e lo spostamento lineare del carico.
In relazione alla funzione svolta i cilindri idraulici possono essere raggruppati in due
categorie principali: i cilindri a semplice effetto e quelli a doppio effetto (figura 1).
Nei cilindri a semplice effetto l’olio in pressione agisce in una sola camera e può quindi
realizzare il movimento del carico in un solo verso che può essere di spinta oppure di tiro, In
questo caso il movimento opposto che riporta il pistone nella posizione iniziale deve essere
assicurato da una forza di origine diversa (molla, peso del pistone o contrappeso). Nelle
situazioni in cui sono richieste delle corse elevate ma ingombri limitati a cilindro inattivo, si
ricorre ai cilindri telescopici realizzati impilando assialmente due o più cilindri.
Nell’esecuzione a doppio effetto invece il fluido in pressione può alimentare entrambe le
camere consentendo in tal modo il controllo dei movimenti del pistone in entrambi i sensi.
Il cilindro a doppio effetto può essere realizzato con lo stelo da un solo lato del pistone
(cilindro differenziale) oppure può essere a stelo passante (figura 1).
Esistono anche degli altri cilindri idraulici che attraverso delle esecuzioni speciali diventano
dei veri e propri attuatori rotativi in quanto realizzano un movimento rotativo come nel caso
28
Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 3
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.
Figura 2 Sistemi di ancoraggio dei cilindri
Nel caso degli attuatori lineari a doppio effetto la superficie utile sulla quale agisce il fluido
nella camera lato stelo è ovviamente diversa da quella nella camera frontale come
chiaramente indicato dallo schema di figura 3.
A3
A2=A1-A3 A1
29
Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 3
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Nel cilindro differenziale il rapporto fra le aree A1/A2 è ovviamente maggiore di 1; tra i più
diffusi ci sono quelli con rapporto pari a 2. Con questa configurazione è possibile realizzare, a
parità di portata, una velocità di rientro dello stelo più elevata di quella della fase di spinta.
serbatoio pompa
Q
Q
Vlav =
A1
Vlav p Flav = pA 1
pompa serbatoio
Q
Q
Vrit Vrit =
A2
Frit = p A 2
p
Q p
pompa Q Q
Vrig = =
A1 − A 2 A 3
Vrig
Frig = p( A 1 − A 2 ) = pA 3
Esempio: Confrontare diversi attuatori lineari caratterizzati dal medesimo diametro del
cilindro D=100 mm ma da diversi rapporti delle aree A1/A2 (1.25, 1.5, 2). I martinetti solo
alimentati con una pressione di 100 bar e una portata di 60 l/min.
30
Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 3
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1
Ec = M V2
2
L'energia che deve essere dissipata dal sistema di frenatura attraverso il passaggio strozzato
risulta pari al lavoro delle forze di pressione che agiscono sulla superficie del pistone:
Lf = p A c
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 3
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1
E c = Lf ⇒ pAc = M V2
2
M V2
p=
2A c
Se ad esempio M=70 kg, V=7 m/s, A=35 cm2, c=80 mm si trova che p=61.25 bar
Guarnizioni
Per rendere minime o annullare completamente le fughe d’olio che possono verificarsi
attraverso gli accoppiamenti fra le parti fisse e fra queste ultime e quelle mobili, occorre
utilizzare particolari sistemi di tenuta. Le tenute possono essere classificate sostanzialmente in
due distinte categorie: le tenute statiche e le tenute dinamiche.
Le tenute di tipo statico si applicano alle parti fisse mentre quelle di tipo dinamico sono
impiegate fra gli elementi che sono in moto relativo fra loro.
Per le tenute statiche si impiegano le guarnizioni mentre per quelle dinamiche si possono
prevedere precisi accoppiamenti metallo-su-metallo oppure utilizzare specifici elementi
elastici di forma e materiale opportuno.
Figura 9 Tenute statiche: accoppiamenti metallo -su- metallo del tipo a flangia
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 3
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Per un corretto funzionamento dei sistemi di tenuta occorrer montare la guarnizione fra le due
parti metalliche con una certa precompressione iniziale in modo che essa possa assumere la
configurazione appropriata per poter resistere alle elevate pressioni del liquido.
Le guarnizioni si possono classificare secondo tre categorie principali:
- guarnizioni ad anello toroidale “O-ring”;
- guarnizioni a pacco;
- guarnizioni singole (a sezione piena e a labbri).
Anello toroidale OR
Questi elementi di tenuta, presentando una sezione circolare, sono caratterizzati da una
estrema semplicità strutturale in quanto rendono particolarmente semplice il loro montaggio
nella sede ricavata di preferenza sull’elemento maschio (figura 10).
Il montaggio della guarnizione deve avvenire applicando una precompressione iniziale che
porta ad una riduzione del diametro della sezione circolare. Successivamente sotto l’azione
delle forze di pressione la guarnizione si deforma in modo da aderire perfettamente contro le
pareti realizzando la tenuta in modo efficace.
Le guarnizioni sono in materiale sintetico (silicone, Perbunan, viton) e possiedono elevata
elasticità ma anche una buona resistenza meccanica e chimica.
Guarnizione a pacco
La più nota guarnizione a pacco è il premistoppa che si presenta come una spirale continua
oppure come una serie di anelli a sezione rettangolare ottenuti sempre partendo da una corda
rettilinea in materiale a base di fibra vegetale grafitata e vulcanizzata con gomma. Nella
soluzione ad anelli la corda che viene tagliata a formare gli anelli, deve essere poi montata in
modo che le zone di giunzione delle singole guarnizioni risultino opportunamente sfalsate per
ridurre al minimo le perdite.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 3
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Guarnizione singola
Si possono distinguere due tipi di guarnizioni singole: quelle a sezione piena di notevole
rigidità adatte per la tenuta in quelle applicazioni ad alta pressione e quelle a sezione
profilata a “U” o a labbro che risulta più elastica e adatta per le applicazioni a bassa pressione.
In queste guarnizioni non è presente alcuna azione di compressione assiale che è invece solo
di tipo radiale.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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VALVOLE DIREZIONALI
Sono valvole che permettono di realizzare e modificare il collegamento fra 2 o più rami del
circuito per mezzo di un segnale di controllo esterno che può essere di diversa natura
(meccanica, elettrica, pneumatica o idraulica).
Le valvole direzionali vengono classificate in base al numero delle connessioni che realizzano
con il circuito e al numero delle posizioni che può assumere il distributore.
La rappresentazione simbologica di tali valvole prevede un numero di riquadri pari al numero
delle posizioni che essa può assumere, ed indica le vie o connessioni con il circuito mediante
le lettere A, B, P e T (figura 1).
La figura 1c indica, in modo semplificato ed ancora incompleto una valvola direzionale 4/2
ovvero una valvola avente 4 vie e 2 posizioni. La figura 2a integra la rappresentazione
precedente della valvola 4/2 perché indica, mediante delle frecce, la modalità di connessione
prevista con i rami del circuito per ognuna delle posizioni che assume l’otturatore della
valvola . In figura 2b invece è rappresentato lo schema simbologico di una valvola 4/3 a centri
chiusi, ovvero di una valvola caratterizzata da una posizione centrale di riposo dell’otturatore
che realizza la chiusura completa di
tutti i lati del circuito.
Esistono tuttavia delle differenti
realizzazioni per le valvole 4/3 che
differiscono esclusivamente per il
collegamento che viene realizzato
nella posizione di riposo. La figura 2c
ad esempio è previsto l’isolamento
della sola linea indicata con P e la
connessione fra le restanti linee A, B e
T. I nomi assegnati alle quattro
Figura 2 Valvola con 4 vie e 2 e 3 posizioni. connessioni identificano: con P la
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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linea del circuito alimentata dalla pompa, con T quella diretta verso il serbatoio e con A e B
quelle connesse con gli estremi dell’attuatore (figura 3b).
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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ε<0 ε>0
Ricoprimento nullo
ε=0 Ricoprimento negativo Ricoprimento positivo
ε<0 ε>0
Figura 8 Caratteristiche costruttive dei distributori a cassetto
Esistono altre valvole che possono essere utilizzate per il controllo della direzione anche se
non rientrano nella precedente classificazione e sono:
- la valvola di logica (shuttle valve)
- la valvola di non ritorno o valvola di ritegno (non-return valve)
La valvola di tipo logico, rappresentata in figura 10, presenta tre connessioni con il circuito di
cui due sono in ingresso e la terza è invece in uscita. La valvola opera in modo che la linea
che assume il valore di pressione più elevato viene connessa con l’uscita mentre l’altra linea è
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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bloccata e non interferisce con la prima. Tale valvola agisce pertanto come un elemento
logico di tipo OR in quanto permette il flusso della sola linea che possiede la pressione più
elevata.
A A
p2 > p1 p1 > p2
p1 p2 p1 p2
p1 p2
linea di pilotaggio
valvola di ritegno
pilotata in chiusura
linea di pilotaggio
Figura 11a Valvola di non ritorno semplice Figura 11b Valvole di ritegno pilotate
Inoltre,sono state sviluppate alcune varianti della valvola di non ritorno semplice. Una di
queste, comunemente utilizzata, è la valvola di non ritorno pilotata (pilot check valve). In
figura 11b è rappresentata una valvola di non ritorno pilotata in apertura (pilot-to-open check
valve) che si comporta come una normale valvola di non ritorno ma se la pressione di
pilotaggio è sufficiente a permetterne l’apertura, il passaggio del flusso può avvenire in
entrambe le direzioni. E’ possibile impiegare anche la soluzione che pilota la chiusura anziché
l’apertura della valvola (figura 11b).
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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ovvero di fuoriuscita dello stelo, risulti più lenta della fase di tiro che corrisponde alla corsa di
rientro dello stelo per il recupero della posizione di inizio ciclo.
La velocità del pistone può essere controllata variando la portata di fluido inviata al cilindro
utilizzando una valvola per il controllo della portata. Il controllo accurato della velocità di un
cilindro pneumatico è in genere più difficile da ottenere a causa della comprimibilità dell’aria.
La più semplice valvola di regolazione della portata è lo strozzatore bidireziomale con
otturatore a spillo rappresentata in figura 12 che realizza la variazione della portata in
entrambe le direzioni in seguito alla modifica della sezione di passaggio attraverso l'otturatore
a spillo.
In molti sistemi tuttavia è desiderabile
regolare la portata in una sola direzione e
questo si può ottenere disponendo una valvola
di non ritorno in parallelo con lo strozzatore
che è sempre l'elemento di regolazione.
Normalmente entrambi gli elementi sono
combinati in un unico corpo valvola come
Figura 12 Valvola a spillo bidirezionale rappresentato in figura 13 . Quando il fluido
fluisce attraverso la valvola da sinistra verso
destra si opera la regolazione della portata tramite la posizione assunta dallo spillo dello
strozzatore. Quando il flusso avviene invece in senso opposto, ovvero da destra verso sinistra,
la forza di pressione esercitata sulla superficie utile dell'otturatore mobile a disco permette il
passaggio libero del fluido evitando l'attrraversamento dello strozzatore.
Nei sistemi pneumatici la velocità dell’attuatore viene controllata installando le valvole di
controllo della portata sulla linea di scarico in modo che il cilindro forzi l’aria attraverso la
valvola. In questo modo si ottengono le migliori condizioni per ottimizzare la caduta di
pressione attraverso la valvola.
Questo modo di operare è noto come controllo della portata allo scarico “meter-out control” e
ha il vantaggio di controllare i carichi trascinati. In figura 13b è rappresentato un cilindro in
cui viene controllata la fase di spinta del cilindro (movimento da sinistra verso destra del
pistone) mentre risulta libera la corsa di tiro che avviene in maniera rapida e non controllata.
Sfortunatamente le valvole regolatrici della
portata come i semplici strozzatori presentano
l'inconveniente di far variare la portata
volumetrica non solo in seguito alla regolazione
della sezione di passaggio della valvola ma anche
per effetto della variazione del carico che si
desidera controllare.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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La portata attraverso uno strozzatore si valuta con la medesima relazione che esprime la
portata attraverso un diaframma. La relazione che esprime la portata volumetrica attraverso il
componente può essere pertanto espressa nella seguente forma:
∆p
Q = AvCd in cui oltre alla sezione di passaggio della valvola Av compare anche il
ρ
coefficiente di scarico Cd che tiene conto sia dell’effetto di contrazione della vena e sia della
riduzione della velocità in seguito alle perdite.
Poiché le variazioni del carico esterno determinano, a parità di pressione di alimentazione, la
variazione della pressione a valle della valvola, allora cambia anche il ∆p attraverso la valvola
e conseguentemente si modificano la portata di fluido e la velocità di spostamento del carico
stesso. Per superare questa difficoltà sono state progettate delle valvole regolatrici di portata
compensate in pressione (figura 14).
In figura 14, dove è rappresentata una valvola regolatrice di portata compensata in pressione,
si osserva che se la pressione p varia, allora l’otturatore mobile si muove in modo da
determinare la compensazione di tale
cambiamento, ristabilendo la stessa
caduta di pressione attraverso l’orifizio
realizzato dall’otturatore a spillo.
Per esempio, in seguito ad una riduzione
del carico, la pressione p diminuisce,
l’otturatore mobile si sposta verso il
basso riducendo la portata Q1 e quindi
anche la pressione P1. In tal modo la
caduta di pressione attraverso lo spillo si
Figura 14 Valvola regolatrice di portata
mantiene costante al variare del carico.
compensata in pressione
Valvola di Relief
La più nota valvola dio pressione è la valvola di relief che è una valvola di sicurezza usata per
proteggere il circuito idraulico dai sovraccarichi di pressione. Infatti senza questa valvola la
pressione nel circuito potrebbe crescere fino a raggiungere valori così elevati da causare la
rottura dei componenti, bloccare la pompa e il motore elettrico che la aziona. La figura 15
mostra una valvola di relief a comando diretto. Si può osservare che se la pressione supera il
valore di chiusura della valvola determinato dal carico sulla molla, l’otturatore si solleva
connettendo il circuito con il serbatoio.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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La pressione alla quale la valvola inizia ad aprirsi dipende dal precarico della molla e differirà
dalla pressione per la quale si ha lo scarico totale del sistema. Tale differenza sarà tanto
maggiore quanto più rigida sarà la molla e determinerà una curva caratteristica della valvola
non perfettamente verticale (figura 16). Inoltre se la valvola di relief pur trovandosi con
l’otturatore completamente aperto non è in grado di scaricare tutta la portata fornita dalla
pompa per quel valore di pressione massima, si determinerà comunque l’aumento della
pressione secondo il noto andamento parabolico tipico delle valvole regolatrici di portata
(figura 16).
Andamento
teorico
Q
Andamento reale
in regolazione
Andamento reale
completa apertura
∆p
Se però si utilizzano delle molle dotate di una elevata elasticità (bassa rigidezza), si possono
determinano delle caratteristiche della valvola più ripide. Queste hanno però lo svantaggio
che possono risentire facilmente degli effetti indotti dalle forze perturbatrici che nascono
dall’azione di impulso dei getti fluidi e che provocano l’instabilità della valvola.
Tale inconveniente può essere quasi completamente superato dalla valvola di relief a due stadi
mostrata in figura 17 che presenta una caratteristica praticamente verticale. Nella
configurazione a due stadi si permette alla pressione vigente sul sistema di agire sulla valvola
pilota grazie al foro passante presente sull’otturatore principale. Quando la pressione nel
sistema raggiunge il valore di taratura della molla della valvola pilota il suo otturatore si
solleva dalla sede consentendo al fluido di scaricarsi verso il serbatoio. Questo comporta la
rapida caduta della pressione a valle del foro dell'otturatore principale che quindi si solleva
completamente liberando la luce in pressione verso il serbatoio.
Valvola di scarico
La valvola di scarico consente lo scarico rapido dell’olio alla pressione atmosferica nel
momento in cui la pressione, in un punto prestabilito del sistema, ha raggiunto il valore di
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 4
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Se venisse ancora una volta usata una valvola di relief al posto della valvola riduttrice di
pressione essa impedirebbe l’aumento di pressione sull’intero circuito. Infatti, la valvola di
relief, al raggiungimento del valore di pressione di intervento, connette la linea in pressione
con il serbatoio, provocando la riduzione drastica della pressione su tutto il circuito. Inoltre la
valvola riduttrice di pressione risulta normalmente aperta mentre quella di relief è
normalmente chiusa.
Valvola di sequenza
Nei circuiti in cui sono presenti più cilindri è spesso necessario azionarli secondo una ben
definita sequenza. Se ad esempio si desidera eseguire prima la fase di spinta di un solo
cilindro e successivamente quello del secondo, tale risultato si può ottenere con una valvola di
sequenza (figura 21). Questa valvola di pressione risulta normalmente chiusa e si apre solo
quando la pressione in ingresso alla valvola ha raggiunto il valore di taratura preimpostato
con l’azione di precarico sulla molla. La figura 22 mostra un circuito idraulico nel quale la
valvola direzionale V1 viene azionata in modo da alimentare il cilindro 1 per eseguire la fase
di spinta, ed ottenere il bloccaggio del pezzo. Quando il cilindro 1 è giunto a fine corsa, la
pressione nella linea tende a salire fino a raggiungere il valore di azionamento della valvola di
sequenza che determina così l’inizio della fase di spinta del cilindro 2. Questo azionamento
potrebbe costituire il comando per il taglio del pezzo. Quando la valvola V1 assume la
posizione opposta, entrambi i cilindri si ritraggono ed il fluido in uscita dal cilindro 2 by-
passa la valvola di sequenza attraverso la valvola di non ritorno.
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Oleodinamica e Pneumatica Capitolo 5
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TRASMISSIONI IDROSTATICHE
Una trasmissione idrostatica T.I. è un sistema composto da due unità idrostatiche rotative: la
pompa che converte l’energia meccanica in energia idraulica e il motore che converte
l’energia idraulica nuovamente in energia meccanica.
Gli obiettivi di tale trasformazione di energia sono:
• variare con continuità la coppia e la velocità angolare secondo le esigenze del carico,
svincolando l’utilizzatore dalle condizioni operative del motore primo. Una T.I. realizza
così una variazione continua del rapporto delle coppie e delle velocità.
• trasmettere la potenza tra due alberi posti a notevole distanza fra loro.
La più semplice T.I. è quella a circuito aperto fra due unità idrostatiche collegate come in
fig.1.
Q1 p1 p2 Q2
1 2 ω2
ω1
M M P M
V1 V2
C1 C2
ω1 ω2
Q1 p0 Q2 p0
0 0
S S
Per le due unità idrostatiche valgono le seguenti relazioni ideali fra le grandezze
caratteristiche per la pompa e per il motore rispettivamente.
~ ~
Q1 = ω1V1 Q2 = ω 2V2
~ ~
C1 = ( p1 − p0 )V1 C2 = ( p2 − p0 )V2
Se si ipotizza un accoppiamento in portata Q1=Q2 e in pressione (p1-p0)=(p2-p0) fra le due
unità si ricava facilmente che il rapporto di trasmissione e quello di conversione di coppia è
pari a:
~
ω V
ν = 2 = ~1
ω1 V2 1
~ ⇒ τ=
C2 V2 ν
τ= = ~
C1 V1
Da queste relazioni si nota che pur esistendo una proporzionalità diretta fra le coppie e le
velocità angolari del primario e del secondario, non sono possibili variazioni del loro rapporto
una volta fissato il valore delle cilindrate. Inoltre per l'idealità dei componenti si verifica un
accoppiamento delle unità sia nella portata sia nella pressione.
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3
2
1 4
Figura 2 Trasmissione idrostatica a ciclo aperto con distributore per l’inversione del moto
M V1 V2
ω1 ω2
M P.P.
P.S.
E’ necessario che la portata elaborata dalla pompa di sovralimentazione P.S. sia maggiore di
quella della pompa principale P.P. per evitare che il problema della cavitazione sia
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semplicemente trasferito dalla pompa P.P. a quella P.S. La necessità di una pompa P.S. a
flusso totale costituisce uno svantaggio rispetto alla T.I. a circuito chiuso. Infatti, oltre a dover
impiegare una pompa P.S. delle stesse dimensioni di quella P.P., la portata in eccesso deve
essere smaltita verso il serbatoio dalla valvola limitatrice di pressione per stabilizzare la
pressione all’aspirazione della pompa P.P. al valore desiderato.
Anche nella trasmissione a circuito chiuso occorre introdurre una pompa P.S. che può essere
collegata sullo stesso albero della pompa P.P. e che invia portata verso il ramo di bassa
pressione del circuito secondo lo schema di figura 5
La P.S. deve solo pressurizzare la linea di bassa pressione portandola al valore p2* stabilito
dalla valvola limitatrice di pressione e può elaborare una portata molto minore di quella
erogata dalla P.P. Infatti la cilindrata della pompa P.S. è in genere VP.S. = 10% ÷ 15% VP.P..
M
P.P. P.S.
p2*
Carichi trascinati
Per i circuiti aperti il carico determina la pressione all’ammissione del motore, ma se il carico
è trascinato si osserva la perdita del controllo del sistema.
Nel caso dei circuiti chiusi invece il motore è in grado di funzionare da pompa pressurizzando
il ramo di bassa pressione. In questo modo la pompa che vede in pressione l'aspirazione e in
depressione la mandata, funziona come motore e trasmette potenza al motore primo. Se questi
ha capacità frenanti il sistema si comporta da freno.
~
Q1 = α1 ω1V1
1 2 ~
Q2 = ω 2 V2
M V1 V2
ω1 ω2 ~
C1 = α1 V1 ∆p1
0 0 ~
C2 =V2 ∆p2
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4
τ
0
0 0.5 1 1.5 2 2.5
ν
La coppia sul secondario non dipende pertanto dalla velocità di rotazione del carico ma
dipende solo dalla differenza di pressione nel circuito "trasmissione a coppia costante".
Inoltre la potenza fornita al carico varia linearmente con la velocità angolare del carico:
~
P2 = C2ω 2 = V2 ∆p2 ω 2
∆p2
P2
C2
∆p2
ω2
Figura 8 Andamento della coppia e della potenza al secondario per una T.I. a coppia costante
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~
Q1 = ω1 V1
1 2 ~
Q2 = α 2 ω 2 V2
M V1 V2
ω1 ω2 ~
C1 =V1 ∆p1
0 0 ~
C2 = α 2 V2 ∆p2
Figura 9 T.I. a potenza costante: primario a cilindrata fissa e secondario a cilindrata variabile
1.5
1
τ
0.5
0
0 1 2 3 4 5
ν
La coppia sul secondario ora varia con la velocità di rotazione del carico diminuendo
iperbolicamente mentre rimane costante la potenza fornita al carico "trasmissione a potenza
costante".
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~
P2 = C2ω 2 = τ C1 ω 2 = V1 ∆p1 ω1 = cos t .
~ ~ ~ ω
C2 = α 2 V2 ∆p2 = τ V1 ∆p1 = V1 ∆p 1
ω2
P2
C2
ω2
ω1
Figura 11 Andamento della coppia e della potenza per una T.I. a potenza costante
~
Q1 = α1 ω1 V1
1 2 ~
Q2 = α 2 ω 2 V2
M V1 V2
ω1 ω2 ~
C1 = α1 V1 ∆p1
0 0 ~
C2 = α 2 V2 ∆p2
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P2
∆ p=cost.
C2
ω2
ω1
T.I. a C2 = cost. T.I. a P2 = cost.
Figura 14 Coppia e potenza di una T.I. con entrambe le unità a cilindrata variabile
~
ω α V
Il rapporto di trasmissione vale: ν = 2 = η v1η v 2 1 ~1
ω1 α 2 V2
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~
C2 α 2 V2 ∆p2
Il rapporto di conversione di coppia vale: τ = = η m1η m2 ~
C1 α1 V1 ∆p1
P C ω ∆p
Il rendimento della trasmissione idrostatica vale: ηt = 2 = 2 2 = τ ν = η1η 2 2
P1 C1ω1 ∆p1
Con queste premesse il campo di utilizzazione di una T.I. a potenza costante può essere
individuato graficamente dalla zona tratteggiata in fig.15.
Nel caso invece di una T.I. a coppia costante se si desidera operare in tutti i punti all’interno
del rettangolo definito dai lati C2max ed ω2max, è necessario impiegare un motore primo capace
di erogare una potenza massima pari a P2*. E’ tuttavia preferibile utilizzare un motore primo
con una potenza leggermente inferiore ovvero con P2max < P2*. in modo da ottenere una
migliore utilizzazione del motore stesso all’interno del campo di regolazione delimitato
sempre dalla zona tratteggiata.
1.5 1.5
C2 [kNm] C2 [kNm]
1 1
Corner Power
C2max C2max
P2*
0.5 Pmax 0.5
P2max
ω2max ω2max
0 0
100 200 300 400 500 600 100 200 300 400 500 600
ω2 [rad/s] ω2 [rad/s]
La definizione di potenza "apparente" deriva dal fatto che i massimi valori di coppia e di
velocità angolare non sono mai raggiungili contemporaneamente. Tenendo conto della
relazione che esprime la coppia in funzione delle grandezze idrauliche si ottiene:
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~
(
PAPP = α 2V2 ∆p2 max ω 2 max = f V2 , ∆p2 max , ω 2 max )
Per ragioni economiche, di ingombro e peso, si preferisce impiegare unità idrostatiche
compatte ad alta densità di potenza per la quale ∆pmax è quello massimo accettabile dalle unità
presenti sul mercato (350-400 bar). Analogamente per la velocità di rotazione si cerca di
adottare macchine ad elevata velocità di rotazione (3000-5000 giri/min) anche se bisogna
considerare che le massime pressioni di lavoro si realizzano con le macchine più lente. Una
volta fissati i valori limite per tali grandezze la potenza apparente è funzione solo della
cilindrata della macchina che quindi ne determina la taglia della T.I., pertanto è necessario
che la potenza apparente della T.I. sia maggiore di quella richiesta dal carico:
C2 [kNm] (PAPP)T.I.
1 (PAPP)carico
PMAX
C2max
0.5
C2min
ω2min ω2max
0
100 200 300 400 500 600
ω2 [rad/s]
Se la curva di massima potenza trasmissibile risulta molto vicina alla curva della potenza
apparente del carico, allora il campo di variazione della coppia e della velocità angolare sarà
limitato di conseguenza anche il campo di conversione di coppia, definito secondo tale
relazione risulterà limitato:
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